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Alimentazione e cultura
Carlo Corino
Il maiale:
un animale
di contraddizione
k
Il significato simbolico del
maiale è cambiato attraverso
i secoli. Nell’antica Roma
veniva associato alla fertilità
e prolificità mentre,
con il diffondersi
del cristianesimo, diviene
simbolo d’impudicizia, delle
passioni carnali,
di lussuria, fino ad essere
assimilato al diavolo.
Non a caso in moltissime
rappresentazioni di San
Antonio si vede sullo sfondo
un maiale.
È il passaggio dall’immagine
agropastorale
indo-europea a quella
negativa e disonorante
del guardiano dei porci della
parabola
del figliol prodigo.
I rapporti tra uomo e maiale sono contraddittori com’è già possibile percepire dai numerosi nomi
con i quali il maiale è indicato: suino, maiale per
appunto, porco, suinetto, scrofa, verro …
‘Suino’ appare neutro, quasi asettico, dal
momento che deriva dalla nomenclatura zoologica (sus scrofa) e quindi ha un che di scientifico
che lo caratterizza. ‘Maiale’ da un lato è di nobile
derivazione poiché proviene dal nome dalla dea
Maia per la quale al tempo dell’Antica Roma i suini
venivano sacrificati, dall’altro, in base soprattutto a
come lo si pronuncia, è già precursore del più forte
‘porco’ quale indice di sporcizia fisica e morale,
d’impudicizia. ‘Verro’, il maschio riproduttore, contiene in sé un che di potente, forse deriva dal ‘vir’
latino, come simbolo di forza riproduttiva e sessuale. ‘Suinetto’ è molto delicato, porta a pensare
al cucciolo rosa che è il suino alla nascita, piccolo,
vivace, simpatico, allegro. Ed infine (si fa per dire
dato che di sinonimi ve ne sono molti altri) ‘scrofa’,
la femmina riproduttrice, simbolo di fertilità e
prolificità, dalle grandi attitudini materne. E così
potente è il suo richiamo protettivo che i legionari
romani appellavano scrofa il generale più amato,
quello che più si curava di loro e delle loro esigenze e per il quale erano pronti a dar tutto in battaglia. D’altra parte non è certo casuale il fatto che il
simbolo della famosa X legione romana fosse per
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appunto un maiale (o un cinghiale, dato che
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Nel Medio Evo il suino è emblema di generosità e fertilità, mentre
nell’Europa del XIX secolo, diviene animale porta-fortuna, è
associato agli auguri di buon anno come evidente simbolo di
prosperità. Oggi poi, con la crescente concentrazione degli
allevamenti in alcune regioni e il grande aumento medio delle
dimensioni degli stessi (fenomeno
non solo italiano ma europeo e mondiale) è spesso incolpato, e non
sempre a ragione, dell’inquinamento ambientale
sia con gli odori sia dei terreni e delle acque.
per molto tempo le caratteristiche morfologiche
dei suini si sono poco differenziate da quelle dei
parenti selvatici).
Il significato simbolico del maiale è cambiato
molto nel tempo: nell’antica Roma è associato a
fertilità e prolificità, nell’Europa post romana, con
il diffondersi del cristianesimo, diviene simbolo
d’impudicizia, delle passioni carnali, di lussuria,
fino ad essere assimilato al diavolo, non a caso
in moltissime rappresentazioni di San Antonio si
vede sullo sfondo un maiale. È il passaggio dall’immagine agropastorale indo-europea a quella
negativa e disonorante del guardiano dei porci
della parabola del figliol prodigo. Per non dire
della completa esclusione da parte di ebraismo ed
Islam, del cui significato e sulla cui origine sarebbe
interessante approfondire (ma ci porterebbe un
po’ troppo lontani …). Nel Medio Evo il suino è
emblema di generosità e fertilità, mentre nell’Europa del XIX secolo, diviene animale porta-fortuna,
è associato agli auguri di buon anno come evidente simbolo di prosperità. Oggi poi, con la crescente
concentrazione degli allevamenti in alcune regioni
e il grande aumento medio delle dimensioni degli
stessi (fenomeno non solo italiano ma europeo
e mondiale) è spesso incolpato, e non sempre a
ragione, dell’inquinamento ambientale sia con gli
odori sia dei terreni e delle acque (per la ricchezza
in Nitrati e fosforo dei liquami).
In tutti i periodi storici comunque le carni
di maiale ed i salumi da esso derivati sono stati
sempre molto apprezzati sulle tavole dei nobili
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Tipico santino che raffigura
San Antonio Abate, sempre presente
nelle stalle degli agricoltori italiani
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Negli allevamenti si possono
individuare differenti settori per le
varie fasi di vita degli animali: una
zona di gestazione, una maternità
(con le sale parto), il settore di
svezzamento e infine quello di
accrescimento-ingrasso.
come dei plebei. Per molto tempo, dall’antichità
fino a dopo la seconda guerra mondiale, il maiale
ha rappresentato per l’uomo una forma di garanzia
alimentare per il futuro, un modo per “risparmiare”
ogni giorno un po’ di preziose proteine di origine
alimentare e di energia ad alta concentrazione da
conservare poi nel tempo sotto forma di salumi.
Non a caso il primo salvadanaio di quasi tutti noi e
dei nostri bimbi è stato appunto a forma di maiale
a richiamare proprio l’inestimabile funzione che il
maiale ha ricoperto nel passato quale riserva energetica (e proteica). Una ricchezza alimentare che,
in periodi difficili e con scarsa disponibilità di cibo,
permetteva di superare momenti critici e garantire un (gustoso) apporto energetico alle diete dei
nostri avi. Come animale onnivoro, il suino era ben
disposto ad accettare un’alimentazione molto varia,
dagli avanzi di cucina al pascolo negli ampi boschi
che ricoprivano le nostre pianure e montagne. Non
è un caso se vi fu un tempo in cui i boschi erano
valutati in numero di suini che erano in grado di sostenere. E addirittura in alcune regioni (in Germania
ad esempio) il pascolo di tutti i suini del paese era
demandato ad un incaricato che la mattina passava
a prenderli di casa in casa per poi riportarveli la sera
dopo una giornata di pascolo: il schwein general!
Proprio dal pascolo il maiale otteneva delle caratteristiche tutte particolari delle carni e del grasso
che ancor oggi si possono ritrovare in alcuni dei
salumi prodotti in Spagna con il suino Iberico ed in
Toscana dalla razza Cinta senese.
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I maiali dei giorni nostri, salvo rare eccezioni, crescono
in allevamenti ove tutti i cicli fisiologici della produzione suina
vengono ottimizzati in strutture concepite ad hoc
dove viene posta particolare attenzione a garantire
le condizioni sanitarie degli animali e quindi ad ottenere buone
performance produttive e riproduttive.
Considerata però l’esigenza quantitativa delle
produzioni richieste per soddisfare i crescenti
consumi di carni e salumi, la maggior parte dei
maiali oggi non vede il pascolo. In effetti in Europa
nell’anno 2011 sono stati consumati oltre 20,4
milioni di tonnellate di carne suina, il che corrisponde a circa 204 milioni di suini: decisamente
non
vi è lo spazio per il pascolo, salvo eliminare gran
parte delle produzioni agricole (cereali, foraggi,
frutteti ...).
Quindi i maiali dei giorni nostri, salvo rare
eccezioni, crescono in allevamenti ove tutti i cicli
fisiologici della produzione suina vengono ottimizzati in strutture concepite ad hoc, dove viene
posta particolare attenzione a garantire le condizioni sanitarie degli animali e quindi ad ottenere
buone performance produttive e riproduttive. In
questi allevamenti si possono individuare differenti settori per le varie fasi di vita degli animali: una
zona di gestazione, una di maternità (con le sale
parto), il settore di svezzamento e infine quello di
accrescimento-ingrasso. Tutti i settori hanno in comune una particolare attenzione per l’alimentazione e la biosicurezza che sono le migliori garanzie
di animali sani e di ridotti problemi sanitari. Tra i
vari settori la cura e l’attenzione massima vengono
posti nelle sale parto e negli svezzamenti: qui si
ha, tra l’altro, uno stretto controllo termico dato
che il suinetto neonato è molto delicato ancorché fin da subito vivace e attivo. Il suinetto alla
nascita è infatti molto piccolo, mediamente poco
più di un chilogrammo e, al contrario del maiale
adulto, estremamente magro, tanto che le ridottissime riserve energetiche alla nascita ne possono
condizionare la sopravvivenza se non riesce ad
assumere al più presto il latte materno. Nel suino
poi l’assunzione del primo latte, il colostro, è
fondamentale dato che con esso il suinetto riceve
dalla madre gli anticorpi che non gli sono potuti
giungere durante la gestazione per le caratteristiche della placenta epiteliocoriale della scrofa (al
contrario di quanto avviene nella specie umana).
Considerata l’elevata prolificità della scrofa, i 10-11
suinetti nati vivi sono la media ed i 12-14 nati vivi
per parto sono frequenti, il suinetto si trova da
subito in buona compagnia ma anche in competizione per l’allattamento. La scrofa è comunque
un’ottima lattifera e grazie al suo latte molto
nutriente (ha una concentrazione energetica pari
a circa 1,5 volte quella del latte vaccino) il suinetto in un solo mese moltiplica per 7-8 il peso alla
nascita … un po’ come se un bimbo ad un mese
di età pesasse tra i 20-30 chilogrammi. Certo
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non son tutte rose ed in particolare per i suinetti
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Alimentazione e cultura
I salumi confezionati con le carni di maiale rappresentano uno degli
elementi più consumati ed apprezzati in Italia e sono oggetto di
una forte esportazione verso altri Paesi grazie alla loro fragranza.
più piccoli, in una nidiata possono essere presenti
soggetti con peso inferiore ad 1 kilogrammo (fino
a 7-8 etti e talvolta meno).
Per questi la probabilità di sopravvivenza
neonatale è molto più bassa rispetto ai fratelli più
pesanti: è più difficile competere con i fratelli per
un posto alla mammella e se l’assunzione di latte
non è sufficiente si rischia l’ipoglicemia, ipotermia e quindi di entrare in una spirale senza uscita.
Proprio per aiutare questi suinetti si sono nel tempo
messi a punto diversi metodi d’intervento di ordine
gestionale (assistenza al parto con aiuto immediato
ai più debilitati, pareggiamento delle nidiate, separazione temporanea ….) sia di ordine nutrizionale.
Tra questi ultimi la somministrazione di diete ad alta
energia alla scrofa (con aggiunta di grassi altamente
digeribili) permette di ottenere un latte con maggior contenuto di grasso e quindi più energetico: in
questo modo è sufficiente che il suinetto ne assuma
anche poco per garantire la sopravvivenza. Vi è poi
la possibilità di specifici trattamenti nutrizionali alla
scrofa per ottenere un colostro più ricco in immunoglobuline e quindi garantire una miglior copertura
immunitaria al suinetto.
In tutte le fasi d’allevamento il suino è alimentato
con mangimi completi formulati per garantire la copertura dei fabbisogni nutrizionali nei diversi momenti
fisiologici sulla base delle indicazioni che ricercatori di
tutto il mondo continuano ad affinare ed approfondire.
I principali componenti di questi mangimi sono i cereali,
in prevalenza mais e orzo in Italia, la farina d’estrazione
di soia (che è quanto residua dal seme di soia dopo
estrazione dell’olio) e altre fonti proteiche come girasole, colza, arachide, piselli, sottoprodotti della molitura
dei cereali – quali crusca, cruschelli e tritello – integratori minerali e vitaminici.
Il tutto per produrre carni sapide e nutrienti e …
quel fantastico mondo di salumi ed insaccati che
◆
tutti conosciamo, inestimabile ricchezza culinaria e
straordinario affresco della
Carlo Corino
tradizione
culinaria e non
Professore ordinario di
solo.
Questo
però è un altro
Nutrizione e Alimentazione
Animale e ne parleremo in
discorso
Direttore della Scuola di
seguito
….
Specializzazione
in Patologia
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Suina – Università di Milano
Samantha Biale
Pace
fatta con
i salumi!
c
Golosi e salutisti finalmente
d’accordo.
L’eterno oggetto
del contendere?
Insaccati e salumi.
Oggi anche la scienza
li promuove, purchè scelti di
altissima qualità
e inseriti con moderazione in
una dieta varia
ed equilibrata.
Considerati da sempre un attentato alle regole
della corretta alimentazione, per i salumi è il momento della meritata assoluzione.
Da godurioso peccato di gola con “senso di colpa
annesso”, passano oggi a pieno titolo nella lista
degli alimenti sani e genuini, perfetti da consumare
fino a 2-3 volte alla settimana (in quantità di 50-60
grammi), nell’ambito di un’alimentazione sana ed
equilibrata, ricca di vegetali freschi, come previsto
dai dettami della dieta mediterranea.
A patto di sceglierli di altissima qualità, possono
costituire un antipasto da accompagnare a un primo
leggero, in sostituzione di un secondo piatto o in
mezzo a due fette di pane - preferibilmente integrale
e con aggiunta di verdure - come merenda energetica e nutriente, ideale dopo lo sport.
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Samantha Biale