TERAMANI n. 44 - teramani.info

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TERAMANI n. 44 - teramani.info
n. 44 • aprile 2008
mensile di informazione in distribuzione gratuita
Un tranquillo
“we can”
di paura
pag. 7
Per
davvero?!
pag. 10
Maria
Antonietta
Adorante pag. 14
sommario
aprile 2008
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Amore infinito
Modi & Mode
Aldo Di Francesco
Elezioni Politiche
Marx in Soffitta
Ogni Mondo è Paese
I Pantaloni li porta lei
Dog People
I Travisati
Per Davvero?
L’Oggetto del Desiderio
Doriano Di Benedetto
Dale, Marcozzi, Machì
Maria Antonietta Adorante
I Grampasso
Una Famiglia chiamata Associazione
Teramo a Fumetti
Tanto Bit, ma nessuno Apr
Lettere dai Caraibi
La Salute viene mangiando
Dura Lex sed Lex
L’Apocalisse è già cominciata
Note Linguistiche
Tortoreto
Cinema
Basket
scrivete a
dimmitutto
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società
Amore infinito
Q
03
di
Biagio Trimarelli
uando si parla di Riabilitazione di solito ci si riferisce al recupero di questa o quella funzione
menomata o distorta, che rende la persona incapace di assolvere un compito specifico. Da qui sono
stati coniati i termini di “disabilità” (riferito alla restrizione o carenza funzionale di un organo) e di “disabile”.
Con il tempo l’evoluzione dei termini ed un’affannosa ricerca contro il pietismo imperante, hanno portato
all’odierna connotazione di “diversamente abile”.
In questa sede, più che su questioni di carattere generale, vorrei invitare a riflettere brevemente su alcuni
obiettivi che caratterizzano (o dovrebbero) il lavoro quotidiano dell’educatore, talora svolto anche un po’
inconsapevolmente, mirante alla crescita della persona nella sua globalità e sul piano relazionale.
Non è sempre chiaro che in presenza di un ragazzo portatore di handicap si debba puntare ad obiettivi a
lungo termine per ottenere dei riscontri concreti e significativi. Una volta rilevate le potenzialità residue,
la nostra attenzione (delle famiglie e degli educatori in genere) deve mirare ad indurre e promuovere nel
ragazzo l’acquisizione di elementi che ne favoriscano la crescita, la maturità e l’accesso (laddove possibile)
all’avviamento ad un’attività protetta.
Questo comporta, parallelamente, un lavoro di recupero e consolidamento della sua struttura affettivoemozionale, di indirizzo verso una crescita delle abilità relazionali. Il ragazzo va aiutato a mettere in atto tutti
quei meccanismi indispensabili per acquisire o conservare le abilità necessarie per una maggiore autonomia
personale, sicurezza e senso di autostima.
Dallo scambio continuo con l’altro (la famiglia, l’educatore, il coetaneo), nonché dalla restituzione al ragazzo di
contenuti validi, egli trarrà a poco a poco anche un senso di autoefficacia ed altri strumenti: solo allora sarà pronto
ad abbandonare in maniera non-traumatica quel suo essere ancora un po’ “bambino” e ad entrare nella società.
Conseguire tali obiettivi non è altro che mettere ordine nella sua vita esteriore ed interiore; perché ciò
avvenga dobbiamo imparare a riconoscere e rispettare il suo “spazio vitale”, ad indurre il lui una risposta
“spontanea”, a suscitare quel bisogno individuale di esprimere i propri interessi e quindi di perseguirli,
lasciandogli l’opportunità di scelta, riconoscendogli appunto un proprio spazio.
E’ difficile per un educatore capire fino a che punto coinvolgersi e spingersi e quando lasciare invece che il
ragazzo decida autonomamente. Ciò comporta dei rischi, ma è inevitabile ogni volta mettersi in gioco.
Chi altro può farlo? La famiglia di solito è troppo coinvolta per riuscire nel compito, è disorientata, straziata
dal dolore, dal senso di fallimento e sconfitta, frustrata; così finisce per sostituirsi a lui, soffocandone
inconsapevolmente le aspirazioni e le capacità.
Quale prospettiva? Quale consiglio? Difficile orientarsi. Potremmo iniziare intanto col riconoscere al ragazzo
un minimo di dignità e di rispetto come persona, per poi intraprendere percorsi via via più complessi, con
l’ausilio di energie “inesauribili”: amore infinito o dedizione totale? u
pag
04
modi & mode
Il sampietrino
assassino,
il pizzetto
malandrino e il
fantasma
formaggino...
C’
è una punta di nascosto sadismo o una leggera brezza
d’invidia nel decidere che le strade del centro storico
dovessero essere tutto un sampietrino e una pietra di
fiume a far da cornice? Una volta si diceva, ”mettiti nei miei panni”,
in questo caso meglio mettiti nelle mie scarpe…Un bel giro su un
tacco dodici fatto da chi ha deciso per il
lavoro di recupero storico dell’identità
stradale teramana, metterebbe, forse, tutto
in un’altra prospettiva.
O, forse, una strana ondata di mortificazione
della femminilità cittadina sta prendendo
piede nel cuore dell’assessore, che pur, è
tanto amato dal gentil sesso in genere, se
non altro dalle giunoniche redattrici delle
riviste che lo mettono sempre tra gli uomini
più desiderati del Comune, nelle classifiche
da loro stesse fatte e da loro stesse votate…
Oppure il progetto del rilancio dell’artigianato e degli antichi mestieri, parte anche
dalle botteghe dei calzolai, che esultano,
in anticipo per le aumentate riparazioni. Si
uniscono ai cori da stadio anche gli ortopedici
e le associazioni di pronto soccorso… Tutto
aiuta a rimettere in moto l’economia ed evidentemente i percorsi
che possono sembrare impervi e pericolosi sono, forse, geniali ed
efficaci. Buon proseguimento.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Può darsi che sia solo una mia sensazione, ma mi sembra che
molti uomini calvi si facciano crescere la barba. Come se
fosse una legge di compensazione, una rassicurante bugia
che amano raccontarsi: non sono pelato, è che i capelli mi
crescono nel posto sbagliato. Magari con le dovute attenzioni
e un po’ di tempo si potrebbe sempre pettinarli all’insù e
rimediare uno straccio di frangetta da fare a riporto sulla
fronte vuota…
La barba tutti i giorni è davvero una rottura di palle, altro
che l’appuntamento mensile delle femminucce che di
solito dura una settimana. Inoltre la crescita del pelo
e inarrestabile e non conosce temine di pensionamento, ossia non
va in menopausa, anche se qui è più preciso parlare d’andropausa.
Eppure, come nelle forme più pure di masochismo, ci danniamo, io
compreso alla cultura del pizzetto disegnato.
aprile 2008
di Filippo Flocco
Ci vuole più tempo a dare forma ai pelucci che a preparare le VIRTU’ (complicato minestrone di tradizione cittadina, per i forestieri
che non le conoscono) per l’intero quartiere…
L’operazione, lo sanno tutti i maschietti, è fattibile solo al risveglio
mattutino, anche se avete ancora la vista annebbiata, sempre meglio di sembrare un sopravvissuto all’attentato dinamitardo della
metropolitana londinese, facendola il pomeriggio.
Tra allume di rocca e pezzi di carta igienica che tentano di tamponare le fuoriuscite ematiche, ci sono buone probabilità di arrivare al
lavoro come i mascheroni del Carnevale Elettrico di Rio De Janeiro
e di essere accolti dai colleghi con lanci di graffette , e tagliatelle di
documenti trinciati, a mo’ di coriandoli e stelle filanti. Toda Joiaaaaaaaa, toda beeeleza.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Me ne frega relativamente poco dei risultati elettorali, sono più
curioso di vedere l’efficacia delle azioni. Questo
non è il derby del cuore, la partita da giocare tra
tifoserie avverse, è una nazione intera che vive
un periodo estremamente difficile e che chiede
soluzioni, non chiacchiere. Anche l’Abruzzo,
ha avuto le sue belle soddisfazioni in quanto a
politici eletti…Auguri a loro, ma Noi, auguriamoci che non si dimentichino del territorio
d’appartenenza e soprattutto non si trasformino in ectoplasmi, invisibili ed inefficaci come già
successo in precedenza.
fffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffffff
Tra poco resterò vedovo delle mie
serate preferite, quelle che fanno
arricciare il naso agli intellettuali come
Stefano Zecchi, che, però ci scrive i libri
sopra. I miei appuntamenti con i reality
show. Hanno il potere terapeutico di
mettere il mio cervello in stand-by, farmi rimanere come un vegetale davanti
al monitor, dimenticandomi il desiderio
della pace nel mondo e di tutte le
problematiche quotidiane che anche
un posticino piccolo come Teramo non
riesce ad evitarti. Adoro vedere le zuffe,
forse perché mi sforzo di controllarmi
e mi comprimo durante il giorno, mentre alcune volte desidererei
essere il papino di SHINING, che sfonda le porte con l’accetta. Queste trasmissioni sono l’equivalente di Topolino Almanacco, portato
in bagno, quando fate quello che solo voi potete fare. Stimolano
le naturali funzioni del vostro pancino, tenendovi libera la mente.
Provate a fare lo stesso vedendo Report
o leggendo il”Discorso sopra ai massimi
sistemi”. Ciao, ciao F.F
P.S. ..e il fantasma Formaggino del titolo
che c’entrava, Vi starete chiedendo?
La rima amorini, la rima…
Perché farne a meno? u
www.filippofloccoatelier.it
potete scrivere in Atelier in via N. Sauro, 39 - Teramo
[email protected]
l’intervista
aprile 2008
Aldo Di Francesco
dalla Prinz alla Jeep, ecce Aldo
…datemi un immobile vi spiegherò il mondo
L
o studio di Corso de Michetti è
sontuoso. La sala riunioni rapisce: pare più quella di un board
della City che di una cittadina ai margini
del mondo. Nel corridoio ci sono due
Stampone, quadri che però fanno gridare
alla teramanità, a quella pretesa di
auscultare sempre il territorio e a quella
sorta di mecenatismo che giunge quando
qualcuno serba gratitudine verso i propri
concittadini. Aldo Di Francesco è partito
dal nulla, da una Nsu Prinz di color beige
e dal bighellonare buttando in avanti le
lunghe gambe dinanzi al Caffè Silvia,
per giungere ad un più confortevole
fuoristrada, fino a divenire immobiliarista di grido, con le mani nella squadra
di calcio locale
e nell’emittente
televisiva Teleponte. Compra e vende
immobili “sempre
facendo gruppo”,
dice, “tanto che così
ho avuto qualche
marcia in più”.
Irriverentemente,
Di Francesco può
essere paragonato,
per essenza mentale, ad una cipolla:
prima di giungere al suo nocciolo bisogna sfoltire mille tuniche. È per questo
motivo che l’immobiliarista teramano
rimane insondabile ma - mettiamola così
- facciamo che spunti il bulbo.
Mio Padre. “L’ho perso all’età di 13
anni, gli ero stato molto vicino, come
lui aveva fatto con me. Era maestro a
Valle Castellana, a Torricella, ma mai in
città. Ricordo una grande protezione che
quando a quell’età viene a mancare cade
il mondo. Mi raccontava che il divertimento, che il gioco, era importante nella
crescita di ciascun ragazzo; lui gli dava
molto spazio e mi curava molto dal punto
di vista didattico. Ha fatto sì che la fantasia in me prevalesse, tanto che i risultati
raggiunti li considero provenire appunto
dalla fantasia: quella che è servita ad
esempio per progettare operazioni come
quelle del Teramo calcio o di Teleponte.
È venuta a mancare una persona che
oggi avrei voluto al mio fianco”.
La Madre. “Era capo ragioniera alla
Villeroy&Boch, quando la fabbrica, proprio la settimana dopo la morte di mio
padre, chiuse: rimanemmo in tremende
difficoltà economiche; avevo 13 anni,
ma come si dice “meno di niente non c’è
niente”, abbiamo ricominciato da capo”.
L’Adolescenza e oltre. “Nonostante tutto, ricordo una giovinezza serena, spensierata. A quel tempo frequentai il Liceo
linguistico, un’esperienza bellissima”.
I primi lavori. “Già a 15 anni lavoravo
con una assicurazione, poi più tardi con
alcune imprese nel
settore della pulizia,
tanto per mantenermi a Giurisprudenza a Teramo.
Dopodiché sono
entrato nella Banca
Popolare, coprendo
tutti i settori: dallo
sportello ai crediti
speciali. Poi, nel ‘95,
con la fusione mi
misi in proprio. Ho lavorato sempre nel
settore immobiliare, che mi è sempre
piaciuto, ho operato anche nel settore
del commercio e dell’ ingrosso, ma il
mattone è tutto”.
La figlia. “Ha 17 anni ma è un amazzone:
le piace andare a cavallo. È amante degli
animali, della natura, a lei dico di sfruttare al massimo le proprie doti”.
La moglie. “Chiara è una dottoressa
ricercatrice all’Università di Teramo e
appassionata di sport subacquei. Tutto è
iniziato circa 18 anni fa in una discoteca,
luogo peraltro inviso a tutti e due. Siamo
d’accordo su tutto”.
Teleponte. “L’idea Tp è nata da una
curiosità. Per iniziare la considerai solo
sotto l’aspetto prettamente immobiliare,
poi però mi è venuto l’appetito. Teleponte
ha tutt’altro fascino e, certo, la difficoltà
di Maurizio Di Biagio
nell’acquisirla mi ha infervorato. Nei primi tempi, io ed il caro amico Walter Cori
abbiamo avuto diversi scontri, esisteva
un’incompatibilità di carattere, la difficoltà era nelle trattative, perché il venditore, Malavolta, all’inizio era titubante. La
televisione continuerà, anzi cercheremo
di irrobustirla con investimenti sostanziosi, edificando una costruzione in
loco per il network, con studi molto più
tecnologici. Puntiamo ad essere una tv
con obiettivi regionali”.
Malavolta. “Ha subito un intervento
importante, ci auspichiamo che risolva
il suo problema immediatamente. È un
ragazzo che nonostante il suo carattere
spigoloso ha tanta forza. Quando io ho
avuto bisogno mi è stato sempre vicino. È
lui che non sa chiedere anche se sa dare,
senza strombazzare mai gli aiuti che
porta: è difficile aiutarlo”.
Walter Cori. “fin quando ci sarò io, sarà
sempre direttore: ora ho capito il suo
carattere. Non ama i controsensi, di
conseguenza è una persona determinata
ma molto umana. È legato ancora a certi
sentimenti, è una persona da cui non mi
aspetterei nessun tipo di tradimento”.
Teramo Calcio. “Sono pronto a subentrare assieme a Paoloni, quando firmerà.
Non sarò presidente ma un aiuto lo
darò, tranne l’aspetto tecnico che non
saprei curare. Sono intervenuto perché
il Teramo calcio è un patrimonio della
città, ho cercato di dare una mano; il mio
compito era quello di garantire ai Paoloni
la serietà dei Malavolta per pagare i
debiti che avevano. Ora la somma dovuta
è stata versata alla Banca di Teramo”.
Sport. “Amo in genere gli sport
automobilisti, ho fatto anche un po’ di
paracadutismo, mi sono appassionato al
calcio perché era seguito dai miei amici
imprenditori”.
Poteri forti. “Non ho mai avuto screzi
particolare con esso e cerco di non andare oltre i limiti o chiedere tanto”.
Fama. “Come tutte le persone possiamo essere amati o odiati, comunque a
chiunque mi fermi do spazio. Evito quella
spocchia che ho sempre detestato, anche
se è un atteggiamento che può derivare
da mille pensieri”.
Sogni. “Riuscire a costruire insieme ad
altri imprenditori aziende che possano
dare forza al nostro territorio”. u
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elezioni politiche
aprile 2008
Le domande
impertinenti
P
rima delle Elezioni del 13 e 14 aprile abbiamo posto alcune
domande ai candidati politici, domande di diverso genere
a seconda se il comune sentire li vedeva eletti o destinati a
puro atto di presenza.
Queste le domande e le loro risposte di coloro che venivano dati per
sicuramente eletti
1. Si dice che una volta che si prenda posto in Senato o alla Camera ci si dimentichi dei reali problemi della gente?
È davvero così?
Paolo Tancredi, Popolo delle Libertà: no. L’ho dimostrato già in
Consiglio regionale.
Carla Castellani, Popolo delle Libertà: no. cerco sempre di
tramutare le istanze del territorio in atti concreti.
Tommaso Ginoble, Partito Democratico: chi mi conosce sa che
questo non succede. Ho un rapporto ottimo con la gente.
2. Ma veramente una volta a Roma esiste il reale rischio di restare peones per tutta la legislatura?
Tancredi: dipende dalle capacità di ciascuno
Castellani: mi auguro di no.
Ginoble: dipende dal ruolo che gli Italiani attribuiranno al Pd.
3. Sempre in caso di elezione, quanti consulenti si porterà con lei?
Tancredi: non so.
Castellani: ho la mia brava collaboratrice regolarmente assunta.
Ginoble: non so, dipende dagli incarichi che assumerò. Sicuramente non saranno né parenti e neanche persone pagate in
nero, ma sicuramente giovani a cui sarà data la possibilità di
svolgere un lavoro interessante.
4. Dagli scranni penserà ancora al Lotto zero e affini?
Tancredi: certo. Come ad ognuno dei problemi della viabilità.
Castellani: non solo al Lotto zero…
Ginoble: non mi sono mai potuto interessare di questo problema,
il sindaco Chiodi ha avocato a sé tutte le responsabilità.
Queste le domande e le relative risposte di coloro che si sono sacrificati in nome dei Partiti
1. In tutta sincerità, chi gliel’ha fatto fare a schierarsi ad onor di
firma?
2. Che vita sarà dopo il 13, “passata la festa, gabbato il santo”, o
cosa? O avrà almeno un tipo di contropartita?
3. Ma non le pare davvero – come ha riferito Gianfranco Fini – che
con tutti questi candidati premier siamo davvero al Carnevale
di Viareggio?
Vincenzo Cipolletti, Partito Socialista
1 Ancora me lo sto chiedendo. Spero solo che alla fine possa ritenermi soddisfatto.
2 Continuerò a fare campagna elettorale, perché da quanto si vede
ci saranno grosse difficoltà a governare.
3 Sì, ne sono convinto. È stato sincero. Lui ha dato un grosso contributo.
di Maurizio Di Biagio
Lino Silvino, Unione Democratica di Centro
1 Ci credo, come ho fatto per tutte le cose in cui ho creduto. Credo
in Casini
2 Per me non cambia niente. Ho sempre lavorato in vita mia.
3 Fini si dovrebbe ricordare quando disse a Berlusconi che si era
alla comiche finali. Noi rappresentiamo i reali valori della Dc:
sono sempre quelli.
Concetta Barnabei, la Destra
1 La passione.
2 Temo di sì.
3 Fini fa bene a parlare di queste cose perché lui è tra le persone
più ridicole di questo mondo.
Michela Puritani, Sinistra Critica
1 La politica rimane una causa nobile.
2 Noi continueremo. L’elezione è un passaggio utile e basta.
3 È colpa loro se stiamo a questo punto, destra e sinistra sono
uguali e il carnevale lo fanno loro.
Ennio Pirocchi, Partito Socialista
1 Una vita di impegni con i socialisti. Perché è un’idea forte.
2 La situazione attuale è drammatica e le ricette sono quelle che
conosciamo… da 15 anni.
3 Fini è stato anche lui il capo-carnavalaio.
Augusto Di Stanislao, Italia dei Valori
1 La passione per la politica.
2 Dopo il 13 inizia un nuovo impegno per la provincia di Teramo.
3 Ci sono esagerazioni, ma con questo voto finiranno i giochi di
prestigio.
Benigno D’orazio, la Destra
1 Lo vedremo dopo ma penso di sì.
2 Da 20 anni che sto in politica; continuo a fare quello che ho fatto.
3 La sua più grande carnevalata è stata quella di togliere la bandiera e mettersi sotto le insegne del comico finale.
Filippo Benucci, Partito Democratico
1 Mai come questa volta sono convinto. Per me è questione di
testimonianza e servizio.
2 Se vince la destra sarà un film già visto, ma se il Pd ce la farà ci
sarà spazio per la speranza.
3 Di candidati ce ne sono tanti ma alla fine ne saranno solo due.
Silvano Toscani, Partito Comunista dei Lavoratori
1 Sono convinto delle mie azioni.
2 Un giorno uguale all’11.
3 È un segnale forte come Fini non sappia leggere la politica, e anche D’Alema. Questa è la risposta di 4 anni di Bicamerale. Siamo
per il no al bipolarismo, speriamo in un proporzionale.
Emanuela Loretone, Partito Democratico
1 Ci sono da 10 anni. Per me è solo passione politica e basta.
2 Mi ritengo più militante che dirigente
3 Si sarebbe dovuto fare una legge elettorale migliore
Marina Danese, Movimento per le Autonomie
1 Io sono a disposizione degli altri.
2 Ora inizia il lavoro.
3 Non esiste un solo leader. u
Marx in soffitta
Un tranquillo
“we can”
di paura
from Marx to market
L
a Sinistra cespugliosa di casa nostra è arrivata
ad auto castrarsi nel nome dei partiti unici
e del we can di un Veltroni scelleratamente
geniale. Scellerato perché - è ovvio - ha voluto perdere
le elezioni, geniale perché tra un po’ di decenni lo si
ricorderà come colui che al bivio ha indicato la strada
più plausibile: quella del bi-tri-partitismo, annunciata
tra l’altro dal profeta Isaia Pannella circa 15 anni fa
e chiaramente inascoltato. Tranne che da qualche
frangia di massoneria deviata. Ma questa è un’altra
storia. Chi invece non ci sta, per dirla alla Scalfaro, sono ovviamente i comunisti duri e puri, quelli che plaudono a Diliberto, quando
sul cadavere ancora caldo con l’indice bianco indica in diretta tv il
segno da dove ricominciare: una falce e martello alle sue spalle.
E dalle fabbriche per di più. Alla faccia di un sindacato imbolsito in
perdita di consensi e di feticci lunghi più di un secolo che di esser
riposti in soffitta non ne vogliono sapere. Solo lo smarrimento
che ha attanagliato gli animi di sinistra ha potuto rinserrare gli
stereotipi e le idee forti che scavalcano muri e sberleffi, quindi la
falce ed il martello tanto per ricominciare. Da lì è tutto un altro
mondo ora, dicono. Nella nostra città il comunista storico Sandro
Melarangelo addossa le colpe della disfatta ad un Bertinotti inetto
che “ha deciso di far scomparire l’emblema” per un logo etereo
senza forza e storia. Una cascata di colori sbiadita tipo sistema Pal
dei primi anni ’70, quando dalle vetrine del Corso si trasmettevano
le piscine olimpioniche. “E’ impossibile riconoscercisi”. Montezemolo, che frattanto ha lasciato una rossa che vince, affonda il
coltello: i lavoratori sono più vicini a Confindustria, spiega alla
platea. From Marx to market, infila nel suo fondo Alberto Statera.
Anche per Sandro Santacroce di Rifondazione Comunista solo in
hoc signo vinces, nella falce e martello si sarebbe potuto arginare
la disfatta: “L’arcobaleno è un’esperienza fallita”. E racconta pure
come nelle amministrative le dinamiche siano state differenti (dal
3 al 6%); e spara a zero su Del Turco che con l’attuale rimpasto
di giunta intende limitare Rifondazione “ora noi ci comporteremo
di conseguenza”, assicurando la vendetta. Da Palazzo di Città
il rifondarolo è fuori dall’opposizione, “tanto in quell’assise, sia
dall’una che dall’altra parte, vengono esaltati i poteri forti, edilizi,
e di altra natura, e questo pure trasversalmente, vedi Piazza
Dante”. L’unica cosa che rimane da fare è giungere inerzialmente,
con l’abbrivio mesto della sconfitta, a quel congresso di luglio
della restaurazione del simbolo. Il consigliere comunale recita un
mea culpa quando analizza il successo della Lega tra il coacervo
pag
di Maurizio Di Biagio
aprile 2008
07
dei comunisti duri e puri a Sesto San Giovanni e si fa violenza
fino ad accusare la sinistra di un buonismo esacerbato quando
c’è di mezzo il pianeta sicurezza: “Anche mia figlia che studia a
Bologna vorrebbe tornare a Teramo”. Melarangelo invece torna
sui flussi dei voti, l’hobby del momento in Italia, più delle palline
clic-clac negli anni ‘70: “Margherita e Ds non hanno ottenuto più
voti, semplicemente l’elettore comunista non ha visto più il suo
simbolo”, si sgola. E la classe operaia cade in ginocchio con il
reale pericolo che anche il sindacato possa essere irreggimentato
dalla destra. Senza dubbio “il momento più brutto della mia vita”,
strepita col viso all’insù nasalmente. Silvano Toscani del Partito
Comunista dei lavoratori, ad un tiro di schioppo, è
a dir poco imbufalito: “Il nostro elettorato non ha
subito una disfatta, è ancora vivo”. Però dappertutto
i musi sono lunghi, anzi peggio, la voce grossa delle
ragioni vorrebbe piegare l’ingiustizia subita. Il solito
conflitto gramsciano tra l’ottimismo della volontà (la
destra) ed il pessimismo della ragione (la sinistra):
in pratica il ghe pens mi contro il no tav, solo per
dirne una. Chiude il consigliere provinciale Raimondo
Sfrattoni di Rc: “Il voto utile ci ha massacrati; tuttavia
il Comitato politico ci ha indicato una via: si parte da
Rifondazione; c’è una base per ritornare quello che
eravamo”. Frattanto Giordano piange quando Vendola si propone.
Spira un vento diverso ora tra i comunisti post editto di Veltroni.
Sarà ancora utile un voto a sinistra del Pd? Questa è la questione.
Perché altrimenti sarà un gioco da ragazzi per il mago di Arcore
far vivere ancora ai suoi avversari un tragico we can di paura. u
Teramo mon amour
Ogni Mondo
è paese ma…
di Marisa Di Marco
Teramo è un po’ più paese degli altri
D
icevamo: ogni Mondo è Paese, ma la nostra Teramo (forse perché “inquinata” da non si capisce bene che cosa, o forse lo si sa benissimo ma si
preferisce tacere), lo è un po’ più degli altri.
Dopo tutto quello che in questi anni è stato ordito contro di noi, ora qualcuno ne
ha studiata un’altra. Ci è capitato di verificare che per screditarci, qualche idiota
ha prelevato il nostro periodico dalle cassette postali e dopo aver raggranellato
un po’ di copie del numero di febbraio e di marzo, le ha abbandonate sulla strada,
cercando di darne una immagine dequalificante.
La prova che sono stati sottratte dalle cassette postali? Con le copie
del nostro giornale hanno prelevato, senza accorgersene, anche alcuni volantini di pubblicità elettorale distribuiti anch’essi nelle cassette
postali durante le ultime elezioni e che sono finiti a terra insieme al
nostro periodico. Ma che bella gente si aggira tra di noi a Teramo!
Cos’altro possiamo aggiungere se non il vecchio detto contadino che recitava cosi:
“Lu porc, chiù strille e chiù fa lu sangue”. Traduzione: “Il maiale più strilla più fa
sangue e… prima muore!” u
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08
la riflessione
di Bruna Fagotti
I pantaloni li porta lei
M
a che cosa sta succedendo alle
donne del terzo millennio? Niente di grave, si stanno trasformando in …uomini.
Messa così potrebbe sembrare una battuta, ma non lo è. Naturalmente non stiamo
parlando dell’emancipazione economica
o delle conquiste sociali, ma proprio della
biologia che sta lentamente trasformando il corpo femminile. Gli effetti sono
sotto gli occhi di tutti: giovani donne sempre più attrezzate fisicamente ma anche
la mente non sfugge ai cambiamenti.
E infatti le nuove abitudini (complici le
diverse alchimie ormonali) stanno
costruendo una nuova “sensibilità
femminile” che rischia di far saltare
i vecchi modelli. Addio clessidra: un
ricordo le mitiche misure 90-60-90;
il girovita delle ragazze è cresciuto rispetto a quello delle zie
maggiorate, i fianchi sono più
stretti (non è chiaro se siano
una conseguenza o una causa
della minore fertilità delle donne occidentali), il seno piccolo e
piedi più grandi.
I lineamenti più androgini e la
peluria abbondante di molte
adolescenti, potrebbero avere
una spiegazione chimica:
l’ambiente è pieno di ormoni
che prima o poi ci finiscono nel
piatto. E nessuno sa che cosa possano
combinare incontrando gli enzimi latenti
nel nostro organismo. Non solo il corpo
della donna è lo specchio della società,
ma riflette anche i nuovi vizi femminili
(imparati da lui). Risultato?
Ormai il sesso non fa più rima con amore,
hanno scoperto le delizie dell’incontro
di una notte, il brivido dell’avventura
a pagamento, il turismo sessuale. E
vivono senza sensi di colpa il tradimento.
Distanti anni luce dai tormenti dell’eroine
romantiche, molte signore confessano
di avere un amante solo “per giocare”. Insomma, più Casanova che Anna Karenina.
Le donne hanno sempre privilegiato la
relazione, tralasciando la parte più “tec-
Dog
People
piccolo manuale
di sopravvivenza urbana
per cani e proprietari
Sai Comunicane?
nica” del sesso fine a se stesso. Invece,
oggi non è difficile trovare caratteristiche
come il “cinismo sentimentale”, un tempo
esclusiva maschile. Niente da dire contro
la liberazione sessuale, ma la vera libertà
non è imitare gli uomini, ricordando come
i comportamenti abbiano sempre un
contraccolpo biologico.
Limitare la sessualità al solo divertimento potrebbe diventare un pericolo per la
specie: rischia di andare perduto l’istinto
della procreazione, tipicamente femminile e a questo punto cosa se ne fa la specie
di due sessi dalle pulsioni identiche.
Con effetti meno devastanti, la
trasformazione delle donne negli
“uomini di casa” ha già fatto
traballare un’istituzione di lungo
corso come il matrimonio. Donne
sempre più forti e autonome e
uomini sempre più spaesati; per
la prima volta molte mogli sono
più anziane del marito, in futuro
ci saranno meno figli, forse
si trasformerà addirittura la
struttura della famiglia e anche
il corpo della donna potrebbe
mutare se non partorirà più.
Dai fatti drammatici della cronaca
recente viene anche il sospetto più
grave: stanno lentamente crollando
i tabù fondamentali della femminilità.
“Le Kamikaze sono una terribile novità
della storia, per le donne è sempre stato
“contronatura” uccidere (specialmente i
bambini), ma anche questo tabù è stato
violato. Perché una cosa è il singolo infanticidio, magari dettato da una malattia
mentale, ben altra è la scelta di andare in
guerra come guerriere che uccidono, non
come crocerossine che curano. E se c’è
una cosa al mondo totalmente maschile
è proprio la guerra. Un fatto dimostrato,
paradossalmente, anche dal mito delle
Amazzoni: le donne guerriere si mutilavano i seni, segno evidente della rinuncia
alla femminilità.
“La donna che diventa uomo è un suicidio
per l’umanità, perché chi dà la vita non
può dare la morte. u
P
roprio ieri ero a passeggio per
il corso vecchio con Marley e
Rossella quando mi sono trovata davanti
ad una scena che mi capita di osservare
spesso: una signora terrorizzata da un
cagnone randagio ha preso in braccio
il suo piccolo amico ed ha iniziato a
gridare per scacciarlo. Vorrei darvi
piccoli consigli sul come comportarsi
al meglio in queste situazioni. Cercate
di. mantenere la calma, sappiate che il
vostro animale è sintonizzato su di voi e
percepisce perfettamente un guinzaglio
che improvvisamente diviene teso, un
tono di voce più nervoso e questo è
davvero controproducente. Se il cane
si avvicina per annusare il nostro? Se
lo fa senza dare segni di aggressività
o di sfida, lasciateli fare, i cani hanno
un naturale istinto sociale. E se,invece,
il cane ci abbaia contro? Non correre,
non urlate, tutti questi atteggiamenti
non fanno altro che eccitare il naturale
istinto predatorio dell’animale. Non
cedete alla tentazione di prendere in
braccio il vostro cane, questo solitamente è il punto di inizio di una serie
di problemi, il vostro Fido diventa un
leone e comincia a fare la voce grossa
al nuovo arrivato. Il nuovo arrivato vi
si arrampica addosso per capire cosa
accade e voi non avrete fatto altro
che interrompere una comunicazione
posturale sottilissima che solo i cani
sanno avere. u
Marina Grossi
Istruttore Csen
Educatore Apnec
[email protected]
Scuola cinofila Dog People:
www.dogpeople.it
www.myspace.com/
dogpeopleteramo
negare, negare, negare,
I Travisati
A
tutto vantaggio di una serena comprensione del mondo
in cui viviamo, proviamo a spiegare un fenomeno. Oltre a
dire saltuariamente quello che pensano,
non hanno mai detto quello che hanno detto: “E’ un
vecchio vizio dei miei nemici attribuirmi dichiarazioni
mai rilasciate”, “Hanno estrapolato una frase dal
contesto per costruire un teorema menzognero”,
“Non ho mai concesso un’intervista a quel settimanale e ho dato disposizioni per tutelarmi nelle
sedi appropriate” e via inorridendo. Nessun istituto
sanitario l’ha certificato ma in lungo e in largo per lo
Stivale scalcagnato nove cittadini su dieci sarebbero afflitti da uno stato allucinatorio uditivo. Ciò che
abbiamo testimoniato con i nostri occhi e udito ad
orecchie spalancate è il sintomo di una patologia,
nel caso meno allarmante la conseguenza di una
vulnerabilità di carattere.
Toccherà al nuovo governo pianificare una azione di profilassi prima
che la situazione precipiti. I bastiancontrari rifiutano la diagnosi
invocando la prova audio-visiva, è tutto registrato, basta premere il
tasto “play” e riascoltare daccapo..!
aprile 2008
di Yury Tomassini
A scherzi fatti, tra il peggio a cui ci siamo abituati c’è l’utilizzo
sistematico della bugia da parte dei poco casti appartenenti alla
castaccia (una “cosca” secondo Marco Travaglio): negare, negare,
negare, soprattutto l’evidenza.
La pedagogia, comunque, in qualche modo assolve la loro natura
allergica alla verità. Raccontare bugie, qualunque ne sia la causa,
rappresenterebbe il riappropriarsi innocente di una condizione infantile, vivere secondo il “come se fosse”, “fingendo
di essere con grande coinvolgimento una cosa o una
persona differente da ciò che è, o crede di essere”.
Questo inizia ad accadere intorno ai due anni di vita
e permette di collocare la bugia in una nuova luce,
un comportamento del tutto naturale dell’individuo
sulla via della maturazione. E’ l’inizio dello sviluppo
della fantasia, della creatività del bambino che sogna
mondi e vite immaginari dove realtà e fantasia si
intrecciano magicamente etc, etc..
E’ un avvertimento per i tutori della legge, disturbare
i bambini mentre sognano e giocano è pericoloso,
potrebbe violare il sacrosanto diritto ad identificare
le loro gesta con quelle dei loro eroi.
Il commento di un lettore dopo aver letto “La Casta”
di Rizzo e Stella: ‘E’ quello che ci meritiamo... ci tornerà tutto
indietro come un boomerang... purtroppo nel dna degli italiani
non esiste la parola ribellione... e credo che i nostri figli e nipoti ci
malediranno per il nostro lurido immobilismo... u
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accade in città
Per
davvero?!
N
o peccà è fijeme, ma ‘llà ‘nmezze ere lu cchiù belle: della
serie, date a Cesare quel che è di Cesare… come disse
quel tale quando, qualche anno fa, separò i poteri terreni
da quelli spirituali.
Ma, per davvero, hanno messo in un parco giochi, dopo quarant’anni di ginocchia scorticate, sabbia e terriccio sotto le altalene? Sì,
pare proprio di sì. E, guarda caso, proprio dopo l’uscita di un articolo
di Teramani, pubblicato nel n°
20 del dicembre 2005. Sarà un
caso, per davvero. Come quello,
per esempio – e questo sì, per
davvero curioso – delle piazze
per parcheggi abusivi senza
sanzione, che si sono ritrovate,
dalla mattina alla sera, ingabbiate nei varchi elettronici d’ultima
generazione. Per davvero?!
Sì, per davvero; e il periodico
Teramani era lì che denunciava
lo scempio delle soste selvagge
già nel n° 26 del luglio 2006. Per
davvero? Credimi, è per davvero!
Ora, butta gli occhi un attimo sui
fatti della Te.Am. Guarda, è dal
n° 29 del novembre 2006 che
Teramani si occupa per davvero
dell’abbandono dei rifiuti lungo
il parco fluviale; ribattezzato per
l’occasione: il Porco Fluviale… e da allora, fino all’ultimo
numero d’aprile 2008, editoriali
ed articoli si sono moltiplicati
(Oggi mordo, Mafalda docet), senza
mai per davvero mollare l’osso sull’operato dell’Azienda per la
raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani nella nostra città. Ad
onor del vero, non bisogna dimenticarsi di quelle rassegne stampa
bulgare, che tacciono su alcuni argomenti, presentando soltanto
il rovescio lucido della medaglia. Ma per davvero? Eh, sì! Alla fine,
anche quel tappo di ferro sulla fontana di Piazza Garibaldi è rotolato
via. Il gigante buono, personaggio di una vecchia pubblicità Kinder
Ferrero degli anni 70, invocato assieme a Jo Condor, ha per davvero
realizzato il desiderio di molti; anche grazie a quelle due righe scritte su Teramani n° 32 del febbraio 2007. Ma per davvero è successo
questo? Figurati, hanno pure dato un recinto dignitoso all’unico
dolmen di tutto il Centritalia, che fa sorridere per davvero tutti quelli
che fanno il girotondo dalle parti del Piazzale San Francesco o che
sbucano dall’arco del manicomio. Poi, se fai capoccetta sulle colline
di Mimmo Attanasii
aprile 2008
della Cona scorgerai quello che Teramani, sul n° 35 del giugno
2007, ha ribattezzato e(Cona)mostro: una villa costruita sul dorso
collinare, con le proprie fortificazioni di cemento in bella mostra.
Questa volta, però, il Comune gliela ha fatta pagare per davvero,
con una bella multa, per l’obbrobrio territoriale ambientale e
paesaggistico.
A questo punto, bisognerebbe per davvero ricordare lo splendido
steccato ecumenico di un ovile incompiuto per pecorelle smarrite,
mandato di traverso sulla scalinata del Duomo in Piazza Martiri,
accanto alle cabine dell’Enel, appese al muro come se fossero
per davvero l’icona di Elettra sulla tomba di Agamennone (William
Blake).
Un déjà vu. Già visto o, per meglio dire, un déjà écouté; già sentito
su Teramani n° 37 del settembre 2007: la maledizione dell’eterno
secondo colpisce ancora per davvero! Un’ultima cosa: ma per
davvero hanno tolto di mezzo
quei fanali attorno al monumento, giù ai tigli? Per davvero.
I lampioni, che tu chiami fanali,
sono l’opera del design di Massimiliano & Doriana Fuksas. Il
Sistema Lavinia di Fuksas. Così
lo chiamano. E lo potrai trovare
sul catalogo de “i Guzzini”,
che prontamente Teramani
ha scaricato dalla rete, nel
febbraio 2008, e pubblicato un
articolo sull’argomento nel n°
42, intitolato: i tigli di Teramo
Est. D’altronde, così avrebbe
fatto qualunque contemporaneo, senza investire di compiti
onerosi Studi Professionali
Milanesi. I lampioni non ci sono
più. E il merito se l’è preso
un’associazione; una delle
tante che gravitano attorno a
quegli ambienti politici, che
fanno finta di alzare polveroni
per vendere poi, a caro prezzo,
i propri aspirapolvere. E, ai
Teramani, al solito, tanti “Pecorini & Porchette”.
Non te la prendere e, soprattutto, …non scriverlo sui muri. Dillo
a Teramani, il mensile che ti ascolta! (http://www.teramani.info/)
Per davvero? Sì, per davvero. E pure stavolta ci hanno imitato alla
grande: FAI – Fondo per l’Ambiente italiano… Non scriverlo sui
Muri - Contest Writer. Fai Writing Contest – Sabato 5 e Domenica 6 aprile 2008, Piazza Martiri della Libertà a Teramo. Prima
Edizione.
Linkare per credere: http: //www.faiteramo.org/
E vuoi vedere che adesso il merito se lo prende pure per davvero?! Scì, però fine a lu 14 d’aprile: peccà mo, se Die vo, se n’arparle fra cingu’anne …e ve lu dice une che manghe se ce caleve
Jase Criste da la croce ha stato maje de ‘ssa parrocchie o de che
‘lladdre che cummanne. u
l’oggetto del desiderio
I
La Coperta
di Pinus
l nostro viaggio prosegue oggi alla ricerca di un
minerale organico fra i più conosciuti al mondo. Lo
faremo navigando lungo le suggestive coste del
mar Baltico
L’oggetto del desiderio di questo nostro incontro è
l’Ambra. L’Ambra è una resina fossile, ossia un minerale organico costituito in gran parte di acido succinico:
la resina proviene da una conifera, Pinus Succinifera,
che era molto diffusa 50-70 milioni di anni fa nell’Europa settentrionale, lungo le costre del Mar Baltico. In
seguito agli spostamenti e alle sedimentazioni dell’era
glaciale l’ambra è stata depositata principalmente nella penisola
di Samland, nella Prussi Orientale. Qui si trovano i giacimenti più
importanti d’ambra, in particolare a Palmnicken: l’ambra si trova
depositata in uno strato d’argilla del terziario superiore, la cosiddetta terra blu che si estende fino al mare Baltico.
aprile 2008
di Carmine Goderecci di Oro e Argento
Viale Crucioli, 31/33 - Teramo
Giacimenti di ambra si trovano anche nella corta occidentale della
Danimarca, in Olanda, in Romania, in Sicilia, lungo il fiune Simieto,
da cui si estrae la Simetite, minerale di colore rosso violaceo, e
in Birmania (Birmite). Viene trovata anche negli Stati Uniti e in
Messico. Il colore dell’ambra va dalla tonalità giallo
chiaro al giallo oro, al giallo scuro, ma vi sono anche
esemplari rorossi e rosso marrone, talora molto
scuri. Le varietà che racchiudono resti di vegetali e di
animali fossilizzati, che vissero milioni di anni fa nelle
foreste di abete, hanno particolare valore. L’ambra
viene lavorata a cabochon o a sfere e adoperata per
anelli e collane. Sono stati trovati gioielli d’ambra di
migliaia di anni fa: già nell’età della pietra essa veniva
dalle coste del Baltico, lungo le vie del commercio
allora percorse, fino ai paesi più lontani, cosicché
ornamenti d’ambra sono stati trovati nelle tombe
antiche dell’Asia minore, dell’Italia, e della Grecia.
L’ambra brucia se viene esposta al calore di 300-350° C. L’ambra
viene anche chiamata succinte dal latino succinum = succo degli
alberi. I greci invece la chiamavano elektron e il termine elettricità
deriva dalla caratteristica che ha l’ambra di “caricarsi” e attirare
piccoli oggetti leggeri in seguito a sfregamento. u
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la montagna
Doriano
aprile 2008
Di Benedetto
Tra Speranze
e Proposte
C
ome in una scena di Apocalypse now, giungeranno
al tramonto, dentro un’enorme palla di fuoco grande
come un’arancia sullo sfondo, gli elicotteri che dovranno montare la nuova cabinovia a Prati di Tivo sul Gran Sasso.
Un’operazione quasi chirurgica per non scalfire la preziosa
flora del Parco, supportata da creature quasi fantascientifiche chiamate ragni, per via delle lunghe leve e di una certa
somiglianza con gli insetti che senza cingoli permetteranno
un’azione poco invasiva sul terreno. Se tutto andrà bene, il
prossimo giugno inizieranno i lavori
che poi termineranno il 15 dicembre.
Dunque, per la prossima stagione
invernale, la località montana potrà
contare su di una cabinovia nuova di
zecca, “un impianto misto”, accessibile
anche a disabili, con sedie da 4 persone
e da cabine da otto, con una portata
oraria di 1680 persone/ora.
Tutto ciò “per sviluppare il turismo della zona”, dichiara Doriano Di Benedetto. “Stiamo cercando di rialzare le sorti
della zona – ricorda l’amministratore
delegato della Gran Sasso Teramano –
gli alberghi stanno tornando a lavorare,
si è creato un interessante movimento
turistico, di riflesso l’occupazione ha
raggiunto buoni numeri.”. Fano Adriano
e Prato Selva, secondo una ricerca
della Cgil e secondo gli studi dell’ente
provinciale per il turismo, sono capofila
di una movimentazione che potrebbe
far sperare per il prossimo futuro.
Anche se c’è il risvolto della medaglia.
Con il rinnovo degli impianti di risalita, la società retta dal presidente Fernando Marsili conclude la sua mission, con la quale
si contemplava anche il miglioramento ambientale attraverso
il sistema di trasporto a fune.
Ora è la volta dei collegamenti viari: “Manca una strada che
unisca Prati di Tivo alla Vallata del Vomano oppure a quella del
Mavone, non c’è collegamento con l’A 24; si sta pensando ad
un trenino a cremagliera che dovrebbe interessare i comuni
di Fano Adriano, Pietracamela e Crognaleto, con l’intenzione,
durante il periodo invernale, di intercettare il flusso turistico
di Maurizio Di Biagio
che si registra a S. Gabriele”.
Mentre, per captare il fenomeno turistico lungo la nostra
costa, “bisogna fare come in Romagna”, travasando frotte di
visitatori dagli ombrelloni e dalle sdraio fino ai centri più rappresentativi dell’entroterra e della montagna, “come Campli,
Civitella ed Atri, solo per fare qualche esempio. Con il Comune
di Teramo che dovrebbe avere – e questa è una mezza tirata
d’orecchie – un ruolo più forte, propositivo e aggregante, perché senza operatori turistici importanti, le sinergie con gli enti
pubblici diventano a questo punto vitali”. Per Di Benedetto tutto dovrà essere messo a rete; i comuni si dovranno organizzare meglio all’interno di un percorso naturalistico-ambientaleenogastronomico condiviso: “Non si può predisporre la strada
dell’olio o dei vini se non esiste un minimo di coordinamento”.
Il rapporto dell’ex senatore per due legislature con la montagna è ancestrale, anzi lui lo definisce “viscerale”.
Padre sottoufficiale della Guardia di Finanza di Fano Adriano,
madre di Cesacastina, Di Benedetto si è diviso in gioventù tra
Lucca e Milano, tra studi ed impegni di imprenditoria commerciale dei suoi genitori. Tornato a casa nel 1968, ha cercato in
tutti i modi di risollevare le sorti della
nostra montagna “penalizzata dalla
politica industriale espressa dai vari
governi italiani che si sono succeduti”
ammette con disappunto. Rimanere
tra i monti ora è impensabile, si farebbe la fine del combattente giapponese
nella giungla, “non ci sono più medici
condotti, i giovani continuano ad andarsene, è difficile fare vita sociale, e
si ha più probabilità di morire d’infarto
a Fano Adriano che a Teramo”. Per di
più i trasporti pubblici sono insufficienti, “ma non è un attacco alle
agenzie regionali, è che in montagna
ci sono ad esempio tre comuni che
sommando arrivano a malapena a
contare duemila abitanti, di cui 500
sono residenti, allora perché non
consorziarsi per esprimere meglio le
proprie energie? Pensare che ci sono
sindaci ed assessori per un comune di
500 persone è aberrante, non abbiamo
più bisogno di campanilismi che sarebbero tra l’altro fuori luogo in questa fase storica”.
Non ci sono nemmeno i vigili urbani, e questo non si sa se un
bene o una iattura, però Doriano Di Benedetto rimarca queste
differenze con lancinante prostrazione. C’è il tentativo della
Provincia di Teramo di “benedire” il trasporto a chiamata ma
non è abbastanza per un territorio che dal 1970 vive ininterrottamente il fenomeno irreversibile dello spopolamento.
La montagna di Doriano presenta problemi insormontabili.
“Cerco di fare qualcosa” ammette a denti stretti, ma purtroppo
la lotta è improba. u
glorie teramane
Dale,
Marcozzi,
Machì
A
diversi mesi dalla scomparsa di
Nino Dale, maestro di blues e di
jazz, settori nei quali si è distinto
ed è ricordato, mi è capitato, scorrendo le
pagine del libro “Un canestro di Storia“,
di leggere che è stato negli 1939-1940,
campione di marcia. Ha primeggiato non
solo nelle corse locali ma ha conseguito
vittorie e classifiche onorevoli in gare
nazionali, vedi Saronno e Napoli, classifi-
candosi onorevolmente al settimo e al secondo posto. La guerra interruppe la sua
promettente carriera di marciatore; ferito
ad una gamba e ricoverato nell’ospedale
di Teramo fu costretto a dare l’addio allo
sport. Si dedicò allora alla musica, sua
passione principale; formò dei complessi
e per anni con successo si è fatto apprezzare in ogni parte d’Italia. Ha avviato alla
carriera musicale giovani promettenti
come Ivan Graziani, Marco Renzi ed altri.
Ho voluto curiosare nelle pagine del prof.
Carlo Eugeni, “Atletica leggera, protagonisti e risultati” per avere un quadro dei
marciatori teramani.
Nel tempo si sono succeduti a rappresentare la marcia moltissimi atleti in gare
locali, regionali e nazionali.
Il più prestigioso di questi atleti è stato
certamente Marcozzi Pasquale, il quale
nel 1959 ha conseguito il primato regionale con 48 minuti sulla distanza di 10
Km. Primato che è rimasto imbattuto per
diversi anni. Per questo primato Marcozzi
Pasquale fu convocato alla preselezione
olimpica del 1960, in vista delle olimpiadi
di Renato Tino
aprile 2008
dì Roma. Mi sono allora rivolto ai dirigenti
del Coni locale per saperne di più. Il prof.
Canaletti Italo, attuale presidente del
Coni, mi ha messo in contatto telefonico
con Marcozzi Pasquale e dalla sua viva
voce ho appreso che suo allenatore,
negli anni in cui
conseguì il primato, fu Nino
Dale. Con le novità apportate
dal suo nuovo
allenatore che
modificò la
sua tecnica di
preparazione,
Marcozzi è
passato dal
tempo di 54’8”
› Pasquale Marcozzi (a sinistra) e E. Imbastaro
che gli valse il
Pellegrini
terzo posto nel 1955, al tempo di 48’ nel
1959 con cui conquistò il titolo abruzzese.
Onore quindi a Marcozzi Pasquale ma
onore anche a Nino Dale suo allenatore.
Il duo Marcozzi - Dale
ha permesso l’aggancio
alla gloriosa tradizione
della marcia teramana,
inaugurata da Oreste
Machì che fu campione
abruzzese nel 1933 sulla
distanza di 25 Km. e che
partecipò alla Stramilano, gara sui 100 Km
› Oreste Machì
negli 1934-35-36 conquistandovi rispettivamente il dodicesimo,
l’ottavo e il sesto posto. L’undici marzo del
2008 Oreste Machì ha compiuto 98 anni
ed è in buona salute. A lui vadano i nostri
auguri di buon compleanno. u
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l’intervista
14
Maria
Antonietta
Adorante
vincitrice nel 2004
e nel 2007 del premio
Antiqua Architectura
N
ell’isola di Manhattan, precisamente a West Side (New York
City), si respira l’aria pura, vivificatrice e innovativa del genio
italiano in quell’atmosfera di transizione in cui convivono il
vecchio e il nuovo magistralmente interpretati da ottimismo e qualità.
Ambienti fluidi e continui come gli spazi del celebre film “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick. Qui il mondo esterno irrompe improvviso dalle finestre che inquadrano squarci di edifici, tetti, grattacieli
e ambienti fluviali. Un motivo in più per
visitare New York sia per l’apertura
del complesso residenziale più chic di
Manhattan grazie al lavoro dell’architetto e fisico nucleare Maria Antonietta
Adorante di Teramo, sia per l’inaugurazione nel 2012 dell’avveniristica “Freedom Tower” (1.776
piedi), una delle sei torri (www.
earthcam.com/usa/newyork/
groundzero/) del nuovo Skyline della Grande Mela.
Arch. Maria Antonietta
Adorante, ci descriva la sua
attività a New York.
“Negli Stati Uniti ho
avuto modo di conoscere alcuni tra i più importanti costruttori americani: a seguito della mia attività di ricerca nel campo
della storia dell’architettura religiosa e conventuale, ho
stabilito relazioni con prestigiose università e importanti enti
privati come la Fondazione Kaufman. Che nel 2004 e nel 2007
mi ha attribuito il premio Antiqua Architectura per il miglior
lavoro di ricerca. Ho conosciuto importanti studi di architettura americani: uno per tutti, lo studio di F.O. Gehry. Con una
serie di collaborazioni che mai avrei immaginato di poter
avere a Cleveland, Pittsburgh e Los Angeles. Il mio lavoro a
New York è frutto e conseguenza di un rapporto professionale mio personale, senza mediazioni o collaborazioni con altri
studi d’architettura”.
Ce ne parli, di che cosa si tratta?
“Si tratta di una serie di vecchi magazzini portuali in West
Side sulla riva del fiume Hudson che un costruttore ha rile› Lavori a West Side (NY)
aprile 2008
di Nicola Facciolini
vato per trasformarli in “loft” di lusso. West Side diventerà uno dei
quartieri più chic di Manhattan: si stanno investendo molte risorse
in questa zona bellissima. La richiesta era di progettare loft, servizi
e spazi di aggregazione estremamente rifiniti. E tanto per smentire
il solito luogo comune per cui le lauree italiane sono meno qualificate di quelle prese nelle università straniere, voglio ricordare
che il committente del lavoro voleva a tutti i costi un architetto con
laurea italiana.
Come ha progettato questi spazi?
“Ho cercato di interpretare al meglio le aspettative e le richieste
della committenza ma ho voluto conservare, pur nel cambiamento
di funzioni e nell’inevitabile mutamento distributivo, il carattere
originario degli edifici. Ho mantenuto i mattoni rossi delle facciate
riproponendoli all’interno, gli infissi metallici e le ampie aperture.
Ho voluto mantenere il rapporto immediato con l’ambiente fluviale
lasciando quasi intatte le ampie vetrate. I loft sono suddivisi in 8
tipologie diverse. Per tutti sono stati utilizzati materiali italiani: marmi, cotto e, per gli arredi, design italiano. Gli edifici comprendono
oltre ai loft ad uso abitativo o studio, anche una sala per conferenze,
concerti o mostre, un
ristorante, un bar ed una
boutique. L’atrio comune
ai loft ha un’intera parete
a vetri decorati, per i quali il committente mi ha
chiesto di rivolgermi ad
artigiani italiani, magari
abruzzesi.
Ha collaborato con un
gruppo di colleghi americani per il concorso su
“Ground Zero”?
“Si, con il gruppo U.A., ed è stata un’esperienza assai coinvolgente. Mettersi dinanzi a quel
drammatico squarcio urbano dell’11 settembre,
ancora annerito dal fumo, e chiedersi: cosa
fare? E’ stata per tutti l’occasione di confrontarsi
con una realtà inquietante e, credo, forse anche
per i più grandi (c’erano Meier e Foster) l’occasione per sentirsi inadeguati. La partecipazione
era soprattutto nel segno della memoria e del
ricordo, un tentativo doveroso di confrontarsi
con quel luogo in modo da consegnarlo alla Storia nel modo più degno. Nel 2012 ci saremo con una nutrita rappresentanza teramana”.
Come fa a dividersi tra Teramo e New York?
“Viaggio spesso: non mi pesa affatto. E poi con internet, le mail, le
videoconferenze le distanze non esistono davvero più. L’architettura italiana celebra la rinascita di New York, metropoli del terzo
millennio che non avrà nulla da invidiare alle altrettanto magiche
megalopoli dell’Oriente. A West Side tutto si ispira al quartiere,
metabolizzandolo con eleganza in spazi totalmente trasparenti,
sensibili ai segnali del contemporaneo, capaci di intercettarli, interpretarli e restituirli sotto forma di nuovi stimoli”. Qui tutto è pronto,
grazie anche al genio italiano, a raccontare un mondo frastagliato e
affascinante. Buon lavoro! u
musica
aprile 2008
I Grampasso
P
arlare di una cover band (per i
meno avvezzi, uno di quei gruppi
che suona pezzi di altri musicisti)
non è mai facile. Vuoi per l’inevitabile
confronto con gli originali, vuoi per una
sorta di immancabile timore nel gettare
nella mischia un tocco di personalità che
può rendere ancor più appetibile un pezzo
già famoso.
I Grampasso si sottraggono alle (eventuali) critiche scegliendo un repertorio non
proprio facile ma decisamente stimolante.
Cinque pezzi per cominciare che spaziano dai Kinks (eh, alla beata gioventù
incosciente si può perdonare la svista...
benedetti ragazzi... “You Really Got Me”...)
a Santo Jimi, da Gary Moore a Stevie Ray
Vaughan per arrivare a Mr. Big (addirittura!). Come detto,
“You Really Got Me” dei Kinks apre le danze e l’inconfondibile
riff da “British Invasion” di fratello Davies alza immediata-
di Nick Molise
mente la temperatura con il quartetto che parte subito in
quarta mentre la hendrixiana “Fire”, a seguire, tiene sulla
corda. Posso permettermi una tiratina di
orecchie? Levigate qualche spigolatura
un po’ troppo heavy e fatemi sapere! Ma
la sorpresa non tarda ad arrivare... La
uno-due “My Baby” (Gary Moore)-“Tell
Me” (il mai troppo rimpianto Stevie Ray)
ci mostra il lato migliore dei Grampasso.
È come se i Double Trouble si materializzassero improvvisamente nella stanza.
Torrido blues, sporco e intossicato da
una robusta sezione ritmica che sostiene
la chitarra di Fabio Iachini. Chiude “The
Whole World Is Gonna Know” dei Mr.
Big, per raffreddare gli animi dopo tanto
sudore.
Fossi nei ragazzi, mi concentrerei sul
lato A delle loro cover, perchè quando
suonano blues i Grampasso convincono
e non disdegnerei nemmeno l’audacia di
provare qualcosa di personale. Anche se... Ma volete mettere
Aragorn che balla sui tavoli di una locanda della Contea sulle
note di Stevie Ray Vaughan? u
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redazionale
AgriService
2
007: esistiamo
Oggi abbiamo la conferma che i consumatori ci hanno
capito ed accettato. In migliaia hanno riscoperto il
piacere di mangiare solo cibi freschi di giornata e quindi prodotti
provenienti dal nostro territorio.
Idea Agri Service: “noi siamo quello che mangiamo”
Agri Service non è un supermercato, non è un centro
commerciale né un ingrosso. Agri Service è una vera e propria
Fattoria: il luogo di incontro tra Consumatore e Mondo Agricolo.
Da Agri Service si fa una spesa
che riporta alla tradizione
contadina, una spesa che
difende la nostra agricoltura
e soprattutto è fatta da
consumatori che vogliono essere
informati sulla qualità di ciò che
mangiano e la provenienza di
pasta, carne, formaggi, salumi…
Bisogna arrivare al diritto
di visionare una “carta
dell’alimentazione”, grazie alla
quale si sia in grado di scegliere
tra ciò che ci viene offerto.
Con Agri Service non avrai mai
dubbi!
I nostri prodotti
Ciò che accomuna noi agricoltori
è l’amore per la terra in cui
siamo nati e in cui vogliamo
continuare a vivere.
La natura ha tempi che vanno
rispettati: esiste l’alternanza di
frutta e verdura, il tempo delle
fragole e quello delle ciliegie, dei
cocomeri e dei meloni e lo stesso
discorso vale per le verdure.
I prodotti della Fattoria Agri
Service, coltivati per la maggior parte in regime biologico,
provengono dalle nostre aziende agricole, tutte vicine alla
Fattoria. Garantiamo ogni giorno la freschezza di frutta e verdura
appena raccolte, il gusto del latte munto appena qualche ora
prima e sempre disponibile nei nostri numerosi distributori
dislocati nella provincia, e poi trasformato in yogurt, formaggi e
latticini vari.
La nostra pasta è artigianale, fatta con la trafila ruvida circolare
in bronzo ed essiccata lentamente e a bassa temperatura.
La nostra carne proviene da animali sani, nati e cresciuti
nelle nostre aziende e alimentati con granaglie
coltivate nelle nostre colline.
E ancora salumi, olio e vino, uova, farine,
miele, confetture, ventricina e salsicce
sott’olio e sotto strutto e tanti altri
aprile 2008
prodotti
provenienti
dalle aziende
associate, tutte
in provincia di
Teramo.
La Tracciabilità:
nome e
cognome del
produttore.
L’unicità dei
nostri prodotti
sta nel fatto che il consumatore conosce nome e cognome
dell’agricoltore o dell’allevatore, ma c’è di più… Tutti possono
visitare le nostre aziende agricole e vivere le varie fasi
produttive.
La nostra aula didattica
All’interno della Fattoria Agri Service, esiste l’aula didattica nella
quale si svolgono incontri con le scolaresche, con i ristoratori e
con chiunque voglia conoscerci.
Il latte appena munto
“Ma voi siete quelli della mucca?”, è la domanda che ci rivolgono
quando entrano per la prima volta nella nostra Fattoria.
La certificazione di “latte di alta qualità” rilasciata dalle autorità
sanitarie ci permette di portare sulla tavola dei teramani, ogni
giorno, questo alimento crudo: appena munto!
Il freddo è il solo sistema di conservazione della latte Agri
Service, sistema che lascia inalterate le sue proprietà
organolettiche e nutrizionali.
Il nostro desiderio
Noi teniamo molto alla fiducia di chi ci conosce e ottenere
quella di chi viene a trovarci per la prima volta. Scegliere Agri
Service vuol dire mangiare in modo sano e corretto ed evitare
la scomparsa del nostro prodotto locale. Ciò ci permetterà di
non essere costretti a mangiare in futuro prodotti provenienti
da migliaia e migliaia di chilometri. u
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handicap e società
aprile 2008
Una Famiglia
Chiamata
Associazione
“A
iutaci ad aiutare” è da sempre lo slogan che contraddistingue le iniziative di raccolta fondi della Fondazione Anffas Onlus Teramo. A pronunciarlo è un’associazione di famiglie che, 50 anni fa, hanno deciso di unire le proprie
forze per colmare quei vuoti tipici
del sentiero di una vita, soprattutto
quando la strada battuta è proprio
quella percorsa da un disabile. Una
famiglia è sempre una famiglia:
spalla e punto di riferimento di
ognuno di noi, che prima di essere
uomo e genitore è stato figlio a
sua volta, con tutte le difficoltà e le
“montagne” tipiche di chi, per sua
natura, non ha ancora costruito lo
scudo dell’esperienza. Per ciò che
siamo e per ciò che siamo stati,
ecco dunque che una mamma e
un papà vedono nascere in essi
quell’istinto chiamato amore, che
si riversa sul proprio figlio in cure
e protezione.
Il XXI secolo non è soltanto l’epoca nella quale tradizioni antiche
entrano in crisi: il XXI secolo è anche l’epoca nella quale ogni
famiglia in cui è presente un diversamente abile è chiamata a
sopperire alla fine dello stato assistenziale e a rimboccarsi le
maniche per aiutare, naturalmente e con amore, chi fa parte
della nostra vita e di noi stessi. Questo aiuto si traduce in una
famiglia più grande chiamata “associazione”, che lavora in
nome di ragazzi speciali e che si pone a disposizione di tutti
coloro che, per motivazioni più grandi della nostra umana
comprensione, possono d’improvviso trovarsi a un bivio difficile
della propria esperienza di genitore. Questo aiuto si dipana in
numerose strade che prendono quotidianamente il nome di
“servizi alla disabilità”.
Convinti che il bisogno espresso da chi affronta in prima persona una difficoltà non sia mai una richiesta secondaria, proprio
alle famiglie dei diversamente abili è perciò lasciato il margine
decisionale riferito alla creazione di strutture che sostengano
loro stessi e i propri figli e alle modalità di reperimento di quei
fondi essenziali per poterle gestire nel modo migliore possibile.
La bomboniera solidale è soltanto uno dei modi con i quali la
società può essere, a suo modo, di aiuto a questa realtà, a volte
lontana eppure, allo stesso tempo, così vicina a noi. Ognuna di
queste iniziative vuole, però, porsi agli occhi dei più come libera
di Ercole D’Annunzio
Pres. Fondazione Anffas Onlus Teramo
scelta o atto di “rinuncia”: che si decida di destinare il proprio
5xmille ad un’associazione, che si scelga di spendere il proprio
tempo libero nel volontariato o che si utilizzi il proprio denaro
per acquistare delle bomboniere solidali, si tratta di una libera
volontà che non vuole sostituirsi o ancor peggio imporsi a tutto
ciò che quello che gli economisti chiamano “libero mercato”
offre. La “gioia di donare” ha mille sfaccettature, esattamente
come accade per la personalità umana che esprime la propria
solidarietà e, soprattutto, le proprie preferenze in mille modi
diversi e in modo del tutto personale. Come sosteneva anche
Pierre Corneille, “la maniera di dare val di più di ciò che si dà”.
Riteniamo inoltre doveroso sottolineare che il motore alla
base delle attività commerciali è, secondo la nostra opinione,
profondamente differente rispetto a ciò che è l’obiettivo di una
associazione onlus. Al di là dei
benefici o dei problemi economici che delle scelte individuali
possono comportare, le iniziative
di raccolta fondi sono innanzitutto
volte a sensibilizzare la società
civile per portarla a conoscenza
dell’esistenza di vite completamente estranee, tanto per fare
un esempio, a quell’aspetto così
fondamentale com’è l’inserimento lavorativo. Una bomboniera
solidale muta in questo modo la
propria veste. Essa non si sostituisce sul mercato alla bomboniera
tradizionale, poiché è solo nella
mente degli individui che assume
forma secondo la propria libera e intoccabile opinione. In
secondo luogo, la bomboniera solidale non mira a porsi come
ostacolo ma a offrire anche ad altri, come ogni famiglia farebbe
con i propri figli, le possibilità che ognuno di noi ha il diritto di
anelare. Il significato della vera rinuncia è custodito dentro noi
stessi. Che si tratti del gratuito 5xmille o dell’acquisto di una
bomboniera con
cui condividere un
atto di
solidarietà con
i propri
cari.
L’importante
è che
la vera
rinuncia
si traduca
in un
gesto
d’amore.
il fumetto di Teramani
soggetto, testo e disegni di Mimmo Polovineo
8
9
il seguito al prossimo numero
turismo di casa nostra
aprile 2008
Tanto Bit,
ma… nessuno
apr!
G
rande risalto è stato dato dai media locali alla partecipazione della nostra cara e bella regione Abruzzo alla BIT,
la borsa internazionale del turismo.
Così, con grandi squilli di tromba, a spese del malcapitato
contribuente, il quale rivedrà con gl’interessi - e col binocolo - i
suoi soldi investiti in questa grande fiera milanese, una folta
delegazione si è
spostata in massa
presso il capoluogo
lombardo.
A tanta superba
enfasi non corrispondono però
altrettanti supremi
risultati; a chi
volesse giustamente affermare
che i nostri mari e
monti sono meta di
turismo, qualcuno
potrebbe obiettare - non a torto - che tale flusso non è altro, per
almeno l’80%, che un ritorno di gente originaria del posto.
Tuttavia, con la trasferta milanese, abbiamo messo in mostra il
nostro mare non troppo limpido, le nostre montagne montanare
e poco altro, visto che TG e stampa nazionali hanno parlato sì
della BIT riguardo Capri, Piemonte, Lombardia, la nostra vicina
Puglia “sponsorizzata” dal grande Renzo Arbore…ma di Abruzzo
nemmeno l’ombra.
Non c’è da stupirsi ed il tema è fritto e rifritto: non siamo conosciuti, non riusciamo a conquistare fette di mercato e nemmeno
offriamo di più sul piano dei servizi.
A Rimini, sulla spiaggia, ci sono tantissimi giochi per bambini altro che due altalene sgangherate… - e spesso si trova anche
una nursery senza pagare (una ragazza a mo’ di baby-sitter che
sorveglia i pargoli), le docce calde sono gratuite e via dicendo.
Stessa cosa a Viareggio, dove ho visto noleggi di bici a bassissimo costo, lettini con annesso spruzzo di crema solare e pedalò
di ultima invenzione che qui arriveranno chissà quando, seppure
arriveranno.
Nella costosissima Roma, in un bar semi-centrale, ho pagato un
cornetto ed un thè caldo 1.80 euro, a Giulianova 2,20!
Premettendo che i prezzi degli alberghi italiani sono i più elevati
d’Europa, i costi dei pernottamenti e ristoranti abruzzesi sono
mediamente più alti che nel resto d’Italia : davvero un bel
di Ivan Di Nino
biglietto da visita.
Cosa dire poi del cosiddetto “turismo culturale” : qualcuno
fuori regione conosce Castelli e le sue ceramiche? Oltre il
celebratissimo D’Annunzio, chi ricorda l’immenso ed argutissimo Ennio Flaiano, che solo negli ultimi anni si sta tentando
goffamente di recuperare?
Non parliamo poi della pigra e deterrente accoglienza che
viene riservata ai testardi che – chissà per quale strano gioco
del destino – hanno l’infelice idea di soggiornare nella nostra
terra, forse un tempo forte, non più tanto gentile.
Tutto questo - lo dico da terramà… - è davvero un immenso
peccato: in buona parte della nostra regione, sia nel teramano
che nel pescarese - e nel chietino c’è la Maiella - si vede verso
ovest il “gigante che dorme”, poi basta girarsi ad est e vedere
il mare!
In altri posti hanno il mare e basta, le dolomiti sono sì splendide, ma quando dico ai miei amici trentini da dove vengo mi
rispondono tutti : “ Ah, beato te, il mare e la montagna a venti
minuti da casa…”. Già…
E’ pur vero che il turismo, vista la crisi, fa registrare nettissimi cali di presenze dovunque; tuttavia ragionare col metodo
“mal comune, mezzo gaudio” sembra un po’ come il generale
William Westmoreland ai tempi del Vietnam, che sbandierava
le perdite del nemico mentre gli USA erano incapaci di contrastare la guerriglia che si combatteva – e perdeva – nella fitta
boscaglia.
Qualcuno l’anno scorso ha tuonato dicendo: “E’ giunta l’ora di
sprovincializzare il turismo in Abruzzo!”. Ovviamente, in molti
non sono d’accordo: andava fatto trent’anni fa.
Però un grande passo avanti è stato compiuto: quest’anno i nostri,
per lo meno in televisione, hanno evitato di farci vedere il solito
quadretto delle finte campagnole con le conche in testa! u
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lettere dai Caraibi
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Lu Magnà
I
n effetti bisogna dire che mai sono stato un super intenditore della buona cucina, non sono un critico dei sapori
raffinati, uno da …retrogusto, uno che distingue perfettamente quali spezie danno il sapore ad un condimento. Quando
sono in Italia mi chiedo sempre chi sarà colui che si sintonizza
sul canale satellitare Rai Gambero rosso. Però mangio. E mi
piace mangiare bene
secondo i miei canoni,
bere no (sono uno dei
pochi astemi a calcare la
terra cubana), ma se mi
trovo in una tavola con le
pietanze che preferisco
spazzolo il più possibile.
C’è da sottolineare poi che
poche cucine al mondo
possono competere con
quella teramana e quindi
se non sono obeso lo devo esclusivamente al fatto che cerco di
fare molto movimento. A Cuba mi sono da sempre trovato bene
a tavola. Hanno una cucina semplice sia nei piatti principali
che nei condimenti ma sicuramente gradevole. Forse un po’
ripetitiva ma migliore di altri posti, anche europei. Imperatori
assoluti della tavola cubana sono le carni del maiale e del pollo. Quasi ovunque per strada ci sono carretti che vendono “pan
con lechon” una sorta di panino con la porchetta (forse distante
anni luce dalla versione camplese). Qui la carne del maiale la
cucinano in vari modi visto che non la possono insaccare, per
via del caldo presumo, come facciamo noi con le lonze, le salsicce ed i salamini. Quindi il maiale lo ammazzano e lo fanno
arrosto!!! Il pollo è un altro mostro sacro della tavola cubana,
fritto o arrosto che sia. Le crocchette si vendono in strada
nei chioschetti chiamati “Pollo Di Tu” ma il pollo più famoso
di Cuba è quello arrosto cucinato in un famoso locale della
capitale: El Aljibe. Questo ristorante ha come specialità della
casa un arrosto con una salsa molto saporita ed altrettanto
segreta. I vari cuochi che si sono succeduti nella conduzione
delle cucine si guardano bene dal rivelare non tanto il metodo
di cottura quanto la salsa di pollo che viene utilizzata anche nel
riso e fagioli neri che accompagna il piatto principale. Chi viene
all’Avana non può non assaporare la specialità della casa di El
Aljibe.
Tra le carni più consumate non figura sicuramente la carne di
manzo che può essere venduta solo dallo Stato e che ha prezzi
troppo alti per un cubano medio… L’ambìto bovino a Cuba è di
proprietà statale e non può essere abbattuto senza l’autorizzazione delle autorità competenti. Chi viene colto a uccidere i
ruminanti statali rischia fino a 10 anni di carcere (fino a poco
tempo fa’ gli anni di reclusione erano oltre 20). Esistono milioni
aprile 2008
di Francesco Pellecchia
[email protected]
di aneddoti che si raccontano a Cuba sull’importanza delle
vacche, alcuni anche divertenti anche se in queste storie più
di qualcosa lascia spazio ad ampie riflessioni….
Tornando alla tavola direi che la “comida” cubana è formata
dal piatto forte: carne, pesce (in realtà non molto comune
considerando che siamo su un’isola), accompagnato dall’onnipresente riso fatto in mille modi e da insalate. Il riso è il
cereale di gran lunga più consumato dai cubani e spesso è
mischiato con i fagioli neri o colorati. Il congrì è un mix di riso
e fagioli cucinati con spezie varie e cotenna di maiale (i famosi chicharrones) oppure altra variante specie nella capitale è
il riso bianco con una zuppa di fagioli neri: io ci vado pazzo…
in mancanza del tartufo di Alba. Nei ristoranti statali (in quelli
privati è vietatissimo) si possono mangiare anche aragoste
e gamberoni che personalmente non apprezzo molto ma
che molti turisti preferiscono al classico pesce. Questi piatti,
come pure la succitata carne di manzo o il pesce più pregiato
(come il pargo) sono irraggiungibili per le tasche quasi vuote
dei cubani la cui alimentazione è dettata in gran parte dal
cibo che lo Stato assegna loro attraverso la famosa “libreta”,
altro mito di queste terre.
Hasta la proxima u
convegni
La Salute Viene
I
Mangiando
l giorno 10 maggio 2008, dalle ore 9,30 alle ore 13,30,
presso la Sala Polifunzionale della Provincia di Teramo,
organizzato dal Comitato Salute e Ambiente in collaborazione con Provincia e Comune di Teramo, si terrà un convegno
“La Salute viene mangiando”, sulle tematiche nutritive. Nel
Convegno di Studi si svilupperanno argomenti sulla prevenzione dei tumori, sulle corrette abitudini alimentari e sulla
qualità dei nutrienti.
L’iniziativa prenderà l’avvio con la proiezione di un documentario della Regione denominato “I Protagonisti” che ha
coinvolto nella città di Teramo il Centro Giochi Atelier, la
Scuola dell’Infanzia Comunale “V.Emanuele II” e le Scuole
cittadine: Scuola primaria “Risorgimento”, Istituto Comprensivo D’Alessandro, Scuola secondaria di 1° “Zippilli” insieme
agli alunni, ai genitori, ai cittadini e al Comitato Salute e Ambiente di Teramo e di Roma. Il documentario realizzato dalla
regista Dott.ssa Maria Grazia Liguori in collaborazione con
la Direttrice Scolastica e Psicopedagogista Dott.ssa Floriana
Ferrari è stato incentrato sul Progetto Pedagogico “ Nutrilandia”, promosso dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione ed in
aprile 2008
di Floriana Ferrari
particolare dal Dott. Furio Cugnini Dirigente del VI Settore del
Comune di Teramo. Tutti “I Protagonisti” si sono impegnati a
sensibilizzare famiglie e cittadini alla conoscenza dei principi
di una corretta alimentazione e alla rivalutazione della nostra
dieta mediterranea, fonte ed energia per la vita.
Quest’anno gli alunni delle scuole stanno continuando i percorsi didattici su queste tematiche, apprendendo l’importanza
delle sostanze nutritive fondamentali per la nostra salute:
acqua, sali minerali, proteine, vitamine, carboidrati e grassi.
Nutrienti da ingerire in dosi equilibrate, in quanto è necessario mangiare un po’ di tutto per mantenersi sani, ma soprattutto valorizzare nella dieta la presenza di frutta e verdura.
Nel programma del Convegno ci sarà la relazione della Dott.
ssa Narcisa De Vincentiis, Specialista in medicina nucleare
ed endocrinologia, Dirigente medico dell’Unità Operativa di
Medicina Nucleare, che parlerà di Obesità: una malattia del
benessere e consiglierà alunni e cittadini a ben alimentarsi.
La Dott.ssa Elisabetta Di Giannatale, Microbiologo, Responsabile del Reparto di Batteriologia e Igiene delle produzioni
Lattiero-Casearie dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e Molise “G. Caporale”, relazionerà sulla
Sicurezza degli alimenti e illustrerà la responsabilità di chi è
demandato all’effettuazione dei controlli. La manifestazione
si concluderà con la Presentazione dei Prodotti Alimentari:
Olio-Formaggio-Miele del Caseificio Fratelli De Remigis e
dell’Azienda Agricola Di Marco Ivan - Produzione Olio. u
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dura lex sed lex
a cura di
aprile 2008
Dove vai in
vacanza?
L
a prossima estate vorrei recarmi su un isola caraibica. In
quale misura il turista è tutelato per eventuali inadempienze riscontrate durante la vacanza rispetto al pacchetto
turistico. Esiste la possibilità di ottenere un
rimborso, laddove la promessa vacanza da
sogno si riveli invece un incubo?”
Il quesito proposto dal lettore apre due
interessanti temi: il primo concernente i
diritti per il consumatore - turista, e dunque
i correlativi obblighi dell’organizzatore e del
venditore; il secondo il risarcimento danni da
vacanza rovinata.
Va detto, innanzitutto, che la materia dei
viaggi e vacanze è stata regolamentata in
ambito europeo dalla Direttiva comunitaria del 13 giugno 1990 n.
314, recepita dall’Italia con il d.l.vo 17 marzo 1995 n.111. Tale decreto
è stato poi successivamente abrogato dal d.l.vo 6 settembre 2005
n. 206 (cosiddetto codice del consumo) che ha sostituito le norme
previste dal d.l.vo 111/ 1995.
Ciò premesso, va ricordato che l’art. 14 d.l.vo 111 / 1995, trasfuso
nell’attuale art. 93 d.l.vo 206/ 2005 prevede, per il mancato o
inesatto inadempimento
delle obbligazioni assunte
con la vendita del pacchetto turistico, la responsabilità dell’organizzatore
e del venditore, che sono
tenuti al risarcimento del
danno, secondo le rispetdi Luigi Pardo
tive responsabilità, se non
provano che il mancato
Il vero guaio di quella “certa età”
o inesatto adempimento
si chiama “legge della gravità”.
è stato determinato da
La pelle divien pendula dovunque
sia per i magri che per chi è più pingue.
impossibilità della prestazione derivante da causa
E nascono così i chirurghi estetici
a loro non imputabile. Nel
dai quali vanno, ahimé, pure i politici,
decreto 206 / 2005, che
nella speranza di sembrare giovani
l’aspirante turista farebbe
davanti a telecamere e microfoni.
meglio a visionare, sono
espressamente indicate
S’aiutano con creme e con ceroni,
trapiantano i capelli e i padiglioni
le norme sul diritto di
dei grandi orecchi tirano all’insù
informazione del viaggio,
e le palpebre ritagliano più giù!
il diritto di recesso, le
responsabilità del vendiPer loro soluzione ve n’è una:
tore e del tour operator,
andassero a…migrare…sulla luna
i
termini per sollevare
dove la forza gravitazionale
è molto lieve: potranno anche volare!
Le Leggi
della Fisica
Amilcare Laurìa ed Elvio Fortuna
avvocati associati
contestazioni e reclami.
Sull’eventuale danno da vacanza rovinata, concetto ancora
non univoco in giurisprudenza, osserviamo quanto segue. Tale
pregiudizio andrebbe ricollegato a quel disagio o afflizione subiti
dal turista per non aver potuto godere pienamente della vacanza
come occasione di svago o riposo. Questo è, peraltro, il principio
espresso dalla Corte di Giustizia europea, con la decisione 12
marzo 2002 n. 168, e che, anche per ragioni di equa concorrenza
tra le imprese turistiche europee, potrebbe essere recepito dai
giudici italiani. Va detto che la casistica è sterminata: si va dal
cliente deluso che ha chiesto un risarcimento, negato dal giudice
(Giudice di pace di Polla 16 settembre 2005),
per non aver incontrato l’anima gemella,
al turista che, beffato dal fenomeno della
bassa marea è stato risarcito (Pretura
di Roma 11 dicembre 1996) per non aver
potuto svolgere sport acquatici. In ogni
caso, possiamo affermare che in giurisprudenza il disagio va ancorato a circostanze
oggettive e, pertanto, non può dipendere
da una scarsa capacità di adattamento del
turista. Trova, perciò, decisiva importanza, quale elemento costitutivo del diritto
al risarcimento, la mancata rispondenza nei termini essenziali
della qualità degli elementi fondamentali della vacanza rispetto
a quella promessa. Per non incorrere in decadenze dal diritto di
risarcimento è di fondamentale importanza inviare la richiesta
(con lettera raccomandata a.r.) al tour operator e al venditore
entro dieci giorni dal rientro dalla “vacanza” .
Per concludere si deve accennare al problema, piuttosto frequente nei nostri aeroporti e non solo, dello smarrimento del bagaglio.
L’art. 2 della L. 22 agosto 1985 n. 450, che disciplina il risarcimento del bagaglio che viaggia a seguito della persona per responsabilità del vettore, non può essere superiore a quanto stabilito per
il trasposto marittimo ed aereo dalla legge 16 aprile 1954 n. 202,
cioè a € 6,20 per ogni chilogrammo, a prescindere dall’oggettivo
valore commerciale contenuto, o della maggior cifra risultante
dalla dichiarazione del viaggiatore per il bagaglio registrato.
Dunque, consigliamo di non portare capi costosi oppure di seguire i consigli dell’indimenticabile Fantozzi rag. Ugo che, dovendo
accompagnare il duca conte Semenzara a giocare alla “ roulotte”,
preferiva indossare su di sé tutti i ricambi. u
l’opinione
aprile 2008
“Si”
L’Apocalisse
è già cominciata
“S
i” mi rispose un accreditato tecnico di smaltimento
dei rifiuti, quando gli chiesi se dunque, alla fine, il
destino di tutta l’umanità era quello di camminare,
prima o poi, su di uno sconfinato tappeto di discariche, senza
soluzione di continuità. «Si» fu la risposta appunto, sintetica ed
inequivocabile. Ma le discariche malauguratamente si esauriscono
(sempre troppo presto). Ma “si coprono, si bonificano”, diceva lui,
“si possono piantumare e possono diventare ambienti più belli di
prima”. Ed in fondo a lui non sembrava un dramma.
Ma a me sì.
Perché questo dissennato consumismo, questa
cultura delle soluzioni a gettone, questo falso
mito delle produzioni a catena di qualsiasi cosa,
comprese le “bonifiche”, ha portato un po’ tutti,
ma sicuramente una grossa maggioranza, a dimenticare, nella bellezza del vivere, il ruolo del
“caso” (per chi non crede nella “personalizzazione” delle entità extraumane, ma sarebbe già
meglio dire “il ruolo della natura”, o addirittura,
come faccio io, “il ruolo di un «Padreterno»
pensato e creduto come più vi piace”).
E’ falsa ed assurda la tesi che, una volta trovato il modello accettabile, non ci vuole niente a produrlo in milioni di copie, tutte belle
e… sostitutive dell’originale. E’ stato così che qualcuno si è messo
a sostenere che si poteva scavare il Pincio a Roma, la Fortezza
da Basso a Firenze, Sant’Ambrogio a Milano; e, perché no, piazza
Dante e colle Viola (l’Ospedale per intendersi) a Teramo. Tanto una
bella scenografia hollywoodiana (se di cartone o di plastica non
conta; ma speriamo almeno che sia di vivaio!) è più che sufficiente
per accontentare l’occhio di quei rompipalle degli ambientalisti. E
si ragiona così, per esempio, ormai da decenni per le querce; “ce
ne piantiamo un’altra!” è per loro la soluzione. Senza minima-
Note linguistiche
I verbi
fraseologici
C
di
Maria Gabriella
Di Flaviano
ari lettori,
torno a soffermarmi sui verbi e in modo particolare su
quelli “fraseologici”.
I verbi fraseologici consentono a chi parla o a chi scrive a dare
una coloritura particolare all’espressione; essi, cioè, cooperano
non poco a personalizzare la lingua che usiamo! Ad esempio,
se diciamo: “Stasera non mi sento di andare al cinema”, anzi-
di Peppino Scarselli
mente riflettere che quella abbattuta era opera di un misterioso
Michelangelo che in silenzio ha lavorato per secoli o addirittura
per millenni, per farla bella quanto nemmeno Buonaroti avrebbe
saputo fare, e soprattutto viva, come lui non avrebbe potuto fare
mai. Manco a pensare che quella quercia era quasi persona,
testimone muto, ma autorevole delle storie, delle passioni (amori
ed odii) dei nostri avi più antichi. Era storia essa stessa, non
scritta ma viva. Così cadde, nonostante gli sforzi di Mimì D’Antonio
assessore, e miei, cittadino semplice, quella che ancora chiamo
“la quercia dellOspedale” e stava più o meno al posto dell’attuale
(bruttina) statua di Padre Pio. E si salvò invece, per merito di Gianni Pirocchi, quella “dei semafori” su via De Gasperi, già aggredita
dalle rombanti motoseghe.
Tutto questo per fare posto alle automobili (fino a sette/ottocento
ogni mille abitanti!), ferme per lo più, con le quali pretendiamo di
andare al gabinetto, a prendere un caffé o addirittura a spasso;
e che in cambio ci ubriacano (di colesterolo intanto per accontentare la nostra pigrizia, e soprattutto) di
biossido di carbonio; fino al rush finale che ci
vedrà distesi in orizzontale, ma senza esserci
stancati.
E, come era inevitabile, siamo arrivati ad una
città che non finisce di essere fiera dell’erba di
plastica che decora il suo stadio, in margine a quel capannone industriale che fa da
tribuna, vicino a quella centrale commerciale,
campione mondiale del kisch, che cerca disperatamente di sembrare il paradiso di tutti i
consumatori più folli, di ogni età.
E intanto nel cielo sfrecciano gli aerei che ci portano i pomodori
fuori stagione che pagheremo dieci volte tanto, conditi col cherosene che ci bruciano sulla testa, e che prima o poi distruggeranno
il Calderone e l’Antartico. Dandoci magari la speranza di nuotare
a Bellante, nel mare forse, piuttosto che nell’immondizia, senza
la necessità di scendere a Giulianova.
E che finiranno per sostituire, alle tenere fantasiose nuvole
barocche di una volta, le loro perfettissime scie; che ci ritroveremo sulla testa, ben disegnate a riga e squadra, come quelle
della fotografia ancora accettabile, che ravviva un po’ questa mia
catastrofica (ma non tanto) litania. u
ché più semplicemente: “Stasera non vado al cinema” intendiamo sottolineare un mio particolare stato d’animo un po’ triste
che mi suggerisce di rimanere a casa! Ancora una espressione
come: “non mi lascio convincere tanto facilmente da te” mette
in risalto l’atteggiamento di difesa, poco remissivo, che chi parla
assume nei confronti del suo interlocutore. Così, i fraseologici
“tendere” e “cercare” conferiscono al verbo espresso all’infinito
una sfumatura di significato indicante lo “sforzo” di chi compie
l’azione. Infatti l’espressione “Carlo cerca (tenta) di vincere
non equivale a “Carlo vince”; il verbo “incominciare” indica che
l’azione espressa all’infinito è vista nel suo risultato complessivo dopo il superamento di alcune difficoltà (“i Greci alla fine
riuscirono a vincere” anziché “I Greci alla fine vinsero”. u
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in giro
Tortoreto
La Storia è di casa
L
e insegne della riviera promettono svago e benessere sui
tre chilometri di litorale e la splendida passeggiata alberata. Annunciano divertimenti per nottambuli e famiglie,
menù turistici tutto compreso. Nessun cartello avverte che a cinque minuti di auto, sui rilievi collinari che si affacciano sul mare,
tra vigneti e oliveti, esiste il gioiello storico di Tortoreto Alto.
A dire il vero, molti di questi campi non sono più coltivati, aggrediti
dal cemento che sta colonizzando il territorio ovunque, senza
posa. Il vecchio borgo medioevale è un’autentica alternativa culturale all’affollamento estivo della costa.
Mi inerpico a piedi lungo la salita che porta ai 227 metri di altezza
del paese. Gli orizzonti sono dolcemente mossi come lenzuola
gonfiate dal vento.
Morbide ondulazioni
gialle e rosse di una primavera magistralmente
colorata, sembrano
rincorrersi fin quasi a
morire sulla spiaggia
sottostante. Ho davanti
agli occhi l’azzurro cupo
del mare che si unisce
a quello più delicato del
cielo che sembra inabissarsi nelle acque dell’Adriatico. Il flusso continuo delle vetture
sfreccianti sull’autostrada ricorda, bruscamente, che il Paradiso
non è di questa terra. Colpisce il silenzio della campagna pur così
vicina alla trafficata A 24.
Il borgo, costruito intorno ad una piccola rocca, fu un punto di
passaggio importante per le truppe romane che scendevano
all’Adriatico. Oggi naturalmente i percorsi sassosi del passato non
esistono più e si arriva al paese, attraverso colline in molti casi
aprile 2008
di Sergio Scacchia
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deturpate da una insensata edificazione che stravolge ambiente
e storia. La natura si è vendicata inondando di acqua, lo scorso
ottobre, tutto il territorio sconvolgendo la vita dei cittadini.
Ancora oggi a distanza di tempo, tra ulivi stentati , cantieri edili
interrotti, case incompiute e con troppo cemento, le ferite dell’alluvione tardano a scomparire.
“E ci vorrà ancora molto tempo” dice sconsolato l’avvocato Paolo
Priore che, anziché arringare in un
aula del Tribunale di Teramo se ne
sta a curare un pezzo di natura protetta da vent’anni tra aironi cenerini,
cigni neri, caprioli.
L’oasi naturalistica a detta sua
viene ignorata dai teramani e gran
parte dei visitatori arriva dalla
Marche. Neanche le scuole portano
i ragazzi per una salutare lezione
ambientale.
L’uomo è intento a trascinare via
grossi rami secchi trasportati dalle
acque defluite in quella maledetta
notte in cui il finimondo sembrò abbattersi sul piccolo
comune.
Racconta che, grazie
alla diga eretta sullo
specchio d’acqua
dove ignari sguazzano una miriade di
specie animali, si è
evitato che qualcosa
come 45 metri cubi
di terra si riversassero sul lido e l’autostrada A24. La frana
che ha investito l’oasi l’ha trasformata in una distesa informe di
fango e melma. Tre quarti del lago di Priore è scomparso e con
esso, recinti, stradine, impianti elettrici, essenze vegetali e specie
animali. Danni calcolabili in 800 mila euro. Si attendono, invano,
contributi. A fatica e con molte spese l’irriducibile naturalista
sta cercando di far tornare alla normalità la preziosa riserva. Se
volete aiutarlo andate a visitare questo pezzo di natura.
Il vecchio contadino, intento a zappare l’orto, con argomentazioni pittoresche mi fa capire che sulle colline da anni si stanno
costruendo nuovi complessi residenziali.
Le terre di scavo e i relativi lavori di costruzione delle palazzine
hanno lasciato delle aree dove il terreno non è mai stato messo in
sicurezza, e questo avrebbe facilitato gli smottamenti.
Tortoreto Alto doveva sembrare nell’antichità un fiore selvatico
sbocciato tra le rocce e i boschi.
Il luogo era adatto alla nidificazione delle tortore, da qui l’etimologia del nome “Turturitus”.
In cima, dal belvedere della Fortellezza, la vista spazia attraverso un grande tratto di costa, tutta la catena del Gran Sasso e la
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sua vita attraverso gli occhi di Giacomo
Bonfini, seguace di Cola D’Amatrice,
Piero Della Francesca e il Perugino.
La chiesa fu edificata intorno alla fine
del Trecento come ringraziamento alla
Madonna che avrebbe liberato il paese
dalla terribile peste del 1348 di cui parla
Maiella.
Il centro urbano si riconosce nei quartieri
di Terravecchia, il più antico con il convento di Sant’Agostino, Terranova, sorto
intorno al 1100 con la chiesa del patrono
San Nicola e Borgo Antico.
Il paese ha l’animo discreto, arroccato
intorno alla torre dell’Orologio che di notte
scambi per luna sorgente. L’antico manufatto svetta possente mentre resistono
monconi di muro dell’antica fortificazione.
La piazza della torre è quasi un salotto,
ultimo spazio aperto prima del presepio
del centro storico.
Il paese nel pomeriggio di domenica è
immerso in un silenzio irreale. Le case
addossate l’una all’altra, i piccolo loggiati,
sono un evidente retaggio del passato. I
caratteristici archi a blocchetti di pietra,
colpiscono l’immaginario del visitatore.
La cappella della Misericordia, mirabilmente affrescata, si integra perfettamente
nella omogeneità del panorama architettonico. Esterni semplici ma armoniosi, interni sobri, quasi austeri con un’unica sala
divisa in due campate con il soffitto dalle
volte a crociera. In fondo un abside anonima ma sui muri uno tra i più preziosi cicli
di affreschi a raccontare la Passione
del Cristo e i momenti salienti della
anche il Boccaccio in un passo del suo
Decamerone.
Pochi metri più avanti, la chiesa di
San Nicola, del XVI secolo, ospita la
statua d’argento della Madonna della
Neve, del 1925, e un pregevole organo
dell’800.
Ritmi tranquilli, lontani dal caos della
vicina riviera a ribadire le due anime
contrapposte di una identica comunità. Il
paese alto è per pochi. Non è un centro di
negozi di massa, non è meta per predatori
di souvenir. Ha la sonnolenza dei luoghi in
cui si lavora in segreto.
Le recenti scoperte archeologiche del
Colle Badette e della località Case Pecci, in
grado di eguagliare i ritrovamenti avvenuti
anni fa in contrada Ripoli nella Vibrata,
27
attestano la presenza dell’uomo fin dalla
preistoria e aprono interessanti prospettive future per il turismo e la cultura.
Ossa in grado di far capire la struttura morfologica degli individui di quel
tempo, cinturoni in pelle di animali, fibule
bronzee, vasi per contenere unguenti,
anfore. Reperti che dovevano, secondo gli
esperti, appartenere a nuclei familiari di
condizioni economiche agiate, scoperte
che si sommano alle tante testimonianze
preistoriche rinvenute negli scorsi anni,
come quella di un mammuth dell’epoca
neozoica (circa 1 milione di anni fa) e di
un bue primitivo di circa 150.000-200.000
anni fa.
Tortoreto è una bellezza naturale e storica, aggredita dal cemento ma sostanzialmente inattaccabile. u
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cinema
le joli ’68 - 1
A partire da questo numero
una rievocazione, a 40 anni di distanza,
dell’anno più caldo del ‘900,
attraverso i film dell’epoca
Uccidero’
Una Donna
“Les biches”:
il bestiario sardonico di
Claude Chabrol
È
un film sexy ma politico. D’altronde la politica attira e
frulla le vittime mettendo in start le immagini mentali,
i feticci indotti, quello che ci si ostina a chiamare natura
e sex appeal. E invece. A 40 anni dalla sua uscita, Les biches
si rivela un sorprendente trattato del/sul ’68, una macchina di
pulsioni che ci fa a capire come e perché la sinistra e quelli che
una volta si chiamavano proletari portino al potere Berlusconi.
Innocenza del peccato. Forse.
Les biches, cioè le cerbiatte, sono due donne forse lesbiches
tra cui si inserisce
un uomo. Anche se
di sesso opposto, è
una situazione alla
Hawks, visto pure
che, a un certo punto, come Laureen
Bacall diventava
Humphrey Bogart,
qui Jacqueline Sassard si trasforma,
corpo anima e pelliccia, in Stéphane
Audran.
Il tono è però quello di un noir sessuale, alla Hitch meno
inibito, alla Lynch più narrativo, con in mezzo, hard, la politica.
Ossia gli slogan, i quesiti esistenziali che non approdano a nulla, il fascino indiscreto della borghesia, Saint Tropez d’inverno,
l’altalena tra le classi, prologo ed epilogo parigini, sesso &
psiche (psicanalisi), una protagonista il cui nome è un interrogativo (Why) oltre che, con surreale assonanza, un esclamativo
e un assenso (Ouais).
Why (Sassard), che sul selciato non dipinge «altro», cioè
cerbiatte, «da secoli», viene abbordata con 50.000 franchi da
Frédérique (Audran) che trova «molto buona la sua piccola
scena campestre». Già da questo primo dialogo faccia a faccia,
estremamente allusivo sul piano politico, oltre che su quello
sessuale e cinefilo, la metafora è chiara come lo script, cali-
aprile 2008
di Leonardo Persia
bratissimo e non snob, di Chabrol e Paul Geugeuff. La seconda
è una borghese decadente paternalistica (oltre che ignorante:
non conosce differenza tra un’incisione originale del ‘600 e
una copia di due secoli dopo), dispensatrice di doppia zolletta
di zucchero (quando l’ospite ne chiede una e mezzo), inevitabilmente attratta, prima che disgustata, da uno spirito libero
e proletario a suo avviso «esigente nella sua situazione». Ma,
risponde l’altra, «proprio per questo bisogna reagire!».
Comunque, per essere un animaletto scafato senza tetto né
legge, una biche (indifferenziata, non definita in un senso/
sesso, un’epifania di saggezza immatura, anche un po’ bitch),
la ragazza ha qualcosa che non và. Ha paura dell’acqua (il
flusso mobile e libero per eccellenza), è paradossalmente
vergine («del resto, con la vita che ho fatto!»: cioè promiscuità, vita errabonda, miseria…?!), soffre di vertigo. E’ la donna
(rivoluzionaria) che visse un’infinità di volte o il James Stewart
innamorato della morte. Destinata, ancora, a fallire nella vittoria. Nell’inclusione (reclusione), cioè, del mondo del nemico.
Combattere dall’interno per restare all’interno.
A Saint-Tropez, la location dello scontro e del devoir de vacances (vacanti), il Joyeux Noel di un’insegna luminosa e poi di un
“parto” immacolato (ribadito, sopra il letto di Why, dal disegno
di cerva incinta, di cerva nella cerva, di serpe al seno), sono
ironici e perfidi segni di trasformazione. Come quell’acqua
che, per effetto del fuoricampo, in più di scena, sembra essere
camminata, mentre si è invece solidamente piantati sulla terraferma, sebben
che precaria.
I galleggianti,
le passerelle, i
ponti, i cantieri
rimandano alla
provvisorietà
sessual-sociale
delle due, ribadita
ulteriormente
da Robégue e
Riais, i lacché fool
di Frédérique,
prolungamenti
narrativi istintivi e primitivi (suonano anarchicamente gli strumenti africani), molto anali («tutto è merda»), infantili, satiri,
lubrichi oltremodo, eppure «sai che per noi il sesso… preferiamo la pappa». La cerva è l’animale consacrato a Diana, vergine
cacciatrice. La cerva è la donna senza l’ Animus, bisognosa di
un rito d’iniziazione/integrazione.
Difatti, come nelle fiabe, c’è un bosco dove ci si consegna al
lupo, e una casa/focolare da cui si esce trasformati. Davanti al
caminetto, immagine ricorrente, i due bambinoni alludono a
un bestiario sin troppo evidentemente simbolico. Oltre al lupo
e all’agnello, parlano di cane (compagno di caccia), serpente
(nemico dei cervi), coccodrillo (pentimento tardivo), maiale (il
potere, in quegli anni, dai cerdos over 30 di Bioy Casares ai
pigs poliziotti del Black Panther Party) e iena (l’equivalente
pag
afro di cervo). Nella villa di Frédérique
ci sono infatti i segni sacrificali del
passato imperialista. Trofei coloniali,
addomestica(men)ti africani, scene di
caccia in Mozambico (ogni riferimento al
Portogallo di Salazar…).
I due Bouvard e Pécuchet non si peritano
di riandare ai colori di libertà, certo
tradita, della bandiera francese, insieme
a battute enigmatiche ma non troppo
del tipo «Se hai la testa di burro non
fare il fornaio» oppure «Il diavolo non
aveva capre eppure vendeva formaggio».
All’inizio, c’è la famosa citazione di Mao
sulla rivoluzione non pranzo di gala; per
concludere, una trasparente morale
della favola («Meglio stare in una casa
riscaldata che fuori al fresco, a chiedere una crosta di pane»). Quanti cervi
sacrificati!
Qui il completamento razionale e sessuale, la maturità, arrivano, non a caso, per
tramite di un architetto. Il terzo incomodo
pragmatico. Un piccolo Tommaso, Paul
Thomas, eppure anche lui un po’ Why
(la scena in cui, sbronzo, s’interroga,
senza risposta, sulla saggezza e il senso
della vita, con il contrappunto ripetitivo e
irridente di un disco incantato). Seduce
la piccola ed è, per rivalsa, sedotto da
Frédérique. Giochi di sguardi dove l’intelligenza femminile non desidera altro che
clonare la stolidità maschile. Ma non c’è
traccia di gioia, liberazione, libido. Dietro
la porta chiusa della camera da letto
dei due borghesi, ormai accoppiati, la
sventurata ex proletaria esclusa (inclusa)
sembra il questurino di Un chant d’amour
condannato neppure alla masturbazione.
Eppure, qualche fotogramma prima,
sebbene a tratti, sembrava
aver saputo gioire del sole,
dell’orizzonte marino, di un
paesaggio non artificiale. Eppure lo sguardo dell’ex amica
sembra adesso persa nel
pensiero di lei (anche se poi
prevale lo spirito girardiano
di invidia e vendetta) dove lo
sguardo dell’ex amico ne evoca la mancanza. Lei li amava
entrambi, Dio e Mammona.
Con il loro sesso ambiguo,
problematico e ombelicale,
mai abbandonato, pure i due
idoli “amanti” sono prigionieri. E, a forza di passare tra
finestre, porte e porte finestre
che sembrano sbarre, Why,
nella villa sadiana, impara la
29
lezione perfettamente. Matura per prendere un’arma avvelenata dalla collezione
coloniale dell’amica. Ma non al punto da
farne buon uso. Gli allievi sono migliori
(peggiori) dei maestri, si diceva in quegli
anni. Così, in diretta, assistiamo a un
altro sogno perso. All’infelice escalation
di un’altra padroncina. u
pag
basket
30
Il Punto
I
n questo periodo delicato del campionato e, dall’11ª giornata di ritorno del 22 marzo alla 16ª e penultima giornata,
possiamo dire che il cammino del Siviglia Teramo è stato
senz’altro positivo: aver raggiunto l’obiettivo che la società si
era prefissato all’inizio del campionato ”salvarsi dalla retrocessione” quanto prima e poi, con serenità, vedere se si poteva
raggiungere un altro obiettivo.
Al di là delle prestazioni della squadra, il primo traguardo
è stato raggiunto prima di quanto si potesse sperare, per il
secondo i biancorossi hanno provato in quest’ultimo scorcio
di torneo, un inserimento tra le otto finaliste alla conquista
dello scudetto ma, diciamocelo francamente, non era facile.
L’importante è che rimanga, e non è poco, la consapevolezza
che Teramo ha già vinto il suo mini scudetto e che, il prossimo
anno e per la sesta volta consecutiva, possa riproporsi tra le
grandi della pallacanestro italiana. Questo dev’essere motivo
di orgoglio di tutto l’ambiente sportivo e non. Non a caso
avevamo puntualizzato, in quel di Biella, l’inizio della partita
inusuale del Siviglia Teramo che poi la portò a vincere un
incontro importante. Quest’anno, oramai, questa squadra ci ha
abituato al pronti via con il freno a mano tirato e ad inseguimenti affannosi e concitati.
È accaduto anche all’antivigilia della Santa Pasqua al PalaScapriano contro l’Air Avellino. La partenza folgorante degli
irpini, che riescono ad imprimere un 32 a 18 nel primo quarto
ai teramani, ha complicato e resa vana al Siviglia Teramo la
rimonta di Powel e compagni. La squadra dell’ex Boniciolli,
d’altronde, ha confermato il suo stato di forma e la sua eccezionale posizione di classifica. Da segnalare che Devin Green
non è stato schierato, in questa partita, per scelta tecnica.
I risultati delle altre squadre in questa giornata di campionato
hanno rispettato le previsioni, tranne la partita di Scafati dove
la Legea è riuscita a vincere il suo ottavo incontro imprimendo
un 18 punti all’Angelico Biella facendogli perdere, per il momento, il treno dei play-off scudetto.
La trasferta di Udine è stata favorevole ai nostri colori e,
questo è un dato importante per il prosieguo del campionato,
abbiamo gustato un incontro difficile per la posta in palio. Il
Siviglia Teramo l’ha condotto con abilità, producendo anche
numeri di alta scuola (vedi il duo Poeta-Adams). Va menzionata
un’altra favolosa prestazione di Powell e quella del nostro play
Poeta in grande spolvero. Forse la felicità per la convocazione
al raduno azzurro di Ferentino l’ha ulteriormente caricato. La
Snaidero ha perso l’incontro, nonostante un ottimo Antonutti e
un eccellente ex Sales, ai punti.
Ho avuto l’impressione che la tenuta atletica di alcuni suoi
big, non ha retto la corsa dei biancorossi. In questo turno di
campionato sono stati emessi due verdetti: nel primo, accompagnato dal nostro grande dispiacere è che questa categoria
perde la società più gloriosa della pallacanestro italiana (10
scudetti, 5 coppe dei Campioni, 2 Coppe delle Coppe, 4 Coppe
aprile 2008
di Bebè Martorelli
Italia, 1 Supercoppa e tre Coppe Intercontinentali, con il record
ineguagliabile di partecipazione a dieci finali di Coppa dei
Campioni tra il 1970 e il 1979) dando ufficialmente ieri l’addio.
La matematica condanna Varese alla retrocessione a cinque
giornate dalla fine del torneo. Il secondo verdetto riguarda
Scafati che dopo tre anni di permanenza nella massima serie,
accompagnerà Varese in Lega Due.
Per il Siviglia Wear Teramo Basket la certezza di restare nel
”Basket che conta” si è concretizzata nell’anticipo di sabato
sera del 5 aprile contro la Scavolini Spar Pesaro. Una partita
di pallacanestro può dare tante ma quella provocata in questo
incontro dal duo Poeta-Brown è stata stupenda.
PalaScapriano in delirio, Brown e compagni sono stati letteralmente sommersi dai tifosi teramani, in un unico abbraccio per
la gioia incontenibile di un successo raggiunto nei secondi finali. Note: il campione della Scavolini Myers Carlton in panchina,
per onor di firma, causa forti dolori alla schiena, tra i teramani
turn-over ancora per Tskitishvili. In questo lungo week-end
cestistico da evidenziare la gara interessante di Roma, tra la
Lottomatica e il Montepaschi, dove Siena ha dimostrato, per
l’ennesima volta, la sua forza. E la conferma, quale miglior
cecchino del campionato, dell’ex Holland che si ripete, dopo i
50 punti segnati in un precedente incontro, realizzandone 47 e
rendendosi artefice della vittoria della sua squadra Varese, già
retrocessa, su una forte Premiata Montegranaro già destinata
a disputare i play-off scudetto. La trasferta di Siena del Siviglia
Teramo, viene presa come il niente da perdere, nella partita
che la vede contrastare lo strapotere della capolista. Infatti i
biancorossi sono scesi in campo con l’impegno di ben figurare.
Ma il Montepaschi di quest’anno ha concesso pochi sconti ed
infatti, con sette triple nei primi cinque minuti della partita,
archivia il suo 29° risultato utile su 31 giornate disputate in
questo campionato. La Fortezza Bologna con il duo AndersonBlizzard rende la vita difficile al Siviglia Teramo, che con il
solito inizio di partita lento ed impacciato non riesce a superare
le V nere, nonostante una prestazione tutta cuore e grinta, ma
a tratti poco lucida e confusionaria, identica ci è sembrata la
conduzione dalla panchina (vedi rotazioni nei cambi-titolari
dimenticati e tenuti troppo a lungo in panchina).
La vittoria sulla Virtus avrebbe fatto ancora sognare i teramani
al raggiungimento del secondo obiettivo i play-off. In questa
giornata fanno eco due risultati la Cimberio Varese che con un
colpo di coda infligge la terza sconfitta in questo campionato
alla capolista Siena e la favolosa partita della Premiata Montegranaro che sbanca il PalaEur di Roma infliggendo una dura
lezione alla Lottomatica.
Nell’ultimo turno casalingo non poteva esserci commiato
migliore dal proprio pubblico al Palascapriano; il Siviglia
Teramo dà un caloroso arrivederci al prossimo anno, battendo
una forte Premiata Montegranaro. Il bravo Brandon Brown si
ripete, come contro la Scavolini Pesaro inchiodando la vittoria
all’ultimo secondo dell’incontro con un tiro dalla lunga distanza. Ai play-off vanno: Siena, Roma, Avellino, Montegranaro, Milano, Capo d’Orlando, Pesaro e l’ottava da decidersi all’ultima
giornata di campionato tra Cantù e la Fortitudo Bologna. u
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