Le modifiche all`art. 26 del modello OCSE sullo

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Le modifiche all`art. 26 del modello OCSE sullo
Convenzioni contro
le doppie imposizioni
Le modifiche all’art. 26
del modello OCSE
sullo scambio di informazioni
di Sebastiano Garufi (*) e Carlo Garbarino (**)
L’approfondimento
Il presente contributo illustra le recenti modifiche
apportate dal Consiglio dell’OCSE all’art. 26 del
Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni e alle linee interpretative contenute al relativo
Commentario.
Le modifiche recepiscono i più recenti sviluppi della
politica dell’Organizzazione internazionale in materia di scambio di informazioni, anche e soprattutto alla luce dei recenti lavori del Global Forum.
Negli ultimi tempi il criterio distintivo tra giurisdizioni “buone” o “cattive” in materia di evasione fiscale internazionale è non già la predisposizione
di un regime fiscale privilegiato consistente in una
fiscalità ridotta o pressoché nulla, ma piuttosto l’attitudine dello Stato a scambiare informazioni rilevanti ai fini tributari.
Gli emendamenti introdotti hanno il fine principale
di ampliare le possibilità di utilizzo delle informazioni scambiate, di accelerare i tempi entro cui i
dati devono essere condivisi tra autorità competenti
e di estendere i poteri di raccolta delle informazioni richieste.
Introduzione
Il 18 luglio 2012 l’OCSE ha pubblicato la versione
aggiornata dell’art. 26 del Modello convenzionale e
del relativo Commentario1. Le modifiche apportate
rappresentano il recepimento dei più recenti sviluppi
dell’azione dell’OCSE in materia di trasparenza e
scambio di informazioni in materia fiscale. Il
documento fornisce importanti chiarimenti e alcune
linee interpretative in merito ad alcuni dubbi che la
formulazione dell’art. 26 lasciava ancora aperti.
Scopo del presente contributo è di illustrare nel dettaglio le modifiche in questione. A tal fine risulta
utile premettere che l’art. 26 del Modello di Convenzione è considerato lo standard internazionale in
materia di trasparenza e scambio di informazioni.
Negli ultimi anni, infatti, sulla spinta politica del
G20 e grazie ai lavori del Global Forum on transparency and exchange of information for tax purposes, il criterio in base al quale una giurisdizione è inclusa
nelle black-list dell’OCSE è la sua attitudine cooperativa in ambito tributario internazionale. Lo
scambio di informazioni tra autorità competenti è
considerato lo strumento più adeguato a consentire
agli Stati che adottano il principio della tassazione
su base mondiale di combattere l’evasione fiscale
transfrontaliera, che si concentra sulle basi imponibili più mobili, dirottate verso Stati dove vige il segreto bancario.
Le modifiche apportate all’art. 26
del Modello OCSE e al relativo Commentario
Gli emendamenti apportati dall’OCSE con il documento in commento riguardano:
- l’inserimento di un nuovo ultimo periodo al paragrafo 2 dell’art. 26;
- l’aggiunta di dieci nuovi paragrafi al relativo
Commentario; e
(*) Talenture Legal SA, Lugano. Dottore di ricerca in diritto internazionale dell’economia Università Bocconi di Milano e Université de Paris 1 Panthéon-Sorbonne di Parigi.
(**) Professore di diritto tributario, Università Bocconi, Milano.
Nota:
1 OCSE, Update to Article 26 of the OECD Model Tax Convention
and its Commentary, Parigi, 2012.
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- l’inclusione di alcune nuovi frasi e la riformulazione di altre in certi paragrafi del Commentario
giù esistenti.
Più in generale, gli emendamenti di maggiore
rilevanza riguardano:
1) l’ampliamento delle possibilità di utilizzo delle
informazioni oggetto di scambio;
2) l’interpretazione dell’espressione “verosimilmente pertinente”2;
3) la definizione del concetto di “fishing expeditions”;
4) la previsione di termini temporali entro cui procedere allo scambio di informazioni;
5) l’utilizzo dell’informazione scambiata per scopi
diversi dall’accertamento o dalla riscossione;
6) alcuni chiarimenti in materia di limiti allo scambio di informazioni;
7) l’ampliamento dei poteri di raccolta delle informazioni richieste.
La disciplina dello scambio di informazioni
alla luce dei nuovi emendamenti
Il paragrafo 1 dell’art. 26 del Modello OCSE contiene la
disposizione centrale attorno alla quale ruota tutta la
disciplina dello scambio di informazioni in materia fiscale.
Nella versione originaria del 1963 si prevedeva che
le autorità competenti si scambiavano le informazioni “necessarie” per applicare le disposizioni
convenzionali e quelle delle leggi interne relative alle “imposte previste dalla Convenzione” nella
misura in cui il regime impositivo ivi previsto fosse
conforme alla Convenzione.
Con le modifiche apportate nel 1977, la stretta funzionalità che legava lo scambio di informazioni all’applicazione della legislazione (domestica e internazionale) degli Stati contraenti viene superata, e tale forma di cooperazione amministrativa viene estesa ai contribuenti residenti in Stati terzi e alle
imposte non previste dalla Convenzione.
Nel 2005 l’ambito di applicazione dell’art. 26 viene
ulteriormente ampliato, per mezzo della sostituzione del requisito della “necessità” con quello della
“verosimile pertinenza”. Ai fini dello scambio,
dunque, si esige una probabile rilevanza ex ante del-
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le informazioni che si richiedono ai fini dell’applicazione della Convenzione o dell’Amministrazione
o applicazione delle leggi interne relative alle
imposte di qualsiasi genere e denominazione
prelevate per conto degli Stati contraenti, delle loro
suddivisioni politiche o amministrative o dei loro
enti locali.
La ratio di tale modifica è duplice: da un lato, essa
mira ad ampliare il più possibile lo scambio di informazioni; dall’altro, si vogliono impedire le cosiddette “fishing expeditions” (letteralmente “spedizioni
di pesca”), cioè le richieste di informazioni prive di
una probabile attinenza con la situazione fiscale di
un determinato contribuente.
Le modifiche del 2012 chiariscono che nell’ambito
dello scambio di informazioni su richiesta, lo standard della verosimile pertinenza esige la sussistenza
di una ragionevole possibilità che le informazioni richieste siano rilevanti al momento della
domanda. È invece ininfluente che le informazioni,
una volta scambiate, si dimostrino rilevanti in concreto. Nelle ipotesi in cui esistano dubbi sulla sussistenza del requisito in questione, è fatto obbligo di
consultazione tra le autorità competenti e se lo Stato richiedente avrà fornito le proprie spiegazioni, lo
Stato richiesto non potrà opporre il proprio rifiuto
allo scambio per carenza di tale requisito. Un simile
obbligo di consultazione tra le autorità competenti è, inoltre, stabilito nel caso in cui lo Stato
richiesto venisse a conoscenza di fatti che renderebbero dubbia la verosimile pertinenza di una parte
delle informazioni richieste.
Quanto all’espressione “fishing expeditions”, il nuovo
Commentario ne fornisce una definizione, specificando che trattasi di richieste speculative di informazioni prive di un nesso apparente con
una indagine o un accertamento in corso. Secondo l’OCSE non si è in presenza di una fishing expedition se la richiesta di informazioni sia priva del
nome o dell’indirizzo (o di entrambi) del contribuente accertato oppure della persona ritenuta in
possesso dell’informazione ricercata, o se vi siano
Nota:
2 “Foreseeably relevant” nella versione inglese e “vraisemblablement
pertinents” in quella francese.
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errori di trascrizione o, ancora, se il nome o l’indirizzo siano indicati con un formato diverso, purché
vi siano altri elementi idonei ad identificare il contribuente.
Sul requisito della verosimile pertinenza, si precisa
che esso si ritiene integrato nei casi di richieste di
informazioni aventi ad oggetto sia un singolo che
una pluralità di contribuenti, purché siano identificati3. Così, è chiarito che se uno Stato contraente inizia un accertamento su un particolare gruppo di contribuenti, qualsiasi richiesta di informazioni ad esso inerente sarà utile per l’Amministrazione
o per l’applicazione delle leggi interne e, dunque,
integrerà il requisito. Se, invece, la richiesta di informazioni concerne un gruppo di contribuenti non
identificati singolarmente, per non incorrere nel divieto di “fishing expedition”, lo Stato richiedente dovrà fornire una descrizione dettagliata del gruppo e
dei fatti e delle circostanze specifiche su cui si fonda la richiesta, unitamente ad una spiegazione della
normativa applicabile e delle ragioni per le quali si
ritiene sia stata commessa una violazione, supportata da una chiara base fattuale.
La nuova versione del Commentario amplia la lista
dei casi esemplificativi in cui vi è l’obbligo di procedere allo scambio4. Tali ipotesi sono elencate nella Tavola 1.
Per contro, l’OCSE ritiene non vi sia obbligo di
procedere allo scambio nella nuova lista esemplificativa di casi5, riportata nella Tavola 2.
Di particolare rilevanza è il nuovo paragrafo 10.4 del
Commentario, che si propone di migliorare la velocità
e la puntualità dello scambio di informazioni.
Esso suggerisce l’inserimento di una disposizione
nel testo convenzionale ai sensi della quale le autorità competenti possono accordarsi sui termini entro i quali scambiare le informazioni. In mancanza
di tale accordo, il termine entro il quale procedere
allo scambio è di due mesi dalla ricezione della richiesta, se l’autorità richiesta sia già in possesso dell’informazione, ovvero di sei mesi nel caso oppoNote:
3 Paragrafo 5.2. del nuovo Commentario.
4 Paragrafi 6 e 8, lettere e), f), g), e h).
5 Nuovo paragrafo 8.1 del Commentario.
Tavola 1 - Casi esemplificativi in cui vi è l’obbligo di procedere allo scambio
• L’autorità dello Stato A sta accertando il signor X e ritiene che questi abbia dei conti non dichiarati nella Banca
B dello Stato B, probabilmente intestati ad alcuni parenti. Lo Stato A può richiedere informazioni su tutti i conti
presso la Banca B detenuti a nome del coniuge E del signor X e dei figli K e L.
• Lo Stato A è in possesso di informazioni su tutte le transazioni poste in essere entro il suo territorio in un certo
anno con carte di credito straniere. Nel corso delle verifiche emerge che le carte di credito sono di proprietà di
alcuni contribuenti residenti. Lo Stato A non può ottenere i loro nomi utilizzando le fonti ordinarie di informazioni disponibili in base alle procedure interne, in quanto dai numeri delle carte di credito risulta che l’emittente sia la Banca B dello Stato B. Lo Stato A può chiedere allo Stato B il nome, l’indirizzo e la data di nascita dei
possessori delle carte, indicando i numeri delle carte di credito e le informazioni suppletive che dimostrino la
sussistenza del requisito della verosimile pertinenza.
• La società A, residente dello Stato A, è partecipata dalla società estera B, residente dello Stato B. Sulla base di informazioni fornitele da un ex impiegato della società A, le autorità fiscali dello Stato A sospettano che gli amministratori X, Y e Z di questa possiedano direttamente o indirettamente la società B e che, pertanto, i dividendi
pagati dalla società A alla società B siano tassabili in capo ad essi in base alla propria CFC legislation. I tre amministratori negano di detenere la partecipazione nella società estera B e le autorità dello Stato A hanno esaurito
tutti i mezzi interni per ottenere le informazioni su quest’ultima. Lo Stato A può richiedere allo Stato B se X, Y e Z
siano soci della società B e, qualora B non fosse in grado di determinarlo, chi siano i soci della stessa.
• Il fornitore di servizi finanziari B è residente nello Stato B. Le autorità fiscali dello Stato A hanno scoperto che B
sta vendendo un prodotto finanziario ai suoi contribuenti residenti, fornendo informazioni ingannevoli sulla
presunta non tassabilità nello Stato A del reddito prodotto dallo strumento in questione. Lo strumento richiede
l’apertura di un conto presso B. Le autorità dello Stato A mettono in guardia i contribuenti, disconoscono l’effetto propagandato da B e precisano che il reddito deve essere dichiarato. Lo Stato A scopre, tuttavia, che alcuni
contribuenti residenti hanno sottoscritto lo strumento senza dichiarare il reddito generato. Dopo aver esperito i
propri mezzi interni, può richiedere allo Stato B le informazioni su tutti i residenti che abbiano un conto con B
e che abbiano investito nel prodotto finanziario in questione. Nella stessa richiesta l’autorità dello Stato A fornisce le informazioni relative ai dettagli del prodotto finanziario e lo stato del proprio accertamento.
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sto. Le autorità potranno in ogni caso negoziare
opportunamente eventuali limiti temporali più
appropriati. Lo Stato richiedente può concedere
all’autorità richiesta del tempo ulteriore rispetto a
quello convenuto e se alla base del mancato scambio di informazioni entro il termine prescritto vi
fossero impedimenti giuridici, non vi sarà alcuna
violazione. Lo scambio tardivo, in ogni caso, non inficia l’utilizzo o l’ammissibilità dell’informazione
scambiata.
Confidenzialità dell’informazione
Il paragrafo 2 dell’art. 26 contiene disposizioni in
materia di trattamento confidenziale delle informazioni oggetto di scambio6. Esse devono essere tenute segrete, analogamente a quelle ottenute in base
alla legislazione interna dello Stato richiedente, e
possono essere comunicate soltanto alle persone o
autorità (ivi inclusa l’autorità giudiziaria e gli organi amministrativi) incaricate dell’accertamento e
della riscossione delle imposte, delle procedure o dei
procedimenti concernenti tali imposte, delle decisioni di ricorsi presentati per tali imposte, o del controllo delle attività precedenti. Tali persone o autorità possono utilizzare tali informazioni soltanto per
questi fini e possono divulgarle nel corso di udienze pubbliche o nei giudizi.
Le modifiche del 2012 prevedono l’aggiunta di un
nuovo periodo al paragrafo 2, ai sensi del quale le informazioni ricevute da uno Stato contraente possono
essere usate per scopi diversi da quelli stabiliti dalla
norma, quando ciò sia ammesso dalla legislazione di
entrambi gli Stati e, congiuntamente, vi sia l’autorizzazione da parte dell’autorità competente dello Stato richiesto7.
Sul punto, la nuova versione del Commentario8
chiarisce che la sussistenza congiunta dei due requisiti menzionati è richiesta per scopi di tipo
tributario. Se lo scopo dell’utilizzo è di carattere
non fiscale, invece, lo Stato richiedente dovrebbe
specificare all’altro Stato il fine diverso per il quale
vorrebbe usare le informazioni e confermare che
ciò sia ammesso dal proprio diritto interno. In alternativa all’attuale formulazione del nuovo ultimo
periodo del paragrafo 2, gli Stati contraenti possono inserire una disposizione alternativa ai sensi della quale l’autorità competente che riceve le informazioni, con il consenso scritto dell’altro Stato,
può anche rendere disponibile che le informazioni
siano usate per scopi diversi ammessi in base alle disposizioni di un trattato sulla mutua assistenza in vigore tra gli Stati contraenti che ammette tale scambio di informazioni.
Le altre modifiche apportate al Commentario e che
riguardano il paragrafo 2 dell’art. 26 chiariscono che
l’obbligo di riservatezza si applica alle lettere
delle autorità competenti, inclusa la stessa richiesta
di informazioni. Lo Stato richiesto può rivelare l’informazione minima contenuta in una lettera dell’autorità competente (non già la lettera stessa) se
Note:
6 Sul punto è opportuno evidenziare che il 23 luglio 2012 l’OCSE ha pubblicato un rapporto sulla confidenzialità dell’informazione scambiata, che esamina tutti gli aspetti relativi alla protezione dei dati oggetto di una richiesta di scambio per fini fiscali. Si veda OCSE, Keeping it safe - The OECD Guide on the
Protection of Confidentiality of Information Exchanged for Tax Purposes, Parigi, 2012.
7 In passato questa possibilità era contemplata al paragrafo 12.3
del Commentario come opzionale.
8 Paragrafi 12.3 e 12.4.
Tavola 2 - Casi esemplificativi in cui non vi è l’obbligo di procedere allo scambio
• Lo Stato A, che tassa i propri residenti su base mondiale, richiede all’autorità dello Stato B di fornire i nomi, la
data di nascita e i saldi dei conti correnti di tutti i residenti dello Stato A che abbiano un rapporto o un conto
con la Banca B stabilita nello Stato B. Nella richiesta di informazioni è indicato che la Banca B è nota per l’elevato numero di correntisti esteri, ma non sono fornite ulteriori informazioni aggiuntive.
• La società B è stabilita nello Sato B. Lo Stato A richiede i nomi di tutti gli azionisti della società B residenti dello
Stato A e le informazioni su tutti i pagamenti di dividendi effettuati a tali azionisti. Lo Stato A evidenzia nella richiesta che la società B svolge un’attività significativa nel proprio territorio, che è dunque probabile che abbia
dei soci residenti nello Stato A e che è risaputo che i contribuenti spesso omettano di dichiarare reddito di fonte
estera o beni esteri.
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necessario a ottenere o fornire le informazioni. Il
trattamento confidenziale rientra nella competenza
del diritto nazionale di ciascuno Stato contraente.
Se lo Stato richiesto accerta che lo Stato richiedente violi l’obbligo di riservatezza, può sospendere
l’assistenza finché non sia fornita idonea garanzia. Se
necessario, è demandata alle autorità competenti la
conclusione di speciali accordi in tale ambito.
Limiti allo scambio di informazioni
Il paragrafo 3 dell’art. 26 stabilisce tre limiti allo
scambio di informazioni, che, infatti, non ha luogo
se impone ad uno Stato contraente di:
1) adottare provvedimenti amministrativi in deroga
alla propria legislazione o alla propria prassi amministrativa o a quella dell’altro Stato contraente;
2) fornire informazioni che non potrebbero essere
ottenute in base alla propria legislazione o nel
quadro della propria normale prassi amministrativa o di quelle dell’altro Stato contraente;
3) fornire informazioni che potrebbero rivelare un
segreto commerciale, industriale, professionale o
un processo commerciale, oppure informazioni la
cui comunicazione sarebbe contraria all’ordine
pubblico.
La ratio di tali limitazioni è rinvenibile nel principio di reciprocità ed è quella di evitare situazioni
asimmetriche in cui uno Stato contraente sia obbligato a fare di più rispetto all’altro Stato. In ogni caso, le disposizioni interne che proteggono la segretezza non devono essere interpretate in modo da
costituire un ostacolo allo scambio di informazioni.
Nella versione emendata del Commentario9 si specifica che se uno Stato contraente applica delle misure normalmente non previste dalla propria legislazione o prassi interne, come l’accesso e lo scambio
a dati bancari, quello Stato ha parimenti diritto di
richiedere informazioni similari all’altro Stato contraente. Inoltre si chiarisce10 che per procedere allo
scambio, le autorità competenti devono avere i poteri e i mezzi necessari per facilitare lo scambio
effettivo di informazioni. Per esempio: uno Stato
contraente richiede informazioni relative a un’indagine su un particolare contribuente e specifica nella richiesta che l’informazione potrebbe essere detenuta da un fornitore di servizi identificato nella ri-
chiesta e stabilito nell’altro Stato contraente. In questo caso, lo Stato richiesto, se tali informazioni siano
detenute dal soggetto identificato nella richiesta, deve ottenere e fornire le stesse. Nel dar seguito alla richiesta, occorre avere a mente la portata più ampia
possibile dello scambio di informazioni e considerare l’importanza dei dati richiesti per lo Stato richiedente in relazione al carico amministrativo per lo
Stato richiesto.
Un ulteriore emendamento11 chiarisce che i tre limiti di cui alla norma non consentono allo Stato richiesto di rifiutare una richiesta quando trovano
applicazione i paragrafi 4 e 5 dell’art. 26. Il paragrafo 5 si applicherebbe, ad esempio, quando lo Stato
richiesto non può ottenere le informazioni perché queste sono possedute da una banca o da
altra istituzione finanziaria. Così, il paragrafo 5
includerebbe i casi in cui i poteri di raccolta dei dati bancari siano soggetti a requisiti diversi da quelli
normalmente applicabili alle informazioni non bancarie, come ad esempio nell’ipotesi in cui le autorità fiscali possono raccogliere le informazioni detenute da banche o altre istituzioni finanziarie se è disponibile l’informazione specifica sul contribuente
accertato. Analogamente, per raccogliere informazioni bancarie o di altre istituzioni finanziarie è richiesto che la probabilità che queste siano detenute
da una certa persona sia più elevata del caso in cui
si ricerchino informazioni detenute da soggetti diversi da banche o istituzioni finanziarie.
Assenza dell’interesse fiscale domestico
Il paragrafo 4 dell’art. 26 stabilisce che lo Stato richiesto utilizza i poteri in suo possesso per raccogliere le informazioni, anche qualora le stesse non
siano rilevanti per i propri fini fiscali interni. Il predetto obbligo è soggetto alle limitazioni di cui al paragrafo 3, ma tali limitazioni non possono essere in
nessun caso interpretate nel senso di permettere ad
uno Stato contraente di rifiutare lo scambio di informazioni perché lo stesso non ne ha un interesse
ai propri fini fiscali.
Note:
9 Nuovo paragrafo 15.
10 Nuovo paragrafo 16.
11 Paragrafo 16.1 del Commentario.
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Nella nuova versione del Commentario12 si chiarisce che gli Stati contraenti devono utilizzare i propri poteri di raccolta delle informazioni, indipendentemente dal fatto che le informazioni possano
essere raccolte o usate per fini fiscali interni nello
Stato richiesto. Così, per esempio, eventuali restrizioni al potere dello Stato richiesto di ottenere informazioni per fini fiscali interni al momento della
richiesta (perché per esempio, è scaduto il termine
stabilito dalla legge domestica) non devono limitare
il suo potere di raccolta dei dati per lo scambio di
informazioni. Inoltre, è precisato che il paragrafo 4
dell’art. 26 non obbliga lo Stato richiesto a fornire
le informazioni nei casi in cui abbia tentato di fornire le informazioni richieste, ma i dati non sono
più disponibili a causa dello spirare dei termini di
conservazione stabiliti dal diritto interno. Tuttavia,
se l’informazione richiesta è ancora disponibile nonostante la scadenza di tale periodo di conservazione, lo Stato richiesto non può rifiutare di scambiare le informazioni disponibili. Gli Stati contraenti
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dovrebbero assicurare che dati contabili affidabili
siano tenuti per almeno cinque anni.
Segreto bancario
Il paragrafo 5 dell’art. 26 prevede che le disposizioni del paragrafo 3 non possono essere interpretate
nel senso che uno Stato contraente possa rifiutarsi di
fornire le informazioni solo in quanto le stesse sono
detenute da una banca, da un’altra istituzione finanziaria, da un mandatario, o una persona che agisce
in qualità di agente o fiduciario o perché dette informazioni si riferiscono a partecipazioni in una
persona.
Gli emendamenti del Commentario non hanno interessato questa disposizione, che, pertanto, resta invariata.
Nota:
12 Nuovo paragrafo 19.7.