L`Impero del fuoco
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L`Impero del fuoco
L’Impero del fuoco Arner Quaderni L’Impero del fuoco Con Banca Arner alla scoperta dei bronzi africani del Benin Arner Quaderni Banca Arner traduce in concreto il proprio impegno istituzionale e sociale per lo sviluppo della cultura come ricerca del dialogo, dell'incontro, dello scambio, proponendo all’attenzione del pubblico diverse forme di espressione artistica alla ricerca di suggestioni e affinità tra il mondo del pensiero e quello della finanza. Negli spazi della sede principale del Gruppo Arner, nella storica Casa Airoldi affacciata sul lungolago di Lugano e sulla centralissima Piazza Manzoni, viene presentata un’ideale galleria di proposte originali e innovative come stimolo per l’approfondimento di caratteri quali ideazione, visione, progettualità, tecnica e intrapresa, matrici comuni alle più intense e proficue conquiste dell’Umanità. Arner Quaderni è la serie di cataloghi illustrati, disponibili gratuitamente, che corredano le esposizioni proposte nelle vetrine dell’Istituto, nel centro della città. Arner Quaderni Opere eccezionali, i famosi ‘bronzi di Benin’ risalgono al XV secolo, quando l'Oba di Benin regnava sul potente Impero di Edo. Sono sculture di squisita fattura che adornavano il palazzo reale di Benin City, nell’attuale Nigeria, che raggiunse il suo splendore tra il XV e XVI secolo. Teste e placche sono in realtà realizzate in ottone, lega di rame e zinco e non in bronzo, rame e stagno, prodotte con la tecnica antichissima e complessa della fusione a cera persa che risale in Benin a circa il 1280, quando fu introdotta dall’Oba Oguola, ma era già presente in Africa sin dall'antico Egitto, oltre che in Mesopotamia e nella dinastia Han in Cina. Le riproduzioni di queste sculture che esigono maestria nella lavorazione della creta e del metallo e il controllo sapiente delle temperature, sono ancor oggi ottenute tramite L’Africa e la sua arte Nel passato, i pochi oggetti africani che giungevano in Europa erano considerati come creazioni di popoli primitivi. Solo agli inizi del 1900, grazie ad artisti quali Vlaminck, Derain, Picasso, Matisse, Brancusi, Modigliani, Gaudier, Braque, Léger, Laurens, Pechstein, SchmidtRotluff, Nolde, l'arte africana ha cominciato a essere riconosciuta come tale. Negli ultimi decenni, il collezionismo di queste opere ha avuto uno sviluppo esponenziale, portando al sostanziale esaurimento degli oggetti rituali d’epoca presenti in Africa. Tuttavia, sopravvivono la tradizione formale e le identiche tecniche antiche nelle cosiddette copie de musée. La produzione di copie fedeli allo spirito e alla morfologia degli originali d’epoca si è sempre più affinata, mantenendo la totale aderenza alla storia, alla bellezza artistica e all'autenticità dei soggetti e del loro stile caratteristico, raggiungendo il livello di vere e proprie creazioni d’arte. La selezione di sculture africane che proponiamo avviene in base a princìpi di validità dal punto di vista etnografico e delle fonti, accuratezza dei materiali e lavorazione tradizionale, salvaguardando espressioni di cultura materiale che altrimenti andrebbero perdute. Gli oggetti sono stati raccolti direttamente in Africa e ogni opera è unica e non riproducibile. La tecnica questa antica tecnica. L'artista prepara e lavora il modello della scultura di cera e lo ricopre con un impasto d’argilla. Dopo l'essiccazione dell'argilla, il metallo fuso viene colato nello stampo. La colata fa fondere la cera che fuoriesce attraverso le aperture praticate dallo scultore. Una volta raffreddato il metallo, la forma di creta viene rimossa e appare l'opera modellata. Queste opere sono pezzi unici, in quanto il modello di cera e il proprio calco di creta vengono distrutti durante la fabbricazione. La tecnica antica è sempre stata tramandata con fervore, tanto che uno degli ultimi sovrani, Oba Eweka II (1914-1933) è stato un valente fabbro. "L'arte è ciò che ci ricorda che eravamo vicini agli dei" Alighiero Boetti 2 3 primi contatti commerciali per lo scambio delle materie prime africane, come avorio, pepe e olio di palma, con i manufatti europei si è abbattuto, tra la metà del Settecento e la metà dell'Ottocento, lo schiavismo, alimentato dagli stessi sovrani locali e dai razziatori e mercanti arabi. Ostili ai culti animistici e attivi nel proselitismo, i musulmani sono all’origine di un’onda iconoclasta che distrusse molte opere d’arte africana. Nonostante le difficoltà, la cultura di Benin continua a svilupparsi con caratteristiche proprie fino alla conquista inglese del 1897. Il quarantenne Oba Ovonramwen, era riuscito a mantenere isolato e indipendente il regno, ma alla fine del XIX secolo cresce la richiesta dell’olio di palma e della gomma, in seguito all’invenzione del pneumatico di John Dunlop. Ralph Moor, governatore del Protettorato britannico della costa del Niger, non intende pagare al re il dazio sulle esportazioni, e il suo inviato a Benin James Phillips viene ucciso con altri otto ufficiali britannici. Questo il casus belli per la spedizione punitiva del 1897, l’anno del Giubileo di diamante della Regina Victoria, campagna che si ritiene verrà finanziata con la vendita dell’avorio nel palazzo reale di Benin. Harry Rawson con 1,200 soldati sconfigge Oba Ovonramwen che fugge, ma presto catturato muore in esilio, mentre Benin viene distrutta da un incendio che devasta i palazzi, ma non i 900 ‘bronzi’ rappresentanti figure umane, animali, dei e scene di corte, venduti in parte a Lagos, altri portati in Inghilterra e venduti sul mercato europeo, specie al British Museum e a Vienna. Così, la fine di Benin e dell’Impero di Edo segna la scoperta, tra ammirazione e stupore, della grandezza e delle capacità espressive dell’arte africana da parte dell’Europa, recepite dalla stessa arte d’avanguardia, come il Cubismo e ispirando a Joseph Conrad il racconto Cuore di tenebra. L’Impero del fuoco Con l'impero del popolo Edo, o Bini, con capitale Benin, tra il XIV-XIX secolo, la civiltà nigeriana raggiunge il suo massimo splendore. L'organizzazione statale centralizzata, una monarchia assoluta con un esercito di funzionari alle dipendenze del sovrano, detto Oba, le città cinte da spesse mura di fango e paglia, edificate dall’Oba Ewuare, attestano di una politica e di una cultura possenti. Su tanto splendore, su una civiltà così strutturata e di lunga durata, dopo i 4 5 Un testo del 1670 del medico olandese Olfert Dapper descrive Benin come una capitale con "diverse porte alte otto o nove piedi e larghe cinque", con un castello quadrangolare "vasto quanto la città di Harlem, suddiviso in tanti splendidi appartamenti" e dotato di "lunghe, bellissime gallerie grandi quanto la Borsa di Amsterdam". Il palazzo reale Eguae è un edificio di legno, la cui superficie esterna è tappezzata da formelle quadrate di ottone tenute sempre lucide che raccontano la storia locale e le vittorie. Le opere più raffinate, grazie anche all’importazione di metalli, vengono eseguite nel regno dell’Oba Esigie, attorno al 1500, che la tradizione vuole portasse con sé il fabbro Ahamman Giwa, da una tribù lontana o forse un tedesco giunto a Ugothon con i primi viaggiatori portoghesi. Ricreando ad altorilievo la vita di corte, scene di caccia, guerre, sacrifici rituali, viaggiatori portoghesi, con le decorazioni del fondo che simboleggiano la creazione del mondo, le formelle offrono la narrazione di una realtà storica, politica e sociale che va oltre il mito orale di cui il re guerriero Esigie è stato un tema prediletto. La rappresentazione delle formelle contiene prospettive divergenti e astrazioni che saranno tenute presenti dall’arte d’avanguardia europea. L’ottone era il materiale favorito dal re divino perché non si corrode né arrugginisce, simboleggiando così la durata e la continuità della monarchia. In origine, il metallo era lucido e rossastro, qualità che esprimevano la potenza e la bellezza dell’Oba. Le formelle ad altorilievo 6 7 Le teste imperiali I cavalieri Le prime teste di ‘bronzo’ di Benin risalgono al XIV - XV secolo. Alla morte dell’Oba la sua testa era mandata a Ife per la sepoltura e, simbolicamente, una testa di bronzo di Ife veniva posta sull’altare degli antenati, con una zanna d’elefante. Alla fine del XIII secolo, l’Oba Oguola di Benin chiese allo Oni di Ife di inviargli un fabbro, Iguegha, per insegnare la sua arte che continuò a svilupparsi con caratteristiche proprie fino alla conquista inglese del 1897. Secondo altre fonti, rappresentano i più valorosi re nemici vinti in guerra le cui teste bronzee erano inviate ai figli come monito sui destini dei regnanti ribelli. La figura del cavallo è presente da secoli nell’arte dell’Africa occidentale, anche se l’animale non è autoctono. Figura mitica straordinaria della mitologia il “cavaliere e il suo cavallo” sono simboli complessi che rappresentano il potere materiale e allo stesso tempo sono un formidabile strumento di guerra. Dal punto di vista metafisico, il cavallo domina il mondo l’universo mortale e spirituale, mostrando la sua forza fisica e morale. Il cavallo era anche ritenuto il primo animale ad essere sceso dall’Arca dopo il diluvio. Particolarmente apprezzati erano i cavalli olandesi. 8 9 Le aste di ferro e ottone asen commemorano i re del passato. Sono altari portatili circolari di bronzo, ferro battuto o argento, sormontati da figure simboliche che attorniano il sovrano, montati su aste fissate a terra dove si tiene la cerimonia, o esposti a corte per affermare la potenza del monarca. Usati soprattutto per le cerimonie di culto, a volte vi è presente la croce o una campana per chiamare gli spiriti. Sull’asen si servono liquidi per dissetare il defunto. Il termine asen deriva dalla parola sé che significa servire, rendere omaggio e designa l'oggetto prima della consacrazione, un asen consacrato si definisce sinuka, zucca usata come coppa. Gli altari ad asta 10 11 Arner e la cultura I valori che sono alla base del modo di essere e di operare di Arner si riflettono anche nel suo interesse per il mondo della cultura che è patrimonio della collettività, e come tale va diffusa, protetta e conservata. Arner interviene in ambito culturale a livelli diversi e con varie iniziative: viene patrocinata l'opera di artisti e ricercatori, collaborando con istituzioni pubbliche e private per lo sviluppo e la divulgazione di progetti culturali. La mostra è stata allestita in collaborazione con Fabrizio Sommaruga, Galleria Nerart, Via Somaini 6, Lugano, www.nerart.com/ Copyright 2007 Edizioni Arner Quaderni Banca Arner S.A. Piazza Manzoni, 8 CH 6901 Lugano [email protected] Telefono +41(0)91 912 62 22 Curatore e testi: Luca M.Venturi Banca Arner S.A. Piazza Manzoni 8, 6900 Lugano, Tel. +41 91 912 62 22 Banca Arner (Italia) S.P.A. Corso Venezia 54, 20121 Milano, Tel. +39 02 303 710 00 www.arnerbank.com