Istituto MEME: Non vedo, non sento, non parlo: Intervento di

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Istituto MEME: Non vedo, non sento, non parlo: Intervento di
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
Non vedo, non sento, non parlo:
Intervento di Musicoterapia con sordo ciechi
e pluriminorati psicosensoriali
Scuola di Specializzazione:
Relatore:
Contesto di Project Work:
Tesista Specializzando:
Anno di corso:
Musicoterapia
Dott. Patrizia Ceccarani
Lega Del Filo D’Oro - Osimo
Giovanni Cabibbo
Primo
Modena: 24 maggio 2015
Anno Accademico: 2013 - 2014
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Giovanni Cabibbo – Scuola di Specializzazione Triennale in Musicoterapia (1° anno) A.A. 2014-2015
“Noi tutti, vedenti e non vedenti, ci differenziamo gli uni dagli altri non per i nostri sensi,
ma nell'uso che ne facciamo,
nell'immaginazione e nel coraggio con cui cerchiamo la conoscenza al di là dei sensi.”
(Helen Keller 1880-1968)
Credits: "Helen Keller No. 8" 1904. Prints and Photographs Division of the Library of Congress
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Ringraziamenti
Desidero ricordare tutti coloro che mi hanno aiutato in questo work job:
Ringrazio anzitutto la Dott. Roberta Frison per i suoi insegnamenti senza cui non sarei riuscito a
superare le difficoltà presentatemi durante questo percorso.
Proseguo ringraziando la Dott. Patrizia Ceccarani per l'enorme ospitalità che mi ha offerto
durante la mia permanenza presso la Lega Del Filo D'Oro di Osimo in cui è direttrice.
Un ringraziamento particolare va a Renato De Santis che si è occupato personalmente di tutte le
pratiche burocratiche per l'avvio del mio project work oltre che ad altrettante difficoltà in cui sono
incorso all'interno della Lega Del Filo D'Oro.
Per ultima ma non meno importante vorrei ringraziare la musicoterapista di ruolo Fiammetta
Santoni per la sua gentilezza oltre che per i suoi suggerimenti, osservazioni, indicazioni fattemi
durante il percorso svolto insieme.
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Indice dei Contenuti
I PARTE
1. Sordociecità e pluriminorazione psicosensoriale ................................................................................... 7
1.1. Le cause della sordociecità e delle pluriminorazioni psicosensoriali …………………………..…. 7
1.2. Le sindromi ………………………………………………………………………………………... 8
1.3. Cosa vuol dire non vedere, non sentire, non parlare …………………………….………………. 10
1.4 Riferimenti di legge ………………………………………………………………………………. 11
1.5 Comunicare nella sordociecità ……………………………………………………………………. 12
1.5.1 Lingua Italiana dei Segni ……………………………………………………………...….... 12
1.5.2 Lingua Italiana dei Segni Tattile ……………………………………………………...……. 13
1.5.3 Dattilologia ……………………………………………………………………..………….. 13
1.5.4 Malossi …………………………………………………………………………..…………. 14
1.5.5 Braille ……………………………………………………………………………………… 15
1.5.6 Altri Metodi di Comunicazione ……………………………………………………….…… 16
2. Musicoterapia ……………………………………………………………..…………………………… 17
2.1 Storia della musicoterapia ……………………………………………………………………….. 17
2.2 Teorie della terapia ………………………………………………………………………………. 19
2.3 Modelli di musicoterapia ……………………………………………………………………….... 20
2.3.1 Musicoterapia creativa …………………………………………………………….……….. 20
2.3.2 Musicoterapia comportamentale ………………………………………………….………... 21
2.3.3 Improvvisazione Orff ………………………………………………………………………. 22
3. Psicologia della musica ………………………………………………………………………....……... 24
3.1 Orecchio e udito …………………………………………………………………….…………… 24
3.1.1 Impianto cocleare ………………………………………………………………………….. 25
3.2 Neurologia e musica ……………………………………………………………..………………. 26
3.2.1 Neuroplasticità ………………………………………………………………….………….. 27
4. Ascoltare e udire ………………………………………………………………………….……………. 33
5. Paralisi celebrale ………………………………………………………………………………………. 35
6. Lega Del Filo D'Oro ……………………………………………………………………...……………. 36
6.1 La storia del filo d'oro …………………………………………………………...………………. 36
6.2 Diagnosi e intervento precoce …………………………………………………………………… 38
6.3 Riabilitazione ed educazione ……………………………………………...……………………... 39
6.4 Integrazione ……………………………………………………………………………………… 40
6.5 Supporto alle famiglie …………………………………………………………………………… 40
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II PARTE
7. Approccio riabilitativo …………………………………………………………………...……………. 41
8. Progetto ……………………………………………………………………………………………...…. 43
8.1 Intervento individuale con bambini sordociechi ……………………………………………...…. 43
8.1.1 Setting sedute individuali …………………………………………………………….……. 45
8.1.2 Le tecniche con i bambini sordociechi …………………………………………….………. 46
8.1.3 Sopra al pianoforte ……………………………………………………………….……….... 48
8.1.4 L'importanza del co-terapeuta ……………………………………………………………... 50
8.2 Intervento di gruppo con sordociechi adulti …………………………………………….……….. 50
8.2.1 Setting sedute di gruppo ………………………………………………………….………... 52
8.2.2 Le tecniche con sordociechi adulti ………………………………………………………… 52
9. Osservazioni e risultati ……………………………………………………………...………………… 55
9.1 Seana ……………………………………………………………………………………...……... 55
9.2 Alex ………………………………………………………………………………………...……. 56
9.3 Gruppo Kalorama ………………………………………………...………………………...……. 58
10. Conclusione ……………………………………………………………………………...…………… 59
11. Bibliografia ……………………………………………………………………………………...……. 60
12. Sitografia ……………………………………………………………………………………..………. 61
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PREMESSA
Il seguente project-work è il risultato di un tirocinio svolto presso la Lega Del Filo D’Oro, un
associazione per l’assistenza, l’educazione e la riabilitazione delle persone sordocieche e
pluriminorate psicosensoriali ad Osimo in provincia di Ancona.
Prima di questa attività non avevo mai conosciuto ne tanto meno visto delle persone che
affrontavano una disabilità così profonda come la sordociecità e non nascondo che quando mi
fu proposto dalla Dott.sa Roberta Frison, la possibilità di richiedere un tirocinio presso la sede
della Lega del Filo D’Oro, la mia mente fu colta da una serie di domande e perplessità, “come
può la musica essere d’aiuto a soggetti sordi?” , “cosa posso fare per aiutare queste persone?”,
“come faccio a comunicare con loro se non possono ne sentirmi ne vedermi?”, mi accorsi
immediatamente di non sapere nulla in materia di sordociecità e forse una parte di me stava
per rinunciare per sempre a saperne ma fortunatamente un'altra parte aveva imparato che tanto
più sembra difficile un compito tante più sono le possibilità di crescere e così, prendendo la
cornetta del telefono e chiamando la Lega Del Filo D’Oro, iniziò il processo che mi permise di
rispondere a tutte le mie domande ma sopratutto mi permise di utilizzare la Musicoterapia per
aiutare le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
All’interno della struttura della Lega Del Filo D’Oro c’è già una musicoterapista, il suo
nome è Fiammetta Santoni e lavora all’interno della “Lega” da ben 28 anni, una volta
presentatami mi ha subito accolto nel suo laboratorio musicale permettendomi di usare
qualsiasi strumento o libro a sua disposizione, di “Fiamma” si può dire che non c’è nulla che
non sia disposta a condividere, dalle informazioni al cibo e all’acqua e non c’è nulla che possa
togliergli quell’energia e quel calore tipica del fuoco; questo suo carattere mi ha senz’altro
permesso di esprimere liberamente tutte le mie idee, le mie capacità, la mia creatività
all’interno delle sedute e di non farmi sentire un “oggetto ospitato” ma parte integrante di un
team di Musicoterapia.
Nei successivi capitoli spiegherò cosa è la sordociecità e la pluriminorazione psicosensoriali,
cosa è la Musicoterapia, qual è il suo ruolo all’interno della disabilità, l’importanza del
cervello e dell’orecchio nella sua pratica. Concluderò con alcune osservazioni e risultati di casi
clinici presentatesi all’interno della struttura della Lega Del Filo D’Oro.
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I PARTE
1. Sordociecità e pluriminorazione psicosensoriale
Prima di tutto credo sia fondamentale chiarire il concetto di sordociecità. Negli ultimi 50
anni si è tentato di dare una definizione il più possibile concisa e chiara ma a causa della
complessità della minorazione e dei diversi punti di vista non si è riusciti a dare una
indicazione univoca per tutti i paesi, in cui, in molti di essi, la sordociecità non è nemmeno
riconosciuta.
Una definizione è stata preparata dalla Commissione Europea sulle Attività delle Persone
Sordocieche e prende come riferimento la definizione prodotta, a fronte di un’indagine, dalla
Commissione Nordica sulle Disabilità. Essa cita: “la sordociecità è una disabilità unica, che
presenta altre difficoltà oltre quelle connesse alla sordità e alla cecità, risultanti da una perdita
sostanziale di udito e di vista; le persone sordocieche sono considerate tali quando hanno una
totale o sostanziale perdita di udito e di vista che comporta notevoli difficoltà nell’accesso
all’informazione, nell’entrare in contatto col mondo esterno, nella comunicazione e nella
mobilità; per superare questi problemi le persone sordocieche hanno bisogno di programmi
speciali di formazione, riabilitazione ed attività sociali”1. La definizione definisce il concetto
di unicità della sordociecità, non più intesa come l’unione di due disabilità: cecità unita a
sordità, ma appartenente ad una terza e diversa minorazione.
Talvolta la persona sordocieca presenta ulteriori minorazioni che possono essere associate a
un deficit motorio e/o intellettivo, a danni neurologici, a patologie organiche o a
malformazioni scheletriche, dentali e cardiovascolari.
In questi casi si parla di “pluriminorazione psicosensoriale”.
1.1.
Le cause della sordociecità e della pluriminorazione
psicosensoriale
Le pluriminorazione psicosensoriali e la sordociecità possono essere:
-
Congenite: in cui la persona ha perso l’udito e/o la vista in età prelinguistica, cioè
nei primissimi anni di vita. Le causa di una pluriminorazione congenita possono essere
1
La Popolazione Sordocieca; Informazioni Demografiche ed analisi dei bisogni di Angela Pimpinella,
1995, www.fradinoi.it – agosto 2014.
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dovute ad infezioni come rosolia, citomegalovirus o toxoplasmosi, ad un parto
prematuro o a cause genetiche.
-
Acquisite: in cui la persona ha perso l’udito e/o la vista in età adulta. Le cause, in
questo caso, sono da ricercare in una possibile infezione post-natale, trauma cranico,
trauma da parto, ipossia o patologie correlate alla senilità e degenerative.
La Commissione Nordica sulle Disabilità nel 1977 ha condotto in Norvegia una ricerca
sulle persone sordo cieche che gli ha permesso di suddividere la popolazione in 4 distinti
gruppi:2
-
Primo gruppo: rappresentato dal 14%, è costituito da sordociechi e pluriminorati
sensoriali congeniti. Le cause sono per lo più la rosolia e la meningite.
-
Secondo gruppo: rappresentato dal 35%, è costituito da sordi congeniti che solo
in età adulta hanno perso la vista. La causa maggiore della perdita del canale sensoriale
visivo in questo gruppo è dovuta alla Sindrome di Usher.
-
Terzo gruppo: con il 6% è il gruppo che risulta più ristretto, a questo insieme
appartengono i cechi congeniti che in età adulta hanno perso l’udito. Non vi sembra
essere una causa specifica per questi casi, tuttavia considerando l’età media superiore ai
68 anni si può supporre che l’ipoacusia sia dovuta alla presbiacusia, ossia,
all’invecchiamento.
-
Quarto gruppo: il gruppo più numeroso, rappresentato dal 45%, è costituito da
persone divenute sordocieche e pluriminorate psicosensoriali in età adulta per cause non
specifiche, anche in questo caso se si considera l’età media superiore ai 70 anni si può
supporre che la causa principale sia l’invecchiamento.
1.2. Le Sindromi
Per facilitare la comprensione dei casi clinici che seguiranno, elenco una breve lista delle
sindromi che maggiormente provocano sordociecità e pluriminorazione psicosensoriale.
-
Sindrome Rubeolica: La sindrome rubeolica è causata dall’infezione da parte del
virus di rosolia, che viene trasmessa dalla madre al feto, di solito durante il primo
trimestre della gravidanza. La rosolia è una malattia infettiva molto lieve che non
2
Prima Conferenza nazionale delle persone sordo cieche, La Popolazione Sordocieca; Informazioni
Demografiche ed analisi dei bisogni di Angela Pimpinella, 1995, Ancona www.fradinoi.it – agosto
2014.
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provoca molti più inconvenienti di un comune raffreddore, tuttavia se contratta durante
la gravidanza può provocare danni al feto: dalle lesioni cardiache al ritardo mentale, alla
sordociecità. Sino a qualche anno fa tutte le bambine delle ultime classi elementari
venivano vaccinate contro la rosolia ma la sua mancata applicazione ha causato problemi
di copertura, quindi attualmente il vaccino anti-rosolia è combinato con il vaccino contro
il morbillo e la parotite, questo cambiamento ha prodotto risultati positivi e ha abbassato
notevolmente i casi di sindrome rubeolica.
-
Sindrome di Charge: La sindrome di charge è una patologia rara ed è una delle
maggiori cause della sordociecità e della pluriminorazione psicosensoriale. La parola
“CHARGE” corrisponde agli acronimi delle caratteristiche più comuni della sindrome:3
Coloboma (anomalia congenita dovuta ad un difetto nella struttura oculare), Hearts
defects (difetti cardiaci, per cui a volte sono necessarie delle operazioni chirurgiche),
Atresia of the Choane (atresia delle coane, ostruzione o restrizioni delle cavità nasali
risolvibili con operazioni chirurgiche), Retardation of growth and developmental delay
(ritardo della crescita e dello sviluppo, avviene solo in rari casi), Genital anomalies
(malformazione dei genitali), Ear anomalies (malformazione dell’orecchio).
-
Sindrome di Usher: La sindrome di Usher è una malattia rara congenita che si
manifesta con sordità e retinite pigmentosa, ossia una perdita progressiva della vista
dovuta al deterioramento della retina. In base alle caratteristiche cliniche la sindrome di
Usher viene suddivisa in 3 tipologie:4
La Sindrome di Usher tipo 1 è caratterizzata da ipoacusia profonda, presente già dalla
nascita, e retinite pigmentosa che si presenta, con i primi sintomi, solo verso la fine
dei 10 anni.
La Sindrome di Usher tipo 2 è caratterizzata da una perdita uditiva da moderata a
grave, raramente le persone affetta da questa tipologia perdono completamente la
capacità uditiva, la retinite pigmentosa si presenta con il sopraggiungere dell’età
adolescenziale.
La Sindrome di Usher tipo 3 è caratterizzata da un ipoacusia che si manifesta in
maniera progressiva dopo i primi anni, verso i 30-50 anni la perdita uditiva può
divenire profonda. La retinite pigmentosa si presenta, con i primi sintomi, verso i 20
anni.
3
4
Chi aiutiamo/sindrome di Charge, www.legadelfilodoro.it - agosto 2014.
Chi aiutiamo/sindrome di Usher, www.legadelfilodoro.it - agosto 2014.
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PROBLEMI DI
RETINITE
TIPO
IPOACUSIA
Tipo I
Profonda
si
Prepuberale
Tipo II
Media
no
Attorno ai 15 anni
Tipo III
Progressiva
In alcuni casi
Attorno ai 20 anni
EQUILIBRIO
PIGMENTOSA
Tabella 1: tratta da www.legadelfilodoro.it
1.3. Cosa vuol dire non vedere, non sentire, non parlare
Se si considera che attraverso udito e vista si apprende il 95% di tutto quello che
percepiamo, essere sordocieco può voler dire entrare in uno stato di isolamento assoluto. La
pluriminorazione psicosensoriale e la sordociecità sono la causa di difficoltà attentive e
mnestiche, rifiuto o impossibilità di prendere iniziativa, difficoltà nell’assunzione di scelte,
compromissione dell’orientamento temporale e spaziale. Tutte queste difficoltà producono a
loro volta limiti alla comunicazione, scarse capacità di indipendenza, percezione distorta
dell’ambiente circostante, relazioni interpersonali insufficienti, scarsa motivazione ed
interesse al mondo esterno, difficoltà di apprendimento, disturbi della personalità e del
comportamento.
Maurizio Casagrande, affetto da sindrome si Usher, durante il suo intervento “Anche noi
con la sindrome di Usher possiamo” alla seconda conferenza Nazionale delle persone sordo
cieche svoltasi a S. Agnello di Sorrento (NA) dal 28 marzo al 1 aprile 1998, elenca così le
difficoltà con cui i sordo ciechi sono costretti a confrontarsi quotidianamente: “… siamo
costretti a viaggiare con difficoltà sui mezzi di trasporto pubblici, dalla propria casa al luogo
di lavoro, soprattutto nel periodo autunno/inverno, quando la luce solare è molto limitata; la
sera non possiamo uscire da soli da casa, non possiamo andare al bar, al ristorante, in
discoteca ecc.; senza la presenza di un accompagnatore, dobbiamo rinunciare a passatempi,
quali andare in tandem o praticare alcune attività sportive; non possiamo fare acquisti, andare
al cinema e a teatro. Spesso ci lamentiamo del fatto che la gente ci guarda, ci evita invece di
aiutarci…”.5 Anche Francesco Ardizzino, affetto anch’esso da sindrome di Usher, durante la
prima conferenza Nazionale delle persone sordo cieche, svoltasi ad Ancona dal 17 al 24
5
Seconda Conferenza Nazionale delle persone sordocieche, “Anche noi con sindrome di Usher possiamo”
di Maurizio Casagrande, 1998, S. Agnello di Sorrento (NA) www.fradinoi.it - agosto 2014.
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giugno 1995, descrive le problematiche della sua sindrome: “… Il non riuscire ad utilizzare i
canali comunicativi (lettura labiale, linguaggio scritto, ecc.) conduce il soggetto Usher ad
isolarsi sempre più dalla società ed a cadere in uno stato depressivo e spesso neanche i
familiari e gli amici sono in grado di rispondere adeguatamente ai suoi bisogni. Chi è affetto
dalla Sindrome di Usher spesso è molto nervoso, ciò è dovuto alla paura di non vedere più.
Preoccupato, perché non riesce più a scrivere dritto, a non vedere bene le persone che
incontra, ed inoltre non è più in grado di apprendere e seguire totalmente le
informazioni fornite quotidianamente dai mass-media. Invece di cercare di uscire
dall’isolamento affettivo e sociale in cui si trova, la persona affetta dalla Sindrome trascorre
molte ore a pensare che cosa fare prima di diventare cieca…”.6
Eppure anche chi è in queste condizioni, grazie a giusti interventi di prevenzione, diagnosi
precoce, interventi riabilitativi ed educativi può superare le barriere che lo circondano e
soddisfare i bisogni comunicativi, psicologici, sociali, sanitari, assistenziali e di autonomia.
1.4. Riferimenti di legge
È il 2002 quando per la prima volta una norma dello Stato introduce il concetto di sordo
cecità attraverso l’art. 191 del nuovo codice della strada. Bisogna aspettare il 2010, quando
l’Italia si allinea alla “Dichiarazione scritta sui diritti delle persone sordo cieche” indetta nel
2004 dal Parlamento europeo, prima che la sordociecità venga a tutti gli effetti riconosciuta;
prima di allora infatti i sordo ciechi erano considerati portatori di handicap per somma di
invalidità.
La Legge 24 giugno 2010, n. 107 “Misure per il riconoscimento dei diritti alle persone
sordo cieche” riconosce una “disabilità unica” definendo “sordocieche le persone cui siano
distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in
materia di sordità civile e di cecità civile”. 7
L’articolo 3 definisce che “la condizione di sordocieco viene riconosciuta al soggetto che
dall’accertamento risulti in possesso dei requisiti già previsti dalla legislazione vigente
rispettivamente in materia di sordità civile e di cecità civile ai fini dell’ottenimento delle
indennità già definite in base alle vigenti normative relative alle due distinte minorazioni”.
La legge riconosce al sordo cieco entrambe le indennità in quanto portatore di cecità e
6
Prima Conferenza nazionale delle persone sordo cieche, La sindrome di Usher di Francesco Ardizzino,
1995, Ancona, www.fradinoi.it - agosto 2014.
7
Decreto Legge 24 giugno 2010 n. 107, www.normativa.it – agosto 2014.
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sordità.
1.5. Comunicare nella sordociecità
Fra i bisogni fondamentali dell’uomo si colloca la comunicazione, la comunicazione è
infatti il mezzo con cui l’uomo riesce a crearsi una vita relazionale, senza comunicazione esso
non sarebbe in grado di esprimere le proprie idee, i propri sentimenti e i propri bisogni.
Senza la capacità di vedere e di sentire comunicare diventa un motivo esistenziale. Se si
analizza la vita di Helen Keller, attivista e scrittrice sordo cieca che per prima portò alla luce
del mondo le problematiche e i bisogni dei sordo ciechi, si ci accorge che iniziò ad aprirsi al
mondo solo dopo essere riuscita a comunicare con la sua insegnante. Stessa cosa si può dire
di Sabina Santilli, sordo cieca fondatrice della Lega Del Filo D’Oro, che solo dopo essere
riuscita ad imparare vari metodi di comunicazione per sordi si poté riscattare dalla sua
condizione di isolamento.
Se da una parte comunicare per un sordocieco è la cosa più importante, dall’altra è anche
la più difficile, proprio per questo è fondamentale procurare ausili giusti e insegnare i sistemi
di comunicazione che permettono al cieco sordo di interagire con gli altri. Non bisogna però
dimenticarsi che non esiste un sordocieco uguale ad un altro e, di conseguenza, un unico
insieme di ausili e sistemi comunicativi adatto per tutti, proprio per questo ciascun
pluriminorato deve avere la possibilità di poter disporre dei sistemi a lui più idonei, che
tengano conto delle sue minorazioni, della sua età e che sfruttino i residui visivi e uditivi
qualora vi siano.
1.5.1 Lingua Italiana dei Segni
La Lingua Dei Segni viene utilizzata in tutto il mondo da persone sorde con ancora un
buon residuo visivo. Questo linguaggio visivo-gestuale impegna principalmente le dita, le
mani, i polsi e le braccia. Con “gestuale” si intende che le unità del linguaggio sono costituite
da movimenti. Con “visivo” si intende dire che il linguaggio è ricevuto dal canale visivo.
La L.I.S è differente rispetto ad ogni paese del mondo, in Italia inoltre ci sono, come per il
linguaggio vocale, molte variazioni dialettali che soddisfano le esigenze linguistiche di ogni
piccola comunità, questo crea non poche difficoltà ai sordi che vogliono comunicare anche al
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di fuori del loro territorio.
William Stokoe nel 1960 è il primo a scoprire che il linguaggio dei segni è un vera e
propria lingua tanto quanto quella vocale, esso inoltre individua le tre componenti di un
segno: Luogo dove il segno viene effettuato (la maggior parte dei segni viene effettuata nel
viso), Configurazione della mano (la forma che la mano assume nell’eseguire un segno),
Movimenti della mano (possono essere dritti, arcuti, circolari, ellittici ecc…).
1.5.2 Lingua Italiana dei Segni Tattile
La lingua dei segni tattile è indirizzata al sordo cieco che non ha alcun residuo del canale
visivo o che non ne ha a sufficienza per “leggere” i segni eseguiti dal suo interlocutore.
Da qualche anno all’interno dell’associazione Lega Del Filo D’Oro un gruppo di
sordociechi associati sta applicando questo metodo che consiste nel toccare le mani di chi,
con il L.I.S, esegue i segni. Gli associati inoltre stanno sviluppando delle varianti della
Lingua dei segni, che permetterebbe ai sordo ciechi una migliore comprensione dei gesti.
1.5.3 Dattilologia
La dattilologia o “alfabeto manuale” rappresenta le lettere dell’alfabeto attraverso le
differenti configurazioni della mano. Viene utilizzata per comunicare nomi propri, nomi non
conosciuti, parole in lingue estere o talvolta brevi frasi.
Esistono due metodologie di dattilologia, la prima, che si utilizza con sordo ciechi con
residui visivi, consiste nel portare la mano dominante all’altezza del viso della persona sordo
cieca, la seconda consiste nel eseguire la “lettera” tattilmente sul palmo della mano.
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Immagine 2: http://www.adilis.it
1.5.4 Malossi
Eugenio Malossi nacque nel 1885 e a causa di un encefalite perse la capacità olfattiva,
visiva e uditiva. Fu lui che inventò il metodo di comunicazione che porta il suo nome e che
ancora oggi, proprio per la sua semplicità ed immediatezza, è uno dei metodi più usati e
preferiti dai sordociechi italiani.
Il metodo consiste nel usare il palmo della mano sinistra come una tastiera, con le lettere
alfabetiche collocate nelle varie falangi, e battendo, e talvolta pizzicando, su di esse come se
fosse la keyboard di un computer.
Sabina Santilli inventò poi un guanto con le lettere ricamate sopra, in rosso e in blu, che
permettevano a chiunque, anche a chi non conosceva il metodo, di parlare con il sordo cieco,
con l’unica regola di pizzicare le lettere in rosso e battere quelle in blu.
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Immagine 3: http://www.associazionecomunico.it
Immagine 4: http://www.legadelfilodoro.it
1.5.5 Braille
Il Braille è un metodo di lettura e scrittura utilizzato da non vedenti e sordo ciechi
completamente privi di vista. Ogni lettera è rappresentata da una diversa disposizione di punti
in rilievo in una casella di 6 punti. La lettura avviene attraverso l’indice della mano destra
seguito da quello della mano sinistra che ha compiti orientativi nell’individuazione delle
righe.
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1.5.6 Altri metodi di comunicazione
Un Metodo semplice e immediato per interagire con le persone sordo cieche è: la scrittura
in stampatello sulla mano. Consiste nell’utilizzare il proprio indice come se fosse una penna
sulla mano dell’interlocutore.
Quando la persona sordo cieca o pluriminorata psicosensoriale presenta un livello
cognitivo che non gli permette di apprendere un vero codice linguistico è possibile ricorrere a
diversi altri metodi comunicativi per instaurare una comunicazione di base. La
comunicazione oggettuale riconosce ed utilizza oggetti mentre in quella pittografica
attraverso delle immagini riconosce delle situazioni, dei bisogni e delle azioni. Altro metodo
consiste nel esprimersi attraverso movimenti del corpo, questa è chiamata comunicazione
“comportamentale”.
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2. Musicoterapia
La Musicoterapia è una professione sviluppatasi negli ultimi sessant’anni, in vari paesi, da
una serie di discipline professionali. In base all’approccio utilizzato nel trattamento, i bisogni
dei pazienti e il retroterra culturale dei professionisti, sono state generate diverse definizioni.
Al fine di stabilire una definizione il più possibile esaustiva e generica la Federazione
Mondiale di Musicoterapia (WFMT) ha sviluppato nel 1996 la seguente definizione:
“La Musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia
e armonia) da parte di un musicoterapista specializzato con un paziente o gruppo di pazienti,
in un processo volto a facilitare e promuovere la comunicazione, la relazione,
l’apprendimento, la mobilizzazione, l’espressione, l’organizzazione ed altri obiettivi
terapeutici rilevanti per affrontare i bisogni fisici, mentali, sociali e cognitivi, La
Musicoterapia mira a sviluppare le potenzialità e/o a ripristinare le funzioni dell’individuo in
modo tale che questi possa raggiungere una migliore integrazione intrapersonale e
interpersonale e, di conseguenza, una migliore qualità della vita mediante la prevenzione, la
riabilitazione e il trattamento”.8
Il termine “Musicoterapia” è stato coniato nei giorni nostri ma l’effetto della musica da
sempre ha effetto sull’uomo. Non esiste popolo che non abbia manifestato le proprie
emozioni attraverso il ritmo, il suono e la danza.
“È impossibile separare la parola dal canto. Ogni volta che la nostra voce si fa parola,
attraverso l’intonazione e l’inflessione della voce, manifesta le emozioni che sono in noi”.9
La Musicoterapia è la capacità di rielaborare quelle emozioni e di crearne delle nuove che
possano rassicurare, incoraggiare e aiutare la dove c’è ne il bisogno.
2.1 Storia della Musicoterapia
La musica fin dall’antichità veniva utilizzata come terapia di guarigione. Sia nella cultura
occidentale che in quella orientale si trovano numerosi miti sul potere di guarigione della
musica. Il racconto di Saul e Davide è uno dei più conosciuti in occidente, non di meno la
figura mitologica di Orfeo.
8
9
WFMT, Definition of Music Therapy, 8th World Congress of Music Therapy, Hamburg, 1996.
G. Cremaschi Trovesi e M. Scardovelli, Il suono della vita, Armando Editore, Roma, 2005, p. 17.
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Pitagora (500 a.c) fu uno dei primi studiosi che si interessò dei poteri di guarigione della
musica, egli scoprì che una corda vibra in una certa velocità (oggi questa velocità è
convenzionata per il LA a 440 Hz) e che essa diventa udibile facendo vibrare le molecole
dell’aria che attraverso complesse operazioni percettive ci portano alla conclusione che quel
suono corrisponde ad una determinata nota. Pitagora non poteva misurare la frequenza di una
nota per cui si limitava a studiare le proporzioni matematiche tra toni e intervalli nel modo in
cui li produce la corda. Pitagora scoprì che una corda lunga metà di un'altra vibra il doppio più
velocemente della corda lunga il doppio, producendo così la stessa nota ma un ottava più
acuta, si spinse oltre e dividendola per un terzo scoprì che produceva un intervallo di quinta e
così via fino ad intervalli sempre più complessi.
Attraverso questi studi comprese che la musica si basa sulle leggi della natura, che la mente
umana è capace di percepire le vibrazioni e le proporzioni tra i suoni e che le note e gli
intervalli riflettono un livello cosmico spirituale che non è udibile ma che permette la
riflessione sui principi universali. Negli anni successivi i suoi seguaci teorizzano che i pianeti
vibrano con le stesse frequenze e proporzioni della musica udibili. Questa teoria è chiamata
“Musica delle sfere”.
Negli anni avvenire le teorie sul potere di guarigione della musica sono numerose ma
vengono lentamente dimenticate nel XIX secolo quando l’uomo inizia ad essere percepito,
dalla medicina dell’epoca, come una “macchina”. Solo 250 anni dopo grazie anche alla
scoperta della “Fisica dei quanti”, ossia la paradossale relazione dello stato della materia fisica
esistente sia come particella che come onda allo stesso tempo, che le dottrine classiche
vengono fatte rivivere e l’uomo viene rivisto, come Pitagora aveva suggerito molti secoli
prima, un essere bio-psico-sociale complesso, nonché un “strumento che può essere
accordato”10 o un riflesso del macrocosmo nel microcosmo della musica.
Nonostante le sue antiche origini la sistematizzazione della Musicoterapia come disciplina
risale ai primi degli anni 50 con i suoi pionieri: Juliette Alvin in Inghilterra, Paul Nordoff e
Clive Robbins negli Stati Uniti.
- Alvin si avvicina alla Musicoterapia notando come i bambini con handicap reagiscono
alle esperienze musicali come qualsiasi loro coetaneo senza handicap. Scorge nella musica un
mezzo di auto espressione e in alcuni casi l’unico mezzo per poter comunicare. L’attività
musicale, secondo Alvin, permette di attivare le potenzialità intellettive del bambino poiché
richiede autocontrollo, ordine, attenzione astrazione.
- Le strade di Paul Nordoff, musicista e compositore, e Clive Robbins, pedagogista, si
10
Halpern, S., Sound Health: The Music and Sounds that Make Us Whole, San Francisco, Harper and Row,
1985, p. 71.
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incrociano nel Worchestershire in Inghilterra dove in una scuola sviluppano il modello della
“Musicoterapia
creativa”
basato
sull’utilizzo
dell’improvvisazione.
Proprio
grazie
all’improvvisazione essi riescono ad adattarsi ad ogni singolo bambino che a sua volta si sente
riconosciuto ed ascoltato.
Fra gli anni 60 e 80 in Argentina, nasce un nuovo modello di Musicoterapia proposto dallo
psichiatra Rolando Benenzon. Egli intravede nella musica uno strumento molto efficace per
indurre nelle persone regressioni e stadi narcisistici.
2.2 Teorie della terapia
Nel corso del tempo la Musicoterapia è stata influenzata in maniera significativa dalle
scuole principali terapeutiche, formando diversi approcci a seconda del modello di
riferimento.
Le tre principali scuole terapeutiche sono:
-
Psicoanalitica/Psicoterapeutica: questo approccio considera l’inconscio la fonte
del disturbo. L’intervento terapeutico è quindi centrato sull’esplorazione e la
comprensione delle pulsioni e dei sentimenti inconsci. I sottomodelli che hanno
influenzato maggiormente la Musicoterapia sono: la psicoanalisi (Freud), la psicoterapia
analitica (Jung), psicoanalisi lacaniana (Lacan), la terapia centrata sulla persona
(Rogers), la terapia della Gestalt (Perls).
-
Terapia Comportamentale: l’approccio terapeutico tende ad essere focalizzato
sulla modificazione del comportamento stesso. Sono incluse all’interno di essa: l’analisi
comportamentale applicata (Skinner), terapia neo-comportamentale mediazionale
stimolo-risposta, teoria cognitivo-comportamentale (Ellis, Beck).
-
Neuropsichiatria tradizionale: Questo approccio considera il disturbo emotivo
come causa fisiologica o chimica, esso usa il medicamento o metodi primariamente
fisiologici per l’intervento terapeutico.
Il modello musicoterapeutico eclettico considera tutti e tre i modelli poiché i bisogni dei
pazienti differiscono considerevolmente e possono rispondere meglio ad un approccio
terapeutico piuttosto che ad un altro.
In alcuni casi questi approcci sono alla base di veri e propri “modelli” di Musicoterapia
riconosciuti a livello internazionale.
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2.3 Modelli di Musicoterapia
Descriverò in questo capitolo alcuni dei modelli di Musicoterapia che ritengo più adatti
nella pratica con pazienti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali.
Prima di introdurre alcuni modelli bisogna chiarire la nostra concezione su di essi, in
molti paesi infatti non vi è alcuna distinzione fra “modello”, “procedura” o “metodo” e
questo è causa di svariati problemi di comunicazione. La definizione di Kenneth Bruscia,
musicoterapeuta e ricercatore, ci aiuterà ai fini della comprensione della terminologia:
“Definiamo un metodo come un determinato tipo di esperienza musicale nella quale il
paziente è coinvolto a fini terapeutici; una variazione come il particolare modo in cui tale
esperienza musicale è progettata; una procedura ciò che il terapista deve fare per coinvolgere
il paziente in quella esperienza; una tecnica come un passo all’interno di qualsiasi procedura
che il terapista usa per dare forma all’esperienza immediata del paziente; un modello come
l’approccio unico e sistematico al metodo, alla procedura e alla tecnica basati su determinati
principi”.11
2.3.1 Musicoterapia Creativa
Nel modello ideato da Paul Nordoff e Clive Robbins il terapista improvvisa la musica che
verrà usata come terapia, ad ogni seduta riproporrà questo approccio che gli permetterà di
raggiungere e mantenere un rapporto con il paziente. Altra caratteristica saliente è che le
sedute sono programmate in modo da creare una progressione di esperienze terapeutiche.
L’approccio in questo modello è “attivo” piuttosto che “ricettivo” in quanto lo scopo
principale è la produzione musicale del paziente piuttosto che il mero ascolto, inoltre la
musica non è usata come una delle tecniche ma come agente terapeutico principale.
La Musicoterapia creativa, così come venne ideata, coinvolge due terapisti: uno
impegnato nell’improvvisazione, solitamente al pianoforte, per permettere al paziente di
vivere l’esperienza musicale terapeutica, mentre l’altro lavora direttamente con il paziente
aiutandolo a rispondere all’improvvisazione e alle intenzioni cliniche del terapista al
pianoforte.
Il paziente utilizza due mezzi: il canto e degli strumenti a percussione. In alcuni casi
11
Bruscia, K. E, The dynamics of music psychoterapy, Gilsum (NH), Barcelona Publishers, 1998, p. 115.
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viene utilizzata la danza e il movimento come risposta alla musica improvvisata. Nella
terapia di gruppo vengono utilizzati una vasta gamma di strumenti a corda, a fiato, richiami
per uccelli, e percussioni.
Gli obbiettivi generali in questo modello variano dal: comunicare e sviluppare le relazioni
umane, migliorare o avviare l’uso del linguaggio, modificare comportamenti patologici,
incrementare la creatività, liberare l’espressione e la fiducia in se stessi.
2.3.2 Musicoterapia Comportamentale
La Musicoterapia Comportamentale si è sviluppata negli Stati Uniti dove è tutt’ora uno
dei metodi di intervento primario; sempre Kenneth Bruscia c’è ne da un definizione sintetica
ed esaustiva: “… è l’uso della musica come rinforzo contingente o stimolo di suggerimento
indirizzato ad aumentare o modificare i comportamenti di adattamento e ad eliminare i
comportamenti non adattivi”.12
Ideata da Clifford Madsen e Vance Cotter la musica in questo modello viene usata:13
-
come suggerimento o spunto;
-
come struttura temporale e per il movimento corporeo;
-
come centro dell’attenzione;
-
come ricompensa.
Sia che stiamo lavorando con un adulto con psicosi sia che stiamo lavorando con un
bambino con autismo il processo comporta l’applicazione del concetto “stimolo-risposta” e
la musica ha come obbiettivo il cambiamento comportamentale e la riduzione dei sintomi di
una patologia e non il tentativo di analizzarne le cause.
Con comportamentale si intende comportamento: fisiologico, motorio, psicologico,
emotivo, cognitivo, percettivo, autonomo.
Questo modello terapeutico ha una vasta gamma di campi di applicazione, le attività sono
utilizzate per fini non musicali che vanno dall’attività fisica alla modificazione di un
comportamento antisociale, e sono: il canto, la musica con qualsiasi strumento, il movimento
e la danza.
Un esempio pratico vede il paziente svolgere una determinata azione che si vuole
rinforzare e ricevere in cambio della musica (sotto forma di canzone o musica suonata dal
12
13
Bruscia, K. E., Defining music therapy, 1998, p. 184.
Tony Wigram, Inge Nygaard Pedersen, Lars Ole Bonde, “Guida generale alla musicoterapia”, Ismez
editore, 2003, p. 120.
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terapista) e l’interruzione della stessa nel momento in cui l’azione non si perpetua.
2.3.3 Improvvisazione Orff
Sviluppato dal compositore Carl Orff e denominato “Orff-Schulwerk” è stato inizialmente
concepito per l’insegnamento della musica a bambini in età scolare e privi di disabilità, solo
in seguito è stato utilizzato nell’insegnamento di sostegno e in setting di Musicoterapia.
Questo modello adotta il concetto di “musica primordiale” ossia la tendenza di produrre
musica spontaneamente usando i ritmi naturali del linguaggio e del movimento. Lo sviluppo
musicale dell’individuo è progressivo e corrisponde allo sviluppo della musica nella cultura,
infatti, il processo di terapia segue gli stadi di sviluppo e le evoluzioni musicali. La “musica
primordiale” non può essere considerata musica ma forma, e perciò inseparabile da
movimento e linguaggio, motivo per cui la terapia Orff è considerata multisensoriale ed
utilizza tutti i mezzi musicali disponibili nonché molte modalità espressive diverse comprese
danza, poesia, arte, mimica.
L’elemento considerato più forte è il ritmo proprio perché alla base del movimento e del
linguaggio, il ritmo rappresenta il punto di partenza per la produzione di musica primordiale.
La motivazione di questo modello è da ricercare nell’istinto primitivo a suonare che
comporta spontaneità e regole.
La terapia Orff è effettuata sia individualmente che in gruppo, quest’ultima è considerata
più adatta e in alcuni casi più efficace a seconda del paziente di cui si ci prende carico. Di
fatto non esistono requisiti particolari “… piuttosto il requisito riguarda il terapista che deve
attentamente seguire il gruppo, interagire, dare sostegno, scegliere il materiale ed essere
pronto a trovare delle risorse sul momento”.14
Lo strumentario Orff per eccellenza, ideato dallo stesso Carl Orff comprende:
glockenspiel, metallofoni, xilofoni, mazzuoli, bicchieri musicali, strumenti a corda, flauto
dolce, triangolo, piatti, legnetti, sonagli, campanelli, tamburelli, timpani e tamburi di varie
dimensioni.
Gli obbiettivi della terapia Orff sono svariati sia per l’acquisizione di conoscenze e abilità
musicali sia per la comprensione di se stessi, sia per incrementare o apprendere abilità
comunicative, senso motorie e sociali.
Gertrude Orff e Bitcon in numerosi scritti descrivono la loro esperienza nell’ambito
14
Bitcon, C. H., Alike and Difference: The clinical and educational use of Orff- Schulwerk, Santa Ana, CA:
Rosha Press, 1976, p. 7.
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musicoterapeutico con pazienti sordi e ciechi in cui hanno messo in pratica il modello Orff,
hanno poi elencato una serie di obiettivi generali per questa pluridisabilità, per gli audiolesi
ad esempio lo sviluppo dei concetti ritmici, la motivazione all’esplorazione del mondo dei
suoni e delle vibrazioni; per i ciechi ad esempio l’esplorazione del mondo fisico attraverso
tatto e movimento, il superamento dell’isolamento fisico, lo sviluppo del senso di sicurezza
del corpo.
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3. Psicologia della musica
Nella pratica della Musicoterapia risulta essenziale la conoscenza della psicologia della
musica ossia dei processi basilari che hanno luogo nell’orecchio e nel cervello, Erdomez,
musicoterapista, si esprime nel seguente modo a riguardo della psicologia della musica:
“Credo che, come musicoterapisti, dovremmo accrescere la conoscenza delle funzioni
cerebrali in quanto lavoriamo con una forma altamente artistica che attiva molte aree del
cervello. Dobbiamo lavorare a fianco degli psicologi e dei neuropsicologi per essere meglio
informati degli effetti della musica sulle funzioni cerebrali e per poter meglio informare altri
professionisti sul livello di funzionamento non verbale dei nostri pazienti”15.
3.1 Orecchio e udito
Conoscere l’orecchio, le sue funzioni e le sue disfunzioni è fondamentale nella pratica
della Musicoterapia in quanto il mezzo della terapia è prima di tutto il suono, tanto più
questo diviene importante nella pratica con pazienti sordi o parzialmente sordi.
L’orecchio è una delle parti più complesse del corpo umano, la ricezione e
l’interpretazione
degli
stimoli
sonori avviene, in buona parte,
grazie ad esso.
La parte esterna dell’orecchio
amplifica determinati suoni (da
2Khz a 5 Khz), inoltre ci
permette di distinguere i suoni in
primo piano.
Immagine 5: it.fotolia.com
Il timpano o membrana timpanica è un pezzo di carne elastica che riceve ed elabora tutte
le vibrazioni, da un campanello ad un orchestra. Il suono viene trasmesso grazie all’Orecchio
Medio, e viene ritrasmesso da 3 ossa (le uniche che non crescono): Il martello, L’incudine e
15
Erdonmez Grocke, “Music: A Mega Vitamin for the brain” in M. Heal – T. Wigram, 1993, p. 123.
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la staffa. Senza di loro il suono andrebbe direttamente alla coclea e il 97% di esso
rimbalzerebbe e verrebbe perso. Più i suoni sono forti più si attivano queste ossa. I suoni
arrivano infine nella coclea, stimolano le cellule capellute che trasmettono a loro volta il
segnale al cervello.
Man mano che si invecchia il martello, l’incudine e la staffa tendono a deteriorarsi e a
perdere la capacità di percepire le frequenze più alte, questo è una delle maggiori cause di
sordità in età senile.
È importante specificare che l’orecchio non è l’unico recettore capace di percepire le
onde sonore, tutto il corpo è soggetto alle vibrazioni: il suono, infatti, viene prodotto da uno
strumento (ad esempio una corda) che provoca uno spostamento delle molecole d’aria
circostanti che a loro volta spostano altre molecole d’aria creando delle increspature, quando
le increspature raggiungono un corpo umano cercano di agire nello stesso modo e si possono
percepire vibrazioni in tutte le parti del corpo. Tanto più è sottile lo strato di molecole solide,
più facile diventa per le onde sonore spostarle alla stessa velocità, proprio per questo la
membrana timpanica è il recettore più sensibile alle onde sonore. È interessante notare come
al secondo posto fra i recettori più sensibili alle onde sonore vi siano i polpastrelli (per via
dei terminali nervosi concentrati) e le palpebre (per via della membrana sottile).
3.1.1 Impianto Cocleare
Nel caso in cui una protesi uditiva, ossia un impianto auricolare che sfrutta l’energia
elettrica di una batteria per amplificare il volume del suono, o che trasmette delle vibrazioni
alle ossa dell’orecchio (auricolare a conduzione ossea), non riesce a sfruttare a sufficienza i
residui uditivi del sordocieco, viene utilizzato un impianto cocleare, ossia un orecchio
artificiale elettronico che si sostituisce alla coclea e che invia direttamente al nervo acustico
linguaggio o rumori ambientali sotto forma di impulsi elettrici.
L’impianto è costituito da un ricevitore, un convertitore che traduce il suono in impulsi
elettrici e da un elettrodo inserito chirurgicamente nei nervi che collegano l’orecchio al
cervello.
Il suo inventore, Michael Merzenich, inventò l’impianto cocleare nel 1971, aveva appena
scoperto che il cervello era capace di decodificare impulsi generati da un dispositivo assai
più semplice di un organo naturale dotato di tremila cellule cigliate, aveva scoperto la
plasticità del cervello di modificarsi e rispondere a input artificiali, aveva appena scoperto la
“neuroplasticità”.
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Immagine 6: http://www.francescoachena.it
3.2
Neurologia e musica
Nella pratica nella Musicoterapia è fondamentale la conoscenza degli aspetti neurologici
dell’esperienza musicale, tanto più essa diventa importante nell’ambito d’intervento con
pazienti con malattie celebrali come talvolta, i pluriminorati psicosensoriali.
Degli studi specifici sull’intelligenza musicale e le funzioni neurologiche degli emisferi
cerebrali hanno dimostrato che “lesioni ai lobi frontale e laterale destro causano difficoltà
spiccate alla discriminazione dell’altezza dei suoni e alla loro corretta riproduzione mentre
lesioni nelle aree omologhe nell’emisfero sinistro (che causano difficoltà devastanti nel
linguaggio naturale) lasciano in generale le abilità musicali relativamente intatte”.16
Lo studio in questione può essere riassunto nel seguente modo: danni celebrali
all’emisfero sinistro possono provocare afasia (compromissione delle capacità linguistiche),
mentre danni celebrali all’emisfero destro possono provocare amusia (compromissione delle
capacità musicali). Come indica il nome stesso l’amusia e l’afasia sono malattie diverse,
poiché “i meccanismi con cui si apprendono e memorizzano materiali melodici sono diversi
dai meccanismi che elaborano altri suoni, in particolare quelli del linguaggio”.17
Questi studi hanno portato ad una complicanza relativamente inspiegabile nel momento in
cui i soggetti dello studio sono stati sostituiti con persone che erano state stimolate
16
Howard Gardner, “Formae mentis, Saggio sulla pluralità dell’intelligenza”, Campi del sapere/Feltrinelli,
1987, p. 138
17
Ibidem, p. 137.
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musicalmente prima del danno celebrale (erano ad esempio musicisti, compositori, esecutori
o semplici studenti del conservatorio). Questi ultimi infatti rispondevano allo stesso danno
con complicanze linguistiche e musicali diverse e apparentemente casuali, ad esempio
l’amusia si presentava con una grande varietà di sindromi e alcuni soggetti, ad esempio,
perdevano la capacità ritmica ma non quella canora, in altri casi, che hanno prodotto un
afasia, si è presentata successivamente un amusia, come nel caso del famoso compositore
Maurice Ravel, o al contrario non veniva compromessa affatto la capacita del compositore,
come nel caso di Jakovlevič Šebalin.
Questa complicanza è stata evidenziata anche nei test di ascolto biauricolare, in cui i
soggetti precedentemente stimolati musicalmente hanno avuto “… effetti crescenti
dell’emisfero sinistro, ed effetti decrescenti dell’emisfero destro. Specificamente, quanto
migliore è la formazione musicale dell’individuo, tanto maggiore è la probabilità che egli
attinga almeno in parte ai meccanismi dell’emisfero sinistro nella risoluzione di un compito
che il principiante affronta primariamente attraverso l’uso di meccanismi dell’emisfero
destro”.18
Mentre fino a qualche tempo fa l’aumento degli effetti dell’emisfero sinistro non erano
del tutto chiari, oggi possiamo definire questo processo con il termine di “neuroplasticità”.
3.2.1 Neuroplasticità
Solitamente quando parliamo del cervello pensiamo all’organo collocato all’interno della
scatola cranica, in realtà solo macrologicamente il cervello si trova all’interno di essa, poiché
le cellule neuronali si trovano anche in altre parti del corpo fra cui la colonna spinale.
Possiamo quindi affermare che la linea tra ciò che definisce il corpo e ciò che definisce la
mente è piuttosto sottile.
Se pensiamo a qualcosa produciamo inevitabilmente degli ormoni fluidi neuro vegetali, di
conseguenza il nostro corpo viene influenzato, se invece ci muoviamo (pensiamo ad esempio
alla danza o a delle boccacce) cambiamo la chimica del nostro corpo che influenzerà i nostri
pensieri e quindi la nostra mente. Uno studio trasmesso nella serie di documentari “Cosa ti
dice il cervello?” ha dimostrato come delle persone anziane a cui viene detto di avere un
potenziale fisico di 10 anni in meno riescano in media a migliorare le loro performance
fisiche in forza, potenza, precisione, flessibilità e resistenza del 20%. Quindi è molto più
importante quello che noi pensiamo di essere che non quello che siamo realmente (sempre se
18
Ibidem, p. 139.
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questo può essere definito in modo chiaro).
Al di la delle scoperte secondo cui le nostre azioni modificano la nostra mente (nonché il
nostro umore e il nostro benessere), che i nostri pensieri modificano le capacità del nostro
corpo, c’è un ulteriore scoperta che tratterò in questo capitolo, ossia la capacità dei pensieri e
delle azioni di riorganizzare, spostare, trasferire delle funzioni celebrali, nonché di provocare
delle rigenerazioni assonali di neuroni danneggiati, sprouting dendritico (arborizzazioni di
neuroni), supersensibilità postsinaptica (aumento dell’accuratezza della trasmissione
nervosa) e svelamento di sinapsi latenti (attivazioni di sinapsi fino a quel momento
inutilizzate). Tutto questo è riassumibile nella parola “neuroplasticità” dove neuro sta per
“neuroni” e plastico sta per “modificabile, flessibile, mutevole”.
La neuroplasticità è una scienza relativamente nuova che è stata frenata negli anni
dall’opinione pubblica e da svariati ricercatori che la ritenevano troppo fantasiosa.
L’opinione comune fino a qualche tempo fa era che, dopo l’infanzia, il cervello sarebbe
andato incontro solo a cambiamenti di deterioramento e che nel caso di danneggiamento
l’esercizio mentale sarebbe stata solo una perdita di tempo. Questa convinzione si basava su
tre caposaldi:19
-
i pazienti con danni cerebrali raramente vanno incontro a una guarigione
completa;
-
l’impossibilità di osservare a livello microscopico le attività del cervello in vivo;
-
la convinzione secondo cui il cervello è una macchina, in grado di fare cose
stupefacenti ma incapace di cambiare e crescere.
Abbiamo già parlato della scoperta di Merzenich e dell’impianto cocleare ma ci sono
numerosi altri casi che provano l’esistenza della neuroplasticità, ne riassumerò alcuni al fine
di rendere chiaro il potenziale del corpo nonché della mente umana:
Barbara Arrowsmith Young
Barbara Arrowsmith Young nacque a Toronto nel 1951, il suo cervello era assimetrico, il
che la portava ad avere aree ampliamente sviluppate come la memoria uditiva e visiva e altre
scarsamente sviluppate. L’assimetria mostrò i suoi effetti anche sul piano fisico con una
gamba più lunga di un'altra e uno spostamento del bacino.
Barbara non era in grado di ricorrere al “ragionamento spaziale” il che non le permetteva
19
Norman Doidge, “Il cevello infinito”, Ponte alle grazie, 2007, p. 8.
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nemmeno di tenere un bicchiere d’acqua in mano senza rovesciarlo, aveva anche problemi
cinestesici ossia non riusciva a riconoscere gli oggetti al tatto, non comprendeva la
grammatica, la matematica, la logica e la causa effetto; Barbara imparava tutto a memoria
per coprire i suoi limiti.
Attratta dalla pedagogia si iscrisse all’Università di Guelph, ”mentre la maggior parte
degli studenti doveva leggere un articolo scientifico, Barbara doveva leggere l’articolo una
ventina di volte per avere una vaga idea del suo significato”.20
La svolta avvenne quando aveva ventotto anni e lesse un articolo di Mark Rosenzwig,
ricercatore, secondo cui i cervelli dei ratti stimolati avevano maggiori quantità di
neurotrasmettitori, erano più pesanti e mostravano una migliore circolazione sanguigna.
Barbara decise di utilizzare quella informazione e iniziò a lavorare ad esercizi mentali dove
stimolava le sue capacità più deboli. Uno di questi esercizi consisteva nel estrarre a sorte un
bigliettino con il disegno di un orologio e a leggerne l’orario, una volta indovinato passava
ad un altro. Dopo molte settimane Barbara sapeva leggere l’ora ma si accorse di essere
migliorata in altre attività simboliche, ed inizio a capire la grammatica e la matematica.
Nel 1980 Barbara apre la Arrowsmith School di Toronto, una scuola in cui i bambini
vengono sottoposti a una valutazione che può durare fino a quarantotto ore per individuare
quali funzioni presentano problemi. “Al loro ingresso nella scuola alcuni bambini, a cui è
diagnosticato un disturbo da deficit dell’attenzione e altri disturbi dell’apprendimento
vengono trattati con il Ritalin. Man mano che i loro esercizi progrediscono, alcuni possono
interrompere il trattamento, poiché i problemi di attenzione sono secondari rispetto ai
sottostanti disturbi dell’apprendimento”.21
Milton Erickson
Milton Erickson nacque nel 1901 ad Aurum nel Minnesota; fin dall’infanzia fu affetto da
molteplici disabilità: cecità cromatica (daltonismo), dislessia, mancanza del ritmo. Nel 1919
venne colpito da una poliomelite che gli costò, non prima di aver passato dei giorni in coma,
una paralisi completa del corpo.
I medici erano riluttanti all’idea che Milton potesse tornare ad utilizzare il proprio corpo e
gli consigliarono quindi di accettare la sua condizione di disabile. Milton non accettò mai il
consiglio dei medici e convinto di poter guarire trascorse intere giornate alla fattoria
20
21
Norman Doidge, “Il cevello infinito”, Ponte alle grazie, 2007, p. 44.
Ibidem, p. 50.
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concentrandosi sul ricordo dei movimenti; quei ricordi non fecero altro che attivare il
fenomeno della “focalizzazione ideodinamica indiretta”, secondo cui quando pensiamo ad un
certo comportamento lo agiamo a livello inconscio in maniera impercettibile poiché il
pensiero aziona le fibre nervose che devono realizzare quella idea.
Milton Erickson, scoprì questo fenomeno da solo mentre “Era seduto su una sedia a
dondolo e sentiva un forte desiderio di guardare dalla finestra. La sedia si mise a dondolare
nonostante egli fosse completamente paralizzato [...] prese ad utilizzare il suo metodo
muscolo per muscolo, articolazione per articolazione. L’osservazione della sorellina che
imparava a camminare gli servì da stimolo e da guida nella rieducazione”,22 "Imparò a
camminare con le stampelle e a tenersi in equilibrio sulla bicicletta; finalmente ottenuta una
canoa, alcune provviste indispensabili per un equipaggiamento da campeggio e una manciata
di dollari, progettò un viaggio per un'intera estate, a partire dal lago vicino al campus
dell'Università del Wisconsin, per proseguire seguendo il corso del Mississipi, spingendosi a
sud oltre St. Louis, fino a ritornare indietro nello stesso modo. [...] Andò incontro ad alcune
avventure e, dopo aver affrontato molti problemi, imparando però vari modi per affrontarli e
incontrando molti personaggi interessanti, alcuni dei quali gli furono di grande aiuto,
completò il viaggio, ritornando in condizioni di salute di gran lunga migliori, con muscoli
delle spalle ben sviluppati, pronto ad affrontare gli studi universitari di medicina".23
Milton si specializzò in psichiatria ed inizio ad
esercitare la sua professione dando libero sfogo alla sua
creatività e diventando il pioniere di una terapia ipnotica
che in seguito prenderà il suo nome: la “ipnosi
ericksoniana”: “Scopo della sua ipnosi è quello di
accedere al potenziale inconscio e alla capacità naturale di
apprendere del cliente, depotenziando al contempo i suoi
schemi limitanti”.24
Immagine 7: www.cima-asso.it
Paul Bach-y-Rita
Paul Bach-y-Rita naque nel 1934 a New York e la sua carriera da neurologo è stata
fortemente influenzata da un evento del 1959. Suo padre Pedro, in quell’anno, subì un
22
Dominique Megglè, Psicoterapie Brevi, Red Edizioni, 1998 Como, p. 32.
Jeffrey K. Zeig, Erickson, un introduzione all’uomo e alla sua opera, Astrolabio, Roma 1990, p. 21.
24
Milton H. Erickson – Ernest L. Rossi, Ipnoterapia, Astrolabio, Roma 1982, p. 10.
23
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emorragia celebrale che gli paralizzò il volto, metà del corpo e lo rese incapace di parlare. Al
fratello di Paul, George fu detto che non aveva alcuna speranza di guarigione e qualsiasi
tentativo di riabilitarlo sarebbe stata vana.
George, che al tempo studiava medicina, non sapeva nulla di riabilitazione ma proprio
per questo, libero da teorie pessimistiche, riuscì a raggiungere il suo obbiettivo. “Decisi che,
anziché insegnare a mio padre a camminare, gli avrei insegnato a gattonare. Mi dissi <Hai
imparato a camminare gattonando e ora gattonerai ancora un poco>”.25
Gli esercizi fisici di George andavano dal tentativo di muovere le parti menomate al
tentativo di muovere tutto il corpo e per rendere gli esercizi più piacevoli e gratificanti,
George li impostava in maniera ludica, così l’esercizio del movimento veniva proposto sotto
forma di gioco delle biglie o il movimento della mano menomata sotto forma di gioco delle
monete.
Pedro riuscì in breve a muoversi sulle ginocchia, poi ad alzarsi in piedi e infine a
camminare normalmente. Da solo Pedro riuscì a recuperare nei mesi successivi la capacità di
parlare e successivamente quella di scrivere.
Morì nel 1965 a settantadue anni a causa di un attacco cardiaco e la sua salma fu portata
a San Francisco dove lavorava Paul.
Incaricata dell’autopsia fu Mary Jane Aguilar, Paul descrisse così quell’evento: “Mary
Jane mi chiamò è mi disse: <Paul, vieni da me. Devo mostrarti qualcosa> [...] ciò che i
vetrini mostravano era che l’ictus aveva provocato un
ampia lesione e che questa non era mai guarita,
malgrado mio padre avesse recuperato molte funzioni
[...] ciò significava che il suo cervello si era
totalmente riorganizzato attraverso il lavoro condotto
insieme a George”26 infatti i danni riportati da Pedro
si trovavano nel tronco encefalico e nei centri
cerebrali più importanti della corteccia che sono
legati al controllo del movimento.
Immagine 8: https://tcnl.bme.wisc.edu
Il recupero del padre convinse Bach-y-Rita ad una svolta nella sua carriera. Inizio a
lavorare nei reparti di riabilitazione e sostenne la tesi secondo cui i pazienti avevano bisogno
di motivazione, di esercizi utili e gratificanti per permettere al loro cervello di riorganizzarsi.
Bach-y-Rita divenne uno dei pionieri della neuroplasticità e nel 1969 inventò il
“dispositivo per la visione tattile”, un grosso sedile con davanti uno strumento simile ad una
25
26
Norman Doidge, “Il cevello infinito”, Ponte alle grazie, 2007, p. 34.
Intervista con S. Olsen, Are we getting smarter or dumber?, cit.
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telecamera dove i non vedenti scrutavano l’immagine davanti a loro.
“Era composta da una manovella per ruotare la telecamera che inviava segnali elettrici
dal computer, che a sua volta li elaborava. Quindi i segnali elettrici venivano convogliati a
quattrocento stimolatori disposti nello schienale. Gli stimolatori si attivavano come dei punti
vibranti in corrispondenza delle zone scure, e smettevano di vibrare per quelle chiare”.27
Come può essere possibile tutto questo lo spiega Bach y Rita: "Quando un cieco usa un
bastone, lo muove avanti e indietro, e i recettori sulla pelle della mano ricevono informazioni
solo attraverso la punta del bastone. Tuttavia questo movimento oscillatorio permette al
cieco di capire dove si trova lo stipite della porta, o la sedia, o capire di aver urtato il piede di
qualcuno. Quindi usa queste informazioni per arrivare alla sedia e a sedersi. Sebbene i
sensori della mano siano il luogo in cui il cieco riceve le informazioni e dove il bastone si
'interfaccia' con lui, ciò che percepisce soggettivamente non è la pressione del bastone sulla
mano, ma la disposizione della stanza: sedie, pareti, piedi, lo spazio tridimensionale. I
recettori superficiali della mano diventano solo un punto di passaggio per le informazioni,
una 'porta per i dati'. In questo processo il recettore superficiale perde la propria identità".28
Il tentativo di utilizzare un senso per sostituirne un altro aveva permesso a dei ciechi di
vedere, tuttavia il “dispositivo per la visione tattile” venne ignorato e dimenticato poiché
considerato troppo assurdo dai sostenitori del “localizzazionismo” ma pose le basi per la
realizzazione degli impianti di retina.
Abbiamo quindi visto come il sistema nervoso può adattarsi a "vedere" con una
telecamera anziché con la retina o può adattarsi ad udire con un impianto artificiale anziché
con la coclea, questo ci consente di sperare su un futuro tecnologico che possa permettere ai
sordociechi di migliorare la loro condizione di disabilità, ma il contributo più grande che
possiamo trarre dagli studi sulla neuroplasticità è la riflessione sull’importanza e le
straordinarie potenzialità di una terapia stimolante, motivante, gratificante, dove il paziente è
parte attiva del sistema terapeutico.
27
28
Norman Doidge, “Il cevello infinito”, Ponte alle grazie, 2007, p. 23.
Norman Doidge, “Il cevello infinito”, Ponte alle grazie, 2007, p. 28.
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4. Ascoltare e udire
Se da un lato gli strumenti tecnologici visivi e auditivi risultano essere di grande
efficacia per il miglioramento qualitativo della vita del sordocieco, dall'altro lato non ci
permettono di considerare la disabilità come un problema più ampio che non può essere
circoscritto da una mera visione meccanicistica dell'essere umano. Credo sia fondamentale
allargare la propria visione prendendo in considerazione l'aspetto umanistico ossia tutto ciò
che riguarda ogni essere umano e che avviene nella sua relazione con il mondo e con gli
altri. Ad esempio "I bambini pronti ad ascoltare, dopo l'applicazione degli apparecchi
acustici, sono piuttosto pochi […]"29 questo paradosso è dovuto alla trascurazione di un
fondamento di base che definisce la differenza fra ascoltare e udire.
Udire significa avere la capacità di percepire suoni mentre "Ascoltare è un gesto di
volontà, è il distinguere fra qualcosa di non ancora differenziato che ogni essere umano
incomincia a sperimentare a partire dal momento dal concepimento. Ascoltare è frutto di
volontà ed apprendimento. Ascoltare è emozione, è desiderio di essere presenza attiva nel
mondo […]".30
Il problema della relazione interpersonale non può essere infatti risolto con una
macchina piuttosto che con un'altra ma bensì con una persona che modifica se stessa per
riuscire a mettersi in ascolto dell'altro. Un bambino può aprirsi all'ascolto o rifiutarsi in base
alle sue emozioni e di ciò che avverte nelle altre persone e nella loro comunicazione non
verbale. Solitamente nel caso dei bambini sordociechi il tutto avviene in un contesto
famigliare dove si vivono continue ed inevitabili ansie dovute ad indagini cliniche,
accertamenti ecc.
Se da un lato sembra evidente che chiunque possa udire ma non ascoltare, dall'altro
sembra più inverosimile che qualcuno possa ascoltare ma non udire. Su questo punto ha
invece insistito Christian Guyot, sordo dalla nascita è professore di musica che ha sviluppato
il suo metodo di pedagogia basato su un ascolto visivo dei parametri musicali ottenendo
ottimi risultati, ad esempio, Christian spiega: "Quando io compio il gesto di partenza, un
bambino o un adulto, non importa quale, batte un colpo o più colpi; ma non c'è precisione in
relazione al gesto. Allora rafforzo la pedagogia in relazione al gesto, che è visivo: prendo un
oggetto concreto, una palla o un pallone. Quando si vede il rimbalzo della palla o del pallone
29
30
Giulia Cremaschi Trovesi & Mauro Scardovelli, "Il suono della vita", Armando Editore, 2005, p. 142.
Ibidem.
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è molto più facile comprendere. Il bambino segue la traiettoria della palla e picchia sullo
strumento al momento del rimbalzo […] Faccio un altro esempio di lavoro visivo: faccio
passare delle diapositive, delle immagini, dei fuochi d'artificio… è facile capire che anche se
non sentono i suoni dei fuochi d'artificio, ci sono tutte le percussioni per dare suono alle
immagini".31 Questo metodo è molto simile a quello che Paul Bach y Rita utilizzava nella
sua "macchina della visione tattile" poiché adopera lo stesso concetto di sostituzione di un
senso per un altro, in questo caso del senso auditivo con quello visivo, in cui attraverso
l'esperienza di ascolto visivo si raggiunge una percezione auditiva o, nel caso del metodo di
Bach y Rita, attraverso l'esperienza di un ascolto tattile si raggiunge una percezione visiva.
Giulia Cremaschi Trovesi32 ha più volte scritto di come l'ascolto riguarda il corpo nella
sua complessità di Corpo Vibrante33ossia di luogo dove si forma la voce, di relazione fra
suoni, voci ed emozioni ed è proprio alla voce e al canto che lei attribuisce un ruolo
fondamentale, poiché il canto è già profondamente radicato nell'essere umano e rappresenta
le esperienze vissute nel grembo materno, nella Prima Orchestra34 e poiché la parola è
efficace nella comunicazione grazie al suono e all'intonazione della voce. Giulia Cremaschi
Trovesi nella sua esperienza ha più volte provato come molti bambini non siano pronti
all'ascolto auditivo attraverso impianti acustici ma preferiscono un ascolto percettivo
profondo attraverso la corporeità, attraverso il Corpo Vibrante.
31
Ibidem, p. 146.
Giulia Cremaschi Trovesi, professore di musica - musicoterapeuta fondatrice del modello "Musicoterapia
umanistica APMM", fondatrice e presidente della F.I.M (Federazione Italiana Musicoterapeuti).
33
G. Cremaschi Trovesi, Il Corpo Vibrante, ed. Scientifiche Magi, Roma 2000.
34
G. Cremaschi Trovesi, Musicoterapia, arte della comunicazione, ed. Scientifiche Magi, Roma 1996.
32
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5. La paralisi celebrale
I pazienti in cura alla Lega Del Filo D'Oro spesso sono costretti ad affrontare altri
deficit oltre quelli visivi e auditivi, come ad esempio la paralisi celebrale ossia la paralisi di
uno o più muscoli dovuta a malattie cerebrali.
Secondo la definizione di Mauro Scardovelli35 il paziente affetto da paralisi celebrale si
presenta comune uno "strumento scordato": "il suo tono corporeo è alterato, spesso
distonico; il movimento intenzionale assente o addirittura impossibile, lo sguardo deviato,
sfuggente sia per ritrosia che per la difficoltà di orientarlo a causa dei disturbi visivi spesso
associati al quadro clinico, della permanenza dei riflessi patologici e dell'enorme fatica a
sostenere il capo in asse con il busto".36
Le carenze del celebroleso sono cognitive oltre che motorie: "egli infatti non ha solo
difficoltà di muoversi, ma soprattutto di agire. Ogni azione risponde alle domande: come? e
perché?".37
Per ogni movimento è necessario quindi l'utilizzo del sistema percettivo, che forma il
gesto e la motivazione per compierlo.
Lo sviluppo delle percezioni dipende dalla qualità delle informazioni sensoriali che il
paziente riceve, spesso queste informazioni sono carenti a causa della mancanza di stimoli
adeguati. Inoltre spesso accade, a causa delle non immediate risposte agli stimoli, che i
terapeuti pensino che il paziente non sia in grado di percepirli o apprezzarli.
In realtà i processi cerebrali sono spesso lenti e difficoltosi, bisogna quindi permettere ai
pazienti tempi e modalità d'intervento in base alla loro voglia.
La risonanza corporea attraverso il suono permette il coinvolgimento dei processi
cinestesici e di proprecezione grazie al quale il paziente riesce a sentire il suo corpo in ogni
sua parte, prendendone consapevolezza e cominciano a muoversi intenzionalmente,
scoprendo successivamente nuove strategie per farlo e quindi "smascherando" percorsi
neuronali secondari potenziandoli e permettendo al suo cervello di riorganizzare se stesso.
L'intervento di Musicoterapia poggia le sue basi sulla relazione che si instaura tra
paziente e musicoterapeuta, la capacità di quest'ultimo di accoglierlo, ascoltarlo e
valorizzarlo sempre in un clima gioioso e rassicurante.
35
M. Scardovelli: musicoterapeuta, trainer di Programmazione Neuro Linguistica, psicoterapeuta, esperto
di Ipnosi Ericksoniana.
36
G. Cremaschi Trovesi & M. Scardovelli, Il suono della vita, Armando Editore, 2005, p. 109.
37
Ibidem, p. 108.
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6. Lega Del Filo D’Oro
“Un associazione autonoma, che ha per scopo l’assistenza e la protezione dei non
vedenti italiani privi di udito [...] che si propone la rieducazione dei soggetti recuperabili,
nonché di svolgere attività di assistenza sociale, economica, medico-specializzata e di
provvedere alla qualificazione e inserimento nel lavoro”38 così Sabina Santilli descriveva
l’associazione “dei” sordociechi, di cui è membro fondatore: la “Lega Del Filo d’Oro”.
Questa è la prima associazione italiana nata per il supporto, l’assistenza e la
riabilitazione di utenti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali, essa adotta un nuovo tipo
di approccio, molto più elastico degli enti assistenziali di altre categorie, poiché gli utenti
sono affetti da diverse minorazioni che necessitano di varie competenze e nuove iniziative.
6.1 La storia del Filo d’Oro
È impossibile parlare della storia della Lega Del Filo D’Oro senza nominare il nome
della sua fondatrice, Sabina Santilli, poiché solo attraverso la sua determinazione e la sua
condizione di “abilità” l’associazione è oggi capace di accogliere, assistere e riabilitare
centinaia di persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali.
Sabina nacque nel 1917 a San Benedetto dei Marsi. All’età di sette anni fu colpita da
una meningite che gli portò via la vista e l’udito; ricorderà quell’evento così, in occasione di
una visita alla Caritas di Avezzano nel 1982: “La sera del Giovedì Santo, dal letto di mia
mamma, diedi un ultimo sguardo attorno. L’indomani mattina, Venerdì Santo, udii l’ultimo
grido, seguita da una sbattuta di porta. Da allora niente più. Fu il buio pesto senza una
voce”.39 L’evento che gli cambiò la vita non ebbe però modo di atrofizzare Sabina che cercò
in tutti i modi di arrangiarsi a fare quello che faceva prima, a non rimpiangere ciò che aveva
perso ma ad utilizzare ciò che gli rimaneva nel modo migliore, nel modo più creativo.
Non ci volle molto, infatti, prima che Sabina riuscisse a trovare un modo per
comunicare con suo fratello: lo faceva scrivere con una penna su un quaderno mentre lei gli
teneva la mano e capiva il contenuto di ciò che scriveva.
Dopo tre anni la famiglia di Sabina viene a conoscenza di un istituto per ciechi di Roma,
38
39
Sara De Carli, “Le mie dita ti hanno detto, Sabina Santilli e la Lega del Filo d’Oro”, Vita, p. 56.
Sara De Carli, “Le mie dita ti hanno detto, Sabina Santilli e la Lega del Filo d’Oro”, Vita, p. 17.
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era la “Regia Scuola di Metodo per Educatori dei Ciechi” del professor Romagnoli ed è qui
che Sabina imparò subito la scrittura Braille e il metodo Malossi. Grazie a questi due metodi
di comunicazione Sabina poté rifiorire, riusciva infatti a comunicare con chiunque conosceva
o aveva la premura di imparare uno dei due metodi, aveva riacquisito la possibilità di parlare
con i suoi parenti e i suoi amici.
Nel 1939 passò all’Istituto per ciechi di Firenze, il suo obbiettivo era la gratificazione di
un guadagno per mezzo di un lavoro ma, prima la guerra e poi una malattia, non gli
permisero mai di diplomarsi; tuttavia questo non fu motivo di frustrazione per Sabina che
grazie all’indipendenza che era riuscita ad ottenere nella vita quotidiana continuò a studiare e
a imparare nuove lingue.
Negli anni successivi riuscì a mettersi in contatto con una grande quantità di persone
sordocieche, erano infatti numerose le lettere in linguaggio braille che riceveva, e non solo
dall’Italia. Queste lettere permettevano a Sabina di confrontarsi con altre persone con le
stesse disabilità, di formulare quindi insieme delle nuove idee, iniziative e di motivarsi
vicendevolmente.
Nel Natale del 1959 Sabina manda una lettera scritta in Braille a tutti i sordo ciechi con
cui è in contatto, questa lettera, rappresentata da un uccellino blu ricordo dell’infanzia di
Sabina, può essere considerata una sorta di numero zero di Trilli nell’Azzurro, rivista che dal
1964 fa da organo di collegamento e di informazione ufficiale della Lega Del Filo D’Oro, ed
è proprio grazie a questa lettera che Sabina entra in una dimensione che la sorella Loda
definisce “categoria”: “Iniziò a rintracciare e organizzare i grandi sconosciuti, con il
desiderio di collegarli tra loro, questo era il suo sforzo… formare la categoria, è questo che
rende più forti”.40
Questa lettera insieme ad inserzione sul Corriere Braille dell’Unione italiana ciechi
permetterà a Sabina, nel giro di un anno, di allargare enormemente la rete di sordociechi con
cui era in contatto.
Fu grazie alle riviste provenienti da associazione estere, che già si occupavano di sordo
ciechi, che Sabina scoprì l’esistenza di istituti all’estero per la riabilitazione dei ciecosordi
come la Istitution Notre Dame di Larnay in Francia, il Marjorie Wood in Canada e il
National Deaf Blin Helpers League in Inghilterra e l’Anne Sullivan Macy Service da cui
Sabina prenderà spunto per la nascita della Lega Del Filo D’Oro.
Nel 1964 Sabina ha chiaro che anche i sordociechi italiani hanno bisogno di una loro
associazione, era certa che essi per mezzo di opere appropriate sarebbero “rifioriti”.
La svolta casuale avvenne con l’incontro con don Dino Marabini, sacerdote di Osimo,
40
Ibidem, p. 42.
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direttore del Movimento Apostolico Ciechi (MAC) a cui Sabina chiese un’assistenza
spirituale e religiosa per i sordociechi. Don Dino dopo aver conosciuto Sabina volle
immediatamente aiutarla nella sua idea di progettare una lega per sordociechi e così
“l’uccellino azzurro” che nel Natale del 1959 aveva aiutato decine di persone dimenticate ad
entrare in contatto fra loro e che si era poi “dissolto” nell’indifferenza, era tornato in volo
dopo “aver agganciato il filo d’oro del buon cuore e dell’amicizia, quell’amicizia che a noi
serve prima di ogni altra cosa, senza la quale nessuno di noi può quasi muove un dito”.41
Nella Pasqua del 1964 esce il primo numero di Trilli nell’azzurro in cui Sabina annuncia:
“si è deciso di costituire anche noi il Filo d’Oro, una lega di cieco sordi e loro amici vedenti
e ciechi udenti volontari. Scopo della Lega: collegare i ciechi sordi fra loro e con gli amici;
assicurare una mano d’aiuto, sul luogo o a distanza, ai membri cieco sordi, procurando loro
contatti sociali, guide, interpreti o anche solo buone persone che vogliano appoggiare la
nostra causa e interessarsi alla soluzione dei nostri problemi; diffondere la conoscenza delle
possibilità di recupero alla vita normale delle persone prive della vista e dell’udito”.42
Immagine 9: www. ilcapoluogo.globalist.it
6.2 Diagnosi e intervento precoce
La diagnosi, effettuata all’interno del centro diagnostico di Osimo da un èquipe
specializzata di psicologi, medici e assistenti sociali; è il primo passo che le persone
sordocieche e pluriminorate psicosensoriali devono affrontare all’interno della Lega Del Filo
41
42
Sara De Carli, “Le mie dita ti hanno detto, Sabina Santilli e la Lega del Filo d’Oro”, Vita, p. 52.
Ibidem.
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D’Oro. Questo passaggio serve a valutare le abilità, le potenzialità e le caratteristiche della
persona al fine di elaborare programmi riabilitativi personalizzati che verranno eseguiti
all’interno del centro riabilitativo o in strutture di riferimento nel territorio di residenza.
Nella sordociecità e pluriminorazione psicosensoriale l’intervento precoce assume un
importanza di rilievo poiché nonostante le gravità delle pluridisabilità, i bambini possono
comunque raggiungere un certo grado di autonomia se si interviene fin dalla primissima
infanzia. Durante le prime fasi dello sviluppo è infatti più facile ottenere le risposte ai
trattamenti educativi e riabilitativi proprio perché il cervello del bambino al di sotto dei
quattro anni è più ricettivo rispetto al cervello di un adulto.
6.3 Riabilitazione ed educazione
Il programma sviluppato nel centro diagnostico viene poi messo in atto nel centro di
riabilitazione della Lega Del Filo D’Oro, o a domicilio nella zona di residenza, da una serie
di professionisti. Ogni utente all’interno della struttura è assistito da due professionisti
altamente qualificati, che vengono affiancati da figure specializzate.
Alla Lega Del Filo D’Oro si può usufruire di una serie di prestazioni riabilitative che
possono essere eseguite all’interno della struttura con un’ospitalità a tempo pieno, diurna per
i soggetti residenti in zone limitrofi, prestazione ambulatoria con singole terapie mirate o con
prestazioni domiciliari.
Le prestazioni riabilitative possono essere intensive, e durare quindi poche settimane, o
estensive, e durare quindi un periodo più lungo.
Ogni programma è individuale ed elaborato sulle esigenze dell’utente, alcune di queste
possono essere:43
- Riabilitazione sensoriale e neurocognitiva.
- Sviluppo delle abilità comunicative.
- Apprendimenti d’aula e sviluppo di abilità integranti.
- Sviluppo delle competenze cognitive.
- Sviluppo delle abilità motorie.
- Sviluppo delle autonomie sulle attività domestiche.
43
www.legadelfilodoro.it/cosa-facciamo/servizi-forniti/educazione-riabilitazione
visitato in data 13/11/2014.
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- Sviluppo di abilità adattivo sociali ed esperienze di socializzazione.
- Attività occupazionali, lavorative ed espressive.
- Sviluppo delle abilità d’igiene personale, di vita quotidiana e di indipendenza.
- Sviluppo delle abilità di orientamento e mobilità ed autonomia.
Le terapie utilizzate alla Lega Del Filo D’Oro di Osimo, oltre la Musicoterapia, sono:
fisioterapia, logopedia, stomatognatica, idrokinesiterapia e terapia cognitiva attraverso ausili
tecnologici.
6.4 Integrazione
La presenza dei centri della Lega Del Filo D’Oro in Italia è centrata sull’obbiettivo di
integrare, attraverso la riabilitazione, le persone sordocieche e quindi di evitare il loro
distacco dalla loro famiglia e dal loro ambiente.
L’associazione in questo verso ha sviluppato delle attività occupazionali che hanno
l’obbiettivo di incentivare le abilità cognitive e motorie degli utenti e che offrono occasioni
di socializzazione e integrazione.
L’integrazione sarebbe tuttavia impossibile senza il coinvolgimento delle famiglie che
favoriscono i progressi dell’utente e l’applicazione del piano educativo al rientro a casa.
6.5 Supporto alle famiglie
Alle famiglie degli utenti della Lega Del Filo D’Oro viene offerto un supporto concreto
che consiste in assistenza, informazioni, ascolto e aiuto, colloqui con professionisti,
esperienze di gruppo definite “parent training”.
Per permettere alle famiglie di seguire i propri parenti, di rimanergli vicino e di sostenerli
viene messo a disposizione un servizio di foresteria in cui i parenti possono seguire le
attività, specialmente nei trattamenti intensivi, le diagnosi e i trattamenti precoci dei propri
cari.
Le famiglie hanno inoltre istituito un “Comitato dei familiari” che ha funzioni consultive
sulle problematiche generali delle famiglie di sordociechi e pluriminorati psicosensoriali.
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II PARTE
7. Approccio riabilitativo
In alcuni approcci fenomenologici con riabilitazione s’intende un processo tecnico di
“normalizzazione” degli handicap che ha come fine l’eliminazione delle imperfezioni
attraverso metodi che non tengono conto della persona e dei suoi reali bisogni. In altre parole
la persona è una sorta di macchina funzionante secondo il modello di stimolo-risposta, una
macchina capace di fare cose straordinarie ma incapace di modificarsi.
Viene in questo modo attribuita una forma statica alla dinamicità per eccellenza, ossia la
vita, che è piuttosto in continua metamorfosi, cambiamento, progredire e vibrare. Persino
ogni singola cellula del nostro corpo non è la stessa di sette anni fa ma si è completamente
rigenerata. Non c’è nulla di statico nell’uomo e nella vita.
Non considerando le emozioni della persona e trattando il paziente come “oggetto”
patologico con determinati sintomi il quadro è chiaro e l’intervento riabilitativo potrà essere
attuato da un semplice programma scritto a tavolino per la patologia di riferimento.
Tutt’altra cosa è se il paziente è il “soggetto” con le proprie emozioni, relazioni e vissuti.
In questo caso il programma riabilitativo dovrà essere “cucito addosso” alla persona, che
dovrà essere accettata all’interno della terapia nella sua interezza.
Per agire in questo senso credo che l’arma principale debba essere l’osservazione dei
feedback come verifica delle proprie azioni di “facilitatore”. Con feedback intendo la
risposta verbale o non verbale ad uno o più stimoli. Mauro Cameroni dirigente medico,
diversamente abile, rilascia questo feedback relativo all’intervento riabilitativo a cui è stato
sottoposto da bambino: “In quei momenti io sentivo che ero in balia di persone che non
tenevano alcun conto della mia personalità e che il loro unico scopo era quello di farmi fare
cose noiose, spesso dolorose e io non ne capivo il motivo […] Infatti mi ribellai con l’unica
arma a mia disposizione, il pianto a squarciagola, non collaborai, misi in moto meccanismi di
natura psicosomatica, tipo il vomito o il mal d’auto” Continua affermando che “[…] la
riabilitazione a qualunque età non deve essere imposta come cosa noiosa e dolorosa di cui il
bambino è oggetto passivo, ma nella prima infanzia può e deve essere trasformata in attività
ludica, successivamente si deve coinvolgere il soggetto con le dovute informazioni facendolo
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divenire parte attiva”.44
Il paradigma secondo cui il soggetto handicappato debba solo essere “normalizzato” deve
essere sostituito, lo scopo non secondario della riabilitazione di un diversamente abile deve
essere infatti quello di sfruttare al massimo le sue capacità, le sue “diverse abilità”. In questo
senso con riabilitazione s’intende condurre la persona ad uno stato di benessere e di
condizione mentale per la rielaborazione di un vissuto.
“Ogni handicappato, qualunque siano il tipo e la gravità del trauma che lo ha colpito,
porta dentro di sé delle capacità residue imprevedibili, delle vere e proprie ricchezze
sommerse che, se stimolate e sviluppate con pazienza, costanza e nel giusto modo ed
indirizzo, possono dare a lungo termine sorprendenti risultati”.45
44
45
Mauro Cameroni, “L’handicap dentro ed oltre”, Feltrinelli, 1983, p 20
Ibidem p 163
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8. Progetto
Il progetto all’interno della Lega Del Filo D’Oro eseguito dal sottoscritto sotto
concessione della direttrice, Patrizia Ceccarani è stato svolto presso il centro di riabilitazione
della Onlus e presso la comunità Kalorama ad Osimo durante le giornate di martedì e giovedì
di ogni settimana. La giornata di martedì era dedicata alla terapia musicale individuale con
bambini e neonati sordociechi e pluriminorati psicosensoriali, la giornata di giovedì era
dedicata alla terapia musicale di gruppo con adulti sordociechi. Per tutta la durata della mia
permanenza sono stato affiancato dalla musicoterapista di ruolo Fiammetta Santoni.
Come musicoterapista ho lavorato con una logica sistemica complessa attuando dei
processi maieutici, ossia di accompagnamento che hanno come percorso l’educazione, come
processo la terapia e come funzione la riabilitazione.
8.1 Intervento individuale con bambini sordociechi
La musica è un mezzo ideale per lavorare con i problemi dei bambini diversamente abili,
i bambini per loro natura infatti assorbono ed integrano continuamente la musica nella loro
vita quotidiana cantando mentre giocano o utilizzano il canto per comunicare fra loro, solo in
seguito, con il passare degli anni la musica diventa esterna al bambino fino ad essere
esclusivamente prodotta da una radio o da una televisione
L’intervento alla Lega del filo d’oro con i bambini sordociechi inizia con un periodo,
solitamente una seduta di un ora, di osservazione e valutazione, lo scopo di questo primo
intervento è quello di entrare nel modo di comunicare e relazionarsi al mondo esterno del
bambino.
In seguito all’osservazione vengono determinati gli obbiettivi da raggiungere e le relative
tecniche che si intende utilizzare, spesso in questa fase si coinvolgono altri professionisti
disciplinari come ad esempio logopedisti, fisioterapisti, psicologi che hanno in cura lo stesso
bambino.
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Nei casi in cui il bambino non può soggiornare alla Lega Del Filo d’Oro per più di poche
settimane per motivi logistici dei genitori, e quindi in quei casi in cui il centro diagnostico
prescrive
una
prestazione
intensiva,
l’intervento consiste in una seduta di
osservazione e le altre, solitamente una o
due, di introduzione al percorso musicoterapeutico. Il lavoro di osservazione e di
introduzione svolto al centro riabilitativo
viene scritto in forma di relazione e
rilasciato al centro diagnostico che, sotto
richiesta dei genitori, convoglia il tutto
verso un professionista residente in zone
limitrofe al paziente che si occuperà di
proseguire il percorso introdotto alla Lega
Del Filo D’Oro.
Gli obiettivi generali che si perseguono
generalmente con i bambini possono
essere:
Immagine 10: Rivista “Trilli nell’azzurro” n. 3 Maggio/Giugno 2014, p. 6.
- La massima comprensione delle loro caratteristiche, emozioni, diverse abilità.
- Miglioramento delle loro potenzialità comunicative.
- Sviluppo della consapevolezza di loro stessi, delle situazioni e delle abilità di
concentrazione.
- Miglioramento della loro qualità di vita attraverso delle esperienze di condivisione.
- Sviluppo delle loro abilità di socializzazione.
Entrando più nello specifico gli obbietti possono essere:
- Stimolazione del linguaggio.
- Stimolazione di abilità e ordinamento motorio.
- Sviluppo della consapevolezza corporea e dell’identità.
- Sviluppo della creatività e della fantasia.
- Incrementare l’uso della voce.
- Sviluppo di dialoghi sonori.
- Creazione di un contesto in cui il bambino possa esprimere le emozioni.
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È fondamentale tenere conto che questi obiettivi non sono validi per tutti i bambini
poiché essi devono sempre essere determinati tenendo in considerazione il bambino come
soggetto poiché nessuno di loro presenta le stesse caratteristiche di un altro, per questo
motivo questi obiettivi sopra elencati vanno considerati informazioni puramente orientative.
8.1.1 Setting sedute individuali
“Il termine setting viene dal verbo inglese to set, che significa disporre, regolare”.46
Il setting, specialmente nell’orientamento sistemico-relazionale, consiste nell’insieme di
regole ed elementi che sono proposti dal terapeuta e vengono condivisi con la famiglia e/o
individui che definiscono il sistema complesso di relazioni nominato sistema terapeutico.
Le regole permettono di determinare le modalità di incontro e relazione in un ambito
spazio-temporale ben definito. Il rispetto di tali regole garantisce il mantenimento del setting
e il valore terapeutico della relazione, mentre il mancato rispetto può portare ad una
schiumogenesi della terapia.
- Luogo: con i bambini sordociechi gli incontri si svolgono nella stanza adibita
appositamente alla terapia musicale, nel centro di riabilitazione della Lega del Filo d'Oro, la
stanza è di grande dimensione il che permette di usufruire di una grande varietà di strumenti
musicali. Gli strumenti vengono collocati in zone strategiche della sala dove non risultano
d'intralcio per utenti e terapeuti e dove sono ben visibili agli occhi di chi entra. Questo
permette ai bambini con buoni residui visivi e capaci di spostarsi autonomamente nello
spazio di raggiungere facilmente lo strumento che più li incuriosisce e di fare la prima
esperienza sonora. Il pianoforte a muro leggermente staccato dalla parete permette
all'assistente o al co-terapeuta di poggiare e mantenere in equilibrio il bambino sopra la cassa
armonica del pianoforte.
- Durata della seduta: Le sedute individuali con bambini sordociechi durano 1 ora.
- Frequenza delle sedute: Gli incontri individuali con i bambini sordociechi si svolgono
una volta a settimana. Solitamente seguono lo stesso orario della prima seduta.
- Durata della terapia: La terapia musicale ha fine nel momento in cui gli obiettivi,
prefissati dal terapeuta e concordati con il team e i famigliari, vengono raggiunti. Spesso e
volentieri una volta raggiunti gli obiettivi emergono ulteriori richieste che permettono di
46
C. Loriedo, F. Acri, “Il setting in psicoterapia”, Franco Angeli, 2009, p. 31.
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inveterare un ulteriore contratto terapeutico.
- Gestione della comunicazione: I bambini che svolgono una terapia intensiva all'interno
della Lega del filo d'oro sono spesso accompagnati da uno o più parenti. In questi casi, per
permettere al bambino di sentirsi al sicuro, viene chiesta la presenza di uno di loro all'interno
della seduta, il ruolo del genitore come osservatore partecipante è infatti di fondamentale
importanza poiché comunica al bambino, spesso attraverso linguaggio non verbale, che non
c'è nulla da temere, inoltre accresce la risposta emotiva del bambino alle varie consegne.
8.1.2 Le tecniche con i bambini sordociechi
Musica improvvisata e dialogo sonoro
L’improvvisazione musicale con i bambini sordociechi è usata come un linguaggio
comune con il terapista, essa avviene per mezzo di scambi ritmici, vocali o di altro genere e
permette al bambino di creare un ponte fra il suo mondo interno ed il mondo esterno.
Le improvvisazioni spesso sono prodotte da provocazioni e stimolazioni da parte del
terapista con l’uso della voce, del corpo o di qualsiasi strumento percussivo o melodico,
possono essere molto libere o limitate da regole stabilite dal musicoterapista, come ad
esempio ”suonare una battuta ciascuno”.
Un altro approccio all’improvvisazione prevede il dialogo sonoro sviluppato dal
musicoterapista
Mauro Scardovelli,
che
evidenzia
determinati
aspetti
all’interno
dell’improvvisazione tra cui la sintonizzazione su piano temporale – ritmico – energetico, la
precisione nei tempi di risposta, l’equilibrio tra familiarità e novità nelle variazioni e la
creatività nella produzione di nuovi messaggi.
I momenti fondamentali in questo approccio sono:
- Il matching: si riferisce all’azione di sintonizzarsi in alcuni aspetti fisiologici del
paziente.
- Il pacing: procedere ritmicamente con lo stesso ritmo della persona, assieme al
matching può essere definito come un ricalco non verbale.
- il leading: anche definita guida, si intende l’azione di condurre la persona in una nuova
direzione.
Il repertorio delle improvvisazioni è volutamente molto semplice per permettere al
bambino, sordocieco con pluriminorazione psicosensoriale, di sviluppare le prime sensazioni
di comunicazione e di sperimentare l’essere visti e sentiti.
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Musica precostituita e songwritting
Un'altra tecnica nell’ambito della musicoterapia con bambini sordociechi e pluriminorati
psicosensoriali consiste nell’uso di melodie già note o di canzoni conosciute. Queste melodie
e canzoni permettono di istituire una routine stabile, vengono infatti spesso utilizzate come
brani di “saluto” e di “arrivederci” all’interno della seduta poiché forniscono una struttura in
cui il bambino riconosce se stesso e si sente al sicuro. Le stesse canzoni possono essere
utilizzate come stimolo per permettere al bambino pluriminorato psicosensoriale di
intervenire attraverso un battito delle mani o un colpo su uno strumento per migliorare la
loro concentrazione, il loro coordinamento e movimento.
Una tecnica di Musicoterapia precostituita molto efficace con i bambini sordociechi e
pluriminorati psicosensoriali è quella del songwriting elaborata dal musicoterapista Paolo
Albero Caneva, nello specifico ritengo utili le due modalità: “canzone di saluto” e “canzone
di lavoro” . Queste due modalità utilizzano la tecnica della composizione precostituita in cui
il compositore è il terapeuta e segue determinate linee guida che permettono alla musica di
essere più empatica.
La canzone di saluto è un canzone scritta per permettere al bambino di riconoscere la
stanza in cui si svolge la terapia musicale, per dargli il benvenuto e per comunicare che
l’incontro è finito. Essa è spesso scritta secondo giri armonici basilari come:47
-
I, IV, V7, I
-
IIm7, V7, I
-
VIm7, IIm7, V7, I
-
I, V, IV, V, I
La struttura delle rime è AABB o ABAB, il soggetto di ogni testo è il paziente e sono
presenti forme di saluto evidenti.
La canzone di lavoro viene utilizzata per creare un rapporto empatico e deve possedere la
capacità di rimanere impressa nella memoria del bambino in maniera indelebile. “La canzone
di lavoro indica musicalmente l’azione, la parola, il suono, il movimento, l’oggetto o la
consegna da compiere e può venire usata in varie aree con diverse finalità”48 fra cui facilitare
l’apprendimento, il controllo dei movimenti, l’utilizzo della voce, dei vocaboli o per
raggiungere uno stato di rilassamento o di reattività mentale e fisica. La struttura armonica
anche in questo caso è basilare e conosciuta, il ritornello viene spesso ripetuto e la struttura
delle rime è anche in questo caso AABB o ABAB.
47
48
Paolo Caneva, “Songwriting” Armano Editore, 2005, p. 15.
Paolo Caneva, “Songwriting”, Armano Editore, 2005, p. 17.
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47
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Nelle musiche precostituite un elemento di rilievo per permettere al bambino di sentirsi
protetto lo ricopre l’ostinato, ossia una figura melodica che si ripete costantemente nel brano,
poiché il bambino si sente sicuro all’interno di strutture che già conosce e predilige, piuttosto
che su strutture con dinamiche eccessive e molte variazioni. Inoltre l’ostinato permette al
terapeuta di inserire nuovi elementi che aprono nuovi percorsi di apprendimento.
Immagine 11: Rivista “Trilli nell’azzurro” n. 5 Settembre/Ottobre 2014, p. 2.
8.1.3 Sopra al pianoforte
Qualunque sia la tecnica scelta risulta essere di gran efficacia il posizionamento del
bambino sordocieco sopra la cassa armonica del pianoforte, questo perché le vibrazioni della
cassa raggiunge e attraversa il corpo del bambino senza prima essere soggetta alla resistenza
delle molecole d'aria. Il pianoforte essendo lo strumento polifonico per eccellenza permette
di utilizzare più elementi musicali contemporaneamente ma la stessa efficacia vibratoria può
essere raggiunta con altri strumenti monofonici posizionando ad esempio il bambino sopra
ad un tamburo, sopra un contrabasso o qualsiasi strumento musicale capace di sostenerne il
peso. Se invece non è possibile posizionare il bambino sopra uno strumento può essere già di
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grande efficacia posizionare una parte del suo corpo come un arto o la testa a contatto con lo
mezzo vibratorio.
Questo metodo permette una migliore percezione,49 ossia "prendere attraverso il corpo" in
cui, come afferma Giulia Cremaschi Trovesi, musicoterapeuta, "io sono il mio corpo. Il mio
corpo è corpo vibrante delle vibrazione, delle onde sonore che incessantemente riempiono lo
spazio nel quale vivo.50
Il lavoro svolto sopra la cassa armonica del pianoforte permette di osservare il bambino
su diversi aspetti: empatico, tattile, visivo, oltre che sulla qualità del respiro, del tono
corporeo, della tensione muscolare e dell'emissione sonora.
Al bambino può essere chiesto di utilizzare uno strumento che lo può portare ad
esperienze di produzione sonora, tatto, discriminazione timbrica.
..
Immagine 12: Giulia Cremaschi Trovesi in una seduta di Musicoterapia dal video "Il suono della vita" su "
https://www.youtube.com/watch?v=ZWtCL1n4390" Visitato in data 21/01/2015.
49
lat. per-capio, prendo attraverso me stesso.
http://www.musicoterapiaveneto.it/Musica-Sordita-Autismo-un-evento-musicale-inaspettato.html#sthash.taAw51oi.dpuf
(visitato in data 21/01/2015).
50
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8.1.4 l'importanza del co-terapista
Il ruolo sostenuto da me durante le sedute è stata quella di co-terapista, ossia di sostegno e
aiuto alla musicoterapista di ruolo. La presenza del co-terapeuta all'interno delle sedute ha
dei vantaggi non indifferenti, già nel modello di Nordoff e Robbins era stata affermata la sua
importanza: il co-terapeuta permette al paziente di essere facilitato nella risposta
all'improvvisazione musicale guidata dal terapeuta.
Nel lavoro svolto sulla cassa armonica del pianoforte il co-terapeuta segue ed interagisce
direttamente con il bambino, segue i suoi messaggi che possono derivare da canali differenti
come quello respiratorio, vocale o motorio, li interpreta e li trasforma in un gioco musicale o
in un impulso motorio. Avviene in questo modo una doppia guida, un improvvisazione a tre,
in cui i terapisti accolgono i messaggi del bambino e li trasformano in maniera differente.
Il co-terapista non è solo un elemento molto rilevante sul piano terapeutico ma acquista
anche una certa rilevanza nel momento in cui si valuta l'andamento della terapia, si
osservano le risposte a diversi stimoli, si cercano diverse strategie di azione. In questo senso
il co-terapista permette un'alleanza di cervelli, dove due menti lavorano insieme per
raggiungere lo stesso obiettivo creando, con i dovuti presupposti, una sinergia, ossia una
azione combinata di due o più elementi, in questo caso persone, dove il risultato è un effetto
potenziato rispetto alla loro semplice sommatoria.
8.2 Intervento di gruppo con sordociechi adulti
La comunità Kalorama è un gruppo di persone sordocieche adulte che, collocate in alcuni
appartamenti nel centro città di Osimo, svolgono attività di terapia, occupazionali e di
integrazione sociale.
Nell’intervento con adulti sordociechi i miei presupposti non sono cambiati rispetto a
quelli descritti con i bambini sordociechi poiché le capacità percettive e sensoriali non sono
inferiori nell'uno rispetto all'altro.
La Musicoterapia così, sia per i bambini che per gli adulti, stimola e potenzia la
consapevolezza del proprio corpo, permette di avere esperienze di ascolto visivi, auditivi e
tattili.
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Ritengo fondamentale nell'intervento tenere conto del vissuto del paziente, il suo
retroterra culturale, i suoi
modi, le sue esperienze.
Questi elementi se utilizzati
nel giusto modo permettono
un’efficacia della terapia
ben oltre l'immaginabile.
Assume
per
me
un
importanza fondamentale il
concetto della PNL51 di
calibrazione,
ricalco
e
guida.
Immagine 13: http://www.corriere.it/salute/disabilita/14_maggio_09
Dove con calibrazione si intende porre la propria attenzione sull'altro, con ricalco entrare
in rapporto con l'interlocutore modificando il proprio linguaggio e con guida la modifica del
comportamento attraverso l'esplorazione di nuovi punti di vista, di nuove reinterpretazioni.
Quando arrivai al Kalorama per la prima volta il percorso di Musicoterapia era già stato
avviato da Fiammetta ed era giunto alla sua seconda seduta. Entrando a percorso iniziato il
mio obiettivo primario fu quello di inserirmi come co-terapeuta in un gruppo già strutturato e
con le proprie dinamiche.
Dopo un’attenta osservazione e una consultazione con la musicoterapista di ruolo venne
stilato un elenco di obiettivi da perseguire:
- Migliorare l'integrazione del gruppo e la fiducia reciproca dei rispettivi partecipanti.
- Migliorare l'ascolto auditivo e corporeo.
- Esprimere sentimenti interiori.
- Condividere con il gruppo le proprie esperienze.
- Sviluppare la creatività, l'immaginazione, l'improvvisazione.
- Sviluppare la cooperazione e l'empatia con i membri del gruppo.
- Migliorare la consapevolezza del proprio corpo, delle emozioni e di essere in grado di
verbalizzare le esperienze e i bisogni.
- Sperimentare il rilassamento e l'essere presenti mediante l'ascolto musicale.
- Sviluppare l'uso della voce, la sua potenza e la sua variazione.
- Migliorare la propria fiducia nell'utilizzare nuove parti di se stessi.
51
Programmazione Neuro Linguistica, metodo psicologico alternativo che utilizza il linguaggio verbale,
non verbale e paraverbale per modificare gli schemi comportamentali collegati ai processi neurologici.
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8.2.1 Setting sedute di gruppo
- Partecipanti: I partecipanti al percorso di Musicoterapia di gruppo erano cinque persone
affette da sordociecità tre dei quali affetti anche da paralisi celebrale.
- Luogo: Le sedute di Musicoterapia di gruppo con sordociechi adulti si svolgevano
presso un’aula nel centro di Osimo dove le persone appartenenti alla comunità
soggiornavano. L'aula non adibita a trattamenti musicali era priva di strumentazioni di
qualsiasi genere fatta eccezione per un computer connesso alla rete internet. Noi terapisti ci
organizzavamo portando con noi uno strumentario Orff e una chitarra acustica. Gli strumenti
Orff venivano poi distribuiti ad ogni persona in maniera casuale.
- Durata della seduta: Le sedute di gruppo presso la comunità Kalorama duravano due
ore, tuttavia era solito iniziare spesso 10-15 minuti dopo poiché il processo di
accompagnamento di ogni persona all'interno dell'aula necessitava dei propri tempi.
- Frequenza delle sedute: Le sedute avvenivano una volta a settimana nella giornata di
giovedì nelle prime ore pomeridiane.
- Durata della terapia: il percorso di Musicoterapia prevedeva un numero di dodici sedute.
- Gestione della comunicazione: La comunicazione avveniva in un primo momento di
reciproco saluto, questo permetteva ai partecipanti di sapere chi vi fosse all'interno dell'aula,
alla loro sinistra e alla loro destra e quindi percepire lo spazio e la collocazione di ogni
singolo individuo in essa. Al termine di ogni esperienza musicale veniva chiesto a turno ad
ogni individuo cosa quell'esperienza gli avesse suscitato, le sue emozioni a riguardo. Infine
chi aveva avuto la parola rigirava la stessa domanda ad un altro individuo della stanza.
8.2.2 Le tecniche con sordociechi adulti
Utilizzo della voce e degli strumenti nella musica popolare
Una tecnica spesso utilizzata agli inizi degli incontri nel gruppo Kalorama consisteva
nell'utilizzare un brano popolare, che veniva eseguito da un terapista, mentre il resto del
gruppo lo cantava o lo accompagnava con degli strumenti Orff. Spesso venivano fatte delle
richieste a cui noi terapisti non potevamo rispondere non conoscendo affatto i brani in
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questione, in quei casi lasciavamo a "Youtube"52 il compito di eseguirli al posto nostro.
Da un lato l'utilizzo di Youtube è poco indicato, essendo la qualità audio scarsa e
privando gli ascoltatori di un suono vibratorio completo, eseguito da uno strumento, che
avrebbe permesso al paziente un esperienza percettiva corporea. D'altro canto l'utilizzo della
musica attraverso Youtube ci permetteva di raggiungere uno scopo ben preciso che
consisteva nel creare attraverso il ricalco culturale un rapporto di fiducia. La cultura
musicale dei pazienti era infatti una cultura musicale risalente agli anni 60 e 70 della musica
italiana, ossia della musica che nei ricordi dei pazienti era strettamente collegata alle canzoni
cantate loro dalle loro madri in tenera età. Il ricalco permetteva, a noi terapisti in quella
situazione, la costituzione del concetto modellato da Milton Erickson del rapport, ossia del
rapporto di fiducia e affinità che avrebbe permesso ai pazienti di esprimersi liberamente
senza la paura di doversi difendere da un modo di pensare diverso o di essere giudicati.
Era evidente come i pazienti ascoltando questa musica venivano assorbiti da essa a tal
punto da non preoccuparsi più del modo in cui suonavano o cantavano.
Composizione, esecuzione e riascolto di brani precostituiti
La comunità Kalorama oltre ad attività di Musicoterapia svolge attività ricreative quali il
teatro. Gli spettacoli teatrali, che gli utenti provano e successivamente portano sul palco del
teatro di Osimo, sono centrati su diverse storie e diversi temi. Poiché le affinità fra teatro e
musica sono molte, un lavoro eseguito da noi terapisti consisteva nell'utilizzare il tema
teatrale come base d'appoggio per la composizione di un brano musicale. I brani composti
erano di struttura molto semplice, formati da pochi versi che facevano riferimento al tema
teatrale, in questo modo utilizzavamo
Immagine 14: http://www.legadelfilodoro.it/sites /IMG_5772.jpg
l'entusiasmo che stavano già sperimentando nel laboratorio di teatro in
qualcosa che per loro doveva essere
nuovo e strano, come la composizione di un brano semplice e la sua
esecuzione. I brani avevano anche
una parte prettamente ritmica, in
questa seconda parte davamo un
ruolo fondamentale alla dinamicità, volevamo che gli utenti sperimentassero attraverso il
corpo le vibrazioni in maniera prima crescente e poi descrescente o viceversa.
52
Youtube: sito web che permette la visualizzazione o il caricamento video da parte degli utenti.
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I brani venivano registrati con un microfono per poi essere "ascoltati dal corpo" attraverso
uno speaker a vibrazione, ossia uno strumento elettronico che trasforma il segnale sonoro in
vibrazione che a contatto con oggetti solidi, tra cui anche il corpo, viene amplificato e
diventa udibile. Questo speaker a contatto con il corpo, che è relativamente solido, non
permette alle vibrazioni di diventare perfettamente
udibili
come
sarebbe
invece
possibile su una struttura in metallo o legno,
ma permette alla persona a contatto con lo
speaker di sperimentare un ascolto corporeo
delle vibrazioni.
Immagine 15: http://www.aliexpress.com/item/Adin-B1BTRechargeable-Bluetooth-Omni-Directional-10W-Vibration-Speaker-for-Ipad-iphone-computer
-mp4-mp3-player
Ascolto corporeo attraverso strumenti acustici
Durante il nostro percorso di Musicoterapia abbiamo utilizzato lo stesso effetto dello
speaker a vibrazione sul corpo con strumenti acustici, quali in special modo: pianoforte,
chitarra e violino. Il contatto diretto con questi strumenti permetteva ai pazienti di
sperimentare un ascolto percettivo attraverso la corporeità. Durante questi processi i pazienti
provavano a poggiare gli strumenti musicali o lo speaker in diversi punti del proprio corpo
sperimentando la consapevolezza di esso e allo stesso tempo provando un profondo stato di
rilassamento e di assorbimento.
Quando il paziente entrava profondamente dentro se stesso in uno stato particolarmente
ricettivo gli permettevamo di essere alla guida dello stimolo, quindi permettendogli di
suonare i tasti del pianoforte, le corde della chitarra o le corde del violino tramite l'archetto,
nel caso dei pazienti con paralisi veniva dato un aiuto supplementare, in questo modo i
pazienti sceglievano le dinamiche musicali le collegavano ad emozioni, le mischiavano.
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9. Osservazioni e risultati
L'osservazione da me attuata durante il percorso è costituita da dei caposaldi: è diretta,
basata sull'esperienza e relativa al contesto ossia alla relazione, interazione e funzione del
sistema terapeutico; l'oggetto dell'osservazione non è mai l'individuo ma è la sua risposta , il
suo feedback, agli stimoli. L'ultimo caposaldo consiste nella connotazione positiva che
attribuisco ad ogni singolo elemento; sono estremamente convinto di come le parole e i
pensieri, anche quelli non espressi, siano importanti all'interno di ogni singolo incontro
terapeutico e cerco sempre di cogliere l'aspetto positivo per condividerlo attraverso la mia
comunicazione.
9.1 Seana
Età: 12 anni
Diagnosi: ipovisione completa e tetraparesi spastica che le causa difficoltà motoria,
leggere ipoacusia.
Eziologia: nascita prematura.
Essendo completamente cieca e con incapacità motorie, che bloccavano la maggior parte
dei movimenti, ciò in cui aveva più difficoltà Seana era la capacità di comunicare all'esterno.
Questo stato di cecità e paralisi l'avevano isolata, le sue difficoltà si presentarono anche nel
uso del linguaggio verbale, Seana aveva enormi difficoltà nell'utilizzare la propria voce,
questo la portò a non utilizzarla affatto e ciò creo una forte frustazione e senso di impotenza
da parte dei genitori che per anni cercarono chi potesse aiutarla e aiutarli prima di arrivare
alla Lega Del Filo D'Oro.
Considerata la situazione abbiamo scritto alcuni obiettivi chiave:
- Migliorare l'ascolto della bambina e il rispetto dei suoi tempi.
- Sviluppare la sua fiducia in se stessa e nelle sue capacità.
- Stimolare il suo corpo a fare movimenti semplici.
- Potenziare l'uso della voce.
Nella prima fase abbiamo lavorato con Seana per conquistare la sua fiducia e creare
attorno a lei un contesto gioioso e rassicurante. Seana posta a diretto contatto con il
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pianoforte ascoltava con tutto il corpo le vibrazione della cassa armonica, dimostrando uno
spiccato interesse per la musica e per quello strumento che in breve era diventato il suo
strumento preferito. In questa situazione Seana viveva le sue prime esperienze di ascolto,
accorgendosi allo stesso tempo di essere "ascoltata", di essere al centro della nostra
attenzione.
Attraverso l'improvvisazione, calibravamo ogni piccola espressione facciale di Seana
trasformandola in musica (matching o ricalco), generando una rapport e una situazione in cui
Seana era la "protagonista".
In ultima fase abbiamo utilizzato la struttura ritmica e melodica come gioco, il brano
precostituito era infatti costituito da delle pause che dovevano essere riempite, in breve
tempo era Seana stessa a riempire quelle pause con la sua voce o con il suono del pianoforte
generato da movimenti delle mani poggiate sui tasti del pianoforte.
Dal punto di vista relazionale Seana ha conquistato maggiore autonomia, riesce a parlare,
anche se ancora con alcune difficoltà.
Dal punto di vista corporeo Seana riesce a compiere gesti semplici con le dita e con le
braccia, sperimenta stati di rilassamento e di eccitazione attraverso l'ascolto della musica.
I genitori, dopo essersi trasferiti ad Osimo, lasciando frequentare a Seana le terapie della
Lega del Filo d'Oro come se fosse una scuola a tempo pieno, hanno mostrato un enorme
piacere a vedere la loro figlia sempre sorridente, così come hanno dichiarato durante una
intervista per la rivista "Trilli nell'azzurro", grazie agli interventi terapeutici prestati nel
centro diurno specialmente quelli musicali che apprezza in special modo.
Gli obiettivi futuri della Musicoterapia con Seana sono quelli di migliorare le capacità
motorie attraverso stimolazioni musicali piacevoli e maturare una comunicazione verbale più
ricca.
9.2 Alex
Età: 3 anni
Diagnosi: Sindrome di Charge
Eziologia: Patologia genetica
Nei casi di Sindrome di Charge è sempre difficile constatare quali sono le problematiche
presentate dal neonato, per questo è fondamentale una diagnosi precoce e accurata.
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La prima diagnosi effettuata ad Alex all'ospedale di nascita dichiarava un coloboma 53
bilaterale oltre che una malformazione al canale uditivo interno. Successivamente alla Lega
del Filo d'Oro scoprirono che Alex vedeva abbastanza bene da un occhio.
Lo stato di Alex preoccupava molto i genitori poiché Alex non riusciva a stare seduto, il
contatto corporeo gli provocava dolore ed era per loro estremamente difficile capire cosa il
proprio figlio percepiva del mondo esterno.
In riferimento alla situazione di Alex abbiamo scritto degli obiettivi:
- Superare la paura e la memoria del dolore attraverso il piacere di vivere la scoperta del
proprio corpo.
- Sviluppare delle capacità motorie in special modo dei piedi e delle mani.
- Sviluppare la comunicazione aperta.
Durante la prima fase posizionavamo Alex sopra la cassa armonica del pianoforte, in
condizione di risonanza corporea, egli mostrava di gradire l'avvolgimento della musica nel
suo corpo. In questo stato Alex rievoca le esperienze primarie della "Prima Orchestra"54
affrontando i danni intervenuti nel periodo pre-natale.
Alex accettava di buon grado delle carezze "ritmiche" in questo stato. Le carezze
diventavano veri massaggi che stimolano la muscolatura dorsale a radrizzarsi, facilitando la
respirazione e la scioltezza degli arti.
Nello stato di risonanza corporea uno di noi due musicoterapisti improvvisava per lui
qualcosa al pianoforte mentre l'altro lo facilitava nell'uso di qualche strumento musicale,
sfiorando il dorso delle mani chiuse come richiesta per l'apertura.
In breve tempo Alex ha modificato la sua postura e ora riesce a stare seduto
correttamente, sorride sovente, mostra un riflesso di pressione palmare al contatto con
strumenti musicali allungati quali maracas e sonagli, adora essere abbracciato e coccolato,
riesce a chiamare la mamma attraverso la lingua italiana dei segni.
I genitori di Alex sono meravigliati dei risultati ottenuti dalle terapie, sanno bene delle
difficoltà che dovranno ancora incontrare ma il supporto offertogli dalla Lega del Filo D'oro
li spinge a proseguire.
53
54
Coloboma: malformazione che colpisce una struttura dell'occhio.
Giulia Cremaschi Trovesi, "Il grembo materno. La prima orchestra", Armando Editore, 2013.
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9.3 Gruppo Kalorama
Le cinque persone presenti nel progetto di musicoterapia al centro Kalorama erano:
- Francesco, affetto da sindrome di Usher, 45 anni.
- Rosa, affetta da sindrome rubeolica, 40 anni.
- Silvana, affetta da sindrome da nascita pretermine, 38 anni.
- Silvia, affetta da sindrome da nascita pretermine, 27 anni.
- Anna, affetta da sindrome da nascita pretermine, 43 anni.
Tutti i partecipanti erano ipovedenti e con buoni residui uditivi.
Al mio arrivo nel progetto Kalorama i partecipanti avevano già avuto esperienze analoghe
di Musicoterapia e di altre terapie espressive, il gruppo si presentava già sinergico e coeso,
quasi tutti avevano dimestichezza con lo strumentario Orff e quasi tutti interagivano fra di
loro ad alta voce e senza preoccupazioni di nessun genere. Non posso dire con certezza che
queste caratteristiche del gruppo fossero il risultato del lavoro musicoterapeutico svolto negli
anni precedenti ma sicuramente posso affermare che il laboratorio di Musicoterapia anche da
me svolto è stato accolto da subito con grande eccitazione e determinazione, posso quindi
immaginare che il lavoro passato sia stato di grande interesse e autorealizzazione.
Nelle prime fasi delle sedute è stato fondamentale per me introdurmi all'interno di un
gruppo già organizzato senza sconvolgerne le dinamiche interne e senza allo stesso tempo
divenire una figura assente al gruppo. Per permettere questo ho eseguito dei brani
appartenenti al mio repertorio da musicista che fungevano da "biglietto da visita" o meglio
atto di presentazione al gruppo, che in tutta risposta è stato molto felice ad avermi con loro
nel laboratorio.
Durante il perseguire del percorso ho potuto notare come i partecipanti divenissero ad
ogni incontro sempre più coinvolti emotivamente dalle attività, in particolare rispetto agli
obiettivi prefissati ho notato un miglior sviluppo della immaginazione e della creatività ai
compiti richiesti, una migliore interazione all'interno del gruppo, migliore coordinazione dei
movimenti durante le improvvisazioni musicali e infine un rilassamento dei muscoli del viso
e degli arti.
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10. Conclusione
Durante la mia esperienza alla Lega Del Filo D'Oro ho potuto constatare come la
Musicoterapia sia uno strumento incredibile per la riabilitazione dei sordociechi e
pluriminorati psicosensoriali, la sua efficacia sulla mente/corpo è andata ben oltre le mie
aspettative in una disabilità così complessa.
Durante il percorso mi è capitato spesso di riflettere sul fattore comunicativo: se si
considera che il 7% della comunicazione è efficace per mezzo del linguaggio verbale, che il
38% è efficace per mezzo del linguaggio para-verbale e che il 55% è efficace per mezzo del
linguaggio non verbale; cosa è efficace con chi non può sentire come e cosa dico e allo
stesso tempo non può vedere il mio "non-verbale"?
Attraverso il corpo, le vibrazioni musicali diventano il mezzo con cui un sordocieco
acquisisce una quantità straordinaria di informazioni: il volume, le dinamiche, gli accenti che
il mio strumento musicale emette sotto forma di vibrazioni contengono una quantità
inimmaginabile di informazioni su me stesso e su cosa voglio comunicare, se a questo si
aggiungono le vibrazione emesse dalla mia bocca, l'intonazione, le diverse variazioni di ogni
singola lettera alfabetica, il fenomeno è ancora più esteso.
Considerato che per le persone non sordocieche le parole sono efficaci in particolar modo
grazie all'intonazione e al suono che perturbano le emozioni, la pratica di Musicoterapia, in
cui l'intonazione, i suoni e le vibrazioni sono estese in modo massimale, la risposta emotiva è
molto più profonda di qualsiasi altra comunicazione non espressiva. Proprio per questo, oltre
agli effetti neurologici, la Musicoterapia ha ottimi risultati sul piano relazione.
Durante il percorso è stato inoltre evidente il fattore di influenzamento reciproco: ogni
giorno le sedute di Musicoterapia hanno arricchito i pazienti e non di meno la mia persona a
tal punto che oggi mi sento profondamente cambiato e scrivendo questa tesi guardo con
orgoglio un tassello speciale della mia crescita.
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11. Bibliografia
- Kenneth E. Bruscia, Modelli di improvvisazione in musicoterapia, Ismez Editore,
2011.
- Kenneth E. Bruscia, Defing Music Therapy, Barcelona Publishers, 1998.
- Kenneth E. Bruscia, The dynamics of music psycotherapy, Barcelona Publishers,
1998.
- C. Loriedo, F. Acri, Il setting in psicoterapia, Franco Angeli, 2009.
- Dorling Kindersley, Nuovissima Guida Medica per la salute di tutta la famiglia,
Mondadori, 1983.
- Pio E. Ricci Bitti, Comunicazione e gestualità, Franco Angeli, 1988.
- Howard Gardner, Formae mentis, Feltrinelli, 1988.
- Sara De Carli, Le mie dita ti hanno detto, Vita.
- Mauro Cameroni, L'handicap dentro e oltre, Feltrinelli, 1983.
- Norman Doidge, Il cervello infinito, Ponte alle grazie, 2007.
- Milton H. Erickson, Guarire con l'ipnosi, Astrolabio, 1984.
- Milton H. Erickson, Ernest L. Rossi, Ipnoterapia, Astrolabio, 1982.
- Jeffrey K. Zeig, Milton H. Erickson, Un introduzione all'uomo e alla sua opera,
Astrolabio, 1990.
- Giulia Cremaschi Trovesi, Mauro Scardovelli, Il suono della vita, Armando
Editore, 2005.
- Giulia Cremaschi Trovesi, Musicoterapia, arte della comunicazione, ed.
Scientifiche Magi, 1996.
- Giulia Cremaschi Trovesi, Il corpo vibrante, ed. Scientifiche Magi, 2000.
- T. Wigram, I. Nygaard Pedersen, L. Ole Bonde, Guida generale alla
musicoterapia, Ismez Editore, 2003.
- Paolo Caneva, Songwriting, Armando Editore, 2005.
- R. Bandler, J. Grindler, La struttura della Magia, Astrolabio, 1981.
- R. Bandler, Using your brain for a Change, real people press, 1985.
- Dominique Megglè, Psicoterapie Brevi, Red Edizioni, 1998.
- Erdonmez Grocke, Music: A Mega Vitamin for the brain, M.Heal, 1993.
- Bitcon, C. H., Alike and Difference: The clinical and educational use of OrffSchulwerkm, Santa Ana, 1976.
- Halpern, S., The Music and Sounds that Make Us Whole, Harper and Row, 1985.
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12. Sitografia
- www.levaccinazioni.it, marzo 2015.
- www.malattierare.it, marzo 2015.
- www.fradinoi.it, marzo 2015.
- www.ctrhmonzabrianza.it, marzo 2015.
- www.legadelfilodoro.it, marzo 2015.
- www.aci.it, marzo 2015.
- www.normattiva.it, marzo 2015.
- www.wikipedia.org, marzo 2015.
- www.disabili.com, marzo 2015.
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