Albania, Bolivia, Burundi, Rep. Dem. Congo, per un totale di 8

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Albania, Bolivia, Burundi, Rep. Dem. Congo, per un totale di 8
(Allegato 2)
SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN
SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO
ENTE
1) Ente proponente il progetto:
FEDERAZIONE SCS/CNOS
NZ00762
2) Codice di accreditamento:
3) Albo e classe di iscrizione:
Nazionale
1°
CARATTERISTICHE PROGETTO
4) Titolo del progetto:
GIOVANI PER I GIOVANI
5) Settore e area di intervento del progetto con relativa codifica:
Settore: Servizio Civile Estero
Area di intervento: Cooperazione ai sensi della L. 49/87
Codice: F03
6) Descrizione del contesto socio politico ed economico del paese dove si realizza il
progetto:
Il presente progetto è realizzato dalla Federazione SCS/CNOS in collaborazione
con il VIS, una ONG italiana riconosciuta idonea dal Ministero Affari Esteri a
svolgere attività di cooperazione allo sviluppo.
Il progetto si realizza pertanto nei seguenti paesi in cui il VIS è presente da vari
anni con progetti più ampi di cooperazione allo sviluppo: Albania, Bolivia,
Burundi, Repubblica Democratica del Congo.
ALBANIA
Contesto geo-politico
L'Albania, paese che si estende per 28.748 kmq, è situata nell'Europa sudorientale,
in una posizione fondamentale sotto il profilo geo-politico, nel cuore dei Balcani
adriatici, ovvero al centro di quegli assi che si stanno sviluppando fra l'Oriente e
l'Occidente europei e attraverso i quali si intende configurare una rete politicoeconomica nel cuore del vecchio continente.
La posizione geopolitica dell'Albania è in grado di spiegare l'interesse suscitato
nella comunità internazionale dalle sue recenti evoluzioni politiche e sociali,
nonché l'ingente flusso di risorse ed aiuti che giungono nel paese dall'estero.
Sebbene, dopo il 1997, il sostegno finanziario e gli investimenti per lo sviluppo
provenienti da donatori bilaterali e multilaterali abbiano subito un calo, l'assistenza
esterna non è mai venuta meno, esplicitandosi in forme diverse ed agendo su settori
e per obiettivi selezionati. Dal 2000 i flussi di aiuti destinati al Paese sono
tendenzialmente aumentati e vedono nuovamente l’Italia come principale donatore
(oltre che partner commerciale).
Il paese giunge alla transizione dopo un lungo periodo di isolamento sotto un
regime totalitario, pervadente ogni piano del pensiero e dell'agire umano. La
centralizzazione di ogni potere e la soppressione di ogni libertà in nome degli
"interessi del popolo" non hanno soltanto impedito il perseguimento dello sviluppo,
ma hanno anche lasciato forti retaggi nel tessuto sociale e culturale.
Dopo una quarantennale dittatura comunista di Henver Hoxha, con le elezioni
politiche del 1992 è stato costituito nel Paese un sistema democratico dando vita ad
una Repubblica parlamentare ad elevato pluripartitismo.
Con le elezioni del 2005, che hanno portato al potere il partito democratico del
Primo Ministro Sali Berisha, il paese sembra aver raggiunto una maggiore stabilità.
Dal punto di vista amministrativo, il Paese è ripartito in 12 prefetture, suddivise in
37 distretti. Dagli ultimi due anni è in atto una forte politica di decentramento, volta
ad accrescere il ruolo politico e le competenze amministrative degli Enti locali.
Anche i programmi di cooperazione, sostenuti e condotti dalla Commissione
Europea e dalle principali Organizzazioni internazionali, tendono a rafforzare
queste politiche di decentramento, così da accelerare il superamento dei retaggi del
sistema centralizzato che caratterizzava l’ancien regime.
Gli indici demografici (1) considerano una popolazione di circa 3.087.000 abitanti,
si basano su stime dei flussi migratori (peraltro assai incerti per la natura
prevalentemente “illegale” dei trasferimenti) e di un tasso di crescita pari a circa
l’1.9%. La piramide per età presenta tutte le caratteristiche di una popolazione assai
giovane, dove il 41.7% è rappresentato dalla fascia 0-19 anni. L'elevata crescita
della popolazione negli ultimi quarant'anni e le sue caratteristiche sono spiegate
dall'alto numero medio di figli per donna negli anni Sessanta (pari a 7, frutto anche
delle politiche demografiche perseguite durante il regime), da una speranza di vita
alla nascita pari nel 2000 a 73.2 (negli anni Novanta, uguale a 74.3 per le donne e
68.5 per gli uomini) e dalla bassa mortalità. I forti flussi migratori, l'introduzione di
1
Le stime si fondano sui risultati preliminari del censimento della popolazione compiuto nel 2001. Cfr.: INSTAT,
Femrat dhe Meshkujt ne Shqiperi. Women and Men in Albania, varie annate; INSTAT, Shqiperia ne Shifra. Albania in Figures,
Tirana, Giugno 2002.
nuovi modelli di pianificazione familiare e gli effetti socio-culturali della
transizione stanno tuttavia conducendo ad una stabilizzazione della popolazione,
secondo i percorsi già seguiti nel resto dell'Europa dell'est.
Contesto economico
Per quanto riguarda l'evoluzione economica del paese, l’Albania risulta ricca di
numerose risorse, non solo materie prime (cromo, rame, petrolio, ecc.), ma anche
risorse paesaggistiche non indifferenti, tutte sfruttabili economicamente, e presenta
pertanto (sotto questo profilo) ampi margini di sviluppo.
Soltanto il 25% del territorio nazionale può essere destinato ad uso agricolo
permanente ed intensivo, poiché la conformazione montagnosa, la variabilità delle
condizioni climatiche all'interno del paese, l'inefficienza del sistema dei trasporti e
delle comunicazioni e tecniche produttive obsolete, consentono attività agricole dai
rendimenti limitati.
Già nel periodo 1994-1996, gli indicatori macroeconomici avevano mostrato netti
miglioramenti, derivanti anche dal sostegno delle più importanti istituzioni
internazionali. Dopo la crisi del 1997 ed il crollo delle piramidi finanziarie è stato
predisposto un programma quadriennale di aggiustamento strutturale (Public
Investment Program, 1998-2001), fondato sull'Enhanced Structural Adjustment
Facility e sullo Structural Adjustment Credit (IMF e World Bank), nonché su
investimenti e risorse provenienti da altre istituzioni internazionali (in particolare,
EBRD e EU).
Sviluppo Umano
Sulla base dell’indice di sviluppo umano dell’UNDP del 2006 (che misura i
risultati medi relativamente alle tre dimensioni basilari dello sviluppo umano –
l’aspettativa di vita alla nascita, l’indice di istruzione e il PIL pro-capite), l’Albania
si colloca al 73° posto della lista stilata dall’agenzia delle Nazioni Unite
comprendente 177 paesi, con un valore dell’Indice di Sviluppo Umano (ISU) pari a
0,784.
Secondo le statistiche ufficiali dell’UNDP, per ciò che riguarda il livello di povertà
in base al reddito, il 25,4% della popolazione vive al di sotto della linea di povertà
e l’11,8% al di sotto della soglia di 2 US$ al giorno.
Su una popolazione totale di 3.100.000 abitanti il 27.6% della popolazione ha meno
di 15 anni.
(Fonte:
Human
Development
Report
2006,
UNDP,
http://hdr.undp.org/hdr2006/statistics/countries/data_sheets/cty_ds_ALB.html).
BOLIVIA
Contesto geo-politico
La Bolivia è uno stato dell'America Meridionale situato nel centro del continente,
senza sbocchi al mare, con un’estensione di 1.098.581 km². La capitale
costituzionale è Sucre, mentre la capitale amministrativa, dove è sita la sede del
Governo, è La Paz. La città più popolata è Santa Cruz de la Sierra, con circa 1,5
milioni di abitanti.
La Bolivia è una Repubblica Presidenziale, con un parlamento bicamerale.
L’attuale Presidente è Evo Morales, in carica dal 2005.
Dal punto di vista politico-amministrativo, il Paese è divisa in 9 dipartimenti
(departamentos - Beni, Chuquisaca, Cochabamba, La Paz, Oruro, Pando, Potosi,
Santa Cruz, Tarija), comprendenti a loro volta 112 province (provincias) e 327
comuni (municipios).
Contesto economico
Per quanto concerne l’economia del paese, uno dei settori di maggiore rilievo
risulta quello dell’estrazione e lavorazione dei minerali. La Bolivia si riconosce
infatti come uno dei principali produttori mondiali di stagno. Altre risorse
minerarie importanti nell’industria locale sono il bismuto, l’antimonio, il tungsteno,
il piombo, lo zinco, il rame, l’argento, l’oro e la bolivianita, gemma unica nel
mondo.
Notevole è anche l’estrazione del gas naturale. Il settore degli idrocarburi
rappresenta la fonte principale delle entrate economiche del paese in quanto la
Bolivia dispone della seconda maggiore riserva di gas naturale di tutta l’America
del Sud - con i suoi 1,35 trilioni di m3 - sebbene le sue quantità non siano ancora
molto competitive a livello mondiale in quanto raggiungono solo l’1% delle quote
internazionali. Il gas naturale si esporta principalmente ai mercati limitrofi del
Brasile e dell’Argentina: dal 1° maggio del 2006 tali riserve non sono più
amministrate da compagnie straniere - Petrobras (Brasil) e Repsol-YPF (SpagnaArgentina) - in quanto il governo le ha capitalizzate attraverso l’industria statale
YPFB. Anche la risorsa petrolio si riconosce come un importante apporto
all’economia del paese con una produzione di oltre 16 milioni di barili annui.
In Bolivia esistono approssimativamente 13.500 imprese, di cui ben il 90% a
gestione individuale e familiare. L’industria boliviana rappresenta il 35% del totale
del prodotto interno lordo (PIL) e conta di: industrie manifatturiere e chimiche,
industrie agroalimentari, industrie per la raffinazione dello zucchero, industrie per
la produzione di articoli in pelle, tabacco, cemento, mobili e vetro. L’80% delle
attività imprenditoriali del paese sono ubicate nelle città di Santa Cruz de la Sierra,
La Paz e Cochabamba.
L’agricoltura ha guadagnato, negli ultimi anni, un gran peso nell’economia della
Bolivia in quanto impiega il 5% della popolazione lavorativa con una rendita del
15% annuale del PIL. I principali prodotti sono: lo zucchero, il riso, la soia, l’olio,
il caffè, la patata, i cereali ed una grande varietà di frutti. Il settore agroindustriale
ha generato un impatto importante nell’industria grazie ai progressi che si sono
raggiunti nel campo tecnico e alla ottimizzazione della produzione e
commercializzazione dei beni agricoli.
Un altro ambito importante ed in crescita per l’economia del paese è il turismo, che
deve la sua rilevanza alla straordinaria varietà paesaggistica e culturale del paese.
Tuttavia, a partire dalla decade degli anni 80, il popolo boliviano ha dovuto
sopportare una delle peggiori crisi economiche, che affonda le sue radici in una
crisi strutturale che ha origini più antiche, nell’esaurimento del modello
d’accumulo strutturato sul settore minerario statale e sull’economia contadina
minifondista.
Queste manifestazioni della crisi si sono ripercosse principalmente nella
diminuzione delle entrate dei lavoratori, congelando i loro salari, e nello stesso
tempo mandando in strada un gran numero di lavoratori sotto la denominazione di
“relocalizacion” stabilita dall’applicazione del modello neoliberale posto in vigore
il 26 agosto del 1985. Questo ha portato come conseguenza immediata lo
sfruttamento della mano d’opera produttiva e la ridistribuzione regressiva delle
entrate, che hanno portato ad un effetto di terziarizzazione dell’economia e al far sì
che la società si sia spostata nel settore informale, diventando questa la forma
principale per generare entrate.
Oggi, il 58.6% delle famiglie boliviane vive in condizioni di povertà, e, pertanto,
che il numero di bambini, bambine ed adolescenti a rischio è in aumento.
Inoltre, il lavoro minorile non regolamentato è un fattore di rischio e presenta
fattori avversi al benessere presente e futuro dei ragazzi. I dati dell’UNICEF del
1995 ci rivelano che in Bolivia un ragazzo su cinque lavora per garantire la
sopravvivenza della sua famiglia. Questi dati sono allarmanti se si considera che
secondo il Censimento del 1992 i 430.826 ragazzi che lavoravano costituivano il
21% della popolazione economicamente attiva. Il 56% di questi ragazzi non erano
mai andati a scuola oppure l’avevano abbandonata a causa dell’esigenze lavorative.
La realtà sociale boliviana è pertanto segnata da:
La presenza di alti indici di povertà;
La mancanza di opportunità d’accesso ai settori produttivi;
La mancanza di spazio negli ambiti decisionali
La povertà è il principale fattore che frena lo sviluppo di un paese.
In Bolivia questa situazione, sebbene non sia nuova, si è acutizzata negli ultimi
anni a causa dell’applicazione di politiche economiche il cui costo sociale è
altamente significativo.
Secondo il Censimento del 2001 solo il 16.6% della popolazione riesce a soddisfare
le proprie necessità primarie. Mentre il 24.8% della popolazione registra livelli di
vita vicini alla soglia di povertà, il 34.2% si trova in situazione di povertà
moderata; il 21.7% in condizioni d’indigenza ed il 2.7% in condizioni di
emarginazione.
Sviluppo umano
La popolazione è di oltre 9 milioni di abitanti (2005). La maggior parte della
popolazione (70%) si concentra nei dipartimenti di La Paz, Santa Cruz e
Cochabamba. Santa Cruz de la Sierra, con 1,5 milione di abitanti è la città più
popolata del paese secondo i dati dell’Instituto Nacional de Estadistica (INE 2006).
Si tratta di una popolazione molto giovane: secondo stime statistiche per il 2007, il
35% degli abitanti ha un’età inferiore ai 15 anni e, tra di loro, un terzo inferiore ai
5 anni; il 60% ha un’età compresa tra i 15 e 59 anni; solo il 5% ha più di 60 anni.
Disgregando i dati, si evidenzia che quasi il 60% degli abitanti hanno meno di 25
anni.
Sulla base dell’indice di sviluppo umano dell’UNDP (che misura i risultati medi
relativamente alle tre dimensioni basilari dello sviluppo umano – l’aspettativa di
vita alla nascita, l’indice di istruzione e il PIL pro-capite – dati aggiornati al 2004),
la Bolivia si colloca all’115° posto della lista stilata dall’agenzia delle Nazioni
Unite comprendente 177 paesi, risultando fra l’altro il paese più povero
dell’America del Sud con un valore dell’ISU pari a 0,692. Inoltre la Bolivia rientra
nella lista dei 40 HIPCs (Heavily Indebted Poor Countries – Paesi Poveri Più
Indebitati) della Banca Mondiale. La popolazione - ancora fortemente legata ai
valori e alle tradizioni di antiche civiltà e radicate culture indigene - soffre a causa
di una pesante crisi sociale legata al basso livello economico.
Secondo le statistiche ufficiali dell’UNDP aggiornate al 2004, per ciò che riguarda
il livello di povertà in base al reddito, il 42,2% della popolazione vive al di sotto
della soglia di 2 US$ al giorno ed il 23,2% al di sotto della soglia di 1 US$ al
giorno. I più colpiti da questa situazione illustrata sono i bambini e gli adolescenti,
costretti a cercare un lavoro per aiutare la propria famiglia e poter sopravvivere.
Come poc’anzi anticipato, il 35% della popolazione ha meno di 15 anni; questa
percentuale comprende un elevatissimo numero di bambini che lavorano in
condizioni precarie e di sfruttamento, che vivono praticamente nella strada e che
rappresentano un’importante forma di sostegno per le famiglie boliviane. Il lavoro
minorile contribuisce a circa il 21% delle entrate familiari.
(Fonte:
Human
Development
Report
2006,
UNDP,
http://hdr.undp.org/hdr2006/statistics/countries/country_fact_sheets/cty_fs_BOL.ht
ml).
BURUNDI
Contesto geo-politico
Il Burundi ha una popolazione di 6.221.000 abitanti (1996) e una superficie di
27.834 Kmq.
Il territorio è un altopiano appena ondulato, che digrada dai 2000 ai 1000 metri
verso est. Il clima tropicale consente la crescita della foresta nelle zone più elevate;
la savana domina nella zona centrale, più calda ed asciutta.
Da cinque secoli il paese vive un conflitto etnico ed economico tra gli hutu – la
maggioranza - e i tutsi, per il quale ci sono stati almeno cinque grandi genocidi che
hanno colpito l’una e l’altra etnia.
In particolare ricordiamo il genocidio iniziato nel 1994, a seguito delle prime
elezioni multipartitiche. Nel 2000 ad Arusha sono stati firmati accordi di pace che
prevedevano un governo di coalizione nazionale e di transizione della durata di tre
anni per preparare la ripresa democratica ed economica del paese. Di questi
trentasei mesi, diciotto dovevano essere affidati al presidente di un'etnia con un
vicepresidente dell'altra, poi ci sarebbe stata l'alternanza.
Le violenze comunque continuavano e nel 2003 è ripreso il conflitto, seguito da un
nuovo accordo di pace, firmato in ottobre. Nel marzo 2005 con un referendum
veniva approvata la nuova Costituzione. In luglio si svolgevano le elezioni
legislative, che venivano vinte dalle Forze per la difesa della democrazia (Fdd).
Successivamente veniva nominato capo dello Stato Pierre Nkurunziza, leader
dell'Fdd.
Oggi, benché la situazione politica non sia così nettamente lacerata come in
Rwanda, la bipolarizzazione etnica continua ad influire pesantemente sullo
sviluppo del paese.
Contesto economico
L’economia è basata sull’agricoltura: si producono miglio, sorgo, patate, manioca,
fagioli e banane nelle aree pianeggianti; cotone, fagioli, caffè e tabacco sulle alture.
Il Burundi non è un paese molto industrializzato. L’ingresso di divise estere
dipende per la maggior parte dall’agricoltura, e principalmente da un solo prodotto,
il caffè, che costituisce l’’85% delle esportazioni. La ristrettezza del territorio
rispetto ad una popolazione sempre crescente e la modalità di coltivazione legate ai
metodi tradizionali, fanno sì che per i piccoli coltivatori l’agricoltura garantisca a
malapena i prodotti per l’autoconsumo.
Il Paese infatti è densamente popolato (la densità all’interno è di più di 180 abitanti
per kmq e al Nord del Burundi a ngozi, kayanza, Kimbo è di 400 abitanti per kmq.)
e per nutrirsi ha espanso le aree destinate alla produzione agricola fino alla metà
degli anni ottanta, quando praticamente tutta la superficie arabile era utilizzata.
Oggi, la dimensione media di una fattoria è di mezzo ettaro, e poiché la terra è
trasmessa agli eredi maschi, la dimensione degli appezzamenti sta diminuendo.
L’abitudine di tenere alcuni terreni a maggese è di fatto scomparsa, il concime
animale è scarsamente disponibile, poiché molte fattorie sono troppo piccole per
produrre nutrimento per il bestiame, e i raccolti sono diminuiti. Le persone
possiedono troppa poca terra per poter nutrire i propri figli, anche a causa della
sterilità di quest’ultima (infatti, in certe regioni del Paese è costante la minaccia di
carestia).
Sviluppo umano
Il Burundi è uno dei paesi più poveri del mondo e uno dei più abitati d’Africa, con
una popolazione di circa 7,3 milioni di abitanti su una superficie di 27.834
chilometri quadrati.
Il Burundi occupa la 169° posizione nell'indice di sviluppo umano (ISU) su 177
paesi, con un indice pari a 0.384 (Rapporto UNDP sullo sviluppo umano 2006).
Per ciò che riguarda il livello di povertà in base al reddito, l’87,6% della
popolazione vive al di sotto della soglia di 2 US$ al giorno e il 54,6% al di sotto
della soglia di 1 US$ al giorno.
La percentuale della popolazione al di sotto dei 15 anni è di 45,5 e si stima che nel
2015 tale percentuale raggiungerà il 46,4%.
(Fonte:
Human
Development
Report
2006,
UNDP,
http://hdr.undp.org/hdr2006/statistics/countries/data_sheets/cty_ds_BDI.html).
Il costo sociale e umano della guerra civile in Burundi è drammatico. In poco meno
di dieci anni, tutti gli indicatori di sviluppo umano della popolazione sono regrediti,
portando il paese a una situazione peggiore rispetto a venti anni prima.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
Contesto geo-politico
La Repubblica Democratica del Congo (ex Repubblica dello Zaire dal 27 Ottobre
1971 al 17 Maggio 1997) è uno stato situato nell'Africa Centrale. È situato a
cavallo dell'Equatore, un terzo circa del territorio si trova a nord mentre i rimanti
due terzi si trovano a sud dell'Equatore.
Confina a nord con la Repubblica Centro Africana per 1.577 km, a nord-est con il
Sudan per 628 km, a est con l'Uganda (765 km), il Ruanda (217 km), il Burundi
(233 km) e la Tanzania (459 km), a sud con lo Zambia (1.930 km) e l'Angola (per
2.511 km 225 dei quali sono i confini con l'exclave angolana di Cabinda) e a nordovest con la Repubblica del Congo (2.410 km).
La Repubblica Democratica del Congo ha una superficie di 2.345.410 km 2, 77.810
dei quali sono acque interne. È il 12° stato al mondo per superficie (poco più
grande della Groenlandia e circa 8 volte l'Italia).
Caratteristica peculiare della Repubblica Democratica del Congo è la presenza di
una vasta area di depressione che occupa tutta la parte centrale del paese compresa
nel bacino del Congo e ricoperta di foresta tropicale. Su tutti i lati il bacino è
delimitato da altopiani che raggiungono i 500/1000 m s.l.m. e si elevano dalla
depressione creando dei gradoni intervallati dai corsi dei fiumi tributari del Congo.
A sud si trovano i monti Shaba e le montagne del Katanga. A sud e a est le
montagne raggiungono i 1200 m s.l.m. (monti Mitumba e Kundelungu a sud e la
dorsale centrafricane e i vulcani Virunga a est) queste aree sono ricche di rame e
uranio. Il punto più elevato del paese è il monte Ruwenzori situato al confine con
l'Uganda, in questo massiccio il Margherita Peak raggiunge i 5.190 m s.l.m.
La storia di questo paese, grande come un quarto dell'Europa, è segnata da
numerosi conflitti finalizzati spesso al controllo delle immense risorse naturali di
cui dispone: oro, diamanti, uranio, cobalto, rame e coltan (columbite-tantalite,
metallo utilizzato nella telefonia cellulare e per le componenti informatiche), legno
pregiato e gomma arabica.
Sfruttato prima dalla colonizzazione belga, poi dalla trentennale dittatura di Sese
Seko Mobutu (1965-1997) quindi, a partire dagli anni '90, invaso dagli eserciti dei
paesi vicini e da bande mercenarie che hanno sostenuto e alimentato la guerra civile
e gli scontri tra le componenti etniche delle province frontaliere.
Il conflitto in corso nella Repubblica Democratica del Congo è il più sanguinoso
dai tempi della Seconda guerra mondiale e, anche a causa del gran numero di
eserciti dei paesi limitrofi che ha coinvolto, è stato definito "Guerra mondiale
africana". Nonostante i primi accordi di pace firmati nel 1999, i conflitti hanno
avuto il loro apice tra il 1998 e il 2002, causando oltre 3,3 milioni di morti e circa 3
milioni di sfollati.
La maggior parte delle vittime sono civili, di esse i bambini, che costituiscono oltre
il 50% della popolazione congolese, sono l'assoluta maggioranza.
Molti di loro sono morti a causa dei combattimenti, ma un numero certamente
maggiore è deceduto per fame, malattie, mancanza d'acqua e d'ogni tipo
d'assistenza medica e sociale: cause che sarebbero facilmente evitabili in situazioni
di pace e di stabilità economica.
Nell'aprile 2002, è stata raggiunta un'intesa con il Ruanda e l'Uganda, cui sono
seguiti gli accordi di pace firmati a Sun City l'anno successivo che hanno liberato il
paese dagli eserciti limitrofi.
Contestualmente, un accordo di pace interno ha posto fine alla guerra civile nel
paese e insediato un governo di transizione che ha realizzato un nuovo testo
costituzionale approvato
per
via
referendaria
nel
dicembre
2005.
Questo ha posto le premesse per la realizzazione di elezioni democratiche.
Se dal 2003 nelle regioni centro-occidentali della Repubblica Democratica del
Congo si è raggiunta una relativa stabilità, nelle zone frontaliere nord-orientali e
settentrionali, invece, permane una forte insicurezza che continua a degenerare, a
fasi alterne, in una vera e propria guerra aperta con gravissime violazioni dei diritti
umani e violenze efferate a danno dei civili, tra cui le più soggette sono le donne.
Come risposta all'emergenza, il 30 maggio 2003 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU
ha autorizzato l'intervento di una forza multinazionale di pace a Bunia, nel NordEst e, dal 1° settembre 2003, l'invio di 10.800 caschi blu Missione dell'ONU per il
Congo (MONUC) dispiegati in Ituri, nel nord Kivu e nel Sud Kivu.
La presenza dei caschi blu ha reso le condizioni di sicurezza relativamente stabili
fino al dicembre 2004, quando la situazione in quelle regioni è nuovamente
precipitata. Da allora continuano a svilupparsi gravi focolai di tensione a fasi
alterne, ancora non definitivamente controllabili.
Situazione economica
La Repubblica Democratica del Congo è stata spesso considerato il paese
strategicamente più importante di tutta l’Africa, sia perché è il quinto paese del
continente per popolazione, sia perché ha nel suo territorio immensi depositi di
oro, diamanti e altre preziose risorse, concentrate nella maggiore densità del
mondo.
Attualmente si stima che circa 16 milioni di persone, un terzo della popolazione,
necessitino di assistenza alimentare. Secondo dati del Programma Alimentare
Mondiale, 11 bambini al giorno muoiono per denutrizione. Anche al di fuori delle
situazioni di stretta emergenza, la disoccupazione, l’assenza di reddito, la netta
riduzione del mercato e delle transazioni commerciali, la penuria generalizzata di
beni, ha portato gran parte della popolazione ad una condizione di drammatica
povertà.
Poche scuole sono in grado di garantire un insegnamento ad un livello accettabile e
una didattica a tempo pieno. Gli stipendi degli insegnanti sono di importo irrisorio
e vengono pagati sistematicamente in ritardo, cosicché la maggior parte di loro
sciopera per i tre quarti dell’anno scolastico. Questi scioperi non hanno carattere
rivendicativo, ma permettono agli insegnanti di svolgere un altro lavoro per
provvedere alla propria famiglia. I salari medi sono talmente bassi che anche chi ha
la fortuna di trovare ancora lavoro, deve utilizzare tutto il suo reddito per sopperire
ai bisogni primari della famiglia: questa situazione finanziaria si ripercuote
gravemente sul livello di scolarizzazione dei bambini, poiché la stragrande
maggioranza delle famiglie non può pagare gli studi ai propri figli.
Sviluppo umano
La Repubblica Democratica del Congo ha una popolazione di circa 55.9 milioni di
abitanti di cui il 47,2% ha meno di 15 anni.
Occupa la 167° posizione nell'indice di sviluppo umano (ISU) su 177 paesi, con un
indice pari a 0.391 con un peggioramento dell’ISU a partire dagli anni 1990, in
concomitanza con la guerra che ha visto coinvolto questo paese.
(Fonte:
Human
Development
Report
2006,
UNDP,
http://hdr.undp.org/hdr2006/statistics/countries/data_sheets/cty_ds_COD.html).
7) Descrizione del contesto territoriale e/o settoriale entro il quale si realizza il progetto
con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori misurabili:
ALBANIA
QUADRO SETTORIALE E TERRITORIALE
La città di Tirana
Secondo recenti stime, condotte dalla World Bank per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione, la capitale albanese è passata negli ultimi cinque anni da 543.800 a
722.000 abitanti, registrando tassi di crescita compresi tra il 4 e il 6.5%. Ciò ha
aumentato la densità della popolazione e ha esteso enormemente la cintura urbana,
fino a comprendere aree precedentemente destinate a uso industriale o agricolo,
annettendo villaggi e cittadine limitrofe (ormai si parla infatti della Grande Tirana).
L’enorme sviluppo urbanistico è stato non pianificato, indiscriminato e caratterizzato
dall’assoluta illegalità nell’appropriazione delle terre, nella costruzione degli edifici e
negli accessi alle opere d’urbanizzazione, qualora queste risultassero disponibili (in
particolare, corrente elettrica e acqua). Solo negli ultimi anni, le Istituzioni nazionali
e locali stanno gradualmente risistemando l’assetto della proprietà, legalizzando e
regolamentando le aree di recente insediamento.
Quartiere di Breglumasi
Nella zona di Breglumasi, che si estende attorno ad un fiume ed è delimitata dalla
cintura ferroviaria e dai nuovi insediamenti di Bathorë, Institutë e Kassal e dove è
forte è la presenza anche della minoranza etnica Rom, risiedono oltre 10.000 abitanti,
dei quali oltre il 50% ha un età inferiore ai trent’anni e più del 16% meno di sette.
L’area dal 1991 fu interessata dalle migrazioni di popolazione proveniente dal nord
dell’Albania, dai distretti di Tropojë, Pukë, Mirditë, Dibër e Lezhë.
Il VIS Albania
Il VIS Albania opera, gestisce e coordina le seguenti strutture e iniziative all’interno
del quartiere di Breglumasi, periferia di Tirana.
•
•
Centro diurno per bambini a rischio di abbandono scolastico o con gravi
problemi di apprendimento, appartenenti a famiglie in situazione di estrema
poverta’. La struttura ospita attualmente 22 bambini, di età compresa trai 6 e i
14 anni, molti dei quali appartenenti alla comunità Rom. All’interno del
Centro vengono svolte attività di sostegno scolastico, educative e formative,
volte a consentirne il recupero e il reinserimento sociale
Centro di aggregazione giovanile. La struttura ospita attività formative e
ludico-ricreative per bambini e per giovani. La struttura è aperta dal lunedi al
giovedi durante il pomeriggio per tre ore. In inverno dalle ore 15.00 alle ore
18.00, in estate dalle ore 17.00 alle ore 20.00. Inoltre la Domenica le attività
si svolgono dalle ore 12.00 alle ore 14.00, dopo la fine della messa
domenicale. All’interno del Centro vi è un operatore sociale impiegato a
tempo pieno. Le attività vengono coordinate dal volontario VIS Albania in
loco.
•
Giornale di Breglumasi. La redazione costituita 4 persone rappresentative
della comunita’ di Breglumasi, cura la stesura e pubblicazione del giornale
“La Nostra Voce” (Fjala Jonë), attualmente stampato in 700 copie. Il
progetto consente la stampa del giornale, che rappresenta un efficace foglio di
collegamento e un condiviso strumento di dialogo e confronto sui problemi e
sugli eventi della comunità.
•
Il VIS opera anche in un villaggio, Kassal, ubicato a 30 km di distanza dalla
capitale, in collaborazione con una ong locale, Shkej, nata ad opera degli
stessi volontari del VIS. Nel 2003 sono cominciati i lavori per la costruzione
di un asilo. Le attività sono cominciate nel Novembre dell’anno successivo
(2004). Contemporaneamente, a partire dal Settembre 2005, si svolgono
all’interno della struttura stessa, attività di animazione per giovani e bambini.
BOLIVIA
QUADRO SETTORIALE E TERRITORIALE
La città di Santa Cruz de la Sierra e la situazione dei minori
Il municipio di Santa Cruz de la Sierra è ubicato geograficamente nella parte
orientale del paese; è capoluogo dell’omonimo dipartimento e della provincia di
Andrés Ibáñez, che è il più esteso della Bolivia (oltre 370.000 km²). La città
rappresenta il nuovo centro economico nazionale ed ha recentemente registrato un
discreto sviluppo nei settori dei servizi pubblici, delle industrie (locali e straniere),
delle telecomunicazioni, di hotel e banche.
Il Proyecto Don Bosco (PDB) e le sue strutture
In questo contesto, attraverso l’opera della controparte locale salesiana, nasce il
Progetto Don Bosco (PDB), organizzato in differenti strutture e tappe per
l’accoglienza ed il recupero dei ragazzi di strada (Niños/as, Adolescentes y Jovenes
en Desventaja Social - NAJ-DS, Bambini/e, Adolescenti e Giovani in situazioni di
disagio sociale).
Le strutture del Proyecto Don Bosco sono complessivamente 7: Techo Pinardi; Patio
Don Bosco; Granja Moglia; Hogar Don Bosco; Mano Amiga, Casa Miguel Magone e
Barrio Juvenil.
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Techo Pinardi è il centro di accoglienza notturno, la porta di entrata dei
ragazzi di strada a cui è data la possibilità di trascorrere la notte quando lo
desiderino, nella quale gli si offre un’accoglienza affettuosa e tranquilla, la
possibilità di accedere a servizi igienici e sanitari, il servizio di lavanderia,
una cena calda, attività ludiche, ricreative e laboratori educativi, un letto dove
dormire protetti dai pericoli della strada ed un’abbondante colazione per
affrontare la giornata.
Patio Don Bosco è il centro di accoglienza diurno per i ragazzi che decidono
di non tornare sulla strada e a cui viene proposto un percorso di formazione
ed animazione: i ragazzi vengono educati alla convivenza e al rispetto
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dell’altro; vengono responsabilizzati attraverso la collaborazione nello
svolgimento di piccole attività domestiche ed il rispetto degli orari e della
condotta; vengono sensibilizzati sulle pratiche quotidiane igienico-sanitarie;
sono supportati psicologicamente da personale specializzato con l’obiettivo di
superare i problemi e abbandonare l’uso di droghe; possono praticare sport;
possono ricevere sostegno scolastico ed una formazione professionale nei
laboratori di artigianato, falegnameria e meccanica/saldatura.
Granja Moglia è il centro di recupero in cui ai ragazzi viene offerta la
possibilità di dedicarsi allo studio e al sostegno di piccole attività condotte
nello stesso quali la coltivazione dell’orto e l’allevamento di alcuni animali.
La struttura riproduce la convivenza di un nucleo familiare attraverso il
lavoro quotidiano con orari specifici, l’opportunità di svolgere lo studio
scolastico, appoggiati dai loro educatori, eseguire attività ludiche e ricevere
un supporto psicologico sia in gruppo, alternando laboratori psicosociali a
dinamiche sull’autostima, sia in forma individuale incoraggiando un clima di
rispetto, tolleranza e comunicazione.
Hogar Don Bosco (per i ragazzi di 6-18 anni) offre un’educazione integrale,
in quanto ha organizzato e avviato classi per l’intero ciclo scolastico (scuola
primaria e secondaria) ottenendo il riconoscimento di scuola parificata a
livello statale. La struttura offre anche la possibilità di svolgere delle attività
presso i laboratori (di meccanica e saldatura e di produzione di detersivi),
aperti sia agli studenti della scuola che a ragazzi che frequentano gli altri
centri.
Mano Amiga (per i ragazzi di 6-15 anni) lavora con ragazzini orfani,
abbandonati e in situazione di grave rischio fisico-morale sino alla
risoluzione dei problemi. L’azione svolta da questa struttura ha una finalità
preventiva, volta ad evitare che i ragazzini, una volta usciti dal centro,
possano ricadere nelle difficoltà della strada.
Casa Miguel Magone e Barrio Juvenil (rispettivamente per i ragazzi di 14-18
anni e di età superiore a 18 anni) accolgono adolescenti e giovani offrendo
loro una casa dove vivere e preparandoli al reinserimento nella società
attraverso lo studio e la possibilità di frequentare e di lavorare in laboratori
tecnici (giardinaggio in entrambe e falegnameria a Barrio Juvenil – questa
possibilità è offerta anche ai ragazzi degli altri centri). Inoltre ai ragazzi che
svolgono una professione si propone, nel Barrio Juvenil, di contribuire alle
spese domestiche con l’obiettivo di responsabilizzarli e prepararli a vivere in
maniera indipendente ed autonoma.
BURUNDI
QUADRO TERRITORIALE E SETTORIALE
La città di Bujumbura
La città di Bujumbura è situata nella valle dell’Imbo (Rusizi), ai piedi del grande
lago Tanganika, a 600 m d’altitudine. Il 52% degli abitanti della città è formata da
giovani con meno di 20 anni, specchio della popolazione del paese.
La città di Bujumbura è sorta nel 1897, nel periodo di presenza dei colonizzatori
tedeschi; alla fine della seconda guerra mondiale, con la ricostruzione dell’Europa e
la ripresa dell’economia mondiale, i Belgi, subentrati ai precedenti colonizzatori,
hanno dato avvio, a partire dal 1950, ad un piano di sviluppo del territorio, che ha
concentrato nella capitale burundese diverse realtà imprenditoriali.
Il comune di Buterere
Il comune di Buterere, con una estensione di 2.300 ettari, è il più vasto della capitale
ed uno fra i più popolati. Situato a Nord della capitale, verso l’aeroporto, comprende
9 quartieri.
All’inizio Buterere era considerato come un luogo in cui confluivano tutte le
immondizie della capitale. In occasione dei tragici eventi del 1993, il comune si è
svuotato della maggioranza della popolazione, che si è spostata verso altri quartieri
della capitale e anche nei paesi vicini, lasciando dietro a sé un comune totalmente
distrutto.
Oggi gli sfollati e i rifugiati ritornano progressivamente nelle loro case, nonostante la
povertà delle condizioni. Attualmente il comune contra tra 33.000 e 35.000 abitanti.
Il comune resta tra gli ultimi comuni della capitale in termini di strade, acqua
potabile, elettricità, luoghi di approvvigionamento e infrastrutture.
E’ spesso soggetto ad intemperie atmosferiche, quali vento violente e l’esondazione
del fiume Mutimbuzi.
Dal punto di vista dell’aggregazione giovanile esistono due centri:
Il centro « Umubano », creato dalla JRS, una ONG. Si tratta di un centro di
formazione ai mestieri con corsi di recupero per i giovani tra i 9 e i 12 anni, dove
imparano a scrivere e leggere prima di essere integrati nelle scuole primarie.
La Cité des jeunes Don Bosco, centro nel quale si realizzano le attività del presente
progetto.
Dal 1996, i salesiani, hanno dato il via ad interventi socio-educativi a favore delle
fasce più disagiate della popolazione giovanile.
Nel 2000 è stata creata la « Cité des jeunes », un centro che offre alle ragazze ed ai
ragazzi poveri o in situazione di disagio sociale, abitanti nel quartiere e nelle zone
limitrofe, opportunità di aggregazione e di formazione in un contesto con forte
valenza educativa, nel quale essi possono trovare:
- occasioni ed ambienti di incontro e di socializzazione;
- percorsi educativi e di promozione umana;
- attività sportive, ricreative e culturali.
E inoltre:
- corsi di formazione professionale, in aderenza alle capacità dei giovani ed alle
richieste del mercato;
- azioni di supporto rivolte alla loro collocazione occupazionale, così da agevolare
ed accompagnare il loro inserimento nel mondo del lavoro e nel contesto socioeconomico in generale.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
QUADRO TERRITORIALE E SETTORIALE
La città di Goma e il quartiere di Ngangi
Goma si trova nella parte est della Repubblica Democratica del Congo, nella
tristemente conosciuta regione dei grandi laghi, scenario di una di quelle guerre che
sono state definite “guerre dimenticate” che qui ha causato la morte di più di 4
milioni di persone negli ultimi 10 anni.
Le ragioni dell’insicurezza e della morte sono incomprensibili per la gente semplice,
che vuole vivere in pace, infatti, il motore del conflitto sono la ricchezza dei minerali
e gli interessi strategici.
Nel 1994, a seguito del genocidio perpetrato in Rwanda a danno dell’etnia Tutsi e del
conseguente contrattacco da parte delle forze ribelli provenienti dall’Uganda, si
ingenerò un massiccio spostamento di rifugiati verso la città di Goma (tra il 13-14
Luglio 2004 si stima che siano passate tra le 10.000 e le 12.000 persone per ora).
Questa marea umana raggiunse nella zona il numero approssimativo di un milione e
si situò in campi profughi nei pressi della città, dando luogo ad una grave crisi
umanitaria, data la mancanza di riparo, cibo ed acqua (una terribile epidemia di
colera causò la morte di migliaia di rifugiati Hutu).
Furono proprio i campi profughi attorno a Goma a fare da miccia per lo scoppio della
prima guerra del Congo, dato che, a seguito delle operazioni di guerriglia perpetrate a
partire dai suddetti campi ai danni del Rwanda, Laurent Kabila poté approfittare per
ottenere l’appoggio del Rwanda e dell’Uganda alla sua ribellione contro il governo
Mobutu.
Il Centro Don Bosco
•
•
Il Centro fu avviato dalla comunità salesiana dell’Istituto Tecnico Industriale di
Goma (ITIG) nel 1988 per rispondere ai bisogni dei giovani e per fare attività
sportive..
Oggi il Centro apre le sue porte ogni giorno a c.a. 1800 bambini in difficoltà,
orfani, bambini che vivono sulla strada, bambini soldati, bambini accusati di
stregoneria e bambini comunque lontani dalle loro famiglie. Molti di questi
bambini sono orfani o vengono della strada; nel Centro trovano un posto dove
dormire, ricevono cibo, cure mediche e soprattutto un'educazione scolastica e una
formazione professionale gratuite, che li aiuterà nella vita.
Possiamo distinguere tre categorie di bambini:
Gli interni: c.a. 250 bambini tra 1 e 16 anni, ragazze e ragazzi. Fra questi ci
sono quelli cosiddetti “in transito”, perché di essi si stanno cercando le
famiglie. Gli altri sono orfani di padre o di madre o molte volte di entrambi i
genitori. Tutti gli interni vivono nel centro dove mangiano tre volte al giorno,
dormono, hanno da vestirsi, si lavano e frequentano la scuola.
I bambini in transito sono in media tra 80 e100 per mese. Sono accolti nel
Centro in collaborazione con la CICR (Croce Rossa Internazionale) che si
occupa della riunificazione famigliare.
Gli "amido" (semi-interni): mediamente 1000 bambini che vivono
principalmente in strada: sono stati abbandonati dalla famiglia o vivono in
famiglie ad alto rischio (uno dei genitori è morto, divorziato, ha problemi con
l'alcool...). Essi non dormono nel Centro ma per loro le porte sono sempre
aperte. La sera tornano a casa o nelle famiglie che li hanno accolti. Molti di
loro vengono regolarmente a seguire i corsi, molti vengono quando hanno
bisogno di mangiare, di lavarsi, di andare in infermeria o per altri problemi.
Gli esterni: più de 500 bambini e giovani provenienti da famiglie "normali"
ma povere per via della guerra e per le conseguenze dirette di questa (miseria,
disoccupazione...), o per i disastri naturali. Questi bambini non hanno la
possibilità di andare a scuola per ragioni meramente economiche, in tal senso
il Centro gli copre le spese scolastiche. Al Centro trovano da mangiare e
ricevono tutta l’assistenza di cui hanno bisogno.
8) Obiettivi del progetto:
OBIETTIVO GENERALE PROGETTO
Il presente progetto ha l’obiettivo generale di tutelare e promuovere l’infanzia e la
gioventù a rischio.
OBIETTIVI SPECIFICI
In riferimento all’ obiettivo generale, si individuano alcuni obiettivi specifici legati
ai paesi di realizzazione del progetto. In particolare:
ALBANIA
Obiettivo specifico
Offrire ai minori e ai giovani del quartiere di Breglumasi opportunità di
promozione e di reinserimento sociale.
BOLIVIA
Obiettivo specifico
Contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei minori e dei giovani
in condizioni di grave disagio sociale.
BURUNDI
Obiettivo specifico
Contribuire alla promozione umana, sociale e culturale dei minori a rischio e
in situazione di disagio sociale nel quartiere di Buterere.
REP.DEM.CONGO
Obiettivo specifico
Offrire ai minori e ai giovani in situazione di disagio sociale opportunità di
crescita e formazione.
9) Descrizione del progetto e tipologia dell’intervento che definisca dal punto di vista sia
qualitativo che quantitativo le modalità di impiego delle risorse umane con
particolare riferimento al ruolo dei volontari in servizio civile:
I progetti di cooperazione allo sviluppo del VIS nei Pesi poveri sono quasi
esclusivamente di tipo educativo, basati sull’accoglienza e il recupero e il
reinserimento sociale dei minori a rischio e in difficoltà.
I volontari in servizio civile s’inseriscono, attraverso attività di animazione
giovanile e sociale, in azioni e programmi educativi e formativi più ampi, ai quali
contribuiscono, nel settore specifico, con le loro conoscenze, competenze e
ricchezza umana in ogni paese d’intervento.
Le conoscenze e le competenze dei volontari in servizio civile infatti, unite alla
testimonianza di vita e al lavoro d’équipe, permettono la creazione di un ambiente
familiare in cui il gioco diviene uno strumento educativo e formativo per i bambini e
i giovani a rischio e in condizioni di disagio, in vista di un loro percorso di recupero
e reinserimento sociale.
La definizione specifica dei compiti, dei tempi e delle modalità di attuazione delle
attività, saranno valutate e definite con il capoprogetto, con il settore progetti e con
il settore volontari della sede VIS di Roma, tenendo presente le esigenze peculiari
della realtà d’azione e prevedendo una gradualità legata al progressivo inserimento
del volontario.
9.1 Piani di attuazione previsti per il raggiungimento degli obiettivi
Gli obiettivi previsti dal progetto, saranno realizzati in un arco di tempo diviso in 5
fasi:
- Prima fase: Formazione pre-partenza
- Seconda fase: partenza e primo inserimento in servizio
- Terza fase: verifica intermedia
- Quarta fase: pieno inserimento e operatività
- Quinta fase: verifica finale
1. PRIMA FASE: formazione pre-partenza.
Si svolge in Italia durante il 1° mese di servizio. Ai volontari vengono fornite
indicazioni sulla legge che regolamenta il servizio civile, sulla procedure da
adempiere, sui tempi e sulle modalità di servizio. Contemporaneamente, i volontari
ricevono una formazione rivolta alla conoscenza dell’Organismo, dei Paesi e dei
progetti in cui andranno ad inserirsi, con particolare riferimento agli strumenti e alle
metodologie di lavoro. Una parte della formazione riguarderà al conoscenza
dell’articolazione e delle peculiarità della Congregazione Salesiana, controparte in
loco di tutti i progetti del VIS e la conoscenza del sistema preventivo di Don Bosco,
applicato, come metodologia educativa, in tutti i progetti di sviluppo rivolti ai
minori.
2. SECONDA FASE: partenza e primo inserimento in servizio
Si svolge dal 1° al 3° mese di servizio e prevede l’inserimento nel paese di servizio,
guidato dall’OLP con la collaborazione dei volontari VIS in loco e della comunità
salesiana. In questa fase è prevalente l’aspetto formativo, di ambientamento e di
orientamento, necessari per avere una visione d’insieme del contesto, del progetto,
delle attività e dei possibili compiti specifici.
3. TERZA FASE: verifica intermedia
Si svolge in Italia, durante il 4° mese di servizio. Dopo tre mesi d’inserimento nel
paese di servizio, i volontari rientrano in Italia per una verifica intermedia del primo
periodo passato all’estero. Questa fase è necessaria per valutare insieme i compiti e
le mansioni da svolgere all’interno della attività previste per ogni sede e per far
emergere eventuali difficoltà di ambientamento e di inserimento, legate al
particolare contesto di servizio.
4. QUARTA FASE: pieno inserimento e operatività
Si svolge in loco dal 4° al 11° mese di servizio.
Dopo la verifica intermedia, i volontari rientrano nel paese di servizio con un piano
di lavoro circoscritto e ben definito, da attuare per i successivi 7 mesi di servizio. E’
pertanto previsto il loro pieno inserimento e operatività nelle attività specifiche.
5. QUINTA FASE: verifica finale
Si svolge in Italia al 12° mese di servizio. Al termine del servizio, i volontari sono
chiamati a svolgere una sessione residenziale presso la sede VIS di Roma per una
verifica che renda possibile valutare lo spessore e l’importanza dell’esperienza
vissuta sul piano personale e professionale e contemporaneamente favorisca
l’emergere delle aspettative per il futuro.
9.2 Complesso delle attività previste per la realizzazione dei piani di attuazione.
Il complesso delle attività previste per la realizzazione dei piani di attuazione, sarà
descritto mantenendo la suddivisione per fasi dei piani di attuazione.
1. ATTIVITA’ PRIMA FASE
Nella fase della formazione pre-partenza, saranno realizzate le seguenti attività:
realizzazione di incontri per la formazione sul servizio civile, con particolare
attenzione alle sue finalità, agli aspetti legislativi e burocratici;
organizzazione e avvio di corsi di gruppo per al conoscenza dell’organismo,
dei suoi valori, del suo ambito d’intervento, della sua metodologia di lavoro;
formazione sull’organizzazione della congregazione salesiana e sul metodo
preventivo di Don Bosco;
conoscenza e incontro con i singoli settori dell’organismo;
approfondimento della conoscenza dei progetti del Vis e dei salesiani già in
corso nei Paesi in cui s’inseriranno i volontari;
attività di orientamento e informazione per l’invio nel paese di servizio ed
indicazioni sanitarie;
pianificazione date partenze, prenotazione voli, inoltro pratiche per il rilascio
dei visti.
2. ATTIVITA’ SECONDA FASE
Durante il primo inserimento in servizio, si svolgeranno le seguenti attività:
Avvio della formazione specifica in loco con l’OLP;
Inserimento nella comunità di volontari e conoscenza della comunità
salesiana;
Introduzione al contesto con la collaborazione con i volontari VIS, attraverso
l’affiancamento nelle attività di animazione sociale ed educative.
3.ATTIVITA’ TERZA FASE
Durante la verifica intermedia, si svolgono colloqui individuali e di gruppo, utili a
definire il ruolo specifico, i compiti e le mansioni di ogni volontario all’interno del
progetto e del contesto d’inserimento. Le attività saranno quindi le seguenti:
Incontri con il settore volontari del VIS;
Laboratori sulle dinamiche di gruppo;
Incontri di approfondimento con il settore progetti per l’area d’interesse di
ogni volontario.
4. ATTIVITA’ QUARTA FASE
In questa fase, è previsto il pieno inserimento e la piena operatività nel paese di
servizio. Caratteristica generale è l’inserimento di tutti i volontari in servizio civile
in attività formative di animazione sociale, inserite nei piani educativi rivolti ai
minori e ai giovani in condizioni di disagio. Per l’illustrazione dettagliata delle
attività si rimanda al punto 9.4.
5. QUINTA FASE
Nella verifica finale, al termine del servizio civile, saranno svolte le seguenti
attività:
Colloqui individuali e in gruppo per un confronto con il settore volontari
sull’esperienza vissuta e sulle aspettative future;
Incontri con il settore progetti e il settore volontari del VIS per la verifica del
progetto di servizio civile anche all’interno del contesto più ampio degli
interventi del VIS già in corso.
9.3 Risorse umane complessive necessarie per l’espletamento delle attività previste,
specificando se volontari o dipendenti a qualunque titolo dell’ente.
9.4 Ruolo ed attività previste per i volontari nell’ambito del progetto.
I volontari, nei vari paesi di servizio, avranno il ruolo di animatori sociali e
affiancheranno i salesiani, gli educatori, gli operatori sociali e gli animatori locali
impiegati nei percorsi di accoglienza e recupero dei minori di strada o in situazione
di disagio e difficoltà.
Le attività previste per i volontari in servizio civile sono le seguenti:
Collaborazione alle attività di prima accoglienza: presentazione,
coinvolgimento e inserimento del minore;
Attività di sostegno scolastico;
Attività sportive: Allenamenti e tornei sportivi (pallavolo, calcio, basket,
atletica leggera);
Attività culturali: Cineforum, attività teatrali, corsi di musica, organizzazione
di gruppi di danza;
Organizzazione dell’ “oratorio itinerante”: occasione di gioco e incontro per
le vie del quartiere;
gite ed escursioni, visite guidate ai musei i luoghi culturali;
Giochi estivi con giochi a squadre;
Ideazione e realizzazione di spettacoli in occasione di feste;
Attività di biblioteca;
Partecipazione a corsi di formazione in affiancamento agli animatori ed
educatori locali;
Riunioni di confronto periodiche con l’équipe dei Centri;
Confronto costante con i referenti in Italia;
Possibilità di recarsi in visita a progetti di servizio civile in paesi limitrofi
per confrontare la propria esperienza;
Redazione bimestrale di una relazione sulle attività dei Centri e
sull’inserimento in servizio da inviare all’ufficio volontari del VIS;
Redazione di relazioni informative specifiche sul contesto o singole attività
richieste dal settore progetti e/o offerte del VIS.
10) Numero dei volontari da impiegare nel progetto:
11) Modalità di fruizione del vitto e alloggio:
8
Si precisa la fruizione del vitto e alloggio per ogni singola sede:
Albania: i volontari alloggeranno nell’appartamento riservato a tutti i volontari VIS,
stanza singola con bagno in comune presente nell’appartamento. I pasti saranno
consumati in detto alloggio e/o presso il centro specifico in cui lavoreranno.
Burundi: a disposizione dei volontari c’è la casa dei volontari VIS, in cui i volontari
del servizio civile avranno a disposizione una stanza singola con bagno. I pasti
saranno consumati presso detta casa.
Bolivia: i volontari alloggeranno nella casa dei volontari VIS, con stanza singola e
bagno in comune con altri volontari. I pasti saranno consumati presso detta casa o
presso le sedi di attività del progetto.
Repubblica Democratica del Congo: i volontari alloggeranno nella casa dei
volontari VIS, avranno a disposizione una stanza singola con bagno in comune. I
pasti saranno consumati presso detta casa o presso le sedi di attività del progetto.
12) Numero posti senza vitto e alloggio:
0
13) Numero ore di servizio settimanali dei volontari:
36
14) Giorni di servizio a settimana dei volontari:
6
15) Mesi di permanenza all’estero ed eventuali particolari obblighi dei volontari durante
il periodo di servizio:
I mesi da trascorrere in servizio all’estero sono almeno 10.
Ai volontari si richiede flessibilità oraria e disponibilità ad impegni durante i giorni
festivi.
Si richiede anche la disponibilità a trasferimenti in altre città o paesi limitrofi per
scambi di informazione e esperienze con altri progetti simili a quello in cui si
inseriranno.
Si richiede inoltre la partecipazione alle tappe del percorso di formazione in Italia e
all’estero.
CARATTERISTICHE ORGANIZZATIVE
16) Particolari condizioni di rischio connesse alla realizzazione del progetto:
1) Le condizioni di rischio sono legate alla situazione specifica dei paesi in cui i
volontari si recheranno poiché alcuni di questi paesi escono da una situazione di
conflitto ( Rep.Dem. Congo) di consolidamento della pace a seguito della guerra
civile (Burundi) o più in generale di condizioni socio-economiche molto difficili che
a volte sfociano in tensioni sociali (Bolivia).
In RDCongo, Burundi e Bolivia, potrebbero verificarsi situazioni di instabilità
socio-politica che possono rendere pericoloso il permanere nel paese dei volontari.
2) Potrebbe essere pericoloso e portare a conseguenze impreviste, la guida di
automezzi e le uscite da soli in orari serali e notturni, per condizioni di microcriminalità, furti, di instabilità politica, ecc.
Ugualmente fonte di rischio può essere legata al non rispetto delle norme di
sicurezza in vigore nel paese di servizio.
3) Altri situazioni di rischio sono rappresentate da condizioni sanitarie precarie in
particolare nei paesi africani.
Tutti i paesi africani sono ad alto rischio di infezione malarica e di febbre gialla,
oltre che particolarmente esposti ad altre particolari infezioni quali tripanosmiasi,
lesmaniosi, tifo, colera, meningite, epatite A e B. La condizione dei posti di cura in
loco (ospedali, ambulatori) è ugualmente di scarso livello e precaria.
Ugualmente precarie le condizioni igieniche, l’acqua potabile non è facilmente
disponibile, fogne e discariche sono a cielo aperto in molte città africane, soprattutto
nelle grandi capitali.
Non si prevedono situazioni di rischio particolare per l’Albania.
17) Accorgimenti adottati per garantire i livelli minimi di sicurezza e di tutela dei
volontari a fronte dei rischi evidenziati al precedente punto 16):
In questi paesi il VIS è presente e lavora da anni con il proprio personale locale e
lavora in sinergia con le nostre controparti locali.
Il VIS adotta già con il proprio personale espatriato procedure di sicurezza,
procedure che saranno estese ai volontari in servizio civile.
1.
Rapporto con la Rappresentanza Diplomatica in loco. Il coordinatore in
loco dei progetti VIS è in contatto con la Rappresentanza Diplomatica del paese in
cui lavora ed è tenuto a comunicare ad essa l’arrivo e la presenza sul posto di ogni
persona espatriata del VIS che lavora in quel paese. In caso di emergenza o
situazioni di rischio, le Rappresentanze diplomatiche rimangono in stretto contatto
con le ONG e il personale italiano presente in loco. Nel caso di comunicati ufficiali
da essa provenienti che consigliano il rimpatrio del personale italiano, il VIS si
adeguerà alle raccomandazioni da essa provenienti per quanto riguarda i volontari in
servizio civile.
2.
Circolare sulla sicurezza
Tutto il personale del VIS in servizio nei paesi in via di sviluppo è tenuto a prendere
conoscenza e a sottoscrivere la circolare sulle norme di sicurezza da adottare in loco
che prevede:
- che l’uso degli automezzi del VIS, sia per motivi derivanti da impegni
contrattuali che per occasioni concordate di riposo o vacanza, avvenga
esclusivamente con autisti locali che guidino e custodiscano l’automezzo;
- che le uscite serali e/o notturne avvengano in condizioni di massima
sicurezza e siano concordate con il responsabile locale del VIS, segnalando
-
il tragitto seguito e la località da raggiungere e munendosi di telefono o
equivalente per garantire la reperibilità.
Che i volontari rispettino le regole di sicurezza vigenti in ogni paese.
Ai volontari viene data in uso una scheda telefonica da utilizzare sul proprio
cellulare per poter essere reperibili in ogni momento e contattabili o poter contattare
in caso di emergenza.
3. Condizioni igienico-sanitarie
A tutto il personale VIS in partenza vengono fornite informazioni igienico sanitarie
che prevedono:
- consigli per l’utilizzo dell’acqua;
- norme igieniche e profilassi ambientale (uso di zanzariere, di vestiario appropriato,
attenzione al cibo, norme di reidratazione orale)
- elenco di farmaci da portare con sé;
- elenco delle vaccinazioni consigliate ed invito a contattare i centri di vaccinazioni
internazionali, quali l’Ufficio di Sanità marittima, l’Ufficio di Igiene delle ASL di
competenza e il sito dell’OMS/viaggi internazionali e salute pubblica
(http://www.who.int/ith/en/) e il proprio medico curante;
- informazione sulla profilassi antimalarica e sulla cura della malattia;
- segnalazione di una mailing list sanitaria che il VIS ha organizzato con alcuni
medici e altri esperti in campo sanitario una mailing-list sanitaria a supporto dei
volontari per risolvere problemi inerenti i progetti sanitari ma anche a supporto dei
volontari non impiegati in progetti sanitari ma che si possono venire a trovare in
aree a rischio di epidemie.
I centri e le abitazioni destinate ai volontari sono provvisti di acqua potabile ed
energia elettrica.
Tutti i responsabili VIS in loco sono in contatto con i centri sanitari in loco che
garantiscono livelli ottimali di cura, ove potersi rivolgere in caso di emergenza e
necessità.
18) Particolari condizioni di disagio per i volontari connesse alla realizzazione del
progetto:
Per tutti questi paesi il disagio è rappresentato dalle particolari condizioni di vita in
un paese in via di sviluppo, condizioni determinate dal clima (per i paesi tropicali),
dalle condizioni socio-economiche del paese in cui si presterà il servizio volontario,
dalle condizioni igienico-sanitarie.
Il clima è particolare difficile nei paesi africani, con periodi di grande caldo uniti ad
una umidità elevata. La stagione delle piogge nei paesi africani è tale che intere città
possono allagarsi in breve tempo. In queste condizioni gli spostamenti non sono
facili ma comunque garantiti da veicoli messi a disposizione dal VIS.
Per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie si veda il punto 17).
Tutti i centri in cui lavoreranno i volontari nonché le loro abitazioni sono provvisti
di energia elettrica. Tuttavia può succedere che si possano verificar in tutti paesi
frequenti interruzione di erogazione dell’energia elettrica e dell’acqua.
Le comunicazioni telefoniche e telematiche potrebbero essere difficili per i motivi
sopra esposti.
19) Modalità di comunicazione della presenza dei volontari all’autorità consolare o
diplomatica italiana presso il paese in cui si realizza il progetto:
Il coordinatore in loco dei progetti VIS è in contatto con la Rappresentanza
Diplomatica del paese in cui lavora ed è tenuto a comunicare ad essa l’arrivo e la
presenza sul posto di ogni persona espatriata inviata dal VIS.
Ogni volontario, accompagnato dal coordinatore in loco, si recherà quindi alla
Rappresentanza Diplomatica al suo arrivo nel paese di destinazione.
20) Modalità di collegamento e comunicazione con la sede italiana dell’ente proponente il
progetto assicurata ai volontari:
Per ciascuna delle sedi previste dal presente progetto è garantita la possibilità per i
giovani volontari di comunicare con la sede italiana attraverso le consuete vie di
comunicazione: telefono fisso e cellulare, fax, posta elettronica, skype.
Le comunicazioni tra la sede VIS in Italia e le sedi in loco si svolgono giornalmente.
Ai volontari sarà fornita una scheda per cellulare in modo da poter garantire la
comunicazione con la sede VIS in Italia e con i propri familiari.
21) Modalità e tempi di eventuali rientri in Italia dei volontari durante il periodo di
permanenza all’estero:
E’ previsto un rientro dei volontari della durata di 15–20 giorni dopo un periodo di
permanenza di tre mesi circa nel Paese straniero di destinazione, come già
specificato nelle fasi di attuazione del progetto. Il rientro ha la finalità di monitorare
in maniera più diretta l’andamento del servizio, di verificare il loro positivo
inserimento nei progetti, di effettuare una valutazione in itinere sulla crescita dei
volontari, di proseguire il percorso di formazione.
22) Eventuale assicurazione integrativa di quella stipulata dall’Ufficio a favore dei
volontari:
I volontari in servizio civile avranno una copertura assicurativa integrativa a carico
dell’organismo che copre il caso morte.
Si tratta della Polizza Temporanea Caso Morte (TCM) INA n. 35012. La polizza
prevede un indennizzo per morte derivanti da qualsiasi causa durante il periodo di
servizio.
La garanzia è estesa anche agli eventi che si manifestino nei dodici mesi successivi
al termine del servizio e comportino il decesso entro gli ulteriori sei mesi.
23) Eventuali autonomi criteri e modalità di selezione dei volontari:
Si rimanda al sistema di selezione verificato dall’Ufficio in sede di accreditamento
24) Ricorso a sistemi di selezione verificati in sede di accreditamento (eventuale
indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):
SI
25) Piano di monitoraggio interno per la valutazione dei risultati del progetto:
Si rimanda al sistema di monitoraggio verificato dall’Ufficio in sede di
accreditamento
26) Ricorso a sistemi di monitoraggio verificati in sede di accreditamento (eventuale
indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):
SI
27) Eventuali requisiti richiesti ai canditati per la partecipazione al progetto oltre quelli
richiesti dalla legge 6 marzo 2001, n. 64:
-
Diploma di scuola superiore
-
Conoscenza, a livello intermedio, della lingua internazionale parlata nel paese di
destinazione, cioè:
Castigliano, per la Bolivia
Francese, per Repubblica Democratica Congo e Burundi.
Per l’Albania è sufficiente la conoscenza della lingua italiana.
28) Eventuali risorse finanziarie aggiuntive destinate in modo specifico alla realizzazione
del progetto:
CARATTERISTICHE DELLE CONOSCENZE ACQUISIBILI
29) Eventuali crediti formativi riconosciuti:
assenti
30) Eventuali tirocini riconosciuti:
Il progetto prevede un accordo con l’Università Pontificia Salesiana per il
riconoscimento del Servizio Civile come tirocinio obbligatorio previsto dalla Facoltà
di Scienze dell’educazione:
- la FACOLTÀ di SCIENZE DELL’EDUCAZIONE (da ora in poi FSE), della
Università Pontificia Salesiana di Roma, si impegna, nel rispetto della propria
autonomia, a riconoscere le esperienze di Servizio Civile, svolte nell’ambito dei
progetti della Federazione SCS/CNOS e approvati dall’Ufficio Nazionale per il
Servizio Civile presso la Presidenza del Consiglio di Ministri, quale parte integrante
del percorso formativo dello studente, con conseguente riconoscimento del tirocinio
previsto da questa facoltà. Il numero di crediti riconosciuto è pari a 10.
31) Competenze e professionalità acquisibili dai volontari durante l’espletamento del
servizio, certificabili e validi ai fini del curriculum vitae:
Le competenze saranno certificate dall’Associazione “CNOS-FAP Regione Lazio”,
ente regolarmente accreditato dalla Regione Lazio come Ente di Formazione
Professionale e dei Servizi di orientamento (Cfr. ACCORDO ALLEGATO)
CAPACITA’ E COMPETENZE RELAZIONALI
- capacità di lavorare in team;
- capacità di accogliere e inserire nel centro e nel contesto sociale i minori e i
giovani in difficoltà;
- capacità di comunicare e operare in un ambiente culturale diverso da quello di
provenienza e di stabilire relazioni interpersonali positive;
- capacità di relazionarsi ad altri enti e associazioni.
CAPACITÀ E COMPETENZE ORGANIZZATIVE
- capacità di organizzare attività socio-educative;
-
capacità di lavoro con minori svantaggiati.
CAPACITA’ E COMPETENZE PROFESSIONALI:
- conoscenze sulla cooperazione e progettazione allo sviluppo;
- conoscenze sulla modalità di lavoro di una ONG di sviluppo;
- capacità di leggere i bisogni del contesto sociale in cui si è inseriti;
- conoscenza di un paese in via di sviluppo;
- conoscenza della lingua internazionale parlata nel paese in cui i volontari si
inseriranno;
- capacità di lavorare per progetti;
- capacità di organizzare e gestire le varie attività di animazione;
- capacità di gestire gruppi di minori e giovani in difficoltà attraverso momenti
educativi ludico-ricreativi.
Formazione generale dei volontari
32) Sede di realizzazione:
Sede del VIS a Roma, Via Appia Antica 126
33) Modalità di attuazione:
La formazione generale verrà realizzata nell’ambito di una settimana residenziale,
presso la sede del VIS. I volontari saranno ospitati in una struttura residenziale
attigua alla sede di realizzazione del corso e parteciperanno a tutte le fasi di
realizzazione del corso.
Verrà svolta in proprio con formatori dell’Ente.
Si prevede inoltre l’intervento di esperti.
34) Ricorso a sistemi di formazione verificati in sede di accreditamento ed eventuale
indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio:
SI
35) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:
Metodologia
La formazione generale, come indicato nelle Linee guida per la formazione
generale, verrà erogata con l’utilizzo di 2 metodologie:
1. lezioni frontali;
2. dinamiche non formali.
Tecniche utilizzate:
• docenze frontali (anche attraverso l’utilizzo di strumenti audiovisivi: videoclip,
power point…) per non meno del 50% del monte ore complessivo;
• lavori di gruppo (analisi delle esperienze, confronto tra pari, scambi, cooperative
learning, brainstorming);
• simulazioni e giochi di ruolo (tecniche di animazione che facilitano la
comunicazione all’interno del gruppo, l’individuazione delle problematiche e di
risorse interne/esterne e loro soluzioni, simulazioni e prove d’urto);
• confronto sulle esperienze;
• testimonianze;
• studio personale su testi indicati dai formatori;
• lavori scritti;
• formazione a distanza.
Verrà utilizzata inoltre una modalità di apprendimento a distanza tramite la
piattaforma riservata ai volontari del VIS www.volint.it/volontari
Tale piattaforma, cui si accede tramite username e password, contiene quattro
sezioni: organismo, volontari, formazione, come fare.
Nella sezione formazione sono previsti materiali formativi inerenti al settore di
riferimento del
presente
progetto,
suddivisi nelle
seguenti
aree:
- intercultura
- globalizzazione
- diritti umani
- Cooperazione e progettazione allo sviluppo
- area relazionale
- volontariato
- mondo salesiano
I volontari sono invitati a studiare in maniera individuale tali materiali prima della
formazione e ad approfondirli durante la settimana residenziale e nel periodo
precedente alla loro partenza.
36) Contenuti della formazione:
FORMAZIONE GENERALE
A) FONDAMENTI DEL SERVIZIO CIVILE
- L’identità del gruppo in formazione
- Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica,
affinità e differenze tra le due realtà
- Il dovere di difesa della Patria: articoli 2, 3 e 52 della Costituzione, Sentenze
della Corte Costituzionale 164/85, 228/04, 229/04 e 431/05. Accenni a pace e
diritti umani alla luce della Costituzione italiana, della Carta Europea e degli
ordinamenti delle Nazioni Unite
- La difesa civile non armata e nonviolenta
- Protezione civile
- Solidarietà e forme di cittadinanza
- Servizio Civile Nazionale, associazionismo e volontariato
B) ORDINAMENTO DEL SERVIZIO CIVILE:
- Diritti e doveri dei volontari
- Organizzazione del servizio
- Carta etica del servizio civile
C) IL SERVIZIO CIVILE NELL’ENTE PROPONENTE
- La mission, valori ed organizzazione degli enti salesiani
- Lavoro per progetti
- Analisi delle esperienze e delle aspettative
- Processi di comunicazione
- Gestione dei conflitti
- Educazione, pedagogia, sistema preventivo
D) CONTENUTI SPECIFICI PER IL SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO, IN
PROGETTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO:
- La cooperazione allo sviluppo e il lavoro delle ONG
- Lo sviluppo umano e sostenibile
- La progettualità di una ONG
- Interdipendenza e globalizzazione
- Educazione allo sviluppo e all’intercultura
- Comunicazione interculturale
- La risoluzione non violenta dei conflitti
- Modalità di lavoro del VIS e dei suoi partner
- I progetti specifici nei singoli paesi in cui i volontari saranno inseriti
- Progettualità salesiana nella cooperazione allo sviluppo
37) Durata:
La settimana residenziale, di cui al punto 27) sarà svolta durerà dal lunedì al
venerdì.
Si prevede un lavoro di 8 ore al giorno, più 2 attività serali nei quali saranno
proposte simulazioni e giochi di ruolo.
Pertanto la formazione durerà 44 ore.
Formazione specifica (relativa al singolo progetto) dei volontari
38) Sede di realizzazione:
La formazione specifica verrà realizzata presso le sedi di attuazione del progetto, di
cui al punto 20).
39) Modalità di attuazione:
Sarà svolta in loco tramite i formatori dell’ente.
Si tratta di una formazione in loco che verrà realizzata durante la seconda fase del
progetto, la fase di partenza e primo inserimento in servizio, fase che si svolge nei
primi tre mesi di attuazione del progetto.
40) Nominativo/i e dati anagrafici del/i formatore/i:
I formatori sono gli OLP di cui al punto 19 e 20 del presente progetto. Si rimanda
pertanto al CV dell’OLP allegato.
41) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:
Si svolgerà tramite:
- riunioni di approfondimento su ogni singolo paese;
- visite ad alcuni luoghi caratteristici del paese e della città in cui si presta
servizio;
- incontri con associazioni, persone, realtà particolarmente significative nel
campo della cooperazione allo sviluppo presenti in ogni singolo paese;
- conoscenza del centro specifico in cui si è inseriti, di tutte le attività del centro,
anche quelle non di competenza di ogni singolo volontario.
- Affiancamento al volontario tramite training on the job;
Ai volontari in servizio civile sarà inoltre proposto di partecipare ad un corso
realizzato dal VISOnline, il Centro di formazione per lo Sviluppo umano
(http://www.volint.it/fad)
42) Contenuti della formazione:
A. Conoscenza del paese in cui si lavora
- Contesto politico ed economico, problematiche sociali, storia, indicatori di
sviluppo umano;
- Il contesto sociale specifico: educazione e formazione
- I bisogni del territorio
- Dinamiche interculturali
B. La cooperazione e la progettazione allo sviluppo
- Organizzazione della sedi di attuazione del progetto;
- Conoscenza e attuazione dei progetti di cooperazione allo sviluppo che la sede
realizza in loco;
- Conoscenza della controparte locale e degli altri partner coinvolti nel progetto;
- I destinatari del progetto
- Conoscenza di altre realtà particolarmente significative che lavorano nel campo
della cooperazione allo sviluppo;
C. Il lavoro in equipe:
- tecniche di gestione del gruppo;
- suddivisione compiti tra i vari volontari
D. Contenuti specifici nel caso di partecipazione ai corsi VISOnline.
43) Durata:
La parte esplicitamente destinata alla formazione si attuerà nei primi cinque mesi di
servizio per un totale di 80 ore.
Altri elementi della formazione
44) Modalità di monitoraggio del percorso di formazione (generale e specifica)
predisposto:
Si rimanda al sistema di monitoraggio della formazione presentato e verificato
dall’Ufficio Nazionale in sede di accreditamento.
Data
Il Progettista
nazionale
Il Responsabile legale dell’ente/
Il Responsabile del Servizio civile