Settembre/ottobre 2008 Anno XXVII
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Settembre/ottobre 2008 Anno XXVII
il brogliaccio B 012 Settembre/Ottobre 2008 Anno XXVII numero bimestrale della Associazione nazionale Scuola Navale Militare F. Morosini il brogliaccio 012 sommario 06 editoriale di francesco businaro - corso mizar 1978-’81 rubriche 08 CORRIDOIO COMANDO Salutando il Morosini e Venezia di francesco covella Perché no? di giorgio vittori - corso poseidon 1966-‘69 09 franchi in riga Work in progress for Cava de’ Tirreni di jacopo piccolo - corso deimos 2002-‘05 Il corso Excalibur a bordo di Nave Lerici di ettore ronco - corso excalibur 1990-‘93 La Puglia... ai ferri di nunzio difonzo - CORSO deimos 2002-’05 Morosiniani all’estero: Marco Bonabello di luigi bajona - corso azzurra 1983-‘86 Avventure morosiniane all’estero di giuseppe lacerenza - corso daidalos 2004-‘07 22 OLIMPO Il fardello del Comando di lucio pecoraro - corso naumacos 1995-‘98 24 SALA CONVEGNO All’ombra del cupolone di luigi tarsia - corso halley 1985-’88 SSDD ovvero Strani Scherzi Del Destino di andrea schifano - corso hydra 1976-’79 Ossetia di andrea castelli - corso alphard 1975-‘78 Il mio nome è Kwame di dimitri ruggeri - corso maelstrom 1991-’94 Ascendenze letterarie di alberto catone - corso halley 1985-’88 Serbi Iddio l’austriaco Regno di stefano meconi - corso mizar 1978-’81 40 CUPOLONE Il giardinetto del Comandante di luigi tarsia - corso halley 1985-’88 © copyright il brogliaccio 2007-2008 Venezia anno XXVII numero 012 settembre/ottobre 2008 contatti direttore responsabile francesco businaro redazione andrea dell’agnola, luigi tarsia [email protected] hanno collaborato l. bajona, M. Pardini, L. Tarsia progetto grafico andrea dell’agnola, Padova fotolito e stampa lucenti srl, Padova il brogliaccio 012 il brogliaccio viale piave 30/a, 30132 s. elena - Venezia tel. +39-041-5204488 fax +39-041-5212840 www.assomorosini.it C.F. 96378830580 / p.iva 03813830274 in coperta photo courtesy by d. galli © 2008 In prima di copertina (photo courtesy D. Galli) e in questa pagina. Nebbia e mantelle francesco businaro CORSO mizar 1978-’81 PH.COURTESY l. tarsia ©2008 editoriale EDITORIALE Cerimonia di cambio di Comando al Morosini Desidero aprire con la cerimonia di cambio di comando che si è svolta l’11 settembre scorso al Navale. In un’aula magna dove gli invitati superavano, seppur di poco, gli allievi presenti il Comandante CV Francesco Covella ha passato il comando della Scuola al suo successore CV Enrico Pacioni alla presenza dell’Amm. Claudio Maria De Polo, ispettore delle scuole della Marina Militare. L’esiguo numero degli allievi era giustificato dal fatto che la cerimonia si è svolta quando le II e III classi non avevano ancora fatto ritorno alla Scuola ed erano quindi presenti i soli allievi della I classe. Seppur entrati da pochissimi giorni i nuovi “pivoli” erano perfettamente schierati con le loro nuove divise in perfetto ordine controllati a vista dai propri inquadratori. Pochi, perché il rinnovamento del Navale in vista dell’entrata delle “allieve” previsto per il prossimo anno, ha necessariamente comportato esigenze logistiche che hanno ridotto, di fatto dimezzandolo, il numero dei posti disponibili. Eppure, ne sono certo, devono aver compreso che stavano vivendo un momento di sobria solennità. Sia il ComanIn queste pagine. dante Covella che il Il neo comandante Pacioni Comandante Pacioni con la famiglia. hanno comandato unità Un momento della cerimonia. navali, hanno partecipato a missioni all’estero o hanno fatto parte I nuovi pivoli schierati il brogliaccio 012 ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008 B envenuti alla lettura di questo numero del Brogliaccio che, me ne rammarico, esce con un colpevole ritardo. Recupereremo col prossimo! di sezioni operative di Comandi NATO; Ufficiali abituati a svolgere il proprio lavoro avendo ai propri ordini uomini addestrati e unità operative. Eppure, seppure per un momento, si è potuta percepire nell’uno la commozione e nell’altro la consapevolezza del duro compito lo attendeva. Al Comandante Covella l’augurio di buon vento per il suo prossimo incarico, al Comandante Pa- ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008 cioni cui spetta l’onore e l’onere di traghettare il Navale verso una nuova fase, il caloroso benvenuto di tutti gli ex allievi. Pale a prora! In questo numero potrete trovare in corridoio comando un saluto del comandante Covella e un interessante articolo che commenta la prossima entrata delle donne al Navale. Scendendo in campaccio il nostro Jacopo Piccolo, fresco di laurea, ci racconta di Cava de’ Tirreni sede dell’imminente Pranzo di Gala dell’Associazione. Seguono alcune notizie su raduni svolti, un’intervista ad un morosiniano all’estero e l’esperienza lavorativa vissuta da un giovane ex ad Amsterdam. Risalendo brevemente in Olimpo alcune considerazioni sul proprio nuovo ruolo di un giovane comandante piumato. La Sala Convegno è ricca di articoli partendo dall’angolo delle tradizioni per passare poi al racconto di un un ex pilota, ora costretto a volare a 10 cm da terra, altitudine massima consentita dalla sedia alla quale è costretto. Si è fatto un gran parlare di Ossetia negli ultimi mesi, troverete notizie anche su questo argomento. Dalle coste crimee approdiamo poi nell’africa nera col raccondo di Dimitri, poeta e viaggiatore umanitario. Alberto si è poi posto una domanda escatologica sulle origini delle scuole militari proponendoci da questo numero l’esito delle sue indagini; nel prossimo passerà dalla letteratura alla cinematografia. Concludiamo con una mostra che esce dai bauli del nostro Stefano e che dopo essere stata presentata a Torino in occasione delle celebrazioni per il 90° della fine della Grande Guerra è ora visibile a Venezia presso il Circolo Ufficiali della Caserma Cornoldi. Il giardinetto conclude come di consueto anche questo numero con un cambio di redattore dato che il nostro Nunzio è ora impegnato presso l’accademia della GdF al quale auguriamo: in bocca al lupo! Buona lettura, ci vediamo a Cava de’ Tirreni. ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008 il brogliaccio 012 corridoio comando francesco covella L’arrivederci del Comandante Covella COURTESY r. guastadisegni ©2008 salutando il morosini e venezia Il Comandante Covella saluta il Navale e Venezia non senza un po’ di nostalgia H o voluto attendere di proposito qualche giorno prima di sottoporre al “Brogliaccio” queste brevi righe di saluto, al termine del mio mandato di Comandante della Scuola Navale Militare “Francesco Morosini”. Era giusto infatti far stemperare l’emozione della cerimonia di cambio di comando e dare spazio a qualche riflessione su questi due anni bellissimi, volati via in un soffio, ma che hanno lasciato un patrimonio di esperienze e di relazioni umane e sociali che faranno sempre parte del mio modo di essere e di sentire. Prima di tutto, come deve essere, mi rivolgo ai “miei” allievi (non me ne vogliano i comandanti dei corsi). Essere investito della responsabilità della loro crescita, a 360 gradi, nella età forse più importante, è stata una grossa sfida. Poi ho scoperto che questi ragazzi non avevano solo bisogno di attenzioni e guida ma, contemporaneamente, erano in grado, giorno per giorno, di contribuire al progetto di formazione con la loro iniziativa il loro lavoro duro e anche con la loro turbolenza, spesso cartina tornasole di opportunità per aggiustare il tiro e fare meglio. Ho avuto delle grandi soddisfazioni da questi ragazzi: negli studi, nello sport ma anche, ed è forse la cosa più bella e importante, nella partecipazione convinta e solidale ai vari eventi e progetti, superando di slancio ogni tipo di difficoltà. Ma il Morosini non è stato solo “Morosini”, è stato intimamente legato alla esuberante vita veneziana, all’abbraccio che la gente e le istituzioni il brogliaccio 012 ci hanno sempre riservato e alla partecipazione, da protagonisti, alla vita della città. Questa è stata la sorpresa più inaspettata e piacevole, e che ha reso tanto più difficile il distacco da questo inscindibile binomio Scuola-Città. Chi è stato al Morosini si riconosce di certo in queste considerazioni e non perde il carattere forte e deciso che caratterizza gli “uomini” che escono dalla Scuola Navale, come mi hanno dimostrato gli innumerevoli gruppi di ex che si sono ritrovati a vario titolo in questi due anni nel campaccio, ad issare la loro bandiera con commozione per nulla nascosta. L’Associazione, ma anche i singoli corsi o le persone che continuano a sostenere il progetto del “Navale”, hanno un ruolo fondamentale di esempio e di sprone per i nostri allievi, ma anche la precisa responsabilità di sostenerne gli sforzi nel più ampio contesto della società italiana. Ho apprezzato molto l’aiuto concreto che ho ricevuto dai tanti amici sempre presenti e disponibili, che mi hanno fornito consiglio e assistenza, sempre dimostrando l’orgoglio genuino di “appartenere”. Un augurio sincero al Comandante Pacioni, che ha ereditato il progetto di portare a termine i lavori di ristrutturazione, che ci permetteranno di avere un istituto di formazione veramente all’avenguardia. Ma non sono solo nuove mura: si tratta anche di rimodellare l’organizzazione e il modo di di vivere nella Scuola, a fronte dei nuovi spazi e del tanto atteso ingresso delle allieve. In questo difficile compito potrà certamente contare sul massimo sostegno di tutti i “Morosiniani”. A tutti un arrivederci e un altissimo “pale a prora!” ph. COURTESY p. capovilla ©2008 In questa pagina. Il Comandante Covella col CSMM Amm. Paolo La Rosa durante la cerimonia del Giuramento 2008 il brogliaccio 012 giorgio vittori corso poseidon 1966-‘69 COURTESY g. vittori ©2008 corridoio comando perchÉ no? Donne al Morosini, il punto di vista del ginecologo Abbiamo “catturato” un interessante articolo scritto dal Presidente della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia che guarda caso è un ex. Ottenuta la sua approvazione alla pubblicazione sul Brogliaccio, con piacere ve lo proponiamo H 10 il brogliaccio 012 il Morosini era stato concepito per promuovere l’ingresso nella Marina Militare e oggi dopo tanti anni penso che chi ha inventato il Morosini abbia comunque permesso a tanti ragazzi di crescere, trovare o ritrovare la porta della propria vita. Non so chi ringraziare, il Doge Francesco Morosini, il liceo Marco Polo o il Benedetti, gli uomini che ci hanno guidato o forse la Marina Militare. È certamente un posto speciale, chi ci è passato lo sa e ti accompagna tutta la vita. Anche se non ho fatto il militare di carriera porto quel grande patrimonio con me anche ora , e i miei compagni di corso di allora sono i miei migliori amici di oggi. Le donne al Morosini? Ho la sensazione che la resistenza all’ingresso delle ragazze sia una reazione strana, difficilmente comprensibile, stridente. Non stiamo parlando di ammettere le donne in una squadra di rugby o di football americano, non è in discussione. L’ingresso delle ragazze alla Scuola Navale richiede una progettazione complessa legata alla ph. COURTESY l. tarsia ©2008 o letto con un misto di perplessità e interesse l’articolo del Corriere della Sera di domenica 8 giugno da cui risaltava una certa polemica sull’ingresso delle ragazze nella Scuola Navale Francesco Morosini di Venezia. Sono un ginecologo, ex allievo del Morosini: perché avrei dovuto essere interessato da una polemica che riguarda una scuola che ho fatto molti anni fa e per un motivo così apparentemente “futile”? È passato qualche giorno e mi ritrovo a pensare ancora a quell’articolo per vari motivi: per me il Morosini non è stata una scuola qualsiasi, da figlio di militare ho cambiato città quasi ogni anno prima di approdare a Venezia dove ho finalmente trovato la scuola che sognavo, un posto con buoni insegnanti, un confronto tra pari con i miei compagni che provenivano da tutta Italia e da ogni condizione sociale. Ho trovato rispetto, buona educazione, stimoli, valori e regole che non ero riuscito a trovare altrove. Mi avevano detto che minore età, alla responsabilità di educare insieme maschietti e femminucce, insomma una vera innovazione. Scivolo su tutte le fantasie legate alla convivenza e su tutte le storie da rotocalco che potrebbero venir fuori, sono problemi superabili. L’aspetto del mondo femminile che mi colpisce di più in questo momento della mia professione di ginecologo è il cosiddetto “lato umano”¨osservo ogni giorno le grandi difficoltà che attraversano le donne in questi tempi quando si ritrovano tardi, spesso troppo tardi, a pensare a se stesse, alla propria biologia. Ascolto racconti di grande solitudine e di difficoltà di comunicazione e di collaborazionecon l’uomo; lo dicono donne in gamba che hanno investito tutte loro stesse nel lavoro, divenuto spesso l’unico valore di riferimento. Per il mio lavoro e per il mio attuale incarico, sono particolarmente attento alle cosiddette fragilità del mondo femminile e, come molti esperti e rappresentanti delle Istituzioni, sono convinto che sia necessario uno speciale impegno educa- A fianco. Una foto rubata dei lavori per l’adeguamento dei locali: dormitorio pivoli In questa pagina. L’articolo originale tivo e informativo durante l’adolescenza, sia per i maschi che per le femmine, meglio se insieme. Morosini e donne: perché no? MI sembra di intravvedere la stessa occasione che ho avuto io e molti altri come me, la possibilità di sperimentare un modello educativo “made in Italy”, con l’aiuto dei grandi insegnanti che ci sono nella scuola italiana e dei grandi educatori che abbiamo nella Marina Militare Italiana, vedi la stessa esperienza Morosini e l’Accademia Navale di Livorno, dove poter trovare, biona educazione, stimoli, valori e un confronto tra pari, includendo le ragazze. Certo, non si può adottare il modello di educazione maschile fin qui percorso, ma la grande esperienza permetterà di progettare un percorso di formazione in comune per vivere gli ultimi tre anni di liceo sperimentando più precocemente dei coetanei responsabilità, opportunità di confronto alla pari e di qualificazione in uno speciale clima di rispetto delle regole e dei valori che sembra ormai perduto. Mi sembra una grande opportunità per ragazzi e per ragazze, ricordandosi che, comunque si tratta “solo” degli ultimi anni della scuola superiore, da vivere con grande impegno, ma anche con la curiosità critica e con la leggerezza della adolescenza quando ridere e piangere è ancora permesso. il brogliaccio 012 11 jacopo piccolo corso deimos 2002-‘08 manca poco a Santa Barbara COURTESY j. piccolo ©2008 franchi in riga work in progress for cava de’ tirreni Un’aulica descrizione della prossima sede dell’annuale festa morosiniana. Ci vediamo là P oco più di un bimestre fa, mentre il termometro indicava temperature mai al di sotto dei 35°, ed i primi turisti erravano per le affollate autostrade della penisola, noi tutti membri del consiglio dissertavamo sull’opportunità di recarci a Cava de’ Tirreni per la consueta cena di fine anno. Dopo una serie di valutazioni circa concordanti sulle possibili difficoltà, e le varie critiche esternate dai più scettici, decisi di recarmi personalmente sul posto per constatare la fattibilità di una eventuale organizzazione dell’evento in loco. Consapevole che avrei incontrato lì il mio fedele compagno di viaggio Gian Maria Setti Carraro, partivo alla volta della cittadina campana, non poco incentivato dalla concomitante cena tra ex allievi organizzata dal mio compagno di corso Michele Sessa a Marina di Vietri (Sa). Nei giorni antecedenti alla mia partenza, il sindaco di Cava, Gigino Gravagnuolo, già ex allievo del Navale, ci aveva fornito una serie di delucidazioni nonché buone ragioni per festeggiare la ricorrenza nella sua città, garantendo una costante ed interessata partecipazione ai preparativi ed all’allestimento di una decorosa location, naturalmente offertaci dal Comune. Dopo aver concordato data e ora dell’incontro con il fin troppo disponibile Gigino, giunsi a Cava de’ Tirreni in macchina e lo incontrai nel primo pomeriggio presso quello che sarebbe stato il “luogo della cerimonia”, il Circolo Tennis storico della città Cavese. Con Gian Maria incontrammo il sindaco, il quale non mancò di COURTESY google hearth ©2008 12 il brogliaccio 012 ph. COURTESY m. sessa ©2008 riservarci una calorosa accoglienza presso i locali in questione, mostrandoci con dettaglio ed oculatezza tutte le modalità di sfruttamento dell’area. Addentrandoci fra le stanze dell’antico palazzo, Gian Maria ed il sottoscritto non potevamo che apprezzare l’ottima predisposizione del luogo ad un evento come il “nostro”; un elegante bar ci attendeva nella sala d’ingresso, maestosi affreschi ed enormi lampadari accompagnavano il nostro cammino per le sale dislocate su due piani, inoltre vi era una spaziosa sala in cui abbiamo individuato il posto ideale dove poter tenere la consueta assemblea dei soci. Alla fine della visita, scortati da una volante dei vigili, ci siamo recati presso una serie di alberghi ed ostelli che per efficienza ed eterogeneità ci sono sembrati più che congeniali all’accoglienza di un importante numero di affluenti. Terminato l’iter, ci recavamo all’incontro con altri ex allievi della zona presso il ristorante Risorgimento a Marina di Vietri, per abbandonarci finalmente alle delizie della cucina campana. ph. COURTESY m. sessa ©2008 Dopo la prima settimana di settembre, constatandone la fattibilità e l’opportunità, abbiamo deciso di festeggiare il nostro Mak ∏ a Cava dei Tirreni. A distanza di quasi tre mesi, in seguito al reclutamento di validissime leve per l’organizzazione dell’evento e alla immutata disponibilità di Gigino Gravagnuolo, possiamo dire con soddisfazione di aver già parecchi dati alla mano, e di poter contare su competitivi listini a nostra dispozizione. Vorrei perciò, al termine di questo mio racconto su ciò che ci attende, invitare anche i più scettici ad avere fiducia e a supportare con costante entusiasmo e spirito di iniziativa il consiglio nel suo lavoro, soprattutto per far sì che l’annuale ritrovo possa come sempre rappresentare l’incontro più costruttivo e goliardico dell’anno. Rimbocchiamoci le maniche! ph. COURTESY m. sessa ©2008 A fianco. Cava vista dal satellite In questa pagina. Scorci delle sale che ci ospiteranno il brogliaccio 012 13 ettore ronco corso excalibur 1990-‘93 15 anni e sentirli tutti COURTESY e. ronco ©2008 franchi in riga il corso excalibur a bordo di nave lerici Chi si vede più sovente, chi solo dopo quindici anni. Consuete sorprese, emozioni e ricordi di un corso C he botta ragazzi!!! Non vi nascondo che vedere i propri compagni di corso dopo quindici anni è un’emozione forte ma comunque molto piacevole. È vero che qualcuno non è cambiato affatto, sembra uscito l’altro ieri dal Collegio, ma alcune profonde trasformazioni saltano subito all’occhio: Alberto, non me ne voglia il nostro caro Segretario, si è presentato, come me, con circa 2 kg. e mezzo in meno di capelli, Urbano con il volto preoccupato per aver lasciato la moglie e la bimba a casa da soli sembra quasi una persona seria, Roberto Dandi ha preso due o tre taglie e sicuramente se corresse la campestre oggi non arriverebbe neanche nei primi 30, Cesare anziché giocare nella Nazionale assieme a Gilardino è invece un semi serio avvocato della Ciociaria, e potrei andare avanti così all’infinito. Ma veniamo all’evento vero e proprio… In una splendida giornata di fine estate nella cornice dell’Arsenale Militare di La Spezia si è svolto l’incontro tra gli ex-allievi del Corso Excalibur in occasione del Quindicennale. L’evento è stato pensato ed organizzato da Alberto dopo aver ricevuto una mia malinconica telefonata nel mese di marzo. La chiamata alle armi è quindi avvenuta con uno scambio di email a partire dal mese di giugno e nonostante il breve preavviso l’affluenza è stata di tutto rispetto. 24 Gladiatori dell’Excalibur si sono incontrati sabato 30 agosto all’ingresso dell’Arsenale, chi solo e chi accompagnato dalle rispettive consorti per un totale di circa 45 invitati. Ospite d’onore il Comandante Cusmai che con il Lerici prima di me, quando ancora le navi andavano a carbone, aveva solcato il Mediterraneo. ph. COURTESY e. ronco ©2008 14 il brogliaccio 012 ph. COURTESY e. ronco ©2008 COURTESY e. ronco ©2008 ph. COURTESY e. ronco ©2008 Ho lasciato mia moglie a bordo ad attendere gli ospiti in compagnia di Paulu convinto che il tarantiota e lo spagnolo fossero una cosa sola. Dopo un breve scambio di saluti ci siamo trasferiti sul “ponte del sole” del Lerici per raccontarci le nostre avventure. Devo dire che dopo circa 10 minuti sembrava di essere ad una di quelle feste in famiglia tipo il Mio Grasso Grosso Matrimonio Greco. Paradiso del Golfo. Beh ragazzi, che dire, per un giorno mi sono sentito di nuovo in paradiso… Tra un saluto e l’altro abbiamo trovato anche il tempo di fare una visita ai locali di bordo, durante la quale il buon Urbano ha pensato bene di arricchire il suo bottino di guerra. Da un controllo effettuato dai marinai al termine dell’evento sembrerebbe che manchi all’appello solamente il berretto del Comandante; io comunque per sicurezza sto ancora facendo fare un controllo approfondito dei depositi munizioni. Il momento si è fatto catartico quando ha preso la parola prima Alberto per una breve introduzione, quindi il sottoscritto per ringraziare tutti gli invitati ed infine Cusmai che, con il cuore in gola, è stato salvato in zona cesarini da un “pale a prora” intonato da Fabio Governale. L’evento a bordo si è magicamente concluso con la cerimonia di ammaina bandiera a poppa del Lerici. È l’ora della cena e tutti quanti ci spostiamo sulla litoranea per gustare dei prelibati piatti a base di pesce nella veranda del I PARTECIPANTI L’appuntamento è per l’anno prossimo a bordo dell’Incrociatore Portaeromobili Gorgona dove ad aspettarci ci sarà il Comandante Ilardi. Un abbraccio a tutti. Valerio Badiali, Alberto Carnesecca, Cesare Coletta , Alberto Cozzo, Roberto Dandi, Massimiliano Di Cicco, Severino Fallucchi, Ruggero Fontana, Clemente Forni, Francesco Giliberti, Fabio Governale, Francesco Paolo Iacovelli, David Ilardi, Filippo Lodetti, Maurizio Manenti, Adamo Panone, Gabriele Piscitelli, Ivan Pollicita, Ettore Ronco, Alessandro Troisi, Urbano Urbani, Giancarlo Vezzi, Ivan Vinello, Vittorio Cusmai A fianco. Alcuni dei partecipanti In questa pagina. La locandina dell’evento. L’autore con la moglie. Il Comandante Cusmai con alcuni suoi “ragazzi” il brogliaccio 012 15 nunzio difonzo corso deimos 2002-‘08 La grigliata estiva è giunta alla sua seconda edizione COURTESY n. difonzo ©2008 franchi in riga la puglia... ai ferri Sembra che ormai la grigliata pugliese stia diventando una ghiotta tradizione L o scorso 7 agosto il nucleo barese degli ex allievi ha lanciato da Santeramo in Colle (Bari) per il secondo anno consecutivo il suo urlo di raccolta, al quale hanno risposto ben 40 persone: 27 Morosiniani accompagnati da compagne, fidanzate, mogli e figlie (immancabile Mia Guasta), al quale si sono aggiunti due cugini della Nunziatella. Otto i corsi rappresentati: dall’Orsa Minore (immancabile Rudy) al neo-diplomato corso Iason. Da notare che erano rappresentati gli ultimi 7 corsi usciti. La rosa era composta (in ordine di anzianità) da: Gentile e Bianco (Alpherat 19992002), Locuoco (Ares 2000-’03), Manlio (Perseus 2001-’04), Difonzo (Deimos 2002-’05), Gallitelli, Giannico, Spinelli, Netti, Romanazzi, Spadaro, Piscopo, Delsole, Lasaracina, Lo Monaco, Acquaviva (Chyron 2003-’06), Giacoia, Caira, Mangione, Caiazzo, Dell’Orco, Puggioni, Giallanza (Daidalos 2004-’07), Ricciulli, Pugliese e Margherita (Iason 2005-’08). La serata è stata scandita da racconti collegiali, risate, battute, foto-ricordo e brindisi intervallati da abbondanti portate di carni arrosto e fiumi di vino. Come previsto, si è rivelata una piacevolissima serata in ottima compagnia. A tavola ci si promette di rivedersi più spesso, di essere più presenti nella vita “morosiniana”, di organizzare più spesso incontri di vario genere… e ci si promette anche di essere puntuali! Ma lo sappiamo.. sono promesse da marinai… ph. COURTESY n. difonzo ©2008 16 il brogliaccio 012 luigi bajona corso azzurra 1983-‘86 Le interviste del Brogliaccio Il nostro inviato ritorna e raggiunge in Serbia Marco Bonabello del corso Maelstrom 1991-’94 DOMANDA: Che soprannome avevi in collegio? D. Cosa ricordi con piacere del periodo passato al Morosini? Cosa, in particolare, ricorderai per tutta la vita? Qualcosa che ti è rimasta nel cuore? R. Domanda difficilissima. Ricordo molte, troppe cose. In effetti è impresa ben ardua fare una “selezione chirurgica” di qualche evento in particolare. È semplicemente stato un periodo della mia vita fantastico e molto intenso. Rammento benissimo i primi passi compiuti in collegio (ancora in abiti borghesi!), la prima doccia (fredda!!), questi strani A fianco. numeri di matricola, le L’allegra tavolata interminabili code dal pugliese COURTESY m. bonabello ©2008 RISPOSTA: Il mio soprannome in collegio era (ed è tuttora per molti amici) Puffo. È stato uno dei primi soprannomi ad emergere nel mio corso, perché avendo già avuto un fratello in collegio (Emanuele Bonabello, corso Alkaid 1981-’84) ho semplicemente “ereditato” il suo soprannome. Non ho mai avuto altri soprannomi degni di nota… insomma, ero un vero “Puffo” per tutti i mei compagni di corso, ma anche per i miei anziani, anzianissimi, pivoli ed ufficiali! barbiere, gli inspiegabili piantoni e giri notturni (poi aboliti), l’iniziale strana sensazione di stare in un dormitorio con tanta gente “sconosciuta”. La scuola, i professori (un po’ chioccia ed un po’ padri), i Capi con ognuno le proprie piccole “manie”, i rigeneranti soggiorni in infermeria, la bistecca a colazione prima della cerimonia di Santa Barbara, la prima scalata sul cupolone, la spivolatura, il verso della carota incinta, le incisioni delle nostre matricole sui davanzali dei bagni. E poi lo sport, il Tetra Calcio Agreste (forma di calcetto da noi inventata e praticata dietro i campi tennis), gli intercorsi di calcio (me la cavavo benino come tornante della nostra squadra) ed il mitico goal che segnai ai nostri anzianissimi nella prima partita del nostro primo intercorso (fine primo tempo 0-1 per noi, fine partita 8-1 per gli anzianissimi)!! E poi ancora i pomeriggi trascorsi a studio, le infinite code per telefonare, le franchigie, il borsellino, le birre & gin al Devils, le bellissime donzelle veneziane e straniere ed i tanti amori “consumati” all’ombra di romantiche “calli” e celati “campi”, il Lido ed i numerosi falò sulla spiaggia, i turni di guardia sul S.Giorgio, le micidiali In questa pagina. amache del Vespucci, Marco ai tempi del Mak ∏ le avventurose setticon un compagno di corso il brogliaccio 012 17 franchi in riga franchi in riga COURTESY j. ballerini ©2008 morosiniani all’estero: marco bonabello mane bianche. Poi infine le mitiche tre striscie, i galloni di graduato e l’emozione al rientro in collegio per l’anno da anzianissimo, gli “allarmi pescatori”, la vista al tramonto sulla laguna dall’Olimpo, le contese con il comando, la lotta per difendere le tradizioni del collegio e la propria sudata “anzianità”, la maturità, le palle del leone al corpo di guardia, l’ultima partenza ed il tristissimo addio al collegio. Insomma, tanti amici. Tante emozioni. Tante “prime volte” e tantissimi bei ricordi! In particolare una cosa che non potrò mai scordare è sicuramente l’alzabandiera dopo il Mak ∏. Ci si rende conto in pochi attimi che una fase incredibile della vita sta per chiudersi, e che nuove avventure e sfide sconosciute ci attendono al varco! inizialmente dalle comodità e certezze di casa propria non fu facile. Per esempio, non poter guardare la televisione quando e come vuoi, non poter mangiare quando e come vuoi, aver la tua vita organizzata da altri nei minimi dettagli. Il tutto richiede grande spirito di adattamento ed all’inizio può essere molto difficile. Però anche capire certi valori, tra cui lo spirito di corso, la sincerità, il sacrificarsi per i tuoi compagni, richiede molto tempo e numerosi sbagli da cui s’impara volta per volta. Il collegio è potenzialmente un luogo in cui il motto “mors tua vita mea” potrebbe farla da padrone, ma che invece si è sempre rivelato un luogo di grande umanità ed altruismo; un luogo in cui si soffre e si gioisce, si vince e si perde, tutti insieme. Insomma, una vera scuola di vita! Poi all’ultimo anno le (inevitabili) difficoltà di comprensione con il comando, il confronto serrato con alcuni ufficiali su questioni relativamente futili, ma che prese in quel contesto sembrano vitali! In fin dei conti si è in collegio nell’età degli ideali, non bisogna scordarlo e non credo sia giusto reprimerli. COURTESY m. bonabello ©2008 D. Un riassunto della tua vita dopo il Morosini ed il perché ti trovi all’estero? R. Mi trovo all’estero per via del mio lavoro presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), in qualità di funzionario internazionale. Direi che s’inizia molto presto, fin da bambini, a nutrire interesse per la “vita internazionale”, il che può significare anche solo cercare qualcosa di più stimolante della propria realtà locale. Bisogna essere affascinati da ciò che è diverso, e che spesso non è facile comprendere da subito. Una volta finito il Collegio Navale F. Morosini D. A distanza di tanti anni ricordi ostacoli e difficoltà che sicuramente fu duro sfidare a quella età in collegio? R. Sicuramente il fatto di allontanarsi 18 il brogliaccio 012 mi sono iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza a Roma, con l’intento di fare quanto prima nuove esperienze di studio all’estero. La Sapienza stessa, oltre ad essere un validissimo ateneo di studio, si è rivelata soprattutto una “scuola di vita”. La necessità di emergere tra migliaia di altri studenti ha contribuito a rafforzare la mia determinazione e risolutezza. Da notare la totale diversità di questo ambiente, per certi aspetti enorme e dispersivo, dal tranquillo e protettivo collegio navale. Dopo un anno di Erasmus a Strasburgo, dove ho conseguito un diploma in Diritto Internazionale e Comunitario presso l’università locale, sono partito per Bruxelles con una borsa di studio per svolgere la tesi di laurea in Diritto Comunitario. Negli anni seguenti ho partecipato a vari corsi, tra i quali quello di formazione alla carriera diplomatica organizzato dalla Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI). Quest’ultimo ha rappresentato un momento importante della mia formazione rinvigorendo da un lato il desiderio d’intraprendere una carriera internazionale e fornendomi dall’altro solide basi culturali ed umane per realizzare tale sogno. Successivamente, ho lavorato quale tirocinante presso Organizzazioni non governative ed internazionali ed ho partecipato a diverse missioni elettorali con l’OSCE nei Balcani ed in Ucrania. Queste brevi esperienze professionali non devono essere sottovalutate, poiché spesso si rivelano un vero e proprio trampolino di lancio per questo tipo di carriera. Nel 2003 sono poi partito per un altro tirocinio presso la Missione OSCE a Belgrado, dove mi sono dedicato ad un’interessante ricerca di carattere legale sui crimini di guerra che mi ha consentito di esprimere al meglio le conoscenze acquisite. Dopo qualche mese l’OSCE mi ha offerto l’opportunità di lavorare quale Human Rights Officer presso la propria Missione in Bosnia ed Herzegovina, nella cittadina di Travnik. Qui ho seguito con passione numerosi progetti inerenti ai diritti umani ed ai crimini di guerra. Questa esperienza “sul campo”, unitamente alle esperienze giuridiche, analitiche e diplomatiche maturate nel tempo, ha certamente contribuito, nel giugno 2005, alla mia assunzione tramite concorso quale Funzionario internazionale presso il Tribunale Penale Internazionale delle Nazioni Unite per l’ex Jugoslavia che ha sede all’Aja. Infine, dopo oltre due anni d’interessante lavoro in Tribunale, fra processi per crimini di guerra e famosi esponenti politici dell’ex Jugoslavia (tra cui il fu Slobodan Milosevic), mi è stata offerta la possibilità di crescere professionalmente ricongiungendomi alla Missione OSCE in Serbia in qualità di Consigliere Legale in materia di Lotta alla Criminalità Organizzata (Legal Adviser on Organized Crime). Lavoro pertanto a Belgrado con questo “delicato” incarico da oltre un anno e mi trovo benissimo in una città socialmente e culturalmente all’avanguardia! D. Un telegramma che vorresti inviare a tutti i lettori del nostro Brogliaccio? R. Mi fa grande piacere avere l’opportunità di scambiare con voi tanti cari ricordi sul collegio e vi invito a venirmi a trovare a Belgrado per approfondire l’argomento tra veri “nostalgici”! D. Sei iscritto all’Associazione Ex Allievi Scuola Militare F. Morosini? R. No, principalmente a causa del mio “girovagare” non lo sono mai stato, ma seguo sempre con grande interesse tutte le vostre iniziative e spero di essere presente in futuri avvenimenti da voi organizzati. D. Vuoi aggiungere un commento o altro? R. … Sì, vorrei cogliere questa occasione per fare un saluto, un appello ed una domanda. Saluto calorosamente tutti i miei compagni del corso Maelstrom sparpagliati per i 7 continenti e tutti i professori, ufficiali e sottoufficiali che ci hanno accompagnato in quella fantastica avventura tra il 1991 e il ‘94. Vorrei poi cordialmente chiedere il sostegno della Associazione per far sì che il mitico corso Maelstrom possa finalmente organizzare il suo primo raduno di corso dopo oltre 15 anni (2009) dalla sua uscita dal collegio!! Sarebbe per noi un grandissimo piacere poter ripercorrere certi luoghi e confrontarci con le nuove generazioni d’allievi! Infine vorrei chiedere delucidazioni sulla veridicità delle notizie che si sentono di questi tempi circa il futuro arrivo del “gentil sesso” tra le mura del collegio. Se tali voci saranno confermate credo che si tratterà di un cambiamento positivo ed epocale per il collegio (sia a livello logistico, che a livello mentale), in misura ancora maggiore di quello che avvenne con la “rivoluzione” delle stellette. Certo però che il “nostro” amato collegio originale rimarrà sempre più un ricordo di pochi eletti… A fianco. Marco oggi il brogliaccio 012 19 franchi in riga giuseppe lacerenza corso daidalos 2004-‘07 vacanza-lavoro ad Amsterdam COURTESY g. lacerenza ©2008 avventure morosiniane all’estero Nelle parole di Giuseppe la consapevolezza che i tre anni al Navale valgono davvero qualcosa È nato tutto per gioco, ancora una volta, come del resto la maggior parte delle esperienze più belle. Girovagavo per internet alla ricerca di un lavoro estivo per poter valorizzare i mesi di vacanza e dopo aver ricevuto un consiglio dal caro Nunzio, responsabile del giardinetto, ho iniziato a mandare curricula nel settore del turismo. Sinceramente non mi aspettavo niente, non avevo alcuna referenza nel settore, eppure la prima risposta mi è arrivata dall’Hilton Hotel di Amsterdam per propormi il contratto per Food & Beverage Waiter. Entusiasta della proposta ho confermato il tutto e prenotato il viaggio, certo che qualcuno dei miei compagni di corso non si sarebbe tirato indietro cOURTESY g. lacerenza ©2008 20 il brogliaccio 012 ph. COURTESY davidec.splinder.com ©2008 ad accompagnarmi. E così è stato, 1° agosto direzione Amsterdam, dove mi aspettava un mondo totalmente nuovo, che avrei affrontanto con uno dei miei piu cari amici, Dario, pilota in licenza. Primo giorno di lavoro, durante il colloquio, noto che le voci sottolineate nel curriculum siano il Morosini, la patente nautica, e le esperienze all’estero. Nel frattempo caso vuole che il Vespucci nella sua campagna addestrativa faccia tappa ad Amsterdam, ottima occasione per rincontrare tutti gli ex imbarcati, in cerca di una camera per riposarsi dopo la guardia notturna prima dell’entrata in porto. Il Vespucci naturalmente lascia ancora una volta senza parole e ogni angolo di quel veliero, di cui tutti noi italiani siamo fieri, ha un suo ricordo che fa sorridere e soprattutto riflettere. Alla partenza dell’Accademia l’avventura continua, questa volta da solo alle prese con un lavoro che non avevo mai fatto, e che soprattutto mi incuriosiva. Ed è proprio in questo momento che mi sono accorto che le abilità sviluppate al Morosini, la dinamicità, la capacità di adattamento, e soprattutto la capacità di farsi parte diligente (CF Spolaor docet) pur essendo l’ultima parte di un team oramai collaudato, fanno la loro parte rendendo il tutto più familiare. La salita non è affatto semplice, ma si fa divertente. Non mancano i problemi tipici del pivolo poco attento; tipo lo smarrimento dei documenti prima di tornare in italia. E anche qui il Morosini fa la sua parte: consolato italiano di Amsterdam, il responsabile dell’accoglienza è un ex nocchiere del Vespucci molto disponibile e solo così riesco ad ottenere il passaporto d’urgenza in 5 giorni per ritornare in Italia. Ora che mi ritrovo a tirare le somme di questa avventura/esperienza, mi accorgo di quanto il Morosini abbia contribuito alla formazione morale rendendo alla società non più dei ragazzi ma degli uomini capaci di affrontare qualsiasi tipo di difficoltà con quella marcia in più da tutti noi conosciuta. A fianco. L’autore davanti al Vespucci attraccato ad Amsterdam In questa pagina. Veduta di Amsterdam con le sue case galleggianti il brogliaccio 012 21 lucio pecoraro corso naumacos 1995-‘98 …ancora un altro passo… COURTESY l. pecoraro ©2008 olimpo il fardello del comando Divenuto comandante di una Compagnia fucilieri un giovane Capitano analizza le proprie nuove responsabilità T utti quanti noi abbiamo sempre pensato al Comando come dare ordini, emanare disposizioni o più semplicisticamente avere delle persone alle proprie dipendenze le quali “esaudiscono” ogni proprio volere. Solo coloro i quali si sono trovati, invece, in una posizione di Comando, hanno potuto scoprire che questo è estremamente riduttivo ed in molti casi poco rispondente alla verità. In questo momento mi trovo al Comando di una Compagnia fucilieri, nella quale ho svolto gli incarichi di Comandante di plotone prima e successivamente di Vice Comandante, e sulla base delle esperienze che ho vissuto e di quella che continuo a vivere voglio provare a descrivere ciò che significa o dovrebbe significare il termine Comando. Ho voluto intitolare questo articolo “Il fardello del Comando” perché ogni Comandante reca con se un “fardello” sulle spalle pieno della responsabilità dell’impiego del proprio personale per preservarne la vita e per assolvere al compito assegnatogli. Questo “fardello del Comando” come sono solito chiamarlo, è più o meno pesante a seconda della persona, poiché non tutti lo amano e non tutti vogliono portarselo dietro. Il mestiere del Comandante prevede, infatti, che questi conosca a fondo i propri uomini, i loro pregi ed i loro difetti, conosca il loro carattere e ne comprenda le sfaccettature in modo da poter usare sempre il modo migliore per impartigli delle disposizioni o ,cosa ancora più importante, per conoscere la maniera migliore per fargli presente un errore, tutto questo al solo scopo di sfruttare al meglio le potenzialità che ognuno di essi possiede, incanalare le energie di tutti verso la direzione che si ritiene più giusta. Per fare ciò occorre sacrificio, occor- 22 il brogliaccio 012 re essere sempre presenti, occorre l’esempio ed occorre soprattutto capacità di valutazione. Si comprende facilmente, quindi, che il mestiere del Comandante non è per nulla facile, e che non tutti riescono a svolgere questo tipo di incarico al meglio, ed anzi nella maggior parte dei casi si confonde Il Comandante con chi invece amministra solamente un reparto. Viene quindi alla luce che il solo fatto di avere un grado superiore non presuppone che una persona comandi, ma anzi questo serve per amministrare; il Comando lo si esprime trascinando il proprio personale attraverso il proprio operato,con il proprio spirito, con la propria energia, quando i tuoi uomini ti seguono senza farsi domande poiché persuasi nella giustezza delle tue decisioni. Tutto ciò lo si ottiene con preparazione professionale, con capacità di analisi, ma soprattutto se in possesso di doti caratteriali che ti permettono di apprezzare ognuno dei propri sottoposti anche per i loro difetti, quando si pensa a loro come qualcosa di personale, di intoccabile, quasi a come dei figli, e come un buon padre si deve essere pronti al rimprovero, alla parola di conforto, al alla parola di incoraggiamento quando li si vede giù di corda, poiché solo quando questi riconosceranno quasi ti riconosceranno quasi la proprietà si potrà dire di avere a disposizione una squadra. In buona sostanza, occorre saper interagire con i propri uomini con intelligenza e buon senso sapendo valorizzare ogni singolo uomo poiché anche colui che appare non adatto o poco motivato potrebbe con una buona guida, diventare un ottimo soldato. Nel contempo, il Comandante, deve essere colui il quale amministra la giustizia, colui il quale è responsabile del mantenimento dell’ordine e del- voluto che nel momento più entusiasmante, cambiasse il mio modo di fare, magari in peggio. Successivamente, in particolare, nell’esercizio della potestà disciplinare, mi sono reso conto che il mio punto di vista, il mio nuovo punto di osservazione, mi aveva portato ad analizzare le cose in maniera, delle volte differente, in alcuni casi in senso restrittivo ed in altri in senso più elastico o comunque a valutare delle mancanze in maniera diversa rispetto al passato. Il “fardello del Comando”, insomma cambia le persone, le rende più responsabili, le rende sempre più presenti, più attente alle esigenze del proprio reparto, degli uomini che lo compongono, il peso di questo “fardello” delle volte piega le gambe di chi lo porta, altrimenti, le rende più forti. Tutto ciò dipende dalla propria attitudine, dalla propria volontà, da quanto ognuno di noi intende sacrificarsi, da quanto ognuno di noi sia disposto per il bene del proprio reparto a rimanere solo a prendere decisioni non facili, da quanto ognuno di noi sia disposto ad arrabbiarsi per il solo fatto che qualcuno dei propri uomini non sia stato all’altezza di una situazione e non per il fatto che si è stati ripresi per questo motivo ma perché egli ha fallito e ci si sente sempre parte del fallimento di un proprio uomo, dipende, da quanto ognuno di noi ama il proprio reparto e desidera che questo sia splendente poiché ogni unità assomiglia al proprio Comandante poiché esso ne è il motore. COURTESY l. pecoraro ©2008 la disciplina nonché del rispetto delle regole e dei regolamenti. Proprio nell’esercizio di tale potestà non sempre le proprie decisioni saranno sempre popolari, poiché in molti casi, chi non ha davanti il quadro completo della situazione, o chi più in generale non ha la responsabilità dell’intero reparto, non riuscirà a comprendere alcune decisioni piuttosto che altre. Questa, infatti, è una delle incombenze del Comandante in cui sarà sempre solo, poiché solo lui può e deve decidere, poiché sarà sempre e solo lui a rispondere delle proprie decisioni. Torna quindi in scena il “Fardello del Comando”, pesante, sempre più pesante, che rende doloranti le spalle di chi lo porta ma che nel contempo lo rendono orgoglioso per ciò che fa e per quello che i propri uomini fanno per lui. I grandi Comandanti, nella storia hanno sempre dimostrato di portare un “fardello” molto pesante, fatto di assoluto senso di responsabilità, di dedizione al dovere, di amore per i propri uomini senza mai dimenticare però che il reparto ha priorità, che le esigenze di questo vengono prima delle esigenze del singolo, che appunto “… per fare il bene di tutti, occorre pensare solo al reparto!”, come soleva dire un mio vecchio Comandante di Compagnia. Fare quanto descritto non è facile, probabilmente non è nemmeno adatto a tutti, poiché non tutti posseggono la forza per affrontare critiche, non tutti posseggono le capacità necessarie per poter analizzare ogni situazione in maniera lucida e prendere così le giuste decisioni, poiché è nella natura umana farsi condizionare da simpatie o antipatie, lasciarsi convincere dagli altri perdendo di vista la propria posizione senza ricordare che solo coloro che sono investiti di Comando possono realmente comprendere certe decisioni, determinati comportamenti. Quando ho assunto il Comando della Compagnia, ancorché nella posizione di Vice Comandante avessi sempre avuto grandissimo spazio di manovra, mi venne detto da alcuni dei miei Bersaglieri che ero cambiato, e non posso nascondere che la cosa mi fece riflettere poiché ritenendo giusto il mio operato sino a quel momento, non avrei mai Ho voluto scrivere queste poche righe, cariche di passione, perché credo in questo “fardello”, credo nella sua importanza e credo fermamente che sia un onore portarlo sulle spalle, e forse, proprio per rispetto a questo “fardello” chi è investito di Comando deve cercare sempre di svolgere il proprio ruolo non mollando mai, resistendo alle tentazioni che vengono di mandare tutto all’aria, ma anzi di lottare dicendo alle proprie gambe dolenti “… ancora un altro passo!”. In questa pagina. In attesa degli ordini il brogliaccio 012 23 COURTESY l. tarsia ©2008 sala convegno all’ombra del cupolone Luigi Tarsia corso Halley 1985-‘88 l’angolo delle tradizioni Questa volta il nostro Peppino ci riporta con la memoria ad un altro “luogo non consentito” C i sono luoghi che per altri sono assolutamente privi d’interesse e che per noi sono invece molto speciali: sono i nostri “luoghi dell’anima”. L’unicità che essi hanno nella nostra vita la si scorge dal modo in cui ci si appresta a visitarli. Se esistesse un atlante delle emozioni, sicuramente il cupolone meriterebbe un posto speciale. Già la parola “emozione” vuol dire, dal latino “ex movere”, muovere fuori, estromettere “ricordi che non raccontati, altrimenti muoiono”, come fossero tasselli di un puzzle, piccole tracce di un nostro trascorso che ci ricordano cosa siamo stati e da dove veniamo. Il cupolone è nel nostro immaginario il luogo in cui risiedono la maggior parte delle emozioni di quei tre indimenticabili anni della nostra vita! È come se fosse un hard disk della nostra memoria! Lo osservi ed immediatamente i file ti si ricompongono nella mente, ti si materializzano attimi e momenti che pensavi di aver rimosso ed invece sono ancora lì, più vivi che mai! Eppure il cupolone non è altro che una materializzazione architettonica moderna dell’analoga cupola romana del panteon, con tanto di oculo alla sua sommità. Proprio quell’oculo che ha assisito alle cerimonie di Santa Barbara del periodo collegiale e altrettante cerimonie di inaugurazione dell’anno accademico . Per non parlare di Mak ∏ 100 e feste danzanti. Ma il cupolone ci ha osservato in tante altre occasione. Ha visto e continua a vedere le scalate degli allievi alla sua sommità specialmen- 24 il brogliaccio 012 te durante le serene serate primaverili quando gli anzianissimi usano “battezzare” la scalata al cupolone del loro “nipote”. Un paio di anni fa esso è stato ristrutturato totalmente. Esternamente è stata rifatta la guaina impermeabilizzante ed internamente è stato rivestito di nuovi pannelli fonoassorbenti che hanno fatto scomparire alla vista interna l’oculo. I nuovi allievi non potranno quindi prender parte al torneo della “Caciottacanestro”, gioco con il quale gli anzianissimi si divertivano a far cesto con la caciotta appallottolata del pivolo nella rete dell’oculo. Questo ritorno al passato, a luoghi ed avvenimenti di tanti anni fa, ci fa sorridere, ma ci fa anche riflettere: con l’attuale modo di vivere a volte troppo “ricco” e pieno di oggetti inutili, ci stiamo forse togliendo della possibilità di godere delle piccole emozioni come quelle vissute all’ombra del cupolone. A fianco. L’oculo del cupolone, “nido” di innumerevoli berretti dei pivoli. Il cupolone oggi. Il cupolone visto dal campo di calcio ph. COURTESY l. tarsia ©2008 ph. COURTESY l. tarsia ©2008 ph. COURTESY l. tarsia ©2008 25 il brogliaccio 012 sala convegno andrea schifano corso hydra 1976-’79 Torniamo ad ospitare su queste pagine uno scritto di Andrea. È scritto con gli occhi di un padre, di un ex pilota che sa volare più alto di prima, leggetelo O ttobre 2007… e sono di nuovo qui. Saranno 10, 12, 15 metri di altezza, non lo so e, per altro, non mi interessa; sicuramente più alto di quanto non fossi 16 anni fa quando ero nella prima delle prime file da dove potevo vedere, capire, controllare tutto, ma... non mi interessa più. È un volo Delta diretto, Roma-Atlanta. Che ci faccio qui, qual è la forza che mi spinge ad andare lontano? Di preciso ancora non so, ma qualcosa c’è. Di solito, quando potevo scegliere, chiedevo un posto vicino al finestrino. Oggi non posso scegliere più e qui mi ci ha portato qualcuno, fila centrale, posto esterno vicino al corridoio; però c’e un bel monitor che indica l’aereo, alcuni dati di rotta. Quota, velocità, prua. Passa qualche minuto e ci muoviamo. Vedo lungo la pista che andiamo verso la 34 di Fiumicino; per forza, avranno chiesto un decollo north bound per acchiappare prima la lossodromia. Quando capisco che ci hanno dato la clearence avverto un brivido lungo la schiena e quando subito dopo sento i motori urlare al massimo penso a loro, nella prima delle prime file, che scorreranno tutte le procedure e guarderanno tutti gli strumenti come facevo io qualche anno fa e verificatili tutti in arco verde davo il “go” al mio secondo che cominciava chiamarmi le velocità ed alla fine sussurrava “rotazione”; in quel preciso istante sento la spinta sul sedile, acceleriamo e finalmente afferro in un attimo cosa mi spinge ad attraversare di nuovo l’oceano: un richiamo, un’altra sfida. Guardo il monitor davanti a me che mi indica la quota 2000 3000 e via via capisco che saliamo tra i 3 ed i 5000 piedi minuto; poi guardo i gradi di prua che aumentano lentamente e la latitudine che pure aumenta lentamente. 26 il brogliaccio 012 COURTESY a. schifano ©2008 ssdd ovvero strani scherzi del destino Capisco che là davanti avranno già passato tutto ad un GPS o ad un inerziale. Saranno passati dieci minuti o un quarto d’ora e là sul monitor c’è scritto 38 0 37000 piedi (troppo tempo oramai è trascorso per ricordarmi se west bound è pari o dispari, ma tanto hanno sicuramente ragione loro là davanti). Qui finiscono le mie prime emozioni ed iniziano i miei pensieri. Venti anni fa era un’ambizione, oggi un’emozione, in parte un orgoglio. Meglio oggi, lo afferro in un attimo; vent’anni fa mia figlia aveva 3 anni, oggi è laureata e per qualche capriccio del destino se n’è andata negli stessi posti in cui l’avevo portata vent’anni fa; oggi è in Florida, Pensacola dove io ho iniziato una mia avventura e dove lei oggi divide casa, ma da room mate, con un ragazzo che ha fatto il CNFM, l’Accademia, il pre flyght ed ora il corso di pilotaggio. Un altro scherzo del destino ci ha messo tutti e 3 in contatto ed ora lei è la a condividere una casa (almeno io cosi so) con una specie di mio clone. Certo da qualche settimana mi pare di avvertire che qualcosa è cambiato: in video conferenza l’ho vista con le dogtags penderle dal collo, (io non avrei mai dato le mie dogtags), un sorriso strano. Doveva restare solo 3 mesi, da Corpus è andata a Pensacola bazzicato per un po’ la UWF (University of West Florida) e propostomi di fermarsi qualche mese in più per frequentare un corso presso quella università. Ho acconsentito, ma quando qualche settimana fa via computer si è messa a piangere e mi ha detto “mi manchi, perché non vieni?”, ho stanziato un budget e capito che ce la potevo fare; tanto tra poco arriva la tredicesima, che me ne frega, sono solo soldi e poi ho qualcuno di straordinario che mi assiste mi consente di realizzare questo sogno. Che me ne frega che non funzionano più le gambe e le mani. Si sostituirerà lei ad esse: ecco un’altra forza che mi spinge. ph. COURTESY a. schifano ©2008 Così come io sto volando, con me anche i miei pensieri; la latitudine aumenta il monitor mi mostra la lossodromia con la figurina dell’aereo e mi fa capire che stiamo sorvolando la Francia, la latitudine continua ad aumentare. Non ho mai volato una lossodromia: più banali aerovie low, ogni tanto high, ma sempre costretto in una radiale assistito da un VOR. Però così a naso credo che quando la latitudine comincerà a scendere dovremmo essere a metà strada; ecco un’altra forza: cerco di capire, di tenere il mio cervello ancora sveglio. Insomma lotto, ho di nuovo voglia di lottare. Passano le ore ed atterriamo ad Atlanta; connection per Pensacola ed alle 9 di sera riabbraccio Simona. Ha affittato per me una splendida villetta a Milton con 4000 mq di giardino, piscina e all you can need; ho una macchina, il pieno di benzina ed un pacchetto di sigarette: che altro serve qui negli Usa? Appena arrivato entriamo con Simona nella straordinaria confidenza e complicità che da sempre ci unisce. “Sai papà mi sono innamorata e con Gabriele stiamo facendo dei progetti…”. Lui è già rientrato in Italia, è stato fortunato, ala fissa, Sigonella, praticamente dove abito io. “Faccio questo 2 semestri alla UWF, ritorno e… Boh, non lo so, ma se prima volevo fare la manager ed ho studiato per quello oggi sento che c’è qualcosa d’altro che mi spinge. Non lo so essere donna, moglie In queste pagine. magari madre ma per Il gabbiano qualcuno non più per Jonathan Livingstone il brogliaccio 012 27 qualcosa, come te venti anni fa; lo capisco solo ora, evidentemente ti somiglio.” Ecco cosa mi ha spinto e cosa mi spinge ancora ora: capire, condividere ed in fondo apprezzare. L’ho messa al mondo io questa figlia tutto ciò è solo un suo diritto, non mi deve neanche un grazie devo dirle solo “complimenti”. E poi è solo quello che desidero da parecchi anni; un maledetto gioco del destino ha voluto che io mi separassi da mia moglie quando lei aveva 16 anni e l’altra figlia nata a Corpus Christi (TX) solo 12. Da allora ho sempre desiderato di vivere insieme a loro, aspettarle tornare a casa, chiedergli “com’è andata? Che farete?”, ridere, mangiare insieme, fosse un panino o un pranzo completo, ed invece da qualche anno le vedo spesso ma non con la frequenza ed il modo che vorrei; ora vivrò insieme ad una delle due per circa 3 mesi, non è una vacanza, ne abbiamo fatte tante insieme, questa volta è vita. Ed ecco che mi scopro seduto davanti alla finestra del front yard ad aspettare che torni a casa dall’università con il suo spiderino e godere nel vederla scendere tuta fighetta ed avvicinarsi a me. Finalmente le posso chiedere di nuovo, ogni giorno “com’è andata? Che vuoi mangiare?”, stare seduti insieme fumando una sigaretta, progettando, confrontandoci sentendosi crescere insieme io con la mia “esperienza” lei con la sua voglia di crescere ancora. Dopo qualche giorno ricomincio a scorribandare per Pensacola: è tanto cambiata, senza GPS mi perderei ma torno al Nas, a Whiting Field alle beaches, Fort Walton, Navarre… È lì almeno con me stesso capisco qual è la forza che mi spinge, non certo quella, indispensabile, di chi dietro di me fa andare avanti la carrozzina ma la voglia di raccogliere un po’ white sand o quella di tornare all’obstacle course. Novembre 2007. Rifaccio il Thanksgiving, mangio il tacchino con una famiglia americana, amici di Simona, con la stessa ospitalità (magari un po’ ipocrita per noi italiani ma assolutamente straordinaria per loro americani) e capisco un’altra cosa che mi ha spinto fin qua: riprovare delle emozioni rimuovendo le vecchie. Dicembre 2007. Ai primi di dicembre arriva anche Gabriele e dopo qualche giorno siamo a New Orleans completamente ubriachi in Bourbon street. Li guardo: sì, sono innamorati; che ci farebbe lui qua per natale a 10000 km da casa? Oramai è più di un mese che siamo qua, sembrano pochi giorni e capisco che sono finalmente felice. Arriva Natale, l’albero le luci fuori dalla mia villetta, le decorazioni, lo stesso albero enorme con sotto i regali 28 il brogliaccio 012 e lo stesso senso di famiglia: finalmente. Gennaio 2008. Passa capodanno, arriva metà gennaio. Tra meno di un mese torno a casa ed un po’ mi spiace. Capisco un’altra cosa: “casa” e lì dove posi il cappello quando chiudi la porta, e se anche questa è una casa che un tornado spazzerebbe via in pochi secondi, per mille dollari al mese è stata mia, di mia figlia, di chi con lei sta progettando un futuro e di chi mi ha aiutato a realizzare tutto ciò. Febbraio 2008. Arriva il giorno del rientro ed all’improvviso capisco che non mi dispiace, c’è una nuova forza che mi spinge: dalla sera prima di partire dall’Italia (altri giochi del destino) ho una compagna che mi aspetta da circa 3 mesi. Un nuovo amore qualcosa per cui vale di nuovo la pena di vivere, pianificare, progettare. Agosto 2008. Sono passati alcuni mesi dal mio rientro, quasi un anno dalla partenza e sento ancora la forza che mi spinge. Simona è rientrata, vive qui a Catania ci vediamo quasi tutti i giorni e con Gabriele quando ci salutiamo uno di noi sussurra “pale a prora” e l’altro risponde “voga”. Ogni tanto arriva in tuta di volo: non lo invidio, l’ammiro. Strani scherzi del destino: la figlia di un ex allievo, ufficiale e pilota convive con un ex allievo, ufficiale e pilota anche lui. Ma sarà il destino o qualche oscura forza che ci spinge, me, lei e lui. E poi ora accanto a me c’è sempre lei un nuovo amore forse più vero di quello di prima forse perché più maturo e più spontaneo (d’altra parte mi sono sposato che avevo 22 anni, con una diversa forza che mi spingeva). A volte quando siamo tutti a tavola insieme e ridiamo, scherziamo senza mai prenderci sul serio ripenso a qualche anno fa e capisco che anche senza gambe e con poche mani sono ugualmente felice. Con queste righe non ho l’arroganza di spiegarvi nulla (anche se potrei dirvi non mollate mai, dietro l’angolo c’è sempre qualcosa di nuovo ed il cespuglio non è mai troppo alto da saltare. Quel fottuto campaccio va corso e ricorso cento, mille, diecimila volte fino a lasciarci le suole ed anche le gambe: io ho imparato questo, ma ancora una volta non ho l’arroganza di spiegarlo a qualcuno, chi lo sente probabilmente lo avrà già capito da solo). Ho solo voluto parteciparvi delle emozioni, fratelli miei. Pale a prora. A voi per tutti noi. Grazie a Simona, Gabriele, Daniela. E ovviamente a Loredana, la nuova forza che mi spinge. andrea castelli corso alphard 1975-‘78 Shakasvili fa sfoggio di dilettantismo politico e strategico Una breve analisi sulla situazione Georgiana T anto vale premetterlo subito: io sto con la Russia. Non perché Putin o Medvedev siano particolarmente simpatici, ma non si può parteggiare per Shakasvili, perché osare provocare l’orso e sognare di evitarne la zampata merita quantomeno di sollevare qualche grave perplessità. La mia simpatia e compassione vanno umanamente e ovviamente ai civili georgiani travolti dalla reazione russa, ma il mio apprezzamento non va certo al loro presidente, i cui militari tra l’altro sembra si siano abbandonati a varie nefandezze nei confronti dei civili ossetini. Un leader politico più avveduto ed esperto avrebbe intuito per tempo (e senza doverla testare), la capacità e soprattutto la velocità di reazione della macchina militare russa, senza costringere il mondo ad affannosi tour de force diplomatici per tentare di “mettere una pezza” al suo svarione. L’attacco alla ribelle Ossezia è servito solo a dimostrare, quasi non lo sapessimo, che tale velocità di reazione è frutto di una preparazione e di uno stand-by da tempo pianificati ed in attesa solo di una inavveduta provocazione. Le ragioni dei Russi sono concrete e meritano perlomeno ascolto: prima la perdita di controllo sul Mar Nero, poi le questioni indipendentiste e, infine, la provocazione di vedersi collocare lo scudo spaziale tra Repubblica Ceca e Polonia. Sono questi i nodi che Mosca ha dovuto affrontare negli ultimi 15 anni e che l’hanno portata a rivestire nuovamente le sembianze del «nuovo impero del male». Fino a 15 anni fa quella che era l’URSS controllava circa metà della costa del Mar Nero; oggi invece il controllo si riduce a poco più di un centinaio di km. La Russia è così passata dal dominio di una amplia zona strategica – per materie e produzione di energia (dal gas al petrolio) – a pochi km di spiaggia. Per questo, nella regione, Mosca non ci vuole né la NATO né l’influenza della UE che potrebbero arrivare indirettamente attraverso il cavallo di Troia georgiano. Tabù è l’adesione alla NATO quanto gli ammiccamenti con l’Unione Europea. Anche perché, come è noto, NATO, UN e EU sfoggiano una coda di paglia non da poco: l’aver avallato l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia impedisce di contestare con la necessaria credibilità l’indipendenza dell’Ossezia e della cugina Abkhazia dalla Georgia. Il problema dell’Ossezia e dell’Abkhazia non è stato molto discusso finora ma è di grandissimo rilievo strategico e potrebbe ampliare l’apertura di un pericoloso fronte di instabilità in una zona d’Asia, legata agli indipendentisti, in cui la Federazione Russa è coinvolta al di là di rivendicazioni strettamente geografiche. Una mediazione dell’ONU non è facile, ma potrebbe in fin dei conti rimanere il luogo ideale per incoraggiare incontri diplomatici, seppure il peso di un membro autorevole come la Russia potrebbe forzare al margine le Nazioni Unite. Il presidente russo Dmitri Medvedev ha mostrato una verve meno pacifista rispetto a quella evidenziata precedentemente e, anzi, avrebbe addirittura affermato che “la Russia si è rialzata e vedremo come si metteranno gli altri”. Ad oggi, complice la vicenda georgiana, Medveded e Putin il brogliaccio 012 29 sala convegno COURTESY a. castelli ©2008 ossetia appaiono ancora più vicini e sintonizzati di quanto non apparissero prima; i due leader pensano che, se per la questione Iran, Israele e Palestina si può trattare (anche in quanto problemi lontani), sul versante interno non ci sono margini e la Russia è molto meno disponibile ad aprire dibattiti. Inoltre la situazione non trarrebbe benefici da un intervento USA. In questo momento, soprattutto, in cui c’è un Bush meno potente vista la fase di transizione per l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. Talmente poco potente che persino la piccola Abkhazia ha proibito l’approdo della unità della US Coast Guard recante aiuti umanitari per i civili georgiani, sostenendo che la nave trasportasse invece armi per l’esercito. In fondo il problema vero è uno: lo scudo spaziale che gli USA vorrebbero attivare. Secondo l’amministrazione Bush, per controllare l’Iran; secondo i Russi, per controllare Mosca. Solo affrontando questo nodo, un candidato presidente potrebbe permettere l’apertura di uno spiraglio di distensione anche in Ossezia. Ma Obama ha la forza per trattare un argomento così delicato? Noi Europei però, se vogliamo essere seri e credibili, dobbiamo riconoscere la verità: voler collocare così tenacemente lo scudo spaziale tra Repubblica Ceca e Polonia è una provocazione. Se il nuovo presidente USA affronterà questo tema al di là degli slogan, allora i rapporti tra i due Paesi potrebbero tornare idilliaci. Oltre un milione di barili di petrolio al giorno, diretti dall’oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan verso occidente, sono stati messi a rischio dal conflitto georgiano. Il Consorzio che lo ha costruito (formato dall’inglese BP e dalla statunitense Chevron con una partecipazione anche dell’ENI) si è detto “preoccupato” per un investimento costato finora tre miliardi di In queste pagine. dollari. Il rischio di un La costa del Mar Nero vista atto di sabotaggio vieda Istanbul ne considerato elevato Che strano! uniformi ed armi se le ostilità dovessero proseguire. Tra le sosono yankee... 30 il brogliaccio 012 cietà che gestiscono l’oleodotto, la BP è quella che fa la parte del leone con una partecipazione del 30%. Accanto alla multinazionale inglese c’è poi la Socar, industria petrolifera di stato azera, con il 25%, e a seguire altre nove società, americane, turche, giapponesi, saudite, la francese Total e l’italiana ENI, che ha nel progetto una partecipazione del 5%. Un ministro georgiano ha dichiarato che cacciabombardieri russi hanno cercato senza successo di colpire l’oleodotto, che, permettendo al petrolio azero di saltare la Russia nel suo percorso verso l’Europa, rappresenta una delle infrastrutture di maggiore valore strategico per la Georgia. L’oleodotto, in funzione da oltre un anno, attraversa per 249 chilometri la repubblica caucasica (alcuni tratti dei quali a soli 55 chilometri dall’Ossezia meridionale) ed è l’unica condotta che dall’Asia centrale «evita» Iran e Russia per fornire Stati Uniti ed Europa. Il Times di Londra ricorda come la sicurezza dell’oleodotto sia stata una delle maggiori preoccupazioni del consorzio che lo ha costruito sin dall’avvio del progetto. Risale ad agosto il primo attacco contro l’infrastruttura in larga misura protetta sottoterra, ma non in Georgia: è avvenuto in Turchia, a opera di un commando del Pkk. Il flusso di petrolio dovrebbe rimanere sospeso per qualche settimana ancora, scrive il Times. Ma il rischio di un atto di sabotaggio viene considerato elevato se le ostilità tra Georgia e Ossezia dovessero proseguire. Le autorità separatiste sostengono che il Sud Ossezia abbia votato per la propria auto-determinazione in conformità con la legislazione in vigore in Unione Sovietica in un periodo in cui l’URSS ancora esisteva formalmente. Quindi, similmente all’Abkhazia, il governo “de-facto” del Sud Ossezia ritiene di essere stato legittimato all’infuori dello spazio territoriale, legale e politico della Georgia, prima della disintegrazione dell’Unione Sovietica e della formazione dello stato georgiano indipendente. Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio 2008, con- ph. COURTESY a. dell’agnola ©2008 temporaneamente alle deflagrazioni che hanno colpito l’Abkhazia, anche in Sud Ossetia si è registrata una forte recrudescenza di attacchi definiti terroristici, che hanno causato vittime tra i civili separatisti. Entrambi i rappresentanti delle amministrazioni, “di fatto” Abkhazi e Ossetini accusano i servizi georgiani di tali “attacchi terroristici”; la Georgia reclama di essere estranea alle azioni e scarica la responsabilità sulle faide interne tra clan locali per il controllo economico delle regioni e del consenso popolare in vista delle prossime elezioni del 2009; la Russia richiama alla necessità di pacificare i rapporti, salvo far trapelare nei propri mezzi di stampa informazioni riservate che fanno riferimento alla preparazione di un attacco bellico contro la Georgia. Di certo, il mantenimento di uno stato di tensione e di allerta giustifica nel frattempo la permanenza e l’incremento delle forze militari “di pace” russe nelle regioni di conflitto. Il Sud Ossetia in ogni caso non ha velleità di indipendenza, ma rivendica la propria autonoma volontà di annettersi alla Russia. In tutto questo contesto USA e UE ribadiscono il riconoscimento dello stato sovrano della Georgia nella sua integrità territoriale e il non riconoscimento delle regioni separatiste come stati indipendenti; chiedono un ammorbidimento delle tensioni tra Georgia e Russia e riconoscono il ruolo di mediazione che la Russia deve necessariamente ancora giocare. ph. COURTESY reuters ©2008 il brogliaccio 012 31 dimitri ruggeri corso maelstrom 1991-’94 Golfo di Guinea 2008 COURTESY d. ruggeri ©2008 sala convegno il mio nome È kwame Dimitri ci racconta il suo “mal d’Afrika” ph. COURTESY d. ruggeri ©2008 S arebbe stato opportuno annotare queste brevi impressioni direttamente sul luogo; mi ritrovo, mio malgrado, a distanza di qualche giorno dal rientro, ancora con idee frammentarie su cosa e come scrivere. Eppure la sensazione è che mi trovo a percorrere le strade con scarpe diverse; scarpe fuori moda, che non avrei mai messo prima, ma ora te le tieni strette strette fin su la caviglia e ti accorgi che sono addirittura confortevoli. Non credo, almeno per l’età che ho, di dover cambiare il mio essere per un’esperienza ma questa è l’ennesima conferma che determinate situazioni ti danno 32 il brogliaccio 012 l’opportunità di essere sempre lo stesso… anche quando vesti fuori moda o stai ai margini da tutto. L’importante è non cambiare ma adattarsi in ogni situazione per capire… Beh… questo vestito è made in Africa. È un po’ retrò, kitsch, stancante con punte glamour… è l’Africa dei bollettini postali delle Ong che ti arrivano a casa, è la stessa Africa dei bambini con il pancione o con gli occhi strabuzzanti per la fame, è l’Africa del detto e ridetto. Non In questa pagina. è stata questa l’impres- Una donna intreccia i capelli sione della mia Africa. di una giovane ragazza Baulè Per questo cambio la stessa definizione in Afrika. Con un certo disgusto da occidentale ho iniziato a guardare la terra. Tutto qui! La terra qui, il più delle volte ha fattezze di polvere, ma quando si bagna, per le frequenti piogge stagionali, diventa rossa. È questo incredibile rosso, che a seconda del cielo e delle diverse tonalità che gli fa assumere il sole, si avvicina al colore del sangue. L’immagine che si riusciva a fotografare dal riflesso di quelle pozzanghere non le posso raccontare se non con questa metafora; e si sa, la metafora può essere tanto forte, quanto molto debole o peggio ancora banale. ph. COURTESY d. ruggeri ©2008 Il Golfo di Guinea comprende molti stati che nelle spartizioni e ridefinizioni politiche del passato hanno cercato di dare a quasi tutti uno sbocco sul mare anzi sull’Oceano. Ho iniziato il mio viaggio dalla Costa d’Avorio, nome che per legge nazionale non può essere tradotto diversamente da Cote d’Ivoire. Da qui e dal confinante Ghana sono iniziate le razzie con mercato degli schiavi che avrebbe fatto le fortune delle attuali potenze mondiali. Panta rei. Non voglio dilungarmi nella storia…o perdermi in essa e allora cerco di guardare questo popolo attraverso le innumerevoli maschere per assumere il loro stesso colore e non avere il fardello da bianco che mi porto dietro. Nelle loro tradizioni le maschere utilizzate nei numerosi riti animisti, non avevano né un nome né si conosceva l’artigiano che le aveva costruite: l’origine era divina. Decido in corso d’opera di cambiare nome di battesimo in Kwame: questa è ora la mia maschera. Qui il nome della persona viene associato al nome del giorno della settimana in cui si nasce. Oggi con una certa facilità queste mercanzie si riescono ad acquistare direttamenIn questa pagina. te nei negozietti che te L’autore gioca li possono costruire su con alcuni bambini misura. Il mio viaggio inizia ad Abidjan soggiornando nel quartiere malfamato di Abobo. Abidjan sconta ancora la follia dell’ex capo di stato Boigny che per capriccio trasferì la capitale politica a Yamoussokro,un ex villaggio di cinquecento anime, rendendolo simile a una sorta di Las Vegas post atomica, costruendo immensità architettoniche come il clone della Basilica di san Pietro in Roma “Notre dame de la Paix” benedetta da Giovanni Paolo II. Non sono d’accordo con chi ha definito “follia” la costruzione di questa immensa opera che può accogliere fino a trecentomila fedeli in piedi. Credo effettivamente che per il Colosseo, le Piramidi o Notrè dame si pagò un prezzo più alto ed ora sono Patrimonio dell’Umanità o (disumanità). La Cote d’Ivoire è stata una delle pochissime nazioni africane a iniziare negli anni ’60-’70 un incredibile sviluppo. Ho vissuto ad Abobo un paio di giorni e questo quartiere rispecchia “la miseria grigia e la miseria allegra” ma,come al solito, sono paradossi… non solo africani. Arrivo per partecipare ad un progetto sociale con una Ong che per varie ragioni viene annullato. Riprogrammiamo tutto e ci troviamo a decidere cosa fare con un biglietto aereo da qui ad un mese… Decidiamo di partecipare ad un altro progetto che era già iniziato nell’entroterra, a Nord. Il villaggio si chiamava Kossè N’Gattakro vicino a M’Bahiakro. L’etnia che vi vive è Baulè. La Cote d’Ivoire esce dalla guerra dal 2006 ma dalla tensione basta poco per stimolare i perenni focolai, in particolar modo nella la zona in cui eravamo (tra mussulmani e i pochi cristiani… abbondanti a Sud) e come se non bastasse l’effetto del post colonialismo francofono. Ho trasgredito tutte le regole igienico sanitarie, iniziando nel bere l’acqua del pozzo del villaggio di Kossè, senza antimicrobici, mangiando topi e gazzelle accompagnate fin dalle prime ore del mattino dal koutukou, (una sorta di estratto della palma distillato, simile alla grappa per sapore); il tutto il brogliaccio 012 33 ph. COURTESY d. ruggeri ©2008 allietato dal gusto del loro pane che qui si chiama attikè o lo yam derivati da enormi tuberi. La vita, con tutte le loro giornate, girà e girerà intorno ad un fuoco sul quale c’è perennemente qualcosa in cottura. Il pozzo è l’altro punto d’incontro del villaggio: dalla famiglia al clan tra un crocevia di donne e bambini che pompano l’acqua su immense tinozze trasportate sul capo. Capisco ora perché hanno un’andatura particolare causata dai danni sulla colonna vertebrale. I glutei sporgenti sono frutto di necessità, non di chirurgia estetica. L’Afrika è una donna: non è una banale constatazione. L’etnia Baulè deriva dagli Akan, che a loro volta sono i padri degli Ashanti e l’area interessata comprende anche quella del vicino Ghana. Un’antica leggenda orale Baulè racconta che l’origine di questo popolo derivi dal lamento “bauli!” (il bambino è morto) che la regina Pokou esclamò quando dovette immolarlo per salvare il proprio popolo perseguitato dai vicini Ashanti. Terminato il progetto si decise di andare nel vicino Ghana o meglio in quei luoghi, un tempo appartenuti all’antico impero del Ghana, un altro tempo ancora appartenuto, nella sola fascia costiera a portoghesi, svedesi, danesi, francesi, tedeschi e inglesi eccetera eccetera. Da Cape Coast, passando per Elmina in molte altre località, vennero costruiti fortezze e piccoli castelli, all’inizio utilizzate come magazzini per le merci e poi utilizzate per uomini. Ammassati in pochi 34 il brogliaccio 012 metri quadrati solcavano quella che era definita “the door of no return” per salire sulle navi. Non si conoscono i numeri ma le stime parlano di 20 milioni di persone di cui circa la metà morirono nel tragitto verso le americhe e il settanta per cento originario di Ghana e Cote d’Ivoire. Ci avviamo verso Accra e rincontriamo alcuni amici che avevamo lasciato nel percorso. Il Ghana è stata la prima nazione africana a raggiungere l’indipendenza nel 1957. Ripercorriamo più di 500 km in dodici ore facendo otto cambi e cavalcando ammassati le vecchissime ferraglie delle Peugeot 505 e dei pulmini chiamati (in Ghana) tro-tro per l’aeroporto di Abidjan. Glen, un artista, asserì che l’indipendenza del Ghana non ha senso se non è accompagnata dall’indipendenza dell’intera Afrika. Credo di non essere cambiato, almeno fisicamente, almeno emotivamente ma il nome che, volentieri, affianco al mio con la massima razionalità è: Kwame. Sono nato il sabato. www.picasso01.wordpress.com In questa pagina. Il riposo di un giovane a Kossè i turbamenti dell’allievo Törless alberto catone corso halley 1985-’88 Da dove veniamo? Questa sostanzialmente la domanda di Alberto che lo ha portato a ricercare nella letteratura e nella cinematografia tracce delle Scuole Militari P va origine dalla constatazione, comune a buona parte dei miei compagni, che la condizione di allievo del Morosini era fondamentalmente diversa da quella della totalità dei coetanei, dalla cerchia degli amici e dai compagni di scuola di prima, con cui non potevo più rapportarmi sulla base delle comuni esperienze e dai quali andavo sempre più distaccandomi. Quindi, cercando inizialmente risposte a questa domanda, ho guardato anche nella letteratura o nel cinema per trovare e riconoscere esperienze paragonabili a quelle che stavo vivendo. La letteratura mondiale presenta diverse opere di vario e discontinuo valore artistico che raccontano, sovente rielaborando esperienze personali, vicende ambientate in scuole, collegi e istituti simili al Morosini. Queste vicende, pur lontane nel tempo e filtrate dalle peculiarità della situazione e dalla sensibilità dell’autore, possono essere riconosciute come familiari da parte di qualsiasi ex allievo. In un elenco abbastanza nutrito di lavori tre sono i titoli che assurgono alla piena dignità letteraria, superando la mera descrizione di luoghi e la cronaca di eventi, soddisfacendo, al di là dell’intrattenimento, le aspettative del lettore. Due di queIn questa pagina. sti riguardano la realtà La copertina del libro COURTESY www.amazon.co.uk ©2008 remessa: il Morosini e le istituzioni similari sono il residuo di un sistema educativo tradizionale che ha avuto massimo sviluppo e migliore espressione in Europa fra la fine dell’ottocento e la prima metà del novecento. Attualmente ha ancora grande diffusione solo negli Stati Uniti d’America, ove un’educazione impartita in scuole superiori organizzate militarmente è ancora considerata un ottimo sistema di selezione e formazione dei figli dell’élite del paese, in una realtà dove la mancanza di una leva obbligatoria, che trasmettesse i valori marziali completando la formazione dei cittadini, è stata surrogata da istituzioni più o meno volontaristiche con il medesimo intendimento. Queste istituzioni, pur con radici in epoche così diverse da quelle attuali, non sono necessariamente sorpassate e obsolete, in quanto gli scopi espressi o intrinseci che si prefiggono e i valori che intendono trasmettere, conservano tuttora la loro validità. Queste scuole pongono il frequentatore di fronte ad un precoce bivio che differenzia per sempre la loro esperienza e formazione da quella dei coetanei, fungendo da vero e proprio rito di passaggio. A questo proposito, infatti, un interrogativo fra i molti che mi ponevo da giovane allievo era proprio se l’esperienza vissuta e le emozioni che stavo provando avessero un riscontro, oltre che nei frequentatori del collegio, anche in altri. Questa domanda trae- il brogliaccio 012 35 sala convegno COURTESY a. catone ©2008 ascendenze letterarie COURTESY www.photobucket.com ©2008 mitteleuropea, in momenti diversi ma in istituzioni simili, ed uno è ambientato in Sudamerica. Si tratta, rispettivamente, de “I turbamenti del giovane Törless” dell’austriaco Robert Musil, “Scuola sulla frontiera”, del magiaro Geza Ottlik, e “I cani e la città”, dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa. In questa sede intendo parlare del primo, che rappresenta quello più artisticamente rilevante dei tre, anche se le suggestioni e le affinità che un lettore avvertito come l’ex allievo può ritrovare sono, probabilmente più forti negli altri libri, complice la maggiore vicinanza temporale e l’affinità temperamentale ungherese o sudamericana, con quella nazionale. Il libro. Il titolo originale, Die Verwirrungen des Zöglings Törleß dovrebbe essere tradotto più propriamente con “i turbamenti dell’allievo Törless”, sintetizza il contenuto di quello che è, essenzialmente, un lungo racconto di formazione. L’opera costituisce uno dei migliori esempi di espressionismo letterario in lingua tedesca, e anche qui, nella vicenda reale viene esasperata l’irruzione dell’elemento emotivo, privilegiando una interpretazione soggettiva della realtà. La storia fa perno attorno alla figura di un giovane ancora acerbo alla ricerca di valori morali saldi e certi, in una realtà sgradevole ed ostile, in un contesto, per la verità, non solo anticipatore della vita reale ma anche, sorprendentemente, antesignano del novecento ancora In questa pagina. da venire all’epoca delScena tratta dal film Der la redazione dell’opera, junge Törless, ove pochi e spregiudidi Volker Schlöndorff 36 il brogliaccio 012 cati individui, sfruttando e facendo leva sulle debolezze altrui, perseguono il proprio tornaconto influenzando una massa imbelle e manovrabile, sotto il pretesto di concetti ed idee superficiali ma seducenti, avvalendosi della miope comprensione delle autorità. Il protagonista, Törless, di buona famiglia borghese, è stato avviato dai genitori ad un prestigioso collegio militare situato in una località di provincia al centro dell’impero austroungarico. Ivi, sullo sfondo della regolata vita della scuola, si snoda una vicenda di violenza e sopraffazione nei confronti di un compagno, Basini, il quale ricattato per un furto, la cui conoscenza l’avrebbe portato all’espulsione, viene prevaricato da altri due allievi più spregiudicati, ai quali inizialmente sembra affiancarsi il protagonista. I due, Reiting e Beineberg, sono dei perfetti antesignani delle figure negative che domineranno il primo novecento: Reiting, di famiglia non agiata è mestatore e calcolatore, mette in piedi piccoli traffici e macchinazioni che sfrutta per accrescere il proprio peso all’interno del gruppo degli allievi ed influenzare a proprio vantaggio le dinamiche della vita del collegio; Beineberg, di ascendenza aristocratica, è influenzato dalle dottrine filosofiche orientali, prevalentemente indiane così come interpretate dalla mentalità della fine dell’ottocento, in particolare dagli aspetti irrazionali e antimoderni, quasi a prefigurazione degli attivisti dell’ultradestra che si affermeranno, soprattutto nel mondo germanico, dopo il primo conflitto mondiale. In realtà le pulsioni e le motivazioni di questi due personaggi servono solo da paravento e nobilitazione ideale della loro volontà di prevaricazione ed affermazione nel contesto degli allievi, al fine di vantaggio e tornaconto personale. Törless, espressione del mondo e dei valori borghesi, inizialmente confuso ed attratto dal cinico materialismo del primo, come dall’irrazionalismo del secondo appare apparentemente duro e intransigente all’inizio, ma poi accorgendosi che dietro alle parole ed alle idee dei due vi è solo vana crudeltà non vuole più esser complice degli altri due e,smascherando lo genio o artiglieria. Le scuole cadetti, di durata triennale o quadriennale, erano degli istituti superiori alternativi alle accademie i cui frequentatori venivano immessi direttamente ai reparti corrispondenti alla scuola frequentata. COURTESY www.buecher-wiki.de ©2008 squallore delle loro ragioni, arriva ad accusarli di inutile brutalità. Essi, quale ritorsione per essere stati sminuiti di fronte alla loro vittima, decidono di denunciare Basini all’intera classe, gettandolo alla vendetta del gruppo. Törless cerca di salvare Basini mettendolo a parte dell’evoluzione della situazione, ma questi preferisce andare a costituirsi dal direttore, dal quale, però, verrà espulso. I suoi tormentatori, Reiting e Beineberg saranno, al contrario, considerati con comprensione, non quali persecutori ma come ragazzi che avevano agito in modo certo errato, ma con l’intento di redimere Basini. Törless lascerà il collegio maturato dalle esperienze vissute, rigettando il sistema di valori dei compagni. La scuola. La scuola, che nel libro viene lasciata molto sullo sfondo, era l’unica del suo genere in tutto l’impero. Il sistema scolastico militare austroungarico, ai primi del novecento si basava su una serie di scuole inferiori, ed una scuola superiore, proprio quella di Mährisch Weißkirchen l’odierna Hranice na Morave, nella Moravia ceca. Lo scopo di queste scuole non era, dichiaratamente, quello di introdurre lai frequentatori alla prosecuzione della vita militare, anche se gli sbocchi naturali degli allievi della scuola superiore militare erano le accademie austriache, che fornivano i sottotenenti e i guardiamarina delle forze armate ovvero le scuole cadette che selezionavano ufficiali con il grado di aspirante. I frequentatori della scuola superiore militare, infatti, dopo i tre anni di corso potevano accedere direttamente all’ultimo anno delle scuole cadetti di fanteria e cavalleria ovvero al penultimo di Il film. Nel 1966 il regista tedesco Volker Schlöndorff, realizzò Der junge Törless, riduzione cinematografica abbastanza fedele del racconto di Musil. L’ambiente d’epoca, seppure accennato, è sostanzialmente plausibile, mentre la scuola è sbozzata in modo generico, peraltro come nel libro. Il regista contestualizza le intuizioni dello scrittore il quale, scrivendo nel 1906, aveva precorso, nella descrizione di Beineberg e Reiting, le figure dei moderni capopopolo della società novecentesca che, sfruttando tecniche di manipolazione e mobilitazione della massa, alternando richiami irrazionali, tradizionali e ricattatori, ne avrebbero incanalato l’azione funzionalmente ai propri fini. Schlöndorff tratteggia i personaggi negativi come dei nazisti in erba, mentre gli altri sono raffigurati o stolidamente acquiescenti ovvero apatici di fronte al crescendo di violenze perpetrate, quasi come il popolo tedesco di fronte all’avvento nazionalsocialista negli anni venti e trenta. Conclusioni. Nonostante la distanza temporale dalle vicende narrate da Musil, molti aspetti del racconto si imprimono nel lettore, specialmente se avveduto e preparato quale un ex allievo, che, nello sfondo collegiale e nel contesto, può agevolmente individuare al di là del taglio conferito dall’autore alla vicenda, elementi comuni e familiari della propria esperienza collegiale. Così gli accadimenti di sfondo della storia, il ritorno dopo le vacanze alla ripresa delle lezioni, le libere uscite in una città estranea ed indifferente, le dinamiche esasperate nei rapporti interpersonali all’interno della scuola, l’estraneità del corpo docenti ed istruttori dal mondo dei giovani frequentatori, i luoghi nascosti e proibiti, la consapevole e noncurante violazione delle regole interne, la solitudine e la confusione, la ricerca di nuovi punti di riferimento di ciascun giovane lontano dal confortevole ambiente familiare, sono altrettanti aspetti del romanzo che riecheggiano qualcosa di noto e già vissuto, così come come ciascuno può riconoscere -o riconoscersi- nei personaggi tratteggiati dallo scrittore i prototipi dei compagni incontrati. In questa pagina. L’autore del libro il brogliaccio 012 37 stefano meconi corso mizar 1978-‘81 COURTESY s. meconi ©2008 sala convegno serbi iddio l’austriaco regno …Italiani in armi sotto Francesco Giuseppe I, 1882-1918 Ancora una volta, alla caserma Cornoldi di Venezia, in mostra gli italiani in armi Q uesta volta si tratta di italiani particolari: tali per lingua e cultura, ma sudditi fedeli di Sua Maestà Imperiale Regia Apostolica, Francesco Giuseppe I, i quali, a seguito dei trattati di pace del 1919 divennero Cittadini del Regno d’Italia. 38 il brogliaccio 012 ph. COURTESY s. meconi ©2008 Con la firma del trattato di Saint German en Laye, il 10 settembre 1919, la guerra tra l’Italia e “uno dei più potenti esercito del mondo” era definitivamente conclusa. Per il Nostro Paese le clausole più rilevanti dei 381 articoli riguardavano la cessione delle provincie trentine, del sud Tirolo, di Trieste e della Val Canale oltre a diverse isole Dalmate, con la città di Zara . Con il passaggio di quelle terre sotto l’Italia anche i sudditi della sconfitta monarchia danubiana divenivano cittadini del Regno: gran parte erano già di lingua - e quindi di nazionalità - italiana, oltre a Ladini e, ovviamente, tedeschi, termine con cui erano indicati, genericamente, i sudditi di lingua e nazionalità tedesche. Fino ad allora, nel complesso, i confini dell’Impero Austro-Ungarico racchiudevano 12 nazionalità distinte, così come erano presenti diverse minoranze etniche e religiose. Ben sette erano le confessioni curate all’interno delle Forze Armate. Il giuramento dei militari a S.M.I.R.A. era edito su un piccolo fascicolo rosso a caratteri neri, diversi solo per lingua, ma identico per tutte le nazionalità. Lo stesso avveniva sulle Corone - la cartamoneta - e per le parole dell’inno dove “Gott erhalte, Gott beschutze unsern Kaiser, unsern Land…”, diveniva “Serbi Iddio l’austriaco regno, guardi il nostro Imperator…”. Ed ancora in italiano era stato l’appello dell’Imperatore, affisso su tutti i muri, dopo l’attentato di Sarajevo: “AI MIEI POPOLI!” “Era il mio più fervido desiderio di consacrare ad opere di pace gli anni che Mi sono ancora concessi dalla Grazia Divina e di preservare i Miei popoli dai gravi sacrifici ed oneri della guerra… devo accingermi a procurare con la forza delle armi le imprescindibili garanzie che assicurino ai Miei Stati la quiete nell’interno e la pace duratura con l’estero… Con coscienza tranquilla Mi incammino sulla via che il dovere Mi addita. Confido nei Miei popoli, i quali in tutte le procelle si sono schierati sempre uniti e fedeli intorno al Mio trono e furono pronti ai più gravi sacrifici per l’onore, la grandezza e la potenza della patria. In questa pagina. Confido nella valorosa Elmo piumato esposto armata austro-ungarica, alla mostra piena di entusiasmo e di devota abnegazione. E confido nell’Onnipotente, che concederà alle Mie armi la vittoria”. Vienna, 28 luglio 1914 Franz Josef Secondo lo storico Francoise Fejto - ungherese!! i conflitti interni di nazionalità non avrebbero potuto, da soli, comportare la dissoluzione dell’impero: l’intervento dei paesi vincitori, con la loro volontà di cancellare gli Asburgo dalla geografia dell’Europa, furono la causa reale della caduta della corte viennese che, probabilmente sarebbe rimasta salda al potere; ma soprattutto diversa sarebbe stata la sorte dei paesi della mittleuropa: i decenni successivi li videro tristemente vittime di due annessioni: quella al Reich di Berlino - con revanchismi e alleanze che condussero alla II Guerra Mondiale - e quella, durata quaranta anni, all’Unione Sovietica e alla rigida diplomazia di Mosca. In un Impero così vasto, quella italiana era una minoranza del 2%. Eppure nei quattro reggimenti Kaiser Jager - proprietà dell’Imperatore - e nei tre Landesschuetzen - le truppe da montagna - oltre la metà degli effettivi parlava italiano. Quando nell’agosto del 1914 da Trento e da Trieste partirono le tradotte per i confini nord orientali, gli uomini forse non immaginavano che dopo quattro anni - i sopravvissuti - sarebbero divenuti abitanti di un Regno, che per il momento era neutrale ma che sarebbe divenuto una delle cause prime della sconfitta. Ancor prima dello scoppio della Guerra, l’Italia era considerato il nemico storico, il perfido vicin, anche durante il periodo dela triplice alleanza; nella versione in italiano del Kaiserjägerlied, la Marcia dei Kaiser Jager, la terza strofa recita:”.. E, per la patria impavido / col perfido vicin / il cacciatore slanciasi / a lotta senza fin …”. Ad onor del vero scarsa stima reciproca vi era anche tra le alleate Germania e Austria-Ungheria, che non si risparmiavano la memoria della guerra del 1866. Persino Adolf Hitler nel suo Mein Leben del 1925, attribuisce la sconfitta della Germania all’alleanza con l’Austria, affermando che questa aveva da tempo cessato di essere uno stato tedesco; nonostante in quel periodo si parlasse di Waffentreue (fedeltà d’armi) e Kameradschaft (cameratismo) austro-germanica nei confronti della Treulose Italien (sleale italia), Hitler arrivò ad ammettere che l’Italia, lungi dall’essere “traditrice” (come luogo comune della propaganda austro-tedesca durante e dopo la guerra) aveva tutti i motivi per muovere guerra all’Austria, poiché troppe erano le colpe che gli Asburgo avevano commesso nei confronti della libertà e dell’indipendenza italiane per poterle dimenticare subito. Ma, allora, per gli abitanti delle vallate trentine, delle alture triestine, della Dalmazia, il governo di Vienna era il governo legittimo cui obbedire “per Dio, per la Patria e per l’Imperatore”. Certo non và dimenticato il fenomeno degli Irredentisti, e di coloro che si sacrificarono per far riconoscere “l’italianità” di quelle terre. Ma, per la grande maggioranza, quei sentimenti erano lontani, estranei dalla semplicità della vita valligiana. Ed, in fondo, la burocrazia statale aveva una sua apprezzabile efficienza. A distanza di novanta anni, nell’anno in cui l’Italia celebra con solennità la compiuta Unità nazionale, riscattata con una guerra combattuta per affermare principi di libertà, vinta grazie al sacrificio di oltre 650.000 uomini, non si può non ricordare gli italiani che combatterono sotto l’aquila bicipite: i trentini caduti furono 10.501 ed oltre 4000 i giuliani, per i quali, il nuovo Stato, impose che “… le vittime oscure dell’Austria nefanda potevano avere il ricordo di una semplice lapide in un angolo del camposanto, non già l’onore di una piazza e il pensiero del popolo, dovuto ai Caduti per la patria… l’unico augurio ammesso, era immaginare i loro spiriti esultanti per la redenzione della patria”. Giusto, la Patria; ma quale? Vae victis. I discendenti di quei caduti - fedeli sudditi della monarchia viennese - sono oggi, senza dubbio alcuno, fedeli cittadini italiani e lo hanno dimostrato in quasi un secolo di Storia. Scrive, Baratter, storico trentino: la Storia quella vera, non dimentica mai che i suoi protagonisti sono gli Uomini, tutti, senza vincitori né vinti. Essa non appartiene a nessuno, ma può servire, a chiunque, per conoscere le proprie radici, senza cui non si può vivere con lucidità il presente; và conosciuta sotto un’ottica rigorosa e imparziale, libera da condizionamenti e imposizioni di opportunismo, senza le pressioni ideologiche di partiti e di esponenti della cultura: da costoro null’altro ci si attende che l’onestà intellettuale nel rappresentare la Storia. il brogliaccio 012 39 COURTESY l. tarsia ©2008 cupolone il giardinetto del comandante luigi tarsia corso halley 1985-’88 Sette sezioni per sapere sempre dove siamo e che cosa facciamo F IOCCO ROSA e fiori d’arancio Lo scorso 20 luglio è venuta alla luce la piccola Ginevra, figlia di Chicco Urbani (corso Excalibur 1990-’93) e di Silvia Tomei. Pale a prora! Il 27 settembre Andrea Dell’Agnola è convolato a nozze con Marzia. Auguri… e figli morosiniani!!!! A ULA STUDIO Si sono ritrovati a Venezia nel mese di ottobre gli allievi del corso Sagittario che hanno festeggiato il loro quarantennale e del Corso Halley che ha festeggiato il ventennale. Sebbene l’età avanzi, lo spirito goliardico è sempre lo stesso… pale a prora!!! M ARCIA AVANTI! Congratulazioni a Nicola Andriana (corso Deimos 2002-’05) e a Andrea Aloisi (corso Alpherat 1999-2002) che il prossimo 1° ottobre inizieranno la frequenza del 172° corso Allievi Agen- 40 il brogliaccio 012 ti di Polizia di Stato presso la Scuola Allievi di Trieste! A loro il nostro più caloroso pale a prora per la carriera intrapresa, che possa essere gratificante e ricca di soddisfazioni! Congratulazioni a Nunzio Difonzo (corso Deimos 2002-’05) e Marco Burcheri (corso Daidalos 2004-’07) neo allievi dell’Accademia della Guardia di Finanza. C I VEDIAMO DA ORFEO La prossima cena ex-allievi di Santa Barbara si terrà in quel di Cava de’ Tirreni il prossimo 6 dicembre. Per essere sempre aggiornati sugli sviluppi organizzativi, visitate il sito associativo www.assomorosini.it Pranzo di Natale Interscuole domenica 14 dicembre 2008 presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Venezia. Sulla scia del successo ottenuto da riunioni congiunte in varie località italiane, abbiamo pensato di organizzare un incontro interscuole a Venezia in prossimità del Natale. L’opportunità è dedicata a tutti gli ex allievi domiciliati in Veneto, ed in particolare agli ex allievi residenti o con sede di lavoro a Venezia e provincia ma senza, ovviamente, alcuna esclusione. COURTESY g. sesani ©2008 COURTESY u. urbani ©2008 COURTESY s. meconi ©2008 In questa pagina. Da sinistra a destra il nuovo comandante di Marifari, l’Ammiraglio Fumagalli ed il Comandante Meconi; la piccola Ginevra; il nostro labaro a Reggio Calabria G B Il 5 settembre il contrammiraglio Paolo Treu allievo del corso Phoenix ha assunto l’incarico di Capo del 6° Reparto Aeromobili e Comandante delle Forze Aeree. È stato bandito un concorso straordinario, per titoli ed esami, per il reclutamento di tre guardiamarina in servizio permanente del ruolo speciale del Corpo sanitario militare marittimo, per laureati in psicologia. Scadenza: 6 ottobre 2008. Per maggiori informazioni cliccate il sito ufficiale della MMI www.marina.difesa.it ENTE DI MARE L’11 settembre il comandante della Scuola Navale Francesco Covella ha ceduto il comando al Capitano di Vascello Enrico Pacioni. Dal mese di novembre il Capitano Di Fregata Stefano Meconi del corso Mizar, ha lasciato il Comando di Marifari Venezia. Non lascerà comunque la città lagunare che lo vedrà impegnato presso la Direzione Marittima Veneziana. Nel corso della sosta operativa a Mombasa, in Kenya, il Capitano di Vascello Pier Federico Bisconti ha ceduto il comando del cacciatorpediniere Durand de la Penne. ACHECA È stato bandito un Concorso, per titoli ed esami, per la nomina di 33 Guardiamarina in servizio permanente nei ruoli speciali dei corpi di stato maggiore, genio navale, armi navali, sanitario militare marittimo, commissariato militare marittimo e delle capitanerie di porto. Scadenza: 25 settembre. Per maggiori informazioni cliccate il sito ufficiale della MMI www.marina.difesa.it Ad tutti va il nostro “in bocca al lupo”! Si è svolto a Reggio Calabria il 27-28 settembre il raduno quadriennale dell’ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). In porto erano presenti per l’occasione la nave anfibia San Giorgio, una rappresentanza di mezzi della Guardia Costiera e la nave scuola Amerigo Vespucci. Per l’occasione ha sfilato il nostro Labaro Associativo. L’ANMI è presieduta dal nostro ammiraglio Paolo Pagnottella (corso 1962-’65). Per maggiori informazioni cliccate www.marinaiditalia.com il brogliaccio 012 41 Programma del giorno 6 dicembre 10:30 Visita al sito archeologico di Paestum 13:30 Rientro a Cava de’ Tirreni 17:00 Cocktail presso il Circolo del Tennis - Via M. Garzia, 2 17:30 Assemblea dei Soci 19:30 Inizio affluenza partecipanti al Pranzo di Gala - presso le Sale Comunali di P.zza E. Abbro 20:00 Apertura della serata e Vin d’ Honneur 20:30 Pranzo 23:00 Inizio serata danzante Per il Pranzo di Gala è gradito l’abito scuro, per i militari si consiglia l’O.I. Programma del giorno 7 dicembre 11:00 Santa Messa presso la Badia di Cava de’ Tirreni 16:00 Visita agli scavi di Pompei 20:30 Spettacolo di Cabaret presso il Circolo del Tennis Tutte le informazioni ed i moduli per l’adesione sul sito www.assomorosini.it TENAV E TE GAT REGA artt H bar eyy Hob idneey-H Sidn ro 47 A Anno 9 Nume rte Navale 2008 Aprile/Maggio rale Rivista bimest E L A V A ARTEN TARE MARINA MILI Navale Accademia FOTOGRAFI nghi Carlo Borle v. in L. 353/2003 (Con n°46) art. 1, 27/02/2004 BERGAMO comma1, DCB ASSOCIAZIONI voia Canottieri Sa CANTIERI i Sangerman TRADIZIONI i dhow Il cantiere de e in a.p. - D.L. ero 47 - Poste Anno 9 - Num STORIA Garibaldi O MO SM NI NI NIS EZION EZIO LLE COLL rin Fi rine Figu Spedizion Italiane Spa - on o 2007 Aprile/Maggi le Rivista bimestra usiva l c s e d e a t a raffin ù i p a c i t u a in La rivista d Solo in ie igliori librer to e nelle m abbonamen uri, ero: ntieri, i resta ca i In ogni num i, g g o i d e arche di ieri , le più belle b ioni del mare iz d a tr le e o, a stori e il modellism o m la cultura, la is n io ez ll ato tografi, il co e, l’antiquari st a i pittori e i fo le i, se u ni, i libri, i m le associazio 55 euro (6 numeri): le a u n n vale.it a to www.artena t Abbonamen .i le a v a rten 373 - info@a Tel. 02.7491 Marina Militare ! o e r r u a t u m f … o i u d lI t ta ta r o p a www.marina.difesa.it [email protected]