asket city ai piedi i coach Sacchetti
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asket city ai piedi i coach Sacchetti
asket city ai piedi i coach Sacchetti «Qualificazione decisa in un secondo e mezzo, ma meritata» di Andrea Siili I INVIATOaBOLOGNA Basket City è ai suoi piedi, e questo non è un posto dove ci si inchini volentieri. La Dinamo sbianca le V nere e Meo Sacchetti si gode l'ennesima, storica impresa della sua creatura. Con qualche sassolino da levarsi dalle sue scarpe numero 49 e mezzo. Tipo la Virtus che aveva già comprato i biglietti aerei per gara5. «So benissimo quello che si diceva a Bologna prima di questa serie - dice il coach biancoblù -. Si diceva che la Virtus avrebbe passato il turno sul 3-1. E sul 2-0 è venuta fuori questa cosa della trasferta già organizzata per gara5. Queste sono esattamente le cose che a me servono da morire per dare motivazioni e caricare i miei ragazzi». Detto da uno che sa lasciare le briglie molto lunghe ai suoi giocatori, c'è davvero da credergli. «Abbiamo preso questa partita per i capelli - sottolinea Sacchetti -. Al di là del tiro finale, è la dimostrazione che i miei ragazzi se la giocano davvero sino alla fine. Cito anche due dati che per la mia squadra non hanno precedenti: abbiamo fatto 6 su 17 ai liberi, ma abbiamo anche preso 50 rimbalzi. Sono davvero due cose stranissime». In una serie playoff così equilibrata evidentemente bisogna metterci di tutto. «Le ultime due partite sono state molto dure, giocate all'arma bianca da entrambe le squadre. Ma noi siamo abituati, perché abbiamo fatto tutto l'anno così. Stavolta abbiamo subito un piccolo break, che poi si è allargato, ma siamo stati bravi a ricucire subito lo strappo». Era ancora troppo presto, dunque, per tirare i remi in barca e pensare a risparmiare ener- gie in vista di gara4. «Se fossimo andati a meno 15 a 3 minuti dalla fine forse avremmo fatto in questa maniera - dice Sacchetti -, invece c'era ancora una marea di tempo e io non ci penso neanche lontanamente a levare i miei giocatori migliori. Poi è stata una battaglia di nervi». Qualcuno ricorda a Sacchetti i suoi trascorsi da giocatore. Si è rivisto davvero un po' di basket anni Ottanta? «Si chiama pallacanestro proprio perché si deve fare canestro, e non il contrario. Per questo noi abbiamo un modo di giocare molto aperto. Io da giocatore non avevo un grande talento e mi sono costruito con il resto. Ma ai miei giocatori di talento non posso mettere alcun tipo di limite. A noi piace giocare un basket piacevole perché anche chi viene a vedere le partite si possa divertire. In questa partita, aldilà della gioia di chi ha vinto e della delusione di il! i! J I chi ha perso, credo che chi ha assistito alla gara abbia visto del buon basket». Come è stato preparato l'ultimo possesso? Era previsto un tiro da tre di Vanuzzo? «No, non proprio. Noi avevamo preparato una serie di blocchi per cercare di richiamare la pressione sui tiratori cercando di tenerne libero uno. E' capitato che si sia trovato lo spazio per Manuel, e lui è uno che questi canestri li mette, mica ha buttato la palla tanto per tirare. Non dico che avessimo progettato tutto, ma non è stata una soluzione casuale». E adesso dove può arrivare la Dinamo? «Ora ci godiamo questa semifinale che abbiamo conquistato con i denti - conclude Sacchetti -. Sappiamo che la nostra qualificazione si è decisa in un secondo e mezzo e andiamo avanti tranquillamente, come sempre». Vanja Plisnic e a destra Quinton Hosley, due dei protagonisti della Dinamo ieri nella splendida vittoria strappata sul campo della Virtus M