e lo squalo guarì il cavallo
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e lo squalo guarì il cavallo
CAVALLO il veterinario naturopata E LO SQUALO GUARÌ IL CAVALLO FIDUCIA, PAZIENZA E UNA MENTALITÀ APERTA VERSO SOLUZIONI ALTERNATIVE HANNO FATTO DI SULTAN UN CAVALLO PIÙ SANO E SICURAMENTE PIÙ FELICE testo e foto di Stefano Morini * uesta è la storia di Sultan, Q meticcio argentino di 18 anni, che vive a Como e la sua unica preoccupazione è quella di rimpinzarsi di erba e di passeggiare con il suo proprietario, che peraltro lo tratta appunto come un… sultano. Ma non è sempre stato così. La storia di questo “ragazzo” peloso è intrisa di dolore e tristezza, usato con durezza e senza riguardi, lasciato fuori dalle osterie sotto l’acqua battente, scarsa la razione, inesistenti le carezze. Un giorno, per sua fortuna, qualcuno lo nota e a tutti i costi se lo porta via. Da quel momento comincia una nuova vita, quella che ogni cavallo dovrebbe poter vivere sempre: allegria, buon cibo e sane passeggiate in buona compagnia, carezze a go-go e chi più ne ha, ne metta… fino a qualche mese fa. In un giorno sfortunato Sultan si infortuna gravemente all’anteriore destro, un brutto strappo al tendine flessore superficiale del dito, così grave da costringerlo all’appoggio sulla parete dorsale del piede. Sultan soffre molto, non riesce a camminare, il suo amico e proprietario è disperato. A quel tempo non ero ancora il suo veterinario, ma venne curato da altri colleghi con vesci- Nelle immagini, Sultan, diciotto anni e non sentirli... canti (??!) prima, intervento di sezione della briglia carpica e di tendom splitting (fessurazione longitudinale del tendine ) poi, purtroppo senza successo. Alla fine viene suggerita la focatura come ultima spiaggia. Il proprietario, giustamente inorridito da questa ultima proposta, decide di cercare cure alternative per il suo amico a quattro zampe. Arrivai da lui una mattina di primavera e lo trovai con un aspetto terribile: la zampa anteriore destra flessa al nodello, con appoggio del piede sulla parete dorsale, la parte posteriore del metacarpo (la zona flessoria) enormemente tumefatta e dura, magro e con una sguardo spento che la diceva lunga sulle sofferenze patite. Il proprietario e sua moglie erano così disperati da essere vicini alle lacrime. È in questi momenti che il peso di 3 questo lavoro ti schiaccia pesantemente: dopotutto fior di colleghi l’avevano visitato, curato, operato, che avrei potuto fare? Cominciai a visitarlo da capo a piedi e praticai una seduta chiropratica lunga e minuziosa, mi accorsi che forse una possibilità poteva esserci. Senza addentrarmi in una disquisizione tecnica sulla fisiopatologia di questo tipo di lesione dirò comunque che i problemi connessi a una completa guarigione sono veramente notevoli. In questo caso la lesione era stata grave, al limite della completa rottura del tendine flessore del dito, era coinvolto anche il legamento sospensore del nodello, c’era un massiccio edema con emorragia interna, l’intervento sulla briglia carpica e di splitting purtroppo aveva causato la formazione di un grosso neuroma con infiammazione relativa, era già iniziato un grossolano processo di riparazione delle lesioni tendinee con formazione di tessuto di granulazione, fibromatosi e formazione di aderenze. Ci rimboccammo le maniche e cominciammo. Innanzitutto disposi per una ferratura con ferro a punta quadra e talloni rialzati, per 4 stressare il meno possibile i tendini flessori. Iniziai una serie di trattamenti chiropratici, che avrei poi effettuato regolarmente durante il periodo di cura, con l’intenzione di ammorbidire la massa tumefatta e ripristinare i rapporti fra i tendini di questa zona anatomica, rafforzando il processo di guarigione. Per bocca feci somministrare a Sultan antinfiammatori in quantità industriale, visto che questo non comportava problemi al fegato o allo stomaco data l’assenza di effetti collaterali di queste sostanze naturali. Continuai prescrivendo cartilagine di squalo assolutamente pura (non sempre si riesce a reperirla così) ed equiseto associato a romice sotto forma di estratto alcolico, con l’intento di agire sul metabolismo dei tendini, con effetto riparatore delle lesioni e di irrobustimento degli stessi. Infine feci somministrare un macerato di erbe varie (ribes nero, artiglio del diavolo, olearia, salice bianco, frassino, liquirizia, vite canadese…), con la funzione di preservare la funzionalità delle articolazioni e di impedire che l’infiammazione intaccase l’osso. Localmente applicai inizialmente un cataplasma a base Sopra, Morini durante una vista. In basso, la particolare ferratura di guaiacolo, metilsalicilato e polietilenglicole, da cambiare ogni tre giorni. Successivamente usai un tipo particolare di argilla ventilata e una pomata a base di arnica, ippocastano, menta piperita, iperico, rosmarino ecc.., a giorni alterni. Questi trattamenti locali ebbero un buon effetto nel ridurre il gonfiore e ripristinare la flessibilità, ma non mi soddisfecero completamente. C’era qualcosa che mi sfuggiva e non mi consentiva di completare l’opera: c’è sempre un aspetto strettamente legato all’unicità biologica di ogni animale che costringe a somministrare una sostanza che completi la cura e risolva definitivamente la patologia. Decisi di usare un cataplasma a base di fieno greco, con l’aggiunta di altre erbe e fattori leganti. Bingo! L’intera cura è durata circa quattro mesi, ma Sultan si è completamente ristabilito. Sta completando la riabilitazione, ma fa trotto e galoppo in tondino per almeno mezz’ora al giorno, sgroppa nel paddock anche se non è una pratica che venga incoraggiata! Ha riacquistato il suo peso forma e i suoi occhi non sono piu’ spenti, anzi brillano nuovamente di vita e sono pieni di energia. Per un vecchietto di quasi 18 anni non è male!! I suoi occhi, più ancora della riacquistata salute (me lo passino i colleghi ), mi ricompensano di tutte le fatiche. Sultan aspettava solo la focatura, pratica che considero inutilmente dolorosa e assolutamente obsoleta, o un triste viaggio verso il macello e invece ora è un cavallo felice e sano. Grande ricompensa immeritata per me, ma che mi fa dire che curare gli animali è il lavoro più bello del mondo! Lo dico sempre, non smetto mai di stupirmi nel constatare ogni volta, dopo tanti anni, quanto le semplici erbe possano risolvere enormi problemi sanitari, malattie croniche, traumi devastanti, là dove (sia detto senza offesa per nessuno e con il massimo rispetto per tutti ) le terapie tradizionali hanno fallito. Non disperate quindi se non vi lasciano speranze per i vostri animali, le erbe ci sono per tutti, sono un patrimonio al quale tutti dovrebbero attingere e spesso possono essere la soluzione vincente. Buon paddock a tutti. ■ * [email protected]