Il Modello dell`Utilità Attesa in azione: TASSE, EVASIONE FISCALE

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Il Modello dell`Utilità Attesa in azione: TASSE, EVASIONE FISCALE
Il Modello dell’Utilità Attesa in azione:
TASSE, EVASIONE FISCALE E ISTITUZIONI
Nella precedente lezione abbiamo visto che il valore atteso (VA) è un valore “certo” e “oggettivo”.
Certo poiché è indipendente dal mondo che si realizza
Oggettivo poiché è indipendente dalla psicologia di chi lo calcola
Nella precedente lezione abbiamo visto che l’equivalente certo (ce) è un valore “soggettivo”.
Soggettivo poiché dipende dalla curvatura della funzione di utilità (dal parametro “r” nelle funzioni
CARA e CRRA): tanto più si è avversi al rischio, tanto maggiore è la cifra che siamo disposti a pagare
per la certezza del VA. Infatti, il premio al rischio (PR) è pari a PR=VA-ce.
Questi concetti sono molto utili per studiare varie e frequenti situazioni della vita reale.
Qui approfondiremo il discorso sul gioco “Fisco vs Evasori”, ma è d’uopo un accenno al
famoso/famigerato SPREAD.
SPREAD~Premio per il rischio
SPREAD, in italiano differenziale, è la differenza tra il rendimento del Btp a 10 anni e quello del suo
omologo tedesco, il Bund.
Nel gergo del modello dell’UA si potrebbe in qualche modo dire che il Bund gioca il ruolo di VA, il
Btp quello di ce.
Il segno è opposto poiché qui un tasso di interesse maggiore implica che all’asset viene associato un
maggior rischio: forse sapete che il prezzo di un titolo e il suo rendimento sono inversamente
proporzionali.
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Cronistoria essenziale:
2006. La crisi era ancora lontana, il differenziale Btp/Bund segnava 24 punti base (pb). In pratica, i
nostri titoli rendevano lo 0,24% in più rispetto ai Bund. Nella percezione degli investitori, i titoli di
stato italiani erano considerati addirittura più sicuri dei bond statali britannici (spread=82) e dei
Treasuries USA (spread=87).
Autunno 2010. In Europa comincia a sentirsi la crisi dei debiti sovrani. Lo spread irlandese è a 621, il
Portogallo è a 377, la Spagna a 251 e la Grecia a 932. Nascono i paesi PIGS (l’Italia NON ne fa parte)
Estate 2011. I mercati si accorgono che anche la situazione italiana è compromessa. Ha un alto debito e
la crisi economica ne comprime il Pil: come pagare il debito con poco Pil? (a livello micro: può un
individuo pagare un mutuo se il suo stipendio cala?) A novembre Berlusconi lascia il Governo e gli
subentra Monti. Lo spread è oltre 500 punti e il Btp paga quasi il 7.5% di interessi. I paesi PIGS
diventano PIIGS (l’Italia è la seconda I)
Marzo 2012. La crisi dei debiti sovrani di Spagna e Grecia continua ad impattare sullo spread.
Luglio 2012. La BCE inizia a dire esplicitamente che interverrà con decisione
Aprile 2013. Monti lascia il Governo e gli subentra Letta.
Oggi. Debito/pil ancora più elevato di alcuni anni fa e Pil ancora in calo. Ma spread basso: ci stanno
dando molta fiducia. Credibili anche grazie alla protezione della BCE. Durerà? Quanto?
NB il nostro debito pubblico è circa 2.000mld: ±100 punti base valgono ±20mld!
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PERCHE’ studiare l’evasione in un Corso di Analisi e Politiche microeconomiche?
RISP. Perché l’evasione si può analizzare con un modello teorico che contiene molti dei concetti che
stiamo studiando, si può combattere anche attraverso politiche microeconomiche ed è fenomeno in cui
la credibilità dello Stato nel mantenere gli impegni (commitments) è fondamentale. In particolare:
dal lato individuale
l’evasione è la decisione di un agente economico razionale - con una certa propensione al rischio - che
vuole massimizzare la propria l’utilità attesa data una certa probabilità di essere sottoposto ad
accertamento.
dal lato istituzionale
l’evasione fiscale è la cartina di tornasole della funzionalità (= efficienza, efficacia, economicità) dello
Stato. Quanto è credibile lo Stato quando “tratta” con i potenziali evasori? Quali interventi anti
evasione sono risultati più adeguati e quali meno? In che modo la quali-quantità dei beni/servizi
pubblici finanziati con i tributi incide sull’evasione?
Il modello che vi propongo è una scommessa tra Evasore e Fisco.
Ma, anzitutto, è necessaria una presentazione dell’evasione come fenomeno economico-sociale.
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L’evasione fiscale è fenomeno complesso e multiforme, nelle cause e negli effetti, da sempre radicato
nei sistemi tributari di ogni paese (ricordate Alberobello?). Ecco un “simpatico” sillogismo:
Senza Fisco non c'è Evasione fiscale; Senza Fisco non c'è lo Stato. => Non c'è Stato senza Evasione.
CAUSE:
1. scarsa efficienza del sistema di controllo e repressivo (corruzione, cartelle pazze, amnistie);
2. opacità e complessità del sistema fiscale (730 “lunare”)
3. tessuto produttivo con milioni di piccole-piccolissime imprese difficilmente controllabili.
tessuto produttivo atomistico => evasione oppure viceversa? Infatti:
l’evasore si mantiene piccolo per poter rimanere meno visibile, ma
l’evasione impedisce la crescita poiché gli evasori difficilmente accedono al credito ufficiale.
4. circolo vizioso “alte aliquote-elevata evasione”
5. senso civico non ancora consolidato
6. diffusa insoddisfazione per l’ammontare e la qualità dei servizi ricevuti dal settore pubblico
7. effetto esercitato dai gruppi di pressione sulla volontà della classe politica.
EFFETTI:
Iniquità orizzontale: contribuenti uguali vengono tassati in modo diseguale
Concorrenza sleale: chi evade ha un vantaggio competitivo nei confronti degli onesti
Correlazione positiva con l'illegalità: chi evade ha meno scrupoli a corrompere, vendere merce
contraffatta, contattare gli usurai, ecc.
Minore Pil ufficiale: questo effetto è positivo poiché gli Stati pagano le “tasse e i contributi”
sovranazionali in base al Pil ufficiale (la Gran Bretagna ha inserito l’economia illegale nel Pil e ora
deve pagare alla UE 2 mld di euro di contributi in più. Cameron ha detto: mai!)
Minore disoccupazione, maggiore produzione: certe volte si evade per “necessità”, pensate all’impresa
marginale (quella con cm=rm). Se gli si impone una tassa (cm>rm) essa esce dal mercato e quindi lo
Stato perde occupazione/produzione. Però ricordate la concorrenza sleale: magari con le tasse fallisce
l’evasore e non fallisce l’onesto.
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DEFINIZIONI DI CONTABILITA’ NAZIONALE
Sommerso statistico. Rientrano in questa definizione le attività produttive legali non registrate
esclusivamente per deficienze del sistema di raccolta dei dati statistici, quali il mancato
aggiornamento degli archivi delle imprese o la mancata compilazione dei moduli amministrativi e/o dei
questionari statistici rivolti alle imprese. Il loro importo nel Pil italiano è piuttosto marginale
Sommerso economico. E’ l’insieme delle attività produttive legali svolte contravvenendo a norme
fiscali e contributive al fine di ridurre i costi di produzione.
Il concetto di sommerso economico non va confuso con il termine economia informale. Quest’ultima
comprende non attività nascoste al fisco, ma solo attività particolari di difficile registrazione contabile.
Si tratta, ad esempio, dei lavoretti fatti in casa oppure dal lavoro delle casalinghe. Nulla a che vedere
con l’evasione fiscale.
Sia il sommerso statistico che quello economico che le attività informali sono incluse nel Pil ufficiale
italiano.
Per motivi di confrontabilità internazionale, Eurostat ha imposto di inserire nel Pil ufficiale di tutti i
paesi europei stime dell’economia illegale: proventi i) dallo spaccio di droga, ii) dallo sfruttamento
della prostituzione e iii) dal contrabbando di tabacchi lavorati. A differenza dei facili titoli che si
leggono sui mass media, queste attività incidono poco sul Pil (circa 1%).
QUALCHE MISURAZIONE:
L’evasione si concentra nelle Regioni, nei settori e nei soggetti dove risulta più agevole dichiarare
imponibili inferiori a quelli effettivi.
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Evasione Regionale
Evasione Settoriale
Unità di lavoro irregolari per settore e ripartizione geografica (2011)
Ripartizioni
geografiche
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
Italia
Agricoltura
22.7
24.9
24.6
25.7
24.8
SETTORE
Industria in Costruzioni
senso
stretto
1.8
6.7
1.5
4.6
3.5
9.4
15.8
25.4
4.4
11.9
Servizi
11.0
10.2
10.9
19.4
13.1
Evasione per tipo di imposta
Il valore virtuale relativo agli imponibili evasi viene stimato mediamente nel
40% Iva,
25% Irpef e Irpeg.
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Evasione per tipologia di lavoro
Il valore relativo all’Irpef va disaggregato in un dato di circa il 10 per cento per dipendenti e pensionati
e di circa il 50 per cento per autonomi ed imprenditori.
Circa il lavoro sommerso, ecco i dati Istat:
Lavoratori Autonomi
2008 (in % dei lavoratori totali)
(Istat)
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Evasione come valore aggiunto
PROBLEMI DI POLITICA:
Politica dura. Recupero totale: lotta senza quartiere agli evasori. C'è il problema dell'evasione da
“necessità”: si riesce a stare sul mercato solo evadendo. Se lo Stato li fa emergere aumentano i
fallimenti e, quindi, si perde gettito e occupazione. Chi propone l'amnistia dice: è poco, ma la scelta è
tra poco o niente. Però l'amnistia crea attese di ulteriori amnistie e, allora, si chiede l’evasore: perché
pagare tutto oggi se mi fanno pagare poco domani?
Politica moderata: Obiettivi contenuti. Questi interventi “timidi” possono lasciare sostanzialmente
immutata la situazione. Una situazione, come visto nei dati, assolutamente insostenibile per gli onesti.
E’ dunque necessario individuare le ragioni e le modalità della decisione di evadere da parte del
contribuente per identificare i possibili punti d’intervento da parte del Fisco.
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Il modello base: l’evasione come scelta di portafoglio in condizioni di rischio (UA≡EU)
Il modello di partenza è quello proposto da Allingham e Sandmo (1972 A-S) che presenta la scelta di
evadere come decisione di un agente economico razionale che vuole massimizzare la propria l’utilità
attesa data una certa probabilità di essere sottoposto ad accertamento.
Il modello di A-S è dunque di tipo tradizionale in quanto ad ipotesi del comportamento degli agenti
economici. La decisione relativa all’evasione delle imposte è stata formulata come scelta “di
portafoglio” (ovvero di allocazione di fondi tra attività rischiose), in condizioni di rischio riguardo al
fatto che l’evasione possa essere, o meno, scoperta e punita.
La scommessa: Se l’agente evade ottiene un premio, se è scoperto viene sanzionato.
Fino a che punto spingersi dipende da vari fattori:
1. frequenza degli accertamenti,
2. entità della sanzione,
3. reddito,
4. aliquote,
5. avversione al rischio.
Il modello mette insieme questi fattori e consente di identificare variabili decisive per la politica:
le condizioni di convenienza dell’evasione,
il beneficio del contribuente,
la perdita di gettito.
Come vedremo in seguito, il modello A-S incorpora ipotesi a volte semplificate e talora poco
realistiche. Viene inoltre considerato solo il comportamento del contribuente, tralasciando di
analizzarne ogni interazione strategica con l’attività del Fisco.
Nonostante questi limiti, il modello A-S costituisce tuttora un punto obbligato di partenza per l’analisi
economica dell’evasione, se non altro perché evidenzia il ruolo e la quantificazione di una serie di
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parametri rilevanti e fa emergere un’ampia varietà di risultati notevoli, talora robusti ed in altri casi più
incerti, spesso attesi, ma a volte controintuitivi.
Le principali ipotesi del modello sono le seguenti:
a) il contribuente agisce razionalmente e in termini egoistici al solo scopo di massimizzare, in
condizioni di rischio, la propria utilità attesa: altre motivazioni (etiche, sociali e simili) gli sono
estranee;
b) il contribuente manifesta un certo grado di avversione al rischio (di essere scoperto e punito). Se ne
fosse privo del tutto, cioè se fosse amante del rischio, sarebbe portato ad evadere moltissimo, al limite
anche tutto (evasore totale). Se l’avversione fosse invece assoluta (infinita), pagherebbe integralmente
le imposte dovute. Si tratta comunque di due comportamenti polari meno diffusi di altri nella realtà.
c) il contribuente conosce il proprio reddito effettivo y che, invece, non è noto al Fisco. Il Fisco può
scoprire y, ma deve sostenere un costo per scoprirlo. Da qui la possibilità di dichiarare solo una parte:
y-e (e=reddito non dichiarato). Quanto (non) dichiarare è l’unica scelta che deve fare l’agente;
d) esiste una semplice imposta proporzionale sul reddito, definita unicamente da un’aliquota costante t
(es. t=30%) che si applica sul reddito dichiarato (y-e). Insomma, si paga t(y-e).
e) esiste una certa probabilità p (0<p<1), nota al contribuente e fissa, che la dichiarazione sia sottoposta
ad accertamento.
La sanzione amministrativa per gli evasori scoperti è proporzionale al reddito evaso (secondo il fattore
f): sanzione= fe. Per esempio, se f=2 la sanzione è il doppio di quanto evaso.
L’agente sceglie quanto evadere massimizzando la seguente utilità attesa:
EU=(1-p)U(y(1-t)+te) + pU(y(1-t)-fe)
Due mondi, due probabilità, due utilità contingenti: mi scoprono=p; NON mi scoprono=(1-p).
Non mi scoprono => “vinco” la somma te (=quante tasse non ho pagato ma che avrei dovuto pagare)
Mi scoprono
=> “perdo” la somma fe (=sanzione da pagare)
Al margine, ogni euro non dichiarato (=> divido per e) dà un:
guadagno pari a t (infatti ogni € è tassato al t%) con probabilità (1-p) => (1-p)t
perdita pari a f con probabilità p
=> pf
Se e solo se (1-p)t>pf, allora si gioca/evade. Quanto evadere dipende dalla propensione al rischio.
Notate il ruolo dell’aliquota fiscale: se aumenta t => aumenta l’evasione. E’ un “moltiplicatore”.
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Un altro economista, Yitzhaki, notò che nel modello A-S c’era un problema: nei sistemi fiscali la
sanzione dipende non dal reddito evaso, ma dall’ammontare di tassazione evasa. In effetti,
giustamente, si sanziona quanto si sarebbe dovuto pagare (il mancato gettito) e non quanto si sarebbe
dovuto dichiarare. Sembra la stessa cosa, ma non è così e la differenza tra reddito evaso e gettito
mancato dipende dall’aliquota fiscale: se l’aliquota è piccola allora evadere molto reddito provoca poca
perdita di gettito; viceversa se l’aliquota è alta.
Ancora più importante: Yitzhaki, modificando il modello A-S per tener conto di sanzioni
proporzionali al gettito evaso, scoprì una cosa molto importante:
Con una sanzione proporzionale al gettito evaso, l’agente ora sceglie quanto evadere massimizzando la
seguente utilità attesa:
EU=(1-p)U(y(1-t)+te) + pU(y(1-t)-tfe)
In pratica, l’unica novità è la “t” nell’ultima quantità: in A-S era “-fe”, in Yitzhaki “-tfe”
Infatti, la sanzione (f) in A-S è proporzionale al reddito (e) => “fe”; in Yitzhaki al gettito (te) => “tfe”.
Cambio banale? Assolutamente no! Ecco perché:
ora ogni euro non dichiarato dà ora un
guadagno pari a t con probabilità (1-p) => t(1-p) (come in A-S)
una perdita pari a f con probabilità p => pft (diverso da A-S)
 Si gioca/evade se e solo se t(1-p)>pft.
Pertanto ora l’aliquota è sia a destra che a sinistra della disuguaglianza e, perciò, si elide:
L’evasione NON dipende dall’aliquota fiscale! Ora dipende solo da p e da f:
(1-p)>pf
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Piccolo approfondimento. Le condizioni del primo ordine del:
- Modello di A-S
Definendo ys il reddito che si ha se si è scoperti e yns il reddito che si ha se NON si è scoperti, la
condizione del primo ordine per la massimizzazione dell’utilità (nb la funzione di UA si “comporta
bene”) è:
U/e = -pfU’(ys) + (1-p)tU’(yns) = 0
[U’(yns)/U’(ys)]=pf/(1-p)t
- Modello di Yitzhaki
[U’(yns)/U’(ys)]= pf/(1-p)
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AGGIUNGIAMO IL DISAGIO
Introduciamo a questo punto una piccola modifica al modello di A-S e supponiamo, come realistico,
che l'accertamento comporti anche un costo aggiuntivo “d” (disagio) al contribuente, legato
all’interferenza dell’accertamento sulla sua attività economica e alla perdita di tempo causata dalle
richieste dell'amministrazione (Da qui in poi la lezione segue, in parte, l’articolo “Evasione fiscale e nuove tipologie
di accertamento: un’introduzione all’analisi economica” di Bernardi e Franzoni che trovate nella sezione “materiale
didattico”. Per l’esame è sufficiente conoscere quanto scritto in queste pagine ).
Questo fattore di disturbo, non irrilevante secondo molti osservatori, può anche essere legato al timore
che illeciti di altro tipo (errori formali, contravvenzioni amministrative, ecc.) possano emergere
collateralmente all'accertamento.
Con questa aggiunta realistica si ha che:
SENZA ACCERTAMENTO, il reddito netto sarà pari al reddito effettivo y meno l’imposta pagata sul
reddito dichiarato, t(y-e). Nulla di nuovo, quindi. Però,
CON ACCERTAMENTO, il reddito netto è, come prima, decurtato dal pagamento dell’imposta evasa
(te) e dalla sanzione amministrativa (fte). Ma ora in più si paga anche il costo di disturbo (d).
Combinando i singoli termini usati sin qui, l’utilità complessiva attesa (=expected) dal contribuente è:
Per memoria:
[(1-p)te]. Se mi va bene, il che accade con probabilità (1-p), risparmio l'imposta su e, ovvero te.
-[pfte]. Se mi va male, il che accade con probabilità p, pago la sanzione sul gettito evaso, ovvero fte.
(NB in effetti se mi scoprono pago anche “te”. Comunque te è l’imposta che comunque avrei pagato =>
non è un qualcosa da inserire nel calcolo della convenienza ad evadere).
Sommando e raccogliendo questi due termini, il beneficio monetario diventa pari a:
[(1-p)te] - [pfte] =
te - pte - [pfte] =
te[1-p(1+f)].
Il rendimento unitario, ovvero per ogni euro non dichiarato (=>divido per e), è:
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Rendimento unitario atteso dall'evasione:
t[1-p(1+f)].
ESEMPIO:
t=25%; p=10%; f=200% => 0,25[1-0,10*(1+2)]=0,175
Per ogni euro evaso il contribuente ottiene un rendimento atteso pari al 17,5% (i.e. 17,5 centesimi).
La logica del modello dell’UA vuole che:
se il rendimento è negativo il contribuente non evade,
se il rendimento atteso è positivo allora il contribuente evade.
ESEMPIO REALISTICO?
Nell’esempio, si è assunta una probabilità di accertamento del 10 per cento. Si tratta di un valore
piuttosto alto e probabilmente approssimato per eccesso, soprattutto se si considera l’elevato numero di
dichiarazioni fiscali (IVA, 730, Unico,…decine di milioni ogni anno).
Tutte le dichiarazioni sono soggette ad un controllo formale, detto “liquidazione”, entro un anno dalla
presentazione: gli accertamenti, invece, sono oggetto di una politica molto selettiva, concentrata sui
contribuenti a maggiore pericolosità. Ecco perché è importante conoscere i dati che vi ho proposto
prima: danno l’identikit dell’evasore. D’altronde, gli studi di settore, il redditometro e lo spesometro,
son tutti strumenti utilizzati per ottenere indici di “pericolosità” dei contribuenti in modo da
concentrarsi si di essi.
Nella situazione italiana, professionisti e imprenditori e società di persone costituiscono una platea di
circa 4 milioni di contribuenti. Le annualità accertate si aggirano sulle 500.000 all’anno: solo una
piccola parte dei controlli, tuttavia, tra i 50.000 ed i 100.000, ha natura sostanziale. Dunque, parliamo
di 100.000 su 4.000.000 =2,5% (e tralascio i controlli da fare sui rimborsi chiesti per spese mediche,
ecc. che sarebbero molti di più)
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Dunque, applicando valori dei parametri abbastanza realistici relativi all'Italia e fidandoci delle
previsioni del modello di A-S, il rendimento dell'evasione risulterebbe positivo praticamente in tutti gli
ultimi decenni.
Una domanda sorge spontanea: com'è possibile che ci sia ancora qualcuno che paga le tasse?
Tralasciando la molto maggiore complessità del mondo reale rispetto al modello ora studiato (su tutti:
la presenza di tassazione alla fonte) limitiamoci ad analizzare l'elemento “rischio”, sfruttando quanto
imparato nelle precedenti lezioni di questo Corso:
Tanto più si evade, tanto più grande è la variabilità del reddito netto: esso sarà molto elevato se non c'è
accertamento; esso sarà molto basso se c'è accertamento.
D’altronde, reddito variabile vuol dire rischioso. Studi empirici mostrano che il contribuente medio
NON ama il rischio, ma redditi indipendenti dallo stato del mondo che si realizza (redditi certi ex ante).
Pertanto, nonostante che il rendimento atteso dell'evasione è positivo, per tenere il rischio sotto
controllo è necessario evadere poco (nb poco, non zero!).
Mettiamo il contribuente nello spazio “evasione; rischio”. Per ridurre il rischio, il contribuente prudente
“piega verso il basso” la sua funzione di beneficio netto e limita l’evasione al livello e*:
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Evidentemente:
tanto più il contribuente è avverso al rischio => tanto più egli dà peso al rischio => tanto minore è
l'evasione.
L’analisi del modello ora studiato conduce a queste principali conclusioni.
a) ZERO EVASIONE? Per dissuadere completamente dall’evadere, bisognerebbe che il rendimento
atteso della stessa fosse negativo. A tal fine, dovrebbe valere: t[1-p(1+f)]<0, ovvero che p>1/(1+f)
(infatti, t è senz’altro positiva e non si considera nella disuguaglianza). Con una sanzione pari al 100%
della maggior imposta accertata, il tasso degli accertamenti (che dà un valore alla p) dovrebbe superare
il 50%. Con una sanzione pari al 200% il tasso degli accertamenti dovrebbe superare il 33%, un livello
comunque proibitivo. Si noti come, ai fini dell’individuazione della soglia della deterrenza completa,
l’aliquota fiscale non sia rilevante. L'aliquota conta invece per la determinazione del livello del
rendimento (t[1-p(1+f)]): a parità di reddito non dichiarato, il rendimento netto è tanto più elevato
(ammesso che sia positivo), quanto più l’aliquota fiscale è elevata.
b) COME COMBATTERE GLI EVASORI? Gli strumenti principali per il controllo dell’evasione sono
costituiti dalla sanzione amministrativa e dalla probabilità degli accertamenti. Questi strumenti
contribuiscono a ridurre i vantaggi dell’evasione, prospettando una “sofferenza” (=PR) per il
trasgressore. La sanzione è uno strumento chiaramente molto poco costoso dal punto di vista
dell’amministrazione: un aumento della sanzione può essere ottenuto con un semplice “tratto di penna”.
Viceversa, per far aumentare la probabilità degli accertamenti è necessario un maggior impiego di
personale specializzato. Ne consegue quanto suggerito in letteratura in merito alla politica di deterrenza
ottimale: massima sanzione, minime ispezioni. Diversi fattori concorrono però a rendere poco
praticabile questa politica. Da un lato si pongono i vincoli costituzionali relativi alla proporzionalità
della pena rispetto all’offesa; dall’altro i risultati empirici, relativi sia ad analisi econometriche che di
laboratorio, concordano nel mostrare come, dal punto di vista della deterrenza, l’effetto più forte sia
quello esercitato dalla probabilità dell’accertamento (la “certezza” della pena). (nb ricordate la lezione
su Ulisse, le Sirene, le regole di Maastricht e la credibilità?): siamo credibili quando annunciamo
sanzioni “enormi”?
c) QUAL E' IL BENEFICIO PRIVATO DELL'EVASIONE? Una volta che il contribuente ha
determinato l’ammontare ottimale della sua evasione, te*, il guadagno che ottiene è costituito dal
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rendimento atteso da evasione meno il premio per il rischio (PR), ovvero la perdita dovuta al rischio
(PR(e*)) di cui deve farsi carico (cfr. figura precedente). Più precisamente (anche se per semplicità
ometto eventuali termini di interferenza tra rischio da evasione e rischio legato al disagio
dell’accertamento), il beneficio individuale legato all’evasione è pari a:
Beneficio individuale dell’evasione = te*[1-p(1+f)] - PR(e*)
a parole, il beneficio individuale di evadere è pari
al rendimento atteso dell’evasione moltiplicato per
l’ammontare evaso meno,
la “sofferenza” (il premio per il rischio) dovuta alla variabilità nel proprio reddito netto.
Quanto più l’individuo è avverso al rischio e tanto più grande sarà, ceteris paribus, il premio per il
rischio. Tanto minore, di conseguenza, sarà la convenienza dell’evasione.
Il contribuente che volesse assicurarsi completamente nei confronti della sanzione, non ha altra scelta
che riportare correttamente il proprio reddito (per essere certi di non perdere, non deve giocare).
Si noti per inciso come la perdita netta di gettito per l’Amministrazione, tenendo conto della
riscossione attesa delle sanzioni (pfte*), sia pari a:
Perdita netta gettito = - (1-p)te*+pfte* = [1-p(1+f)]te*.
Confrontando la perdita netta per il Fisco e il beneficio netto per il contribuente si vede che c’è uno
scarto: Per il Fisco, la perdita netta supera il beneficio per un ammontare pari al PR (PR(e*)).
Questo vuol dire che, in aggiunta ai costi degli accertamenti, l’attività evasiva comporta uno spreco di
risorse dovuto al rischio che grava sul contribuente. Con un sistema di pagamento delle tasse tale che il
contribuente non lo percepisca come una lotteria, si ridurrebbero gli sprechi. Notate che lo spreco
deriva non tanto dal fatto che il contribuente vuole evadere quanto dal fatto che il Fisco gli propone una
lotteria: infatti nel modello dell’UA l’agente è intelligente, razionale, egoista per cui se ha
un’opportunità non può far altro che sfruttarla con la solita massimizzazione vincolata. E’ questo tipo
di spreco indotto dal PR che, tra l'altro, che può rendere conveniente politiche tipo il concordato
preventivo (tecnologia di commitment).
d) EVASIONE, RISCHIO E RICCHEZZA. Risultati meno intuitivi si ottengono con riferimento al
rapporto tra i livelli di reddito, le aliquote fiscali e l’evasione. Come si è visto, il beneficio
dell’evasione dipende dal rendimento medio(=unitario) della stessa e dai costi del rischio. In questo
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ambito, livelli di reddito e aliquote fiscali non hanno un effetto diretto. Ne hanno invece uno indiretto.
Studi mostrano che i contribuenti tanto più sono poveri, tanto più tendono ad essere più avversi al
rischio. Si può anche pensare che chi è avverso al rischio ha maggiori probabilità di essere/rimanere
povero: chi non risica....In ogni caso, questo fa sì che una riduzione del reddito riduca la convenienza
dell’evasione (via maggiore premio per il rischio, ceteris paribus). Ovvero, viceversa, che un aumento
del reddito induca maggiore evasione (nb sto parlando in termini %: è probabile che il livello assoluto
di evasione di un povero sia inferiore a quello di un ricco). In modo similare operano variazioni
dell’aliquota fiscale: un aumento dell’aliquota rende il contribuente più “povero”, portandolo ad essere
più avverso al rischio e a evadere di meno (NB: il grado di avversione al rischio “non è esogeno né
costante”. Ciò può spiegare gli andamenti di breve periodo dei mercati borsistici).
Insomma: maggiore reddito => maggiore propensione al rischio => maggiore evasione
(In merito, tuttavia, i risultati empirici sono contrastanti).
e) DISAGIO DA ACCERTAMENTO. Anche tralasciando fenomeni tipo “cartelle pazze”, l’effetto del
disagio causato dall’accertamento è rilevante, a volte sconfina nella vessazione. Si tratta di un costo che
il contribuente non può eludere dal momento che si presenta anche nei confronti di chi dichiara
correttamente il proprio reddito. Da un punto di vista sociale, il disagio comporta un costo non
compensato: ad esso non corrisponde alcun vantaggio per il fisco. Negli ultimi anni si è assistito ad un
tentativo della politica di limitare i disagi legati agli accertamenti (Statuto del Contribuente). Si noti
come il disagio (atteso) per il contribuente svanisca nel caso l’Amministrazione prometta di non
effettuare verifiche. Questo aspetto di commitment è rilevante nello studio dei condoni, del concordato
preventivo e del “rientro dei capitali” dalla Svizzera in discussione in questi giorni.
Riepilogo dei principali risultati del modello di A-S mercé un’analisi di statica comparata via aumento
dei parametri (a sinistra causa, a destra effetto):
Probabilità di accertamento: → minore evasione
Entità della sanzione: → minore evasione
Reddito: → maggiore evasione, se avversione al rischio decrescente
Aliquota: → minore evasione, se avversione al rischio decrescente
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Discussione delle variabili del modello A-S
a) L’aliquota: la letteratura empirica ha molto approfondito la relazione tra aliquota ed evasione, per il
suo ruolo cruciale nel determinare la politica della tassazione. I risultati ottenuti sono tuttavia
contrastanti. Si pensi alla curva di Laffer: cosa succede al gettito se aumento l’aliquota? (NB Laffer
diceva: aumento aliquota => varia l’offerta lavoro, non l’evasione. Ma la logica si può estendere):
b) La probabilità di accertamento: si tratta della variabile dagli effetti più certi e rilevanti. Un suo
incremento riduce il rendimento atteso dell’evasione ed aumenta il premio per il rischio, portando ad
una riduzione dell’evasione. Questa conclusione è confermata da numerosi studi empirici, tuttavia con
due limiti. L’effetto deterrente può essere modesto se le frequenza degli accertamenti è troppo bassa.
Inoltre, l’effetto può risultare sminuito poiché l’accertamento è in parte endogeno rispetto al
comportamento del contribuente: costui può adottare strategie di tax planning e di interazione con il
Fisco proprio al fine di ridurre il rischio di accertamento.
c) La sanzione: valgono in buona parte, anche se in misura più contenuta, le considerazioni svolte
rispetto alla probabilità di accertamento: l’effetto della sanzione tende ad essere scarsamente percepito
se la probabilità dell’accertamento non è sufficientemente elevata. Nel corso dell’ultimo decennio si è
assistito, in Italia, a politiche di una progressiva riduzione del livello complessivo delle sanzioni
tributarie. Ad esempio, si è escluso il cumulo di sanzioni amministrative e penali, si sono introdotte
nuove esenzioni (riforma del 1997), è stata decisa la depenalizzazione del falso in bilancio (oggi è stata
ripristinata, ma le piccole imprese ne sono escluse). A ciò si aggiungono gli “sconti” ottenibili
stragiudizialmente in via ordinaria con l’accertamento con adesione e la conciliazione, più gli sconti
ottenuti in via eccezionale con i condoni. Insomma, l’adozione nell’esempio di un’aliquota
sanzionatoria pari al 200% si dimostra in Italia una scelta particolarmente coraggiosa.
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Discussione delle assunzioni del modello A-S
Possiamo distinguere tre gruppi di argomenti.
a) Il comportamento individuale.
Il modello A-S ipotizza un contribuente razionale, egoista, perfettamente informato anche riguardo a
variabili future e fuori dal suo controllo (probabilità e risultati dell’accertamento) e che include il
reddito come unico argomento della sua funzione di utilità. Cioè sono escluse dalle decisioni del
contribuente le convinzioni etiche, il costo psicologico di non adempiere ad obblighi legali e di poter
essere sottoposto allo stigma sociale di provvedimenti punitivi. Detto ciò, in Italia queste motivazioni
sembrano poco diffuse.
La critica all’impostazione individualista del modello A-S può essere svolta anche da un versante
opposto (tipo public choice): la causa dell’evasione va ricercata non tanto nell’agire individuale, quanto
nella pressione dei gruppi di interessi costituiti (lobbies) e nella tolleranza dello Stato. Secondo la
public choice, sia le lobbies che i politici sono volti a massimizzare consensi e potere.
Il contribuente potrebbe poi essere indotto – o meno – a pagare le tasse se pensa che i suoi soldi siano
spesi bene. Se i servizi pubblici funzionano allora le tasse sono un prezzo equo.
b) Il contesto sociale. Il modello A-S analizza l’individuo con il solito approccio alla “Robinson
Crusoé”. Ma è pensabile che l’ambiente sociale condizioni in misura rilevante gli atteggiamenti dei
contribuenti. Abbiamo già detto della struttura, più o meno frammentata, dei mercati. Ma anche la
qualità del quadro istituzionale e il livello di autorevolezza e correttezza che viene trasmessa dalla
classe politica e burocratica. Per esemplificare, se uno abita in una città sporca è più probabile che getti
la carta per terra. Invece è meno probabile che lo stesso individuo, ma in vacanza in una città
pulitissima, getti la carta per terra.
c) L’incertezza normativa. Il modello A-S è molto semplificato. Nella realtà la normativa fiscale è
molto complessa e la determinazione dell'imposta dovuta non è sempre di facile determinazione. Qui vi
faccio notare la differenza tra evasione ed elusione fiscale. La seconda è un’evasione “legalizzata”, per
l’appunto possibile per la difficoltà del legislatore di evitare l’elusione senza eccedere in “lacci e
lacciuoli” che avrebbero altri – e alti - costi sociali.
Da un lato ci si può attendere che l'incertezza tenda a ridurre l'evasione:
se il contribuente sbaglia per eccesso, al più avrà indietro l'imposta versata; se sbaglia in difetto, dovrà
versare l'imposta più le sanzioni.
Dall’altro, è chiaro che l'ambiguità non rappresenta un metodo efficiente per raccogliere fondi:

l'incertezza fa gravare sul contribuente il rischio dell’errore (con conseguente perdita di utilità),
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
genera un senso di ostilità nelle istituzioni,

può dar luogo a fenomeni opportunistici da parte dei funzionari (corruzione).
E’ interessante notare che il Fisco stesso riconosca le difficoltà dei contribuenti. E’ infatti prevista per
legge la non punibilità del contribuente se risulta “l’oggettiva incertezza normativa”. Notate l’ironia:
un pezzo dello Stato (il Fisco) giudica negativamente, mettendolo nero su bianco, l’operato di un altro
pezzo dello Stato (il Parlamento).
Similmente, il Fisco tende a venir incontro al contribuente in casi particolari. In effetti, nella teoria di
A-S il contribuente è sempre disposto a pagare una somma elevata. Invece, in realtà, ci sono delle
eccezioni, specie in periodi di crisi. Insomma, la materia pullula di eccezioni alle regole, da cui
l’incertezza normativa.
POLITICA
Come detto, in certi casi può essere opportuno adeguare l'imposizione per venire incontro alle esigenze
dei contribuenti che, ovviamente, sono diverse sia nel tempo che nello spazio. Di seguito, ecco alcune
soluzioni adottate in pratica.
L’accertamento con adesione è pratica diffusa in molti paesi e consente di evitare (o sospendere)
l’accesso a un contenzioso ingestibile e infruttifero per l’Amministrazione. Se il contribuente accetta, il
contenzioso finisce con una sanzione sostanzialmente ridotta, una sorta di offerta personalizzata del
Fisco al Contribuente.
Nella logica A-S, cadendo la sanzione, può aumentare la propensione iniziale all’evasione. Però quanto
perso via maggiore evasione va confrontato con quanto si ricava dall’adesione all’accertamento.
Il concordato preventivo, predetermina per un certo periodo (ad esempio, un triennio) le imposte da
pagare per contribuenti con ricavi fino a certe soglie (ad esempio, cinque milioni di euro). Questo
strumento si inserisce nella tendenza a forfetizzare le imposte e ad offrire al contribuente menù sempre
più ampi di scelta dei regimi impositivi.
In ogni caso va ribadito un elemento imprescindibile:
la capacità di deterrenza dell’Amministrazione nei confronti di chi non si adegua.
Se non sei credibile, c’è poco da proporre e/o elaborare commitments.
Ecco un po’ di statistiche prese dal mondo reale:
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