novembre - Voli - Vallecamonica On Line

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novembre - Voli - Vallecamonica On Line
21º anno - n. 220 - novembre 2012
“... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo
più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92
del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.
la fine ingloriosa
«Dobbiamo scorrere la storia della satira,
per capire questo presente. Dobbiamo ricordare il regolamento contro i giullari
emesso nel 1225 da Federico II e il “De
vulgari eloquentia”. Il giullare non ha diritto di parola in tribunale, bisogna punirlo assolutamente quando ci cade tra le
mani. È pericoloso, il giullare, perché fa
muovere il riso e l’intelligenza. Per questo
è un dovere del cittadino fedele al potere
bastonarlo e farlo bastonare». (Dario Fo)
di Bruno Bonafini
Siamo al momento fatale, quello dei nodi che
vengono al pettine, verrebbe da dire. Per Formigoni e la Lombardia, dopo che per Berlusconi e l’Italia. Una stagione lunga, che finisce
ingloriosa, con i due protagonisti “denudati”,
finalmente mostrati per quel che sono anche
per il più ingenuo degli osservatori.
Più facile da “leggere”, pur se più catastrofica
per noi, la vicenda del Silvio nazionale; più
complessa e più seria quella nostra, lombarda,
del Celeste adepto dei memores domini.
La Lombardia non ha registrato nei 17 anni di
governo formigoniano la debacle di tutti gli indici che danno il buono o il cattivo stato di un
Paese, come invece è accaduto all’Italia. A dire
della stessa opposizione, qui, il centrodestra
si è espresso a livelli più alti. La Regione era e
rimane comunque ai vertici in quasi tutti i
campi. L’eccellenza lombarda vantata da Formigoni, spesso quasi a contrappeso delle sue
malefatte, c’era anche prima di lui. E forse di
più, in rapporto ai tempi.
segue a pagina 4
Graffiti presenta
“Il governo delle donne”
sabato 10 novembre - ore 20.45
BIENNO - Teatro Simoni Fé
ingresso libero (a pag. 7)
ATSP: INTERVISTA AL DIMISSIONARIO ALFREDO MORATTI
i costi dirigenziali? ingiustificati
di Francesco Ferrati
Io e Michele, da liceali, spesso lo contestavamo
durante l’insegnamento, partecipando all’ora di
religione magari con un po’ di supponenza. Per
noi era troppo moderato, riflessivo e pieno di
certezze, distante anni luce dal nostro sentire
dell’epoca. Oggi vederlo sul piede di guerra fa
un certo effetto e c’è da credere doppiamente a
chi – per carattere e formazione – non ama
prendere decisioni eclatanti e prima di agire è
solito contare fino a mille. Alfredo Moratti,
brenese sostenitore della Giunta Farisoglio, si è
dimesso da consigliere dell’Azienda Territoriale
per i Servizi alla Persona (Atsp) dopo parecchi
mesi di contrasti con la dirigenza. Lo abbiamo
incontrato per capire ragioni e sentimenti.
Le tue dimissioni da membro del Cda
dell’Atsp sono state un fulmine a ciel sereno
per chi non segue da vicino la politica
LA CRISI E IL DECLASSAMENTO DEL LAVORO
migranti no choosy
camuna. Alla stampa locale hai parlato addirittura di «dirigismo» e di «scelte prese senza
la necessaria condivisione». Ma gli azionisti
dell’Atsp non sono i Comuni, diretta emanazione della volontà espressa dai cittadini?
Quindi non ti senti più in grado di rappresentare i Municipi che ti hanno dato mandato?
«Come ho scritto nella lettera di dimissioni
l’essere stato indicato da alcuni Comuni (Breno e l’Unione degli Antichi Borghi) è stato
scambiato per l’essere il sostenitore di interessi particolari dei Comuni stessi. Nel contempo quando questi Comuni esprimevano
critiche alla gestione aziendale e alla politica
sociale si “rinfacciava” il fatto di avere un rappresentante in Cda... Sicuramente la mia “diversità di visione” in Cda rispecchiava le diversità di posizioni dei Comuni in assemblea,
tant’è che l’approvazione del bilancio 2012 ha
visto diversi Comuni astenersi».
I Comuni sono alla canna del gas, non hanno
più soldi e pure i trasferimenti sul sociale dagli
segue a pagina 6
di Liliana Fassa
Le polemiche mediatiche, soprattutto se basate su paroline dette da qualcuno, mi attraggono
poco. Mi paiono molto spesso un modo per distogliere l’attenzione dall’osservazione della luna
e trasferirla a quella del dito che la indica, per adoperare una metafora abusata.
Ma con il choosy della Fornero è stato diverso. Forse per il momento in cui è la cosa è capitata, quasi in concomitanza con la diffusione dei risultati di alcune interessanti ricerche che esaminano con particolare attenzione il lavoro e l’economia migranti. E i migranti, si sa, non possono proprio permettersi di essere choosy, pena la perdita del diritto alla permanenza legale
sul territorio italiano e quindi del diritto di esistere come membri della collettività. Grazie alla
legge che porta i nomi di Bossi e di Fini, i permessi di soggiorno sono ferreamente connessi al
lavoro: un migrante, se perde il lavoro e non ne trova tempestivamente un altro, perde anche il
diritto al rinnovo del permesso di soggiorno.
segue a pagina 8
Cividate Camuno e Sellero:
cittadini mobilitati
Tullio Clementi, pag. 5
Gorzone: cappellai matti,
zombie e...
Stefano Malosso, pag. 9
Ponte-Temù: no alla fusione.
E ora?
Giancarlo Maculotti, pag. 12
novembre 2012 - graffiti
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DIBATTITO A LOVERE: IL CAMBIAMENTO DEVE PARTIRE DAL LAVORO
giovani senza lavoro? Paese senza futuro
di Andrea Bonadei (Assessore all’Economia Locale del Comune di Costa Volpino)
I problemi che turbano la nostra società sono
tanti e variegati, ma per ricostruire dalle fondamenta il futuro bisogna scegliere i mattoni
su cui porre le basi. I giovani, serbatoio di innovazione e speranza, devono essere una
priorità per gli investimenti del sistema e, se
di fondamenta si parla, la Costituzione ci ricorda che è sul lavoro che si fondano la nostra
collettività e la salute della democrazia.
Grazie all’invito del Pd di Lovere, ho potuto
coordinare un dibattito (lunedì 29 ottobre) proprio su questo argomento, dialogando con rappresentanti delle forze sindacali (Gazzoli, Segretario Cgil e Polonioli, segreteria Cisl Valcamonica-Sebino), con esponenti del Pd (Pusceddu del dipartimento lavoro a Bergamo e l’On.
Donata Lenzi, membro della Commissione Affari Sociali ed esperta di mercato del lavoro),
integrati con il punto di vista di Confindustria
Bergamo (Malandrini). Il titolo era di quelli che
scoperchiano un mondo, sia di domande che di
risposte: “Giovani senza futuro? Proposte per
una nuova politica” tratto dall’ultimo volume
curato da Tiziano Treu e Carlo dell’Aringa.
Proverò a ricucire la trama del dibattito attraverso quattro grandi nodi problematici (e,
dunque, da riformare).
1) Il contesto va letto nella cornice della crisi
globale, finanziaria e dell’economia reale, che ha
generato problemi di commesse, liquidità non
circolante, ristrettezza del credito e, dunque,
deperimento degli investimenti che potessero
guardare “oltre la crisi stessa”. Di fronte a questo, i primi a saltare sono gli spazi di “nuovo
ingresso” e quei rapporti meno stabili tra lavoratore e azienda. Rilanciare il commercio di materie, prodotti e servizi, è condizione essenziale
per aprire le porte a nuova e fresca occupazione. Si può fare concentrando risorse pubbliche
su incentivi mirati “a progetto”; riducendo la fiscalità; permettendo ai Comuni una maggiore libertà di spesa per investimenti, allentando le
morse del Patto di Stabilità.
2) Domanda e offerta di lavoro si incontrano a
fatica, nella dimensione territoriale del mercato
occupazionale. Si amplifica lo scarto tra percorsi
di studio ed esperienze che gli aspiranti lavoratori mettono sul tavolo, rispetto alle esigenze di
specializzazione, spesso tecnico-scientifica, delle aziende. Ciò è dovuto al dis-orientamento dalle scelte formative dei ragazzi, troppo legate a
mode e passioni, anziché alle richieste di mercato. Cosa che, d’altronde, i giovani rivendicano, in
un certo senso, come diritto, sottolineando che
in realtà chi offre lavoro non sa riconoscere le
abilità “non scritte nel C.V.”. L’offerta formativa
italiana in questi anni si è appiattita; bisogna
puntare ad un sistema “duale” (sul modello tedesco), in cui competano istituti accademici e ad
alta professionalizzazione pratica. Va inoltre rafforzato l’uso dell’“alternanza scuola-lavoro”, il
che dipende tanto dalle scuole, quanto dalla disponibilità e pazienza delle imprese. Urge inve-
stire in politiche attive per i “non occupati”, con
formazione mirata (su tecnologia e lingue straniere, in primis) favorendo l’evoluzione delle capacità di chi è in cerca di un futuro. Magari lo
facessero i “centri per l’impiego”…
3) La ricetta della “flessibilità” d’ingresso, teorizzata e regolata dalle varie leggi degli anni
2000, nella pratica è scaduta in “precariato
strutturale”, generato dalla giungla di forme
giuridiche contrattuali, dagli abusi di datori
opportunisti o lavoratori inconsapevoli, dalla
logica della riduzione dei costi di assunzione.
Esempi? Stage, apprendistato/praticantato a
retribuzione zero; contratti a tempo determinato continuamente rinnovati; rapporti “a
AVANTI GRAN PARTITO!
partita IVA” fittizi, ma “dipendenza di fatto”
senza tutele; largo uso di contratti “part-time”
integrati da ore lavorate in nero; dunque, scarso versamento di contributi previdenziali, assicurazione infortuni non garantita. In definitiva, progetti di vita minati. Situazione che la
recente “Riforma del lavoro” targata Fornero
ha alleviato, ma non risolto.
4) Tradito il “patto intergenerazionale”: più si
allontana la pensione agli “anziani in servizio”,
meno si aprono spazi per i giovani che vorrebbero subentrare. In questo la riforma previdenziale del Governo Monti migliorerà i conti dello
Stato, ma complica il futuro prossimo per molti,
a parere di tutti gli intervenuti.
(a cura di Michele Cotti Cottini)
primarie: istruzioni per l’uso
5 Quando, dove, come. Partiamo dalle informazioni logistiche visto che sulle regole delle
prossime Primarie le polemiche temo abbiano oscurato le informazioni più basilari. Si voterà
domenica 25 novembre, dalle 8 alle 20. Se nessuno dei candidati supererà il 50%, i primi due
classificati si sfideranno al ballottaggio domenica 2 dicembre, sempre dalle 8 alle 20.
Mentre scrivo l’organizzazione dei seggi è ancora in corso: in Valle Camonica ne dovrebbero
essere allestiti una trentina. L’elenco sarà disponibile on line (www.primarieitaliabenecomune.it o
www.pdbrescia.it); per chi non avesse troppa dimestichezza con Internet, il modo più semplice
per sapere dove andare a votare è telefonare alla Federazione provinciale Pd: 030.3088845.
Potranno votare tutti i cittadini maggiorenni elettori del centrosinistra, compresi i “nuovi italiani” con permesso di soggiorno. Non serve essere iscritti ad uno dei partiti della coalizione
(Pd-Sel-Psi), né è necessario registrarsi in anticipo. La preregistrazione è solo una possibilità
in più: ci si potrà recare in Sala 89 a Boario il 09/11 (ore 18-20), il 13/11 (ore 18-20), il 17/11
(ore 15-18), il 18/11 (ore 15-18), il 19/11 (ore 18-20). Chi non si fosse registrato prima del 25
novembre potrà comunque votare: semplicemente si registrerà al seggio di riferimento del
proprio Comune come negli anni scorsi.
2 euro a testa, destinati a finanziare le Primarie (ma si spera avanzi qualcosa anche per le
“Secondarie” del prossimo anno...). 5 volontari almeno per ciascun seggio. Non sarà poca cosa
riuscire a mobilitare 150 persone, potenzialmente per due domeniche consecutive, e con la
prospettiva di nuove Primarie – stavolta regionali – indette per il 15 dicembre. Anche per dare
una mano ai seggi non serve essere tesserati: chi volesse dare il proprio contributo, anche solo
per qualche ora, non ha che da farsi avanti!
5 I Comitati. In Valle si sono attivati i Comitati a sostegno dei due principali candidati.
Quello per Renzi (www.facebook.com/VallecamonicaConRenzicandidatoPremier) è coordinato
da Antonio Molinari (giovane di Berzo Demo) e Giancarlo Maculotti; con loro Alessio Bondioni (vicesegretario provinciale dei Giovani Democratici), Corrado Tomasi e un nutrito gruppo di sindaci: Bezzi (Ponte di Legno), Farisè (Ossimo), Farisoglio (Breno), Testini (Vione),
Panigada (Pisogne). Nel gruppo di lavoro per Bersani (www.facebook.com/vallecamonicaxbersani), oltre a chi vi scrive, Gianbettino Polonioli (ex segretario Cisl, di Cimbergo), Mario Bertoli (giovane assessore di Malonno), la giornalista Paola Cominelli, Francesco Ferrati (presidente dell’Agenzia del Turismo di Capo di Ponte), Grazioso Pedersoli e Doralice Piccinelli,
rispettivamente assessore e consigliere comunale a Darfo. Schierati apertamente per Bersani
anche il Consigliere provinciale Pd Mottinelli, il Segretario della Camera del Lavoro Gazzoli, i
sindaci di Saviore e Cevo Tosa e Citroni. A sostegno di Tabacci sono mobilitati i dirigenti locali
dell’Api Gianfranco Bettoni, Roberto Nicoli, Walter Sala, mentre paiono al momento un po’
sguarnite le truppe camune di Vendola e Puppato.
5 Le iniziative. Venerdì 23 novembre alla Sala Bim di Breno in programma una serata di
confronto tra i sostenitori dei 5 candidati. Sconfinando in territorio bergamasco, da segnalare
l’iniziativa promossa da Araberara a Lovere, sabato 10 novembre alle 16 in Villa Milesi: prevista la presenza di Tabacci in persona, oltre ai referenti degli altri candidati.
Mi si permetterà infine una nota di parte: giovedì 22 novembre alle 20 all’Hotel Sorriso di
Boario cena di autofinanziamento dei sostenitori di Bersani (iscrizioni a
[email protected] o 335.5603376).
graffiti - novembre 2012
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VERSO IL 25 NOVEMBRE: ANTROPOLOGIA MINIMA DEL SOSTENITORE
primarie: per Bersani o per Renzi?
di Bruno Bonafini
Qualcuno sceglie, dice lui, perchè ha letto e
valutato i programmi, come Giancarlo. Ma i
programmi, come gli eroi della nota canzone,
“sono tutti giovani e belli”, ovvero piacenti,
pieni di slancio ideale e di voglia di fare. Sotto
formule più o meno accattivanti, a seconda
dello spin doctor che li abbellisce. Ma spesso
si sceglie prima ancora dei programmi. Si sceglie per l’affinità “culturale”, che toni gesti e
storia dei protagonisti mostrano rispetto a noi
come siamo o come vorremmo essere.
Scorrendo il primo elenco delle due “tifoserie”
in Valle, i firmatari degli appelli per Renzi e
per Bersani, le differenze di cultura politica e
di storia personale si colgono con facilità. C’è
di tutto in ognuna delle due schiere, naturalmente, ma le “prevalenze” sono chiare.
Il sindaco di Firenze raccoglie più adesioni tra
i giovani, com’è ovvio, quelli che come lui non
hanno toccato i quaranta e si sentono parte di
quella generazione sacrificata dall’italica gerontocrazia della politica e degli affari, quell’invadenza degli anziani “che non mollano
mai” tanto esecrata e mai scalfita negli ultimi
anni. Benchè Renzi non si possa personalmente lamentare, e sia lui stesso un professionista della politica, la sua proclamata volontà
di “rottamazione” lo fa essere emotivamente e
programmaticamente irresistibile per una larga
fascia giovanile. Ancora di più se si è giovani
sindaci, di quelli che (un po’ berlusconianamente) sono “scesi in campo” con una scelta
tutta loro, fuori dalle mediazioni di partito.
AMBIENTE & DINTORNI
Al segretario del PD guardano invece in prevalenza gli over 40, tra cui molti lavoratori
dipendenti e pensionati, categoria che non si
può certo considerare degli “appagati”, ma
più portata, per esperienze passate e per
cultura politica, a pensare che le dinamiche
della società, quindi le ingiustizie e le sofferenze economiche, i diritti negati, le disfunzioni ecc.. si spiegano più con gli egoismi
delle diverse categorie sociali, e con il prevalere frequente di quelle forti, piuttosto che
con il contrapporsi di giovani e anziani tout
curt. Da qui una loro preferenza per la politica intesa come organizzazione di interessi
omogenei, la convinzione che si debba lavorare per un partito forte che li rappresenti,
con una leadership non personalistica ma
espressione di un lavoro collettivo.
Naturale conseguenza di storie diverse, una
generazione che ha vissuto la stagione, o ne ha
memoria, di partiti che, pur con i loro limiti ed
errori, erano efficaci strumenti di rappresentanza e di democrazia, reale e capillare nel Paese, e crede che possano ancora tornare ad esserlo, i bersaniani; dall’altra parte una fascia
d’opinione, se non una generazione, che crede
di più nel leader, e nella sua capacità di cogliere il momento, gli umori e i bisogni e di tradurli senza troppe mediazioni nell’agire politico,
da solo o in grupporistretto. Come Renzi, appunto, e prima di lui altri, in ambito nazionale
e locale. Un metodo che ha segnato il ventennio trascorso (i partiti personali), che spesso
(a cura di Guido Cenini)
piste ciclabili: questa sì!
Un giornale per essere serio ed essere preso in seria considerazione deve dire pane al pane e
vino al vino. Graffiti, nel suo piccolo e con una redazione di volontari e non giornalisti professionisti, vorrebbe essere e mantenere la linea di approvare ciò che è ben fatto e disapprovare
quello che è contrario al benessere dell’uomo e dell’ambiente. Per cui parliamo male e bene
della stessa persona, amministratore o ente a seconda di quanto propongono, senza per questo
ergersi a giudici super partes. Lo sanno tutti che Graffiti graffia, a destra ed a manca, anche se
una propria linea editoriale ce l’ha, come di fatto anche i grandi giornali.
Detto questo, dopo le rampogne del sindaco di Ponte di Legno, ci troviamo, e non per riparare
ma per quanto detto sopra, a elogiare la pista ciclopedonabile Vezza-Ponte, fortemente voluta
soprattutto dai due rappresentanti istituzionali dell’alta valle. L’abbiamo percorsa, andata e
ritorno, in una domenica di ottobre. Siamo partiti, per la verità, da Incudine per vedere le
opere a margine del fiume e la trasformazione di area degradata a parchi e giardini. Grosso
intervento ma almeno il risultato è bello da vedere e praticare.
La pista inizia alle Fontanacce, è immediatamente ben segnalata, ci sono i conta chilometri e le
frecce direzionali. Tutta la pista è stata ricavata ex novo, salve rare eccezioni in cui ci si avvale
di tratti di strada multiuso, e percorre quasi interamente il fondovalle a ridosso dell’Oglio. La
possono utilizzare tutti, famiglie composite e non allenate, visto la facilità del percorso. La
cosa sorprendente è stata l’incontro di decine e decine di persone che la percorrono a piedi,
passeggiata domenicale. Il paesaggio intorno è assai interessante, se escludiamo i mastodontici
lavori lungo l’argine destro per la costruzione della captazione, tubature interrate e centralina
da Poia a Temù. Per ora è meglio fermarsi al “castello di Ponte”, almeno lì ci sono tre panchine
perché l’arrivo alla funivia è privo di qualsiasi punto di sosta. Per chiudere: questà sì che è una
pista ciclabile, come da Breno a Pisogne, come lungo l’Adda, lungo l’Adige, lungo il Mincio e
tante altre. Fatte per le bici ed i pedoni, accessibili a tutti e con tanto di segnaletica.
elettoralmente ha pagato, ma che non abbia le
sue colpe del fallimento politico e morale di
questi anni è tutto da dimostrare.
Ovvio che anche i programmi ne portino l’impronta, per cui quello di Bersani non può che
essere “sociale”, più volto a farsi apprezzare
dal mondo del lavoro e sensibile ai suoi diritti,
dove il “vecchio” desiderio di maggiore uguaglianza non subisce “rottamazioni” ideali.
Mentre quello di Renzi garantisce chi vuole il
più libero gioco dell’economia (liberalizzazione dei servizi compresa, che pur è tema difficile e sensibile di questi tempi; privatizzazione di due reti Rai su tre, concorrenza privata
all’INAIL, per esempio). Fatta salva una comune sensibilità per risanare la politica e ridare efficenza allle istituzioni.
Due culture, insomma, quelle che forse dovevano fondersi nel PD, che emergono distinte e
forti ora più che in un congresso. Che, comunque vada, chiunque vinca, dovranno misurarsi
l’una con l’altra, producendo sintesi alte, non
reciproci veti. Quantomeno se non si vuole
che l’esperienza avvincente delle primarie rimanga la sola cosa memorabile di questo Pd.
«La stragrande maggioranza degli elettori
di Grillo proviene dai partiti di centrosinistra. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sui
flussi del voto siciliano smonta un luogo
comune. Ad accendere le Cinque Stelle non
è il popolo deluso da Berlusconi, che in Sicilia si è astenuto in massa. Sono il lettore
del “Fatto”, lo spettatore di Santoro, il
progressista stremato dai ghirigori della
nomenclatura rossa e rosé, in particolare
da quella del Pd, che in cinque anni è passato da 505 mila a 257 mila voti: un trionfo davvero storico. Chiunque si sia preso
la briga di togliere l’audio all’ugola di
Grillo per leggerne i programmi, si sarà
imbattuto in parole come “ambiente”,
“moralità della politica”, “scuola pubblica”, “bene comune”. Il vocabolario del
perfetto democratico. Gli stessi attivisti del
movimento, che detestano essere chiamati
“grillini”, detestano forse ancora di più
passare per conservatori, liberali o populisti, le tre tribù (le prime due largamente
minoritarie) accampate da vent’anni intorno al totem berlusconiano.
Il voto siciliano racconta un’Italia nauseata
che vorrebbe sfasciare i vecchi partiti, ma
non è altrettanto d’accordo nella scelta del
rottamatore. Il nauseato di sinistra preferisce Grillo. Il nauseato di destra, temo, la
Santanché. Mentre l’avvocato, il dentista, il
piccolo artigiano che hanno votato Berlusconi o Bossi turandosi il naso, adesso se
lo sturerebbero volentieri per votare Renzi.
Se solo si candidasse alle primarie giuste».
Massimo Gramellini
novembre 2012 - graffiti
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dalla prima pagina
la fine ingloriosa
Ma se non l’inconcludenza, il dato negativo
della sua lunga stagione è un altro e non meno
grave. La corruzione prima di tutto, dilagata
nell’ultima tornata, con inquisiti oltre la decina,
uomini suoi con incarichi di responsabilità istituzionale o di gestione, fino all’incredibile vicenda dell’assessore eletto con i voti pagati dalla ‘ndrangheta e da questa “usato” come un suo
uomo. Con lo stesso Presidente invischiato in
rapporti di interessata amicizia con potentati
economici che nella Regione trovavano ascolto
e affari. Travi d’immoralità da far apparire pagliuzze l’iniziale scandalo delle firme false e il
patrocinio alla nota Nicole Minetti. Un andazzo a cui la Valle non ha mancato di dare il suo
contributo. Ricordiamo la vicenda poco edificante della “nostra” Monica Rizzi: al di là degli
aspetti penali, che ci siano o meno. O quella di
Nicoli Cristiani, valligiano di nascita e di frequentazione politica, arrestato per tangenti
“con le mani nella marmellata”, uomo della
troica interpartitica che ha deciso uomini e
maggioranze politiche in Valle negli ultimi anni.
Un affarismo cresciuto e ramificatosi col tempo, dentro e attorno alla Regione, che non è
casuale. Discende dalla spregiudicatezza con
cui, fin dall’inzio, Formigoni Presidente si è
sentito uomo di Comunione e Liberazione,
delle sue Spa e delle sue Cooperative, gente
“geometricamente” zelante, nell’integralismo della fede non meno che negli affari.
L’associare i privati, in nome dell’efficenza, al
grande affare della sanità lombarda è stato il
terreno di coltura della spregiudicatezza affaristica che è andata via via crescendo e coinvolgendo. Quanto all’efficenza, abbattere i
tempi di attesa delle viste specialistiche
avrebbe potuto essere un buon banco di prova, ma sappiamo tutti come è andata...
Ma anche sul terreno dell’operato “trasparente”, non mancano scelte socialmente e culturalmente gravi, ripetute e massicciamente costose, capaci anch’esse di segnare un’Amministrazione. Come il finanziamento esorbitante, a livelli mai toccati da altre regioni, delle
scuole private, alle quali per un quindicennio è
CONTROPELO
toccato di assorbire la parte maggiore dello
stanziamento regionale sul diritto allo studio.
Una generosità tutta ideologica, verso categorie sociali prevalentemente benestanti, in un
momento in cui la scuola pubblica languiva
nelle ristretteze di inesorabili tagli ministeriali.
Scelte insieme di potere e di consenso, di
ideologia e di manovra politicista, queste e altre, tutte fatte con il consenso della Lega
Nord, che pur ha preferito perdere chi, come
Alessandro Cè, suo capogruppo, ne aveva denunciato la gravità. Che sarà difficile recuperare, perche si sono fatte sistema, elemento
strutturale quasi. Che spetta ora al centrosinistra tentare di superare. Se sarà in grado di cogliere l’opportunità del momento, con unità e
lungimiranza, con uomini e programmi all’altezza della svolta necessaria.
«... Va bene, don Giussani e Andreotti sono
entrambi cattolici. Ma anche Gino Strada e
La Russa sono tutti e due interisti: non
vedo, però, altro nesso...». (Michele Serra)
(a cura di Ulisse)
“miracoli” a Milano
ABBONAMENTO 2013
ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.
Gli abbonati sostenitori riceveranno in
omaggio un libro sulla Valcamonica.
Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti),
tramite l’allegato bollettino.
Tanti piccoli sforzi personali
possono trasformarsi in una
grande risorsa per le prospettive di Graffiti!
Ricordiamo inoltre che il
bollettino per l’abbonamento al giornale può essere utilizzato anche per
l’iscrizione all’omonima Associazione culturale (30 euro), che darà
diritto non solo a ricevere il giornale stesso ma anche a farne giungere una copia
per l’intero 2012 ad un’altra persona (che
dovrà essere indicata, con l’indirizzo).
Uno dei più suggestivi film del neorealismo italiano è sicuramente Miracolo a Milano, di
Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Cesare Zavattini (che collaborerà anche alla realizzazione del film), Totò il buono. Un film che (citiamo da Wikipedia) «si sviluppa come una
favola ed ha per protagonista un ragazzo orfano che sogna un mondo in cui “Buongiorno
voglia davvero dire buongiorno”». Premiato con il “Gran prix du Festival” come miglior film
al Festival di Cannes, nell’aprile del 1951, il film «venne accolto in modo negativo – citiamo
sempre da Wikipedia – da progressisti e conservatori. I primi lo giudicarono troppo evangelico e consolatorio; gli altri, invece, lo giudicarono un film eversivo e d’ispirazione comunista. Probabilmente quello che non piaceva a nessuno era la scelta di avere come protagonisti
di un film dei barboni inoperosi e festaioli»...
Sul finire degli anni Cinquanta il neorealismo cinematografico, dopo I soliti ignoti di Mario
Monicelli, e passando sul ponte culturale di Rocco e i suoi fratelli (una forma ancora “pulita” di integrazione fra Nord e Sud) ed Il Gattopardo (entrambi di Luchino Visconti), andrà
progressivamente dissolvendosi nell’emergente “realismo magico” felliniano de La dolce vita
– siamo ormai entrati anche con la testa, oltre che con le braccia, nel boom del “miracolo
economico” –, lasciandoci tuttavia il tempo necessario per assimilarne gli ultimi scampoli
culturali, anche a noi giovani camuni di belle speranze, che dai cantieri dell’alta montagna
adamellina eravamo scesi giù in Liguria, la punta meridionale del “Triangolo industriale”
(Milano, Torino, Genova), appunto, dove avremmo finalmente scoperto ed apprezzato il
cinema italiano nella sua dimensione sprovincializzata.
Fu in quella nuova dimensione sociale e culturale, dunque, che cominciammo a leggere attentamente il messaggio cristiano anche dal punto di vista laico (perfino ateo, in qualche raro caso).
La moltiplicazione dei pani e dei pesci, per esempio, laddove si possono cogliere almeno due
apprezzabili significati: le risorse (ce n’è per tutti, purché la spartizione venga fatta in modo
onesto ed equo) e, quindi, l’uguaglianza («allora egli comandò loro di farli accomodare tutti
sull’erba verde. E si assisero per gruppi di cento e di cinquanta. Poi Gesù prese i cinque pani e
i due pesci, e levati gli occhi al cielo, benedisse e spezzò i pani, e li dava ai discepoli affinché li
mettessero dinnanzi alla gente... », Marco). Un concetto simile (la condivisione) lo troviamo
poi nel capitolo dedicato all’ultima cena: «... avendo preso del pane, rese grazie e lo ruppe e
lo diede loro dicendo: “questo è il mio corpo il quale è dato per voi...”».
Due parabole originate dalla medesima sorgente storica, destinate però a divaricarsi sempre più,
fino a confliggere fra loro, nel corso dei secoli (dei millenni, ormai): dalla prima, infatti, trarranno
nutrimento – oltre che le molteplici e complesse ramificazioni del solidarismo cristiano – anche
due pilastri della Rivoluzione francese (égalité e fraternité) – e, quindi, le più audaci teorie del
pensiero anarchico e socialista; dalla seconda, alla fine, nascerà Comunione e Liberazione.
graffiti - novembre 2012
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CONVERSAZIONE CON GIUSEPPE LOLLIO, DI FEDERCONSUMATORI
“voglia di quiete” ed altro ancora...
di Tullio Clementi
CIVIDATE CAMUNO
La vicenda di Cividate, di cui abbiamo già accennato altre volte, nasce per iniziativa di un
gruppo di cittadini residenti nell’area adiacente
ai capannoni delle forge (via Roma e via Borgo
Olcese, in sostanza) i quali, dopo essersi costituiti in associazione (“Voglia di quiete”, che è
già un programma) si rivolgono a Federconsumatori, nell’intento di promuovere una richiesta di risarcimento da parte delle aziende che,
con le vibrazioni delle loro gigantesche presse,
stanno creando qualche problema di troppo
alle vicine abitazioni. Man mano che le cose
vanno avanti, però, dice Giuseppe Lollio di Federconsumatori, «nel confronto con Asl, Comune ed Arpa emergono situazioni nuove, così
che la vicenda si è via via implementata di novità piuttosto significative. Per cui, ad un certo
punto, il Comitato stesso decide di promuovere un assemblea pubblica».
Assemblea che si farà venerdì prossimo, vero?
«Sì, un’assemblea pubblica alla quale sono
stati invitati anche l’Arpa, l’Asl, il Sindaco di
Cividate Camuno e la Provincia di Brescia: e
dovrebbe essere la sede in cui si deciderà anche, secondo me, se la cosa dovrà proseguire
sulla base di una semplice richiesta risarcitoria
dei danni che stanno subendo le abitazioni,
oppure se si procederà – e questo è l’intento,
da quanto ho capito – per chiedere un intervento diretto dentro le aziende, per modificare
sia l’organizzazione del lavoro che il sistema
che provoca questi problemi».
Si parla anche di indagini con esiti diversi, se
non proprio contrastanti...
«Allora, una prima indagine, depositata e protocollata in Comune nel 2008, era stata promossa dall’amministrazione di allora su uno
stabile in particolare, di proprietà di una famiglia. L’indagine dava un risultato preciso, cioè
c’era il superamento dei valori limite allora
presenti nella normativa...».
“Valori limite” dei rumori o delle vibrazioni?
«Delle vibrazioni... La seconda indagine, commissionata dall’attuale amministrazione, presenta risultati sensibilmente diversi: c’è qualche
piccolo segnale di vibrazioni, come probabilmente verrà rilevato anche dall’Arpa, ma molto
diverso da quelli registrati nella precedente...
Per cui, si tratta di due rilevazioni abbastanza
significative dello stato dell’arte, della situazione. Certo, non siamo i giudici delle misurazioni,
assolutamente, però aspettiamo che qualcuno
intervenga a dirci cosa sta veramente succedendo in quella zona: non solo sulle vibrazioni, ma
sui rumori, sui fumi e sul resto delle vicende
che riguardano i cittadini della zona di via
Roma e di via Borgo Olcese, che sono quelle
più adiacenti agli stabilimenti...».
E potrebbe essere un bel match anche per
l’associazione dei consumatori – aggiungiamo
noi – che, pur essendo insediata accanto alle
categorie sindacali della Cgil che esercitano la
tutela dei lavoratori dipendenti (compresi
quelli delle Forge di Cividate, quindi), mantiene una sua struttura autonoma e indipendente.
Per altro verso, però, non riusciamo a vederla
facile neppure per scorciatoie o semplificazioni come quella del “sindacato dei cittadini”
(l’ambizione della Uil, per esempio), nel senso che i conflitti tra ambiente e lavoro (si veda
il caso Ilva), così come quelli tra il lavoro e
l’etica sociale (la produzione armiera valtrumpina... a prescindere), non possono certo essere imbottigliati in un contenitore unico –
fosse pure addomesticato sotto il nome di
“coesione” – perché prima o poi esplodono.
SELLERO - CEDEGOLO
Nessun conflitto sociale in quel di Sellero, invece, dove Federconsumatori e Adiconsum (l’associazione dei consumatori che fa riferimento
alla Cisl) sono state chiamate in causa per tutelare i cittadini (gli utenti) contro i presunti
abusi nientemeno che di una multinazionale.
Beppe, cosa sta succedendo a Sellero?
«Lì c’è una vicenda che è esplosa in seguito alla
decisione dell’Amministrazione comunale di
vendere il teleriscaldamento ad un privato... che
si sta comportando, secondo noi, in maniera inadatta per un rapporto corretto con gli utenti».
“Privato” che è una multinazionale...?
«Sì, la Cofely è una società della multinazionale Gas de France-Suez.... Per cui, opera sul
territorio e pare stia facendo man bassa di
tutte queste attività di teleriscaldamento piazzate sul territorio della Lombardia. Evidentemente ha un suo disegno strategico, per la
produzione di energia in particolare. Poi, assieme alla produzione di energia, fa anche questo servizio di teleriscaldamento».
Sono all’orizzonte iniziative pubbliche anche
in quel di Sellero?
«Ne abbiamo fatta una qualche settimana fa.
Sulla base di quell’assemblea abbiamo scritto
una lettera alla società, e per conoscenza ai sindaci interessati [i sindaci di Sellero e di Cedegolo] e anche al presidente dell’Unione dei Comuni della Valsaviore [Alberto Tosa], dicendo
semplicemente che secondo noi quel tipo di
contratto va verificato, perché ci sono alcune
cose che non vanno assolutamente bene: molte
clausole del contratto che dovrebbero firmare
degli utenti, per esempio, possono essere considerate vessatorie. Tant’è che sono state sottoposte alla verifica della competente commissione della Camera di Commercio di Brescia».
C’è stato qualche riscontro, da parte delle
amministrazioni?
«Ancora no... Le amministrazioni ci hanno
confermato di aver la lettera, ma non sono
solo loro che ci devono rispondere, e la società non sta dando alcun segnale».
Nel frattempo, par di capire che le amministrazioni non possano fare granché?
«Bisogna vedere... Essendo questi due Comuni
(ed in particolare Sellero) coinvolti direttamente, con circa 400 adesioni a questo tipo di servizio, io non penso che le amministrazioni se
ne possano stare fuori. È un servizio pubblico;
è un servizio civile importante: bisognerà pur
che, in qualche maniera, si esprimano nei confronti di una società che, di fronte ad un’assemblea pubblica promossa dagli utenti (alla quale
abbiamo partecipato come associazioni Federconsumatori e Adiconsum, sulla scorta del
mandato dell’assemblea, ma anche dei singoli
cittadini): potrebbero impegnarsi nel sollecitare
l’incontro/confronto che abbiamo chiesto con la
società, tanto per cominciare...».
E qui il rapporto fra utenti e lavoratori (ed ex
lavoratori) dipendenti piuttosto che conflittuale potrebbe diventare sinergico, giacché le centinaia di utenti di cui parla Giuseppe Lollio non
sono “altro” (non tanto) dalle centinaia di
iscritti al sindacato che le organizzazioni comprensoriali possono vantare in quell’ambito
territoriale: una massa d’opinione (e d’urto, all’occorrenza) che potrebbe fare la differenza.
la ferrovia valligiana come un carciofo?
La recente decisione di introdurre le biglietterie automatiche in alcune delle principali stazioni
della Valcamonica ha scatenato la protesta del gruppo civico di Darfo Boario Terme, Sinistra
Pace e lavoro, anche perché «porterà a 32 esuberi su 111 dipendenti della linea ferroviaria
Brescia- Edolo», i cui uffici prenotazioni, contabilità e biglietteria di Iseo sarebbero già stati
trasferiti a Milano, con l’ovvia conseguenza che, oltre alla riduzione dei posti di lavoro, ci
saranno «meno servizi diretti ai cittadini, meno informazione e meno controlli, con la conseguenza di disagi per gli utenti ed incuria delle stazioni stesse». Mentre «una seria politica
aziendale avrebbe posto particolare attenzione alla salvaguardia delle conoscenze ed alle esperienze professionali acquisite in questi anni di collaborazione, nonché al rapporto della qualità
del servizio ed economia di gestione». Il testo chiude quindi con un appello all’amministrazione comunale di Darfo Boario Terme e alla Comunità Montana di Valle Camonica, affinché
venga dedicata maggiore «attenzione a queste tematiche importanti per i cittadini camuni»,. Al
fine di «contrastare la tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici». (t.c.)
novembre 2012 - graffiti
6
“L’ETÀ DEL CEMENTO”: A CONFRONTO OTD, LEGAMBIENTE E GIUNTA MONDINI
il suolo: “bene comune” anche quando è privato
di Rosa Pedersoli
L’Osservatorio Territoriale Darfense (OTD)
continua la propria azione di conoscenza, analisi e proposta sul tema “come vivere il territorio”. Rinviata a primavera la stagione delle
passeggiate, l’OTD ha organizzato due incontri per confrontarsi “sull’abitare”. Il primo
appuntamento (il 30 ottobre) ha offerto una
panoramica sulla drammatica situazione del
consumo di suolo in Lombardia e in Valle.
In Lombardia negli ultimi 60 anni sono stati
cementificati 250 mila ettari di suolo, distruggendo per sempre un quarto del suolo agricolo
lombardo. Il dato più preoccupante è l’enorme accelerazione del fenomeno: nei precedenti
duemila anni si era arrivati ad occupare 100
mila ettari di territorio.
L’incontro, molto partecipato, ha preso avvio
con la proiezione di L’età del cemento, documentario prodotto da Legambiente Lombardia,
che denuncia la distruzione del fertile suolo
agricolo della Pianura Padana per opere stradali
costose e inutili e mette in evidenza la deriva
antieconomica dell’eccesso di offerta edilizia. Il
documentario mostra anche scelte coraggiose.
Ad esempio quella degli amministratori di Desio che con una variante hanno ridotto di 1 milione di mq la possibilità edificatoria del PGT
approvato due anni fa dalla precedente amministrazione o quella del sindaco di Milano che ha
ordinato l’abbattimento dell’ecomostro di Italia
’90, complesso alberghiero di sette piani mai
utilizzato, per trasformare l’area così liberata in
grande polmone verde.
Guido Cenini, Presidente di Legambiente Valle
Camonica, ha sottolineato come i problemi di
eccesso edificatorio siano fortemente presenti
anche nel nostro territorio: ogni Comune, separatamente e senza alcun coordinamento, ha
proceduto con i PGT a pianificare uno sviluppo improbabile di popolazione e industrie,
quando già sul fondovalle l’edificazione ha costruito un continuum che rende indistinti i nuclei di nuova espansione, tutti caratterizzati
da ripetuti cartelli di vendesi e affittasi.
Damiano di Simine, Presidente di Legambiente
Lombardia, ha invitato a prendere atto che l’automobile e il “mattone”, cause della crisi, non
possono trasformarsi in soluzioni della stessa.
Occorre immaginare nuovi e diversi orizzonti di
sviluppo. E in questa direzione il suolo va considerato un “bene comune” anche quando è privato: il singolo non può avere “diritto di morte” sul suolo attraverso la cementificazione
quando non ci sia un’esigenza sociale per costruire. Il suolo va tutelato come “valore” perché rende possibile il governo delle acque, costituisce la risorsa-paesaggio fondamentale per
il buon vivere, produce ricchezza attraverso
l’agricoltura (l’agroalimentare in Italia vale il
20% del Pil). Oggi il settore edilizio ha reali
possibilità di affermazione scegliendo la qualità
per la manutenzione immobiliare del già costruito, strada questa che consente di battere la criminalità organizzata che sceglie invece la speculazione e la rendita fondiaria.
Occorre che i Comuni rendano più costosa
segue nella pagina accanto
Il secondo incontro promosso dall’OTD si terrà martedì 20 novembre alle ore 20.30 presso il
Salone dell’Oratorio di Corna. Verrà proiettato il breve docu-film Il rumore dell’erba di Alessandra Locatelli, prodotto dal Distretto Culturale di Valle Camonica. Il film traccia un viaggio nella
nostra Valle tra case abbandonate, in rovina, domandandosi se venderle, demolirle e magari ricostruirle a imitazione dell’antico, oppure conservarle perché contenitori di identità e di potenziali
storie. Ci si propone di riflettere sulla dimensione sociale dell’abitare, sul senso di comunità
promosso oppure ostacolato dai modi dell’edificare. Ne parleranno don Gabriele Scalmana,
incaricato della Diocesi bresciana per la Pastorale del Creato, Anna Bonfadini, già Sindaco di
Cerveno e Giancarlo Maculotti, attuale Sindaco di Cerveno, paese scelto come esempio di una
pratica di “cura” dei luoghi che fa da marchio di qualità per chi li vive e per chi li visita.
dalla prima pagina
intervista ad Alfredo Moratti
enti superiori sono stati drasticamente ridotti.
Se ogni camuno è passato dal versare 9,35
euro annui del 2006 all’Atsp ai 20,35 euro che
verserà nel 2014 è solo per l’effetto dei tagli regionali oppure è possibile risparmiare e fare
economie di gestione da altre parti?
«Le motivazioni di fondo delle mie dimissioni
riguardano sia il rapporto tra Azienda, enti locali e enti superiori (soprattutto Regione), sia
la razionalizzazione dei costi interni all’Azienda. Sul primo versante non mi pare né
equo, né dignitoso continuare ad “annaspare”
per mantenere dei servizi sociali accettabili
(sempre che si possano definire tali dopo i recenti tagli e aumenti tariffari) a fronte di centinaia di migliaia di euro di tagli del fondo sociale regionale mentre la stessa Regione, solo per
fare qualche esempio, spende milioni di euro
per compensi ai consiglieri regionali o elargisce stipendi dirigenziali faraonici. Già nell’assemblea dello scorso anno avevo chiesto ai
nostri “azionisti” di intraprendere azioni più
decise di protesta verso questa scellerata politica regionale; credo che far finta di niente ci
trasformi in complici. Sul versante interno ho
chiesto che, a fronte dell’azzeramento dei
contributi ai Centri di aggregazione giovanile,
dell’aumento della compartecipazione delle
famiglie dei disabili, della riduzione delle tariffe corrisposte alle Cooperative sociali che forniscono i servizi, dell’aumento delle quote
procapite versate dai Comuni, si facesse ogni
sforzo per razionalizzare i costi aziendali, a
partire dalla riduzione dei costi dirigenziali
cresciuti nel passato per motivi a mio parere
estranei a motivazioni gestionali».
Al Governo Tomasi va dato atto di aver unificato le due aziende sociali della Valle, un’opera di
razionalizzazione sacrosanta che ha fatto giustizia della miseria politica prima in vigore, ma
leggendo la tua lettera di dimissioni ci sarebbe
molta altra spending-review da fare. Sostieni
come sia troppo altro il costo del personale e
troppe le dirigenze che prosciugano risorse altrimenti destinate ai servizi. Il centrosinistra, che
è in maggioranza in Comunità Montana ed in
Azienda, non dovrebbe dare l’esempio e cominciare ad essere più parco e sobrio?
«Ribadisco come la crescita passata delle figure
e dei costi dirigenziali sia stata motivata da ragioni estranee alla gestione aziendale e che questo fatto non sia tollerabile quando si impongono agli enti del privato sociale condizioni che
possono comportare per i loro dipendenti peggioramenti economici, se non la perdita del posto di lavoro. Un’operazione di sobrietà sarebbe sicuramente auspicabile sia nelle nostre realtà comprensoriali (tra le società di servizio
pubblico camune non penso sia solo l’Azienda
dei Servizi alla Persona da mettere sotto la lente della spending-review!), sia nelle realtà amministrative di livello superiore. In proposito le
imminenti campagne elettorali regionale e nazionale saranno una cartina di tornasole per verificare se partiti e movimenti politici, a partire
da quelli di centrosinistra, sapranno impegnarsi
per misure concrete e drastiche di riduzione dei
cosiddetti “costi della politica”».
graffiti - novembre 2012
7
dalla pagina precedente
L’ASSOCIAZIONE GRAFFITI VI INVITA A TEATRO
il suolo: bene comune...
il “governo delle donne”, a Bienno
l’edificazione dei suoli liberi e incentivino le
trasformazioni dei centri storici, che prima di
costruire il nuovo si dimostri che vi è realmente
la necessità di farlo. La priorità va data alla ristrutturazione del già edificato. Alcuni passaggi
normativi vanno in questa direzione (la stessa
legge regionale 12/2005 offriva la possibilità di
costruire PGT comprensoriali). Ma una norma
davvero risolutiva è in preparazione in sede di
Conferenza Stato-Regioni dove sono stati individuati cinque elementi cardine: la definizione
di suolo come bene comune, la tutela del suolo
agricolo e forestale, l’indicazione per decreto
del massimo di suolo agricolo trasformabile in
un decennio, la possibilità per i Comuni di destinare gli oneri di urbanizzazione solo per le
opere urbanistiche, una moratoria di 3 anni sulle nuove previsioni di tutti i PGT.
Grazioso Pedersoli, neoassessore all’urbanistica del Comune di Darfo, ha sinteticamente indicato le mitigazioni che la nuova amministrazione sta studiando per meglio regolare le future edificazioni, con l’intento di favorire le ristrutturazioni e rendere più onerose le nuove
costruzioni in aree libere (ad esempio attraverso il sistema delle compensazioni ambientali).
L’OTD da parte sua ha ribadito la richiesta di
variante al PGT, già avanzata a tutti i candidati sindaci durante la campagna elettorale. Il dibattito ha infine richiamato l’attenzione sui
processi di trasformazione economica avviati
anche in Valle da parte di giovani imprenditori, attraverso la riscoperta dell’agricoltura di
qualità e della produzione biologica.
È aperta la campagna di abbonamenti
2013. Quest’anno c’è un modo in più
per rinnovare l’abbonamento a Graffiti:
rivolgersi al referente del proprio Comune o della propria zona. Qui riportiamo
un primo elenco dei lettori e redattori che
hanno dato la loro disponibilità a fare da
antenna e punto di riferimento del giornale
(si accettano nuovi volontari a:
[email protected]).
Alta Valle: Monica Chiappini
Artogne: Marino Cotti Cottini
Berzo Inferiore: Gabriele Scalvinoni
Bienno: Massimo Pionelli
Breno: Guido Cenini
Ceto: Agostino Mastaglia
Capo di Ponte: Francesco Ferrati
Darfo Boario Terme: Tullio Clementi
Edolo: Rosy Masnovi
Gianico: Alessio Domenighini
Lozio e Malegno: Fabio Baffelli
Malonno: Felice Bona
Ono S.Pietro: Valerio Moncini
Ossimo: Wilma Francesetti
Pisogne: Ernesto Fenaroli
Piancamuno: Roberto Bariselli Maffignoli
Valsaviore: Valerio Gozzi
di Carola Rizzi
Sabato 10 Novembre alle 20.45 presso il Teatro Simoni Fè, a Bienno, l’associazione Culturale Graffiti è lieta di presentare una rivisitazione di “Le donne al parlamento”, celebre commedia di Aristofane, messa in scena dalla compagnia degli Universitari di Brescia. Probabilmente rappresentata alle feste Lenee, ad Atene,
nel 391 a. C., questa commedia segnò il ritorno
del più noto commediografo greco, attivo da oltre 40 anni e assente dalle scene da oltre 13, per
la precisione dal 405, anno in cui, con la rappresentazione delle Rane si concluse la fase
della commedia classica in senso stretto.
La trama: le donne ateniesi, guidate da Prassagora, attraverso un colpo di stato prendono
il potere e approvano un nuovo ordinamento
cittadino in base al quale tutti i beni (terra,
cibo, figli, donne) dovranno essere condivisi e
verrà abolita ogni forma di nepotismo e favoritismo; come di consueto accade in questo
genere di produzione teatrale, una parte rilevante è riservata ai temi di carattere sessuale:
la riforma prevede, infatti, che gli uomini giovani e aitanti scelgano prima delle altre le
donne brutte e anziane e che anche le donne
possano finalmente selezionare i propri concubini e non soltanto il contrario. La nuova
forma di governo incontra reticenze e opposizioni, tra chi si rifiuta di giacere con vecchie
megere e chi non ci pensa proprio a mettere in
comune le fortune e gli averi accumulati nella
vita. Nonostante tutto, l’opera si conclude con
un abbondante banchetto riconciliatore.
Quello che Aristofane mette in scena non è
un motivo protofemminista, bensì l’ennesimo
ritratto di “un mondo alla rovescia”, motivo
cardine della commedia antica: le donne che
prendono il potere, che sovvertono le secolari
tradizioni maschiliste e patriarcali fanno parte
dei motivi di comicità, magistralmente declinati in una serie di scenette e quadri che susci-
tano ancora il riso del pubblico. Eppure, non
sono casuali le linee politiche che Aristofane
sceglie di far dettare alle sue bizzarre Donne al
parlamento: da sempre pragmatiche e votate,
più per forza che per amore, alla risoluzione
efficace di tutti i problemi, le donne dimostrano che cambiare ciò che non va è semplice,
che cambiare si può, che sradicare i favoritismi, le ingiustizie sociali, la discriminazione
tra i sessi è solo una questione di volontà e,
cosa da sottolineare alla luce della triste contemporaneità, le donne chiedono da sempre la
libertà dagli stereotipi, il diritto alla felicità e
alla libertà sessuale indipendentemente dall’età e dall’aspetto esteriore.
La Compagnia: proprio i riferimenti all’attualità e l’esigenza di sperimentare il testo teatrale nelle sue infinite possibilità caratterizzano la messa in scena della compagnia degli
universitari di Brescia, che, sotto la guida di
Roberto Savoldi, applaudito in oltre trenta
spettacoli come regista e in molte altre rappresentazioni come attore sotto la guida di
maestri del calibro di Luca Ronconi e Cesare
Lievi, non esitano a stravolgere parti di testo,
ad operare tagli, ad aggiungere innesti, mescolando, fondendo la trama originaria con
quella di commedie celeberrimi e affini, come
Lisistrata, con sketch recuperati dalle produzioni di avanspettacolo, dalla commedia all’italiana e dalla prima comicità televisiva.
Nessuna restrizione filologica né stilistica, dunque, per questo spettacolo che, adattandosi
ogni volta ai fatti di bruciante attualità, trova
l’unico modo per mantenere lo spirito autentico della commedia classica, profondamente libera, irriverente ed ancorata alla propria contemporaneità, in un mondo che, 1400 anni fa,
metteva il teatro al centro delle vita politica e
sociale della comunità; perché andare a teatro
significava prendere parte a problemi di carattere collettivo, vivere le vita pubblica, partecipare alla satira feroce e libera (perchè allora era
libera e incoraggiata) dei potenti, dei capi del
governo, seduti in prima fila e messi deliberatamente alla berlina sul palcoscenico. Perchè
andare a teatro significava rendere possibile per
un momento un mondo alla rovescia, in cui fossero le donne a ribellarsi e a programmare, decidere, legiferare, ma , guarda caso, con buon senso e risentendo dell’influenza delle teorie di
Platone, il più importante filosofo dell’epoca.
Incuriositi dalle scelte stilistiche che adotteranno in questa occasione i nostri attori, vi
rinnoviamo l’invito a partecipare Sabato 10
Novembre. L’ingresso è libero, gratuito e incoraggiato, per sorridere, ridere, riflettere.
«Se le donne sono frivole è perché sono
intelligenti a oltranza». (Alda Merini)
novembre 2012 - graffiti
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LA RICOSTRUZIONE DELLE ULTIME VICISSITUDINI, MENTRE IL TEMPO STRINGE
Montecampione: l’inizio della fine?
di Roberto Bariselli Maffignoli
«Al fioca su la foia un inverno che fa oia»:
questo il proverbio che i nostri nonni utilizzavano per dire che se nevicava quando c’era ancora le foglie sulle piante ci sarebbe stato un
inverno gradito in quanto mite e privo di nevicate, quindi con la possibilità di svolgere molti
lavori nei campi.
Mentre scrivo questo pezzo seduto accanto
alla stufa fuori nevica copiosamente, e il pensiero corre al proverbio sopra citato e alla
speranza che sia magicamente smentito perché un inverno mite e privo di precipitazioni
nevose sarebbe l’inizio della fine.
L’economia di Montecampione e dintorni non
è più basata sull’agricoltura e l’allevamento
ma, da una quarantina di anni a questa parte,
quasi tutte le famiglie hanno un reddito legato
alle vicissitudini della stazione sciistica della
bassa Valle Camonica.
Da una decina d’anni la stazione annaspa e
va avanti sull’orlo del baratro ma ora è già
ruzzolata per una buona parte del burrone e
un inverno mite sarebbe probabilmente il colpo del ko definitivo.
L’anno scorso l’apertura degli impianti era
stata garantita dalla famiglia Gervasoni che
aveva affittato le strutture. Poi l’inverno magro di precipitazioni e gli scontri con gli enti
dalla prima pagina
migranti no choosy
I rapporti della fondazione Leone Moressa e di Ires Cgil a livello nazionale, quello di CaritasMigrantes per la regione Lombardia, quello del Cirmib per la provincia di Brescia offrono elementi di riflessione che vanno oltre l’ambito migrante. La perdita del lavoro (e di conseguenza
l’aumento della precarietà economica e del disagio esistenziale) riguarda tutti: nativi ed immigrati,
ma in particolare coloro che partono già da una situazione di debolezza. Così se il tasso di disoccupazione è aumentato dal 2008 al 2011 del 3,6%, per i migranti è aumentato di più, del 6,1%.
Tuttavia i migranti rientrano più facilmente nel mercato del lavoro. Perché? Ma perché non sono
choosy e – per quella necessità di cui si diceva sopra e che si rivela sempre più per quel che è: un
ricatto – accettano forzosamente di lavorare a un livello inferiore rispetto quello della precedente
occupazione. Perché donne e studenti (sì, diminuisce il numero dei giovani migranti iscritti alle
scuole superiori e all’università) si impiegano in lavori dequalificati pur di supplire in qualche
modo a quel che viene a mancare con la perdita del lavoro del capofamiglia. Il declassamento del
lavoro migrante, dunque, aumenta.
Non solo professori senegalesi che fanno gli operai in fabbrica o ingegneri sudamericani che fanno i
muratori dove e quando capita, non solo diplomati marocchini che non fanno mai carriera e non
passano al livello superiore di inquadramento contrattuale, non solo domestiche ucraine che guadagnano il 30% in meno delle colleghe italiane: la condizione lavorativa migrante si profila in perpetua
caduta verso il basso. Dalla media azienda a quella più piccola, dal tempo indeterminato a quello
temporaneo, dall’economia legale a quella sommersa con tutti gli annessi e connessi: peggioramento
di tutti gli aspetti delle condizioni di lavoro (dal salario agli orari, dalle mansioni alla sicurezza),
minor protezione dalle discriminazioni, perdita della già scarsa protezione sociale. E non è solo
colpa della crisi. La crisi interviene ad aggravare una condizione già in atto.
Eppure da queste condizioni di lavoro declassato l’intero Paese trae beneficio, in termini di welfare e di dinamismo produttivo. Quanto costerebbe l’assistenza in strutture pubbliche di anziani
e di non autosufficienti, se non ci fossero le “badanti” immigrate? Quante italiane, professioniste
o no, che hanno un lavoro si vedrebbero costrette a rallentare o dismettere i propri impegni
lavorativi se non affidassero la cura dei propri figli alle domestiche immigrate?
L’immigrazione femminile colma il vuoto della carenza di servizi. Non per niente continuano ad
aumentare sia i numeri di ingresso sia il tasso di occupazione delle migranti.
E, oltre il welfare, c’è anche il sistema produttivo. Chi raccoglie pomodori o arance, chi pulisce gli
uffici e gli ospedali, chi trasporta le merci o provvede allo stoccaggio nei magazzini?
Il lavoro migrante versa all’erario 6,2 miliardi di euro, il 4,1% del totale dell’imposta netta.
Ma sono le famiglie migranti quelle maggiormente esposte al rischio di povertà: circa il 60% di
esse si colloca nelle fasce dei quasi/appena/sicuramente poveri.
E mentre ragiono su questa manciata di dati, c’è un assunto, condiviso tra gli studiosi del settore,
che continua ad attraversarmi la mente. Quello secondo cui “il deterioramento delle condizioni
lavorative degli immigrati è un elemento premonitore e detonatore di dinamiche sociali che diventano (o possono diventare) più estese rispetto al semplice raggio dell’immigrazione”.
Da tutto questo mi viene da trarre una conclusione, un po’ grossolana ma autentica. A non essere
choosy non ci guadagna il lavoratore: le prospettive di ulteriore caduta verso il basso sono superiori a quelle di miglioramento delle proprie condizioni lavorative. È funzionale a chi scarica i
pesi maggiori sulle spalle dei più deboli, a chi teorizza che lo stato sociale va ammodernato (si
legge: indebolito fino alla sparizione), a chi la giustizia sociale non sa proprio cosa sia.
pubblici e con la proprietà degli impianti hanno fatto sì che l’imprenditore mollasse tutto.
Una volta chiusa la stagione sciistica non è più
stato fatto nulla, neppure la normale manutenzione degli impianti. La situazione precipita,
Alpiaz fallisce, Montecampione Bovegno Ski
pure e il tutto finisce in mano al curatore fallimentare. Per evitare il peggio si muove l’associazione dei commercianti che dà vita all’azionariato diffuso e così raccoglie 150.000 euro:
aderiscono i commercianti appunto, la quasi
totalità dei operai, normali cittadini e anche alcuni proprietari di seconde case a Montecampione, che pur di non vedere svalutarsi i propri
immobili sono disposti a dar una mano. L’operazione è sostenuta dagli enti pubblici che, attraverso il BIM e nell’attesa della nascita della
fondazione per acquistare gli impianti sciistici,
mettono sul piatto della nuova società 100 mila
euro per affittare le attrezzature.
Come se i problemi non bastassero e il tempo
non stringesse, Gervasoni decide di contrastare in tutti i modi la nuova società guidata dall’amministratore unico Innocenzo Cotti, ex
sindaco di Artogne, e così oltre a presentarsi
anch’egli dal curatore fallimentare per riaffittare gli impianti sciistici pensa bene di chiudere i piazzali al Plan di Montecampione che
dice di aver acquistato lo scorso anno da Alpiaz (ma a detta di molti sono sì privati ma di
utilità pubblica). Resta da vedere quale sia la
situazione della nuova seggiovia in località
Valmaione e della stessa malga dove scorrono
un paio di piste che sembra Gervasoni abbia
acquistato sempre lo scorso anno.
A contrastare l’operazione dell’azionariato diffuso ci si è messo il Comitato per Montecampione, convinto che l’operazione sia la maschera per far entrare il consorzio dei proprietari di
seconde case a Montecampione e così costringere i consorziati a farsi carico delle spese.
Questa in sintesi la situazione. Ancora non si
sa se la stagione sciistica sarà garantita e chi
sarà l’eventuale gestore: la nuova società nata
dall’azionariato diffuso e sostenuta dagli enti
pubblici o dal cavaliere bianco Gervasoni.
Di certo c’è che teoricamente mancano una
quarantina di giorni all’apertura, i problemi rispetto agli anni scorsi si sono moltiplicati,
molti degli attori dell’azionariato diffuso cominciano ad essere delusi e dispiaciuti, ma soprattutto il tutti contro tutti non porterà di
certo la serenità e il clima ideale per far andare
le cose per il verso giusto.
Permettetemi di concludere con un appello:
qui ci sono posti di lavoro da salvare, famiglie
che hanno investito il proprio futuro, un territorio da presidiare per evitare scempi e disastri ambientali. Mettiamo da parte per un po’
personalismi, egoismi e anche ideologie politiche per far sì che non sia l’inizio della fine
graffiti - novembre 2012
9
LE VALIGE DA EMIGRANTE, IL CARRO DI PADRE PIO E... LE INCISIONI
gli italiani (e i camuni) a New York
di Alessio Domenighini
Un viaggio a New York è per molti aspetti
un’esperienza imperdibile e spaesante.
Ci siamo stati l’ottobre scorso e l’insieme delle
“cose” viste e delle esperienze vissute è stato
davvero sorprendente e alla fine risulta un po’
presuntuoso pretendere di sintetizzare il tutto
in una paginetta, così come è decisamente
spropositato pretendere di aver conosciuto una
città enorme, complessa, dai mille volti, che
spesso ci sono apparsi ricchi di attrattiva, ma
anche, mi pare, di molte contraddizioni. Queste
ultime si accentuano ora, dopo il passaggio dell’uragano Sandy, dovendo constatare che una
città che è stata il laboratorio del futuro per
quasi un secolo, ha dimostrato una rete infrastrutturale molto fragile. Mi limiterò pertanto
a proporre alcuni squarci su quello che siamo
riusciti a vedere, relativamente al rapporto
degli italiani con la metropoli americana.
La prima esperienza riguarda la visita al museo dell’immigrazione che si trova a Ellis
Island, l’isoletta dove, tra la fine del 1800 e la
metà del 1900, 17 milioni di emigranti europei
sono approdati, pieni di speranze e di paura.
Molti di loro erano italiani, molti altri provenienti dall’Europa Orientale: cercavano in
America una risposta a condizioni di miseria
e all’impossibilità di migliorare in patria le
loro condizioni. Hanno costruito strade, metropolitana, ferrovia, grattacieli. Nel museo
si narra dei passaggi burocratici, delle visite
mediche, delle quarantene per verificare lo stato di salute, dei respingimenti, specialmente a
causa del glaucoma. Famiglie spezzate dopo
quelle visite, qualcuno restava, altri venivano
rispediti. Magari bambini accolti e genitori respinti. Mirabili le fotografie d’epoca, scioccanti le testimonianze ascoltate. Toccante la
catasta di valigie, bauli, coperte, oggetti vari.
La cosa forse più sollecitante è la presenza di
alcuni computer, sui quali un visitatore è invitato a digitare un cognome, magari di un conoscente immigrato. Immediatamente appare
l’elenco delle persone che portavano quel cognome; si può risalire alla data d’ingresso e a
quella copiosa mole di informazioni che venivano puntualmente registrate a mano al momento dell’accoglienza. Insomma uno strumento importante non solo per possibili parenti, ma anche per studiosi e ricercatori. Fuori, nel parco, davanti a Manhattan un lungo
muro con 600 mila cognomi incisi.
Lunedì 8 ottobre si celebrava la festa del Columbus day: la giornata che non solo ricorda la
“scoperta” dell’America ad opera di Cristoforo
Colombo, ma anche una specie di ricorrenza
annuale nella quale sembra che l’Italia e gli italiani siano al centro dell’attenzione dell’intera
metropoli. Così i grandi grattacieli, come l’Empire State Building, la notte sono illuminati con
i colori della bandiera italiana, mentre durante la
sfilata sulla Quinta Avenue addirittura il governatore di New York avanzava gridando in un
microfono “Oggi siamo tutti italiani”.
In questa sfilata durata diverse ore il tricolore era
dominante, così come moltissimi carri che volevano rappresentare il nostro paese o forse la sua
immagine di mezzo secolo fa. Scolari vestiti da
Pinocchio, un grande carro che inneggiava a Padre Pio, rappresentanti di scuole italiane, una
delegazione di una regione italiana (il Lazio), i
bersaglieri, sportivi, qualche attore. E poi una
esibizione decisamente volgare: aitanti maschi
alla guida di fiammeggianti Ferrari con bellissime
ragazze in mostra, accovacciate sui cofani.
Più caricaturali fra tutti sono stati alcuni personaggi veri, agghindati con borsalino, vestito
gessato, soprabito, scarpe translucide, alcuni
con fascia tricolore, che si davano un mare di
importanza. Si sono piazzati in centro alla
via, grossa corporatura, gambe divaricate e
mani ai fianchi, per governare le entrate nella
sfilata, si abbracciavano, familiarizzavano con
i politici, si inchinavano al loro passaggio,
esibivano un portamento che ci ha richiamato
alla mente certi film, quali “Il Padrino”.
Il pomeriggio siamo andati a visitare il quartiere italiano chiamato Little Italy. Un’assoluta
delusione. Il quartiere è ormai ridotto al minimo e si limita ad esibire ristoranti, pizzerie e
qualche negozio di alimentari. Gli italiani in
effetti non abitano più qui, sono rimaste solo
le foto di Mussolini e di Sophia Loren, come
santi protettori. La moda non stava lì, quella
con le grandi firme italiane, del made in Italy,
si trova nella New York della ricchezza, sulla
Quinta Avenue o al Rockfeller Center.
Un’ultima esperienza ci ha colto davvero di sorpresa, quando siamo andati a visitare il museo di
FUOCO FATUO
storia naturale. La guida del Touring lo annunciava come il più grande museo al mondo, che parla
dell’uomo a partire dalle prime forme di vita, in
un importante edificio dell’Ottocento. Come al
solito si deve fare la fila per entrare: moltissimi i
visitatori a partire dalle scolaresche.
In ordine di percorso, prima le origini della vita,
gli scheletri dei dinosauri, gli ambienti naturali e
poi la presenza dell’uomo, le sue origini, le sue
prime rappresentazioni o forme di disegno e
scrittura. Qui la sorpresa è stata grande, quando in calce ad una fotografia che parlava delle
incisioni rupestri del deserto del Tassili in Algeria, veniva indicato che gli scavi e la foto esposta erano a cura del Centro Camuno di Studi
Preistorici e l’immagine era stata scattata da V.
Sansoni. Un errore evidente dove quel V. stava
per Umberto Sansoni, che da qualche decennio
lavora col Centro Camuno di Capo di Ponte.
Insomma, la sorpresa è stata grande, accompagnata anche da un pizzico di orgoglio: questa nostra terra che fatica tanto a valorizzare il
proprio patrimonio, qualche volta, magari grazie a qualche personaggio che lavora non propriamente con grandi evidenze o riconoscimenti da parte dei camuni, riesce a varcare i
confini e ad avere riconoscimenti sorprendenti
e, pensiamo, importanti per tutti.
New York è stata questo e tanto altro. Una
città di contrasti, una città che, sebbene già
presente nella nostra mente, portata dal cinema, dalle televisione e dalla letteratura, è riuscita a stupirci, rivelando aspetti inattesi e
una varietà umana davvero senza confini.
(a cura di Stefano Malosso)
il medioevo di Lewis (e zombie annessi)
Una serata mondana può diventare l’occasione per promuovere il territorio? Verrebbe da rispondere in maniera affermativa, guardando alla recente serata “Stilemio Take the Castle”, organizzata in occasione della festa di Halloween all’interno delle splendide sale del castello di
Gorzone. A chi troppo facilmente liquida la festa americana come una superficiale celebrazione
per teenager annoiati hanno risposto le centinaia di persone che si sono presentate nel cortile
del castello travestite nei modi più disparati, contaminando un luogo della tradizione medievale locale con generi letterari, stilemi cinematografici, tendenze dal mondo. È così che gli eleganti
salotti dei Federici hanno fatto da cornice per una lunga nottata alla sfilata di cappellai matti
usciti dalle pagine di Lewis Carroll, a zombie che hanno preso spunto dai cult movie di George
Romero, a volti e personaggi che sembrano essere stati sfornati dalla mente oscura di Edgar
Allan Poe e Howard Lovecraft. Una buona fetta di pubblico è arrivata fino a Gorzone da
Brescia, attirata dall’offerta della serata: live painting (a cura dei bresciani Cris Strato e Luca
Lugosis) e body painting, lo spettacolo di Ivan Cirkoski, l’esposizione del gruppo valligiano
Art of Sool e il concerto free jazz dei Mesband, l’artigianato creativo del brand Prestorick,
l’esposizione dei lavori del gruppo Stilemio, il concerto infuocato di Antonio Sorgentone col
suo boogie woogie infuocato al pianoforte e molto altro ancora... Un’offerta, quella di questo
Halloween Party, che è riuscita ad andare ben oltre al semplice intrattenimento: al centro della
serata gli organizzatori hanno collocato la creatività giovanile in tutte le sue declinazioni, con
un occhio rivolto al mondo rockabilly con tutto il suo particolare alfabeto composto da eccentricità, movimento, spregiudicatezza. Le sale del castello si sono così decorate di opere d’arte,
tra fotografia, arti grafiche e pittura, che hanno fatto da cornice all’ormai tradizionale “dolcetto
o scherzetto” che fino alle prime ore del mattino è stato il leitmotiv dei partecipanti, e hanno
rivissuto, anche se per poche ore, i fasti del tempo che fu. Con l’aggiunta delle note infuocate
di Jerry Lee Lewis e di qualche zucca. Rigorosamente cosparsa di un po’ di sangue finto
novembre 2012 - graffiti
10
ARTE E TURISMO
i Pitoti alla Triennale di Milano
di Serena Treachi e Margherita Moles
Trent’anni dopo la Triennale di Milano diventa ancora vetrina per la Valle Camonica e in particolare per le incisioni rupestri. Nel 1982 una grande esposizione faceva conoscere ad un pubblico più
ampio il nostro patrimonio archeologico; nel 2012 una piccola, ma sfiziosa, mostra rinnova l’invito
a visitare i siti di arte rupestre, presentandocela da un punto di vista insolito. Infatti “Pitoti: digital
rock art from ancient Europe” è uno spazio che coniuga l’archeologia con le nuove tecnologie digitali e permette un approccio interattivo grazie a joystick, schermi touch-screen, video, proiezioni
tridimensionali e animazione dei graffiti. Si gioca sull’assonanza dei termini pexil (graffito appunto)
e pixel. La mostra ha una genesi di tutto rispetto, nasce da un progetto a cui hanno collaborato il
Centro Camuno di Studi Preistorici, l’Università di Cambridge e l’Università austriaca di St.Polten
e presso questi atenei verrà poi esposta nei prossimi mesi, contribuendo a far conoscere maggiormente le incisioni rupestri anche all’estero. (s.t.)
Non abbiamo voluto perderla. In una sala piccola, ma ben articolata in spazi, ci siamo trovati
avvolti dalle immagini della Valle, di alcune rocce incise, di soggetti a noi familiari: un cervo cacciato, un guerriero, lo sciamano, i pugnali, il carro trainato dai buoi... e le nostre orecchie ascoltavano i
suoni della martellinatura sulla roccia. Sarà stato così nella realtà? La novità è che noi potevamo
azionare i tablet e i monitor messi a disposizione ed esplorare il paesaggio , facendo scorrere le
fotografie digitali e scegliendo di passare da un giro panoramico sul sito all’osservazione analitica
di soggetti ravvicinati. Non solo: le figure di uomini e animali fissati sulla roccia prendevano vita e
colore per mostrarci scene di caccia, di danza, di vita quotidiana. Piccole sequenze filmate creavano
probabili scenari di vita preistorica e stuzzicavano la nostra immaginazione.
Una nuova esperienza per noi adulti, ma chissà che entusiasmo per i bambini e i ragazzi venuti a
visitare la mostra! Alcune scuole milanesi hanno risposto, molti turisti francesi hanno apprezzato,
scarsa l’informazione sull’evento nella città. Speriamo molto che la mostra circoli e incanti molti
altri visitatori. L’arte rupestre degli antichi camuni lo merita e l’idea è proprio stimolante. (m.m.)
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
25040 DARFO BOARIO TERME
[email protected]
http://www.graffitivalcamonica.it
un gradito ritorno
Dopo più di un secolo e mezzo, attraverso peripezie che l’hanno portato tra gli
altri a Parigi, New York e Londra, è tornato (quasi) a casa. Si tratta del polittico ligneo del Maestro Paroto, risalente al
1447 e raffigurante la Madonna col bambino e otto santi, che fino alla seconda
metà del 1800 faceva bella mostra di sé
nella Pieve di San Siro a Cemmo di Capo
di Ponte. L’opera, smontata e venduta, ha
poi peregrinato tra collezioni private e
musei fino a pochi mesi fa, quando è stato acquistato ad un’asta da Sotheby’s dalla Fondazione CAB. Ora il polittico è
esposto nel Duomo Vecchio di Brescia,
ma arriverà presto in Valle Camonica,
ospite della Fondazione Cocchetti, proprio a Cemmo, suo paese di origine. (s.t.)
Ghislandi-Graffiti: 3 incontri per 3 libri
Il Circolo culturale Ghislandi in collaborazione l’Associazione Graffiti ha organizzato
un ciclo di 3 incontri con gli autori:
BRENO (Palazzo della Cultura), Venerdì 16 novembre, ore 20,30
Paolo Corsini: “Mino Martinazzoli. Valore e limite della Politica”
BRENO (Palazzo della Cultura), Giovedì 29 novembre, ore 20,30
Mimmo Franzinelli: “Il prigioniero di Salò. Mussolini e la tragedia italiana del 1943-1945”
DARFO BOARIO TERME (Scuola media Tovini - Boario), Giovedì 6 dicembre, ore 20,30
Paola Trotti: “Nina e la Costituzione”
COOPERATIVA SOCIALE
Pro-Ser Valcamonica Onlus
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ADERENTE AL CONSORZIO SOLCO CAMUNIA
graffiti - novembre 2012
«Viviamo una stagione di grande incertezza.
Un ciclo si chiude e non sappiamo quale
nuovo periodo ci aspetti. Le transizioni,
come sempre, sono complesse. E lunghe.
Usciamo certamente da un ventennio di
decadenza. In questi anni Milano è stata
rovinata da palazzi e grattacieli spesso completamente inutili, costruiti senza una logica
che non fosse quella della speculazione edilizia. Senza un’idea di città. Palazzi che in
grande parte rimarranno vuoti e non sapremo come utilizzare». (Vittorio Gregotti)
Le vignette di Staino, Ellekappa, Vauro, ed
altri sono tratte dai quotidiani: l’Unità, il
Corriere della Sera, il Manifesto, Repubblica
Tel. 030.45670
Fax: 030.3771921
Brescia - Via Luzzago, 2/b
www.radiondadurto.org
FREQUENZE:
dal lago a Capodiponte: 100.100
da Capodiponte a Edolo: 99.90
da Edolo a Pontedilegno: 100.00
Redazione Valcamonica:
MERCOLEDÌ
28 NOVEMBRE
dalle ore 18,30 alle ore 19,20
DAL NOSTRO INVIATO A...
11
recensione
di Tullio Clementi
Titolo: Resistente - Widerrstandsfähig
Autore: Pietro Giorgio Zendrini
Editore: Lettera Vendidue
Widerrstandsfähig (qualità del resistente). Inizia così, il primo breve capitolo, ed è quasi un
distillato di ciò che leggeremo nelle pagine
successive. Come dire che il libro, più ancora
che per una recensione, si presterebbe ottimamente anche per un “ritratto” dell’autore, con
il quale, fra l’altro, mi mette in simbiosi la
condivisione di un percorso autodidattico (nel
suo caso, evidentemente, con risultati ben più
prestigiosi): quella condivisione in cui non
puoi non riconoscerti nel pensiero di Eric
Hobsbawm (scomparso pochi giorni fa alla
veneranda età di 95 anni), laddove disserta
senza inutili fronzoli sulla supponenza dei
professori di mestiere che «parlano per altri
professori, ascoltati distrattamente da studenti che devono ripetere le loro idee»...
Ho frequentato con una certa assiduità Giorgio Zendrini negli anni Novanta, quando abbiamo curato la redazione di Cevo Notizie, il
periodico dell’amministrazione comunale di
Cevo, avendo così modo di apprezzarne la
«L’arte è un impegno di alta Qualità. Non
c’è altro da aggiungere. Se invece si vuole
qualcosa di più altisonante si può dire che
l’arte è la Divinità quale essa si esprime
nelle opere dell’uomo».
Robert Maynard Pirsig, “Lo Zen e l’arte
della manutenzione della motocicletta”
(a cura di Maurizio Gino Morandini)
adottare un bambino tanzaniano
Come anticipato ad ottobre, da questo mese vi racconterò dei progetti che don Tarcisio e Fausta hanno attivato a sostegno della popolazione nella zona di Ilembula, sud-ovest della Tanzania. Partirò parlando delle adozioni a distanza, che ormai da molti anni permettono a bambini e
ragazzi di tutte le età di frequentare la scuola, oltre che di veder curati i propri genitori, troppo
spesso vittime di quella terribile malattia, l’AIDS, che in questa zona si stima colpisca circa il
30% delle persone. Conoscerete di certo già l’adozione a distanza, strumento che numerosissime organizzazioni utilizzano per aiutare i troppi bambini che, altrimenti, non avrebbero neppure quella piccola speranza di un presente - e forse un futuro - un pochino migliori. Qui
accade la stessa cosa. Fausta, in questi anni, ha raccolto le storie di centinaia di bambini dei
villaggi delle parrocchie di Ilembula, Mtwango e Wanging’ombe, la cui situazione, pur in un
contesto di povertà diffusa, versava in una situazione di gravità tale da necessitare di un sostegno continuo. Nel tempo, con pazienza e costanza, ha trovato persone in Italia disponibili
all’adozione, cosa che ha permesso di sostenere quei bambini pagando loro la retta della scuola, fornendogli la divisa e il materiale scolastico, oltre che beni di prima necessità e soldi per le
medicine alle loro famiglie. I bambini che Fausta aiuta sono moltissimi, e le adozioni non coprono il loro numero, anche perché si contano sempre nuovi casi. È quindi importante che gli
adottanti crescano, ed è per questo che oggi mi rivolgo ai lettori di Graffiti: con 300 euro
all’anno potete fare la differenza, e non solo sulla carta. Anche perché vi garantisco – essendone stato testimone – che ogni bambino è seguito personalmente da Fausta, che trascorre giornate intere in giro tra villaggi sperduti, per assicurarsi che ognuno di loro stia bene e per riferire
puntualmente l’evolvere della situazione familiare, scolastica e sanitaria ai sostenitori italiani.
Quindi, se anche voi volete dare il vostro contributo, non dovete far altro che scrivermi all’indirizzo mail [email protected]. Asante sana. Tutaonana.
scrupolosità indagatrice con cui incalzava gli
intervistati (dirigenti d’azienda, operai, ex pastori transumanti...), e grazie a lui ho potuto
conoscere anche l’opera di Albe Steiner – beffarda nemesi della storia: nella scuola milanese
che porterà il suo nome entreranno perfino i
figli di Berlusconi –, attraverso il suo “mestiere di grafico” («Continuo a fare molta fatica
per preparare dei libri, ognuno dei quali dovrebbe corrispondere all’esperienza da me fatta in un particolare settore e raccogliere articoli e testi scritti sui lavori che ho fatto, e che
dovrebbero servire alle scuole e ai giovani»),
diventandone occasionale – e sicuramente immeritevole – apprendista negli anni successivi,
quando mi immergerò nella grafica editoriale
per conto della Cgil di Valcamonica-Sebino.
Ciò premesso, proviamo ad entrare nelle pagine del libro, ovvero, nel vissuto quotidiano del
suo autore, impegnato ad «esercitare il mestiere dignitosamente nel tentativo di mettere in
opera quello che qui suggerisco come “costruire senza il verbo avere”» (pag. 10).
Una ventina di capitoletti di due o tre pagine
– fra i quali un intermezzo di “appunti manoscritti” –, in cui l’autore riversa in modo
più o meno casuale idee, umori e sensazioni
inerenti la sua attività di architetto, ma anche
di uomo socialmente attento a quanto gli sta
attorno in tema di risorse, di spreco, liberismo, mercificazione, consumismo... «Consumo di materiali, consumo di energie; consumo da alimentare continuamente, da stimolare con una incessante aspirazione alla novità,
facendo crescere individui senza riferimenti,
rivolti alla continua ricerca del piacere e del
desiderio del nuovo». (pag. 17).
E poco più avanti: «Costruire, è un mestiere
che si fonda sull’esperienza, sulla conoscenza
tecnica e su un chiaro atteggiamento nell’operare, e va affrontato sulla base di un giudizio
critico ben definito...» (pag. 18).
E, quindi, un buon progetto «dovrà essere una
risposta al “bisogno”...» (pag. 22).
Ecco dunque la necessità di resistere all’irrompere della «tecnica come nuova magia».
Cosa tutt’altro che facile, perché «i tempi
neoliberisti in cui viviamo sono definiti dal
massimo grado di “libertà” economica concessa agli individui» (pag. 25).
Dopo le 12 belle pagine di “appunti manoscritti”, il libro torna ai temi proposti fin dal
titolo con una seconda serie di “schede” di cui
ci limitiamo a citare alcuni dei titoli più significativi (nel senso che ci danno già una qualche
idea di quel che andremo a leggere): Il necessario essenziale; Intervento steel days; Paesaggi
minimi; Un parere sulle piccole cose...; Ad
ogni istante una porta si apre...; Incontrare
un maestro; Pietre e parole; Dentro, fuori.
Infine, le Riflessioni attorno al Resistente, di
Paolo Mestriner, che chiudono il libro con una
citazione del pianista Glen Gould: «Lo scopo
dell’arte [leggi architettura] non è il rilascio di
una espulsione momentanea di adrenalina, ma
piuttosto la costruzione graduale e permanente
di uno stato di meraviglia e di serenità».
novembre 2012 - graffiti
12
ROSSO DI SERA
(a cura di Giancarlo Maculotti)
no alla fusione Ponte-Temù: e ora?
ZUCCHERO, SALE E PEPE
(a cura del cuoco)
ZUCCHERO
Adesso i più tristi saranno quelli del NO. Se eran sinceri nel dire “la fusione di due comuni non
Il sindaco di Darfo, Mondini, si è tolto il
va bene, deve essere più grande, deve comprendere anche Vione e Vezza” non solo hanno terribilcompenso di amministratore. Subito a dargli
mente allontanato il loro obiettivo, ma hanno posto le condizioni perché si rompa anche il rapporto più stretto nato negli ultimi anni tra Ponte e Temù. Basta infatti che arrivi in uno dei due
addosso da parte della Lega. Ma se ci proComuni un sindaco che, o per carattere o per opinioni politiche, non va d’accordo con il vicino, e
vassero anche gli altri professionisti da lauti
ciò che è stato faticosamente costruito in dieci anni, si distruggerà in poco tempo. Questa la
guadagni professionali? Buono l’esempio,
realtà dei fatti. I primi sconfitti quindi sono coloro che hanno sostenuto il NO senza motivazioni
sempre e soprattutto in questi tempi.
che guardino alle prospettive e non al passato e ai confini stabiliti nel 1624.
SALE
Che benefici può portare infatti il rifiuto della fusione? Non ne abbiamo sentito elencare nemmeno
uno. Proprio non ce ne sono. La società, l’economia, il demanio sciabile, le associazioni, i servizi
Maisetti rientra in maggioranza in Comunivanno tutti nella direzione del superamento dei vecchi confini, il campanile invece, va nella direziotà Montana dopo aver sollevato un polvene opposta, come i gamberi. Ma poiché a questo punto non si tratta solamente di politica o di
rone. Dalla nebbia è uscito, come prevedibiamministrazione, ma di decisione dei cittadini liberamente espressa, l’analisi va spinta un po’ più a
le, il non abbandono delle sedie.
fondo per vedere se sono stati compiuti errori nelle modalità di sostenere il Sì.
PEPE
Prima osservazione: ma come, i cittadini dei due comuni sommati hanno optato prevalentemente
Un po’ di pepe bisognarebbe metterlo sotto
per la fusione e la fusione viene bocciata? È il paradosso dell’ipergarantismo per le minoranze.
Se al voto fossero andati due comuni uno di cento abitanti l’altro di mille (rapporto 1 a 10) si
il naso ai sindaci della Valsaviore, titubanti
sarebbe dovuto rispettare la minoranza perché il comune più grosso poteva schiacciare facilmensul comune unico. Ci sto, io no, io forse. Su,
te il piccolo ed annetterlo contro la sua volontà. Nel caso di Ponte e Temù la situazione è molto
un po’ di coraggio, mettete del pepe nella vopiù equilibrata e quindi si poteva pensare ad un conteggio globale. I sì avrebbero battuto i no con
stra minestra, è tempo di decisioni forti.
177 voti di scarto e avrebbe vinto, com’è giusto, la maggioranza e non la minoranza.
Secondo: purtroppo il referendum si è trasformato in un voto contro Tomasi, Bezzi e Menici. È
in Redazione:
stata una battaglia contro la loro presunta “arroganza” o ipotetico “strapotere”. Ciò ha inquinato
Bruno Bonafini, Guido Cenini, Michele Cotti
nettamente la competizione e l’ha spostata su temi che con la fusione non c’entravano un bel nulla.
Cottini, Alessio Domenighini, Stefano Malosso,
L’inquinamento è stato fortemente voluto da alcune minoranze e ha raggiunto il suo scopo. Forse
Valerio Moncini, Federica Nember.
si è insistito troppo poco sul fatto che il referendum non sceglieva i sindaci e che la popolazione
avrebbe potuto cambiare pagina nel giro di pochi mesi e mandare a casa i presunti “dittatori”.
hanno collaborato:
Ma con la fusione ben salda e quindi con la possibilità di incidere sul futuro dell’alta valle. AncoRoberto Bariselli Maffignoli, Andrea Bonadei,
ra una volta gli oppositori si sono privati da soli di un’arma potentissima. Dovranno lottare su
Liliana Fassa, Francesco Ferrati, Giuseppe
due fronti e non è detto che vincano ovunque.
Lollio, Giancarlo Maculotti, Margherita
Terzo: la promessa della esenzione dalle tasse comunali (Tarsu, Imu ecc.) in caso di fusione è suoMoles, Maurizio Gino Morandini, Rosa
nata troppo demagogica e non ha fruttato voti. Diciamo che è stata una furbata che poteva essere
Pedersoli, Carola Rizzi, Serena Treachi.
evitata. Ma in ogni caso va dato atto ai tre principali protagonisti della battaglia, Corrado, Mario e
direttore responsabile:
Roberto, di avere avuto molto coraggio e di mostrare una visione lungimirante che prima o poi verrà
Tullio Clementi.
premiata, confortati dai paesi più in quota, Villa e Pezzo, che, come si vede dai risultati, spaziano
su orizzonti più vasti di quelli più in basso.
E adesso che prospettive ci sono? Innanzitutto
VALCAMONICA ON-LINE (a cura di Valerio Moncini)
le altre auspicabili fusioni si allontaneranno
nel tempo e forse finiranno nel dimenticatoio.
E ai Comuni dell’alta valle non resterà che
consolidare l’Unione, sapendo però che si
http://www.memorieincammino.it
tratta di un legame debole. Sperando che non
L’Istituto Cervi, attraverso una piattaforma multimediale online, ha interpredeflagri sotto gli incoscienti e ottusi colpi del
tato l’esigenza di rappresentare la grande ricchezza della memoria italiana
no. Se così accadesse la tristezza dei vincitori
inerente
alla storia del primo ’900: fascismo, antifascismo, seconda guerra
diverrebbe incontenibile e potrebbe generare
mondiale, deportazione e Resistenza. È un’esperienza virtuale attraverso la storia e i luoghi, un
fiumi di lacrime. Di coccodrillo.
viaggio tra biografie, eventi, temi e soprattutto fonti storiche legate ai territori di provenienza. Il
sito si articola in sette sezioni (il progetto, l’Istituto Cervi, i partners, il testimonial, come aderiÈ evidente che l’attaccamento alla terra,
re, ricerca avanzata, la mappa dei soci) che ci restituiscono migliaia di pagine di ipertesti multiproprio di chi da essa non si è mai allonmediali: documenti, fotografie, filmati e audio d’epoca, interviste a testimoni.
tanato, è diverso dal legame che costruisce
La navigazione, che a prima vista potrebbe intimorire data la vastità della documentazione, è gradeuna persona che si trasferisce altrove e
vole e resa facile dall’albero e dalla linea del tempo. Un click sulle radici dell’albero ed ecco appariquindi rielabora l’immagine del suo luogo
re la mappa dell’Europa con i punti sensibili (quello della Valcamonica è già presente) ad indicare i
d’origine a partire dall’esperienza speriluoghi dei quali esiste qualche documento nell’archivio. I quattro frutti che impreziosiscono la chiomentata nel luogo di arrivo. Ma spesso
l’enfasi con cui si ribadisce il proprio senma ci consentono di esplorare i racconti, di selezionare gli eventi, di cercare le persone e di consulso di appartenenza nasce dal capriccio di
tare le parole chiave dalle quali partire per pura curiosità o per ricerche più impegnative. Se poi il
qualche figura di spicco di un paese (il pocriterio di consultazione fosse quello cronologico ci si può avvalere della linea del tempo dove punti
litico, il parroco, il “signore” del luogo...),
sensibili, posizionati su un calendario, indirizzano alla documentazione sui fatti accaduti.
dal cavalcare stereotipi o luoghi comuni,
Uno dei principali obiettivi del portale è quello di dare cittadinanza alla grande varietà di meda una paura arcana (mescolarsi con gli
morie del tutto sconosciute che le comunità italiane, spesso piccoli comuni, custodiscono con“altri”). Così nascono le beghe: quale
finate nei territori. È un vero e proprio mosaico di memorie che compone un’identità storica
municipio deve restare attivo? E quale
nazionale, di cui si coglie il radicamento solo vivendole in relazione con tutte le altre.
scuola? E quale presidio medico? La
Tutte le sigle che ritengono di avere materiali idonei ad arricchire le memorie del portale posso“vera” e più “genuina” identità di ognuno
no partecipare al progetto; non è necessario essere parte dell’Istituto Cervi.
non nasce all’ombra del campanile, ma nel
La redazione di memorieincammino.it si sta attrezzando per accogliere contenuti anche da primomento in cui impariamo a relazionarci
vati cittadini che vogliano far confluire le proprie fonti in questo portale.
con gli altri». (Aldo Grasso)
storia e memoria online