periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Transcript
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
ISSN 1720-5638 IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1 ANNO XXVII - NUMERO 34 GENNAIO-APRILE 2007 (nuova serie) VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 www.ilcalitrano.it IN QUESTO NUMERO ANNO XXVII - N. 34 n.s. I nostri figli avranno la pensione? di Raffaele Salvante 3 Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” 4 Fondato nel 1981 Itaca del dott. Marco Del Cogliano Le tasse dei calitrani nel Quattrocento IN COPERTINA: Paesaggio caratteristico del paese con una spruzzatina di neve, la chiesa parrocchiale di San Canio che domina la visuale col suo campanile che svetta in alto, quasi a ricordare ad ogni abitante “svegliati” non ti arrendere, altre mete più importanti ti attendono. (foto Tonino LEONE) LA SANTA PASQUA Porti la speranza, la gioia del dono e dell’amore, la pace nel tuo lavoro, nella tua famiglia, nel tuo cuore di Gerardo padre Cioffari O.P. IL CALITRANO 5 Sito Internet: www.ilcalitrano.it E-mail: [email protected] Personaggi del Cronista 8 Direttore Raffaella Salvante 9 Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Antiche chiese di Calitri del dottor Emilio Ricciardi Un pensiero a Calitri lungo mille chilometri Segreteria Martina Salvante di Lucia Fierravanti 16 LA NOSTRA BIBLIOTECA 19 VITA CALITRANA 21 Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale 70% DCB Firenze 1 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 22 C. C. P. n. 11384500 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 23 REQUIESCANT IN PACE 23 UN NUOVO S.O.S. PER I BAMBINI DELLA ROMANIA Dopo circa 15 anni di duro ed amorevole lavoro, le suore di Gesù Redentore apriranno finalmente – il 18 agosto 2007 – una seconda “casa di accoglienza” per la gioventù rumena, facendo affidamento sull’aiuto di tutti, in particolare dei Calitrani che hanno fra le suore una compaesana Suor M. Michela Martiniello. I piccoli Rumeni contano molto sul tuo aiuto il tuo “poco” per loro può essere “molto” Casa BUNA - VESTIRE Fundatia “Victorine Le Dieu” Calea Marasesti, 60 601145 ONESTI (Bacau) - ROMANIA Tel. e Fax: 0040-234319887 I versamenti si possono fare o tramite EUROGIRO, alla Posta, indirizzato a Suor Michela Martiniello all’indirizzo sopra citato o tramite Bonifico bancario al nr. del c/c qui di seguito riportato: Conto bancario IBAN R051 RNCB 0030013805090003 E-mail [email protected] - www.suoregesuredentore.it La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. Stampa: Polistampa - Firenze Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160 - CAB 2800 Chiuso in stampa il 15 marzo 2007 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 UN AUTENTICO SCANDALO DI CUI NESSUNO PARLA! I NOSTRI FIGLI AVRANNO LA PENSIONE? La finanza pubblica versa in una situazione catastrofica, ma le forse politiche e sociali del paese non solo non ne prendono coscienza… ma sguazzano nello spreco. ul n. 5 dell’8 febbraio “L’Espresso” ha Sdeputati pubblicato l’elenco completo dei 1.377 ex e 861 ex senatori che prendono il vi- quale i Partiti e corporazioni varie acquistano consensi per se pagando con il denaro degli altri. Non possiamo non parlare della famosa talizio parlamentare senza alcun limite di età e “Cassa Integrazione” con la quale l’INPS si soltanto perché “onorevoli”, anzi ex parladeve accollare l’onere – e quale onere! – delle mentari, che ogni mese incassano un assegno spese quando le Aziende sono in crisi, ma dai tremila ai diecimila euro lordi, non solquando le stesse Aziende realizzano un utile se tanto cumulabili con tutti i redditi e tutte le lo dividono gli azionisti. Vi sembra logico? rendite ma salvaguardato dalla cosiddetta E sui lavoratori in cassa integrazione ave“clausola d’oro” che rivaluta automaticamente mai visto qualche controllo? te il vitalizio con l’indennità del parlamentare Il Presidente della Repubblica ha dato la ancora in servizio, senza tener conto degli olmano ad una giovane ricercatrice, congratulantre mille vitalizi di reversibilità pagati ai fadosi, ma il Governo ha ridotto il suo stipenmiliari di parlamentari scomparsi. dio; tutti si riempiono la bocca con “i giovani”, Fra questi privilegiati ci sono anche coloperò si va a ripescare dei giudici “pensionati” ro che in contraddizione a quello che vanno per lo sport, dei giornalisti ottantenni per la blaterando sull’uguaglianza, la giustizia, i diRai, si offre un nuovo incarico a personaggi ritti ecc. vanno dicendo che loro questi quatcon 82 anni suonati e così via: questo significa trini non li toccano, ma fanno beneficenza! che “i giovani” non interessano a nessuno. La vera beneficenza sarebbe la rinuncia a faPer ultimo, ma non ultimo per importanvore del fondo INPS. za, alcune Regioni, hanno cancellato il Come se non bastasse, nel lontano 1974, ticket sui farmaci, ma hanno i conti sanitari la Legge 252 chiamata, dal nome del firmain rosso? Non c’è problema: interviene il Gotario, Legge Mosca, servì per regolarizzare verno, con tre miliardi di eudipendenti o galoppini di ro, a risanare i conti, con sindacati e partiti. Questa grande beffa per le Regioni Legge prevedeva che su AVVISO AI LETTORI con i bilanci in ordine e i semplice dichiarazione di L’uso di internet ha agevolato di gran lunga il lavoro di collegamento contribuenti tutti che devono un sindacalista i lavoratori e di trasmissione fra le persone, ma non sempre la comunicazione è pagare per queste Regioni a nero potevano riscattare completa. Ecco perciò che vorremmo pregare i nostri lettori di tener che cercano soltanto di condecine di anni di pensione presente i dati occorrenti perché una foto possa essere pronta per la fermare il bacino di voti, tanversando i soli contributi fipubblicazione: - Luogo e data della foto - Nomi (molti hanno più noto paga “Pantalone” che sagurativi. mi) e Cognome delle persone - Dati anagrafici, forniti di paternità e remmo noi tutti. Non contenti, nel 1996 maternità - Soprannome - Data di eventuale matrimonio - Allegare La vecchia politica per con una Legge firmata dal sempre una fotocopia con i numeri sui personaggi. “la prima casa” oggi é diministro Treu migliaia di ventata un pesante fardello di sindacalisti (si parla di dieciPer poter completare il volume sui personaggi tasse. mila) conseguirono una pensiamo alla ricerca delle seguenti foto: Ogni commento ci semsione doppia, perché mentre bra superfluo, ma vogliano prima della legge ai dipenCioglia Giuseppe giurista (1750 - ?) ribadire come le istituzioni denti in aspettativa per imMargotta Giovanni (1822-1849) martire della Patria politiche e sociali in un paese pegni sindacali venivano Margotta Vito Antonio (1828-1892) medico che si crede “democratico”, versati solo i contributi figuDe Carlo Alfonso Maria (1831 - 1887) professore di filosofia richiedono specifiche virtù rativi con questa Legge si Nicolais Giuseppe (1821-1896) sacerdote ed educatore che fanno sì che quanti ricoaggiunse un secondo versaCioffari Pietrantonio (1826-1886) chirurgo e patriota prono incarichi in esse siano mento che consentì ai fortuNicolais Michele (1831-1884) provveditore agli studi al servizio degli altri e non nati di raddoppiare la proBerrilli Giuseppe Nicola (1840-1917) gentiluomo usino le istituzioni come se pria pensione. Maffucci Michele (1861-1913) operaio fossero proprietà privata. Morale della favola! a causa di queste due leggi C’è qualcuno di buona volontà che ci può aiutare? Raffaele Salvante l’INPS è gravato di una spesa che si aggira sui 12-16 miliardi di euro! Noi vi invitiamo caldamente a leggere i nominativi che hanno beneficiato – a spese dei contribuenti – di questi veri e propri privilegi; cose da mettersi le mani nei capelli, ma non possiamo non rilevare che fra questi ex, con diritto a privilegio, c’è un imputato per numerosi reati di terrorismo, e due che si sono dimessi da parlamentari con una pensione mensile di 6.500 l’uno e 9.300 l’altro, per fare i sottosegretari nel governo Prodi, con l’aggiunta di 192mila euro l’anno…, e guarda caso fanno parte della commissione che deve decidere le sorti delle pensioni degli italiani! E non è finita, con la riforma del titolo V della Costituzione è stata trasferita alle Regioni la competenza per accertare con le commissioni mediche delle Asl e assegnare le pensioni di invalidità che paga l’INPS; non è soltanto questione di spesa pubblica, ma essenzialmente una questione di moralità, perché la proliferazione di questi privilegi altro non è se non vergognoso assistenzialismo col 3 IL CALITRANO vi capitasse di passare nei pressi delCasa dell’ECA, ve ne accorgereSste,el’exqualcosa sta cambiando. Notereste un’insegna dai caratteri protesi verso il futuro, ma con radici profonde. Cinque semplici lettere da leggere d’un fiato: ITACA. Torneranno, allora, alla mente, immagini di navi e tempeste, eroi e marinai, mostri e sirene. Rivedrete, forse, il fido Argo, la dolce Penelope, respirando l’odore del mare che lambisce la terra di Ulisse. – È ora di andare – vi direte, tentando di mettere un freno alla fantasia, all’istinto di colorare un passato troppo antico per essere autentico. Eppure, ITACA è ancora meta verso cui tendere, sintesi nel viaggio di pensiero e azione, inscindibilmente avvinti. ITACA oggi più che mai è un obiettivo da condividere con chi abbia voglia e passione, un traguardo personale da iscriversi in un orizzonte collettivo: diffondere la cultura legata alla lettura, ad un confronto “amichevole”, immediato ed efficace con le nuove tecnologie, all’essere accessibili per ogni abitante del mondo in un click. Cosa, tuttavia, dà senso ad un’idea, oltre alla bontà intrinseca dell’idea stessa? La partecipazione, la condivisione, la convinzione altrui. Un pensiero isolato è vulnerabile, il mancato consenso tarpa le ali che dovrebbero spingerlo in alto. Ecco perché è importante che quanti condividano tutto ciò non facciano mancare il loro appoggio, e, parlandone, mettano in circolo un entusiasmo contagioso. Sotto ITACA, c’è spazio per uno spicchio di cielo con dentro un invito: libera_mente. Un’espressione dal senso duplice: a mente libera – perché solo chi ha attenzione e determinazione può spingere oltre lo sguardo – ma soprattutto liberamente, scevri, cioè, da condizionamenti. Così vorremmo che fossero gli uomini e le donne di domani: liberi. Di una libertà che quotidianamente senza clamore viene prodotta, che consente di “pensare con la propria testa”, di gestire senza traumi l’inevitabile confronto con le nuove tecnologie. Tutto ciò a Calitri, Alta Irpinia, per dimostrare – insieme a voi – quanto si N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 sbaglia chi crede che certe iniziative possano vivere solo nelle grandi città. Ora che sapete cosa troverete passando nei pressi dell’ex Casa dell’ECA, non indugiate sulla soglia ed entrate! Le persone che vi accoglieranno, sforzandosi di comprendere le vostre esigenze, vi consiglieranno nel modo migliore. Rompendo gli indugi, scoprirete altro ancora, e, soprattutto, farete sì che, con ITACA, si cresca voi e noi insieme. Grazie a quanti vorranno far volare alto questo nostro sogno. A. Marco Del Cogliano www.itacamedia.it IL FUTURO DALLE ORIGINI Sono un Ulisse qualsiasi e, come voi che leggete le pagine di questo giornale, ho una patria (s)perduta nel cuore e nei ricordi d’infanzia. Quanti di noi, pensando a Calitri, sentono vibrare le corde dell’anima? C’è chi non parla di Calitri solo al passato, puntando dritto verso altri lidi. C’è chi, come il nostro amico Marco, parla di Calitri al futuro. Ha viaggiato a lungo per ritrovare la sua patria ed ora, finalmente, vi approda per cominciare un nuovo viaggio, stavolta navigando tra le acque telematiche delle connessioni Internet. Ecco perché il nuovo progetto a cui Marco sta dando vita non poteva che chiamarsi ITACA. Cosa troveremo in questo nuovo punto nevralgico dell’attività calitrana? Una ricca opportunità per mettersi al passo con i tempi ed arrivare laddove i nostri piedi non possono arrivare. Libri, per scoprire cose nuove e non dimenticare quelle vecchie. Carta e penna e tanto altro materiale per scrivere, creare, imparare. Internet, per avere e sapere tutto in un batter d’occhio. Ma soprattutto, al timone del vascello, troveremo una persona che ha avuto il coraggio di osare, di provare, di andare fino in fondo, convinto fortemente che dall’antico potesse trovare vita il nuovo. In bocca al lupo e buon viaggio. Chiara Zabatta 4 Taranto, feste Natalizie 2006, l’Associazione Bambini Microcitemici hanno voluto premiare il nostro concittadino ed amico Elio Pastore consegnandogli un Attestato di Benemerenza ed una medaglia d’Argento per aver donato il sangue per 49 volte in 21 anni.Alla soglia dei 65 anni Elio passa il testimone ai suoi due figli che certamente sapranno fare altrettanto bene. LE GIORNATE DELLA SCIENZA DELLE SCUOLE DI CALITRI 12-17 MARZO 2007 Sono state promosse dall’Istituto d’Istruzione Superiore “Angelo Maria Maffucci” con le sezioni associate del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” e dell’Istituto Statale d’Arte “Salvatore Scoca” di Calitri, con un ricco programma di conferenze e gruppi di lavoro. Calitri 10 settembre 1966, i due novelli sposi insieme ai loro genitori; da sinistra Michele Maffucci, Maria Grazia Ferri – gli sposi Maria Antonietta Toglia e Edoardo Maffucci – Anna Covino e il marito Antonio Toglia (cappiegghj). IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 GERARDO CIOFFARI O.P. LE TASSE DEI CALITRANI NEL QUATTROCENTO NUOVI DOCUMENTI n un precedente articolo sul Calitrano Idiploma ho pubblicato in traduzione italiana un di re Alfonso il Magnanimo († 1458), datato 15 febbraio 1440. Il diploma era una concessione del re a favore di Calitri, grazie alla quale invece di 6 once la nostra cittadina in occasione delle collette generali avrebbe pagato soltanto 4 once. La motivazione addotta partiva dalla drammatica situazione creatasi nei decenni precedenti a causa delle continue guerre e soprattutto perché il signore di Calitri, Antonello Gesualdo, stava da anni schierato con lo stesso re contro i sostenitori del partito angioino. 1. Documenti di inizio Regno Aragonese Va ricordato che il suddetto diploma di Alfonso è anteriore di due anni alla sua entrata in Napoli e all’inizio ufficiale del suo Regno. E la cosa era stata resa possibile dall’appoggio datogli dal più potente barone del Regno, Giovanni Antonio del Balzo Orsini, principe di Taranto. Mentre i documenti dei quali si sta per parlare risalgono al periodo giugno 1443 marzo 1444, quando finalmente Alfonso poteva considerarsi ormai sicuro sul trono. L’entrata in Napoli nel 1442 era certamente una tappa fondamentale nella conquista del Mezzogiorno. Tuttavia, il rovesciamento di una dinastia (quella angioina) e l’insediamento di un’altra (quella aragonese) non poteva avvenire senza vari compromessi di politica nazionale se non proprio internazionale. Per dare un segnale forte il 26 febbraio 1443 aveva celebrato a Napoli il suo trionfo accompagnato dai grandi cavalieri e baroni del Regno. A sottolineare l’inizio di un’era pacifica, poco più di tre mesi dopo, il 14 giugno, otteneva la pace di Terracina. E finalmente, fatto importantissimo per la stabilità del suo governo, il 15 luglio (sempre del 1443) il papa Eugenio IV promulgava la sua bolla in cui riconosceva la legittimità di Alfonso come re di Napoli. In altri termini, la documentazione relativa a Calitri si riferisce proprio a quei mesi in cui il nuovo re di Napoli si era seduto saldamente sul trono e poteva cominciare a respirare. Dato che il Cedolario conservato nell’Archivio di Stato di Napoli (Museo 99 A 84), relativo al periodo 1435-1446, apre proprio con Calitri e presenta diversi altri documenti, credo di fare cosa gradita ai miei concittadini di pubblicare anche questi1, premettendo qualche riflessione sul significato del documento per la narrazione storica. 2. Il documento e il gusto della libertà I documenti d’Archivio sono come la cesta piena di detriti dei cercatori d’oro. All’occhio profano quella cesta è piena soltanto di terra e pietre, ma all’occhio dell’esperto ricercatore qua e là brilla la pepita d’oro. Il lettore profano è abituato alla notizia pura e semplice, il più possibile dettagliata ed articolata, senza sbavature, dubbi o vuoti, che appaiono alla sua mente ingiustificabili. Come nei film western, vuole che i suoi eroi siano schierati dalla parte del bene o dalla parte del male. Non ama le complicazioni. E in questo è aiutato dalle ideologie (fascista, comunista, laicista, pacifista) che lasciano ben poco spazio alla critica e alla dissidenza. Solitamente, il lettore comune non si domanda se la notizia riportata sia frutto della fantasia e delle convinzioni ideologiche dello scrittore, oppure è radicata in un documento e quindi corrisponde alla realtà. Spesso il lettore non distingue il fatterello dal documento, e comunque preferisce il primo in quanto il secondo (il documento) è alquanto arido ed ha bisogno di manipolazione per farlo diventare racconto. Di conseguenza, mentre il comune lettore resta affascinato dall’episodio-novella, senza preoccuparsi se lo scrittore rinvia a qualche documento per fare le sue affermazioni, lo studioso è infastidito dal raccontino. Lo considera un romanzo inventato fino al momento in cui, abbassando gli occhi in fondo alla pagina, non vede la nota specifica che indica la fonte precisa, la collocazione del documento e il folio, carta o pagina in cui è riportata quella determinata noti5 zia. Solo così lo storico (e il lettore attento e critico) potrà dire che il fatto è documentato e non è pura invenzione. A differenza del moralista, lo storico non si domanda se dare quella notizia faccia bene agli uomini o alla società. Lo storico non si sostituisce alla coscienza dell’individuo, espone con la maggiore imparzialità possibile il senso del documento e quindi dell’evento ad esso connesso. Il lettore che ha un po’ di senso critico capisce che oggi la nostra concezione del mondo è il risultato di un continuo bombardamento dei media. Persino il vocabolario risente di questa manipolazione, e non riesce a smascherare le contraddizioni. Basta guardare una manifestazione pacifista e ci si accorge subito che molti indossano la maglietta di Che Guevara (ucciso mentre combatteva una guerra giusta in Bolivia), oppure invocano la pace rompendo con le spranghe i negozi. Certamente, anche il documento di secoli fa è il prodotto di una mentalità, e chi lo sa leggere capisce che non è neutro. Anch’esso riflette in qualche modo i valori o disvalori della classe dominante. Tuttavia, a meno che non si tratti di opere edificanti o di vite di Santi, il documento è più sobrio. È vero, ci sono anche pergamene molto lunghe, ma è una lunghezza apparente. Il notaio, infatti, si dilunga quasi per metà pergamena a precisare circostanze, codicilli e clausole giuridiche al fine di garantire il cliente che si è rivolto a lui. Ma è sufficiente che il lettore salti a pie’ pari simili lungaggini (interessanti per gli studiosi di diritto) e passi ai dati concreti. Lo storico legge il documento e prova un’intima gioia per il fatto che nessuno si può intromettere fra lui e la verità; nessuno lo può ingannare con la ripetizione assillante degli slogan. È vero, il documento non racconta fatterelli. Appare arido e freddo. Eppure da esso emana il fascino della verità. Quel papiro, quella pergamena o quella carta ingiallita sono stati (2000, 1000 o 500 anni fa) nelle mani di un notaio che redigeva quel testamento o quell’atto di compravendita IL CALITRANO o gli estremi di quella vertenza. Manca il fascino del romanzo, ma c’è l’emozione della certezza storica e della libertà dai condizionamenti dei media. 3.I documenti di Calitri del 1443 I documenti relativi a Calitri contenuti nel suddetto Cedolario sono di natura finanziaria. Un regio commissario girava i vari paesi del Regno di Napoli; si recava dove si riuniva l’universitas (vale a dire il sindaco o i sindaci ed i consiglieri comunali) e dal sindaco riceveva una somma che corrispondeva ad un ducato per ogni focolare o famiglia. Naturalmente, dato che spesso i sindaci non erano in grado di saldare l’intero debito in una sola soluzione, il regio commissario concedeva una certa rateazione nel corso dell’anno. Se la rateazione era molto dilazionata, era il sindaco o un suo rappresentante a recarsi nella città dove in quel momento si trovava il regio commissario. La preziosità di questi documenti consiste nel fatto che ci informano anno per anno su chi era il sindaco o i sindaci (dei nobili e dei popolani), e soprattutto di dirci con grande approssimazione l’entità della popolazione del paese. Ecco il primo documento relativo a Calitri, che è anche il primo documento in assoluto del Cedolario: Adì cinque de iungno VI indictionis. Yo Silvestro Sarroccho substituto dello nobili homo Iacomo de Villa Spinosa regio commissario de Principato Citra et Ultra et de Basilicata a ricogliere li duy terze de ducati del ducato che de pagare per zaschauno focolare, me confexo de avere receputo da Iacomo de Capo Longo e da Ioliano del Masaro sindico de la Terra de Calitri ducati sisanta de tarrini zoè ducati LX ad tarì cinque per ducato; li quali ducati sisanta agio receputo per parte de li duy tercze de ducati che de pagare per lo ducato uno che devia pagare per foco. Et ad cautela de la dicta terra de Calitri Yo ayo scripta questa scripta de mia mano propria, la quale transacione aio facta yo Silvestro de mia mano. Duc. LX. Trattasi di un documento tanto semplice quanto interessante. Innanzitutto, la data. Non c’è l’anno, ma è certamente il 1443. Lo si deduce dall’indizione che procedeva di anno in anno per quindici anni, per poi riprendere da uno. Ad esempio, se il diploma di Alfonso il Magnanimo per Calitri datato 15 febbraio 1440 indicava l’indizione come terza, il febbraio del 1441 era necessariamente indizione quarta, quello del 1442 necessariamente indizione quinta, e quello del N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 1443 necessariamente indizione sesta (come appunto nel nostro documento). L’esempio qui riportato parla di febbraio, ma lo stesso discorso vale per tutti i mesi da gennaio ad agosto. Il problema nasce con i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre. Se è indicato l’anno, nessun problema, è quello l’anno. Ma, se l’anno non è speci- LAUREA Il 29 novembre 2006 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento si è brillantemente laureata in Lettere con 110 e lode la signorina FLORIANA CALCI discutendo la tesi “Il mondo è tutto quel che accade” una lettura dei Sillabari di Goffredo Parise. Relatore il chiar.mo prof. Massimo Rizzante. Un augurio sincero ai genitori Grazia Mazziotti e Michele Calci e alla neo dottoressa le congratulazioni della famiglia, dei parenti, degli amici e della Redazione, con gli auguri di un brillante futuro professionale. ficato e il documento appartiene ai quattro mesi fra settembre e dicembre, bisogna stare con gli occhi aperti. Ad esempio, il documento appena ricordato, dato che fu scritto nel mese di giugno (e cade quindi negli otto mesi fra gennaio e agosto) non può creare alcuna confusione, in quanto questi mesi corrispondono al nostro stesso calendario. Se però, il suddetto documento, invece che a giugno fosse stato scritto a settembre della stessa sesta indizione, l’anno preciso non sarebbe stato il 1443, ma il 1442. La sesta indizione, infatti, andava dal 1° settembre 1442 al 31 dicembre 1442 e (senza interruzione) dal 1° gennaio 1443 al 31 agosto 1443. Ovvia6 mente la settima indizione scattava il 1° settembre del 1443 e sarebbe continuata fino al 31 agosto 1444. A Calitri e in tutta la Campania questo trabocchetto o trappola si verificava solo quando non era indicato l’anno. Il quale anno, senza tener in alcun conto l’indizione, era calcolato come oggi, vale a dire che il 31 agosto del 1443 era seguito dal 1° settembre 1443 (anche se la sesta indizione era diventata settima). In Puglia, invece, le cose andavano diversamente. Al 31 agosto 1443 seguiva il 1° settembre 1444 (cioè, scattando la nuova indizione, scattava anche l’anno nuovo). Uno stato di cose che fu costante fino ad oltre il 1600. Pertanto, quando si legge un documento pugliese scritto fra il settembre e il dicembre di un dato anno, a quell’anno va tolta una unità. O, in altre parole, quando a Calitri si scriveva 1 ottobre 1443, in tutta la Puglia i notai scrivevano 1 ottobre 1444. 4. Le altre rate del 1443 Nel documento sopra riportato sono contenute varie notizie. L’addetto alla riscossione delle tasse feudali in Irpinia era tale Giacomo di Villa Spinosa. A Calitri, però, nel giugno del 1443 non venne lui personalmente, ma un suo sostituto nella persona di Silvestro Sarrocco. A consegnargli la prima rata, per l’ammontare di ducati 60, furono Giacomo di Capolongo e Giuliano del Massaro. Mentre il primo nel documento non ha alcuna qualifica, il secondo è qualificato come “sindico della terra de Calitri”. Il che sta ad indicare che a Calitri c’era un solo sindaco e non due (uno per i nobili e uno per i popolani). Una conclusione resa più probabile dal fatto che ogniqualvolta il regio commissario riscuoteva le tasse nei paesi della stessa provincia, i documenti si esprimevano al singolare parlando del sindaco. Dal punto di vista linguistico è da notare quel “agio receputo” e “aio scripta”. Forse le due parole, scritte diversamente, suonavano allo stesso modo. Certo è che la prima forma suona pressappoco come oggi, mentre la seconda no. La rata successiva per il 1443 fu pagata non a Calitri ma a Benevento. Die XI mensis iunii VI indictionis, Beneventi. Ego Iacobus de Villa Spinosa regius commissarius erarius et receptor pecuniarum fiscalium, etc. recepi manualiter a Antonio Manglio nomine et pro parte terre Calitri ex focularibus ducatos decem et novem. Ideo ad cautela scrivo presentem manu propria scriptam. Duc. XVIIII. A recarsi a Benevento l’11 giugno non fu dunque il sindaco Giuliano de Massaro, IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 bensì Antonio Maglio. E a riceverlo fu proprio il regio commissario, non un suo rappresentante. Il regio commissario si trovava ancora a Benevento quando nove giorni dopo (il 20 giugno) venne a fargli visita un altro calitrano, tale Gizzo. Die vicesimo mensis iunii in anno VI indictionis, Beneventi. Ego Iacobus de Villa Spinosa regius commissarius et erarius receptor pecuniarum fiscalium focularium provinciarum Principatus utriusque ac Basilicate, recepi manualiter a Giczo de Calitro ex focularibus dicte terre ducatos viginti unum. Ydeo ad cautela scrivo presentem manu propria scriptam. Duc. XXI. Per la terza rata il sindaco di Calitri si mosse personalmente, anche perché il viaggio non era lungo come nei due casi precedenti. Doveva andare soltanto fino alla vicina Conza, dove l’attendeva Giovanni di Cremona, sostituto del regio commissario. Questi, ricevuto il denaro, scrisse e firmò la seguente quietanza: Iohannes de Cremona commissarius substitutus Iacobi de Villa Spinosa regii commissarii, etc. Tenore presentis finalis quietancie apodixe fatemur recepisse et habuisse a sindico hominibus et universitate Calitri pro ultimo tercio focularium pro ipsis debendo regie magestati per solucione presentis mensis augusti VI indictionis ducati sisanta quinque ad racionem de focularibus centum nonaginta quinque. Unde ad futuram memoriam certitudinem et cautelam dicte universitatis fieri fecimus presentem apodixam meo nicio niciatam. Datum Consie vicesimo octavo augusti VI indictionis. Duc. LXV. Con quest’ultima rata non si completa ancora il pagamento. L’epoca a cui ci si riferisce, infatti, sotto questo aspetto era un pò particolare. I pagamenti in contanti a saldo di un debito erano rarissimi. Le ricerche in tal senso hanno riguardato le fiere, il momento privilegiato dei contadini per vendere i loro prodotti non secondo prezzi imposti dallo stato, ma secondo il loro giusto valore in considerazione della qualità. Ora, durante le fiere era un costume corrente di non pagare mai l’intera somma, ma di rinviare sempre. Pagare sì qualcosa, ma riservarsi il saldo per la fiera successiva. Si può ben immaginare il da farsi per gli avvocati ogni volta che il compratore non compariva o perché morto o perché latitante. Questo andazzo di rinviare sempre i pagamenti non risparmiava neppure lo Stato. Ecco perché i pagamenti fiscali di Calitri per l’anno 1443 ancora nel mese di marzo del 1444 non erano stati completati. Lo saranno soltanto il 29 marzo di quell’anno a Calitri. Die XXVIIII mensis marcii VII indictionis, Calitri. E(g)o notaro Marcho de Troyano de Eboli regio commissario erario et perceptore de tucti li residui de li foculari de lo anno predicto de la VI indictione de lo presente anno de la paga de Natale in le provincie de Principato Citra et Ultra ac Basilicata nomine et pro parte de lo magnifico homo Guillelmo Puyades de Thesauraria aio receputo da Antoni Maglio sindico de Calitri per residuo de li foculari de lo anno preterito de la VI indictione de la università de Calitri uncie quinque. Ydeo ad cautela de lo dicto sindico et universitate de Calitri aio facta questa presente apodixa de mia mano propria et sigillata del mio niczo. Duc. XXX. Le rate, come si è visto, sono state prima 3 (60 ducati pagati a Calitri, 19 † 21 a Benevento, 65 a Conza). Il testo infatti parla sempre di tre rate, probabilmente unificando le due pagate a Benevento direttamente al regio commissario. Quindi arriva finalmente il saldo nel marzo dell’anno dopo. Saldo che non effettua il sindaco del 1443 (Giuliano del Massaro), bensì il nuovo sindaco, Antonio Maglio, che è poi lo stesso che l’11 giugno dell’anno precedente aveva portato i soldi a Benevento. Con questi 30 ducati (aggiunti ai precedenti 165) si completa il pagamento di 195 ducati. 5. Anno 1443: Calitri conta circa 1100 abitanti Dato che il rapporto fra la somma pagata e i fuochi o focolari (= famiglie) è diretto, vale a dire che ogni famiglia paga un ducato, dalla somma finale si evince quanti fuochi c’erano a Calitri, cioè 195 famiglie. Questo dato non permette di conoscere con precisione la popolazione di Calitri, ma dà un numero abbastanza vicino alla realtà. Per sapere quanti abitanti aveva Calitri nel 1443, basta moltiplicare i fuochi o famiglie (195) per sei. Si ha così che Calitri aveva una popolazione che poteva raggiungere i 1170 abitanti. Tuttavia, secondo alcuni, questa va considerata come cifra massima, in quanto il numero vero poteva essere un po’ inferiore, tenendo cioè conto della moltiplicazione per cinque (in tal caso si avrebbe il numero minimo degli abitanti in 975. Unica certezza è dunque che Calitri contava una popolazione che andava fra i 975 e i 1170 abitanti (normalmente si considera il secondo numero più vicino alla realtà). 7 Per comprendere che cosa significhi 1100 abitanti (200 fuochi) in quegli anni, basti pensare che Bari ne aveva meno di 420, vale a dire che con i suoi 2300 abitanti, era poco più del doppio di Calitri. Da notare che quando ancora non aveva finito di pagare per l’anno 1443, Calitri dovette sborsare altri 36 ducati in occasione del secondo matrimonio di Maria d’Aragona. Era antica usanza, infatti, che le città del Regno facessero un regalo di nozze allorché si sposava un parente stretto del re. Né ovviamente ci si poteva permettere uno sgarbo. Così anche Calitri dovette contribuire alla riuscita della festa e alla dote della sposa. Anche in questo caso la quietanza è d’obbligo: Die primo mensis octobris VII indictionis, in Montella. Ego Helias de Marchesio de Neapoli regius subcommissarius Principatus Ultra, confiteor recepisse et manualiter habuisse ab universitate Calitri in duabus vicibus, una vice per me et alia per Georgium de Capua capitanum feudi Montis Virginis substituti mei uncias sex de carlenis et tornensibus zoè ducatos XXXVI per mano Antoni Magli sindici eiusdem terre pro una collecta regali domine Marie de Aragona secundi maritagii. Unde ad cautela predicte universitatis et hominum dicte terre Caletri et regie curie certitudinem subscripsi hanc apodixam manu mea propria et niciavi nycio meo. Duc. XXXVI. Il documento è utile perché, anche se a Calitri (come a Napoli) l’anno cominciava il 1° gennaio, le cariche comunali venivano rinnovate (come in Puglia) il 1° settembre, col cambio cioè dell’indizione. Antonio Maglio, ad esempio, che nel mese di giugno 1443 non era che un semplice cittadino (forse un consigliere comunale), il primo ottobre era sindaco di Calitri. È chiaro dunque che l’indizione era trascurata per quanto riguarda il computo dell’anno, ma era pur sempre indicativa per quanto riguarda il ritmo della vita comunale. NOTA 1 Ribadisco quanto detto nel precedente articolo. La scoperta e la trascrizione di questo Cedolario sono opera di Luigi Panico, che lo ha descritto nella tesi di laurea difesa all’Università di Napoli nell’anno accademico 1973-1974. Non saprei come il mio defunto confratello P. Ermanno Giardino ne sia entrato in possesso, se per amicizia col laureando o col suo professore Mario del Treppo. Alla morte del P. Ermanno la suddetta copia in diversi volumi è proprietà della Biblioteca di S. Nicola di Bari, della quale sono il direttore. IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 PERSONAGGI Teobaldo CICOIRA (tavan’) nasce a Calitri il 25 settembre 1885 da Michelangelo e da Maria Concetta Sacchitella, sposato con Grazia Scoca (sargend’) ha avuto sei figli : Lidia nel 1917, Romaualdo nel 1919, Nicodemo nel 1921, Ester nel 1923, Mosé nel 1928 e Vincenzo nel 1938. Di professione cardatore e filatore di lana nel 1912, nei locali di De Nicola (pull’ pull’) siti all’inizio di via Casaleni dalla parte di via Tozzoli, fonda la filanda con Giuseppe Cestone (cirlippù), e in mancanza dell’elettricità che ancora non era arrivata in paese, c’era un asino che girando come nel frantoio la produceva. Nel 1927 Giuseppe Cestone va per proprio conto aprendo una filanda nel corso, dove una volta c’era il Consorzio Agrario, e la società con Cicoira viene chiusa. Uomo di spiccate capacità organizzative nel quale possiamo riscoprire il valore quale strumento principale per superare la rigidità dei quadri politici e sociali, delle istituzioni, e cogliere finalmente la creatività dell’individuo nel competere con le sfide del suo tempo, nel decidere e nell’agire per sé e per gli altri, nel muoversi fra corerenza e compromesso, tra convinzione e responsabilità. Infatti sostenuto da una ferrea tempra il Cicoira nel 1929 procede all’apertura dei “bagni” nella contrada Nocelle, che funzioneranno per circa 10/11 anni, fino al 1938; di religione evangelica battista e politicamente dichiaratosi socialista ed antifascista – al funerale fu accompagnato dal partito con la bandiera del PSI – ebbe sempre vita difficile e molto precaria visto che la situazione politica Italiana prendeva una certa piega. Era l’unico a lavorare in famiglia per la tenera età dei figli, nel 1944 andò a lavorare a Potenza presso la filanda di Noé Salvatore, dove nel 1945 fu raggiunto dal figlio Romualdo, ma nel dicembre del 1946 fu costretto a ritirarsi a Calitri in pensione, ma senza alcun contributo previdenziale, arrangiandosi con lavori saltuari. La sua forte fibra scossa dalle fatiche e più ancora dalle amarezze, venne a mancare dopo lunga malattia in Calitri il 10 ottobre 1957. Giuseppe MARGOTTA nato ad Avellino il 23 febbraio 1892, primogenito di Vito Alfonso e di Costanza Irace, visse la sua infanzia e parte dell’adolescenza in varie città d’Italia, poi in seguito al trasferimento del padre ingegnere del Ministero delle Ferrovie, a Roma, dove frequentò, come esterno il Ginnasio-Liceo presso il Collegio Nazareno, tenuto dai padri Scolopi, conseguendo la maturità classica. In quegli anni trascorse parte del periodo estivo a Calitri, a cui si sentì particolarmente legato per le origini paterne. Nell’anno accademico 1910-1911 si iscrisse alla Facoltà di medicina e chirurgia della R. Università di Roma, ma precedendo l’imminente chiamata alle armi si arrulò come volontario ed assegnato alla III° Armata fu inviato in zona di guerra.Alla fine del 1915 gli fu concesso un concedo provvisorio per completare gli studi universitari e conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia nell’aprile del 1916, discutendo la tesi “Il riflesso del prisma di Wilbrand” argomento di Clinica oculistica che gli permise anche l’ammissione al “Premio Girolami” bandito dalla R. Università di Roma. Nuovamente mobilitato, nel maggio 1916, con il grado di Sottotenente e poi di Tenente nella Sanità militare, fu destinato nelle zone di operazione nell’Agordino e sul Monte Grappa ed assegnato fino al novembre 1918 a reparti di linea (Reggimenti di Fanteria ed Artiglieria, Sezioni di sanità someggiate, Ospedaletti da campo). Gli furono conferite due Croci al Merito di Guerra. Dopo l’armistizio, sempre in qualità di Ufficiale medico, assolse a servizi civili nel Veneto; venne cocedato all’inizio del 1920 con il riconoscimento di quattro Campagne di guerra, nel 1920-1921 fu assistente volontario nella Clinica oculistica della R. Università di Roma, poi si trasferì a Padova dove fu prima Assistente ordinario negli anni 19211923, poi Aiuto effettivo negli anni 1923-1924 presso la Clinica oculistica della locale Università. Nel 1924 sostenne e superò brillantemente l’esame per la libera docenza in Clinica oculistica, che gli permise di esercitare sia a Roma che a Padova. In seguito a concorso nel 1932 fu nominato Primario oculista degli “Ospedali Maggiore ed Ugolani Dati” di Cremona. Nel 1935 fu nominato membro della “Commissione Medica Superiore delle Pensioni di Guerra”, ricoprendo tale incarico fino al settembre 1943, epoca in cui lo lasciò di sua iniziativa, allorché fu firmato l’armistizio tra l’Italia e le Potenze vincitrici del II° Conflitto mondiale. In tali anni fu promosso Maggiore di complemento per meriti eccezionali, poi Tenente Colonnello, più tardi Colonnello di complemento della Sanità militare. Nel 1936 partecipò al concorso per l’assegnazione della carica di Primario oculista degli “Ospedali Civili Riuniti” di Venezia, dal grande prestigio per le fulgide tradizioni. Infatti, fin dal 1844 fu istituita a Venezia una Sezione oculistica che risulta essere il primo servizio ospedaliero di questo tipo in Italia. In tale concorso, si classificò primo tra i vari concorrenti, sfiorando il punteggio massimo a disposizione della Commissione esaminatrice e nel giugno 1937 gli fu conferita la nomina e destinato all’”Ospedale dei SS. Giovanni e Paolo”. Inoltre per molti anni, fornì la sua consulenza specialistica all’Ospedale “al Mare” del Lido di Venezia ed all’ “Ospedale Civile” di Mestre (Venezia). In occasione dell’inaugurazione del 46° Corso della “Scuola pratica di Medicina e Chirurgia Angelo Minich”, annessa agli “Ospedali Civili Riuniti” di Venezia, gli fu affidata, per l’anno 1941-42, la prolusione ufficiale :”Albori, conquiste e speranze nel campo dell’oftalmologia”. In seguito, a questa Istituzione dedicò lezioni annuali. Nel 1939 divenne consulente delle “Ferrovie dello Stato”, compito assolto fino al 1962; – socio effettivo dal 1942 dell’“Ateneo Veneto”; – nel biennio 1954-1956 fu eletto vicepre- sidente della “Società Medico-Chirurgica veneziana” e nel biennio successivo ne divenne Presidente; – aderì con entusiasmo alla costituzione a venezia dell’Associazione dei donatori della cornea”; – fu ripetutamente membro di Commissioni esamitrici; – partecipò a molti Congressi nazionali della “Società Oftalmologica Italiana”; – socio ordinario della “Societé Francaise d’Ophalmologie” e della “Società Oftalmologia Lombarda”; – socio fondatore della “Società Italiana di Chirurgia Riparatrice, Plastica ed Estetica”; – fece parte del Consiglio direttico dell’“Associazione nazionale dei medici ospedalieri”; – socio del “Rotary Club”; – nella ricorrenza del 50° anniversario della conclusione della I° Guerra Mondiale, divenne cittadino onorario e Cavaliere di Vittorio Veneto Agli inizi del 1934 aveva sposato Maria Luisa Baccari, dalla quale ebbe un solo figlio,Vito, divenuto poi biologo, già professore di anatomia comparata presso l’Università “La Sapienza di Roma. Si è spento in Roma il 14 marzo 1970. 8 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 EMILIO RICCIARDI ANTICHE CHIESE DI CALITRI Moderna, fuori e dentro la Terra esistevano numerose chiese, IperndiEtàlaCalitri maggior parte piccole cappelle di patronato laicale; molte sono scomparse, distrutte dal tempo e dai terremoti, e in qualche caso non si sa nemmeno più dove sorgessero, ma i documenti antichi, le visite pastorali1 e gli atti del Catasto onciario2 permettono di ricostruirne la storia3. Tra i periodi nei quali l’edilizia sacra ebbe maggior impulso in Calitri, il più antico corrisponde all’epoca angioina, tra XIV e XV secolo, quando furono costruite le chiese di San Pietro, Sant’Antonio di Vienna e Santa Maria alla Ripa. In epoca aragonese, dopo la peste del 1480, le nuove fabbriche ecclesiastiche furono intitolate ai santi invocati contro il morbo; in questi anni furono fondati, fuori dalle mura della Terra, il convento di San Sebastiano, la chiesa di Santa Sofia e forse anche la cappella di San Rocco. Una grande fioritura di cappelle laicali, molte delle quali costruite fuori dell’abitato, caratterizzò una nuova fase di fervore religioso a metà Cinquecento, che ebbe tra le sue cause i quattro decenni di guerra che si successero tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, la ritrovata prosperità economica del paese, il terremoto del 1561 e le nuove disposizioni liturgiche stabilite dal concilio tridentino e subito applicate dall’arcivescovo Alfonso Gesualdo. In questo periodo vennero fondati il monastero cistercense dell’Annunziata e le cappelle extramurarie di San Bernardino («San Berardino») e di Santa Lucia, e fu rifatta la chiesetta di San Nicola alla Posterla. All’inizio del Settecento Calitri conobbe un’ulteriore rinascita del sentimento religioso, che andò di pari passo con la ricostruzione del paese dopo il terremoto dell’8 settembre 1694; la volontà di ricominciare e la gratitudine dei sopravvissuti si fusero in un’unica spinta a erigere chiese, fondare confraternite, commissionare statue, reliquiari e immagini sacre, mentre il culto dei santi riprese con maggior vigore. Sono gli anni in cui si ricostruirono la chiesa madre (1732), la cappella di San Michele Arcangelo e quella di Sant’Antuono (1739), venne innalzata la chiesa dell’Immacolata (1714) e furono commissionate le statue dei santi che tuttora si portano in processione. Qui di seguito si è provato a ricostruire la storia di alcune piccole chiese calitrane; sono state di proposito escluse le fabbriche più conosciute, come la chiesa madre, quella dell’Immacolata e il monastero dell’Annunziata. San Pietro In tempi remoti la chiesa di San Pietro si trovava al centro di un piccolo casale che verso la fine del Trecento, con l’espandersi dell’abitato, fu racchiuso all’interno delle mura urbane. Nel Cinquecento la cappella di San Pietro si trovava «intus terre Caletri», nelle vicinanze della porta del Pozzo, e aveva due altari: sul maggiore c’era il quadro con San Pietro e il gallo, oggi conservato nella chiesa dell’Immacolata, mentre sull’altro c’era l’immagine di Santa Lucia e San Donato4. Secondo una descrizione nel 1737 la chiesa era ancora officiata e in occasione della visita dell’arcivescovo Nicolai, nel 1740, si presentava con un solo altare, intitolato all’apostolo, nel quale si conservavano le reliquie di San Pietro, Sant’Andrea Avellino e San Pasquale Baylon; nel 1753 aveva come rettore don Giuseppe Maria Rinaldi. Nel 1820 il beneficio era stato trasferito nella parrocchia di San Canio; oggi il ricordo della chiesa sopravvive nel toponimo «vico San Pietro». San Nicola alla Posterla Tra le quattro porte di Calitri, quella detta «Posterla» doveva essere poco più di un buco nelle mura. Si trovava in cima a un’erta che dominava il territorio circostante; nelle vicinanze della porta c’erano un forno, che apparteneva al feudatario, e numerose fosse usate come depositi di grano; subito fuori dalle mura gli scoscesi terrazzamenti accoglievano piccoli orti e vigneti. Nei pressi della Posterla, nel XVI secolo, Antonio Gatto (o Gatta) fece costruire per la sua famiglia una cappella intitolata a San Nicola. La famiglia Gatto era una delle più influenti del paese 9 (uno Scipione Gatto fu sindaco di Calitri) e abitava nella piazza antica, in quello che oggi è conosciuto come «il palazzo del Barone5» perché, estintasi la famiglia Gatto, fu acquistato e ristrutturato dai Mirelli, feudatari di Calitri. Nel 1561 la chiesa fu danneggiata da un terremoto; ricostruita per incarico di Salvatore Gatto, durante la visita pastorale del 1656 mancava del tetto; nel 1582 era stata ultimata la ricostruzione, ma la cappella aveva un solo altare e mancava di parati e di immagini sacre6; nel catasto del 1753 fu tassata per 78 once7 e nel 1820, sebbene fosse in cattive condizioni, era ancora officiata. Il vicolo stretto e tortuoso, alla fine dell’attuale via Alfonso Del Re, dove sorgeva la chiesa, si chiama vico San Nicola e fino al secolo appena trascorso sopravviveva la porta lignea della cappella, decorata da una semplice croce fatta di chiodi. Esisteva nel territorio di Calitri, ma fuori dal paese, un’altra cappella di San Nicola, con la quale spesso viene confusa la precedente; si trattava di una chiesetta rurale che era «grancia» (cioè succursale) dell’abbazia di San Lorenzo in Tufara, nelle vicinanze di Pescopagano8. Santa Sofia e il convento di San Sebastiano Dopo una grave epidemia di peste, tra il 1480 e il 1489 fu fondato «ad radices montis et oppidi Caletri», per volere dei Gesualdo e dell’amministrazione cittadina, un convento di francescani riformati intitolato a San Sebastiano; in un breve del 1489 papa Innocenzo VIII ne autorizzava la costruzione insieme con la chiesa, un piccolo campanile a vela, il cimitero, il chiostro, il refettorio, il dormitorio, gli orti e tutte le altre strutture necessarie9. Negli stessi anni10 e per le stesse ragioni venne innalzata fuori dalle mura, su un poggio a breve distanza dal paese, la chiesa di Santa Sofia. Il titolo completo della chiesa, riportato nella visita compiuta dall’arcivescovo Marcantonio Pescara nel 1582, è il seguente: «Venerabilis ecclesia gloriosissimi martyris beati Sebastiani, et IL CALITRANO gloriosissimae Virginis beatae Sophiae ac beati Betthasij»; il diritto di patronato, come per il convento, apparteneva all’Università (oggi si direbbe il Comune) e ai conti Gesualdo; la chiesa aveva tre altari. La vicinanza di Santa Sofia, del convento e dell’ospizio («hospitale»), tutti concentrati fuori dalle mura e lungo la «strada de pedi», fa pensare che questa zona alla fine del XV secolo venisse usata come lazzaretto. Invece nei secoli successivi i versanti della collina a sud dell’abitato, tra le «Strettole», il «sierro di San Biase» e la «Cascina» si riempirono di orti e vigneti, alcuni dei quali di proprietà ai feudatari. Il convento, costruito in un luogo poco salubre, non ospitò mai più di sei frati; fu più volte abbandonato e ripreso da diversi ordini religiosi – minori riformati, carmelitani, minori osservanti – e chiuso una prima volta nel 1662, in occasione della soppressione dei piccoli conventi voluta da Innocenzo X. Nonostante l’Università di Calitri ne chiedesse il mantenimento, sia il ministro generale dell’ordine francescano sia l’arcivescovo di Conza, constatatone lo stato di profondo abbandono, ne decretarono, pochi mesi dopo il terremoto del 1688, la definitiva chiusura11; dopo la soppressione il convento andò in rovina e un documento del 1717 lo definiva «diruto»12. Anche la chiesa di Santa Sofia fu danneggiata dal terremoto; il beneficio fu trasferito nella chiesa madre e nel catasto del 1753 Santa Sofia, ormai ridotta a una «cappella diruta extra moenia», fu tassata per sole 8 once. Nella visita pastorale del 1820 non è citata. Santa Maria alla Ripa Il nome di questa antica chiesa, chiamata in molti documenti «Santa Maria de Castro», ne fa intuire lo stretto legame con il castello, nelle vicinanze del quale era situata. Se, come sembra, il titolo originario era «Santa Maria de Nives», si può fissare la data della sua fondazione al XIV secolo, quando nel Regno di Napoli cominciò a diffondersi il culto della Madonna della Neve. Il diritto di patronato della chiesa, ricchissima di rendite e di suppellettili sacre, apparteneva ai conti Gesualdo. Nel 1561 fu rovinata dal terremoto e il quadro della Vergine che si trovava sull’altare fu trasferito nella chiesa madre; nel 1566 il cardinale Alfonso Gesualdo, molto affezionato alla chiesa di famiglia, ordinò che fosse ricostruita. Dagli atti della visita dell’arcivescovo Fabio de Leonessa risulta che nel 1623 esisteva nella chiesa anche un al- N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 tare intitolato a San Carlo Borromeo, il famoso arcivescovo di Milano imparentato con i Gesualdo e canonizzato da pochi anni. Nella atti della visita di monsignor Fabrizio Campana, nel 1658, la chiesa è chiamata «Santa Maria de monte de castro»; l’interno ospitava una statua in stucco della Madonna della LAUREA Presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 6 dicembre 2006 si è brillantemente laureata in “Filosofia”, con 110 e lode, la signora Maria Rosa DI MAIO discutendo, col chiar.mo prof. Guido Boffi la tesi “Simmetria e Asimmetria nell’Espressione Musicale”. I genitori Antonio e Lucia Fierravanti, il marito Christian con il piccolo Emil, sorelle, fratello, cognati, nipoti e la Redazione esprimono le più vive congratulazioni per uno splendido avvenire. Neve «antica e devota», collocata in un altare di legno colorato, e un piccolo fonte battesimale. All’esterno c’era il campanile. Alla fine del Seicento, nell’incisione pubblicata da Giovan Battista Pacichelli13, Santa Maria alla Ripa compariva tra gli edifici notevoli di Calitri, ma il terremoto del 1694, che rase al suolo il castello, danneggiò in modo irreparabile anche la chiesa. Nel 1740, in occasione della visita pastorale di monsignor Giuseppe Nicolai, i delegati dell’arcivescovo raggiunsero la cappella di Santa Maria, sulla cima dell’altura dove una volta sorgeva il castello, facendosi largo «per vias asperas, salebrosas, et acerbas14»; all’interno non c’erano più né altari né immagini e, nonostante l’arcivescovo avesse ordinato di ricostruirla dalle fondamenta in un luogo più adatto, la chiesa non fu più riparata e il beneficio fu trasferito altrove. Nel catasto del 1753 «Santa Maria della Ripa del Castello diruto» risultava ancora tassata per 179 once. Sant’Antonio di Vienna La chiesa di Sant’Antonio di Vienna, che nel Cinquecento aveva ben sette altari 15, doveva essere una delle più 10 grandi del paese. In passato è stata identificata con una casa in via Alfonso del Re a causa di una scritta sull’architrave della porta d’ingresso16, ma questa costruzione è troppo piccola per poter ospitare sette altari, mentre l’architrave potrebbe essere solo un pezzo di spoglio, tolto da chissà dove e riutilizzato in una costruzione di età più tarda. Maggiori informazioni si hanno invece dal titolo della chiesa: Sant’Antonio di Vienna è Sant’Antonio Abate, a Calitri chiamato «Sant’Antuono». Il titolo deriva dal fatto che a Vienne (in Borgogna) fu fondato nel 1095 l’Ordine degli Ospitalieri di Sant’Antonio Abate; questi monaci curavano nei loro ospedali il morbo detto «fuoco di Sant’Antonio» (herpes zoster) usando il lardo dei porci che allevavano, e da qui deriva la tradizionale iconografia di Sant’Antonio Abate, raffigurato in compagnia di un maiale. Gli Ospitalieri vennero nell’Italia meridionale al seguito degli Angioini, ai quali erano molto legati, e furono allontanati all’avvento della dinastia aragonese. Per quanto esposto sopra questa chiesa va identificata con quella di Sant’Antuono, tuttora esistente, la quale nel 1739 non fu costruita ex novo17, ma ricostruita al posto di una chiesa più antica, innalzata probabilmente tra il XIV e il XV secolo, in epoca angioina. Una conferma della correttezza dell’identificazione si ha dalle carte delle visite pastorali cinquecentesche: l’itinerario della visita alle chiese situate dentro o vicino le mura di Calitri, che veniva effettuato in una sola giornata, seguiva, con poche variazioni, il seguente percorso: chiesa madre, chiesa di Sant’Antonio di Vienna, ospizio, chiesa di San Pietro, chiesa di Santa Sofia, chiesa di San Rocco, chiesa di San Nicola alla Posterla. Dunque la chiesa di Sant’Antonio di Vienna doveva trovarsi vicino all’ospizio e alla chiesa di San Pietro, proprio come adesso la chiesa di Sant’Antuono si trova a pochi passi da vico San Pietro e dalla salita Ospedale. Inoltre doveva trovarsi non troppo distante dalla cinta muraria e dalla cappella extra-moenia di San Bernardino, poiché nella visita del cardinale Gesualdo si afferma che i visitatori, trovandosi vicino a Sant’Antonio di Vienna, poterono osservare dall’alto delle mura la cappella di San Bernardino18, come sarebbe possibile fare ancora oggi se la vista da Sant’Antuono non fosse impedita dalle costruzioni successive. Nella chiesa si venerava anche la Madonna delle Grazie, o Madonna del Latte, della quale esisteva una «imago IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 relevata» (forse un bassorilievo, o più probabilmente un dipinto su tavola con le teste e le aureole della Vergine e del Bambino in rilievo), oggetto di grande venerazione da parte dei fedeli; una descrizione del 1565 ricorda il quadro circondato di offerte votive19. Nel 1638, in occasione della visita dell’arcivescovo Fabrizio Campana, l’aula accoglieva l’altare maggiore, con una statua di stucco «antica e devota», e due altri altari vicino alla porta. È probabile che la chiesa antica subisse seri danni nei terremoti del 1688 e del 1689, poiché nel 1691 il beneficio di Sant’Antonio di Vienna era stato trasferito nella chiesa madre, e forse il sisma del 1694 la distrusse del tutto. La nuova cappella era più piccola della precedente; nel 1740 aveva solo due altari, uno intitolato a Sant’Antonio Abate e l’altro alla Madonna del Latte «cum nova statua, et icona», e bisognava, a giudizio dell’arcivescovo, ultimarne la costruzione; nel catasto del 1753 fu tassata per la misera cifra di 23 once. Nel Settecento intorno alla chiesa abitavano numerosi membri della famiglia Berrilli, proprietari di case e giardini nella zona. In particolare la casa di Giovan Battista Berrilli si trovava alle spalle della chiesa, mentre l’abitazione dell’arciprete don Giovanni Berrilli confinava con il forno dell’Università20. Nel 1820 il patronato della chiesa apparteneva al Reale Ordine Costantiniano. San Rocco Secondo la tradizione San Rocco, originario di Montpellier e vissuto tra il XIV e il XV secolo, sarebbe venuto in Irpinia per assistere gli ammalati di peste. Nonostante nella realtà il santo non sia mai sceso a sud di Roma, il suo culto si diffuse per tutta la penisola già dalla metà del XV secolo. Fu forse alla fine dello stesso secolo che, in seguito a un’epidemia di peste, venne innalzata a ridosso della porta principale di Calitri una cappella intitolata a San Rocco, sulla quale aveva il giuspatronato l’Università di Calitri. A causa dell’intenso sviluppo urbanistico che interessò la zona circostante, a partire dal XVII secolo la chiesetta fu circondata da costruzioni più recenti; nelle sue vicinanze, in una «casa palaziata» con torre fu trasferito l’ospizio, che nei secoli precedenti si trovava vicino alla chiesa di San Pietro, e nel Settecento, per ordine del marchese Mirelli, furono costruiti nella stessa zona alcuni magazzini per il grano. Alla chiesa, che aveva un solo altare, afferiva una confraternita di commercianti e artigiani, i quali nelle processioni indos- savano un mozzetto rosso bordato di pelliccia e un «cappello a larghe falde, alla pellegrina, di feltro bianco21». Nella visita dell’arcivescovo Giuseppe Nicolai si dice che la chiesa aveva un unico altare, sul quale, in una cella lignea antica e deforme, era collocata la statua in legno di San Rocco, mentre Vito Acocella descrive l’altare «in legno, ben lavorato, con due colonne a spirale, vuote e adorne di fiori di oleandri22». Nel catasto del 1753 la chiesa fu tassata per 85 once e nel 1820 era ancora officiata. Nel XX secolo la piccola costruzione venne a trovarsi lungo il corso principale del paese ma, ormai sconsacrata, venne adibita a bottega e dopo il terremoto del 1980 fu demolita. Dietro le fabbriche ottocentesche demolite è ricomparsa un’antica torre che si trovava a ridosso della porta. Le altre chiese Dalle visite pastorali è possibile ricavare qualche notizia su altre piccole chiese di Calitri. Nel 1582 esistevano già le cappelle rurali di Santa Lucia, con un unico altare con lo stesso titolo, e di San Bernardino, anche questa con un solo altare; negli stessi anni si stava ultimando la costruzione della chiesetta di Santa Maria della Croce, presso Santa Sofia. La cappella della Croce forse cadde col terremoto del 1694; nel luogo dove sorgeva fu collocata una colonnina sormontata da una croce, poi scomparsa; il toponimo «Croce» per indicare la zona invece è tuttora in uso. La cappella di San Bernardino fu ammodernata nel XVIII secolo e per alcuni anni accolse una confraternita. Nel 1623 è nominata per la prima volta la chiesa di Sant’Antonio di Padova, costruita, secondo l’epigrafe esistente sulla porta23, nel 1608 dal frate francescano Giuseppe Giulianelli e poi ceduta in patronato all’Università di Calitri. Nella visita di monsignor Campana è descritto l’unico altare della chiesa, con un’icona su tela di Sant’Antonio «decorata et devota»; il patronato era stato ceduto a Paolo Russo, vescovo di Nusco. Quella di Sant’Antonio fu una delle poche chiese risparmiate dal terremoto del 1694; nel 1704 monsignor Gaetano Caracciolo vi ordinava poche riparazioni, segno che la costruzione non aveva subito gravi danni, mentre nel 1740 l’arcivescovo Giuseppe Nicolai comandò di togliere l’immagine santa dal muro per non farla consumare dall’umidità e di provvedere a un nuovo altare per collocarvi l’immagine; ordinò inoltre di 11 aprire una finestra, perché l’interno della chiesa era oscuro e umido, e di alzare il campanile. Nel 1658, nella visita di monsignor Campana, è citata per la prima volta la cappella di Santa Maria «de monte Carmelo», costruita dalla famiglia Cioglia fuori dalle mura, lungo l’attuale corso Garibaldi. Nel Settecento aveva un unico altare e un piccolo campanile. La cappella del Carmine fu demolita all’inizio del XX secolo (è ancora visibile in una foto di inizio Novecento) e al suo posto fu costruita la nuova chiesa di San Michele, nella quale fu trasferito il quadro della Madonna del Carmine, oggi conservato nella chiesa madre. La visita di monsignor Campana è anche l’ultima nella quale è citata la chiesa di Santa Sofia. All’inizio del XVIII secolo, sulla sommità del monte Calvario, in un luogo chiamato «La Serra», esisteva un’altra cappella dedicata alla Santa Croce, fondata da Angelo Gervasi. Dagli atti della visita di monsignor Nicolai si apprende che la piccola costruzione aveva un solo altare, intitolato alla Croce24. Negli atti della visita pastorale di monsignor Arcangelo Lupoli, intorno al 182025, sono citate numerose cappelle pubbliche. Tra queste la chiesetta rurale di Santa Maria della Foresta, esistente già nel 1609; quella di Santa Lucia, sulla quale aveva il patronato la famiglia Cioglia; quella di San Zaccaria, in direzione di Castiglione; infine la cappella dell’antichissima abbazia di Santa Maria dei Santi. Altre cappelle, meno note, erano quella di Santa Maria Assunta, di patronato della famiglia Margotta; quella di San Martino, già dei Margotta e passata per diritto ereditario alla Congregazione del Santissimo Redentore e alla famiglia Berrilli; quella di San Raffaele, della famiglia Zampaglione; quella della Madonna dei Sette Dolori, della famiglia Gervasi, e quella di Santa Maria delle Grazie, sulla quale manteneva il diritto di patronato la famiglia Tozzoli. Fu intitolata alla Madonna delle Grazie anche la chiesa costruita nel 1866 nei pressi del castello a spese del sacerdote Francesco Maffucci26, crollata dopo il terremoto del 1980, nella quale era conservata la statua della Vergine che si portava in processione il 2 luglio; e in via Pasquale Berrilli, nei pressi del numero civico 18, è dipinta sul muro un’immagine della Vergine con la scritta MARIA MATER GRATIAE, ultima piccola testimonianza della popolarità che ebbe in Calitri la Vergine delle Grazie. IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 NOTE 1 Gli atti delle visite di Alfonso Gesualdo (1563) e di Marco Antonio Pescara (1582) sono pubblicati in G. Cioffari, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996, mentre quelli delle visite di Fabio de Leonessa (1623), Fabrizio Campana (1658), Giuseppe Nicolai (1740) sono nell’Archivio della Curia Arcivescovile di Sant’Angelo dei Lombardi (ACASAL). 2 Napoli, Archivio di Stato (ASNa), Catasto onciario, voll. 3474-3481 [1753]. 3 Documenti e notizie sulle antiche chiese di Calitri in V. Acocella, Storia di Calitri [1946], r. a., Calitri 1984; A. Cestaro, Le diocesi di Conza e di Campagna nell’età della Restaurazione, Roma 1971; G. Acocella, Calitri. Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al 1971, Calitri 1977; C. De Rosa, Calitri negli ultimi tre secoli (Da alcune incisioni, disegni e manoscritti inediti), in “Samnium” LXIX (1996), pp. 315-332. 4 Cfr. Cioffari, 87-88. 5 ASNa, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 93, n. 2, ff. non numerati. 6 Cioffari, 93-94. 7 Un’oncia equivale a sei ducati. Per avere qualche termine di paragone si pensi che il clero della chiesa madre fu tassato per circa 400 once; la chiesa dell’Immacolata, costruita da pochi anni, per 17 once; la ricca Badia di Santa Maria in Elce per 3956 once; infine il monastero benedettino dell’Annunziata per 131 once. 8 Sulla chiesa di San Nicola extra moenia, grancia dell’abbazia di San Lorenzo in Tufara, cfr. B. Di Ambrogio, Per lo padronato feudale dell’Abbadia di S. Lorenzo in Tofara e delle due di lei grangie S. Maria della Matina di Andretta S. Nicola di Calitri, allegazione a stampa di 52 pp. in 8°, 1 f. manoscritto, Napoli, s.n.t., 20 luglio 1761, conservato nella biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria. 9 «Cum Ecclesia, campanili humili, campana, coemeterio, claustro, refectorio, dormitorio, hortis, hortalitiis et aliis necessariis officinis extra et prope muros praedictos, in loco ad hoc congruo et honesto». (L. Wadding, Annales minorum seu trium Ordinum a S. Francisco institutorum, III ed., XIV, ad Claras Aquas 1931, 188). 10 La bolla di concessione della chiesa di Santa Sofia era del 1483. Cfr. Cioffari, 34. 11 ACASAL, ms. del 1691, D.A. Castellano, Cronista conzana, riportato in V. Acocella. 12 ASNa, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 193, n. 2, ff. n. n. 13 Cfr. G.B. Pacichelli, Il regno di Napoli in prospettiva [1703], I, r. a., Bologna 1975, 304. 14 ACASAL, Visite Pastorali. Giuseppe Nicolai, ff. 69-119 [1740]. 15 Gli altari laterali erano intitolati a San Giovanni Battista, a Santa Maria del Carmine, ai Santi Vito e Leonardo, a San Francesco, all’Immacolata Concezione e alla Madonna delle Grazie (Madonna del Latte). Cfr. Cioffari, 92-93. 16 La scritta sull’architrave recita: IN QUESTA CHIESA NON SI GODE ASILO. 17 Cfr. V. Acocella, 101. 18 «Magnifici et Reverendi domini visitatores continuantes dittam visitationem a muris terrae Caletri aspexerunt cappellam Sancti Bernardini extra et prope menia dittae terrae», cfr. la Santa Visita di Alfonso Gesualdo, f. 92, riportata in Cioffari, 93. 19 Cioffari, 93. 20 «D. Giambattista Berrilli […] dottore in utroque […] Casa palaziata alla parte di basso dell’abita- to, e propriamente unita alla chiesa di S. Antonio Abbate, da cui viene confinata, e parimente da due vie pubbliche […] un giardino da sotto detta casa murato, confinato dalla via pubblica e li beni d’Antonio Pierri […] G. Antonio Berrilli […] possidente […] abita a S. Antuono» (ASNa, Catasto onciario, vol. 4978). 21 G. Acocella, p. 121. 22 V. Acocella, p.. 233. 23 Vi si legge: D. O. M. / SACELLUM A FRATRE JOSEPHO JULIANELLI / DIVO ANTONIO IN ANNO 1608 DICATUM / UNI(VERSI)TATIS CESSIONE FACTA AN. 1635 / IUREPATRONATUS EADEM HUNC GAUDET. Sulla chiesa cfr. G. Fratianni, La chiesa di S. Antonio di Padova di Calitri, s.d., dattiloscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Calitri. 24 «Capella SS. Crucis, extra oppidi moenia, vulgo dicto monte Calvario, in cacumine montis, ubi dicitur La Serra». (ACASAL, Visite Pastorali. Giuseppe Nicolai, ff. 69-119 [1740]). Cfr. anche V. Acocella, 67 e Cioffari, 31-32. In Calitri si conservavano alcune reliquie della Croce di Cristo; una venne in possesso, nel 1735, della confraternita dell’Immacolata Concezione, che da allora istituì la processione del Venerdì Santo, e un secondo frammento della Croce si conservava, secondo Vito Acocella, presso la famiglia Gervasi. 25 Cfr. Cestaro, 243-245. 26 Sulla facciata della chiesa vi è la seguente iscrizione: HOC SACELLUM / BEATISSIME COELORUM REGINAE DICATUM / SUB TITULO GRATIARUM / FRANCISCUS MAFFUCCI PRESBYTER / AD EXERCITIUM SUAE CIVIUMQUE PIETATIS / AERE PROPRIO A FUNDAMENTIS EREXIT / ANNO DOMINI MDCCCLXVI. NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’ARCICONFRATERNITA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI CALITRI Priore Moderatore Vitantonio DI MILIA 1° assistente 2° assistente Vincenzo CUBELLI Pasquale CESTONE Consigliere ” ” ” Gerardo CALÀ Vito CERRETA Vincenzo COPPOLA Antonio FIORDELLISI Revisore dei conti ” ” ” ” ” ” Raffaele CESTONE Vincenzo CICOIRA Vincenzo CODELLA Cassiere Angelo DI COSMO Segretario Amministrativo Segretario Organizzativo Gerardo NIGRO Giovanni POLESTRA Maestri dei novizi ” ” ” Cosimo BOVIO Pasquale CALÀ Calitri febbraio 2007, alcuni degli amministratori del nuovo Consiglio di amministrazione dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, prima fila: Gerardo Nigro, Giovanni Polestra, Angelo Di Cosmo, Antonio Fiordellisi,Vincenzo Coppola; seconda fila: Gerardo Calà,Vincenzo Cubelli,Vitantonio Di Milia (nuovo Priore), Pasquale Cerreta e Vito Cerreta. 12 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Calitri 10 gennaio 2007, i coniugi Antonia Maffucci (silla) e Vito Zabatta (mattaion’), circondati da amici e parenti festeggiano il 50° anniversario di matrimonio, ultima fila da sinistra: Antonietta Nigro (lu br’handiegghj), Maria Zarrilli, Antonio Zabatta (mattaion’); penultima fila: Caterina Bavosa (la corsa), Giovanna Zabatta (mattaion’), Michele Di Carlo (u’ cap’ janch’) con occhiali scuri, Enza Lucrezia, Gaetanina Maffucci (silla) con occhiali, Salvatore Maffucci (silla),Teresa Maffucci (silla), Salvatore Zabatta (mattaion’); prima fila: Maria Donata Cianfa di Rapone,Tania Di Carlo (a’ cap’ janca), Marisa Di Carlo (a’ cap’ ianca), i festeggiati Antonia Maffucci e Vito Zabatta e Lucia Zabatta (mattaion’) coniugata con Antonio Iannece (u’ corean’). Auguri vivissimi da amici, parenti e dalla Redazione. Calitri 27 settembre 2006, 93mo compleanno della signora Giovanna Scoca (sargend’) seduta. In piedi da sinistra: Angelo Della Ratta (u’biond’),Anna Inverso, Silvana Della Ratta, Luigi Maffucci (sauzicchj). Brescia 7 ottobre 2006, festeggiamenti per il 60° compleanno della signora Gaetanina Tornillo (p’stier’) e anniversario del 40° anno di matrimonio con Mario Cestone (u’ pacchj); prima fila: Maria Grazia Cestone con in braccio la nipotina Sarah Cestone, la piccola Sabrina Sciatti (che guarda la torta), Gaetanina Tornillo e Mario Cestone, i festeggiati (sposati il 03.09.1966); seconda fila: Lino Cestone,Viola Pezzuto (genitori di Sarah),Armando Sciatti, marito di M.G. Cestone, con in braccio la figlia Chiara.Auguri vivissimi dalla Redazione. Calitri, 4 settembre 2005, in occasione della ventiquattresima Fiera Interregionale, da sinistra: Raffaele Salvante, direttore de “Il Calitrano”,Vincenzo Armiento (caram’zzett’),Valentina Codella, Canio Codella (figli r’ P’ppunucc’ r’ Curella r’ r’ Dif ’sett’),Tania Di Luzio (figlia r’Tonin’ r’ Nunzj), Donato Di Maio (u’ c’cat’),Antonella Cestone, figlia r’ Linard’ r’ M’calon’, Leonardo Russo (bellascrima) e seduto Leonardo Di Maio fratello di Donato. Calitri 21 gennaio 2007, nella chiesa dell’Immacolata Concezione i coniugi Vincenzo Cestone (u’ chisc’) e la signora Vincenza Maffucci (mancecca) hanno festeggiato i loro 50 anni di matrimonio, da sinistra: Raffaele Cestone – i festeggiati Vincenzo Cestone e Vincenza Maffucci – Michela Teresa Cestone, Francesco Cestone, Franco Rotonda, Rosa Miraglia; in prima fila i nipotini Vincenzo Cestone, Enza Rotonda e Maria Rotonda.Auguri vivissimi ai festeggiati dai parenti, amici e dalla Redazione. Calitri, 25 febbraio 2006, Carnevale, da sinistra: Giuseppe Russo (cascina) che interpreta il diavolo,Antonio Margotta (mamm’cciegghj) che interpreta fra Tonino, Alessandro Mauro (cuzzariegghj) che interpreta fra Mauro, Canio Codella (Curella Dif ’sett’) che interpreta a meraviglia monsignor Canio, Pasqualino Margotta (bb’zzeff ’) che interpreta suor Pasqualina e Davide Rosselli (p’sckupahanes’) che interpreta Suor Daniela. 13 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Lugano-Paradiso (Svizzera) 22 ottobre 2006, presso il Ristorante Capo San Martino i coniugi Maria Vita e Giuseppe Russo festeggiano il 50° di matrimonio.Auguri e felicitazioni dai parenti, amici e dalla Redazione. Calitri febbraio 2007, i fratelli Leone Antonio nato il 03 marzo 1922 e Leone Vito nato il 12 dicembre 1906.Auguri di lunga vita dalla Redazione. Calitri 1947, la famiglia di Vincenzo Abate in occasione della partenza per gli USA di Gaetano, in piedi:Vito Abate nato il 25 ottobre del 1932, Gaetano (01.01.1926 † 02.08.2003), Rosa nata l’8 ottobre 1929; seduti: Filomena Di Maio (24.07.1904 † 24.02.2003),Vitale nato il 23 gennaio 1939 e Vincenzo Abate (06.09.1894 † 03.07.1970) capofamiglia. Calitri 28 agosto 2006, presso la Fierra Interregionale, da sinistra Armiento Giuseppe, Raffaele Salvante direttore del nostro giornale, Vincenzo Armiento, Salvatore Ramundo e Salvatore Caruso. Materdomini, 18 agosto 2005 Santuario di San Gerardo, Marilena Acocella di Michele e di Rosetta Cetta e il contursano Giuseppe Salvia di Gabriele e di Rosetta Pastore nel giorno del loro matrimonio. Sinceri e sentiti auguri di ogni bene dai parenti, amici e dalla Redazione. Calitri 1963, presso il Ristorante Cola (Grasso) la famiglia Borea festeggia con parenti ed amici il matrimonio del figlio Donato avvenuto a New-Rochelle negli USA; da sinistra:Vito Cicoira,Antonietta Savanella, Luisa Galgano in piedi, Mariangela Zabatta (Mannina a carr’zzera) e il marito Pietro Borea, Concetta Borea,sorella di Pietro, Maria Rubino, moglie di Vincenzo Borea,Angelomaria Cerreta,Antonietta Borea moglie di Domenico Galgano, Elena (st’scé in USA),Crescenzo Borea, i bambini Anna,Mariantonietta e Pietro Borea, Domenico Galgano,Giacinta Cestone, moglie di Crescenzo Borea, Franchino Cirminiello, Nicola Caputo, Olinto Galgano col bicchiere alla bocca e Giuseppe Capossela genero di Mannina e Pietro. 14 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Brooklyn N.Y. (USA) 7 gennaio 2007, festa della Befana in casa Basile, dall’alto: Peppino Zarrilli, il piccolo Salvatore Raia jr., Roberto Bongo con occhiali, Andrea Rea, Mario Toglia si vede soltanto la testa, Luise Nicolais Fischetti con occhiali,Vincenza La Torre, Phyllis Piazza, Josephine Galgano Gore con vestito a fiori, Fred Rabasca, la piccola Sofia Raia, Roseanna Innella Raia, Maria Margotta Basile la padrona di casa, Rosa Cestone Innella,Angela Cicoira Moloney con la maglia bianca, in primo piano: Maria Innella, Elvira Barisano con la maglia bianca, Luisa Rosamia e Grazia Basile. Presente alla festa ma non in foto erano Lucia Galgano Fasolino e il figlio Pietro, Luisa Rabasca Payne e il marito Richard, Elizabeth Bongo e Larry Gore. Australia,Warrawong, 14 febbraio 2006, agli zii Michele e Carmelina Russo, in ricordo di San Valentino vogliamo ringraziare voi, i vostri figli e le loro famiglie per la splendida accoglienza in occasione del nostro viaggio in Australia. Ringraziamo anche tutti gli amici che ci hanno accolto nelle loro case con immensa simpatia.Vi ricordiamo con tanto affetto, i nipoti Enza ed Enrico. Calitri 25 agosto 2005, un’agape fraterna in casa di Giuseppe Di Maio, in Contrada della Noce, da sinistra seduti: Canio Codella (Curella Difesette), Donato Pastore (m’rcand’), Vincenzo Coppola (cupp’licchj’), Vito Alfredo Cerreta (bemfigliuol’), Giuseppe Di Maio (scardalan’); in piedi: Pasqualino Margotta (bb’zzeff ’) col braccio sull’amico a destra, Paolo Cerreta figlio di Vito Alfredo, il più alto, Leone Coppola (cupp’licchj) figlio di Vincenzo, Rosario Margotta (c’c’niegghj) ha su di se il braccio destro dell’amico,Giovanni Gervasi (cap’zappa), Leonardo Zarrilli (napoleone/deceduto) con la camicia bianca, Vito Metallo (ndrand’la) con la camicia a righe, Michele Zabatta (ciend’capigghj), Gaetano Cestone (m’calonì’) si vede solo la testa, Domenico Di Salvo (faraon’), Giuseppe Codella (Curella r’ quegghia Vanna). Venezuela, Caracas 26 aprile 1959, Basilica de San Pietro, matrimonio di Giuseppe Messina e Arantxa (si pronunzia Arancia) Castillo da sinistra: Cosimo Bovio con occhiali scuri, Dante Ramundo (l’cces’), con le mani conserte, Michele Messina, fratello dello sposo appoggiato allo stipite,Vincenza Di Cecca (C’nzina r’ la nghiana) con cappello, madre dello sposo, Giovanni Toglia (u’ vurp’), con cravatta a righe, Pasquale Messina (u’ sc’n’stral’) padre dello sposo, si vede solo la testa – i due sposi – Salvatore Ramundo (l’cces’), con farfallino, Luigi Galgano (premaio),Vittorio Melaccio (u’ t’nend’) allo stipite del portone, Michele Toglia (ard’casazz’), Santina Troncone (la carianesa) incinta del figlio Leonardo,Aniello Iuorio di Villanova, marito di Vincenza Toglia, Costantino Toglia (ard’casazz’) con vestito chiaro,Vito Bozza, il piccolo accanto allo sposo Antonio Messina, fratello dello sposo, Franca Toglia, figlia di Michele e Santina. 15 Calitri 1928/29, i coniugi Vincenza Zarrilli (24.04.1869 † 07.01.1940) e Michele Martiniello (papp’lon’/01.05.1865 † 20.03.1936) col nipote Michele Martiniello nato il 14.12.1925. IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Nu p’nsier’ a Calitr’ luongh’ mill’ chilometr’ Un pensiero a Calitri lungo mille chilometri ra lu 1963 quann’ parterm’ hier’m’ tre, cu dd’lur’, affann’ e ra il 1963, quando partimmo eravamo in tre, con dolori, affanEggienn’r’ ntralc’ hamm’ s’prat’ la squadra r’ calc’. Tra figl’, n’put’ e E ni e intralci abbiamo superato la squadra di calcio. Tra figli, nincamp’ nc’ n’ so trirr’c’, ’m banchina sul’ tre: lu poti e generi, in campo ce ne sono tredici, in panchina solo tre: il cchiù pp’cc’ninn’ e li cchiù bbiecchj, chi a la scola chi a la fatija tutt’ s’abbijan’ la matina. Olgiat’ Comasch’ hamm’ p’p’lat’, rarr’ch’ nov’ hamm’ aff’nnat’ e st’nn’cchiat’, ma la vecchia, quegghia pr’nc’pal’, a tti, Calitr’ mij, eia r’masta arrarr’cata. Tutt’ rispett’ a ’sta città chi lu lavor’ n’hav’ rat’, ma si hij t’r’cess’ ca cchiù Olgiat’ m’ piacess’, tu Calitr’ mij n’nc’ crir’, hij t’ ’ngannarrija! So ppassat’ 43 ann’ e ssò bb’nuta tutt’ l’ann’, sim’ stat’ ’n cumpagnija, quann’ cchiù ppicca e quann’ cchiù assaj. Quas’ semp’ lugl’ o aust’ ma si nc’eia stata n’c’ss’tà, roj, tre, e qquatt’ vot’ pur’ ’ndi viern’ so arr’vata. Auann’ agg’ and’c’pat’, cchiù bbietta so bb’nuta e pprima m’ n’ vach’. Sim’ ’nda lu mes’ r’aust’, osc’ n’avim’ nov’, a r’ ccinch’ cu lu pullman so’ ppartuta ra n’and’ a Ccola. Statt’ bbuon’ Calitr’ mij auann’ chi ven’ si vol’ Ddij n’ v’rim’. Ra lu f’n’strin’ t’agg’ tar’m’ndut’ a sotta l’uocchj m’ si scaf’sciut’. Lu sol’ staj calann’ e lu pullman scappa ’nnanz’, hij torn’ ’nn’ret’ cu la mend’ e ppens’ cum’ stiemm’ tutt’ quanda a qquigghj tiemb’. Eia fatt’ nott’, r’ lluc’ hann’ st’tat’, tutt’ sti cr’st’jan’ bben’ o mal’ cap’tescian’ cu la cap’ ra nu lat’ a l’aut’. A mmi lu suonn’ n’ mm’ ven’, m’ fazz’ camm’nà la cap’ a ccum’ adda passà la n’ttata. ’Nda la bborza agg’ vr’sc’gliat’, la penna e qquacche ffuogl’ agg’ acchiat’, tra sprazz’ r’ luc’ r’ lamb’iun’ ’nda l’autostrata, scriv’ tutt’ qquegghj chi m’ passa p’ ccap’. Calitr’ mij, paies’ mij, ’ngimma a nu cucuzz’l’ tu staj, ss’ cchiah’ vecchi e nnov’ n’ tt’ uarisc’n’ maj, piens’ a ssi figl’tuj vicin’ e lundan’, cum’ la voccula, sott’ a r’asciegghj r’ bb’larriss’ pr’tegg’. Piens’ a ssi v’cchiariegghj r’mast’ lloch’, ss’rr’nat’, malandat’ e rrass’gnat’ senza l’aiut’ e la pr’senza r’ li figl’, p’cchè so tutt’ lundan’ a pp’ ssu munn’ ’nfor’, fatt’ anzian’, chjn’ r’ malann’ e r’ probblem’ pur’ lor’. La mamma e l’attan’ (a cchi so rr’mast’) s’ r’ bb’larrienn’ p’rtà, ma ra te lor’ n’ ns’ vol’n’ ss’rrarr’cà, a l’ati post’ n’ s’ sann’ ambiandà e pp’ n’ rr’manì sul’ a mmalincuor’ trovan’ la soluzzion’ e r’ pportan’ a la casa r’ ripos’. Piens’ pur’ a nnuj tutt’ lundan’, n’ piens’, n’ aspiett’ e spier’ chi almena ’na vota l’ann’, chi prima, chi ropp’ n’ facim’ viv’. T’n’ priesc’ si arr’vam’, ma quann’ n’ vir’ part’, t’ scura lu cor’ n’ata vota. Accussì s’ccer’ pur’ a nnuj: sim’ cundend’ quann’ v’nim’, ma ropp’ chi n’ t’rnam’ r’manim’ cu nu pun’j r’ mosch’ mman’. L’emigrazion’ hav’ fatt’ cos’ bbon’, hav’ rat’ lu lavor’ a tutt’ quigghj chi sim’ partut’ e hamm’ spazz’iat’ a cchi eia r’mast’ lloch’. Tutt’, v’cin’ e llundan’ r’ cconseguenz’ hamm’ pahat’, ra tanda cos’ sim’ stat’ pr’vat’, si n’ m’ttim’ ’nda ’na v’lanza nnì un’ scenn’ nnì l’aut’ acchiana. A la partenza mamm’ e attan’ r’mas’m’ abb’rsagliat’: r’ tterr’ aviemm’ s’mm’nat’, la vigna zappata, r’ffatij r’ ffec’n’ raddoppiat’, senza r’ nuj voz’n’ met’ e ttr’bb’ià e la vigna vr’gnà. Li prim’ tiemp’ rez’n’ ar’ man’ la terra cu li riend’, n’ bb’lienn’ fa perd’ niend’ nnì tterr’ e nnì bbign’ e ccum’ggiardin’ r’ tt’ nienn’, ma quann’ r’ fforz’ llor’ so ammancat’ so rr’mast’ tott’ abband’nat’, n’ s’ canosc’n’ r’ ccunfin’ nda la faloppa e nda r’spin’. Calitr’ mij, quanda vita eia passata! Na vota ra for’ n’ r’travam’ sc’kusc’nat’, p’ nnuj n’ ng’eia stata ’nfanzia, manch’ adolescenza, nnì gg’v’ntù, a bbind’ ann’ più piccolo e i più vecchi, chi a scuola, chi al lavoro, tutti si avviano la mattina. Olgiate Comasco abbiamo popolato, radici nuove abbiamo steso e affondato, ma la vecchia, quella principale, a te Calitri mio è rimasta radicata. Rispettiamo questa città che il lavoro a tutti noi ha dato, ma se io ti dicessi che mi piace più Olgiate, tu Calitri mio non ci crederesti, io ti ingannerei. Sono passati 43 anni e sono venuta tutti gli anni, siamo stati in compagnia, quando di più e quando di meno. Quasi sempre luglio o agosto ma se c’è stata necessità, due, tre o quattro volte pure in inverno sono arrivata. Quest’anno ho anticipato, prima sono venuta e prima me ne vado. Siamo nel mese di agosto, oggi ne abbiamo nove, alle cinque con il pullman sono partita davanti a Cola. Stammi bene Calitri mio, l’anno prossimo se Dio vuole ci vedremo. Dal finestrino ti ho guardato e sotto gli occhi mi sei sfuggito. Il sole sta calando, il pullman corre avanti, io torno indietro con la mente e penso a come stavamo tutti quanti a quei tempi. È arrivata la notte, le luci hanno spento, tutta questa gente bene o male sonnecchia con la testa da una parte all’altra. A me il sonno non viene, penso in qualche modo a come passare la nottata. Nella borsa ho frugato, la penna e qualche foglio ho trovato, tra sprazzi di luci di lampioni in autostrada scrivo quello che mi passa per il capo. Calitri mio, paese mio, sopra un cucuzzolo tu stai, le tue piaghe vecchie e nuove non guariscono mai; pensi ai figli tuoi vicini e lontani, come la chioccia vorresti proteggerli sotto le tue ali. Pensi a queste persone molto anziane che sono lì, distrutte dai mali fisici e morali, malandate ma rassegnate senza l’aiuto e la presenza dei figli sparsi per il mondo, diventati anziani, pieni di malanni e di problemi pure loro. La mamma e il padre (a chi sono rimasti) li vorrebbero portare con sé, ma da te non vogliono sradicarsi, in altri posti non sanno ambientarsi e per non lasciarli soli, a malincuore trovano una soluzione, li portano in qualche casa di riposo. Pensi pure a noi tutti lontani, ci pensi, ci aspetti e speri che almeno una volta all’anno, chi prima, chi dopo ci facciamo vivi. Sei contento se arriviamo, ma quando ci vedi ripartire si fa buio nel tuo cuore un’altra volta. Così succede pure a noi: siamo felici quando veniamo, ma nel ripartire restiamo con un pugno di mosche in mano. L’emigrazione ha fatto cose buone, ha dato il lavoro a tutti noi che siamo partiti, abbiamo dato spazio a coloro che sono rimasti lì. Tutti, proprio tutti, vicini e lontani le conseguenze abbiamo pagato, di tante cose siamo stati privati, se ci mettiamo su una bilancia né uno scende né l’altro sale. Alla nostra partenza, mamme e padri, restarono carichi di fatiche: le terre avevamo seminato, la vigna zappato, tutti i lavori dovettero fare raddoppiati; senza di noi dovettero mietere e trebbiare, la vigna vendemmiare. I primi tempi presero la terra coi denti, non volevano fare andare in malora niente, né terre né vigne e come giardini le tenevano, ma quando le loro forze sono mancate sono rimaste tutte abbandonate; non si conoscono i confini tra le erbacce e tra le spine. Calitri mio, quanta vita è passata! Una volta ritornavamo avviliti e trasandati dalla campagna, per noi non c’è stata infanzia, adolescenza né gioventù, a vent’an16 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 ni ci sentivamo già vecchi e stanchi. Non conoscevamo divertimenti, solo terra da lavorare e tanta, tanta strada da percorrere per andare e ritornare. Ma questa dura vita ha giovato, ogni cosa abbiamo apprezzato e di poco ci siamo accontentati. Anche se tante volte, non nascondo, ci ha colto lo sconforto, per quanti fossi abbiamo saltato, tutti i problemi abbiamo affrontato. Calitri mio, se vengo dalla stazione, appena ti vedo mi si lacera il cuore, di quei grottoni sono rimaste pietre “appese” e solo gli archi. Per potermi consolare da Santa Lucia devo andare a guardarti; da lì sei rimasto tale e quale, ma ti salva solo l’apparenza, se mi addentro per le vie Dio mio che tristezza! Come anime purganti, gruppi di gatti randagi per le strade e qualche cane abbandonato. L’altro anno proprio io ne feci le spese: nel vicolo Nicolais, un cane all’improvviso mi azzannò il piede da dietro; il sangue sgorgava, neanche col fazzoletto stretto si fermava. Un’anima “del Purgatorio” mi portò dalla guardia medica, i punti dovette darmi per potermi medicare. Una volta quelle vie erano piene di persone ed animali, legati ai ganci ad anello asini e muli, porci e capre, le galline per le strade pascolavano; nei vicoli stretti stretti, porci, capre, asini e muli erano a culo a culo – chiedo scusa per il termine –, perché le porte coi ganci si trovavano da una parte della strada e dall’altra, quando in mezzo si passava, da qualche morso, cornata o calcio di animale ci si doveva scansare. Per terra si doveva guardare, se le scarpe con gli escrementi non si volevano sporcare. Eravamo tutti abituati a stare con gli animali, la mattina presto, prima di avviarci dovevamo sistemarli. La capra dovevamo mungere, il maiale far mangiare, l’asino caricare, capre e maiale legare dietro l’asino e di buon’ora andavamo in campagna. Adesso viene la tristezza, non si vede più nessuno; quelle strade abbandonate, piene di “erba di vento”, qualche lucertola spaventata si nasconde fuggendo nelle fessure degli scalini e nelle crepe dei muri. Tutti aperti quei grottoni, si son fatti i nidi civette, barbagianni e gufi. Al resto ci pensa la bora, il vento forte, sbattendo finestre e porte, pezzi di vetro da ogni parte. L’ultima volta che per i vicoli feci il giro, sotto la “r’loggia”, per la “ripa”, per il “serro”, ad un certo punto trovai la strada sbarrata; non potei andare più “a monte” perché tutto pericolante, mi dovetti accontentare di ricordarmi com’eri prima del terremoto. Parecchie contrade le hanno aggiustate, case e strade sistemate, ma le persone che vi abitano si possono contare sulle mani. Dove si vedono peperoncini appesi alle finestre, di qualche anima c’è segno, ogni tanto si sente l’odore di conserva e peperoni arrostiti, come una volta. Quando vado a messa alla Madonna torno indietro di cinquant’anni nel sentire le canzoni di allora: “O che giorno beato”, “Ti adoro ogni momento”, “T’adoriamo Ostia divina”, “Salve del ciel Regina” dai “fratelli” la litania. In mezzo a tutti i paesani, come il tempo si fosse fermato, respiro profondamente e, come non fossi mai partita, mi sento a casa mia. Calitri mio, quando sono lì ogni volta sento la voglia di farmi un giro per le campagne, se si presenta l’occasione non me lo faccio dire due volte. Domenica sei agosto, abbiamo fatto un giro a calar del sole; per il Tufello, il Piano della “C’rzogghia”, lo Spineto, Santa Saharia, i Serri, per l’Ofanto, per Liento; Oh Liento, Liento! È lì che ho passato l’infanzia mia! Non so descrivere quanta malinconia e nostalgia. A polmoni pieni ho respirato, volevo portare con me tutta l’aria nativa. L’odore di grano mietuto, di vigna pompata ed inzolfata, di terra appena arata, l’aria secca e ventilata, nelle stoppie e sugli alberi il canto dei grilli, il frinire delle cicale, negli stagni e nei fiumi il gracidare delle rane; davanti alle masserie i galli che cantavano, le galline nell’aia schiamazzavano, pecore e capre alla fontana si rinfrescavano, i buoi sdraiati ai pascoli ruminando e scuotendo la testa suonavano i campanacci. n’ s’ndiemm’ già vecchi e stanch’. N’ can’sciemm’ divert’mend’, sul terra ra fat’hà e ttanda strata p’ggì e pp’ n’ r’trà. Ma sti s’rur’ n’ so agg’vat’ ogn’ ccosa hamm’ appr’zzat’ e r’ picca n’ sim’ accundandat’. Pur’ si tanda vot’ n’ sim’ spandat’ p’ quanda fuoss’ hamm’ accarrat’, tutt’ li probblem’ hamm’ affr’ndat’. Calitr’ mij, si vengh’ ra la stanz’iola sul’ chi t’ vesc’ m’ strazza lu cor’, r’ li hruttun’ so rr’mast’ pret’ appes’ e ssul’ l’arch’. A pp’ m’ p’tè cuns’là, ra Sanda Lucia t’aggia scì a guardà, ra gghià si rr’mast’ tal’ e qqual’, ma t’ salva sul l’apparenza, si m’ ’ncamin’ p’ nda r’ bbij, Ddij mij cchè ttr’stezza! Cum’ a’n’ma pruand’, rocchj r’ hatt’ randagg’ p’ nda r’ strat’ e quacche can’ abband’nat’. L’aut’ann’ probbia hij n’ faciett’ r’ spes’; nda lu vich’ Nicolais, nu can’ a la sacresa m’ rez’ ar’man’ lu per’ a ra nn’ret’; lu sangh’ p’sc’l’iava e mmanch’ cu lu maqquatriegghj strind’ s’ stagnava. N’ an’ma r’ lu pr’hator’j m’ p’rtà nda la uardia med’ca, li pund’ m’ voz’ rà p’ pp’term’ m’r’cà. Na vota quegghj bbij eran’ chien’ r’ cr’st’ian’ e animal’, attaccat’ a li cat’niegghj ciucc’ e mmul’, puorc’ e ccrap’, r’ ggagghin’ chi pascul’iavan’ nda r’ strat’; nda li vich’ stritt’ stritt’, puorc’, crap’, ciucc’ e mmul’ a cul’ a cul’ – scusa ’u term’n’ – p’cchè r’ pport’ cu li cat’niegghj a nu lat’ e l’aut’ r’ la strata, quann’ sciv’ p’ ppassà ra quacche mmuzz’ch’, cuppata o cauc’ t’ aviva scanzà. P’ terra aviva tar’mend’ si n’ nt’ v’liv’ mb’cà r’ scarp’ cu li scr’miend’. Hier’m’ tutt’ abb’tuat’ a sta cu l’animal’, la matina vietta vietta prima r’ n’abb’ià r’aviemma r’c’ttà. La crapa l’aviemma mong’, lu puorch’ fa mangià, lu ciucc’ carr’cà; crapa e ppuorch arr’tanà e r’ bbon’ora n’ sciemm’ for’. Mo t’ ven’ la cumpass’ion’, n’ s’ ver’ cchiù n’sciun’; quegghj strat’ abband’nat’, chien’ r’erva r’ viend’, quacche aucert’la sc’kandata s’accova f’scenn’ nda r’ ff’ssur’ r’ li mur’ e r’ li scalun’. Tutt’ apiert’ quigghj hruttun’, s’ hann’ fatt’ li nir’ r’ cuccuvasc’, var’vasciann’ e sp’rt’gliun’. A lu riest’ ng’ pensa la voria e lu s’bb’ssator’j, s’bbattenn’ f’nestr’ e pport’, zinz’l’ r’ vitr’ a ttott’ r’ ppart’. L’ut’ma vota p’ nda li vich’ m’ faciett’ lu ggir’, sotta la r’loggia, p’ la ripa, p’ lu sierr’, a nu cert’ pund’ la strata l’acchiaj sbarrata; n’ ’mp’tiett’ scì cchiù a mmond’ ca eia tutt’ p’r’culand’, m’ v’liett’ accundandà r’ m’ r’curdà cum’ hier’ prima r’ tr’mà. Paracchj cundrat’ r’hann’ agg’stat’ eia tutt’ aggrazz’iat’ ma li cr’st’ian’ chi stann’ ra gghià, ngimma r’ mman’ s’ ponn’ cundà. Ndov’ s’ ver’n’ nsert’ r’ paparin’j a r’ ff’nestr’, ng’eia segn’ r’ quacche an’ma, ogn’ tand’ s’ send’ l’addor’ r’ cunserva e paparul’ arr’stut’ cum’ na vota. Quann’ vach’ a la messa a la Maronna torn’ nn’ret’ r’ c’nquandann’ a send’ r’ canzun’ r’ na vota: “Oh cche ggiorno bbeat’, t’aror’ ogn’ mm’mend’, t’adoriam’ Ostia Divina, Salve del Ciel Regina” e r’ li fratiell’ la Lautanija. ’Mmiezz’ a ttutt’ li pajsan’ cum’ lu tiemb’ s’ foss’ f’rmat’, fazz’ alluongh’ nu r’spir’ e cum’ n’ nfoss’ maj partuta m’ send’ a ccasa mia. Calitr’ mij, quann’ so lloch’ ogn’ bbota m’ ven’ lu ulisc’ r’ scì p’ ffor’, si s’ pr’senda l’accasi’ion’ n’ mm’ r’ ffazz’ ric’ roj vot’. R’men’ca sei r’aust’, a ccalata r’ sol’, n’ hamm’ fatt’ n’assuta; p’ lu T’fiegghj, lu Chian’ r’ la C’rzogghia, lu Sp’nit’, Sanda Saharija, li Sierr’, p’ l’Ofat’, pp’ Liend’; oh Liend’, Liend’! Eia gghià chi agg’ passat’ l’infanzia mia! N’ sacc’ descriv’ quanda malincunija e nostalgia. A ppolmon’ chjn’ agg’ r’sp’rat’ e mm’ la v’lija p’rtà cu mmich’ totta l’aria nativa. L’addor’ r’ hran’ m’tut’, r’ vigna p’mbata e nz’rfata, r’ terra appena arata, l’aria secca e bb’nd’lata, nda li r’stucc’ e ngimma l’alber’ li hrigghj e r’ cc’cal’ chi candavan’ nda li stagnun’ r’ ran’ chi hracchiavan’; nnand’ a r’ mmassarij li hagghj chi candavan’, r’ ggagghin’ chi scat’cavan’ nda l’aria, pecur’ e ccrap’ a la f’ndana s’ r’fr’sc’kavan’, li vuov’ chi pascienn’ nda la faloppa e z’culann’ la cap’ s’ s’ndienn’ li campanacc’. 17 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Agg’ avut’ la senzazion’ ca tutt’ eia r’mast’ cum’ na vota, a differenza ca prima nda l’and’ ng’eran’ sc’ker’ r’ cr’st’ian’, mo s’bbè un’ lu vo pahà, nn’ rr’iesc’ r’ l’affr’ndà. S’v’rja sul’ quacche un’ chi cu lu trattor’ arava e quacche aut’ cu la mballatric’, paglia o fien’ ’mballava. Fazz’ n’atu bbell’ r’spir’ e ssend’ l’aria r’ tann’: l’aria r’ li mij vind’ ann’! Lu lass’ chian’ chian’ e mm’ r’trov’ a ss’ssandacinch’ ann’, ma vaj bbuon’ accussì. Calitr’ mij, t’ r’ngrazz’j r’ m’avè accumbagnata, nda li p’nsier’ mij totta la nott’ tu si stat’ e t’assicur’ ca stu viagg’ n’ mm’eia p’sat’, anz’, so cundenda (cum’ sper’ sia p’tte) r’ t’avè r’curdat’ e raccundat’ cu li culur’ r’ li tiemb’ passat’ Agg’ acchiat’ lu mod’ r’ fa passà la n’ttata e ndand’ a casa mia so arr’vata! Na cunf’renza però t’ vogl’ fa, la terra sotta li pier’ m’accummenza a mancà; l’ann’ avanzan’, li mal’ aumendan’, r’ fforz’ ammancan’ e tutt’ cchù dd’ffic’l’ r’venda. Na cosa eia r’masta st’pata nfunn’ a stu cor’: l’amor’ p’ li famigliar’, muort’ e bbiv’, chi lloch’ agg’ lassat’ e l’amor’ p’ tte Calitr’ mij n’ ns’èia maj st’tat’, ma eia semb’ cchiù app’cciat’. Quanda cos’ t’ v’larrija ancora ric’ però m’ ferm’ qua. Sper’ chi n’ s’ndim’ cchiù nnagghià, mahar’ a la pross’ma pundata! Ho avuto la sensazione che tutto fosse rimasto come allora, a differenza che prima nelle campagne vi erano schiere di persone da ogni parte, adesso anche a pagare, una persona non si incontra. Si vedeva solo qualcuno che col trattore arava e qualche altro con l’imballatrice, paglia o fieno imballava. Faccio un altro lunghissimo respiro e sento l’aria di allora: l’aria dei miei vent’anni! Lo lascio lentamente e mi ritrovo a sessantacinque, ma va bene così. Calitri mio, ti ringrazio di avermi accompagnata, nei miei pensieri tutta la notte tu sei stato, ti assicuro che questo viaggio non mi è pesato, anzi sono contenta (come spero lo sia anche tu) d’averti ricordato e raccontato le cose con i colori dei tempi passati. Ho trovato il modo di far passare la nottata ed intanto a casa mia sono arrivata! Una confidenza però ti voglio fare, la terra sotto i piedi comincia a mancarmi; gli ani avanzano, i mali aumentano, le forze diminuiscono e tutto più difficile diventa. Una cosa è conservata in fondo al mio cuore: l’amore per i miei cari che, morti e vivi, lì ho lasciato e l’amore per te, Calitri mio, che è sempre più acceso e mai si è spento. Vorrei dirti tante cose ancora ma mi fermo qui. Spero di sentirci ancora più in là, magari con una prossima puntata! Calitr’ - Olgiat’ 9/10 aust’ 2006 Calitri - Olgiate 9/10 agosto 2006 Lucia Fierravanti Lucia Fierravanti Calitri, mercatino di Natale 2006, i bambini delle classi prime elementari con alcuni genitori e le maestre, ultima fila da sinistra: Giovanni Di Cecca assessore, Giuseppina Caruso con in braccio Angelica Cianci, il sindaco Giuseppe dott. Di Milia, maestre Giuliana Zarra e Gerardina Solazzo, la mamma Lucia Maffucci con i capelli lunghi, Tonio Rabasca.Seconda fila da sinistra: Azzurra Metallo, Lucia M., Giovanni Rabasca, Caruso, Gianluca Cianci, Marilina Cicoira, Giuseppe Ziccardi e Vincenzo Martiniello. Malaga,Spagna novembre 2006, un gruppo di giovani calitrani nel ristorante gestito dal compaesano Canio Russo; da sinistra Roberto Di Cecca (nghian’), Luca Russo (bellascrima), Guseppe Di Guglielmo (m’ron’), si vede solo il viso, Franco Scoca (st’scé), Canio Russo (bellascrima), residente a Benalmadena in Spagna da ben 11 anni, Michele Maffucci (m’scion’) si vede solo il viso ed Enzo Galgano (brattiell’) trasferitosi a Malaga da circa un anno. Calitri 13.07.2002 in via Torre, il signor Francesco Cerreta nato il 13.03.1934 da Giovanni e da Angela Bavosa sui trampoli che a prima vista sembrano un puro divertimento, mentre venivano approntati dagli operatori della campagna per poter attraversare terreni acquitrinosi o fiumiciattoli. 18 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Amato Grisi - Ubaldo Falcone, Valva e la villa marchesale. Note di storia e d’arte, Edizioni Arci Postiglione, Salerno 2006, pp. 432 con illustrazioni una fragile e precaria economia in formazione, travolse ogni visibile segno di crescita per lungo tempo. E a tale politica si ricollega pure quel fenomeno noto come questione meridionale, a cui si è poi tentato, fino ai giorni nostri, di far fronte con le mai decisamente efficaci politiche meridionalistiche. Infine, va rilevato che il lavoro, unitamente alla sua ricchezza di note, di prospettive analitiche e di particolareggiate indagini, costituisce una preziosa miniera di dettagli, aspetti inediti e vissuti locali di deciso interesse non solo per lo studioso e l’addetto ai lavori, ma molto anche per lo studente desideroso di approfondimenti da collocare in sede di tesi o relazioni di studio. Pietro Paolo Coccorese o seguito con vivo e crescente interesse i percorsi analizzati H in questo saggio storico. Lavoro, questo, degno di ogni considerazione per la semplicità e purezza espositiva, pur dispie- Quattro anonimi alla conquista di uno scettro di Gian Paolo Tozzoli - editore Lampi di Stampa - Libuk - Lavis TN - 2006 L A N OS TRA BIBLIOTECA gandosi in doviziosi dettagli minuti e precisi, tuttavia convergenti in un discorso d’insieme scorrevole e sciolto, ma pure spigliato e vivace. Quel che colpisce nel testo, a parte pagine entusiasmanti e appassionanti di forte intensità descrittiva, è tuttavia poter rilevare come la trattazione si apra a differenti interpretazioni, in grado di sollecitare gli interessi più svariati: di natura storica, economica, sociologica, politica e, ovviamente, agricola. I diversi piani di lettura sono, in un pervasivo intreccio, ottimamente padroneggiati dall’autore con competenza e rigore, a testimonianza di una profonda conoscenza delle realtà affrontate. Dall’analisi delle diverse richiamate prospettive (cfr. al riguardo, dello stesso Grisi, Caratteri generali dei popoli dell’antica Lucania secondo Luca Mandelli, in “Il Postiglione”, giugno 2006), la trattazione su Valva – che qui particolarmente sotto l’aspetto storico-economico coglie il mio interesse – conferma quella nota situazione meridionale, in cui il Mezzogiorno è rimasto, da sempre, imprigionato nella sua stessa misera dotazione di risorse naturali, appena attenuata da una primitiva agricoltura, che, solo al presente, evidenzia “un apprezzabile reddito”. Infatti, dalla ricerca si delinea bene, nel tempo, quella realtà contadina al cui centro, come cellula vitale, non si trova l’azienda ma il contadino, politicamente abbandonato e sfruttato dai padroni, che si arrabatta in un fazzoletto di terra a utilizzo massimamente intensivo, fino a spostarsi come pastore transumante, espressione decisa dell’agricoltura meridionale e della sua povertà estrema. Non manca, nel volume, il richiamare, tra gli eventi che seguirono all’unità d’Italia, l’altra piaga abbattutasi sul Meridione: il brigantaggio. Questo nuovo fenomeno riusciva ancora a mortificare e contenere germi di crescita economica, già soffocati da improprie e solo opprimenti tassazioni, non alimentando lo Stato alcuna forma di sviluppo, con la conseguenza che, ancora una volta, la popolazione ne soffrisse, sempre avvolta in quella miseria, destino e causa di ogni suo divenire. Tuttavia, il brigantaggio pose pure i primi problemi politici e sociali al neonato Stato italiano. Esso, infatti, valse a richiamare sul Mezzogiorno l’attenzione della classe politica e dei movimenti culturali. La convinzione fu che la situazione di arretratezza fosse imputabile a sfortunate vicende e che un regime di libertà, sostenuto da un senso di riscatto nazionale, avrebbe avviato un civile avanzamento, che, in breve tempo, avrebbe ridato all’area meridionale quella nota prosperità antica, annotata dalla storia della Magna Grecia, della Sicilia musulmana, della monarchia normanna e sveva. Ma l’adozione di un modello liberistico (simile a quello della produttiva area padana), con un insostenibile sistema fiscale che bloccò, col suo peso, li anonimi sono quattro giovani, due donne e due uomini, G che non si rassegnano alla routine della vita quotidiana. Non vogliono finire nella folla di ignoti della società contemporaneo, lottano per distinguersi. Le protagoniste femminili, tese all’emancipazione sono: Matilda, una religiosa la cui spregiudicatezza non si addice alla vocazione religiosa da lei trasgredita volutamente e un’asiatica, Nazumi il cui cosmopolitismo più che dal rifiuto nasce dal rigetto degli ambienti tradizionalisti nipponici. I protagonisti maschili sono: un avvocato napoletano che cerca di emulare la notorietà paterna e un suo coetaneo romano che fa della professione giornalistica la propria stella polare. Uno spaccato della realtà giovanile contemporanea, vista magistralmente in presa diretta. Un lavoro certamente degno della massima attenzione e considerazione, che affronta con attenta, lucida e doviziosa analisi la psiche dei personaggi con la padronanza di straordinari mezzi espressivi, propria del Tozzoli. LA FIABA e altri frammenti di Narrazione Popolare – Convegno internazionale di studi sulla narrazione popolare (Padova 1-2 aprile 2004) a cura di Luciano Morbiato – Casa Editrice Leo S. Olschki – Firenze 2006 l volume – come l’omonimo convegno del quale raccoglie la Izonte quasi totalità delle relazioni – pone al centro del proprio orizdi ricerca il genere più noto del racconto popolare, la fiaba, che include un universo narrativo spazio-temporale già formato e trasmesso all’Europa tardo-antica e medievale da primitive esperienze comunitarie, che continuano a riaffiorare nell’arco di un lunghissimo periodo, fino a quelle ultime storie, ora confinate nell’angolo dei racconti per l’infanzia o degradate (fisicamente) nella letteratura di massa. All’inizio del XIX secolo la raccolta dei fratelli Grimm si poneva tanto come riepilogo della circolazione europea delle novelle italiane a stampa, dalle Notti di Straparola al Cunto di Basile, quanto come primo risultato di un’inchiesta nazionale sul campo, mentre in Italia un successivo e identico interesse ha significato soprattutto la secolare fioritura di sillogi regionali culminate nell’impresa di Italo Calvino (1956). Di questo straordinario incrocio e “ingorgo fiabesco” e degli specifici problemi storici e antropologici, stilistici e testuali si occupano numerosi saggi che approfondiscono aspetti ancora poco noti delle raccolte o personalità dimenticate di raccoglitori locali (da Nalin e Righi per il Veneto a Laura Gonzenbach per la Sicilia) mentre altri analizzano temi ricorrenti nella narrazione, come il rapporto con il mitico mondo sotterraneo, o racconti specifici, 19 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 come la sfida sempre perdente dell’uomo con la morte, per soffermarsi su alcuni esempi attuali di conservazione del rapporto essenziale tra ascolto e narrazione in area padano-veneta. Altri interventi permettono di avvicinare alla più vicina e nota tradizione le ricche ma periferiche (almeno alla prospettiva usuale) aree rumeno-mafiara e nordafricana; di storicizzare un capitolo recente della diffusione delle fiabe illustrate attraverso l’edicola; di riconoscere il sostrato fiabesco nel cinema, anche sotto l’aspetto della citazione e del rinvio ad altre immagini. La conclusione è affidata, quasi naturalmente, a un narratore che della voce – strumento primo della comunicazione e della seduzione – continua a servirsi nei luoghi aperti dello scambio più antico di storie, come la radura nel bosco, nelle aule chiuse di una scuola o nelle ultime stanze fumose di una veglia. I contributi sono, nell’ordine, di: Carlo Donà, Giancarlo Alfano, Bernhard Lauer, Laura Brancato, Luciano Morbiato, Luisa Rubini, Giovanni Viviani, Renato Nisticò, Lorenzo Renzi, Giuseppe Giacobello, Manlio Cortelazzo, Giancorrado Barozzi, Paolo Peruch, Chiara Crepaldi, Dan Octavian Cepraga, Edit Rozsavolgyi, Roberto Andreatta, Ouidad Tebbaa, Mirco Zago, Antonio Costa, Giuliano Scabia. ratteristica molto importante, per il fatto che sono stati trasmessi oralmente di generazione in generazione e che tuttora hanno una “vitalità” che hanno già conosciuto nel corso degli anni, ma che viene adoperata ancora nel parlare quotidiano. Infatti “il proverbio” è un detto breve e spesso arguto, di origine popolare e molto diffuso, che contiene massime, norme, consigli fondati sull’esperienza, che stanno a dimostrare come gli spunti per i proverbi derivino da esperienze quotidiane del mondo rurale, dalla vita di paese, da comportamenti di animali, dalle varie attività quotidiane e da un insieme di cose; Inoltre l’autore ci informa su alcune raccolte molto importanti che vanno dagli antichi autori come Fedro ad autori più vicino a noi, non solo nella zona campana, ma anche, e in modo particolare nella zona toscana con la raccolta del Giusti. Altre opere su San Mango dello stesso autore: – Notizie storiche sul comune di San Mango sul Calore, Napoli, Conte 1968 – Dizionario dialettale di San mango sul Calore, Potenza, Il Salice 1992 – La terra di San mango in un “Apprezzo” del XVII secolo, Potenza, Il Salice 1992 – Un paese sulla collina. Ricordi di San Mango sul Calore, Napoli, Dante & Descartes, 1999 – Li scangianomi: Soprannomi di San Mango sul Calore, Napoli 2004 Proverbi in uso nel territorio di San Mango sul Calore (AV) di Luigi De Blasi - Napoli 2006 autore ci presenta un florilegio di proverbi che ha ascoltato nella sua infanzia nel territorio del suo natio loco e dei L’ paesi circonvicini, non certamente diversi, per contenuto, da quelli di altre zone campane, o italiane, ma che hanno una ca- VEGLIE Vicende storiche ed evoluzione istituzionale di Silvana Arcuti - Bibliotheca Minima - Novoli (LE) - giugno 2005 CONVEGNO NAZIONALE a storia di una città può essere una costruzione, dettata da spiLglorie rito municipalistico o dal semplice desiderio di esaltare le locali; ma può nascere anche dal bisogno di individuare nel perenne fluire del tempo, i suoi caratteri originali, la sia identità culturale in un territorio, come quello pugliese e salentino, che per l’assenza di baluardi difensivi naturali ha conosciuto colonizzazioni e invasioni, influenze culturali e alternanza di dominazioni politiche. La storia viene raccontata in modo semplice ed accessibile, con grande rispetto per il lettore, che spesso,purtroppo, dimostra uno scarso interesse per le cose del passato, per il mondo che i suoi avi gli hanno tramandato, lasciando bruciare gli antichi ricordi dai nuovi miti! Il risultato è estremamente interessante perché l’autrice, professoressa Arcuti, per il chiaro panorama delineato risveglia in noi tutti il desiderio di approfondire la conoscenza della nostre radici. L’Università degli Studi di Bari e la Comunità Montana Serinese Solofrana hanno svolto a Solofra il 16 e 18 marzo 2007 un convegno sul “Culto di San Michele in Campania. L’Area Serinese Solofrana”. La Comunità Montana Serinese Solofrana, e il Dipartimento di Studi classici e cristiani dell’Università di Bari, hanno promosso delle giornate di studio al fine di valorizzare il ricco patrimonio monumentale, storico, artistico e demologico presente nel proprio territorio e connesso col culto dell’Arcangelo Michele. Il Dipartimento di Studi classici e cristiani dell’Università di Bari, per il tramite del Centro Studi micaelici e garganici (Monte Sant’Angelo) è impegnato da oltre trenta anni in ricerche sul culto di San Michele con particolare riferimento all’Italia merisionale nei suoi collegamenti con altri luoghi di culto dedicati all’Arcangelo, soprattutto in Francia (Normandia). Grazie all’impegno di numerosi studiosi si sta ricostruendo la rete dei santuari e dei camminamenti micaelici tra tardantichità e medioevo. In tale rete un posto di assoluto rilievo rivestono i numerosi insediamenti micaelici, spesso in grotta, ancor oggi esistenti in Campania.Ne è particolarmente ricca l’area serinese-solofrana sulla quale il Convegno si è proposto di richiamare l’attenzione presentandone lo status questionis e indicando possibili linee di recupero, tutela e valorizzazione di tale patrimonio talvolta pericolosamente esposto all’incuria degli uomini e all’usura del tempo. Alla Ricerca del Successo. Come ottenere il meglio da essi di Massimiliano Zarrilli a pochi giorni è presente online l’anteprima del nuovo libro; D un piccolo manuale ricco di spunti e intuizioni per vivere una vita a colori. Come superare le cattive abitudini, sprigionare l’Autostima e la forza interiore, costruire una vita a misura… e molto altro ancora! come ci dice l’autore ai suoi lettori all’inizio del libro “Dedico queste pagine a te che le leggerai certo di scoprire il segreto del successo; le dedico a tutti, perché qui dentro ci siamo un po’ tutti; gli ottimisti che credono nel successo; gli increduli, con la loro razionale ironia; gli sfiduciati che si giocano le illusioni; quanti amano gli alberi, gli animali e il mare; quanti seguitano a credere nei sogni, che per altri sono invece una dolce falsità, creati dall’illusione della felicità”. www.piùchepuoi.itmanuale-successo.php. 20 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 Galgano ed Alfonso Nannariello. Il gruppo ha allietato la serata presentando un ricco repertorio di vari autori sacri e profani. Vita Calitrana L’ associazione di volontariato “Donne per il sociale” ha organizzato il pomeriggio di domenica 11-02-2007 la sfilata di carnevale per i bambini. Il corteo è stato allietato dalle dolci note della banda musicale Città di Calitri. Mentre l’associazione “Uagliun r’ u’ hafij” ha organizzato la 5^ edizione del carnevale di Calitri, il 18 febbraio 2007, con una sfilata di ricchi carri allegorici aventi per tema “il pianeta terra”. I l prof. Antonio Di Milia, libero docente di teoria della musica, solfeggio, didattica e pedagogia della musica, canto, pianoforte, organo, chitarra e fisarmonica, è stato autorizzato, in base alla legge n° 4, della Regione Campania, ad aprire una Scuola di musica ad Andretta (AV), la sede è in via Piave, 69 tel. 0827 32776. I l Diacono don Giuseppe Cestone di Salvatore e di Lucrezia Michelina, verrà ordinato sacerdote, nella Cattedrale di Sant’Angelo dei Lombardi, il pomeriggio di sabato 28 aprile 2007. Il rito e la solenne concelebrazione Eucaristica verranno presieduti dall’Arcivescovo diocesano mons. Francesco Alfano. A Calitri don Giuseppe celebrerà la prima Santa Messa, alle ore 18.00 di Domenica 29 aprile. Il Comune di Calitri ha promosso nella sala dell’ex ECA, il 21/01/2007, un convegno per la “Presentazione della procedura relativa alla concessione delle agevolazioni di cui al regime di aiuto a favore dell’imprenditoria e del lavoro autonomo delle donne”, ai sensi del decreto dirigenziale n. 634 del 20-122006. Sono intervenuti: il Sindaco, Giuseppe Di Milia; la Consulente di programmazione negoziale della Provincia di Avellino, Carola D’Agostino; la Responsabile del progetto “Misura 3.14” - Provincia di Avellino e l’Assessore alle attività produttive Maria Di Milia. L a comunità parrocchiale di San Canio vescovo e martire di Calitri, mercoledì 23 maggio 2007, parteciperà all’udienza generale del Santo Padre Benedetto XVI nella Città del Vaticano a Roma. I l 4 gennaio 2007, nella Chiesa dell’Immacolata Concezione ha avuto luogo un recital del coro parrocchiale, dal titolo: “Contemplando il mistero”. Alla presenza di un folto pubblico si sono esibiti oltre ai ventidue coristi il violinista, Daniele Trivelli, il soprano, Monica Tornillo e Wanda Rago, l’organista, Peppino Galgano, mentre le poesie sono state recitate da Rosa I l Diacono don Enzo Cianci di Gaetano e di Natale Lucia, nato a Calitri, incardinato nell’Arcidiocesi di Salerno-CampagnaAcerno, verrà ordinato sacerdote il 30 giugno 2007, nel Duomo di Salerno, dall’Arcicescovo metropolita mons. Gerardo Pierro. IL COLUMBUS DAY Gli americani di origine italiana sentono il Giorno di Colombo come una celebrazione che ricorda le loro doppie radici Italo-Americane. Il presidente Franklin Delano Roosevelt stabilì che diventasse festa nazionale in tutti gli Stati Uniti. Il 9 ottobre 2006 la signora Fiorella Passaro e la figlia Marianna Toglia di Calitri, hanno partecipato al ricevimento, presso la sede di New York invitate dal presidente Mr. Louis Tallarini. Calitri 13 settembre 2006, da sinistra : Michele Acocella,Vincenza Acocella figli di Lucia Rainone, Michelantonio Rainone,Antonietta Cestone figlia di Vincenza Acocella, mister Louis Tallarini in mezzo ai suoi parenti, Lucia Cestone figlia di Vincenza Acocella, Lucia Rainone,cugina di mister Tallarini, in prima fila accoccolati Vito e Nicola Acocella, figli di Lucia Rainone. Calitri, 13 settembre 2006, mr. Louis Tallarini (la cui nonna era Filomena Rainone di Calitri) presidente del Columbus Day consegna al sindaco di Calitri, dott. Giuseppe Di Milia il medaglione di Cristoforo Colombo. 21 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE Milano Antonia (Torino), Di Roma Maria Giuseppa (Taranto), Cestone Giuseppe (Poggibonsi), Cerreta Orazio (Caselle), Germano Canio (Bolzano),Toglia Giuseppina (Riccione), Zabatta Salvatore (Supersano) Euro 19: Sauda Roberto (Roma) Euro 20: Del Cogliano Maria Michela (Caserta), Delli Gatti Franco (Pioltello), Nicolais Canio Vincenzo (Roma), Di Milia Mario (Busto Arsizio), Della Badia Angelina Lucia (Marano di Napoli), Paoletta Erminio (Portici), Fatone Giuseppe (Roma), Di Maio Anna (Monteriggioni), Nicolais Maria (Latina), Cerreta Mario (Avellino), Di Giuseppe Egidio (Foggia), Galgano Vincenzo (Riccione), Cestone Pasquale (Carolei), Zabatta Gerardo (Nova M.se), Rubino Canio (Briosco), Cianci Salvatore (Candela), Metallo Teresa (Palermo), Scoca Donato (Anzio), Rainone Vincenzo (Lentate S.S.), Scoca Michele (Mariano C.se), Gautieri Vito (Moncalieri), Zabatta Vito (Capergnanica), Stanco Donato (Lainate), Cubelli Lucia (Bologna), Sonetti Cubelli Anna (Bologna), De Matteo Di Maio Ersilia (Roma), Rossi Rosa (Canino), Giuliano Angela (Casalgrande),Tornillo Gaetano (Roma), Zabatta Mario (Cantù), Zabatta Gerardina (Torino), De Nicola Antonio (Grugliasco), Sagliocco Francesco (Nichelino), Di Roma Giuseppe (Ronta di Cesena), Cestone Luigina (Roma), Zabatta Salvatore (Milano), Di Napoli Mario (Bollate), Cubelli Lorenzo (Bergamo), Codella Salvatore (Lavena Ponte Tresa), Tornillo Vito (Monte San Pietro), Sacchitiello Maria Giuseppa (Nonantola), Maffucci Marco (Roma), Di maio Vito (Montauro Marina), Cianci Michelina (Pisa), Zarrilli Vito (Roma) Euro 25: Giuliano Canio (Genova), Cerreta Giovanna (Prato),Tuozzolo Raffaele (Avellino), Bruniello Canio (Fiumicino), Nicolais Giovanni (Firenze), Galgano Antonio (Novara), Scoca Antonio (Trento), Zabatta Vito (Milano), Lampariello Franchino (Garbagnate M.se), Basile Antonietta (Sarzana), Della Badia Angelo (Napoli), Bozza Michele (Roma), Ricciardi Mario (Grottaferrata), Di Napoli Fortunato (Garbagnate M.se), Cerreta Canio (Firenze), Di Carlo Alfredo (Avellino), Nicolais Antonio (Lavena Ponte Tresa), Gautieri Antonietta (Reana del Roiale), Nicolais Salvatore (Livorno) Euro 26: LoSasso Rocco (Avellino), Milano Calvani Vincenza (Cascina) Euro 30: Caputo Canio (Carosino), Cianci Mario (Napoli), Maffucci Samuele (Carmignano), Vultaggio Claudia (Napoli), Norelli Francesco (Roma), Polestra Vincenzo (Bolzano), Di Napoli Antonio (Galatina), Di Cairano Giuseppe (Milano),Acocella Salvatore (Lancusi), Zazzarino Vincenzo (Mercogliano), Gallo Leccese Gerardo (Ascoli Satriano), De Rosa Carlo (Belluno), Galgano Vincenzo (Brindisi), N.N. (Trento) Euro 40: Pascoli Berardino (Genova), Vitamore Maria Filomena (Roma) Euro 50: Senerchia Nina (Latina), Messina Rosario (Casoria), Leone Angelo Mario (Bari), Di Cairano Vincenzo (Francavilla a Mare),Acocella Crescenzo (Lentate S.S.), Balestrieri Miele Gabriella (Roma), Frucci Giovanni (Pisa), Cerrata Rizzi Annamaria (Foggia), Galgano Anna (Milano), Tozzoli Elisa (Napoli), Cicoira/Alliod Silvia (Aosta) Euro 100: Di Napoli Michele (Cellatica) DA CALITRI Euro 3: Di Luzio Silvia Maria Rosaria Euro 5: Cerreta Mariannina, Cerreta Antonio Euro 10: Di Cairano Michele, Del Moro Vincenzo, Metallo Canio, Rabasca Antonio, Bavosa Giuseppe Luigi, Luongo Donata, Del Cogliano Antonio, Di Maio Maria Rosa, Stingone Antonio, Bavosa Antonio, Di Milia Rosamaria, Maffucci Teresa, Maffucci Emilio Euro 15: Martiniello Vito Salvatore, Russo Giuseppina, Bavosa Antonio, Buldo Maria, Maffucci Angelo, Caruso Michelina, Maffucci Di Maio Benedetta, Maffucci Gaetanina, Di Cairano Lucia, D’Emilia Pasqualino Euro 20: Apicultura Di Maio, Polestra Claudio,Caruso Girolamo,Margotta Giuseppina, Ramundo Michelina, Di Milia Antonio, Russo Maria ved. Strollo, Di Milia Vito e Angela, Cestone Raffaele, Cerreta Angelomaria, Quaranta Vincenzo Euro 25: Di Cecca Maria, Zarrilli Raffaele Euro 30: Di Napoli Salvatore,Via Pittoli 42, Di Roma Iolanda, Fastiggi Gaetanina Euro 35: Arciconfraternita Immacolata Concezione Euro 50: Hotel Ambasciatori DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE Euro 5: Innocenzio Donato (Barile), D’Onofrio Giuseppe (Castellammare di Stabia), Ruta Aniello (Roma) Euro 7: Lucadamo Pasquale (Olgiate Comasco) Euro 8: Cerreta Giuseppe (Cambiano), Cicoira Lidia (Napoli) Euro 9: Cerreta Alfonso (S.Maria a Monte), Euro 10: Cerreta Vincenzo (Carrara), Don Pasquale Di Fronzo (Mirabella Eclano), Gautieri Antonietta (Bollate), Cerreta Michele (Carrara), Battaglia Domenico (Firenze), Zabatta Claudio (Roma),Tuozzolo Giovanni (Pesaro), Ricciardi Giacinta (Torino), Cianci Giacinta (Treggiaia),Vallario Lorenzo (Milano), Stanco Angela ved. Forgione (Lentate S.S.), Metallo Rocco (Scandiano), Ardolino Francesco (Maddaloni), Zarrilli Giuseppe (Bollate), Cecere Marco (Firenze), Campa Maria Donata (Cugliate Fabiasco), Zarrilli Francesco (Mariano C.se), Zabatta Pasquale (Lentate S.S.), Cella Iolanda (Meda), Zabatta Giovanna (Cugliate Fabiasco), Di Carlo Maria (Cambiano), De Rosa Maria (Casorezzo), Codella Pasqualina (Asti), Di Cairano Vincenzo (Servigliano), La Manna Pasquale (S.Andrea di Conza), Zarrilli Maria (Poggio a Caiano), Cicoria Ester (Roma), Cala’ Luigina (Ceccano), Zabatta Canio (Lentate S.S.), Briuolo Luigi (Alessandria), Maffucci Tonino (Lentate S.S.), Cantarella Maria (Genova), Mollica Antonio (Novara), Malanca Canio (Lentate S.S.), Diasparra Vincenzo (Mariano C.se),Russo Michele (Gossolengo), Romano Sabato (Bellizzi), Codella Rosa (Salerno), Salvante Giovanna (Bari), Di Napoli Vincenzo (Bologna),Artistico Lorenzo (Gironico), Scoca Vincenzo (Perticato), Cicoira Giuseppe (Pietrasanta) Euro 14: Scoca Giuseppe (Bologna) Euro 15: Capossela Michelina in Maffucci (Scandiano), Cerreta Margherita (Milano), Santeusanio Giuseppe (Livorno), Buldo Cesare Giovanni (Varese), Margotta Giovanni (Poggibonsi), Di Cosmo Michele (Poggibonsi), Araneo Vincenza (Perticato), Fastiggi Michele (Salerno), Di Cairano Michele (Novate M.se), Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi), Cestone Giovanni (Pinerolo), Di Cecca Roberto (Milano), Navone Rosina in Codella (Lentate S.S.), Sagliocco Antonio (Nichelino), Codella Berardino (Roma), DALL’ESTERO BELGIO: Euro 20 Mignone Antonio, Di Carlo Felina GERMANIA: Euro 5 Strollo Michela, euro 10 Strollo Antonio GRAN BRETAGNA: Euro 50 Brattesani Angela SVIZZERA: Euro 30 Russo Giuseppe U.S.A.: Euro 20 Cerreta Giovanni, euro 25 Basile Mary Chiediamo scusa e comprensione per qualsiasi involontaria omissione 22 IL CALITRANO N. 34 n.s. – Gennaio-Aprile 2007 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Gaetano Strollo 11.11.1930 † 05.01.2007 Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 28 ottobre 2006 al 28 febbraio 2007, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. Il Signore ferisce e medica, piaga e la sua mano guarisce (Giobbe V-18) NATI Gaetano Metallo 26.04.1933 † 14.02.2006 L’onestà fu il suo ideale il lavoro la sua vita la famiglia il suo affetto: I suoi cari ne serbano nel cuore la memoria. Cubelli Michele di Francesco e Margotta Maria Galgano Paride di Canio e di Cianci Albina Cialeo Simona di Vincenzo e di Immerso Lidia Marino M. Antonietta di Gianfranco e Frino Rosanna Russo Maria Ludovica di Giuseppe e di De Nicola Rosetta MATRIMONI Antonio Sagliocco 26.07.1918 † 25.08.2006 Grimaldi Fabio e Pinto M. Teresa Codella Fabio e Pisaniello Paola Metallo Antonio e Di Cecca Vanna Lucy Nudo uscii dal ventre di mia madre e nudo là ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore! (Giobbe 1-21) 28.10.2006 25.11.2006 02.12.2006 MORTI Sisina Salvante 01.08.1933 † 15.04.1997 Tu, Signore, che conosci i nostri cuori salvaci dalla morte eterna. Maria Germano (Sckattus’) 02.11.1908 † 31.01.1992 Francesco Cestone (M’calon’) 13.07.1907 † 01.03.2003 Il vostro caro ricordo vivrà per sempre nei nostri cuori. Le figlie. I necrologi di norma vengono pubblicati nel mese in cui ricorre il decesso, ad esclusione di quelli avvenuti nell’anno in corso, e in quello precedente È un servizio “Gratis”. Lucrezia Antonia Parisi Grazia De Nicola Michele Giorgio M. Donata D’Errico Angela Cianfano Nerina Simone M. Giuseppa Gallo Gaetano Galgano M. Angela Briuolo Antonia Dragone Maria Caputo Concetta Cicoira Rosa Margotta Michele Rabasca Fortunato Nannariello Elvira Fatone Rosa Lucia Di Cairano Lucia Di Carlo Vito Nicola Bozza Maria Vittoria Capossela Giuseppe Cianciulli Antonia 23 09.04.1921 - † 05.11.2006 23.08.1921 - † 07.11.2006 12.06.1929 - † 08.11.2006 07.08.1922 - † 08.11.2006 01.08.1935 - † 09.11.2006 27.04.1922 - † 10.11.2006 10.10.1909 - † 13.11.2006 28.01.1949 - † 13.11.2006 22.07.1920 - † 17.11.2006 04.06.1930 - † 27.11.2006 18.02.1917 - † 11.12.2006 27.09.1911 - † 15.12.2006 03.05.1927 - † 16.12.2006 05.12.1928 - † 19.12.2006 28.04.1940 - † 30.12.2006 02.04.1921 - † 30.12.2006 25.10.1907 - † 24.01.2007 19.08.1923 - † 25.01.2007 11.02.1922 - † 01.02.2007 28.01.1915 - † 04.02.2007 02.04.1944 - † 14.02.2007 29.01.1922 - † 17.02.2007 In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP per la restituzione al mittente previo pagamento resi Calitri, 10 dicembre 1930, famiglia di Gaetano Di Napoli/u’ maiestr’: in piedi: Antonio Di Maio nato da Enrico e da Maria Luigia Cestone, coniugato il 10.12.1930 con Rosina Di Napoli, Rosina Di Napoli nata il 10.12.1912 da Gaetano e da Lucia Fastiggi; prima fila da sinistra: Canio nato da Gaetano e da Lucia Fastiggi il 14.09.1922, coniugato il 07.02.1953 con Eleonora Metallo, Attilio (30.03.1925 † 09.02.2004) coniugato il 12.04.1950 con Girolama Spezzacatena, Lucia Fastiggi (25.12.1893 † 17.05.1972) nata da Cesare e da Maria Antonia Lampariello, Antonietta nata il 18.10.1929, coniugata il 13.04.1950 con Oronzo Cianciotta, Giulio nato l’11.09.1927, coniugato con Antonietta Abate il 13.02.1953, Gaetano Di Napoli (21.10.1885 † 05.12.1954) capofamiglia, nato da Canio e da Rosa Lucia Ciletti, coniugato con Lucia Fastiggi l’08.01.1912, Cesare (02.10.1919 † 27.12.1991) coniugato con Carolina Di Cairano il 02.10.1939.