interrogazioni per le quali e` pervenuta risposta scritta alla presidenza

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interrogazioni per le quali e` pervenuta risposta scritta alla presidenza
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
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Camera dei Deputati
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AI RESOCONTI
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA
RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ASCIERTO. — Al Ministro dell’interno.
— Per sapere – premesso che:
il sito internet « indymedia.org.uk ».
pubblica come foto « segnaletiche » le foto
dei poliziotti che hanno espletato servizio
durante il G8 di Genova del 2001 e che
hanno partecipato all’irruzione nella
scuola Diaz su cui indaga la magistratura
locale;
all’interno del sito, gran parte delle
foto pubblicate, appaiono foto « ufficiali »
a colori, tratte da documenti, probabilmente da carte d’identità, o tesserini professionali degli appartenenti alla polizia di
stato, tant’è che in alcune di esse sono
evidenti le spille e le « bullonature » che si
applicano normalmente nella documentazione ufficiale;
secondo l’interrogante appare chiaro
che le foto provengono dai fascicoli personali dei dipendenti che dovrebbero essere custoditi, in maniera esclusiva, dal
ministero dell’interno;
il sito di indymedia si è reso più volte
responsabile di minacce nei confronti di
politici e poliziotti e ha visto nel proprio
blog l’intervento di esponenti dell’area antagonista, affermandosi come il sito ufficiale dei centri sociali;
la pubblicazione di tale materiale
non solo espone gli appartenenti alla polizia di stato ad un evidente pericolo di
ritorsione ma è una palese violazione del
più fondamentale diritto alla privacy di
ogni cittadino –:
a giudizio dell’interrogante, occorre
adottare provvedimenti affinché il sito indymedia già noto per la sua attività spiccatamente vessatoria nei confronti delle
forze di polizia non continui nella sua
opera denigratoria nei confronti di uomini
e donne, appartenenti alle forze di polizia,
che ogni giorno servono il nostro Paese
con professionalità, correttezza e grandissima dedizione –:
le ragioni per le quali ancora non sia
stato disposto l’immediato sequestro o
oscuramento del sito internet;
se intenda il Ministro interrogato attivare una indagine che chiarisca;
se sia vero che le foto pubblicate
siano state tratte dai fascicoli personali
degli appartenenti alla Polizia di Stato;
come abbiamo fatto i gestori del sito
di indymeda ad entrare in possesso delle
foto.
(4-01451)
RISPOSTA. — Dagli accertamenti effettuati
dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni del Dipartimento della pubblica
sicurezza è risultato che il file contenente le
immagini del personale della Polizia di
Stato che ha prestato servizio durante il
vertice del G8 svoltosi a Genova nel 2001,
pubblicate sul sito « indymedia.org.uk », è
attestato su sistemi Informatici ubicati nel
Regno Unito.
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Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
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In particolare, il citato documento informatico è memorizzato su uno dei cinque
server che gestiscono il dominio « indymedia.org.uk », consultabile permanentemente
attraverso il cosiddetto « load balancing »
della connessione.
Tale procedura consente, qualora uno
dei suddetti sistemi informatici sia inattivo,
di poter soddisfare ugualmente le richieste
di consultazione, reindirizzando la connessione verso un altro server in grado di
assolvere alla richiesta.
Della questione prospettata dall’interrogante sono già state interessate le Procure
della Repubblica di Milano e Roma.
Qualora vengano ravvisati profili di
reato, i successivi provvedimenti cautelari
dovrebbero essere eseguiti in regime di
rogatoria internazionale previo interessamento dell’autorità giudiziaria britannica.
Relativamente all’ultimo quesito formulato dall’interrogante, nel rappresentare che
non è ancora noto come i gestori del sito
siano venuti in possesso delle immagini del
personale della Polizia di Stato, si precisa
che il Dipartimento della pubblica sicurezza, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova del
6 settembre 2001, ha provveduto ad inviare
a quell’Autorità giudiziaria, per il tramite
della Questura di Genova, le immagini
fotografiche dei dipendenti che hanno prestato servizio durante il G8 e che hanno
partecipato all’irruzione nella scuola Diaz.
In particolare, sono state inviate, con modalità che ne garantissero la riservatezza, le
immagini relative ad 85 operatori della
Polizia di Stato appartenenti a vari ruoli e
qualifiche.
A seguito di ulteriore richiesta della
Questura di Genova, in data 11 ottobre
2001 sono state inoltrate le immagini relative a 252 operatori appartenenti ai ruoli
dei sovrintendenti, degli assistenti e degli
agenti della Polizia di Stato. Anche in tal
caso l’inoltro è avvenuto secondo modalità
che garantissero la riservatezza della documentazione.
Il
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BONELLI. — Al Ministro del lavoro e
della previdenza sociale. — Per sapere –
premesso che:
il gruppo industriale Cesare Fiorucci
è uno dei leader nel settore dei salumi e di
altre specialità alimentari, e vanta nove
stabilimenti produttivi;
nel 2002, dopo aver aperto una procedura di mobilità per 407 dipendenti,
ottenne grazie ad un accordo sindacale, di
poter ricorrere a significativi ammortizzatori sociali: due anni di Cigs e quattro di
mobilità, strumenti attraverso i quali, tra
abbandoni volontari e pensionamenti anticipati ben 300 lavoratori sono stati allontanati dalla fabbrica;
a fronte di questo importante snellimento-ristrutturazione la società Fiorucci
ha presentato un piano industriale che
annunciava investimenti quadriennali per
25 milioni di euro, che avrebbero dovuto
esser concentrati in determinati reparti
produttivi (tra i quali, in particolare il
reparto wurstel e il reparto prosciutti
arrosti) ma, nonostante i bilanci degli
ultimi anni siano tutti assai buoni e la
società abbia beneficiato di finanziamenti
regionali per innovare gli impianti per le
stagionature, la società ha recentemente
messo in mobilità tutti i lavoratori del
reparto wurstel che sarà chiuso cosı̀ come
il reparto specialità stagionate;
la Cesare Fiorucci Spa, che controlla
una decina di società satelliti, vanta una
forte integrazione a monte e a valle, controllando materie prime, macellazioni e
gestendo anche la commercializzazione,
tuttavia tale controllo si esercita sempre
più tramite una progressiva precarizzazione dei lavoratori dipendenti. Le ristrutturazioni del 2002, ad esempio, hanno
visto la chiusura di un macello poi riaperto con società satelliti che impiega 60
soci cooperativi (soprattutto extracomunitari), e la logistica è stato completamente
terziarizzata grazie ad una catena di appalti e subappalti che grava su una settantina di lavoratori atipici;
il 19 settembre 2006 la società ha
annunciato licenziamenti per riduzione
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del personale pari a 251 unità, dei quali
113 in seguito alla chiusura dei reparti
wurstel, specialità stagionate, Tranci e
Braceria;
l’interrogante, senza voler giudicare
la bontà delle scelte strategiche dell’azienda, crede tuttavia doveroso rilevare
che il mancato rispetto dei piani industriali rappresenta una grave disattesa sia
nei confronti dei lavoratori che, più in
generale dell’interesse pubblico e a maggior ragione, avendola regione Lazio finanziato nel 2005 ben 1.766.433,20 euro in
un settore che oggi viene smantellato –:
se il Ministro sia a conoscenza del
processo di ristrutturazione della Cesare
Fiorucci e se non intenda intervenire al
fine di verificare il corretto comportamento dell’azienda e il pieno rispetto dei
lavoratori.
(4-01345)
RISPOSTA. — In merito all’interrogazione
in esame gli accertamenti effettuati dalla
Direzione provinciale del lavoro di Roma
presso la Cesare Fiorucci S.p.A. hanno
evidenziato quanto segue.
L’azienda ha avviato in data 19 settembre 2006 la procedura di mobilità ai sensi
degli articoli 4 e 24 della legge 223 del 1991
volta alla riduzione di personale nella misura di 251 unità occupate presso lo stabilimento di S. Palomba (Pomezia).
A tal fine, esperite le procedure informative agli organi sindacali e istituzionali,
in data 6 dicembre 2006 si è svolto presso
la Regione Lazio l’incontro congiunto tra
Azienda e organizzazioni sindacali i cui esiti
sono riportati nel verbale di accordo.
Tale accordo prevede l’attuazione di un
piano di riorganizzazione aziendale volto
alla riduzione dei costi e alla ottimizzazione
della produzione attraverso la razionalizzazione di alcune attività produttive; ne consegue da un lato la riduzione degli organici nei
reparti « wurstel », « specialità stagionate »,
« tranci » e dall’altro la esternalizzazione di
alcune attività riguardanti il reparto « braceria », la « logistica » e il « confezionamento ».
Sotto l’aspetto occupazionale, a seguito
dell’accordo citato, le parti hanno convenuto una riduzione strutturale degli esuberi
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quantificata in 168 unità anziché 251, di
cui 105 relativi all’area produttiva e 63
relativi all’area impiegatizia.
Il piano di gestione degli esuberi prevede
il ricorso alla Cassa integrazione guadagni
straordinaria per complessive 250 unità
lavorative con il criterio della rotazione a
frequenza semestrale (a tale proposito in
data 10 gennaio 2007 le organizzazioni
sindacali hanno richiesto all’azienda la rotazione trimestrale, anziché quella semestrale, al fine di alleviare le conseguenze
economiche gravanti sui lavoratori sospesi).
Sono previsti congrui incentivi all’esodo
e corsi di riqualificazione per il personale
sospeso in Cassa integrazione guadagni
straordinaria.
Alla data del 26 gennaio 2007 risultavano sospesi in Cassa integrazione guadagni
straordinaria (con inizio dall’1 gennaio
2007) 74 operai e 26 impiegati mentre
erano stati collocati in mobilità 11 operai.
In merito a quanto rappresentato nell’interrogazione in esame, da informazioni
acquisite presso la Direzione aziendale e la
Rappresentanza sindacale interna, è emerso
che gli investimenti relativi alla precedente
procedura di ristrutturazione non hanno
interessato il reparto « wurstel » che –
contrariamente a quanto previsto dal piano
– non è stato chiuso.
Nella stessa occasione, è stata ristrutturata l’area « peaking », poi affidata a terzi.
Circa la riferita chiusura dei reparti wurstel, tranci, braceria e specialità stagionate,
l’azienda ha precisato, nel corso dell’accesso
ispettivo, di voler esternalizzare solo il settore « braceria », mantenendo in attività gli
altri. Nel reparto « wurstel », ridimensionato negli organici, quindi, risultano interessati alla mobilità 15 dipendenti, mentre
sono 10 nelle « specialità stagionate » e 5
nel reparto « tranci ».
La chiusura del reparto di macellazione
era prevista nel piano aziendale di ristrutturazione ed è stata attuata ad iniziare dal
settembre 2002. La lavorazione nello stabilimento di parti di animale già sezionate
è stata affidata a terzi.
Circa l’asserito finanziamento regionale
ammontante ad euro 1.766.544,20, chiesto
(nel 2005) e ottenuto (28 settembre 2006) ai
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sensi del regolamento CE 1257 del 1999 –
Misura 1.4 « miglioramento condizioni di
trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli », l’Azienda ha riferito di
avere destinato tale somma alla ricostruzione delle strutture danneggiate a seguito
di un incendio avvenuto in data 8 febbraio
2003.
Si fa presente, infine, che la Cesare
Fiorucci S.p.A., con sede legale ed unità
produttiva in Pomezia (Roma) ha prodotto
istanza finalizzata alla fruizione del trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell’articolo 1 della legge 223
del 1991, per il periodo dal 1o gennaio 2007
al 31 dicembre 2007, nell’ambito di un
programma di riorganizzazione aziendale da
definirsi in 24 mesi, per il periodo dal 1o
gennaio 2007 al 31 dicembre 2008.
gante, arbitrariamente dalla predetta autorità comunale; dell’Ente Parco che ha di
fatto disatteso le limitazioni discendenti
dal vincolo gravante sulle zone 1 (divieti di
costruire o ampliare...); della comunità e
dell’Ispettorato forestale che ha consentito
il cambiamento di destinazione d’uso in
zona 1; della difforme esecuzione dei lavori, laddove il direttore del Parco con
nota n. 00457 del 13 gennaio del 2003
aveva inibito l’allargamento della sezione
della strada (presunta?) esistente; della
dubbia esistenza della strada, attestata
(falsamente?) dal dirigente del servizio
tecnico, a seguito di richiesta del settore
tecnico amministrativo provinciale foreste
del 27 gennaio 2003, protocollo n. 8077
(non risultante da nessun atto formale,
stradario comunale, eccetera...);
Il Sottosegretario di Stato per il
lavoro e per la previdenza
sociale: Rosa Rinaldi.
anche per impedire la consumazione
di attività illecite mentre erano in corso i
lavori in questione, taluni cittadini e consiglieri comunali hanno, senza alcun riscontro, denunciato la questione alla Procura della Repubblica di Sala Consilina e
ai ministeri competenti –:
BRUSCO. — Al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare. — Per
sapere – premesso che:
all’interno del Parco nazionale del
Cilento e Vallo di Diano, in una area
protetta classificata zona 1, appartenente
al demanio comunale del comune di
Monte San Diacono (Salerno), in località
Margherita, nell’agosto scorso hanno avuto
inizio lavori di sbancamento, mediante
mezzi meccanici, per la realizzazione di
una strada, lunga circa 700 metri e larga
metri 5;
i lavori vengono realizzati a spese di
un privato cittadino, titolare di un terreno
con annesso modesto manufatto sulla base
di una autorizzazione a firma congiunta
del vice-sindaco e del responsabile dell’area tecnica del comune, senza essere
stata preceduta dal consenso dell’organo
competente a ciò preposto, il consiglio
comunale, ai sensi delle vigenti leggi;
una serie di diffuse illegittimità degli
Enti, comunque coinvolti nel provvedimento, caratterizzano i lavori in questione,
quali quelli autorizzati secondo l’interro-
se sia a conoscenza dei fatti di cui in
premessa e se intenda, per quanto di
competenza, intervenire presso l’Ente
parco nazionale, al fine di verificare le
eventuali iniziative da adottare, anche disponendo una apposita ispezione ministeriale, che risulterebbe particolarmente auspicabile, considerata la grave situazione
denunciata.
(4-01591)
RISPOSTA. — Con l’interrogazione in
esame, concernente alcuni lavori di sbancamento all’interno del Parco Nazionale del
Cilento e Vallo di Diano, sulla base di
quanto comunicato dalla Stazione Forestale
di Teggiano, provincia di Salerno, si rappresenta che personale della predettta Stazione, dopo aver acquisiti presso l’ufficio
tecnico del Comune di Monte San Giacomo
tutta la documentazione autorizzativa dei
lavori di cui trattasi, a seguito di sopralluoghi nella zona segnalata, effettuati nell’agosto 2006, riscontrava, sul posto, l’esistenza di una strada rurale di circa mt. 420
di lunghezza per una larghezza media di
mt.3.
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La richiesta di autorizzazione era stata
rivolta al Comune di Monte San Giacomo
dal tale sig. Miele Luigino, proprietario di
un manufatto rurale diroccato che avrebbe
voluto servire con detta stradina demaniale
una volta effettuati, a sue spese, i lavori di
ripristino della stessa.
Il progetto per la realizzazione di detta
strada, prevedeva l’adeguamento e l’ampliamento di un vecchio tracciato rurale preesistente fino ad una larghezza massima di
2,5 mt. e per una lunghezza di mt. 250, con
regolarizzazione del tracciato esistente per
ridurre al minimo gli scavi.
Il progetto aveva ottenuto tutti i permessi e gli atti di assenso necessari, compreso il nulla osta della Soprintendenza ai
Beni Ambientali delle Province di Salerno e
Avellino, l’Autorizzazione in deroga al vincolo idrogeologico della Comunità montana
« Vallo di Diano », il parere della Commissione Tecnica per la valutazione di incidenza ambientale presso il settore Tutela
dell’Ambiente della Regione Campania,
nonché autorizzazione dell’Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, con la
prescrizione di non allargare la sezione
stradale preesistente.
Dall’esame della documentazione acquisita e dal sopralluogo effettuato, il personale del Comando Stazione Forestale di
Teggiano, ha potuto constatare che i lavori
erano stati eseguiti in difformità rispetto al
progetto presentato, in quanto non rispettavano i limiti prescritti per la sezione
stradale e, pertanto; ha provveduto ad informare l’Autorità Giudiziaria di Sala Consilina, che ha posto in essere gli adempimenti del caso al fine di accertare la
sussistenza degli illeciti ed individuare le
relative responsabilità.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
BRUSCO. — Al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al
Ministro del lavoro e della previdenza sociale. — Per sapere – premesso che:
70 lavoratori socialmente utili impegnati nel settore idraulico forestale sia alle
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dipendenze del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano (PNCVD) che dei
consorzi CNS, ATI-CICLAT hanno ricevuto
lettere di licenziamento decorrenti dal 1°
febbraio 2007; i soggetti sono tutti impegnati nelle attività di Sviluppo cooperazione e occupazione di Italia Lavoro e si
occupano di pulizia e mantenimento dello
stato ottimale della natura allo scopo di
evitare incendi ed inquinamento in particolare da rifiuti;
la finanziaria 2007 contiene diverse
disposizioni di rilancio della politica ambientale e forestale: gli enti gestori delle
aree protette sono stati esentati dai limiti
di spesa previsti dal Patto di stabilità
(articolo 1, comma 695), mentre il Ministero delle politiche agricole e quello dell’ambiente hanno sia avviato un programma quadro per il settore forestale
finalizzato a favorire la gestione forestale
sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali, sia finanziato le intese di filiera (o i contratti
quadro) per l’integrazione della filiera forestale con quelle agroenergetica, la valorizzazione, la produzione, la distribuzione
e la trasformazione di biomasse derivanti
da attività forestali, nonché lo sviluppo
della filiera del legno (articolo 1, commi
1082 e 1083);
in questo quadro e nell’ambito della
crescente valorizzazione delle aree protette è inammissibile che non vengano
valorizzate professionalità di settore e che
non si possa provvedere alla stabilizzazione degli LSU operanti in ambito ambientale nel Cilento; le organizzazioni sindacali hanno peraltro più volte denunciato
il ritardo del piano di stabilizzazione degli
LSU del Parco, con manifestazioni ed
incontri che non sembrano aver sortito
effetto;
conseguenza inevitabile di tale situazione sembra essere lo sciopero generale
di tutti i lavoratori del settore idraulico
forestale con conseguente blocco delle attività di mantenimento e controllo del
Parco; una manifestazione è stata convocata da FASTCONF-Ambiente per il 26
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gennaio 2007 a Vallo della Lucania (Salerno), città sede dell’ente di gestione del
PNCVD –:
se i ministri interrogati non ritengano
opportuno utilizzare immediatamente in
favore dei lavoratori e delle attività citate
in premessa le risorse destinate dalla finanziaria alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili;
se non ritengano altresı̀ utile intervenire nei confronti degli organi gestori
del Parco affinché sia avviato un tavolo di
confronto con le organizzazioni sindacali
volto ad individuare un percorso di recupero e di definitiva stabilizzazione delle
citate professionalità, alla luce dei crescenti impegni in tema di tutela dell’ambiente, gravanti sul PNCVD.
(4-02428)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione in esame concernente la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili dell’Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di
Diano, si fa presente, in via preliminare,
che lo svolgimento della complessa vicenda
all’esame che, peraltro, ha interessato anche
altri « Enti Parco Nazionali », involge
aspetti di oggettiva criticità sottoposti, in
data 23 gennaio 2007, all’attenzione del
Ministero del lavoro e della previdenza
sociale al fine di pervenire all’enucleazione
di appropriate linee di intervento.
Come riferito dalla competente Direzione
per la Protezione della Natura « in data 21
aprile 1993, la GEPI S.p.A. (autorizzata, ai
sensi dell’articolo 23, ultimo comma, della
legge n. 223 del 1991, a stipulare convenzioni con soggetti pubblici o privati per
promuovere iniziative di reimpiego di lavoratori di imprese interessate da processi di
crisi industriale) ha stipulato una convenzione con il Ministero del Lavoro con la
quale l’anzidetta Società è stata indicata
quale soggetto tecnico idoneo a contribuire
alla determinazione di misure straordinarie
di gestione attiva della mobilità per lo
sviluppo di nuova occupazione.
In ragione della legge n. 451 del 1994
(modificata ed integrata dal decreto-legge
n. 416 del 2 ottobre 1995), in data 9 aprile
1996 il Ministero dell’Ambiente ha stipulato
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una convenzione quadro con la GEPI S.p.A.
disciplinante l’elaborazione, il coordinamento e l’assistenza per la gestione di
progetti operativi di lavori socialmente utili
all’interno di cinque Enti Parco Nazionali
(Gran Sasso e Monti della Laga; Majella;
Vesuvio; Cilento e Vallo di Diano; Gargano).
La predetta convenzione veniva approvata con decreto n. 116 del 10 aprile 1996,
con riveniente impegno della somma di lire
4.753.730.000 a carico dello stato di previsione di questa Amministrazione per
l’esercizio finanziario 1996.
Con decreto Direttoriale n. 508 del 30
dicembre 1996 venivano quindi approvati i
progetti operativi relativi alle attività da
porre in essere nei cinque Parchi anzidetti,
trasmessi in data 6 agosto 1996 da ITAINVEST (ex GEPI) S.p.A.
Con l’anzidetta convenzione (a fronte
della quale la Sezione II del Consiglio di
Stato ha, in data 15 gennaio, reso parere
favorevole in ordine alla determinazione del
Ministero di realizzare i progetti operativi
mediante convenzioni stipulate direttamente
con i cinque enti parco interessati) la GEPI
ha assunto l’impegno a fornire i servizi di:
assistenza per l’elaborazione dei « progetti operativi »;
adempimenti giuridico-amministrativi
per l’avvio dei progetti;
attività di coordinamento e gestione
dei progetti inclusa la gestione amministrativa del personale e l’espletamento degli
adempimenti assicurativi INAIL e RCT (Responsabilità civile terzi).
Con separate convenzioni stipulate in
data 27 ottobre 1997 tra il Servizio Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente e ciascuno degli Enti Parco
sopra richiamati, si è dato quindi luogo al
trasferimento dei fondi per la realizzazione
degli interventi previsti dai « Progetti operativi » con particolare riferimento all’articolo 2 della convenzione medesima, ai sensi
del quale gli Enti Parco potevano avvalersi
« anche » dell’assistenza tecnica di ITAINVEST (ex GEPI) S.p.A.
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In data 26 marzo 1998 veniva, poi,
stipulata una convenzione tra il Ministero
dell’Ambiente ed il Ministero del Lavoro
(avente scadenza al 31 dicembre 1999)
concernente l’attuazione di progetti operativi di lavori socialmente utili nei cinque
Parchi precedentemente citati, al fine di
proseguire l’esperienza avviata con la realizzazione dei progetti di LSU (Lavori Socialmente utili) e favorire il completamento
delle azioni in corso preordinate alla concreta ricerca di opportunità occupazionali o
formative.
Successivamente il Ministero del Lavoro
comunicava che, in base alle modifiche
apportate alla disciplina dei LSU con legge
17 maggio 1999 n. 144 e circolare n. 61 del
1999, per il proseguimento di progetti in
essere relativi alla convenzione era sufficiente la sola approvazione delle richieste di
proroga da parte delle CRI (Commissioni
Regionali per l’impiego) competenti sul territorio, con conseguente possibilità di reimpiego dei lavoratori dal 1o gennaio del 2000.
Successivamente all’entrata in vigore del
decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81
(integrazioni e modifiche della disciplina dei
lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 45, comma 2 della legge 17 maggio
1999, n. 144), con nota del 2001 il Servizio
Conservazione Natura di questo Ministero,
in sede di esame delle bozze progettuali per
la stabilizzazione dei LSU in attività presso
gli Enti Parco, ha rappresentato la necessità, « oltre alla costituzione delle cooperative dei lavoratori sotto l’egida istituzionale
di SCO (Sviluppo Cooperazione e occupazione) ed alle attività imprenditoriali da
porre in essere sul territorio », di formalizzare presso le istituzioni locali territoriali
(Regioni, Province, Comuni, Comunità
Montane) gli interventi imprenditoriali in
corso al fine di individuare spazi economici
anche presso gli enti territoriali richiamati,
rilevando che l’intervento degli enti parco
nazionali non può essere avulso dal contesto territoriale ove viene ad inserirsi ».
Tenuto conto che la continuità occupazionale dei lavoratori all’esame è stata assicurata, fino al termine del 2006, mediante
destinazione di disponibilità finanziarie a
carico di questa Amministrazione, la Dire-
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zione per la Conservazione della Natura,
allo scopo di pervenire ad un definitivo
assetto dei programmi finalizzati a perseguire una stabile prospettiva occupazionale,
ha sollecitato, presso gli Enti Parco interessati, un coinvolgimento delle Amministrazioni locali (in primo luogo, le competenti Regioni) al fine di definire possibili
linee di intervento che, in ragione dell’essenziale vocazione territoriale dei Parchi
(ancorché qualificati quali « enti pubblici
non economici »), consentissero di pervenire
all’assunzione di reciproche e convergenti
manifestazioni di responsabilità preordinate
a definire un quadro d’intervento (evidentemente corredato dall’individuazione delle
sottese disponibilità finanziarie) attraverso
il quale giungere alla tendenziale definizione della problematica occupazionale all’esame.
Considerato che il sollecitato intervento
– in funzione di apporto collaborativo –
delle Regioni interessate e delle altre Amministrazioni locali comprese nell’ambito
territoriale di pertinenza dei Parchi non ha,
allo stato, prodotto i risultati auspicati, la
Direzione competente ha sottoposto all’attenzione del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale una riflessione in ordine
agli ambiti di concreta operatività, fini in
esame, della previsione introdotta dal
comma 1166, dell’articolo unico, della legge
finanziaria per l’anno 2007.
Tale disposizione ha autorizzato, nel
limite complessivo di 35 milioni di euro, la
proroga, previa intesa con la Regione interessata e limitatamente all’esercizio 2007,
delle convenzioni stipulate, anche in deroga
alla normativa vigente relativa ai lavori
socialmente utili, direttamente con gli enti
locali, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione, nel
limite complessivo di 15 milioni di euro, di
misure di politica attiva del lavoro riferite
a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi enti da almeno un
triennio, nonché ai soggetti, provenienti dal
medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1
dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni, e prorogate nelle more di una
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definitiva stabilizzazione occupazionale di
tali soggetti; ulteriormente stabilendo che,
« in presenza delle suddette convenzioni, il
termine di cui all’articolo 78, comma 2,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è
prorogato al 31 dicembre 2007 » e che « ai
fini di cui al presente comma, il Fondo per
l’occupazione, di cui all’articolo 1, comma
7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1993, n. 236, è rifinanziato di 50
milioni di euro per l’anno 2007 ».
Allo scopo di definire un percorso condiviso, si è richiesto al citato Dicastero un
approfondimento congiunto della delineata
problematica e si è offerta la massima
disponibilità a porre in essere i necessari
interventi di coordinamento attivo presso
gli Enti Parco interessati finalizzati a promuovere la costituzione di idonei strumenti
a connotazione associativa, ai quali, con il
necessario coinvolgimento dei competenti
Enti territoriali (in primo luogo, le Regioni), venga rimessa l’individuazione di progetti di tendenziale stabilizzazione occupazionale qualificati dall’impiego delle risorse
lavorative in attività sia strumentali al
perseguimento delle finalità istituzionali degli Enti Parco, sia comunque connesse ad
esigenze di complessiva valorizzazione territoriale comuni ai soggetti esponenziali
delle comunità locali.
Per quanto riguarda, in particolare, la
situazione dei lavoratori oggetto dell’Interrogazione Parlamentare cui si risponde, si fa
presente che con nota del 25 gennaio scorso
la Direzione per la Conservazione della natura, in adesione a specifica richiesta dell’Ente Parco del Cilento e Vallo di Diano, ha
comunicato al medesimo Ente il proprio assenso al perfezionamento di una proroga
delle convenzioni scadute (Ente Parco/ATI
fra CNS (Consorzio Nazionale Servizi) – Arcella ed Ente Parco/ATI fra CNS (Consorzio
Nazionale Servizi)– C.I.C.L.A.T.), per un periodo di tre mesi, nelle more della definizione
interpretativa del quadro normativo di riferimento.
Si segnala infine che in data 1o febbraio
scorso il citato Ente ha comunicato l’indisponibilità dell’ATI CNS-CICLAT alla prospettata proroga trimestrale della conven-
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zione, contestualmente richiedendo un incontro presso la predetta Direzione che, allo
scopo, sta provvedendo ad acquisire la
disponibilità del Ministero del Lavoro e
della Previdenza Sociale.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
BURCHIELLARO e RUGGERI. — Al
Ministro delle comunicazioni. — Per sapere
– premesso che:
l’ufficio postale della frazione di Belforte nel comune di Gazzuolo, in provincia
di Mantova, è sito in uno stabile la cui
proprietaria ha comunicato a Poste Italiane Spa il recesso dal contratto di locazione a far tempo dal 23 maggio 2006;
gli anziani proprietari alloggiano al
primo piano dello stabile in questione e
necessitano per motivi di salute di trasferirsi al più presto al piano terreno, attualmente occupato dall’ufficio postale;
l’attuale sede è inoltre inidonea, in
quanto insufficiente a contenere più di
quattro o cinque persone, con l’aggravante
che tale situazione obbliga gli utenti, tra i
quali molti anziani, a stazionare lungo la
via, esposti al freddo, al caldo e ai pericoli
del traffico;
il comune di Gazzuolo in accordo
con Poste Italiane Spa, nell’intento di
migliorare un servizio pubblico ritenuto
indispensabile per la realtà rurale del
proprio territorio, si è fatto carico di
reperire un’altra sede costruendo i locali
ex novo in una zona centrale della frazione e fornendoli di tutti i comfort necessari;
il contratto di locazione, non ancora
stipulato per iscritto, è stato, nel frattempo, concordato verbalmente per la
somma irrisoria e simbolica di 3.000 euro
annui, al fine di agevolare la permanenza
del servizio postale in questa parte del
territorio comunale;
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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IX
AI RESOCONTI
i lavori di costruzione di tale nuovo
plesso sono stati ultimati fin dal mese di
settembre del 2006 e quindi sono da
tempo utilizzabili per il nuovo ufficio
postale;
contattata più volte, la filiale di Mantova di Poste Italiane Spa ha ribadito a più
riprese che la pratica di trasferimento
dell’ufficio postale di Belforte nei nuovi
locali messi a disposizione dall’amministrazione comunale, è di competenza della
sede centrale di Roma di Poste Italiane
Spa e che tale richiesta è stata inoltrata da
tempo –:
se il Ministro non ritenga necessario
intervenire con urgenza presso Poste Italiane Spa per scongiurare l’ingiustificato
protrarsi di una situazione di disservizio
che danneggia i cittadini di Belforte e reca
un inaccettabile disagio agli anziani proprietari dello stabile occupato dall’ufficio
postale in questione.
(4-02674)
RISPOSTA. — Si ritiene opportuno ricordare che a seguito della trasformazione
dell’ente Poste Italiane in società per azioni
(delibera CPE 18 dicembre 1997), il Governo non ha il potere di sindacare gli
aspetti organizzativi riguardanti la gestione
aziendale, che rientra nell’ambito dell’autonomia della società, la quale, tuttavia, è
tenuta ad impostare i propri programmi
strategici alla luce della vigente normativa
che impegna la stessa società al conseguimento ed al mantenimento dell’equilibrio
gestionale, nonché al raggiungimento di
livelli di efficienza ed affidabilità del servizio paragonabili a quelli degli altri Paesi
europei.
Al Ministero delle comunicazioni –
quale Autorità di regolamentazione del settore postale – spetta il compito di vigilare
sul corretto adempimento degli obblighi
derivanti dallo svolgimento del servizio universale; in particolare provvede all’accertamento del raggiungimento degli obiettivi di
qualità da essa stessa definiti, riguardanti
l’intero territorio nazionale per ciò che
riguarda i tempi di recapito, per i servizi di
posta standard, massiva, registrata e pacchi
ordinari avvalendosi, ai fini del monitorag-
Camera dei Deputati
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gio di tali servizi, della collaborazione di un
organismo indipendente che fornisce con
cadenza semestrale rapporti certificati sui
risultati raggiunti, calcolati su base statistica, che sono resi pubblici nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana.
Ciò premesso in linea generale, riguardo
alla richiesta formulata nell’atto di sindacato ispettivo in esame, relativa al riposizionamento dell’ufficio postale di Belforte
in provincia di Mantova, si è provveduto ad
interessare la società Poste Italiane, la
quale ha comunicato che nel territorio del
comune di Gazzuolo sono situati gli uffici
postali di Gazzuolo e quello di Belforte.
Secondo quanto riferito, il contratto di
locazione afferente l’ufficio postale di Belforte è stato disdetto dal proprietario e
l’Azienda, al fine di evitare inutili disagi alla
clientela, si è tempestivamente attivata trasferendo temporaneamente l’ufficio in questione presso i locali messi a disposizione
dall’Amministrazione comunale, situati ad
una distanza di circa 300 metri dalla sede
attuale.
A completamento d’informazione, infine,
la società Poste Italiane, in considerazione
che al momento le relative procedure contrattuali di locazione sono in fase di perfezionamento, ha reso noto di prevedere che
la riapertura del presidio postale, nella
nuova sede, possa avvenire, verosimilmente,
entro la fine dell’anno in corso.
Il Ministro delle comunicazioni:
Paolo Gentiloni Silveri.
CARLUCCI, IANNARILLI e DI VIRGILIO. — Al Ministro della giustizia. — Per
sapere – premesso che:
l’onorevole Giulio Gargano è stato
arrestato il 7 luglio 2006 in esecuzione del
provvedimento emesso dal GIP di Roma su
richiesta della procura della Repubblica
nell’ambito dell’indagine relativa alle dichiarazioni della cosiddetta « Lady Asl »;
i reati contestati configurano un’ipotetica associazione a delinquere, unitamente a numerosi funzionari regionali e
direttori di Asl, e tre episodi di corruzione
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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X
AI RESOCONTI
connessi ad una delibera adottata dall’Ipab San Michele, alla quale l’onorevole
Gargano risulta estraneo, e due delibere
adottate dalla Giunta regionale del Lazio
in materia sanitaria per convenzioni in
ordine a prestazioni assistenziali;
l’onorevole Gargano ha dimostrato di
non essere mai stato assessore regionale
alla sanità e di essere risultato assente
dalle riunioni di giunta nel corso delle
quali sono stati adottati i provvedimenti
oggetto dell’ipotetica corruzione;
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cardiaca ma ha ritenuto che la patologia
non è incompatibile con lo stato di detenzione;
l’onorevole Gargano, ormai detenuto
da due mesi, non risulta oggetto di ulteriori attenzioni investigative, tali da comportare la detenzione in carcere;
lo stato di detenzione in carcere
comporta un grave stato di depressione ed
esso impedisce l’assunzione di farmaci di
sostegno alla patologia cardio-circolatoria;
gli unici elementi a carico dell’onorevole Gargano sono costituiti da una
dichiarazione della signora Iannuzzi (Lady
Asl), relativa alla dazione di denaro dapprima nel periodo 2002-2003 e poi nel
2005;
i reati contestati all’onorevole Gargano rientrano tutti nel provvedimento di
indulto di cui alla legge n. 241 del 2006,
per cui, ove anche fosse condannato, non
tornerebbe più in carcere; malgrado ciò
l’autorità giudiziaria rifiuta di rimetterlo
in libertà;
tali dichiarazioni tuttavia, per quanto
risulta agli interroganti, non hanno ricevuto alcun riscontro obiettivo né nei movimenti bancari dei conti della Iannuzzi e
delle sue società, né nei movimenti delle
carte di credito a questa riferibili, né
aliunde;
il tribunale di Roma ha ritenuto
insussistente il reato di associazione a
delinquere per altri coindagati, e di conseguenza, secondo gli interroganti, ciò varrebbe anche per l’onorevole Gargano, al
quale tuttavia non sono stati applicati i
benefici di tale pronuncia;
l’onorevole Gargano ha sempre negato ogni responsabilità e la ricezione di
somme di denaro;
la custodia cautelare ha come presupposti il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, di reiterazione del
reato;
dopo il primo interrogatorio, avvenuto alla metà di luglio 2006, non è più
stato interrogato;
i soggetti colpiti dallo stesso provvedimento cautelare sono stati rimessi in
libertà o posti agli arresti domiciliari,
mentre l’onorevole Gargano è ancora detenuto;
l’onorevole Gargano non può in alcun
modo reiterare alcun reato, non appartenendo alla compagine di maggioranza dell’assemblea regionale del Lazio né conseguentemente alla giunta di governo, non
può in alcun modo incidere, neppure indirettamente, su convenzioni, prestazioni
ad altra attività amministrativa;
le sue condizioni di salute sono gravi,
per una sofferenza cardiaca congenita già
manifestatasi più volte negli ultimi anni:
egli è svenuto più volte in carcere durante
la notte e, per quanto risulta agli interroganti, sarebbe rimasto in terra per oltre
un’ora prima di ricevere i soccorsi;
non vi è alcun pericolo di inquinamento delle prove, sia per l’inesistente
capacità di incidenza sull’apparato amministrativo regionale per effetto di quanto
precede sia, soprattutto, in virtù di provvedimenti di sequestro ed acquisizione di
tutti gli atti rilevanti ai fini dell’indagine;
la struttura sanitaria del carcere ha
chiesto una visita specialistica ancora non
effettuata ed un medico nominato dal Gip
ha riscontrato effettivamente la malattia
non vi è, infine, per ragioni fin
troppo evidenti di natura economica
nonché di radicamento nel territorio il
pericolo di fuga;
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
pertanto secondo gli interroganti non
risulta giustificabile in alcun modo la sua
detenzione;
sulla questione è intervenuto anche il
garante dei detenuti che, sottolineando la
gravità delle condizioni di salute dell’onorevole Gargano, ne ha rilevato l’assoluta
incompatibilità con il regime carcerario;
l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati non può che svolgersi all’interno
del dettato normativo e non può tradursi
in alcuna discrezionalità, ancor più in
presenza di una restrizione della libertà
del cittadino;
casi analoghi hanno visto soluzioni
restrittive o punitive sia presso gli uffici
giudiziari di Roma che in altri (recentemente nei confronti di un politico regionale calabrese dei DS), con l’evidente rischio di una incomprensibile disparità di
trattamento dell’onorevole Gargano –:
quali iniziative intende adottare allo
scopo di valutare la sussistenza nella fattispecie illustrata in premessa dei presupposti per un’eventuale promozione di
un’azione disciplinare a carico dei magistrati investiti del processo nei confronti
dell’onorevole Gargano.
(4-01613)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare
in primo luogo necessario sintetizzare i
passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nell’informativa trasmessa dal Procuratore
della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa dal Gip di Roma in data 6 luglio
2006 erano quelli di associazione a delinquere e di concorso in più fatti di corruzione. Detta associazione, sulla base della
ricostruzione fornita dal Gip di Roma,
consentiva la permanente spoliazione delle
casse della sanità regionale per centinaia di
milioni di euro, attraverso la realizzazione
sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di altre condotte
illecite.
Camera dei Deputati
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Nell’informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a
Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata
Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su
riscontri e conferme indiziarie in ordine
alla natura dei rapporti intercorsi tra il
predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell’interrogazione, come si è già
avuto modo di sottolineare in occasione
della risposta all’interpellanza n. 2-00258
dell’onorevole Carlucci, nell’immediatezza, si
è delegata alla Direzione generale magistrati
l’acquisizione di notizie presso la Procura
della Repubblica di Roma, al fine di verificare la fondatezza delle censure mosse dall’interrogante in merito all’operato dei magistrati che si sono occupati del procedimento
penale a carico di Giulio Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti
trasmessi dal Procuratore della Repubblica
di Roma, il provvedimento di custodia
cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei
confronti del consigliere regionale del Lazio
Giulio Gargano, ha ricevuto l’avallo della
Suprema Corte che, con sentenza n. 34189
del 2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha
rigettato il ricorso presentato dal Gargano,
ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i
gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 codice di procedura penale, sia le
esigenze cautelari richieste dall’articolo successivo, in particolare argomentando in
ordine alla « inadeguatezza di ogni altra
misura cautelare personale diversa dalla
custodia in carcere ».
Quanto alla asserita incompatibilità
della misura custodiale con le precarie
condizioni di salute del Gargano, dalla
disamina degli atti sopraindicati si desume
che al medesimo sono state consentite tutte
« le visite mediche specialistiche da parte di
sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti
disposti dal giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato
alcuna situazione di incompatibilità con la
custodia in carcere che, comunque, come
per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione ». Come specificato dal Dipartimento
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XII
AI RESOCONTI
dell’amministrazione penitenziaria, fin dal
suo ingresso in carcere il Gargano è stato
sempre ristretto presso la casa circondariale
di Roma Regina Coeli, istituto dotato di
centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per
le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il
Gargano è stato ricoverato presso l’ospedale
San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6
novembre 2006 e, successivamente, dall’ 8
novembre al 16 novembre 2006 presso
l’ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro
clinico dell’Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è
stato di nuovo ricoverato presso l’ospedale
S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall’interrogante risultano aver già avuto, nella
naturale sede procedimentale, un’approfondita e rituale occasione di verifica, sia
presso il gip sia, soprattutto, presso la Corte
suprema, onde non si ritiene che sussistano
profili costituenti il presupposto di
un’azione disciplinare.
Il Procuratore della Repubblica di
Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l’ordinanza cautelare sono state definite – nel
procedimento n. 46614 del 2006 (Registro
generale delle notizie di reato), costituente
stralcio dal procedimento n. 26284 del
2006 – con sentenza del Gup del 28
dicembre 2006, che, in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti ai sensi
dell’articolo 44 codice procedura penale, ha
inflitto all’imputato la pena di 4 anni e 4
mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è
stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
Camera dei Deputati
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CARUSO e ACERBO. — Al Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare. — Per sapere – premesso che:
il « Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio
e Molise » (PNALM), inaugurato il 9 settembre 1922 al fine di tutelare la flora e
la fauna dell’Appennino centrale, in poco
tempo si è affermato come modello per la
difesa dell’ambiente e per la protezione
della natura in tutte le sue forme;
gli ampi spazi naturali del Parco
custodiscono ricchezze naturalistiche d’incomparabile valore;
il PNALM, con un estensione di
50.000 ettari ed oltre 100.000 ettari di
Area Contigua Esterna, permette la conservazione di una flora ricca di oltre 2.000
specie di piante superiori, e di una fauna
tipica estremamente diversificata rappresentata da oltre 60 specie di mammiferi,
300 di uccelli, eccetera;
la storia del PNALM è da sempre
caratterizzata dal continuo sforzo di armonizzare gli imperativi della conservazione con le esigenze dello sviluppo. Questo Parco Nazionale non solo è oggi il più
antico d’Italia ed una istituzione di riferimento per la conservazione della natura,
ma è altresı̀ uno strumento di sviluppo
sociale ed economico che ha fatto del
rispetto dell’ambiente un punto di riferimento imprescindibile;
oggi il Parco si trova a dover sopportare una grave crisi gestionale che sta
mettendo a repentaglio tutto quello realizzato fino ad oggi. È infatti a rischio, la
sopravvivenza stessa dell’Ente, con tutte le
enormi conseguenze che questa situazione
potrebbe comportare in tema di protezione ambientale e di sviluppo locale;
da ormai quasi due anni il PNALM è
senza un presidente e senza un Cda.
Questa grave situazione ha prodotto, come
descritto dal quotidiano Il Centro in data
25 novembre 2006, « una paralisi amministrativa che lo sta portando ad essere un
carrozzone che elargisce solo stipendi e
non un traino fondamentale per lo sviluppo socio-economico del territorio »;
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XIII
AI RESOCONTI
lo stesso commissariamento, gestito
con estrema professionalità dal dottor
Giuseppe Rossi, è segnato dall’ennesima
forma di precarietà a causa delle continue
proroghe (la prossima scadrà fra pochi
giorni);
in data 19 novembre 2006 il direttore
responsabile del periodico del PNALM
« Parco Perché » ha formalizzato la sua
recessione dall’incarico legale di responsabile della testata ufficiale del PNALM in
quanto l’Ente non avrebbe mai proceduto
a stilare il contratto di incarico professionale e a sottoscriverlo, nonostante le reiterate istanze del giornalista;
dopo anni di attesa, con la determinazione n. 349 dell’11 settembre 2006, il
PNALM ha indetto la « procedura selettiva
per la stabilizzazione del personale non di
ruolo ai sensi della legge n. 248 del 2
dicembre 2005 » attraverso un « concorso
per titoli e corso-concorso »; da tale data
sino al 20 di novembre 2006 non è accaduto nulla, dopo di che in due settimane
scarse la direzione ha messo in moto un
incessante ritmo formativo per il personale partecipante al corso-concorso che ha
visto il susseguirsi serrato e sovrapposto di
lezioni. Docenti e allievi infatti non sapevano a quale corso partecipare o dovevano, nei migliore dei casi, seguire diversi
corsi contemporaneamente. Questi corsi si
sono svolti persino sulla comparazione tra
situazione legislativa in Italia e in Cile, con
tanto di appunti e lezione in madrelingua
spagnola. Tralasciando la dubbia efficacia
di tali corsi, agli interroganti appare però
sospetta la decisione, con determina n. 461
del 15 novembre 2006, di stabilire la data
della prova scritta per il giorno 30 novembre, e cioè esattamente un giorno dopo la
fine dei suddetti corsi di formazione –:
se non ritenga opportuno attivarsi
affinché vengano accelerate le procedure
per la nomina del nuovo presidente e del
nuovo Cda del PNALM;
se non ritenga opportuno, sulla base
del proprio potere di vigilanza, verificare
la legittimità della procedura selettiva per
la stabilizzazione del personale non di
ruolo;
Camera dei Deputati
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quali misure intenda adottare per
chiudere la fase di crisi gestionale che sta
caratterizzando questi ultimi anni di vita
del PNALM.
(4-01840)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione in esame concernente la crisi gestionale del Parco Nazionale d’AbruzzoLazio-Molise, con richiesta di stabilizzazione del personale e nomina del Presidente,
si riferisce quanto segue.
In merito al primo quesito relativo
all’opportunità di attivarsi affinché vengano
accelerate le procedure per la nomina del
nuovo presidente del nuovo Consiglio di
Amministrazione del PNALM, ed al secondo
quesito circa le misure che si intendono
adottate per chiudere la fase di crisi gestionale che sta caratterizzando questi ultimi anni di vita del parco si fa presente
che, al fine di superare la gestione straordinaria dell’Ente parco nazionale d’Abruzzo
Lazio e Molise, sono state già avviate le
procedure per la ricostituzione del Consiglio
Direttivo con la richiesta delle designazioni
previste dal comma 4 dell’articolo 9 della
legge 394 del 1991 ed è stata raggiunta
l’intesa con le Regioni Abruzzo e Lazio sulla
nomina del Presidente dell’Ente dell’attuale
Commissario Straordinario Giuseppe Rossi.
Per quanto attiene il terzo quesito posto
dagli onorevoli interroganti sull’opportunità, sulla base del potere di vigilanza, di
verificare la legittimità della procedura selettiva per la stabilizzazione del personale
non di ruolo, si fa presente che nell’esercizio dell’attività di vigilanza prevista dalla
legge 20 marzo 1975 n. 70, e preso atto dei
pareri favorevoli resi dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalla Presidenza del
Consiglio dei ministri Dipartimento della
funzione pubblica, l’Amministrazione che
rappresento ha provveduto ad approvare la
deliberazione n. 41 del 2005 con la quale
l’Ente ha determinato il proprio fabbisogno
triennale di personale (articolo 39, comma
1, legge 27 dicembre 1997 n. 449).
Con detta deliberazione l’Ente ha stabilito di soddisfare tale fabbisogno in parte
mediante progressioni ordinamentali del
personale di ruolo, secondo i criteri risul-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XIV
AI RESOCONTI
tanti dal contratto integrativo, ed in parte
attraverso contratti di lavoro da stipulare
con il personale interessato dal processo di
stabilizzazione.
Tale processo di stabilizzazione è stato
previsto
dall’articolo
11-quaterdecies,
comma 7, del decreto legislativo 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge 2
dicembre 2005 n. 248.
Con decreto del Presidente della Repubblica del 28 aprile 2006, l’Ente parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise viene
autorizzato alle assunzioni previste dal programma dei fabbisogni per l’anno 2006 ai
sensi dell’articolo 1, comma 95, 96 e 97
della legge 30 dicembre 2004 n. 311, per un
importo
complessivo
pari
a
euro
2.500.000,00.
A seguito dell’approvazione da parte
della Direzione competente del Ministero
dell’ambiente della delibera programmatica
relativa al fabbisogno triennale di personale, l’Ente ha provveduto ai consequenziali adempimenti mediante l’adozione di
provvedimenti dirigenziali, che non rientrano tra gli atti sottoposti alla vigilanza del
Ministero dell’ambiente.
La Direzione competente ha comunque
ritenuto necessario chiedere informazioni
in ordine alle procedure utilizzate per la
stabilizzazione del personale fuori ruolo.
Al riguardo, il Direttore del Parco ha
comunicato che, nelle more del processo di
stabilizzazione del personale fuori ruolo,
poiché occorreva assicurare la piena funzionalità dei servizi senza soluzione di continuità mentre i contratti col personale
interessato andavano a scadenza il 31 dicembre 2005, l’Ente ha provveduto alla
stipula di contratti a tempo determinato
sulla base di una procedura di evidenza
pubblica al fine di determinare le posizioni
giuridiche, tra quelle individuate nella programmazione dei fabbisogni, in cui contrattualizzare il personale suddetto in attesa di
stabilizzarlo (con la deliberazione 41 del
2005 era stato dato mandato al Direttore
per la stipula dei contratti in parola).
Assicurato in tal modo il funzionamento
dei servizi, sulla base di una concertazione
con le Organizzazioni sindacali, l’Ente, con
provvedimento dirigenziale n. 349 del 2006
Camera dei Deputati
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ha avviato le procedure per la stabilizzazione del personale precario mediante la
stipula di contratti di lavoro a tempo
indeterminato, nel rispetto della citata
norma contenuta nell’articolo 11-quaterdecies, comma 7, del decreto legislativo 30
settembre 2005, n. 203, convertito in legge
n. 248, del 2 dicembre 2005.
In particolare, è stata prevista una procedura per corso-concorso, con l’incarico
all’Università di Tor Vergata di Roma di
tenere appositi corsi propedeutici alla selezione e successivamente con la nomina di
una Commissione d’esame.
Le prove scritte sono state tenute in data
1o dicembre 2006, quelle orali il 12 gennaio
2007.
La selezione è avvenuta mediante valutazione dei titoli di anzianità (20p.), dei
titoli curriculari (10p.), delle prove scritte
(48p.) e delle prove orali (22p.).
I verbali delle graduatorie sono stati
affissi contestualmente alle prove.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CARUSO. — Al Ministro delle comunicazioni. — Per sapere – premesso che:
alcuni Comuni interni dell’Alto Tirreno, cosı̀ come tanti altri comuni montani
della Calabria, sono interessati da anni da
un preoccupante spopolamento, costante e
progressivo, anche a causa delle limitate
possibilità di sviluppo legate alle nuove
tecnologie ed ai loro costi eccessivi;
le cosiddette « autostrade informatiche » tecnologicamente più avanzate come
l’ADSL potrebbero rappresentare una concreta opportunità di sviluppo per i nuovi
« mestieri » legati direttamente ad internet
per quanti abbiano deciso comunque di
restare nei centri montani della Calabria e
dell’Alto Tirreno;
tale politica di sviluppo, se opportunamente sostenuta, potrebbe invertire anche una tendenza allo spopolamento che
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
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XV
AI RESOCONTI
ad oggi parrebbe inarrestabile andando a
favorire lo spostamento di « lavori » dalle
città ai centri montani attraverso il « Tele
Lavoro », creando cosı̀ quelle speranze e
prospettive attualmente negate per la
mancanza di pari opportunità legate soprattutto alla disponibilità di un servizio
sociale come l’ADSL;
ai cittadini che vivono nei paesi montani e che hanno fatto richiesta di potersi
avvalere di questa avanzata tecnologia che
rende non solo facili e veloci tutti i collegamenti che offre Internet ma soprattutto gli stessi economicamente convenienti, è stato risposto che solo di fronte
ad « un certo numero di abbonamenti » a
giustificazione dell’investimento, la Telecom, che agisce ancora in sostanziale regime di monopolio, sarebbe disposta a
predisporre le linee e gli apparati tecnologici necessari per l’ADSL;
in una petizione sottoscritta da circa
600 abitanti di Verbicaro (Cosenza) al
ministro delle Comunicazione e alla Società Telecom, di cui ampi stralci sono
stati pubblicati in data 26 febbraio 2006
dai quotidiani La provincia di Cosenza e
La gazzetta del sud, i cittadini verbicaresi
chiedono il riconoscimento del diritto di
poter usufruire della linea veloce internet
(ADSL), cosı̀ come assicurata al resto dei
cittadini italiani;
tale situazione assume gli aspetti di
stridente ingiustizia ove si consideri, poi,
che per la propria arcaica rete di telefonia
fissa gli utenti verbicaresi pagano le stesse
notevoli somme e la stessa quota fissa corrisposta da utenti di altri posti che godono
invece della linea veloce internet –:
se il Ministro abbia dati precisi sull’attuale situazione del programma di copertura del servizio ADSL nelle zone sopra
citate;
quali iniziative concrete intenda
adottare per assicurare uno sviluppo omogeneo dell’intero territorio nazionale legato anche alle opportunità che le nuove
tecnologie informatiche, come l’ADSL, offrirebbero alle aree interne calabresi;
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se, pur nella consapevolezza che la
strategia aziendale Telecom non può essere decisa dal Governo, non ritenga opportuno sollecitare la Telecom affinché
acceleri sensibilmente, già dall’anno in
corso, il programma di copertura del servizio ADSL nel comune di Verbicaro e
negli altri comuni dell’Alto Tirreno.
(4-03408)
RISPOSTA. — Si ritiene opportuno anzitutto premettere che per la fornitura dei
collegamenti ADSL non esiste alcun obbligo, né condizione di fornitura del servizio
a carico degli operatori, in quanto i collegamenti a larga banda esulano dall’ambito
del servizio universale, unica fattispecie per
la quale possono essere imposti agli operatori obblighi del servizio.
D’altra parte è noto che il Ministero
delle comunicazioni ha adottato ogni possibile iniziativa allo scopo di aumentare la
diffusione di tale mezzo trasmissivo ed
eliminare il cosiddetto digital divide, come
dimostrano sia l’erogazione di contributi
per i contratti di abbonamento al servizio di
accesso a larga banda ad Internet, sia i
finanziamenti previsti per gli investimenti
effettuati dalla società Infratel.
L’area di intervento, originariamente limitata al solo Mezzogiorno è stata estesa a
tutte le aree del Paese e con la legge 27
dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria
2007) sono state ulteriormente incrementate le risorse specificamente destinate al
finanziamento degli interventi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda
e di completamento del programma di sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da
parte del Ministero delle comunicazioni per
il tramite della società Infratel Italia, prevedendo lo stanziamento di 10 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e
2009, nonché l’assegnazione di ulteriori 50
milioni di euro per l’anno 2009 allo stesso
Ministero delle comunicazioni per le suddette finalità.
Allo stato, pertanto, la disponibilità totale dei fondi da parte della società Infratel
è di 320,1 milioni di euro dei quali, come
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XVI
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sopra indicato, 80 milioni derivanti da
stanziamenti previsti dalla legge finanziaria
2007.
Va inoltre sottolineato che uno degli
obiettivi di legislatura del Governo è proprio lo sviluppo della banda larga come
nuova frontiera del servizio universale,
come grande occasione di sviluppo del
Paese e di alfabetizzazione tecnologica della
popolazione.
Come è noto oggi la banda larga copre
l’88 per cento del territorio ed è intendimento del Governo arrivare, nei prossimi 4
anni, all’obiettivo del 98 per cento.
Per raggiungere tale risultato il Governo
ha istituito nei mesi scorsi un Comitato
della banda larga di cui fanno parte, oltre
al Ministro delle comunicazioni, anche il
Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro per le riforme e
le innovazioni nella pubblica amministrazione con lo scopo di coordinare, indirizzare
e supportare tutte le attività finalizzate allo
sviluppo della suddetta tecnologia nel territorio nazionale, a partire dall’approntamento di misure in grado di dare soluzione
al problema del digital divide.
Nel passato è mancato al nostro Paese
un approccio strategico coerente a sostegno
dello sviluppo del settore, il Comitato della
banda larga è chiamato a colmare tale
vuoto di iniziativa e ad elaborare una
organica politica del Governo sul tema, in
grado di raccogliere l’interesse e la condivisione di tutti i soggetti coinvolti, dalle
amministrazioni locali agli operatori, dai
fornitori di servizi agli utilizzatori, nella
convinzione che solo operando in sinergia
l’obiettivo potrà essere centrato.
Ciò premesso in linea generale, per
quanto concerne il comprensorio dell’Alto
Tirreno cosentino, ed in particolare il comune di Verbicaro (Cosenza) la predetta
società Infratel ha precisato che è tuttora in
corso l’implementazione della copertura in
banda larga, anche in relazione ai contatti
in corso con la Regione Calabria per concordare azioni congiunte, eventualmente sostenute da apporti finanziari di rinvenienza
regionale, per potenziare l’attività della società Infratel.
Camera dei Deputati
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In tale contesto la ripetuta società Infratel ha comunicato di prevedere l’effettuazione del collegamento della centrale di
commutazione di Telecom Italia entro i
primi mesi del 2008, mentre entro l’anno in
corso si provvederà al collegamento della
centrale di Santa Maria del Cedro.
A lavori ultimati gli utenti potranno
considerarsi abilitati alla banda larga in
quanto tutti gli operatori e provider di
telecomunicazioni saranno in grado di erogare servizi evolutivi e innovativi a favore
della locale popolazione.
Per quanto riguarda, invece, le aree
montane interne, di cui non è prevista la
copertura in fibra ottica stanti gli elevati
costi dell’eventuale intervento, allo stato
non sostenibili, nel prosieguo del programma « larga banda » la società Infratel
potrebbe effettuarne la copertura attraverso
tecnologie wireless.
Il Ministro delle comunicazioni:
Paolo Gentiloni Silveri.
CESARO, PAOLO RUSSO, NICOLA COSENTINO, FASOLINO e GIOACCHINO
ALFANO. — Al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole, alimentari
e forestali. — Per sapere – premesso che:
la legge 11 febbraio 1992, n. 157
contiene la normativa per la protezione
della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio e secondo il combinato
disposto degli articoli 27 comma 1 lettera
b) della citata legge e 28 comma 1 lettera
b) della legge regionale 8/96, l’esercizio
della vigilanza venatoria è affidato « alle
guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale
presenti nel Comitato tecnico faunisticovenatorio nazionale e a quelle delle associazioni ambientali riconosciute dal Ministero dell’ambiente »;
alla lettera a) dell’articolo 27 della
legge 157/92 sopra citata è previsto che la
vigilanza è affidata « agli agenti dipendenti
degli enti locali delegati dalle regioni » con
la funzione di polizia giudiziaria; nonché
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
al comma 2 che « la vigilanza di cui al
comma 1 è, altresı̀ affidata agli ufficiali e
sottoufficiali e guardie del corpo forestale
dello Stato, alle guardie addette ai parchi
nazionali e regionali, agli ufficiali e agenti
di polizia giudiziaria, alle guardie giurate
comunali, forestali e campestri ed alle
guardie private riconosciute ai sensi del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
e affidata altresı̀ a guardie e coloniche e
zoofile riconosciute da leggi regionali »;
nella provincia di Caserta, opera una
associazione ambientalista denominata
« Arci Pesca Fisa » che non risulta possedere i requisiti di cui agli articoli 27 e 28
delle succitate leggi in quanto non facente
parte del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale né tanto meno risulta
essere autorizzata dal Ministero dell’ambiente né riconosciuta da leggi regionali,
eppure ufficialmente affidataria del servizio di vigilanza venatoria in virtù di decreti emessi dalla provincia di Caserta che
le attribuiscono funzioni di polizia giudiziaria –:
se l’Arci Pesca Fisa sia un’associazione presente nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale o un’associazione ambientale riconosciuta dal Ministero dell’ambiente.
(4-01341)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo in esame,
riguardante l’esercizio della vigilanza venatoria, si comunica che la Provincia di
Caserta aveva, effettivamente, proceduto a
rilasciare nei confronti dei tre appartenenti
all’Associazione ARCI PESCA FISA, il decreto di guardia giurata volontaria ittica e
venatoria.
Peraltro, in data 6 novembre 2006, il
suddetto Ente, interessato in merito al
contenuto dell’interrogazione in oggetto, ha
annullato, in via di autotutela, i citati
decreti nella sola parte concernente la vigilanza venatoria. Tale annullamento è
stato determinato dalla circostanza che la
predetta associazione non fa parte del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, né rientra tra le Associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Mini-
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stero dell’ambiente, cosı̀ come prescritto,
quale requisito per il riconoscimento della
qualifica di guardia giurata, dall’articolo
27, comma 1, lettera b), della legge 11
febbraio 1992, n. 157.
Le suddette determinazioni sono state
supportate anche da un parere fornito alla
Provincia dal Dirigente del settore agricoltura, foreste, caccia e pesca della Regione
Campania che, con nota del 17 ottobre
2006, aveva comunicato che l’ARCI PESCA
FISA non era titolata a gestire l’attività
delle guardie venatorie volontarie.
Si sottolinea, peraltro, che i predetti
decreti di annullamento, riguardando solo
la qualifica di guardia giurata in materia di
vigilanza venatoria, hanno lasciato in vita il
conferimento di quella relativa alla vigilanza ittica.
Tale qualità appare legittimamente attribuita, ai sensi della legge 963 del 14 giugno
1965 e del regio decreto n. 1604 dell’8 ottobre 1931, riguardanti, rispettivamente, la pesca marittima e quella nelle acque interne, e
della circolare del Ministero dell’interno
n. 59/C.5408.10182.A del 23 gennaio 1991.
Infatti, la facoltà di proporre la nomina di
guardia giurata da destinare alla vigilanza
ittica è attribuita, rispettivamente dagli articoli 22 e 31 dei citati testi di legge, oltrechè
agli Enti Pubblici competenti, a « chiunque
ne abbia interesse ».
Al conferimento della qualifica di guardia giurata volontaria ittica, corrisponde,
ope legis, anche il riconoscimento della
qualifica di agente di polizia giudiziaria, ai
sensi dell’articolo 21, secondo comma, della
legge n. 963 del 1965 e dell’articolo 31,
secondo comma, del regio decreto n. 1604
del 1931.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CIOCCHETTI, FORMISANO, MOFFA,
RAMPELLI e IANNARILLI. — Al Ministro
della giustizia. — Per sapere – premesso
che:
il 7 luglio del corrente anno, nell’ambito dell’inchiesta della Procura romana
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XVIII
AI RESOCONTI
relativa agli illeciti nella sanità laziale,
avviata in seguito alle dichiarazioni di
Anna Iannuzzi, soprannominata « Lady
Asl », è stato arrestato il consigliere regionale del Lazio, Giulio Gargano, in esecuzione del provvedimento emesso dal Gip di
Roma su richiesta della Procura della
Repubblica;
tra i reati contestati al consigliere
Gargano figurano un’ipotetica associazione
a delinquere, unitamente ad altri funzionari regionali e direttori di Asl, e in
particolare tre episodi di corruzione connessi ad una delibera adottata dall’ente di
assistenza ex Ipab San Michele di Roma,
alla quale il consigliere Gargano risulta
estraneo, e due delibere adottate dalla
giunta regionale del Lazio in materia sanitaria per convenzioni in ordine a prestazioni assistenziali;
dopo un periodo di custodia cautelare, gli altri indagati nell’ambito di questa
inchiesta sono stati rimessi in libertà o
posti agli arresti domiciliari, mentre il
consigliere Gargano, che si è sempre detto
estraneo ai fatti addebitatigli e ha sempre
negato la ricezione di somme di denaro, è
ancora detenuto nonostante, a distanza di
ormai 4 mesi dall’arresto, non risulti essere oggetto di ulteriori attenzioni investigative, tali da comportarne la detenzione
in carcere;
secondo gli interroganti la scarcerazione del consigliere Gargano non comporterebbe alcun rischio di reiterazione
dei reati, dal momento che egli non fa più
parte né dello schieramento di maggioranza nel Consiglio regionale del Lazio né
della giunta di governo, e pertanto non
potrebbe incidere, neppure indirettamente,
su alcuna attività amministrativa;
sulla delicata questione è intervenuto,
nei giorni scorsi, anche il Garante dei
Detenuti, il quale ribadendo la gravità
delle condizioni di salute dell’ex assessore
regionale Gargano, assolutamente incompatibili con il regime carcerario cui è
attualmente sottoposto, ha rilasciato le
seguenti dichiarazioni: « Sono rimasto davvero impressionato dalle condizioni in cui
Camera dei Deputati
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si trova quello che, fino a pochi mesi fa,
era un mio avversario politico sui banchi
del Consiglio Regionale del Lazio. Gargano
è attualmente ospitato nel centro clinico di
Regina Coeli. L’ho trovato su una sedia a
rotelle, dimagrito e in condizioni fisiche e
psichiche davvero gravi. Mi è stato riferito
che, a causa dei problemi cardiaci,
avrebbe urgente bisogno di un pacemaker.
Per questo motivo era stato trasferito
all’ospedale San Camillo dove, però, ha
rifiutato l’operazione ed è stato quindi
riportato di nuovo in carcere. Ciò mi
spinge a chiedere alle autorità preposte di
intervenire per salvare la vita di quest’uomo che, prima ancora di essere un
politico è un detenuto e come tale ha
diritto alla tutela della sua dignità e della
sua salute »;
in data odierna, il consigliere Gargano è stato ricoverato presso l’ospedale
Sandro Pertini di Roma, per essere sottoposto ad adeguati e impellenti interventi
medici e chirurgici che provvedano a ristabilire le sue ormai precarie condizioni
di salute;
l’interrogante, stante la realtà dei
fatti precedentemente delineati, ritiene che
nei confronti del consigliere Gargano vi sia
stato un accanimento giudiziario indegno
di un paese civile e democratico, in cui la
dignità degli uomini viene calpestata in
maniera inaccettabile;
sempre secondo l’interrogante, la magistratura per assolvere al suo dovere di
accertare la verità non dovrebbe aver
bisogno di ricorrere a provvedimenti di
inflessibile carcerazione preventiva di una
persona, per di più, come nel caso in
questione, in evidenti precarie condizioni
di salute, al solo scopo di ottenere da
questa una piena confessione –:
quali provvedimenti, per quanto di
sua competenza, intenda adottare allo
scopo di verificare la sussistenza di eventuali illeciti disciplinari nell’operato dei
magistrati nei confronti del consigliere
Gargano, l’uso che viene fatto della carcerazione preventiva.
(4-01614)
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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XIX
AI RESOCONTI
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare
in primo luogo necessario sintetizzare i
passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nell’informativa trasmessa dal Procuratore
della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa dal giudice per le indagini preliminari di Roma in data 6 luglio 2006 erano
quelli di associazione a delinquere e di
concorso in più fatti di corruzione. Detta
associazione, sulla base della ricostruzione
fornita dal giudice per le indagini preliminari di Roma, consentiva la permanente
spoliazione delle casse della sanità regionale
per centinaia di milioni di euro, attraverso
la realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di
altre condotte illecite.
Nell’informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a
Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata
Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su
riscontri e conferme indiziarie in ordine
alla natura dei rapporti intercorsi tra il
predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell’interrogazione, come si è già
avuto modo di sottolineare in occasione
della risposta all’interpellanza n. 2-00258
dell’onorevole Carlucci, nell’immediatezza,
si è delegata alla Direzione generale magistrati l’acquisizione di notizie presso la
Procura della Repubblica di Roma, al fine
di verificare la fondatezza delle censure
mosse dall’interrogante in merito all’operato dei magistrati che si sono occupati del
procedimento penale a carico di Giulio
Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti
trasmessi dal Procuratore della Repubblica
di Roma, il provvedimento di custodia
cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei
confronti del consigliere regionale del Lazio
Giulio Gargano, ha ricevuto l’avallo della
Suprema Corte che, con sentenza n. 34189
del 2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha
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rigettato il ricorso presentato dal Gargano,
ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i
gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 del codice di procedura penale, sia
le esigenze cautelari richieste dall’articolo
successivo, in particolare argomentando in
ordine alla « inadeguatezza di ogni altra
misura cautelare personale diversa dalla
custodia in carcere ».
Quanto alla asserita incompatibilità
della misura custodiale con le precarie
condizioni di salute del Gargano, dalla
disamina degli atti sopraindicati si desume
che al medesimo sono state consentite tutte
« le visite mediche specialistiche da parte di
sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti
disposti dal giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato
alcuna situazione di incompatibilità con la
custodia in carcere che, comunque, come
per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione ». Come specificato dal Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria, fin dal
suo ingresso in carcere il Gargano è stato
sempre ristretto presso la casa circondariale
di Roma Regina Coeli, istituto dotato di
centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per
le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il
Gargano è stato ricoverato presso l’ospedale
San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6
novembre 2006 e, successivamente, dall’8
novembre al 16 novembre 2006 presso
l’ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro
clinico dell’Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è
stato di nuovo ricoverato presso l’ospedale
S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall’interrogante risultano aver già avuto, nella
naturale sede procedimentale, un’approfon-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XX
AI RESOCONTI
dita e rituale occasione di verifica, sia
presso il giudice per le indagini preliminari
sia, soprattutto, presso la Corte suprema,
onde non si ritiene che sussistano profili
costituenti il presupposto di un’azione disciplinare.
Il Procuratore della Repubblica di
Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l’ordinanza cautelare sono state definite – nel
procedimento n. 46614 del 2006 Registro
generale delle notizie di reato) costituente
stralcio dal procedimento n. 26284 del
2006 – con sentenza del giudice per le
udienze preliminari del 28 dicembre 2006,
che, in sede di applicazione della pena su
richiesta delle parti ai sensi dell’articolo
444 del codice di procedura penale ha
inflitto all’imputato la pena di 4 anni e 4
mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è
stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
CIRIELLI. — Al Ministro dell’interno. —
Per sapere – premesso che:
da quanto si evince dall’articolo pubblicato, in data giovedı̀ 8 febbraio 2007,
dal quotidiano Il Salernitano, sembrerebbe
che, tramite una telefonata anonima
giunta alla redazione dello stesso quotidiano, siano state perpetrate « ... minacce
di morte... » nei confronti del Signor Mariano Falcone e del Signor Cristofaro Salvati, rispettivamente Presidente del Circolo
di Alleanza Nazionale « F. Cozzolino » di
Scafati (Salerno) e Consigliere del Comune
di Scafati;
dal testo del predetto articolo si
evince che la telefonata anonima
è
giunta « ... alla Redazione del quotidiano Il
Salernitano ieri pomeriggio intorno alle 15.
Dall’altro capo del telefono un uomo senza
inflessioni dialettali ha telefonato alla redazione del quotidiano salernitano, ha
intimato al giornalista Elio Lancillotti di
prendere carta e penna ed a scrivere senza
se e senza ma... »;
Camera dei Deputati
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da quanto citato nell’articolo allegato
alla presente interrogazione sembrerebbe
che: « ... L’interlocutore ha pronunciato
frasi all’indirizzo dei “demoni fascisti” colpevoli di eccessivo attivismo politico » puntando il dito nello specifico verso Mariano
Falcone e Cristofaro Salvati colpevoli di
essere troppo protagonisti nelle battaglie
politiche. L’interlocutore ha quindi concluso la telefonata dicendo a chiare lettere
che « se i due non rallentano la loro
attività politica ...gliela faremo pagare... »;
alla fine della telefonata anonima,
oggetto della presente interrogazione, pare
che l’interlocutore abbia cosı̀ firmato la
sua minaccia: « ... Nuclei Armati Proletari
Antifascisti. »;
da quanto si evince dal testo del
predetto articolo sembrerebbe che la telefonata sia giunta da un’utenza telefonica
privata ovvero, cosı̀ come citato dall’articolo « ...quasi sicuramente da una cabina
telefonica ...e che la voce misteriosa quasi
sicuramente leggeva un volantino... » –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in
premessa e, se corrispondenti al vero,
quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-02552)
RISPOSTA. — Secondo quanto riferito dal
Prefetto di Salerno, nel pomeriggio del 7
febbraio 2007 un anonimo interlocutore ha
telefonato alla redazione del quotidiano Il
Salernitano e, dichiarandosi portavoce del
« Nucleo armato proletari antifascisti » –
sigla mai prima evidenziatasi in quella
provincia – ha rivolto minacce nei confronti di due esponenti di Alleanza Nazionale, attivi nell’ambito del Comune di Scafati (Salerno);
A seguito dell’episodio, è stata disposta
fin dal giorno successivo la misura della
vigilanza generica radio collegata in favore
dei minacciati.
Il 21 febbraio 2007, si è tenuta presso
quella Prefettura-Ufficio territoriale del Governo un’apposita riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia sia per
un’esaustiva analisi dell’episodio, sia per la
valutazione dei profili di rischio.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
Secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, le minacce sono risultate, alla luce
delle prime indagini, prive di fondamento,
nè sono emersi gli elementi di rischio
previsti dalle vigenti disposizioni in materia
di adozione delle misure di tutela; conseguentemente è stata decisa la revoca della
vigilanza generica precedentemente adottata.
Proseguono, comunque, il monitoraggio
della situazione di rischio e le investigazioni
per risalire all’autore della telefonata minatoria. Restano, inoltre, elevati i livelli di
attenzione da parte delle Autorità di pubblica sicurezza nei confronti di tutti quegli
eventi che possono incidere negativamente
sulla sicurezza e la libertà di espressione
degli esponenti di tutte le componenti politiche.
A tal fine, le Forze di polizia dispongono
e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, le misure per assicurare, da un lato, un più capillare controllo
del territorio, dall’altro l’intensificazione
dell’informazione preventiva per il monitoraggio costante delle attività svolte da aderenti ai gruppi politici più estremisti degli
opposti schieramenti.
Il
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
D’AGRÒ. — Al Ministro della giustizia.
— Per sapere – premesso che:
l’attuale situazione della Casa circondariale di via Due Palazzi di Padova fa
presupporre la concreta possibilità a breve
di una sua chiusura definitiva;
si tratta di una struttura costruita da
molti decenni, con una concezione arcaica
dei diritti dei detenuti in attesa di giudizio,
dove, a quanto risulta all’interrogante,
sono spesso ammassati circa 250 detenuti
in luogo della capienza stabilita nell’autorizzazione iniziale (92 posti + 6 di isolamento) e dove sono inqualificabili la fatiscenza dei servizi e sottoservizi, la difficoltà di effettuare manutenzioni ordinarie,
le nutrite colonie di topi, i bagni nelle
celle, la eccessiva promiscuità;
Camera dei Deputati
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la costruzione della nuova struttura,
a fianco della vecchia, della quale è prevista l’apertura nei prossimi giorni, è il
risultato atteso da molti anni;
nonostante il netto miglioramento
della qualità della vita (sale climatizzate,
nuova infermeria, aula informatica, biblioteca, spazi per attività ludica), la nuova
struttura è decisamente più piccola dell’attuale e, per quanto si possa lavorare su
funzionalità e razionalità al fine di ottimizzare gli spazi e le funzioni da svolgere,
la situazione è difficile per il benessere sia
dei detenuti sia degli operatori di polizia
penitenziaria;
una cella standard è di circa venti
metri quadrati, compresa la cucina e lo
spazio per il bagno attiguo alla cella, con
la presenza di tre file di tre letti a castello
per un totale di nove posti letto;
il nuovo edificio ha una capienza
regolamentare di 84 posti, ma all’atto
dell’apertura sarà occupata dagli attuali
detenuti della vecchia struttura (160 persone);
se a tale situazione si aggiunge il
tasso di criminalità presente nella provincia di Padova (uno dei più alti del Veneto)
si comprende come gli spazi siano fortemente inadeguati per le attività di recupero, riabilitazione e vita sociale;
nello stesso tempo la vecchia struttura, già ora fatiscente, una volta dimessa,
non sarà più in condizione di svolgere
alcuna funzione, neanche di tipo emergenziale;
la mancanza di spazi idonei provoca
contestualmente la crescita dei pericoli
sociali connessi ai conflitti tra detenuti,
alla mancanza di privacy, all’insorgenza
delle liti, alla promiscuità tra detenuti di
diverse nazionalità e appartenenze religiose, al lavoro degli operatori di polizia in
sezione;
il fondo nazionale per l’ammodernamento delle strutture carcerarie dovrebbe
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
essere garantito nelle risorse indispensabili
ad un efficace piano di ristrutturazione
degli istituti;
sebbene la riduzione dei detenuti, a
seguito dell’indulto, abbia evitato una rivolta sociale nelle carceri italiane, non ha
determinato un risparmio economico in
quanto se venissero chiuse intere sezioni o
carceri ritornerebbe la situazione di malessere sociale legato all’eccessiva popolazione carceraria in pochi spazi –:
alla luce di tali considerazioni, quali
iniziative intenda adottare per ampliare la
nuova struttura della Casa circondariale di
Padova che, ad avviso dell’interrogante,
sarebbe fortemente a rischio qualora dovesse ospitare un numero di detenuti pari
o addirittura superiore a quello attuale;
quali misure intenda adottare per
aumentare la dotazione organica del personale (attualmente carente di una trentina di unità), definendo la posizione dei
molti distaccati ed evitando una pesante
concentrazione di servizi e funzioni nelle
sezioni con palesi rischi per la sicurezza e
la prevenzione dei conflitti.
(4-02348)
RISPOSTA. — In risposta alla interrogazione, si fa presente che in data 5 febbraio
2007 è stata attivata a Padova la nuova
struttura detentiva denominata « Ex femminile », con la chiusura dei vecchi reparti
di detenzione.
I nuovi locali hanno consentito un netto
miglioramento delle condizioni di vita della
popolazione detenuta e del personale di
Polizia penitenziaria.
Tutte le stanze, oltre a garantire luminosità e possibilità di ricambio d’aria, impensabili nelle vecchie celle, sono dotate di
un « angolo cucina » con mobili in acciaio
inox e di un bagno dotato di doccia e bidet.
Anche il personale può svolgere il proprio lavoro in condizioni assolutamente
diverse da prima. In ogni sezione gli agenti
hanno un vero e proprio ufficio, dotato di
servizi igienici. I carichi di lavoro sono
diminuiti perché non vi è più, ad esempio,
la necessità di aprire le celle per permettere
ai detenuti di utilizzare le docce. Inoltre, la
Camera dei Deputati
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maggior parte delle attività culturali e ricreative si svolge sul piano, che è dotato di
sala giochi ed aula scolastica.
Anche i tempi degli spostamenti dei
detenuti da una zona all’altra dell’istituto –
per raggiungere la matricola o l’infermeria
od altri luoghi – sono più che dimezzati,
avendo l’intera struttura, nel complesso,
una superficie inferiore di circa il 50 per
cento rispetto alle vecchie sezioni.
Tutto questo ha portato anche ad un
miglioramento del clima generale che si
percepisce nelle sezioni.
L’intero edificio, inoltre, garantisce condizioni di salubrità e idoneità a cui quello
vecchio da molti anni non era neppure in
grado di avvicinarsi. Nella struttura preesistente, infatti, vi erano infiltrazioni d’acqua continue, una temperatura sempre
molto bassa, nonostante l’enorme spesa
sostenuta per il riscaldamento, a causa
della inesistente tenuta degli infissi, periodiche infestazioni di insetti a causa della
promiscuità estrema, conseguenza di un
elevato indice di sovraffollamento.
Alla data del 17 aprile 2007 i detenuti
ristretti presso la Casa circondariale di
Padova ammontavano a 175, a fronte di
una capienza regolamentare di 210 posti ed
una capienza tollerabile stimata in 259.
Più in generale, per limitare gli effetti
negativi di un eventuale stato di sovraffollamento, il competente ufficio del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è
costantemente impegnato nell’elaborazione
di specifici progetti. Uno di questi, denominato P.E.A. n. 23, vede la Direzione generale dei detenuti e del trattamento unitamente alla Direzione generale delle risorse
materiali, dei beni e dei servizi, impegnata
ad espletare una attività di programmazione
per la razionalizzazione delle capienze negli
istituti penitenziari ed il recupero delle
strutture disponibili.
L’istituto di Padova, malgrado le prime
difficoltà affrontate nel passaggio dei detenuti dalla vecchia alla nuova struttura,
risulta particolarmente attivo nell’organizzazione delle attività trattamentali, scolastiche, ricreative e culturali.
Per quanto concerne, invece, il personale, si fa presente che la carenza d’orga-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
nico del Corpo di Polizia penitenziaria di
Padova è una manifestazione del più generale problema che si presenta a carattere
nazionale.
È necessario precisare che i provvedimenti di distacco in sedi extra-regionali
adottati dal competente ufficio del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria,
alla data dell’8 marzo 2007, erano circa 21
e tutti, comunque, legati a legittime esigenze
di carattere familiare, di servizio e di mandato elettorale.
Il recente provvedimento di indulto
inoltre, riducendo la popolazione detenuta,
ha migliorato le condizioni lavorative del
personale.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
DI GIOIA. — Al Ministro della giustizia.
— Per sapere – premesso che:
in data 20 marzo 2005 gli Agrotecnici Ferrighi, Modenese, Stocco, Calesella,
Tadiello, Ferri, Baroncini, Braiato, Aglio,
Tescaro, hanno depositato un esposto riguardante l’attività disciplinare contro
tutti gli stessi esponenti, intrapresa dal
Commissario Straordinario Davide Neri
per esaudire la richiesta dell’agronomo
Paola Finardi;
il ministero di giustizia, in più occasioni, ha richiamato il commissario straordinario Neri inibendogli lo svolgimento di
attività disciplinare;
nonostante i divieti del ministero lo
stesso Neri avviava e trasferiva poi a
mandato scaduto tutti i procedimenti disciplinari al collegio di Milano-Lodi;
in data 24 giugno 2005 con nota prot.
n. 12 gli stessi Agrotecnici segnalavano
nuovamente l’irregolarità dell’azione disciplinare con tutti i vizi procedurali ed
amministrativi ad essa connessi;
in data 21 ottobre 2005 prot. 13,
veniva nuovamente segnalata l’azione disciplinare intrapresa e continuata a danno
degli agrotecnici di Rovigo, dai componenti
Camera dei Deputati
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del collegio provinciale degli Agrotecnici
ed Agrotecnici Laureati di Milano Lodi;
in data 4 novembre 2005 gli agrotecnici di Rovigo hanno provveduto ad inoltrare ricorso con procedura d’urgenza, ex
articolo 700 C.P.C. onde inibire l’attività
illegittima posta in essere, secondo l’interrogante, arbitrariamente dal collegio di
Milano-Lodi;
nelle more del ricorso il collegio di
Milano Lodi provvedeva comunque e senza
istruttoria ed interpello degli incolpati, ad
irrogare pesanti sanzioni disciplinari, per
quanto risulta all’interrogante, di radiazione e sospensione in danno di tutti gli
odierni esponenti;
tali provvedimenti disciplinari colpiscono l’intero collegio dei revisori dei conti
e la maggioranza dei consiglieri, causandone il decadimento immediato;
prontamente il collegio nazionale ha
disposto, con provvedimento, secondo l’interrogante, abnorme ed illegittimo, la ricostituzione del consiglio del collegio provinciale, senza alcuna consultazione degli
iscritti, necessaria per legge nei casi di
decadimento di un consiglio;
da tali disposizioni presidenziali, il
nuovo presidente provinciale, agronomo
Angelo Zanellato, provvede a comunicare a
tutti gli iscritti la sua nomina e la disponibilità alla massima divulgazione, pubblicazione e riproduzione in copia dei dispositivi dei provvedimenti disciplinari che
riguardano gli scriventi;
la particolare natura dei dati e delle
notizie contenute nei citati dispositivi disciplinari, non approfondisce ulteriormente quelle che secondo l’interrogante è
una illegittimità;
è venuto a mancare il numero legale
nel consiglio del collegio locale, e l’intero
collegio dei revisori dei conti, per effetto
dei provvedimenti disciplinari, per quanto
abnormi e illegittimi, viene a mancare il
numero legale necessario al suo funzionamento;
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
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non essendo più in condizione di
funzionare il consiglio del collegio decade;
decadendo il consiglio diviene necessaria la consultazione elettorale degli
iscritti (articolo 3 legge 251/86 e ss.mm.);
nessun potere è attribuito al Presidente Nazionale in ordine alla nomina diretta dei componenti il consiglio, né in ordine alla surroga dei componenti mancanti;
è previsto lo strumento della surroga
per integrare la mancanza di alcuni componenti non certo di un intero consiglio
decaduto –:
quali verifiche e accertamenti siano
stati condotti dal Ministero di Giustizia
quale ente competente alla vigilanza sul
corretto funzionamento degli ordini professionali, anche in relazione ai numerosi
esposti inviati dagli agrotecnici rodigini
sull’accaduto;
se intenda attivarsi affinché si provveda alla completa revisione dei provvedimenti disciplinari sino ad addivenire,
ove possibile all’annullamento degli stessi;
se ritenga che debbano essere attivate
le necessarie procedure di verifica sull’operato del Collegio nazionale degli agrotecnici ed agrotecnici laureati e del collegio di Milano Lodi relativamente all’azione, secondo l’interrogante, persecutoria intrapresa contro i componenti il
consiglio del collegio provinciale degli
agrotecnici di Rovigo, anche al fine di
predisporre, ove sia il caso, eventuali e
adeguate procedure disciplinari. (4-02170)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, si comunica che con decreto ministeriale del 13 gennaio 2005 è
stato sciolto per la prima volta, e proprio su
richiesta del consiglio del Collegio nazionale
degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati,
il Collegio provinciale di Rovigo e nominato
un Commissario straordinario per l’indizione delle elezioni.
Nelle more, andando di contrario avviso
rispetto all’orientamento espresso in ordine
alla competenza dal Ministero, il Commissario straordinario apriva procedimenti di-
Camera dei Deputati
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sciplinari nei confronti di quattro consiglieri e del collegio dei revisori. Tali procedimenti venivano peraltro incardinati, su
indicazione del Presidente nazionale, non
presso il competente consiglio di Venezia,
bensı̀ presso quello di Milano.
In data 13 maggio 2005, a seguito delle
elezioni regolarmente svolte ed indette dal
Commissario straordinario, si insediava il
nuovo collegio. Nello stesso venivano confermati quattro consiglieri uscenti e vi era
altresı̀ conferma per la carica di Presidente,
attribuita all’agroteonico Ferrighi. Nel mese
di dicembre 2005 sono state notificate al
Ministero della Giustizia le decisioni disciplinari adottate dal collegio di Milano nei
confronti dei componenti del disciolto collegio di Rovigo con le quali, in particolare,
sono state adottate le sanzioni della radiazione, nei confronti del Presidente Ferrighi,
e quella della sospensione dall’esercizio
della professione per un periodo di 12 mesi
nei confronti di due consiglieri e, per un
periodo di 8 mesi, nei confronti di un terzo
Consigliere. I componenti del collegio di
Rovigo colpiti dalle predette sanzioni disciplinari sono stati, pertanto, tutti sostituiti
con i primi dei candidati non eletti ai sensi
dell’articolo 3 comma 4 della legge professionale n. 251 del 1986 e successive modifiche.
Questo Ministero, con due note (la
prima del 9 febbraio 2006 e la seconda del
17 febbraio 2006), ha rappresentato la non
correttezza della procedura seguita per le
sostituzioni dei componenti del collegio di
Rovigo ed ha richiesto al Consiglio nazionale l’indicazione della terna di professionisti per il commissariamento del collegio,
ai sensi dell’articolo 3 comma 5 della legge
professionale, nei termini di seguito riportati.
In particolare, è stato rilevato che le
sostituzioni effettuate, dietro indicazione del
presidente del Consiglio nazionale, con i
primi dei candidati non eletti sono state
fondate sul presupposto della « esclusione
definitiva » del componente radiato e « dell’esclusione temporanea » dei componenti
sospesi.
Si è viceversa ritenuto, con la nota del
17 febbraio sopra citata, di dovere distin-
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ALLEGATO
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guere la fattispecie della radiazione da
quella della sospensione.
Per quanto riguarda la sanzione della
radiazione, la quale comporta, ai sensi
dell’articolo 9 della legge 251 del 1986 (e
successive modifiche) la cancellazione dall’Albo del soggetto interessato e, conseguentemente, anche la decadenza dalla carica di
componente del consiglio, per il venire
meno del presupposto essenziale della funzione rappresentativa che essa riveste, si è
ritenuto che la relativa sostituzione sia
disciplinata dall’articolo 3 comma 4 della
legge professionale e che, dunque, al professionista radiato debba subentrare –
come in effetti si è verificato – il primo dei
candidati non eletti.
Per quanto riguarda, invece, la sanzione
della sospensione dall’esercizio della professione di cui all’articolo 9 legge citata, la
legge professionale, al riguardo, non prevede
alcun effetto della sanzione in questione
sull’iscrizione all’albo né una « sospensione
temporanea » dall’incarico di componente
del consiglio.
In tale ipotesi, pertanto, si è ritenuto che
non potesse trovare applicazione il disposto
dell’articolo 3 comma 4 citato – come ha
sostenuto il presidente del consiglio nazionale – in quanto esso disciplina i casi di
decadenza dalla carica ovvero di dimissioni
da componente del consiglio.
In assenza di specifiche previsioni di
legge, dunque, si è ritenuto che i componenti di un consiglio colpiti dalla sanzione
della sospensione non potessero essere rimossi dalla carica nemmeno in via temporanea.
Ciò posto, e considerato che i membri
del consiglio sospesi dall’esercizio della professione non possono esercitare in tale sede
per tutto il periodo della durata della
sanzione i diritti connessi all’esercizio della
professione medesima, ivi compreso, lo
stesso diritto di voto, si è rilevato che il
collegio di Rovigo, con ben tre componenti
sospesi, su sette complessivi, si sarebbe
trovato ad operare con un consiglio che
supera di una sola unità la maggioranza,
per un periodo che va dagli 8 ai 12 mesi
(tali sono i termini delle sanzioni irrogate).
Camera dei Deputati
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In considerazione delle gravi e prevedibili ripercussioni sul piano della corretta
funzionalità dell’organo che tale situazione
avrebbe determinato, è stata prospettata la
necessità di ricorrere allo scioglimento del
consiglio ai sensi dell’articolo 3 comma 5
della legge n. 251 del 1986 citata.
Non si è, comunque, tralasciato di prendere in considerazione anche l’ipotesi in cui
(con un’interpretazione che si colloca fuori
dal dettato normativo) i componenti sospesi
possano essere sostituiti.
In questo caso, tuttavia, l’articolo 3
comma 4 della legge professionale deve
essere coordinato con le disposizioni del
regolamento professionale e, nel caso di
specie, con quelle di cui all’articolo 11.
Quest’ultima norma, tuttavia, non può
essere interpretata nei termini indicati dal
presidente del consiglio nazionale con la
nota del 14 febbraio sopra citata.
La disposizione del terzo comma dell’articolo in questione, infatti, non può ritenersi, neppure implicitamente subordinata
alle disposizioni del primo comma relative
al subentro dei primi dei non eletti.
In tal senso appare chiara la portata
dell’ultima disposizione dell’articolo 11, la
quale prevede che quando il numero delle
« vacanze » dei membri del consiglio supera
la metà dei componenti, il presidente deve
indire le elezioni dell’intero organo. Il
primo ed il secondo comma dell’articolo
disciplinano, invece, le ipotesi di sostituzione di singoli componenti che siano cessati dall’incarico per qualsiasi causa.
Tale interpretazione appare aderente non
solo al tenore letterale della norma in
questione – la disposizione che prevede le
elezioni dell’intero organo è infatti collocata
in un diverso comma del medesimo articolo
– ma anche alla ratio della stessa, che deve
essere intesa in linea con i principi di
carattere generale che attengono alla natura
rappresentativa ed elettiva del consig1io di
un ordine professionale.
Al riguardo, si è rilevato che una diversa
interpretazione delle disposizioni contenute
nell’articolo 11 del regolamento (peraltro
presenti con analoga formulazione nella
legislazione ordinamentale di altri ordini
professionali) finirebbe per consentire, in
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
astratto, la sostituzione di un intero collegio
con candidati non eletti, superando cosı̀ la
volontà degli iscritti, i quali si vedrebbero
rappresentati da un nuovo organo senza
avere avuto la possibilità di esercitare il
diritto di elettorato previsto dalla legge. Si
è ritenuto, quindi, di dovere concludere che,
nell’ipotesi in cui si dovesse sostenere la
possibilità di sostituire i componenti colpiti
dalla sanzione della sospensione, la soluzione, nel caso di specie, sarebbe quella
dell’elezione dell’intero collegio, per la cui
indizione sarebbe comunque necessaria la
nomina di un Commissario straordinario,
in considerazione dell’esclusione dal consiglio del presidente in quanto radiato.
Con le due note sopra citate si è ritenuto, pertanto, di dovere rappresentare l’irregolarità della applicata procedura di sostituzione dei componenti del collegio di
Rovigo, in virtù del quale è stata richiesta
l’indicazione della terna di professionisti
prevista dalla legge.
In data 20 marzo 2006 è pervenuta la
nota del Presidente del consiglio nazionale,
con cui è stata trasmessa la delibera del
consiglio dell’11 marzo relativa al parere
contrario allo scioglimento del collegio di
Rovigo e all’indicazione della terna di professionisti richiesta.
Con tale parere il consiglio nazionale ha
confermato quanto già in precedenza sostenuto dal presidente, riproponendo le medesime argomentazioni dallo stesso prospettate nei termini sopra evidenziati, in ordine
alla legittimità della procedura seguita per
la sostituzione dei componenti del collegio
di Rovigo.
Al riguardo, è stato ritenuto di dovere
confermare quanto già rappresentato in
ordine alla non regolarità della procedura
con cui è stata effettuata la sostituzione dei
componenti del consiglio di Rovigo, colpiti
dalle sanzioni disciplinari di sospensione
dall’esercizio della professione.
In particolare, si è rilevato che, a seguito
della posizione assunta dal consiglio nazionale, non si era comunque provveduto alla
rimozione dei nuovi consiglieri che hanno
sostituito i componenti sospesi, in favore di
quest’ultimi. Ciò ha impedito, di fatto, ogni
possibile valutazione in concreto, da parte
Camera dei Deputati
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di questo Dicastero, in ordine alla funzionalità di un consiglio regolarmente ricostituito, anche se dotato di una limitata
maggioranza.
Al riguardo si osserva che il consiglio
nazionale, nel citato parere, si è limitato ad
evidenziare l’insufficiente condizione per la
determinazione del commissariamento di
un « ...giudizio prognostico circa la “possibile” non funzionalità del consiglio del
collegio di Rovigo, stante la mancanza di
concretezza ed attualità dell’eventuale
danno o pericolo prospettato... », senza, tuttavia, porre in essere le condizioni reali
affinché questo Dicastero potesse verificare
in concreto l’effettiva e corretta funzionalità
del consig1io di Rovigo.
D’altra parte, vale la pena di sottolineare
che la « possibile » prognosi negativa prospettata da questo Ministero con la nota del
17 febbraio sopra citata, indirizzata al presidente del consiglio nazionale – con la
quale si ribadisce che non era stata assunta
alcuna determinazione definitiva in ordine
al commissariamento in questione –
avrebbe potuto essere sicuramente oggetto
di più approfondita valutazione qualora il
consiglio naziona1e si fosse adoperato in tal
senso.
Alla luce di quanto sopra esposto e
considerata l’irregolare composizione del
consiglio del collegio di Rovigo, si è pertanto ritenuto necessario procedere, con
decreto ministeriale 28 aprile 2006, ad un
secondo commissariamento del collegio di
Rovigo, nominando l’agrotecnico Pierluigi
Rigato Commissario straordinario, scelto
nella terna dei nominativi forniti con delibera dell’11 marzo 2006 dal consiglio
nazionale.
Con decreto presidenziale del T.A.R. Lazio, emesso « inaudita altera parte », in data
12 maggio 2006, veniva disposta in via
cautelare e provvisoria la sospensione del
citato decreto di commissariamento, che
veniva confermata nella camera di consiglio
del 24 maggio 2006.
Tanto posto si rappresenta che, allo
stato, il decreto di commissariamento risulta tuttora sospeso a seguito della decisione del giudice amministrativo.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XXVII
AI RESOCONTI
Per quanto riguarda, in particolare, i
procedimenti disciplinari in argomento, si
evidenzia che detta materia è riservata
esclusivamente alla competenza dei consigli
dell’ordine – territoriali e nazionale – e
che, pertanto, questa Amministrazione non
ha alcun potere di intervento diretto in sede
disciplinare.
Si rappresenta, in ogni caso, che il
consiglio nazionale dei dottori agrotecnici e
degli agrotecnici laureati, dinanzi al quale
sono pendenti i ricorsi avverso le decisioni
disciplinari in questione, ha comunicato
con nota del 5 marzo 2007 che, a seguito
delle istanze di ricusazione avanzate dai
ricorrenti, è stato nominato un consiglio
nazionale ad acta per la trattazione dei
relativi procedimenti e che questi ultimi, a
causa della complessità della vicenda, si
trovano tuttora in fase di istruttoria.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
EVANGELISTI, DONADI, BORGHESI,
PORFIDIA, PEDRINI, PALOMBA, RAITI,
LEOLUCA ORLANDO e D’ULIZIA. — Al
Ministro della pubblica istruzione. — Per
sapere – premesso che:
è sempre più vicino il momento, da
parte delle istituzioni competenti, di formalizzare le richieste e determinare l’organico di fatto dei docenti di sostegno;
la Circolare Ministeriale n. 45 del 9
giugno 2006 (concernente l’anno scolastico
2006-2007) e recante indicazioni circa
l’adeguamento degli organici di diritto alle
situazioni di fatto, al punto 7 è molto
esplicita e, in particolare, introduce, per la
prima volta in un documento ufficiale, il
criterio di inadeguatezza del parametro
1:138 fissato nella legge n. 449 del 1997,
cosı̀ recitando: « Si richiama l’osservanza
delle disposizioni vigenti per quanto concerne le modalità di individuazione dei
soggetti portatori di handicap e dei criteri
per la costituzione dei posti in deroga.
Tenuto conto che l’attribuzione dei posti
in deroga nella situazione di fatto è finalizzata a sopperire all’inadeguatezza del
Camera dei Deputati
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parametro fissato dalla legge n. 449/97, si
sottolinea l’esigenza che sia garantita l’assegnazione di tutte le ore di sostegno per
le quali ricorrono le condizioni previste
dalle vigenti disposizioni. Per quel che
attiene al numero delle ore di sostegno da
assegnare per ciascun alunno disabile, si
rammenta che la relativa proposta è affidata al gruppo di lavoro di cui all’articolo
5, comma 2 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 febbraio 1994. [...] »;
le ore di sostegno devono essere assegnate a ciascun alunno e la proposta del
numero di ore è di competenza del
Gruppo di lavoro handicap sul caso (GLH),
in base al Piano Educativo Individualizzato (PEI) cosı̀ come stabilito dall’articolo
5, commi 1 e 2, del citato decreto del
Presidente della Repubblica: « Piano educativo individualizzato. 1. Il Piano educativo individualizzato (indicato in seguito
con il termine P.E.I.) è il documento nel
quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti
per l’alunno in situazione di handicap, in
un determinato periodo di tempo, ai fini
della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione, di cui ai primi
quattro commi dell’articolo 12 della legge
n. 104 del 1992. 2. Il P.E.I. è redatto, ai
sensi del comma 5 del predetto articolo 12,
congiuntamente degli operatori sanitari individuati dalla USL e/o USSL e dal personale insegnante curriculare e di sostegno
della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale
dell’alunno »;
l’articolo 12, comma 5, della legge
n. 104 del 1992 stabilisce che « all’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed all’acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamicofunzionale ai fini della formulazione di un
piano educativo individualizzato, alla cui
definizione provvedono congiuntamente,
con la collaborazione dei genitori della
persona handicappata, gli operatori delle
unità sanitarie locali e, per ciascun grado
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XXVIII
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di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione
dell’insegnante operatore psico-pedagogico
individuato secondo criteri stabiliti dal
Ministro della Pubblica Istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone
in rilievo sia le difficoltà di apprendimento
conseguenti alla situazione di handicap e
le possibilità di recupero, sia le capacità
possedute che devono essere sostenute,
sollecitate e progressivamente rafforzate e
sviluppate nel rispetto delle scelte culturali
della persona handicappata »;
la procedura sopra ricordata a
norma di legge, predisposta da professionisti a vari livelli di collaborazione con i
genitori, tende ad individuare le potenzialità dell’alunno, i tempi e i modi degli
interventi da predisporre e da effettuare
per il raggiungimento degli obiettivi rappresenta la sola fonte cui accedere per
determinare sia le ore di sostegno da
assegnare a ciascun alunno che gli organici
dei docenti. Le proposte dei vari GLH sul
caso vengono richieste dal Centro Servizi
Amministrativi (CSA) provinciale tramite
schede sintetiche (dove però non figura il
numero di ore previsto per caso specifico)
a tutte le scuole di ordine e grado per
essere valutata dal GLH provinciale e
quindi tramite il direttore del CSA provinciale e inoltrate al Direttore Generale
Toscano a cui spetta la determinazione
degli organici –:
se non ritenga necessario, impegnarsi, sollecitando i competenti uffici territoriali, affinché:
le valutazioni siano accurate, esaminando caso per caso, chiedendo anche
ulteriori informazioni, laddove questo sia
ritenuto necessario;
il lavoro del GLH provinciale non
sia esclusivamente un’operazione matematica di divisione, ma solo la risposta precisa e puntuale alle esigenze, ai problemi
e alle aspettative dei soggetti disabili e dei
loro familiari, documentate peraltro da
neuropsichiatri infantili, psicologi, docenti
e operatori;
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il dibattito del gruppo sia verbalizzato e consultabile al fine di garantire una
effettiva realizzazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa;
chiarire sulla base degli atti depositati presso il Ministero come sia comparsa
la dizione « particolare gravità » e quale
significato attribuirle, quando la legge
quadro n. 104 del 1992 al comma 3 dell’articolo 3, parla di « gravità »;
rivedere la posizione del Governo
precedente che, pur di ridurre la spesa,
non si è curato delle sentenze che, in tutti
i casi di immotivata riduzione delle ore di
sostegno, le aumentano riportandole alla
quantità richiesta per raggiungere gli
obiettivi prefissati dal PEI, anche alla luce
dello specifico parere che il Consiglio di
Stato ha fornito nell’agosto 2005 in cui
aveva avanzato seri dubbi di costituzionalità sulla norma del decreto che consente
le deroghe nei soli casi di « gravità » e
sull’articolo 35, comma 7, della legge
n. 289 del 2002.
(4-00650)
RISPOSTA. — Si fa riferimento all’interrogazione parlamentare in esame, concernente l’integrazione scolastica degli alunni
diversamente abili con particolare riguardo
al numero delle ore di sostegno da assegnare per le esigenze dei medesimi alunni.
Va premesso che l’attenzione agli alunni
diversamente abili e al pieno sviluppo delle
loro potenzialità, sia in ambito scolastico
che ai fini dell’inserimento nella vita attiva,
costituisce una priorità assoluta della politica scolastica, come è stato evidenziato
dal Ministro nel corso delle audizioni svoltesi presso le competenti Commissioni della
Camera e del Senato per illustrare il programma politico del Ministero. In tali occasioni, come pure in successivi interventi
in Parlamento, il Ministro ha rilevato che
tra le nostre specificità positive in ambito
europeo c’è l’integrazione dei diversamente
abili nella scuola di tutti e che nessun altro
sistema educativo ha a questo proposito
norme perentorie come le nostre.
Un primo segnale nella direzione indicata dal programma politico è stato dato
proprio nella circolare citata nell’interro-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XXIX
AI RESOCONTI
gazione – la circolare ministeriale n. 45 del
9 giugno 2006 – recante indicazioni per
l’adeguamento degli organici di diritto alle
situazioni di fatto per l’anno scolastico
2006-2007.
A questa circolare è poi seguita la direttiva generale sull’azione amministrativa
e la gestione per l’anno 2006, emanata il 25
luglio 2006, nella quale è stato individuato
come obiettivo prioritario l’assunzione di
iniziative volte a dare un reale sostegno agli
alunni diversamente abili.
Il Ministero ha quindi promosso iniziative anche a livello normativo per il perseguimento del suddetto obiettivo; ed infatti
il disegno di legge finanziaria per il 2007,
nell’ambito delle misure per il rilancio della
scuola pubblica, prevede, tra l’altro, l’adozione di interventi per la sostituzione del
criterio previsto dall’articolo 40, comma 3
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 – che
fissa la dotazione organica di insegnanti di
sostegno nella misura di un insegnante per
ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia – con l’individuazione
di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra Regioni, Ufficio scolastico regionale, azienda sanitaria locale e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni
idonee a definire appropriati interventi formativi.
Inoltre, è stato attivato il rapporto con
l’Osservatorio sull’handicap e con le associazioni interessate per l’approfondimento
di tutte le tematiche concernenti l’integrazione degli alunni diversamente abili; a tal
fine è essenziale il rapporto con la scuola
reale, sia per avere il quadro esatto delle
criticità che per raccogliere nuove proposte.
Premesso quanto sopra, in merito a
quanto rilevato nell’interrogazione si fa
presente quanto segue.
Relativamente ai gruppi di lavoro provinciali per l’handicap (GLH), da quanto
risulta al Ministero, gli stessi hanno operato nel rispetto della normativa vigente,
oltre che con impegno e senso di responsabilità e con consapevolezza delle effettive
difficoltà e delle esigenze dei soggetti disabili. La loro azione è stata improntata non
Camera dei Deputati
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a mera « operazione matematica di divisione », ma a doverosa e partecipata attenzione
alle singole disabilità, e si è svolta con
trasparenza. L’individuazione delle risorse
da assegnare per l’integrazione dei soggetti
diversamente abili non è stata condizionata
o limitata da ragioni di risparmio, anche se
il quadro complessivo degli impegni finanziari da destinare a tale finalità viene
definito di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.
Quanto al termine « particolare gravità »
contenuto nella sopra citata circolare ministeriale n. 45 del 2006 – il termine è
peraltro presente anche nel decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri n. 185
del 23 febbraio 2006 – esso è stato utilizzato per dare rilievo a situazioni bisognevoli
di deroghe di particolare entità che non
avevano trovato soluzione nella fase di
costituzione degli organici di diritto.
Non va peraltro sottaciuto che non
sempre e necessariamente un maggior numero di ore di sostegno è garanzia di una
buona integrazione e di un apprendimento
migliore. Infatti, per l’efficacia degli interventi rilevano le metodologie educative e gli
strumenti didattici adottati, il coordinamento progettuale, organizzativo ed operativo fra docente della classe e docente di
sostegno, gli strumenti attraverso i quali si
può realizzare un effettivo processo di recupero e di crescita degli alunni in difficoltà.
Né va trascurato che, in base alle norme
vigenti, i docenti di sostegno non vengono
assegnati al singolo alunno disabile, ma
alla scuola nel suo complesso, che provvede, nell’ambito del piano dell’offerta formativa, ad organizzare e mettere a disposizione le risorse secondo le soluzioni organizzative, operative e didattiche più rispondenti alle esigenze.
Va pure tenuto presente che la legge
n. 104 del 1992 e le disposizioni attuative
della stessa prevedono che le disabilità
debbano corrispondere a patologie dovute a
« minorazione fisica, psichica e sensoriale,
stabilizzata o progressiva... ».
In presenza di questo quadro normativo
di riferimento, a livello nazionale il numero
dei posti, e quindi degli insegnanti di so-
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XV LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
stegno, ha subito un incremento continuo e
rilevante, passando da 74.000 unità nell’anno scolastico 2001/2002 ad oltre 84.000
nell’anno scolastico 2005/2006, con un aumento di oltre 3.000 posti per anno.
Per il corrente anno scolastico, dall’analisi finora effettuata emerge che i posti di
sostegno hanno avuto una ulteriore, sensibile crescita. Tenuto conto che gli alunni
diversamente abili sono oltre 167.000, il
rapporto docenti/alunni nella realtà nazionale è pari a un docente ogni 1,9 alunni
disabili.
Questi dati evidenziano la specificità
positiva del nostro Paese in ambito europeo
in materia di integrazione dei diversamente
abili; ciò, tuttavia, non deve fare dimenticare le situazioni di criticità, al cui superamento tendono le iniziative assunte da
questo Ministero per migliorare l’integrazione degli alunni in parola nella scuola di
tutti.
Il Sottosegretario di Stato per la
pubblica istruzione: Maria
Letizia De Torre.
FABRIS. — Al Ministro della giustizia.
— Per sapere – premesso che:
con decreto ministeriale del 23 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 15 luglio 2005 4° serie
speciale, il Ministro della giustizia indiceva
gli esami di Stato per l’abilitazione alla
Professione Forense, delegando al Consiglio Nazionale Forense la competenza in
materia di organizzazione dello svolgimento delle selezioni dei candidati;
in osservanza al predetto decreto ministeriale, dal 21 luglio 2006, presso la
Corte d’Appello di Venezia si sono svolte le
prove orali ai fini della precitata selezione;
a fronte di un numero di 2100 candidati che hanno sostenuto le prove scritte,
sono stati considerati idonei a sostenere le
prove orali soltanto 725 dottori;
nel Distretto di Corte d’Appello di
Venezia si presentava un numero di candidati superiore alle 300 unità ed a norma
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dell’articolo 1-bis legge n. 180 del 2003, si
è provveduto ad istituire più Sottocommissioni, tra cui la Sottocommissione IV,
la quale esaminava, parimenti alle altre sei
Commissioni circa 100 candidati;
la Sottocommissione IV risulta aver
ritenuto idonei un numero sensibilmente
inferiore di candidati, rispetto alle altre
Sottocommissioni;
la sopraccitata vicenda non appare
unica ed isolata, dal momento che ogni
anno, in occasione degli esiti dell’Esame di
Stato per l’abilitazione alla Professione
Forense, si registrano notevoli differenziazioni sia tra commissioni sia tra le sottocommissioni;
non si riesce a comprendere come
adottando i medesimi criteri di selezione il
numero di candidati ritenuti idonei a
seguito delle prove scritte e orali risulti
variare sensibilmente tra le Commissioni
insediate presso Corti d’Appello diverse e
spesso anche tra Sottocommissioni facenti
parte di una stessa Commissione –:
quali iniziative il Ministro interrogato
intenda adottare allo scopo di accertare le
reali cause che portano ad esiti tanto
differenti tra sedi d’esame diverse e tra le
Sottocommissioni che all’uopo vengono
istituite;
se non ritenga opportuno adottare
iniziative per modificare le modalità di
svolgimento degli esami di abilitazione alla
professione forense.
(4-02313)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione indicata in oggetto, si fa presente
che il decreto-legge 21 maggio 2003 n. 112,
convertito, con modificazioni, in legge 18
luglio 2003 n. 180, recante modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense, ha introdotto
un sistema di espletamento degli esami
mirato a superare i gravi inconvenienti
determinati dall’esaurimento delle prove di
selezione senza raffronti esterni all’ambito
dei singoli distretti di Corte d’appello.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
La citata legge 180 del 2003 è stata
applicata, per la prima volta, alla sessione
di esame 2004.
Tra le novità di maggiore rilievo si
segnala, in primo luogo, l’istituzione di una
commissione centrale avente sede presso il
Ministero della giustizia, alla quale è stato
attribuito il compito di determinare i criteri
orientativi per la valutazione delle prove
scritte e delle prove orali (articolo 1-bis
comma 9 legge citata) cui si devono attenere
tutte le sottocommissioni di esame presso le
Corti di Appello.
Per la sessione 2005 degli esami la
Commissione, con circolare del 19 dicembre
2005, ha formulato i seguenti criteri per la
valutazione degli elaborati scritti:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione, con conseguente dimostrazione da parte del candidato della
propria capacità di argomentare in maniera
corretta e compiuta;
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici, da inquadrare nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento vigente;
c) dimostrazione della conoscenza dei
fondamenti teorici degli istituti giuridici
trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà con relativo collegamento sistematico;
e) dimostrazione, relativamente all’atto giudiziario, della padronanza delle
tecniche di persuasione, nonché della consapevolezza del rispetto di termini e formule
previsti a pena di nullità;
f) proprietà di linguaggio ed uso di
appropriata terminologia giuridica;
g) rispetto della grammatica, della sintassi e dell’opportunità di chiarezza ortografica.
Tuttavia, la valutazione delle prove dei
candidati, effettuata da ciascuna sottocommissione di esame, è il risultato di attività
tecnica discrezionale, non sindacabile dall’Amministrazione centrale.
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Con la citata legge 180 del 2003 è stata,
inoltre, integrata la composizione delle sottocommissioni di esame presso le Corti di
Appello con ulteriori cinque membri (due
avvocati, due magistrati, un professore universitario). Tale integrazione ha comportato, rispetto alla precedente disciplina, il
raddoppio del numero dei componenti di
ciascuna sottocommissione di esame.
Altra importante innovazione riguarda
la procedura di correzione delle prove
scritte prevista dall’articolo 2 della legge
180 del 2003, che prevede la correzione
degli elaborati a cura di una Corte di
Appello diversa rispetto a quella del luogo
dove si svolgono le prove scritte, da individuarsi mediante sorteggio nell’ambito di
« gruppi omogenei » di Corti.
La nuova procedura comporta l’adozione di un provvedimento dirigenziale di
« raggruppamento » delle Corti di Appello in
base al numero di domande di ammissione
presentate dai candidati.
Nell’ambito dei gruppi cosı̀ individuati
sono poi sorteggiati gli abbinamenti tra
Corti dove sono state svolte le prove scritte
e Corti dove devono essere corretti i relativi
elaborati.
All’esito del sorteggio viene adottato il
decreto ministeriale con cui sono determinati gli abbinamenti delle Corti di Appello
e contestualmente sono istituite ulteriori
sottocommissioni presso quelle Corti che
risultano abbinate con Corti aventi un
maggiore numero di sottocommissioni.
Gli elaborati dei candidati sono quindi
trasmessi, subito dopo l’espletamento delle
prove scritte, presso la Corte di Appello
« abbinata », per la correzione degli stessi.
Le prove orali, invece, hanno luogo nella
medesima sede delle prove scritte.
Per quanto concerne eventuali iniziative
sul piano normativo, si fa presente che su
proposta del Ministro della Giustizia, il
Consiglio dei Ministri, nella seduta del 1o
dicembre 2006, ha approvato il disegno di
legge recante: « Delega al Governo per la
riforma delle professioni intellettuali ». È
previsto che la delega si eserciti entro
diciotto mesi dalla entrata in vigore della
legge.
Atti Parlamentari
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AI RESOCONTI
Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, commi 1 e 4, il Governo dovrà
disciplinare anche le modalità di accesso
alla professione, tenuto conto delle specificità delle singole attività professionali, nel
rispetto, tra gli altri, dei seguenti principi
direttivi:
mantenere l’esame di Stato per quelle
professioni il cui esercizio può incidere sui
diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di tutela,
secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità;
disciplinare le modalità dell’esame di
Stato in modo da assicurare l’uniforme
valutazione dei candidati su base nazionale
e la verifica del possesso delle competenze
tecniche necessarie per la specificità delle
singole professioni;
prevedere che le commissioni giudicatrici siano composte secondo regole di imparzialità e di adeguata qualificazione professionale, limitando a meno della metà la
presenza di membri effettivi e supplenti
appartenenti agli ordini professionali, limitando alla sola presidenza, in concorso con
altri soggetti professionali e nel rispetto
delle attuali previsioni normative, la possibilità di nomina di magistrati ordinari;
individuare le modalità che assicurino
la terzietà dei commissari e l’oggettività
delle valutazioni e la loro omogeneità sul
territorio in caso di previsione di procedure
decentrate;
garantire una adeguata pubblicità all’avvio delle procedure di abilitazione.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
FALLICA. — Al Ministro dell’interno. —
Per sapere – premesso che:
dai giornali degli ultimi giorni e soprattutto dalle proteste, emerge chiaramente il malcontento che le Forze dell’ordine esprimono nei confronti della Legge
Finanziaria;
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i tagli alle spese per la difesa e
l’ordine pubblico che tale manovra propone pongono i tutori dell’ordine in ristrette situazioni finanziarie le strutture in
cui operano;
la notizia della Caserma dei Carabinieri di Genova che – come tante altre in
Italia – per far quadrare il suo bilancio
deve privilegiare i pagamenti di alcune
forniture (esempio: benzina per le auto di
servizio), più urgenti e utili per il lavoro di
pattugliamento e sicurezza, e posticiparne
altri (utenze varie: gas, energia elettrica) è
indicativa di questo disagio;
altro eloquente esempio è il caso del
Corpo della Forestale che, in molte parti
d’Italia, ha ridotto i servizi di vigilanza in
auto per non restare a secco durante
eventuali successive operazioni di spegnimento –:
che tipo di misure il Governo voglia
prendere per fronteggiare il rischio che la
sicurezza dei cittadini, che dipende in
larga misura dalle Forze dell’ordine, venga
messa a repentaglio a causa di mancanza
di fondi per le utenze principali, sovvenzionamenti che la manovra Finanziaria
riduce ulteriormente.
(4-01905)
RISPOSTA. — Effettivamente, in considerazione delle note esigenze di risanamento
dei conti pubblici, il bilancio dell’Amministrazione della pubblica sicurezza ha subito,
per l’anno 2007, una riduzione, rispetto alle
dotazioni iniziali del 2006, di circa 101
milioni di euro, cosı̀ come, del resto, era già
avvenuto nel 2005, rispetto all’anno precedente. A ciò si aggiungono gli accantonamenti di somme rese indisponibili, pari a
circa 140 milioni di euro, derivanti dall’applicazione dell’articolo 1, comma 507,
della legge finanziaria, che si riferiscono ad
alcune categorie di spesa sia di parte corrente sia di parte capitale.
Peraltro, il Dipartimento della Pubblica
Sicurezza si e già organizzato per una
attenta opera di razionalizzazione della
spesa, attraverso una scrupolosa attività di
pianificazione ed ottimizzazione delle risorse.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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XXXIII
AI RESOCONTI
In particolare, il parco veicolare della
Polizia di Stato sarà ammodernato con
graduale sostituzione dei veicoli destinati al
controllo del territorio, e verrà portato
avanti il progetto di standardizzazione dei
« pacchetti di manutenzione », al fine di
rendere più agevoli gli interventi stessi e il
ripristino della funzionalità dei veicoli.
Per quanto riguarda il settore impianti
tecnici, telecomunicazioni ed informatica, è
in corso di realizzazione il progetto che
prevede il progressivo trasferimento del
traffico telefonico e dei dati, ad oggi veicolato su supporti di trasmissione in outsourcing, su reti di proprietà dell’amministrazione.
Nel settore dell’equipaggiamento ed in
quello del casermaggio rilevanti economie
saranno conseguite anche grazie alla distribuzione « porta a porta » dei beni consegnati direttamente dalle aziende fornitrici ai
magazzini di servizio.
Si rammenta che uno degli obiettivi
perseguiti dalla legge finanziaria per il 2007
(articolo 1, commi 408 e 435) è quello del
più razionale impiego delle risorse umane,
logistiche e tecnologiche e dei mezzi delle
Forze di polizia nell’espletamento dei compiti di ordine e sicurezza pubblica anche
attraverso appositi piani interforze di riarticolazione e ridislocazione dei presidi territoriali delle Forze di polizia, in grado di
ottimizzare l’impiego del personale nei compiti di controllo del territorio e di contrasto
alla criminalità.
Di particolare rilievo è anche la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma
439 della legge finanziaria che dispone che,
per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di
soccorso tecnico urgente e per la sicurezza
dei cittadini, il Ministro dell’Interno e per
sua delega i Prefetti, possano stipulare
convenzioni con le Regioni e gli Enti Locali
che prevedano la contribuzione logistica,
strumentale o finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti Locali. Intese in tale
senso sono già state avviate in Campania ed
in Calabria, per effetto delle quali un
importante apporto finanziario concorrerà
alla realizzazione di interventi straordinari
ed urgenti per la sicurezza del territorio.
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In tale contesto, lo scorso 20 marzo è
stato sottoscritto il « Patto per la sicurezza »
tra il Ministro dell’Interno e l’ANCI, che
fissa i parametri per sviluppare progetti
condivisi nel quadro di un rapporto di
sussidiarietà tra gli Organismi statali e gli
Enti locali e territoriali, finalizzati ad assicurare un più elevato livello di risposta
alla domanda di sicurezza dei cittadini.
A margine di tale accordo è stata perfezionata un’intesa con i Sindaci delle città
Metropolitane che stabilisce:
la definizione entro 60 giorni di patti
per la sicurezza con ogni città metropolitana, che prevedano risorse organizzative e
finanziarie adeguate da parte di tutti i
soggetti contraenti;
l’avvio, nello stesso periodo di tempo,
di un gruppo di lavoro congiunto Governocittà metropolitane per definire le innovazioni legislative che possono sostenere queste intese e consentire di realizzare nuovi
strumenti per contrastare il disagio e il
degrado delle aree urbane.
Ad oggi sono stati sottoscritti « Patti per
la sicurezza » con le città di Napoli, Roma,
Milano e Torino.
Relativamente alle criticità segnalate
dall’interrogante per le altre Forze di polizia, si fa presente che il Comando Generale
dell’Arma dei Carabinieri ha comunicato
che le problematiche concernenti le caserme dell’Arma di Genova sono ormai
risolte.
Per il Corpo forestale dello Stato, è
doveroso evidenziare che da anni l’entità
delle risorse destinate al finanziamento o
rifinanziamento di leggi speciali ha subito
una progressiva riduzione, come è accaduto
per quelle riguardanti l’attività di contrasto
degli incendi boschivi, ridottesi nel periodo
2003-2006 da 60 a 24 milioni di euro.
A tale situazione, l’attuale Governo ha
fatto fronte con misure concrete, già con la
legge n. 248/2006, che, all’articolo 18-bis
ha reso disponibili, a decorrere dal 2007, 10
milioni di euro per le esigenze operative del
Corpo nello specifico settore.
Il
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
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XXXIV
AI RESOCONTI
FASOLINO. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
sulla progettazione di un impianto
eolico nel territorio della Serralunga (comuni di Collelongo e Civita d’Antino in
provincia de l’Aquila) sono state avanzate
interrogazioni n. 5-00379 dell’onorevole
Fasciani ed altri e n. 5-00382 a firma
dell’interrogante;
in data 12 dicembre 2006 in Commissione ambiente della Camera il Governo ha risposto ai parlamentari interroganti;
nella risposta si fa riferimento al
parere favorevole espresso dal Comitato di
Coordinamento per la V.I.A. della regione
Abruzzo in data 24 febbraio 2004, con
particolare riferimento alle escursioni dell’orso marsicano e delle altre specie faunistiche;
subito dopo il Governo riporta, con
distacco notarile, un successivo parere
dello stesso Comitato in data 27 aprile
2004, questa volta sfavorevole in quanto:
contenuti della relazione « apparivano non
conformi con quanto dichiarato dal Corpo
Forestale (ispettorato generale) »;
nel prosieguo della risposta appare
chiaro l’intento dilatorio e pilatesco del
Governo che non utilizza al meglio le
numerose frecce all’arco della conservazione ambientale offerte dalle Direttive
Habitat 92/43/CEE e Uccelli 79/409/CEE
(che pure vengono citate nella risposta) e
rinvia ad una valutazione successiva al
fine di « Porre in essere, se del caso, le
necessarie correzioni a tutela dell’ecosistema di tutta l’area interessata »;
non rendendosi conto, purtroppo, o
non volendo rendersi conto che con lo
sciagurato intervento ipotizzato non solo
vengono messi in discussione i fragili equilibri dell’ecosistema faunistico (e di quale
entità irreparabile !) ma viene sfregiata
con colate metropolitane di cemento
un’area fra le più belle e incontaminate
del mondo, in modo irreversibile e permanente, al di fuori di qualsivoglia pre-
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ventivo piano eco-territoriale per gli impianti eolici. L’energia pulita non può
divenire l’occasione più pericolosa e subdola per la speculazione a danno dell’ambiente nei decenni avvenire –:
quali iniziative il Ministro dell’ambiente intenda promuovere per evitare lo
scempio annunciato anche sulla scorta
della sua personale filosofia ecologica nel
settore, più volte sbandierata e, al suo
primo impatto comportamentale, secondo
l’interrogante clamorosamente disattesa.
Da parte dell’interrogante, si chiede, in
sostanza un no secco e definitivo del
Governo al tentativo di manomissione dell’ecosistema montano gravitante intorno al
Parco nazionale degli Abruzzi. (4-02083)
RISPOSTA. — In merito a quanto richiesto
con l’interrogazione in esame concernente
la progettazione di un impianto eolico nel
territorio della Serralunga, Comuni di Collelongo e Civita d’Antino in provincia de
l’Aquila, la Regione Abruzzo Direzione Parchi Territorio Ambiente ed Energia, ha
riferito che « il progetto in argomento sarà
sottoposto ad un nuovo esame da parte del
Comitato di Coordinamento regionale per la
procedura di VIA, comprendente la Valutazione di Incidenza.
L’approfondimento degli effetti che potranno essere generati dall’intervento, si è
ritenuto necessario anche in considerazione
delle verifiche che la Regione medesima
aveva già in essere nell’ambito del PATOM
(Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso
Marsicano, Piano di Azione di durata quinquennale, predisposto e sottoscritto da il
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, il Ministero per le
politiche agricole e forestali – Corpo Forestale dello Stato, l’Università degli studi
« La Sapienza » di Roma – Dipartimento di
Biologia Animale e dell’Uomo, l’Istituto nazionale di fauna selvatica, parchi e riserve
naturali ed Enti locali interessati dalla
presenza di questa specie.
La Regione Abruzzo, ha, poi, comunicato
che « secondo quanto preannunciato in merito alla decisione di sottoporre il progetto
a nuovo esame da parte del Comitato
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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convocato per il giorno 13 febbraio 2007, i
Comuni di Collelongo e Civita d’Antino
hanno chiesto, il rinvio dell’esame allo
scopo di produrre un proprio rapporto in
merito, pertanto la Regione ha ritenuto di
dover accogliere tale istanza ».
In considerazione della complessità degli
aspetti da valutare, in relazione al progetto
eolico in oggetto, non è esclusa la valutazione circa l’opportunità di delocalizzare
l’impianto. Per tale motivo l’Amministrazione che rappresento, al fine di acquisire
notizie più specifiche, si sta adoperando
affinché sia posta in grado di valutare
attentamente tutte le questioni attinenti il
progetto in esame e porre in essere, se del
caso, le necessarie scelte a tutela dell’ecosistema di tutta l’area interessata.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
HOLZMANN. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
come riportato dal quotidiano Alto
Adige in data 17 ottobre, la sesta sezione
del Consiglio di Stato ha stabilito la corresponsione dell’indennità di bilinguismo
per trentasette poliziotti in servizio in
provincia di Bolzano dal 1994 al 1997;
gli interessati, quindi, dovranno essere risarciti per le indennità non incassate nel succitato periodo –:
se gli arretrati dell’indennità di bilinguismo verranno corrisposti a tutti gli
appartenenti alle Forze di Polizia o solo ai
trentasette soggetti ricorrenti; quali siano i
tempi previsti per la corresponsione degli
arretrati dell’indennità di bilinguismo.
(4-01329)
RISPOSTA. — Nel mese di dicembre 2006,
in esecuzione della sentenza del Consiglio di
Stato n. 5767/2006, si è provveduto a corrispondere al personale interessato le
somme dovute a titolo di indennità di
bilinguismo. Per i trentasette ricorrenti il
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pagamento è stato riferito all’intero periodo
di mancata erogazione.
Non è possibile provvedere analogamente per il restante personale in quanto,
come noto, l’articolo 1, comma 132, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 ha fatto
divieto a tutte le Amministrazioni pubbliche
di adottare, nel triennio 2005-2007, provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato o,
comunque, divenute esecutive.
La procedura per la liquidazione degli
interessi legali maturati, che presenta qualche aspetto di complessità in relazione alle
disponibilità finanziarie, si concluderà, presumibilmente, entro il prossimo mese di
giugno.
Il
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
LUCCHESE. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. — Per sapere – premesso
che:
dal 16 novembre 2006 il servizio di
verbalizzazione delle udienze penali è
stato per la prima volta appaltato a livello
nazionale;
immediatamente si sono riscontrati
presso i Tribunali gravissimi disservizi:
verbali consegnati con enormi ritardi,
udienze saltate a causa della mancanza dei
fonici in aula, proteste di avvocati e giudici, personale privo di qualsiasi tipo di
contratto lavorativo (vedi articolo de La
Stampa del 24 gennaio 2007);
inoltre il portale che avrebbe dovuto
garantire la gestione telematica dei verbali
e la sicurezza di tutti i dati trascritti non
ha mai funzionato;
la causa di questa situazione è da
addebitare alla procedura per l’assegnazione dei servizi di fonoregistrazione e
trascrizione udienza penali ad un unico
soggetto a livello nazionale. Ciò ha tolto
dal mercato numerose aziende che a livello locale assicuravano con puntualità e
dignità il servizio che oggi è quasi para-
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XV LEGISLATURA
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lizzato e in minima misura espletato con
notevoli ritardi e disagi e conseguente
allungamento dei tempi già lunghi della
giustizia (vedi articolo de Il Messaggero
cronaca di Roma del 4 febbraio 2007);
tale procedura comporta quindi una
distorsione della concorrenza unita ad un
peggioramento, se non un vero e proprio
blocco, delle attività giudiziarie in quasi
tutti gli uffici giudiziari rispetto al precedente sistema di assegnazione del servizio
a livello locale;
risulta che il Ministero della Giustizia
sta monitorando tale situazione con richiesta di specifica documentazione da
parte di tutti i Tribunali, verifica della
quale si chiede dettagliata relazione –:
quali provvedimenti il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale intenda
assumere per tutelare tutti i lavoratori
delle tante aziende locali che svolgevano il
servizio di fonoregistrazione e trascrizione
e che dal 16 novembre 2006 sono stati
privati della loro occupazione;
quali provvedimenti il Ministro della
giustizia intenda assumere per rimuovere
questa gravissima situazione e affinché il
diritto alla difesa sia garantito a tutti i
cittadini, ripristinando il sistema di assegnazione del servizio a livello locale o
distrettuale ovvero inserendo nelle piante
organiche dell’amministrazione giudiziaria
i trascrittori, gli stenotipisti e gli addetti
alla fonia, emanando bandi di concorso da
esperire quanto prima, possibilmente riservati ai suddetti operatori già dotati di
decennale esperienza operativa. (4-02756)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione parlamentare in esame, si fa presente
che il servizio di documentazione degli atti
dibattimentali (fonoregistrazione e trascrizione dell’udienza penale) relativo al contratto nazionale stipulato da questa Amministrazione in data 5 maggio 2006 con l’RTI
Consorzio Astrea – Lutech S.p.A. in ottemperanza a quanto previsto dalla legge 168
del 17 agosto 2005, è stato avviato il 16
novembre 2006.
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L’avvio del nuovo servizio centralizzato
ha comportato dei cambiamenti radicali
nelle modalità di organizzazione e gestione
del servizio, cambiamenti che hanno coinvolto sia i 437 uffici giudiziari interessati,
sia le ditte che erogano il servizio.
Nei primi mesi di avvio, sono stati
evidenziati dagli uffici una serie di disservizi riguardanti soprattutto il ritardo nella
consegna dei verbali e, in alcuni limitati
casi, l’assenza o la mancata puntualità in
aula degli operatori specializzati, rispetto
alle richieste dell’ufficio.
Per la precisione, dalla data di avvio, su
un totale di 437 uffici utenti del servizio (26
Corti di Appello, 165 Tribunali, 23 Tribunali per minorenni e 223 sezioni distaccate),
sono stati segnalati disservizi da circa 70
uffici, corrispondenti ad una percentuale
del 16 per cento. L’entità dei disservizi è
risultata di maggiore rilevanza in circa 20
dei predetti 70 uffici (pari a circa il 5 per
cento del totale). Particolarmente critica è
risultata quella dei tribunali di Bologna,
Agrigento e Marsala (pari a circa lo 0,7 per
cento del totale).
A seguito delle segnalazioni pervenute da
tali uffici giudiziari, questa Amministrazione ha provveduto a richiedere più volte
all’RTI, per le vie brevi e con successive
note, l’eliminazione dei disservizi.
Con nota 3658 del 31 gennaio 2007 è
stata richiesta all’RTI una relazione che
riportasse informazioni, chiarimenti e giustificazioni circa i disservizi evidenziati,
nonché un piano di regolarizzazione degli
stessi.
L’RTI con nota del 14 febbraio 2007 e,
a seguito di ulteriori approfondimenti richiesti dalla competente Direzione generale,
con nota del 9 marzo 2007 e con successiva
nota del 30 marzo 2007, comunicava di
aver già intrapreso le attività atte a risolvere i problemi evidenziatisi e ad evitarne il
ripetersi nel futuro.
Durante questi mesi, per quanto è a
conoscenza
dell’Amministrazione,
nella
quasi totalità dei suddetti uffici il servizio si
è andato regolarizzando, con la progressiva
risoluzione delle situazioni critiche e dei
disservizi più rilevanti, con qualche maggiore difficoltà incontrata, in particolare,
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
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XXXVII
AI RESOCONTI
nei tribunali di Agrigento e Marsala, dove
era stato accumulato un notevole numero
di trascrizioni arretrate da consegnare.
Con circolare n. 14487 del 5 aprile 2007
sono stati richiesti agli uffici dati aggiornati
relativi all’andamento del servizio per il
primo e il secondo bimestre, corredati di
eventuali osservazioni specifiche. Ad oggi
sono pervenute risposte solo da pochi distretti e si è, pertanto, in attesa delle
informazioni richieste, al fine di poter effettuare valutazioni complessive sullo stato
del servizio.
Quanto, poi, al profilo concernente il
personale utilizzato assunto senza regolare
contratto di lavoro, a seguito di segnalazioni pervenute dai tribunali di Torino e di
Marsala l’Amministrazione, tempestivamente, con nota del 23 febbraio 2007, ha
provveduto a richiedere all’RTI la documentazione necessaria per consentire l’effettuazione di tutti i controlli previsti dalla
legge.
Dall’analisi effettuata sulla documentazione fornita, non sono emerse irregolarità
di rilievo.
Per quanto riguarda il portale, si precisa
che quest’ultimo è stato reso disponibile sin
dall’avvio del servizio.
Al fine di favorire un passaggio graduale
alle nuove e diverse modalità per la richiesta del servizio tramite il portale da parte
degli uffici giudiziari, si è consentito agli
stessi uffici di continuare ad operare, cosı̀
come peraltro previsto nel capitolato di
gara, per i primi quattro mesi, con le
medesime modalità precedentemente adottate. Nel frattempo, sono state date indicazioni alla competente articolazione di rendere disponibile a tutte le cancellerie il
collegamento al portale stesso.
È da segnalare che nella consegna delle
utenze e delle password relative al portale,
sono state riscontrate alcune difficoltà con
alcuni uffici giudiziari, verosimilmente a
causa di una non chiara interpretazione
delle funzioni legate all’utilizzo di tali
utenze.
Infine, per quanto riguarda gli eventuali
aspetti di distorsione della concorrenza, si
evidenzia che questa Amministrazione ha
operato nel pieno rispetto della normativa
Camera dei Deputati
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nazionale ed europea in materia, elaborando, peraltro, un bando di gara in grado
di consentire la più ampia partecipazione
possibile di concorrenti, sotto svariate
forme associative.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
MARTINELLO. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, al Ministro dello sviluppo economico.
— Per sapere – premesso che:
fin dai primi anni ’90 la politica
energetica italiana ha posto grande attenzione alla produzione di energia elettrica
mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Tale politica ha portato alla stesura di una
serie di leggi atte a garantire incentivazioni economiche ai produttori da fonte
rinnovabile;
la prima iniziativa in tal senso è stato
il provvedimento CIP 6/92 che, a fronte di
grandi vantaggi economici, ha portato anche a caratteristiche negative: su tutte il
fatto che il 70 per cento dell’incentivazione
economica ha remunerato impianti di produzione alimentati da fonti assimilate cioè
da fonti di origine fossile a basso impatto
ambientale. Tutto ciò ha portato alla necessità di studiare un nuovo meccanismo
di incentivazione con la conseguente elaborazione della normativa sui cosiddetti
certificati verdi (CV);
il decreto legislativo 16 marzo 1999
n. 79, cosiddetto decreto Bersani, fissa le
regole per l’emissione dei CV stabilendo
che la certificazione di Impianto alimentato da fonte rinnovabile venga rilasciata
agli impianti in funzione dopo il 1° aprile
1999, in seguito ad operazioni di potenziamento, rifacimento, riattivazione o
nuova costruzione. Impone che a partire
dal 2002 il 2 per cento dell’energia da
fonte non rinnovabile, prodotta o importata, oltre la quota di 100 GWh, debba
essere certificata a mezzo CV;
all’articolo 5, comma 1, del decreto
del Ministero dell’Industria Commercio e
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XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XXXVIII
AI RESOCONTI
Artigianato dell’11 novembre 1999 « Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo
11 del decreto legislativo 16 marzo 1999,
n. 79 » si evidenzia che « La produzione di
energia elettrica degli impianti..., ha diritto, per i primi otto anni di esercizio
successivi al periodo di collaudo ed avviamento, alla certificazione di produzione da
fonti rinnovabili, di seguito denominata
« certificato verde »;
tale decreto è stato successivamente
abrogato dal decreto del Ministero Attività
Produttive del 24 ottobre 2005 « Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da
fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11,
comma 5 del decreto legislativo 16 marzo
1979, n. 79 »;
il decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 « Attuazione della direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità » al comma 5 dell’articolo 20
prevede che: « il periodo di riconoscimento
dei certificati verdi è fissato in otto anni,
al netto dei periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti »;
l’articolo 5, comma 2, del decreto del
Ministero attività produttive del 24 ottobre
2005 si afferma che « ... la produzione
netta di energia elettrica da impianti alimentati a biomasse e rifiuti, che ha diritto
ai certificati verdi per i primi otto anni
successivi all’entrata in esercizio commerciale degli impianti, ha diritto altresı̀, su
richiesta del produttore e nel rispetto di
quanto disposto dal decreto legislativo
n. 387 del 2003, articolo 20, comma 6, ai
certificati verdi per ulteriori quattro anni,
in misura corrispondente al 60 per cento
della produzione... »; precisando comunque al comma 11 che « la richiesta del
produttore volta ad ottenere i certificati
verdi aggiuntivi di cui al comma 2 per il
primo degli ulteriori quattro anni è accompagnata da dichiarazione giurata con
Camera dei Deputati
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la quale il produttore attesta di non aver
beneficiato di alcun incentivo pubblico in
conto capitale per la realizzazione dell’impianto per la cui produzione energetica
vengono richiesti i certificati verdi »;
infine alla lettera d) comma 4 dell’articolo 267 del decreto legislativo n. 152
del 2006, cosiddetto Testo Unico Ambientale, si afferma: « al fine di prolungare il
periodo di validità dei certificati verdi,
all’articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole
“otto anni” sono sostituite dalle parole
“dodici anni” –:
quali iniziative i Ministri in oggetto
intendano adottare al fine di coordinare la
normativa relativa alla durata dei certificati verdi e se, come si evince, dal succedersi della produzione legislativa tale validità sia di dodici anni cui si aggiunge, a
richiesta del produttore, un ulteriore periodo di quattro anni.
(4-02672)
RISPOSTA. — Con l’interrogazione in
esame l’interrogante chiede se, in merito
alla durata di 12 anni dei certificati verdi,
bisogna aggiungere, a richiesta del produttore, un ulteriore periodo di quattro anni
come previsto dal decreto legislativo n. 192
del 2003.
La Direzione per la salvaguardia ambientale ha rappresentato che: « con la
lettera d) comma 4 dell’articolo 267 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 si fissa,
per tutti gli impianti di produzione di
energia elettrica da fonte rinnovabile, il
periodo di riconoscimento dei certificati
verdi in dodici anni, al netto dei periodi di
fermata degli impianti causati da eventi
calamitosi dichiarati tali dalle autorità
competenti. Pertanto, non esistendo più una
distinzione fra le tipologie di impianti a
fonte rinnovabile, non è più necessario per
i produttori di energia elettrica da impianti
a biomassa richiedere di elevare di ulteriori
quattro anni il periodo di riconoscimento
dei certificati verdi come previsto dal
comma 5.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
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ALLEGATO
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XXXIX
AI RESOCONTI
MELLANO. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro per le politiche europee. — Per
sapere – premesso che:
la Comunità Economica Europea, con
la « Direttiva Nitrati » 91/676 del 12 dicembre 1991, ha delineato il percorso che
ogni Stato membro deve attuare per perseguire l’obiettivo di ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente od
indirettamente da nitrati di origine agricola. In particolare, la Direttiva suddetta
individua nella designazione delle « zone
vulnerabili » il passo fondamentale per
salvaguardare le acque superficiali e profonde, elaborando uno o più « codici di
buona pratica agricola » e mettendo a
punto « Programmi d’azione » da attuare
nelle zone vulnerabili enucleate;
il testo unico sull’ambiente, il decreto
legislativo n. 152 del 2006, nella parte
relativa alle acque, e in particolare negli
articoli 92 e 93 e all’allegato 7, recepisce
in pieno le disposizioni dell’abrogato decreto legislativo n. 152 del 1999 (successivamente modificato ed integrato dal decreto legislativo n. 258 del 2000) che, recependo la direttiva europea, assegna alle
Regioni il compito di individuare le zone
vulnerabili ai nitrati e ai fitofarmaci, oltre
che numerosi altri compiti relativi alla
protezione delle acque (tra questi si citano: individuazione delle zone di protezione e salvaguardia, sistemazione dei
pozzi di prelievo, dei sistemi di depurazione fognari e delle acque superficiali);
i suddetti decreti individuano nei
Piani di Tutela delle Acque (PTA) gli
strumenti regionali fondamentali sui quali
basare la pianificazione e le politiche sulla
salvaguardia delle risorse idriche e i piani
succitati dovevano essere approvati entro
il 31 dicembre 2003;
entro un anno dalla emanazione dell’abrogato decreto legislativo n. 152 del
1999 – con la metodologia specificata all’allegato 7 – era fatto obbligo alle Regioni di
approntare una cartografia a scala
1:250.000 delle zone vulnerabili ai nitrati e
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ai fitofarmaci, che valga come « Indagine
preliminare di riconoscimento »;
il decreto legislativo n. 152 del 2006
ribadisce tali obblighi nel merito e nel
metodo;
in numerose regioni l’inquinamento
delle falde superficiali e profonde da nitrati e da prodotti fitosanitari (anche proibiti come l’atrazina) è stato costantemente
rilevato a livelli elevati e preoccupanti;
i rischi per la salute umana e per
l’intero ecosistema sono elevatissimi in
caso di inquinamento delle acque superficiali e/o profonde;
a conoscenza dell’interrogante, la
maggior parte delle regioni italiane non ha
rispettato gli obblighi previsti dalle leggi e,
in alcuni casi, anche in presenza del
rispetto formale degli adempimenti non si
sono seguite le metodologie previste dalle
norme nazionali ed europee –:
se non ritenga opportuno promuovere un’attività di monitoraggio volta ad
accertare:
1) in quali regioni siano stati effettivamente approvati in via definitiva i
Piani di Tutela delle Acque;
2) in quali regioni sia stata approntata la cartografia a scala 1:250.000 (« Indagine preliminare di riconoscimento »),
come richiesto dal decreto legislativo
n. 152 del 2006 (ex n. 152 del 1999), al
fine di individuare le aree vulnerabili a
nitrati e fitofarmaci;
3) se i criteri adottati dalle regioni
che hanno adempiuto a questo compito
(individuazione cartografica delle zone
vulnerabili a nitrati e fitofarmaci) siano
corrispondenti alle richieste metodologiche
previste dalle normative;
4) se siano stati previsti gli aggiornamenti a scala di maggiore dettaglio
(1:50.000 e 1:100.000), come statuito dal
decreto legislativo n. 152 del 2006 (ex
n. 152 del 1999);
5) se siano stati approntati i « Programmi d’azione » relativi alle zone vul-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XL
AI RESOCONTI
nerabili individuate per ridurre gradualmente gli effetti dell’inquinamento;
quali iniziative di sua competenza
intenda assumere al fine di far sı̀ che tutte
le Regioni adempiano ai suddetti abblighi.
(4-01227)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato nell’interrogazione in esame, con la
quale l’interrogante, nel chiedere quali Regioni abbiano approvato i Piani di Tutela
delle acque e, in tema di zone vulnerabili
ai nitrati, in quali Regioni siano state
approntate le cartografie per l’individuazione di dette zone, nonché in quali siano
stati predisposti i programmi d’azione, richiede quali siano le iniziative che si
intendono assumere per far sı̀ che le stesse
adempiano a tali obblighi, sulla scorta
della nota predisposta in merito dalla
Direzione qualità della vita, si rappresenta
quanto segue.
In relazione al primo aspetto, si fa
presente che ai sensi del previgente decreto
legislativo n. 152/99, articolo 44, la scadenza del termine di approvazione dei suddetti Piani era fissato al 31 dicembre 2004.
In merito, le regioni Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige per la provincia
di Trento, Emilia Romagna, Toscana e
Sardegna hanno concluso l’iter approvativo,
mentre il Trentino Alto Adige per la provincia di Bolzano, il Veneto e le Marche
hanno proceduto attraverso l’approvazione
di Piani stralcio che, successivamente, confluiranno nel Piano definitivo.
Sono ancora in fase di adozione, sebbene
sia imminente l’approvazione formale definitiva, le Regioni Veneto (che come su detto
ha approvato il Piano Stralcio relativo ad
alcune misure di tutela ed alle norme di
salvaguardia), Lazio e Piemonte. Le restanti
Regioni sono in fase di predisposizione.
Si fa, tuttavia, presente che la normativa
vigente, decreto legislativo n. 152/06-allo
stato, oggetto di una revisione finalizzata,
tra l’altro, ad un recepimento compiuto
della direttiva 2000/60/CE e, comunque, da
effettuarsi sulla scorta dei risultati delle
esperienze applicative delle leggi abrogate (ci
si riferisce, nel caso di specie, alle leggi
Camera dei Deputati
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183/89 e 36/94 ed al decreto legislativo
n. 152/99), all’articolo 121, prevede che
l’adozione dei Piani di Tutela da parte delle
Regioni deve avvenire entro il 31 dicembre
2007 e deve essere approvato dalle stesse,
comunque, non oltre il 31 dicembre 2008.
Le successive revisioni e gli aggiornamenti
devono essere effettuati ogni sei anni.
In tema di zone vulnerabili, ovvero delle
zone come tali individuate per la riduzione
e prevenzione dell’inquinamento delle acque
superficiali e sotterrane da nitrati di origine
agricola e da prodotti fitosanitari, la normativa comunitaria e nazionale prevede
una serie di iniziative, azioni ed adempimenti scadenzati nel tempo.
In particolare, la direttiva 91/676/CEE,
relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole prevede, all’articolo
3, che gli Stati Membri designino, come
zone vulnerabili da nitrati, tutti quei territori che scaricano direttamente o indirettamente nelle acque inquinate individuate
secondo i criteri di cui all’Allegato I, ovvero
nelle acque che potrebbero essere inquinate
se non si interviene ai sensi dell’articolo 5
della stessa direttiva.
In tal senso, il decreto legislativo n. 152/
99 operava una prima individuazione di
zone vulnerabili da nitrati di origine agricola (allegato 7 parte AIII) demandando,
poi, alle Regioni il compito di designare le
ulteriori zone vulnerabili presenti sul loro
territorio, sulla base delle indicazioni fornite nel citato allegato 7.
A tal fine, il legislatore, alla parte AII
dell’allegato in parola, riteneva opportuno
si procedesse ad una indagine preliminare
di riconoscimento, la cui scala cartografica
di rappresentazione prescelta è 1:250.000, e
ad una successiva fase finalizzata alla stesura di una cartografia di maggior dettaglio
(1:50.000-100.000) per una caratterizzazione ed una delimitazione più precisa delle
zone vulnerabili.
Considerato che tale indagine rappresenta una fase eventuale e non propedeutica
e necessaria alla suddetta individuazione e
che, invero, l’obbligo in capo alle Regioni
riguarda specificamente la designazione, si
fa presente che tutte le Regioni hanno
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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XLI
AI RESOCONTI
designato dette zone, fatta eccezione per la
Valle d’Aosta e le Province autonome di
Trento e Bolzano, che dichiarano di non
avere zone vulnerabili da nitrati di origine
agricola, sulla base dei dati assunti in sede
di monitoraggio.
Si evidenzia, tuttavia, che la Commissione europea, sulla base di studi svolti
(ERM, 2000; ADAS-NIVA, 2004), con lettera
di messa in mora n. 2006/2163 dell’aprile
10 aprile 2006, sostiene che l’Italia debba
procedere, tra l’altro, ad ulteriori designazioni.
Al fine di fornire all’interrogante informazioni utili a riscontrare quanto la problematica sia all’attenzione del Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare, si fa presente che, a seguito di
incontri tenutisi con le Regioni e, in alcuni
casi, anche in presenza della Commissione
stessa, le Regioni hanno assunto o sono in
fase di predisposizione delle necessarie iniziative concordate, il cui dettaglio è riportato all’Allegato 1.
Nelle zone designate come vulnerabili,
poi, ai sensi dell’articolo 5 della citata
direttiva e dell’articolo 19, comma 6, della
previgente normativa nazionale, entro un
anno dalla loro dichiarazione, dovevano
essere predisposti ed attuati i programmi
d’azione obbligatori al fine di tutelare e
risanare le acque dall’inquinamento provocato dai nitrati.
In merito, la riscontrata inadempienza
di alcune Regioni ha comportato l’inserimento, all’interno del decreto ministeriale 7
aprile 2006 – relativo a « Criteri e norme
tecniche generali per la disciplina regionale
dell’utilizzazione agronomica degli effluenti
di allevamento », attuativo dell’articolo 38
del decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 152 – di specifiche disposizioni cui le
Regioni devono attenersi per la predisposizione dei Programmi d’azione.
In generale, sono individuate le misure
necessarie alla protezione ed al risanamento
delle zone vulnerabili, alla limitazione d’uso
di fertilizzanti azotati, nonché alla promozione di strategie di gestione integrata degli
effluenti zootecnici. Nel disporre, altresı̀,
obblighi per i divieti spaziali e temporali, il
dimensionamento e la realizzazione delle
Camera dei Deputati
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GIUGNO
2007
strutture per lo stoccaggio degli effluenti,
come misure necessarie al risanamento
delle zone vulnerabili, sono introdotti strumenti di controllo volti ad una fertilizzazione equilibrata. Le misure individuate
tengono conto dei requisiti minimi che la
Commissione europea ritiene di aver individuato per il nostro Paese sulla base di
studi da lei stessa commissionati (ERM,
2001 – Assessment of Action Programmess
established by Member States – (ENV
BNI/JDU/pp D (2001)311110)).
A seguito delle considerazioni finora
svolte, le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna, Emilia Romagna, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia,
Molise, Liguria, Puglia, Sicilia, Toscana,
Veneto hanno approvato i propri Programmi d’azione. A tal proposito si evidenzia che le Regioni Emilia Romagna,
Veneto e Lombardia fin dai primi anni
novanta avevano specifiche leggi regionali
che dettavano disposizioni in merito all’utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento.
La Regione Lazio deve ancora concludere l’iter per l’approvazione definitiva.
Le Regioni Marche e Piemonte e Campania, già in possesso di un Programma
d’Azione rispettivamente dal 2003 la prima
e dal 2004 le restanti due, stanno, comunque, procedendo alla revisione degli stessi al
fine di apportare ulteriori elementi necessari al raggiungimento della piena conformità alle disposizioni nonché agli indirizzi
comunitari e nazionali.
ALLEGATO 1
1.1 Bacino del fiume Po (Piemonte, Lombardia)
Piemonte
La Regione Piemonte ha operato ulteriori designazioni – ci si riferisce alle fasce
A e B di cui al Piano Stralcio per l’Assetto
Idrogeologico (PAI) adottato con deliberazione del Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Po n. 1 dell’11
maggio 1999 – e nel dicembre 2006 ha
individuato altre aree, raggiungendo il 52
per cento dell’area totale del territorio di
pianura.
Atti Parlamentari
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ALLEGATO
B
XLII
AI RESOCONTI
Lombardia
La Lombardia ha designato nell’ottobre
2006 ulteriori zone vulnerabili, raggiungendo il 56,43 per cento dell’area globale di
pianura regionale e il 62 per cento della
superficie agricola utilizzata (SAU).
1.2 Bacino dell’Adige e bacino drenante
nella laguna di Venezia (Veneto)
La Regione Veneto nel 2006 ha designato come ulteriori zone vulnerabili il
territorio di « alta pianura » raggiungendo il
61 per cento dell’area di pianura.
In merito all’area montana dei Lessini,
è stata realizzata una carta idrogeologica
sulla base della quale si sta predisponendo
una proposta tecnica di designazione che
porterà in breve tempo alla definitiva designazione dei comuni della Lessinia all’interno del Piano di Tutela delle acque. A
parere della Regione, il restante 39 per
cento dell’area di pianura (media e bassa)
non necessita di designazione, in quanto
caratterizzata da acquiferi confinati e protetti verso l’alto da strati di argille, praticamente impermeabili.
1.3 Friuli Venezia Giulia, laguna di GradoMarano
Il Friuli Venezia Giulia, nell’ottobre
2006, ha designato come vulnerabile la
zona coincidente con il comprensorio di
Bonifica della Bassa Friulana, comprendente le lagune di Grado e Marano.
1.4 Toscana
La Regione, nel gennaio 2007, ha designato come zone vulnerabili la Val di
Chiana, la Laguna di Orbetello e l’acquifero
di San Vincenzo.
1.5 Umbria
La Regione Umbria ha provveduto ad
ampliare notevolmente le zone designate in
precedenza, perimetrando: la zona vulnerabile di « Gubbio », che interessa l’acquifero
alluvionale della Conca Eugubina; la zona
della « Valle Umbra a sud del fiume Chiascio », che si estende nella valle tra Assisi e
Camera dei Deputati
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Spoleto – sede di importanti prelievi a
scopo potabile e che interessa gran parte
dell’acquifero alluvionale della Valle Umbra –; la zona denominata « Settore Orientale dell’Alta Valle del Tevere » che occupa
la porzione dell’acquifero alluvionale dell’Alta Valle del Tevere compresa tra S.
Giustino e Città di Castello; e, infine,
l’intero bacino idrografico del « Lago Trasimeno ».
1.6 Campania
La Regione, nell’evidenziare che l’attività
di monitoraggio non ha rilevato condizioni
di inquinamento da nitrati in ulteriori aree,
si impegna, comunque, a rivedere, entro il
2007, le designazioni già effettuate.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MELLANO. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
un rapporto del Wwf mostra un collegamento tra i cambiamenti climatici e il
rischio di estinzione per molte specie di
uccelli in tutte le regioni del Pianeta;
il rapporto prende in esame più di
200 ricerche pubblicate su autorevoli riviste scientifiche che hanno analizzato
l’impatto del riscaldamento globale sulle
specie di uccelli nel mondo, indicando un
trend verso una significativa estinzione di
numerose specie dovuta proprio al fenomeno del riscaldamento globale;
molte specie di uccelli – secondo
l’associazione ambientalista – risultano a
rischio di estinzione e il fenomeno è tanto
più preoccupante per il fatto che gli uccelli
hanno sempre mostrato una grande capacità di adattamento ai diversi ambienti ed
alla naturale variabilità presente nei sistemi naturali;
nelle regioni mediterranee, a parere
del Wwf, se la temperatura aumenterà tra
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLIII
AI RESOCONTI
gli 1,5°C e 4,2°C, potrebbero andare completamente perdute – entro il 2080 – le
zone umide costiere, fondamentali per le
popolazioni migratorie –:
quali iniziative normative intenda
adottare il Governo per preservare l’habitat dell’avifauna presente in Italia;
quali iniziative a tutela della biodiversità e dell’avifauna in particolare il
Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare intenda proporre
presso le sedi comunitarie e internazionali
competenti in materia.
(4-01701)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo in esame,
sulla base della relazione prodotta dalla
Direzione Generale Protezione della Natura
di questo Ministero, si rappresenta quanto
segue.
Innanzitutto, si concorda con l’interrogante sull’affermazione che, a prescindere
dall’intervento umano, comincia ad avere
una certa rilevanza la scomparsa di molte
specie animali e vegetali e che ciò sia da
mettere in correlazione ai cambiamenti climatici.
È altrettanto vero, comunque, che in
questi ultimi cento anni si sta andando
incontro al rinnovarsi del fenomeno di
riscaldamento del nostro pianeta che, a far
data dell’ultima glaciazione terminata circa
diecimila anni fa, si era improvvisamente
rallentato (piccola glaciazione) tra la fine
del XVII ed il XIX secolo.
Per quanto concerne, comunque, le
preoccupazioni espresse nell’interrogazione,
relativamente ad una eventuale contrazione delle zone umide, lo stesso INFS,
consultato al riguardo, fa presente che la
regolazione idrica delle stesse è in buona
misura, tranne poche eccezioni, artificiale
o, comunque, controllata dall’uomo e questo potrebbe consentire in via teorica di
tamponare o mitigare eventualmente l’effetto delle variazioni dell’apporto idrico
naturale.
In questo contesto, la problematica
ipotizzata quale causa d’estinzione delle
« specie animali » più opportuniste della
terra (uccelli migratori), apparirebbe allo
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
scrivente aleatoria in quanto, è noto, come
le rotte dell’avifauna si siano costantemente adattate nel tempo al modificarsi
delle situazioni e la scomparsa di avifauna
riguardi principalmente, relativamente agli
habitat, le specie stanziali e meno competitive.
Non per questo, peraltro, sono trascurati
da questo Ministero i compiti e gli indirizzi
attraverso le attività previste dall’adesione a
normative internazionali e Regolamenti Comunitari che prevedono il costante e continuo monitoraggio della situazione.
Attualmente, per quanto riguarda le
zone umide del nostro Paese, è necessario
ricordare l’adesione alla Convenzione di
Ramsar e l’individuazione vocazionale di
queste zone all’applicazione della Direttiva
Habitat che ha previsto la creazione di
Zone a Protezione Speciale (ZPS) e Siti
d’Importanza Comunitaria (SIC) nell’ambito di Rete Natura 2000, principalmente
a protezione dell’avifauna migratoria.
In particolare, infine, per quanto riguarda le ZPS (zone di protezione speciale)
già individuate, attraverso le Amministrazioni Regionali per adeguare il sistema
Paese all’applicazione della Direttiva Uccelli (Dir. 79/409CE) è stato effettuato
dalla Direzione Generale competente uno
studio comparativo con le modalità di
individuazione delle IBA (Important Birds
Area), al fine di riscontrare l’effettiva
rispondenza dei siti cosı̀ individuati alle
rotte migratorie di queste specie animali.
Vero è che la Commissione europea ha
interpellato il nostro Paese per un aumento
di queste superfici cosı̀ vocate, in quanto
alcune Regioni non hanno destinato ancora
una superficie adeguatamente estesa in tal
senso. Un’incoraggiante risposta ai rilievi
della Commissione proviene, in questi
giorni, dalla regione Sicilia, con l’individuazione delle ex saline di Trapani quale
nuova Zona Ramsar.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLIV
AI RESOCONTI
MELLANO. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, al
Ministro delle politiche agricole, alimentari
e forestali. — Per sapere – premesso che:
nel 2004 in Italia le catture di squali
rilevate sono state di 1.061 tonnellate, dato
che ha portato il nostro Paese ad essere il
primo in Europa per maggiore attività di
pesca di squali e razze del Mediterraneo,
seguito da Turchia (1.018 t.), Grecia (911
t.) e Spagna (837 t.);
tra il 1950 e il 1982 le catture rilevate
di elasmobranchi si aggiravano su una
media di 4.000 t. l’anno, mentre il 1994 ha
registrato un record di 16.500 t. Nei dieci
anni successivi le catture sono diminuite
considerevolmente, scendendo a 5.000 t.
nel 1996 e a poco più di 1.000 t. nel 2004.
Tutto ciò nonostante lo sforzo di pesca sia
rimasto inalterato;
per molte specie di squali la pesca è
effettuata con metodi distruttivi e lesivi
che hanno determinato il crollo della popolazione, non potendo definire sporadiche le catture « accidentali » effettuate con
spadare e reti a strascico illegali;
sono 84 le specie di squali e razze
segnalate attualmente nel bacino Mediterraneo. L’International union for conservation of nature (Iucn) ha dichiarato che sul
30 per cento di esse non esistono dati
sufficienti e che circa il 70 per cento
necessita di un monitoraggio più approfondito. Secondo analisi precedenti, nel
Golfo del Leone e nel Mare Adriatico, la
diversità delle specie di squalo si è quasi
dimezzata nel giro di 50 anni a causa della
pressione di pesca;
per ovviare al problema dell’eccessivo
sfruttamento la Germania si è fatta promotrice di due proposte di inclusione nella
Cites di due specie di squali come lo
squalo smeriglio Lamna nasus e lo squalo
spinarolo Squalus acanthias da presentare
a giugno 2007 alla quattordicesima conferenza delle parti Cites –:
se il Governo non intenda rendere
pubblici tutti i dati disponibili sulle cam-
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
pagne di pesca e sulle ricerche finanziate
dai ministeri competenti;
se il Governo nella prossima conferenza delle parti Cites sosterrà con convinzione le proposte esplicitate in premessa presentate dalla Germania;
se il Governo non ritenga opportuno
promuovere a livello europeo un piano di
gestione per la pesca degli squali e il
rafforzamento del regolamento Ue sul finning.
(4-02263)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione in esame, concernente il piano di
gestione per la pesca degli squali e il
rafforzamento del regolamento dell’Unione
europea sul finning, si fa presente che la
Direzione Generale competente di questo
Ministero, ha comunicato che in qualità di
Autorità di Gestione Nazionale CITES, ha
dato in sede comunitaria il proprio assenso
alla proposta della Germania di inclusione
delle specie di squali Lamna nasus e Squalus acanthias nella CITES. Tale proposta
sarà presentata alla prossima conferenza
delle Parti CITES che si terrà dal 3 al 15
giugno 2007 a L’Aia (Olanda).
La proposta che ha peraltro ricevuto
assenso generale, pertanto, verrà presentata
dalla Germania per conto dei 27 Paesi
dell’Unione europea.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MENIA. — Al Ministro dell’interno. —
Per sapere – premesso che:
il 10 febbraio 2007 si è svolto a
Cagliari il corteo-fiaccolata (come avviene
ogni anno da quando è stato istituito il
Giorno del Ricordo dei Martiri delle Foibe
e degli esuli giuliano-dalmati) organizzato
dal Comitato « 10 febbraio » e regolarmente autorizzato dalla questura;
nei giorni precedenti al corteo, sono
stati affissi nelle scuole e nelle facoltà,
manifesti annuncianti una manifestazione
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLV
AI RESOCONTI
antifascista, prevista in concomitanza con
il corteo, presso la piazza Gramsci, adiacente il Parco Martiri delle Foibe;
appena avuta notizia della preannunciata manifestazione antifascista lungo il
percorso del corteo, i responsabili provinciali del Comitato « 10 febbraio » hanno
immediatamente provveduto ad informare
la questura e a chiedere di intervenire
preventivamente affinché non fosse permessa quella che, ad avviso dell’interrogante costituisce una vera e propria provocazione, anche perché risultava che non
fosse stata chiesta alcuna autorizzazione.
Ciò nonostante, la polizia ha consentito
che questi provocatori si radunassero, allontanandoli soltanto di una cinquantina
di metri dal percorso del corteo;
come era prevedibile, all’arrivo della
testa del corteo si sono levate le solite
ingiurie e minacce che fanno parte del
repertorio dell’estrema sinistra, rivolte ai
partecipanti alla fiaccolata, come « fascisti
carogne tornate nelle fogne; uccidere un
fascista non è reato; 10 100 1000 Nassiriya; Tito ce l’ha insegnato, infoibare non
è reato; a morte i paracadutisti » e cosı̀ via;
a capo dei circa venti facinorosi era
il famigerato ex brigatista rosso Deroma,
già noto alla questura per i suoi innumerevoli precedenti criminosi;
il funzionario di polizia addetto al
mantenimento dell’ordine pubblico, indifferente alle sollecitazioni degli organizzatori del corteo che chiedevano un intervento da parte delle forze dell’ordine per
far cessare l’indegna provocazione, si è
limitato a disporre un cordone di agenti,
non riuscendo ad impedire che gli estremisti rossi continuassero nella loro provocazione. Da tenere presente che alla
manifestazione hanno aderito il comune di
Cagliari, con la partecipazione di un assessore con la fascia tricolore, numerose
associazioni d’Arma con i loro labari, la
Croce Rossa Italiana, l’Associazione dei
Profughi Giuliano Dalmati, parenti di
Martiri delle Foibe, rappresentanti delle
Istituzioni come il senatore Delogu e di-
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
versi cosiglieri regionali e comunali, oltre
ai tantissimi cittadini;
solo per il senso di responsabilità dei
partecipanti, il corteo si è potuto concludere con una commovente cerimonia
presso il Parco Martiri delle Foibe, culminata con la deposizione di una corona
d’alloro accompagnata dall’inno nazionale;
a conclusione della cerimonia, mentre la folla defluiva, un militante di Alleanza Nazionale che tornava al proprio
circolo con la bandiera tricolore è stato
aggredito da alcuni facinorosi senza alcun
intervento della polizia che non aveva
provveduto a scortare i giovani che tornavano alle proprie sedi –:
se sia a conoscenza dei fatti sopra
descritti;
se la « manifestazione antifascista »
sia stata autorizzata ed in questo caso per
quale motivo essendo evidente che lo
scopo era quello di disturbare la celebrazione del Giorno del Ricordo, voluto dal
Parlamento, provocando confusione e incidenti;
ove non sia stata autorizzata, se risultino denunce o comunque indagini nei
confronti dei partecipanti alla stessa per
avervi dato luogo senza l’autorizzazione
prevista dalla legge;
come comunque si giustifichi il comportamento ed avviso dell’interrogante eccessivamente tollerante delle forze dell’ordine nei confronti dei facinorosi contestatori;
se la presenza di un ex brigatista
rosso a capo della citata manifestazione
non debba indurre un particolare approfondimento da parte dell’autorità di pubblica sicurezza.
(4-02633)
RISPOSTA. — Dalle ore 18 alle ore 20 del
10 febbraio 2007, si è svolta a Cagliari una
manifestazione, di cui è stato dato formale
preavviso alle Autorità di pubblica sicurezza, organizzata da Alleanza nazionale per
la commemorazione delle vittime delle
Foibe.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLVI
AI RESOCONTI
Nella circostanza, circa duecento persone hanno sfilato pacificamente per le vie
cittadine deponendo, al termine del corteo,
una corona di fiori presso il parco dedicato
ai martiri delle Foibe.
L’attività informativa svolta dalla
DIGOS della Questura di quel capoluogo
ha rilevato l’intenzione, da parte di una
sedicente « assemblea antifascista Kastedhu », di dare luogo ad una non preavvisata
« contromanifestazione » di disturbo.
Pertanto, è stato pianificato un adeguato
servizio di ordine pubblico, fondato sull’azione coordinata delle Forze di polizia
territoriali che, per l’occasione, sono state
supportate da unità di rinforzo provenienti
da reparti di pronto impiego.
Inoltre, è stata effettuata una verifica
preventiva della topografia interessata dal
transito del corteo autorizzato, che ha permesso di rilevare la presenza, già verso le
ore 16,00, di alcuni noti aderenti all’area
anarchica e antagonista cittadina, nonché
dell’ex brigatista rosso menzionato nell’atto
di sindacato ispettivo parlamentare, intenti
anch’essi a verificare le vie nelle quali
doveva transitare il corteo al fine di trovare
una posizione ottimale che avrebbe consentito loro maggiore visibilità.
Conseguentemente, i funzionari di polizia hanno diffidato il medesimo dall’intraprendere qualsiasi azione volta recare turbativa alla sicurezza e all’ordine pubblico e
hanno curato la predisposizione di idonee
misure di presidio della zona.
Successivamente, tali strategie hanno
permesso di contenere sensibilmente gli
effetti di disturbo della « contromanifestazione », a cui hanno partecipato, nonostante
la diffida, il citato estremista e circa una
trentina di manifestanti.
Infatti, questi ultimi hanno soltanto
potuto scandire gli slogans dal tenore segnalato dall’interrogante ma non è stato
loro consentito né di avvicinarsi, né di
avere la visione dei partecipanti al corteo
autorizzato.
Nella circostanza, come in altri servizi di
ordine pubblico, l’azione degli operatori di
pubblica sicurezza è stata ispirata ad un
doveroso equilibrio tra l’atteggiamento di
fermezza rispetto ad ogni forma di illegalità
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
e l’esigenza di non coinvolgere pacifici cittadini. Conseguentemente, l’uso della forza
viene limitato ai soli casi di effettiva necessità, anche per evitare di innescare più
gravi tensioni.
Il successivo 20 febbraio 2007, la
DIGOS della Questura di Cagliari ha inoltrato all’Autorità giudiziaria un’informativa
di reato a carico di quindici esponenti della
« contromanifestazione », debitamente identificati, resisi responsabili, tra l’altro, di
oltraggio a corpo politico, amministrativo o
giudiziario, di radunata sediziosa e di
omesso preavviso di manifestazione.
Tra i denunciati figura anche il citato ex
brigatista rosso, il quale, in quanto sottoposto per la durata di due anni alla misura
della sorveglianza speciale, è stato segnalato
al competente Tribunale anche per la violazione delle prescrizioni imposte con la
citata misura di prevenzione.
Per quanto concerne lo specifico episodio riportato nell’atto di sindacato ispettivo,
il Questore di Cagliari ha riferito che,
durante il deflusso dalla manifestazione
autorizzata, un giovane partecipante è stato
aggredito da un altro che, a bordo di un
motociclo, lo ha colpito con un pugno con
l’intento di sottrargli una bandiera tricolore.
Al personale della DIGOS immediatamente
intervenuto, l’aggredito ha minimizzato l’accaduto e, manifestando l’intenzione di non
voler presentare alcuna denuncia, ha inoltre escluso che l’aggressore potesse fare
parte della « contromanifestazione ».
Si rileva che il descritto servizio di
ordine pubblico ha pienamente garantito la
sicurezza dei partecipanti durante lo svolgimento della manifestazione preavvisata,
raggiungendo l’obiettivo prefissato della
loro incolumità nel corso della manifestazione.
Viceversa, la prevenzione generale dei
reati rientra nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo del territorio da parte delle
Forze dell’ordine, che, certamente, non può
escludere il verificarsi assoluto di condotte
illecite non prevedibili.
Il
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLVII
AI RESOCONTI
MIGLIORI. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
l’11 febbraio 2005 il nucleo operativo
ecologico dell’Arma ha sequestrato gli
strumenti escavatori di una azienda illegalmente operante presso le rive del fiume
Arno nella frazione di San Pierino nel
comune di Fucecchio (Firenze);
risultavano, in particolare, scadute da
molti anni le relative autorizzazioni;
a prescindere da ogni ipotesi di reato
in merito, secondo l’interrogante, la draga
ivi operante potrebbe avere modificato in
modo consistente l’alveo del fiume mentre
lo stesso « lavaggio » della rena estratta e
poi in commercio potrebbe priva di ogni
controllo, avere comportato inquinamento
dell’Arno;
tale azienda di trattamento di inerti
potrebbe aver scavato nell’alveo del fiume,
con pregiudizio dell’assetto idrogeologico e
ha comunque prodotto polveri inquinanti,
con pregiudizio dello stato atmosferico, in
un’ampia zona;
tale attività risulta appannaggio
della Bartoli s.r.l. di cui è amministratrice Roselli Sandra moglie di Talini Florio, socio della Bartoli s.r.l. e in passato
sindaco del comune di Fucecchio per due
legislature –:
quale sia l’esatta entità del danno
idrogeologico e di inquinamento provocato
all’Arno da tale attività non autorizzata;
quali siano i motivi di assenza di
precedenti verifiche in merito. (4-00307)
RISPOSTA. — Con l’interrogazione parlamentare in esame l’interrogante ha posto
quesiti concernenti eventuali danni recati
al fiume Arno da un’attività di escavazione
nel territorio del Comune di Fucecchio
(Firenze). In particolare viene segnalato
che nel febbraio 2005 sono stati sequestrati dal Comando dei Carabinieri-Nucleo
operativo ecologico di Firenze gli strumenti escavatori di un’azienda operante in
località in San Pierino nel predetto Co-
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
mune, priva di autorizzazioni necessarie a
svolgere attività di escavo e trattamento di
inerti.
Nell’interrogazione viene evidenziato che l’azienda potrebbe avere modificato l’alveo del fiume Arno e provocato,
con il lavaggio della rena estratta, l’inquinamento del medesimo.
Come riferito dalla competente Direzione della Difesa del suolo « il territorio
comunale di Fucecchio ricade nell’ambito
dell’Autorità di Bacino dell’Arno, che ha
già approvato il piano stralcio per l’assetto
idrogeologico ». L’area in questione, in
particolare, risulta « a pericolosità idraulica elevata ». L’Autorità di Bacino dell’Arno ha riferito di non avere competenze
specifiche sulle violazioni oggetto di indagine. Le norme dei piani stralcio di settori
approvati in materia, infatti, prevedono un
generale divieto di esportazione di inerti
dal fiume ed il rilascio di autorizzazioni
per interventi che modifichino la morfologia degli alvei, ma il controllo di quanto
previsto è di competenza di altri enti. Sia
il Comando dei Carabinieri per la Tutela
dell’Ambiente che la Provincia di Pisa,
tuttavia, hanno comunicato che la modifica dell’alveo del fiume Arno dovuta all’accumulo di terra creatosi in conseguenza delle attività della ditta Bartoli
S.r.l. non sembra aver stravolto il corso
naturale del fiume e non è in grado di
influenzare il deflusso di piena. Tuttavia
per quanto attiene all’attività estrattiva
opera della ditta Bartoli, l’Assessorato all’Ambiente della Regione Toscana ha informato che questa è cessata negli anni 70
e che la ditta Bartoli, che ha continuato
a effettuare solo l’attività di lavaggio degli
inerti provenienti da fuori zona, si è
recentemente trasferita nella zona industriale di S. Pierino. Nella nuova sede la
società dispone di autorizzazione allo scarico idrico per la fase di lavaggio della
ghiaia.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
XLVIII
AI RESOCONTI
MIGLIORI. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi la stampa ha riportato la notizia che il Ministro per l’ambiente, nell’ambito delle dichiarazioni rese
in occasione dell’accordo con l’ONU in
materia di lotta alla siccità, avrebbe indicato Firenze come sede per la prima
banca dati mondiale sulla desertificazione;
successivamente non si sono registrate notizie in merito che approfondissero ruolo e sede dell’Agenzia in questione –:
se tali dichiarazioni del Ministro abbiano avuto qualche seguito concreto oppure se rientrano nella logica delle alluvionali dichiarazioni quotidiane d’ordine
propagandistico operate dai rappresentanti del Governo.
(4-00801)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo di cui all’oggetto, concernente i seguiti della dichiarazione in merito all’indicazione di Firenze
come sede della banca dati mondiale sulla
desertificazione, in occasione dell’incontro
del 23 giugno 2006 con il Segretario Esecutivo della Convenzione delle Nazioni
Unite sulla Lotta alla Siccità ed alla Desertificazione – UNCCD, si rappresenta
quanto segue.
Il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, su proposta del
Comitato nazionale per la lotta alla siccità
ed alla desertificazione, ha sottoscritto in
data 19 ottobre 2006 un Protocollo di
Intesa con la UNCCD che prevede, tra
l’altro, un contributo al Segretariato della
Convenzione di 200.00,00 euro finalizzato
alla costituzione ed all’avvio operativo di
un Centro Internazionale sulle conoscenze
tradizionali da localizzarsi a Firenze.
Già in data 16 giugno 2006 la Regione
Toscana mi aveva inviato una proposta per
accogliere a Firenze la sede del Centro
internazionale delle conoscenze tradizionali
e la stessa proposta, in data 10 ottobre
2006, è stata inviata al Segretario Esecutivo
dell’UNCCD; la Regione Toscana ha già
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
prodotto un « manifesto sulle conoscenze
tradizionali » ed ha avviato contatti con
l’Unesco al fine di coinvolgere anche tale
organismo ONU nella costituzione della
citata Banca Mondiale delle Conoscenze
Tradizionali che avrà sede presso il Centro.
La Giunta Regionale della Toscana, con
una Delibera del 4 dicembre 2006, ha
approvato lo schema di un Protocollo di
Intesa tra la stessa Regione, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e
del mare e la UNCCD; tale Protocollo
prevede che la Regione Toscana costituisca
il Centro Internazionale sulle Conoscenze
Tradizionali con sede provvisoria in Firenze, presso gli Uffici della Giunta regionale collocati nel centro storico della città,
e sede definitiva presso la Villa Medicea di
Careggi, di proprietà della Regione Toscana,
già sede dell’Accademia Platonica di Lorenzo il Magnifico.
Per il primo anno di funzionamento del
Centro, la Regione Toscana assicurerà un
contributo di 30.000,00 euro a favore del
soggetto individuato per la gestione del
Centro, nel quadro delle risorse destinate
allo sviluppo dei progetti di cooperazione
internazionale che si affiancano ai
200.000,00 euro previsti nel citato Protocollo d’Intesa sottoscritto tra Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare e UNCCD in data 19 ottobre 2006.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MIGLIORI. — Al Ministro del lavoro e
della previdenza sociale. — Per sapere –
premesso che:
il consiglio comunale di Figline Valdarno (Fi) ha espresso grave preoccupazione per il recente trasferimento in Romania di oltre quaranta macchinari per la
produzione di cordicella metallica del locale stabilimento della Pirelli;
trattasi di un’azienda che rappresenta il cuore dell’industria e dell’occupazione del Valdarno la cui eventuale delo-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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—
ALLEGATO
B
XLIX
AI RESOCONTI
calizzazione comporterebbe enormi problematiche sociali sul territorio –:
quali iniziative si intendano assumere
onde appurare la reale volontà dell’azienda a tutela degli attuali livelli occupazionali del Valdarno.
(4-01085)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione in esame, relativa alla situazione
dello stabilimento Pirelli di Figline Valdarno, si fa presente che l’Assessorato al
lavoro della Regione Toscana, unitamente
alle altre istituzioni interessate – Provincia
di Firenze e Comune di Figline Valdarno –
ha promosso una serie di incontri delle
Istituzioni con le Organizzazioni Sindacali e
con l’Azienda.
Al termine di questi incontri era comunque emersa la volontà della Società di
mantenere, come polo centrale della Divisione Pirelli B.U.S. (Business Unit Steelcord) lo stabilimento di Figline.
In ogni caso, in base ad alcune informazioni ricevute per le vie brevi, risulta che
la vicenda abbia trovato al momento una
soluzione positiva.
Si è venuti infatti a conoscenza della
sottoscrizione di un’ipotesi di accordo fra la
parte datoriale e le organizzazioni sindacali.
L’ipotesi di accordo prevede il mantenimento dei macchinari nell’azienda fino al
giugno 2009.
Conseguentemente se l’ipotesi di accordo, che deve essere ancora sottoposta al
vaglio dei lavoratori, verrà avallata dai
dipendenti dello stabilimento, scongiurerà
almeno fino al giugno 2009 ogni possibile
licenziamento dei lavoratori.
Il Sottosegretario di Stato per il
lavoro e per la previdenza
sociale: Rosa Rinaldi.
MIGLIORI. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi in Siena una frana
di notevoli dimensioni localizzata sotto
Porta Pispini nel centro abitato della città
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
toscana ha lesionato svariati stabili determinando lo sgombero di una parte dell’abitata;
è in corso una indagine della Magistratura per verificare le responsabilità di
un gravissimo dissesto geologico;
numerose famiglie risultano
della possibilità di abitazione –:
prive
quali iniziative urgenti – col concorso della Protezione Civile – si intendano assumere onde stabilire l’esatta situazione geologica della città di Siena,
individuare risorse per la stabilità del
centro abitato e sostegno concreto alle
famiglie colpite.
(4-01502)
RISPOSTA. — In merito ai quesiti posti
dall’interrogante con l’atto di sindacato
ispettivo indicato in oggetto, e relativi alla
frana verificatasi nel centro abitato di Siena
ed alle iniziative che si intendono intraprendere per fronteggiare la situazione, si fa
presente quanto segue.
L’episodio franoso di cui sopra, dai
primi accertamenti si è dimostrato non
essere un dissesto geologico, ma un evento
verificatosi per la concomitanza di una
serie di cause che hanno determinato lo
scivolamento a valle di un piazzale privato
realizzato con terreno di riporto il cui peso
ha collassato una nuova paratia non ancora completata.
La paratia in questione, secondo quanto
riferito dal Comune di Siena, è crollata per
un tratto di circa 40 metri lungo il fronte
prospiciente un edificio prevalentemente destinato ad abitazioni.
La stessa paratia era stata realizzata a
circa 15 metri di distanza dall’edificio, che
in gran parte fondato su pali profondi non
sembra avere subito, come detto, conseguenze a livello statico.
La Protezione Civile si è subito attivata
e il Comando dei Vigili del Fuoco di Siena,
con il supporto del Comando dei Vigili
Urbani, hanno prestato la loro collaborazione alla magistratura e offerto il loro
aiuto agli abitanti per cercare di ridurre i
comprensibili disagi.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
L
AI RESOCONTI
L’area della frana dopo un primo doveroso provvedimento di sequestro, necessario ai fini degli accertamenti da parte del
C.T.U. nominati dalla Procura, è stata dissequestrata.
L’Impresa proprietaria della stessa area
ha provveduto a rincalzare il piede della
scarpata e ha rimesso l’area in sicurezza.
Al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare compete la difesa
preventiva del suolo dai fenomeni di dissesto idrogeologico (decreto-legge n. 300 del
1999 e decreto del Presidente della Repubblica n. 261 del 2003) che attua attraverso
la pianificazione di bacino e la programmazione degli interventi di difesa del suolo.
Il Territorio comunale di Siena ricade
nell’ambito dell’Autorità di Bacino regionale
Toscana-Ombrone. Per quest’ultima è stato
approvato il Piano Stralcio per l’assetto
idrogeologico (PAI) con D.C.R. Toscana 25
gennaio 2005. Nell’ambito del PAI non sono
state perimetrate le aree a rischio/pericolosità di frana nel centro abitato di Siena. La
normativa tecnica del Piano, nelle aree non
perimetrate prevede, all’articolo 16, che, al
fine della prevenzione del rischio geomorfologico, gli enti competenti all’adozione
degli strumenti di governo del territorio, in
sede di predisposizione di nuovi strumenti
o di approfondimento del quadro conoscitivo del PAI, ove individuino condizioni di
pericolosità geomorfologica molto elevata,
al di fuori delle aree di cui ai precedenti
articoli 13 e 14, adottano disposizioni con
quelle del PAI relative alle stesse aree.
Non risultano, infine, pervenute nuove
richiese di finanziamento ne quindi sono
stati finanziati dal 1998 ad oggi interventi
urgenti di difesa del suolo nell’area ai sensi
del decreto-legge 18098 e successive modificazioni e integrazioni.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MIGLIORI. — Al Ministro dell’interno.
— Per sapere – premesso che:
la presenza dell’Arma dei Carabinieri
nella popolosa frazione di « Tosi del Co-
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
mune di Reggello (Firenze) è da sempre
presidio insostituibile di sicurezza per una
vasta area collinare e montana, della Provincia di Firenze con una forte presenza,
di piccole e medie imprese;
la presenza dell’Arma in tale area ha
preservato questa parte dell’area metropolitana fiorentina dalla infiltrazione di
fenomeni di criminalità oggi tristemente
protagonista nel resto del Valdarno fiorentino ed aretino;
si apprende la notizia della eliminazione improvvisa della sede dell’Arma in
Tosi, suscitando profonda ed enorme
preoccupazione nella popolazione e nella
stessa Amministrazione comunale di Reggello –:
quali iniziative immediate si intendano assumere per garantire la tradizionale e doverosa presenza dell’Arma dei
Carabinieri in Tosi.
(4-01683)
RISPOSTA. — La scelta di procedere alla
soppressione della Stazione dell’Arma dei
Carabinieri di Tosi (Firenze) condivisa dal
Prefetto di Firenze e sulla quale il Ministero
della Difesa ha espresso il suo assenso, è da
ricondursi sia alla soddisfacente situazione
dell’ordine e della sicurezza pubblica in
quella località, sia alle inadeguate condizioni dell’immobile adibito a sede del reparto.
Per i cinque militari in servizio presso la
Stazione di Tosi è previsto un immediato
reimpiego per il potenziamento degli organici della Stazione dell’Arma sita nel Comune di Reggello, di quelli della limitrofa
Stazione di Figline Valdarno e, infine, del
Reparto operativo del Comando provinciale
di Firenze.
Ciò consentirà, infatti, un migliore utilizzo del dispositivo dell’Arma nell’area in
parola, finalizzato ad una strategia volta a
privilegiare una più efficace « presenza dinamica » delle risorse destinate al controllo
del territorio.
Si precisa, infine, che quanto sopra
risulta pienamente in linea con la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 435,
della legge finanziaria per l’anno 2007, che
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
MIGLIORI. — Al Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare. —
Per sapere – premesso che:
è in atto nella zona di Rio Fontanamaggio a Barga (Lucca) un imponente
movimento franoso prospiciente parcheggi
ed abitazioni con evidente pericolo per i
cittadini;
trattasi di una vera e propria emergenza idrogeologica che necessita di immediati interventi di contenimento e
messa in sicurezza del relativo territorio
tramite anche l’intervento del sistema nazionale della protezione civile –:
quali iniziative progettuali e finanziarie urgenti si intendano assumere in merito.
(4-01928)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo in esame,
concernente il movimento franoso prospiciente parcheggi ed abitazioni nella zona di
Rio Fontanamaggio nel Comune di Barga,
si rappresenta quanto segue.
Come riferito dalla competente Direzione
della difesa del suolo: « il territorio di cui
trattasi ricade nell’Ambito dell’Autorità di
Bacino pilota Serchio, che ha approvato il
Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico
con D.C.R. Toscana n. 20 del 1o febbraio
2005.
Il Piano individua sul territorio comunale diverse aree perimetrate a rischio o
pericolosità idrogeologica in prossimità
della zona di Rio Fontanamaggio.
Camera dei Deputati
—
AI RESOCONTI
prevede la predisposizione di appositi piani
pluriennali, di carattere interforze, di riarticolazione e di ridislocazione dei presidii
territoriali delle Forze di polizia.
Ciò con la finalità, da un lato, di
contenere le spese di gestione, dall’altro di
raggiungere un più razionale impiego delle
risorse umane disponibili nell’espletamento
dei compiti di ordine e di sicurezza pubblica
sul territorio.
Il
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Il Comune rientra anche tra duelli gravemente danneggiati dagli eventi calamitosi
dell’ottobre e del novembre 2000 (attuazione dell’articolo 5-bis, comma 1, della legge
365 del 2000).
Con Decreto Ministeriale DDS/DEC/
2006/0632 del 3 novembre 2006, per la
zona in questione, è stato finanziato un
intervento di consolidamento per un importo di 505.000 euro.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
MINARDO. — Al Ministro dell’interno,
al Ministro della difesa. — Per sapere –
premesso che:
la provincia di Ragusa, è da qualche
tempo travagliata da un’intensificazione
particolare della recrudescenza criminale,
fatto che ha determinato molta paura tra
la popolazione;
in pochissime notti sono state incendiate automobili a Ragusa, Vittoria e Pozzallo e in una sola notte a Scicli sono stati
incendiati 12 cassonetti dei rifiuti: episodi
inquietanti che stanno creando allarme e
preoccupazione tra la gente e paura alle
vittime delle intimidazioni;
ho più volte interessato codesto ministero delle problematiche che interessano in generale la provincia iblea in
merito al frequente verificarsi di episodi e
di criminalità;
dopo i gravi fatti verificatisi in questi
giorni cresce da più parti la necessità di
maggiore sicurezza e di uno sforzo più
incisivo affinché si possano attuare tutte
quelle misure atte ad arginare questi fenomeni che possono « incancrenirsi », danneggiando la crescita sociale e l’immagine
di una realtà altamente produttiva –:
se il Governo intenda intervenire
sulla preoccupante questione e con quali
misure intenda porre le opportune attenzioni per la pesante situazione che si è
venuta a creare in provincia di Ragusa;
Atti Parlamentari
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se il Governo, intenda inoltre, potenziare l’organico delle forze dell’ordine,
carente in provincia di Ragusa, per ottenere un migliore ed efficace controllo dei
territori, e maggiori servizi di prevenzione
dei reati e tutela della sicurezza;
se intenda, infine, fare in modo di
concretizzare l’iter relativo all’elevazione a
tendenza della caserma dei carabinieri di
Scicli affinché si possa avere un maggiore
potenziamento dell’organico che garantisce interventi immediati in caso di necessità, una più efficiente tutela dell’ordine
pubblico, prevenzione e sicurezza per
tutta la collettività.
(4-01222)
MINARDO. — Al Ministro dell’interno.
— Per sapere – premesso che:
la provincia di Ragusa, è da qualche
tempo travagliata da un’intensificazione
particolare della recrudescenza criminale,
fatto che ha determinato molta paura tra
la popolazione;
in pochissimi giorni, in modo particolare della città di Vittoria, si sono registrate rapine ai danni di commercianti e a
Modica sono sempre più intensi i furti in
abitazioni, soprattutto nelle zone di campagna; episodi inquietanti che stanno
creando allarme e preoccupazione tra la
gente e paura alle vittime della intimidazione;
l’interrogante ha più volte interessato
codesto ministero delle problematiche che
interessano in generale la provincia iblea
in merito al frequente verificarsi di episodi
di criminalità;
inoltre, dopo i gravi fatti verificatisi
in questi giorni cresce da più parti la
necessità di maggiore sicurezza e di uno
sforzo più incisivo affinché si possano
attuare tutte quelle misure atte ad arginare questi fenomeni che possono « incancrenirsi », danneggiando la crescita sociale
e l’immagine di una realtà altamente produttiva;
il potenziamento dell’organico delle
forze dell’ordine e quindi una più concreta
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protezione sono quanto mai indispensabili
per il nostro territorio considerato che
oramai la malavita colpisce anche in pieno
centro ed in orari di punta —:
se il Governo intenda intervenire
sulla preoccupante questione e con quali
misure intenda porre la dovuta attenzione
per la pesante situazione che si è venuta
a creare in provincia di Ragusa;
se il Governo, intenda inoltre, potenziare l’organico delle forze dell’ordine,
carente in provincia di Ragusa, per ottenere un migliore ed efficace controllo dei
territori, e maggiori servizi di prevenzione
dei reati e di tutela della sicurezza.
(4-02132)
RISPOSTA. — Nella provincia di Ragusa,
la situazione della sicurezza e dell’ordine
pubblico risente, da un lato, della presenza
della criminalità organizzata, dedita prevalentemente a pratiche estorsive ed usurarie,
al traffico di sostanze stupefacenti e ad
illecite ingerenze nel locale mercato ortofrutticolo, dall’altro, soprattutto nelle campagne, di fenomeni riconducibili alla cosiddetta « criminalità rurale », quali furti di
animali e di attrezzature agricole, con conseguente attività di ricettazione.
Per contrastare efficacemente tali fenomeni, le Forze di polizia, in sede di Coordinamento tecnico interforze, definiscono e
rivedono periodicamente le strategie per
l’ottimale impiego degli operatori nei servizi
di prevenzione generale sull’intera area e
dispongono, anche al fine di dare una più
incisiva risposta alla domanda di sicurezza
dei cittadini, l’intensificazione sia dei servizi
di controllo del territorio, sia di quelli
investigativi.
A tale scopo, vengono utilizzate, oltre
alle unità in servizio preso i presidi territoriali di Polizia, anche quelle appartenenti
agli appositi Reparti specializzati, quali il
Reparto prevenzione crimine Sicilia della
Polizia di Stato che, nel corso del 2006, ha
impiegato nella provincia ragusana 32 pattuglie con 96 operatori di pubblica sicurezza.
In tal modo, la Questura di Ragusa ha
potuto incrementare, sempre nel citato pe-
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riodo, il numero degli equipaggi adibiti
nell’attività di prevenzione generale, aumentati dai 760 del mese di agosto, ai 789
del mese di settembre, fino ad arrivare ai
901 nel mese di ottobre.
Tale azione congiunta di prevenzione e
di contrasto della criminalità, effettuata
secondo una strategia volta a privilegiare
una più efficace « presenza dinamica » sul
territorio delle Forze dell’ordine, ha consentito di deferire all’Autorità giudiziaria
986 persone e di trarne in arresto altre 282.
In particolare, nel corso dell’operazione
« Abigeatus », sono state tratte in arresto 6
persone e denunciate altre 13, in quanto
ritenute appartenenti ad una associazione a
delinquere specializzata nel furto di bestiame a danno di aziende zootecniche locali.
Per quanto concerne gli incendi notturni
di autovetture e di cassonetti della spazzatura, menzionati nell’atto di sindacato
ispettivo, detti episodi sono oggetto di indagine giudiziaria in corso. Tuttavia, da
una prima disamina dei fatti, gli inquirenti
non ravvisano un loro collegamento alla
criminalità organizzata, né una matrice
intimidatoria.
Comunque, le Autorità di pubblica sicurezza hanno impartito, a scopo preventivo, un’intensificazione delle attività di vigilanza sull’intero territorio provinciale mediante la predisposizione di mirati servizi di
polizia, a cui partecipano nelle aree rurali
anche le locali polizie municipali ed il
Corpo forestale dello Stato.
Per quanto concerne la presenza delle
Forze dell’ordine nella provincia di Ragusa,
si precisa che presso la Questura ed i
dipendenti commissariati di pubblica sicurezza prestano servizio, rispetto ad un organico di 369 unità, complessivamente 374
appartenenti ai ruoli operativi della Polizia
di Stato. Ai predetti Uffici sono inoltre
assegnati 16 appartenenti ai ruoli tecnici
della pubblica sicurezza, per l’espletamento
delle specifiche mansioni tecnico-scientifiche, nonché 34 dipendenti dell’Amministrazione civile dell’interno che, nell’espletamento di compiti amministrativi, concorrono alla funzionalità delle strutture.
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Il Comando provinciale dei Carabinieri,
da cui dipendono tre Compagnie e diciannove Stazioni, presenta, rispetto ad una
previsione organica di 392 unità, una forza
effettiva di 408 militari. Inoltre, negli ultimi
anni sono stati rinforzati gli organici delle
Stazioni dell’Arma site in Vittoria, Acate,
Modica e Scicli.
In merito alla prospettata elevazione a
Tenenza di quest’ultima Stazione, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri
ha fatto presente che tale obiettivo è subordinato all’ultimazione della costruzione
dell’immobile che l’Amministrazione di quel
Municipio destinerà al nuovo reparto. Nell’attesa, comunque, l’organico è già stato
potenziato di 4 unità.
Il Comando provinciale della Guardia di
finanza, da cui dipendono il Nucleo di
polizia tributaria, una Compagnia e tre
Tenenze, ha un organico di 195 militari.
Tale dispositivo è integrato, per il contrasto
della criminalità organizzata, dal G.I.C.O.
del Nucleo di polizia tributaria di Catania.
Negli ultimi anni, gli organici sono stati
complessivamente incrementati di 18 unità.
Relativamente alla richiesta dell’interrogante di potenziamento degli organici, pur
assicurando che la richiesta verrà tenuta
nella dovuta considerazione, si deve, tuttavia, evidenziare che detti incrementi potranno essere, di volta in volta, considerati
compatibilmente, da un lato, con le esigenze
di sicurezza e le priorità di altre aree
distribuite su tutto il territorio nazionale e,
dall’altro, nell’ambito della pianificazione
delle risorse finanziarie disponibili.
Peraltro, va detto che le politiche del
Governo in materia di sicurezza pubblica
tendono a conseguire un più razionale
impiego delle attuali risorse disponibili,
obiettivo finalizzato ad ottimizzare il rapporto delle stesse con i risultati conseguiti
nell’azione di prevenzione e di contrasto
alla criminalità.
In questa direzione si muovono non solo
alcuni interventi legislativi volti ad alleggerire il personale di polizia da compiti che
non richiedano necessariamente l’esercizio
di pubbliche potestà (articoli 17 e 18 del
decreto legge n. 144 del 2005 convertito con
legge n. 155 del 2005), ma anche, più
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recentemente, dal comma 435 della Legge
Finanziaria per il 2007, le cui disposizioni
sono, tra l’altro, finalizzate ad un più
efficace utilizzo delle risorse umane nelle
mansioni istituzionali di ordine e di sicurezza pubblica sul territorio.
Ad analoghi fini di buona amministrazione, si ispirano inoltre i provvedimenti
assunti localmente dalle Autorità di polizia,
come la citata rimodulazione delle strategie
operative in sede di Coordinamento tecnico
interforze, nonché il pieno coinvolgimento,
nella comune azione di prevenzione e di
repressione dei reati, di tutte le componenti
istituzionali nei settori di specifica competenza.
Il
Viceministro
Marco Minniti.
dell’interno:
PELLEGRINO. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che:
l’isola di Punta Licosa, ha ricevuto
negli ultimi anni diversi prestigiosi riconoscimenti per la sua sabbia dorata e il
suo mare cristallino che presenta fondali
rocciosi ricchi di flora e posidonie;
lo scorso 3 novembre 2006, presso
l’isola di Punta Licosa, nel comune di
Castellabate (Salerno), una imbarcazione
si è arenata, provocando un serio rischio
di dispersione di carburante in acque
marine costiere;
tale imbarcazione è rappresentata da
uno yacht di oltre 20 metri di lunghezza,
battente bandiera inglese, bloccato tra gli
scogli a sud dell’isola, nei cui serbatoi si
stima la presenza di circa 8.000 litri di
carburante;
in caso di condizioni avverse del
mare, si potrebbe determinare la dispersione di carburante con gravi danni all’ambiente e alle forme di fruizione dello
stesso, trattandosi tra l’altro di un’area
marina protetta –:
se il Governo, intenda assumere
provvedimenti per verificare la sussistenza
di quanto anzi premesso e se confermato,
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ritenga opportuno disporre quanto necessario alla risoluzione.
(4-01713)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo in esame,
riguardante l’imbarcazione da diporto denominata « Atlantic Tigress » che si è arenata il giorno 3 dicembre 2006 a Punta
Licosa, anche sulla scorta di quanto comunica dall’Ufficio Locale Marittimo di S.
Maria di Castellabate, si rappresenta
quanto segue.
Le operazioni di recupero del carburante
presente a bordo dell’unità sono state condotte dalla « Tecnonautica U’biondo di
Aversano Giovanni Attilio § C. Sas »; le
stesse, iniziate il 5 novembre 2006 a seguito
del miglioramento delle condizioni meteomarine, si sono concluse positivamente
senza danni per l’ambiente nel pomeriggio
dell’8 novembre 2006.
Oltre ai mezzi e al personale della ditta
incaricata e alle due unità navali disinquinanti succitate, sul luogo delle operazioni
sono state presenti la Motovedetta CP855 e
pattuglie terrestri di Locamare S. Maria di
Castellabate, Circomare Acropoli, Protezione Civile, Polizia Municipale e Croce
Rossa.
Inoltre, il 7 novembre 2006, il 2o Nucleo
operatori subacquei della Guardia Costiera
di Napoli ha effettuato un’ispezione dello
scafo riscontrando, per la parte di carena
non adagiata sugli scogli, uno squarcio in
prossimità della prora.
In
particolare,
la
« Tecnonautica
U’biondo di Aversano G.A. § C. Sas », ha
provveduto:
in data 6 novembre 2006, ad aspirare
dall’interno della sala macchine del panfilo
e caricare sulla nave « Armonia » circa
11.000 litri di liquami. Questi ultimi, trasportati nel porto di Acropoli, sono stati
smaltiti il 9 novembre 2006 a mezzo di
autobotte della « F.lli Tortora S.r.l. » di
Castel San Giorgio (Salerno);
nei giorni 7 novembre 2006 e 8 novembre 2006, a recuperare tutto il gasolio
presente a bordo, quantificato in 6800 litri.
Tale carburante è stato prima trasbordato
sul battello disinquinante « Juan » e poi
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smaltito, in data 8 novembre 2006, a mezzo
di autobotte della « F.lli Tortora S.r.l. », nel
porto di S. Marco di Castellabate.
CAMILLO PIAZZA. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al
Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
Per quanto concerne il disincaglio ed il
conseguente « recupero » dell’unità in questione, si informa che la ”Cantieri Schiavone Srl” ha ricevuto mandato dalla società
armatrice dello Yacht per procedere ai
lavori di disincaglio e trasferimento dello
stesso presso il proprio cantiere ubicato nel
porto di Acciaroli.
Dette operazioni, effettuate da apposita
squadra di sommozzatori e da personale
dipendente del cantiere con l’ausilio de
Motopontone denominato « Donnanna »,
sono state intraprese e sospese il 25 novembre 2006; sul posto sono intervenute,
con funzioni di monitoraggio e vigilanza,
la M/V CP 855 e pattuglie terrestri di
Locamare S.M. di Castellabate e dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Agropoli.
Vista l’impossibilità del recupero integrale dell’imbarcazione, in data 29 gennaio
2007 la S.r.l. Cantieri Schiavone ha dato
inizio ai lavori di rimozione, demolizione e
smaltimento della stessa, sotto attenta sorveglianza delle autorità marittime preposte
a tali compiti.
La Direzione competente di questo Ministero, a seguito dell’incaglio della nave di
cui è discorso, ha disposto l’intervento di
due unità navali in convenzione (US Armonia e B/D Juan), in moto operativo come
da programma, in assistenza e prevenzione
inquinamento, allibo del prodotto presente
nel locale macchine e nelle casse bunker
del M/Y.
L’intervento in questione ha avuto inizio
nella giornata del 3 novembre 2006 e si è
protratto sino al 9 novembre 2006 ed ha
riguardato lo specchio d’acqua a circa 50 m
ad ovest dell’isolotto di P.ta Licosa. Al
termine delle operazioni sono stati recuperati circa 11 mc. di miscele oleose e circa
6,3 mc. di miscela acqua-gasolio.
tra il 1994 e il 2001 l’Amministrazione comunale di Moglia (Mantova), in
ottemperanza alla legge n. 113 del 1992
(« Obbligo per il Comune di residenza di
porre a dimora un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica »), nelle aree destinate a verde pubblico, ha piantato oltre 200 piante corrispondenti ad altrettanti nuovi nati nel
Comune;
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
risulta all’interrogante che l’attuale
amministrazione comunale, in carica dal
2002, oltre a non aver piantato nemmeno
un albero per i nati dal 2002 ad oggi, nel
2005 ha trasformato quell’area in edificabile e ne ha avviato l’alienazione, dando
inizio all’abbattimento di parte di quegli
alberi per fare spazio alla costruzione di
nuove case;
in difesa delle aree verdi e dei bambini, nel 2005 si è costituito il Comitato
« Salviamo il parco », che ha come obiettivi
di promuovere iniziative ed attività a favore del mantenimento dei parchi dei
bambini e di sensibilizzare i comuni ad
applicare la legge n. 113 del 1992 lamentandone il mancato rispetto;
il comitato insieme alla cittadinanza,
hanno cercato in tutti i modi di opporsi
allo scempio lamentato;
la notizia, diffusa poi dai diversi
mezzi di comunicazione, giornali e televisioni locali e nazionali, ha suscitato molto
clamore, e numerose sono state le attestazioni di solidarietà e gli appelli alla
mobilitazione civile da parte di associazioni ambientaliste, rappresentanti istituzionali e cittadini;
è stato chiesto di incontrare il Sindaco, sono state presentate due petizioni
con oltre 300 firme di cittadini (dove si
faceva riferimento allo Statuto comunale
che prevede, a tale proposito, la risposta
entro 30 giorni), il gruppo di minoranza
consiliare ha presentato un’interpellanza
Atti Parlamentari
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nell’ultimo consiglio comunale chiedendo
conto di ciò al Sindaco il quale non ha
dato risposta a tale atto –:
se il Governo non intenda dare piena
attuazione alla citata legge n. 113 del 1992
emanando le disposizioni previste all’articolo 1 della legge medesima;
se il Governo abbia avviato o intenda
avviare il monitoraggio sull’applicazione
della legge n. 113 del 1992, suddiviso nelle
diverse regioni d’Italia.
(4-00514)
RISPOSTA. — In relazione all’atto di sindacato ispettivo, riguardante la richiesta
dell’avvio del monitoraggio sull’applicazione
della legge n. 113 del 1992 « Obbligo per il
Comune di residenza di porre a dimora un
albero per ogni neonato, a seguito della
registrazione anagrafica », nelle aree destinate a verde pubblico, si comunica quanto
segue.
Si premette che nella citata legge non è
previsto alcun tipo di monitoraggio in capo
al Ministero dell’ambiente in quanto le
competenze sono esclusivamente comunali
e regionali come si evince dagli articoli 1-2
della predetta legge.
In merito alla situazione lamentata dall’Interrogante, circa la situazione relativa al
Comune di Moglia, sulla base delle notizie
pervenute, si riferisce che l’Amministrazione
comunale negli anni tra il 1994 e il 2001
in applicazione della legge n. 113 del 1992,
ha provveduto a piantare in una vasta area
destinata a verde pubblico, oltre 200 piante
corrispondenti ad altrettanti nuovi nati nel
Comune medesimo.
La successiva Amministrazione, insediatasi nel 2002, ha deliberato la trasformazione dell’area in urbanistica rendendola in
tal modo edificabile, ponendola in vendita
ai privati e destinando il ricavato ad opere
di pubblica utilità; conseguentemente ha
disposto di trapiantare 20 alberi esistenti
sulle aree interessate in un’area adiacente al
centro sportivo, in prossimità del quale è
stata prevista l’estensione delle parti verdi
del paese e l’abbattimento di altre piante
per consentire la costruzione di nuove abitazioni.
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Contro l’abbattimento degli alberi e la
trasformazione urbanistica è nato un comitato di cittadini denominato « Salviamo
il Parco » che ha investito del problema
oltre che la Prefettura di Mantova anche il
Segretariato della Presidenza della Repubblica.
Il Sindaco di Moglia, interpellato in
proposito, ha precisato che l’area oggetto di
vendita è situata nella periferia del centro
abitato, in un quartiere dove sono già
presenti un parco giochi attrezzato ed un’altra area alberata, e che il ricavato della
vendita sarà destinato all’ampliamento
della scuola elementare.
Per quanto riguarda la richiesta avanzata dall’interrogante in merito all’attuazione della legge n. 113 del 1992, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, intende aprire un nuovo
percorso che leghi i cosiddetti interventi di
riforestazione urbana al contenimento dei
gas serra e, più in generale, al miglioramento della qualità ambientale delle città e
delle aree metropolitane.
In tal senso, sono in corso contatti con
alcuni Enti Locali, in particolare con la
Provincia di Milano, ma su tale tema si
intende avviare un rapporto organico sia
con l’ANCI che con l’UPI.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
CAMILLO PIAZZA. — Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che:
con provvedimento del Consiglio Regionale della Liguria n. 84 dell’8 luglio
1992 veniva costituita una Commissione
Speciale d’Inchiesta in merito alla verifica
delle attività di cava in Liguria;
i lavori della Commissione constatavano, attraverso le ispezioni in situ sui 215
impianti regolarmente autorizzati, il rilevante impatto paesistico-ambientale e la
possibilità che i siti di ex cave mai autorizzate o pseudo-cave, siano in numero
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assai consistente e forse anche maggiore di
quello delle cave in attività regolarmente
autorizzate;
in base ai lavori della Commissione
di Inchiesta si accertava che molti siti
abbandonati erano stati trasformati in
zone industriali per frantumazione, lavaggio, betonaggio e commercio dei prodotti,
anche potenzialmente pericolosi per la
salute pubblica in quanto contenenti fibre
di amianto, scavati nelle cave di monte, e
la tipologia di cave di monte a cielo aperto
ponevano rilevanti problemi sotto il profilo idrogeologico, ma altrettanto rilevanti
sotto quello geologico e paesistico;
i controlli esercitati sulle cave oggi
presenti sono in numero del tutto insoddisfacenti e tali da non garantire che i
piani di coltivazione e le metodiche di
estrazione siano rispettose dell’ambiente e
della sicurezza, dove la carenza dei controlli è dovuta prioritariamente alla carente dotazione organica di personale dell’A.R.P.A.L. addetto a tale attività di controllo;
il problema dei controlli è essenziale
e dovrà essere affrontato organicamente
evitando delle forme di irresponsabile sottovalutazione in quanto, trattandosi di
un’attività a forte impatto sul territorio e
a rischio per l’ambiente, risulterebbe essenziale un atto di programmazione-pianificazione volto a cercare le soluzioni di
minore danno e di migliore compatibilizzazione tra le varie esigenze –:
se il Ministro competente non ritenga
opportuno avviare un’inchiesta ministeriale su tutto il territorio nazionale al fine
di accertare:
1) il numero delle cave dismesse a
cielo aperto che abbiano attuato il piano
di coltivazione;
2) il numero delle cave dismesse
che, rispetto al piano di coltivazione, abbiano avviato un’attività industriale per
frantumazione, lavaggio, betonaggio e
commercio dei prodotti scavati nelle cave
di monte;
Camera dei Deputati
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3) il censimento delle cave interessate da potenziale rischio amianto e il
monitoraggio dello smaltimento del cosiddetto « serpentino » e dei fanghi residuali,
al fine di prevenire rischi per la salute
umana e per l’ambiente;
4) eventuali discariche abusive di
rifiuti all’interno di areali di cava.
(4-02280)
RISPOSTA. — In merito all’interrogazione
in esame concernente la verifica delle attività
di cava in Liguria e su tutto il territorio
Nazionale si riferisce quanto segue.
La Direzione per difesa del suolo del
Ministero che rappresento svolge le funzioni
previste dal combinato disposto di cui agli
articoli 16 e 26 del decreto legislativo
n. 157 del 2006 e articolo 2, punto 1,
lettera D della legge n. 349 del 1986, concernenti il solo controllo di legittimità delle
autorizzazioni concesse dalle Regioni o enti
subdelegati, per le attività di cava in zone
sottoposte a vincolo paesaggistico.
Alle Regioni infatti afferiscono tutte le
altre competenze relative all’esercizio delle
funzioni amministrative in materia di tutela delle bellezze naturali (materia delegata
ai sensi dell’articolo 82 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 616 del
1977) nonché la competenza esclusiva all’esercizio delle funzioni amministrative in
materia di attività di cave e torbiere (materia trasferita ai sensi dell’articolo 50 del
decreto del Presidente della Repubblica
n. 616 del 1977).
In merito la Regione Liguria ha fatto
presente che nell’ambito del territorio regionale, insistono circa 140 cave, di cui la
maggior parte sono attività di sotterraneo
(cave di ardesia) ed ubicate nella zona della
Val Fontanabuona in Provincia di Genova
e nella Valle Argentina in provincia di
Imperia.
Le cave a cielo aperto, che sono in effetti
le realtà che hanno un più incisivo impatto
sul territorio, risultano essere circa 80, tutte
regolarmente autorizzate in conformità alla
Pianificazione di settore di cui al Piano
Territoriale Regionale delle Attività di cava,
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ALLEGATO
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di cui circa la metà risultano attualmente
sospese.
Le rispettive autorizzazioni, contemplano, anche un piano di chiusura delle
attività, prevedendo all’uopo anche la contestuale messa in pristino dei siti di reinserimento nell’ambiente circostante da realizzarsi in conformità a quanto approvato.
Per la loro cessazione, viene attivato
specifico procedimento amministrativo, teso
a verificare la conformità delle opere realizzate in conformità con quanto autorizzato.
Si evidenzia al riguardo che, le aree
interessate da cave sospese temporaneamente, non possono essere occupate da
altre attività.
Attualmente, le cave dismesse che hanno
completato il programma di coltivazione e
conseguente ripristino ambientale, risultano
essere circa 15.
Per quanto concerne le cave che, sfruttate in epoche passate, non sono mai state
sottoposte a regime autorizzatorio della Regione va rilevato che esse sono sotto il
controllo della Regione essendo ricomprese
nell’ambito degli strumenti pianificatori locali; al fine di perseguire l’obiettivo di un
ripristino di tale zone, il « Piano Cave » si
è dato carico, con specifiche norme, di
promuovere una trasformazione della situazione per un corretto inserimento delle
aree nell’ambiente.
Per quanto agli ambiti interessati da ex
cave – che si tratti di quelle mai autorizzate
dalla Regione, sia di quelle regolarmente
autorizzate dismesse dalla Regione – si
evidenzia che non si è in grado di conoscere
se all’interno del loro ambito sono state
autorizzate altre attività in quanto non
soggette a giurisdizione regionale, essendo le
stesse autorizzate e dimesse dalla Regione –
si evidenzia che non si è in grado di
conoscere se all’interno del loro ambito
sono state autorizzate altre attività in
quanto non soggette a giurisdizione regionale, essendo le stesse autorizzate in ambito
locale.
Per quanto attiene i controlli operati
dalla Regione, si evidenzia che a seguito di
apposita convenzione stipulata con 1’ARPAL, la stessa Agenzia fornisce supporto
Camera dei Deputati
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tecnico per lo svolgimento delle attività di
verifica, controllo e analisi per quelle attività dove viene estratto materiale e potenziale rischio amianto, fornendo al riguardo
apposite relazioni tecniche-illustrative sui
prelievi e gli esiti dei controlli e delle analisi
di laboratorio svolti in maniera tale di
avere sempre una situazione monitorata.
La regione ha riferito che le cave sottoposte al monitoraggio sopraindicato, risultano essere in numero di 31 cosı̀ suddivise a livello provinciale:
N. 5 in provincia di Savona di cui 3
che hanno già smesso l’attività;
N. 14 in Provincia di Genova, di cui
6 che hanno già smesso l’attività;
N. 12 in Provincia di La Spezia, di cui
3 che hanno già smesso l’attività.
Il Materiale estratto nelle cave in attività
presentano comunque il livello dell’indice
di rilascio di fibre d’amianto che si attesta
nei limiti consentiti dalla normativa vigente.
Le attività che coltivano materiale con
indici di rilascio non consentito dalle normative vigenti, hanno cessato la propria
attività e sono in fase di predisposizio negli
appositi programmi di recupero delle rispettive zone.
La stessa Regione ha, infine, comunicato
che non risultano discariche abusive all’interno di cave regolarmente autorizzate.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
PICCHI. — Al Ministro della salute. —
Per sapere – premesso che:
Henry Carty, cittadino britannico,
sposato con la cittadina italiana Anna
Carty, residente a Cesena, provvisto di
permesso di soggiorno valido fino al 2011,
è attualmente in cura presso la ASL di
Cesena a causa della gravità delle sue
condizioni di salute;
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
LIX
AI RESOCONTI
la ASL di Cesena sostiene di non
poter continuare ad assistere il signor
Carty in assenza del modello E 121;
la richiesta da parte della ASL del
modello E121 al NHS Camden Primary
Care Trust – Regno Unito – nel quale era
precedentemente in cura il sig. Carty, è
difficoltosa, se non impossibile, in quanto
i sig. Carty sono già in Italia e non possono
viaggiare e, inoltre, la scarsa qualità dei
trattamenti ricevuti dal NHS è stato il
principale motivo per venire in Italia;
i medici della ASL di Cesena, dott.
Biondini e dott. Canotti, chiedono che i
coniugi Carty producano una autorizzazione da parte del Ministero della Salute
alla ASL di Cesena per fornire l’assistenza
richiesta anche in assenza del modello E
121;
il sig. Carty ha già prodotto alla ASL
di Cesena documentazione comprovante la
rinuncia al servizio sanitario inglese NHS;
i sig.ri Carty non possono permettersi
trattamenti privati considerando le loro
condizioni economiche;
il sig. Carty ha già iniziato la procedura per diventare cittadino italiano;
la ASL di Cesena, in una lettera
inviata ai Sig.ri Carty, si dichiara in attesa
di istruzioni dal Ministero della Salute –:
se quali atti siano stati fino ad oggi
intrapresi da codesto ministero o/e dalla
ASL di Cesena per risolvere il problema
burocratico del modulo E121;
se e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire la continuità
del trattamento sanitario al sig. Carty e
salvaguardarne la salute;
quali istruzioni intendi dare alla ASL
di Cesena.
(4-02699)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione in esame, questo Ministero ha acquisito le necessarie informazioni dalla ASL
di Cesena.
In data 13 ottobre 2006, il cittadino
britannico, appena giunto a Cesena insieme
Camera dei Deputati
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alla moglie, cittadina italiana, è stato ricoverato presso l’Ospedale Maurizio Bufalini,
per alcuni giorni. Il paziente è tracheotomizzato e non deambulante.
Poiché lo stesso si trovava a Cesena in
temporaneo soggiorno e disponeva di una
Tessera Europea di Assicurazione Malattia
(TEAM), valida fino al 21 agosto 2011, sono
state avviate le procedure per l’addebito
della spesa di ricovero alla Istituzione
estera di appartenenza, in quanto, a seguito
della entrata in vigore del Regolamento CE
n. 631 del 2004 del Parlamento europeo,
dal 1o giugno 2004 tutti i comunitari, nel
corso di un temporaneo soggiorno nel territorio di un altro Stato membro, hanno
diritto alle prestazioni sanitarie che si rendono necessarie sotto il profilo medico,
tenuto conto, tuttavia, della natura delle
prestazioni e della durata prevista del soggiorno.
Questo implica che al cittadino comunitario non possono essere assicurate indistintamente tutte le prestazioni, ma solo
quelle necessarie, che per loro natura sono
riconducibili ad un temporaneo soggiorno
(vi rientrano i ricoveri ospedalieri, gli accessi al pronto soccorso, le cure del medico
di medicina generale o le ulteriori prestazioni che questi considera necessarie nel
contesto indicato).
Al momento della dimissione dall’Ospedale avvenuta il 17 ottobre 2004, è stata
richiesta, peraltro, la fornitura di dispositivi
protesici (letto e materasso ortopedici, ventilatori polmonari, ausili per l’incontinenza,
eccetera), non riconducibili ad un livello di
assistenza previsto per un cittadino « in
temporaneo soggiorno ».
A questo proposito l’Azienda ha precisato
che:
1) l’assistenza protesica configura un
livello di assistenza che per sua natura non
può essere meramente occasionale, ma al
contrario richiede che l’assistito venga
preso in carico per un periodo di tempo
relativamente lungo, non riconducibile all’assistenza da riconoscere ad un cittadino
in temporaneo soggiorno;
2) La normativa italiana, ai sensi del
decreto ministeriale 27 agosto 1999 n. 332,
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
LX
AI RESOCONTI
« Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili
nell’ambito del Servizio sanitario nazionale;
modalità di erogazione e tariffe »; autorizza
la fornitura dei dispositivi protesici solo per
i cittadini residenti presso l’ambito dell’Azienda unità sanitaria locale, non essendo sufficiente il semplice domicilio.
Sono state richieste anche prestazioni di
assistenza domiciliare infermieristica e prestazioni di riabilitazione domiciliare; anche
queste prestazioni non sono riconducibili
all’assistenza di chi si trova in temporaneo
soggiorno, al pari delle prestazioni di assistenza protesica.
Tuttavia, il Dipartimento cure primarie,
quale struttura competente dei livelli di
assistenza indicati, tenuto conto delle precarie condizioni del paziente e della volontà
della coppia di chiedere la residenza a
Cesena, ha fornito le seguenti prestazioni
assistenziali:
1. gli accessi all’abitazione dell’interessato da parte del medico di medicina
generale, che sono stati i seguenti:
ottobre 2006 n. 2;
novembre 2006 n. 7;
dicembre 2006 n. 4;
gennaio 2007 n. 2.
Non sono pervenute ancora le comunicazioni relative agli accessi di febbraio e
marzo;
2. il paziente è stato preso in carico dal
Servizio infermieristico domiciliare sin dal
momento del suo arrivo alla Stazione ferroviaria di Cesena (13 ottobre 2006); gli
sono state prestate le prime cure sul posto,
e successivamente è stato disposto il ricovero in ospedale.
La presa in carico perdura tuttora, anche se il paziente non dispone di una
iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
Il personale infermieristico si è reso da
subito conto della problematicità del caso e
della difficoltà di gestione del paziente dovuta alla mancanza di presidi quali il letto
e le superfici antidecubito. Il paziente era
Camera dei Deputati
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GIUGNO
2007
immobilizzato sul divano e quindi anche
semplici manovre per il controllo dello
stato cutaneo lo avrebbero messo a rischio
di caduta.
L’ASL ha provveduto, nonostante il paziente non fosse residente e non disponesse
di certificato di invalidità, come richiesto ai
cittadini italiani, a dotare la famiglia di tali
attrezzature per un’idonea assistenza.
Il paziente viene periodicamente rifornito del materiale occorrente per la gestione
della tracheotomia e del ventilatore polmonare, mediante accessi domiciliare da parte
del personale infermieristico, ed anche, per
l’aspirazione, di un particolare dispositivo
utilizzato esclusivamente nelle terapie intensive (non in uso presso il territorio per
tutti gli altri pazienti con la stessa problematica), in quanto la moglie, che si occupa
dell’assistenza, era stata già addestrata all’uso dello stesso nel Paese d’origine.
Mentre il pneumologo si è occupato
dello stato respiratorio in quanto il paziente
è in ventilazione invasiva (tracheotomia),
l’otorino si è occupato della valutazione
sullo stato della cannula tracheostomica. In
seguito a ciò ha disposto perché questa
venisse sostituita in regime ospedaliero,
come di fatto è avvenuto.
Alla luce di quanto precisato, la competente Coordinatrice del Servizio infermieristico domiciliare ritiene di aver fornito e
di continuare a fornire il livello di assistenza massima possibile richiesto dalla
situazione del paziente in un contesto domiciliare;
3. a seguito di prescrizione effettuata
dal medico di medicina generale, al paziente
sono stati forniti i seguenti dispositivi:
n. 1 letto ortopedico;
n. 1 compressore e relativo materasso;
n. 1 sollevatore manuale.
La consegna è avvenuta il 24 ottobre
2006.
Non è stato fornito il ventilatore polmonare in quanto il paziente era già in
possesso di due ventilatori sin dal momento
del suo arrivo a Cesena;
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
4. il 24 ottobre 2006 il medico di
medicina generale ha prescritto una fornitura di ausili per l’incontinenza urinaria
(60 pannoloni al mese), che sono stati messi
subito a disposizione, in quanto già disponibili in magazzino.
Dopo la prima fornitura la moglie non
ha provveduto al ritiro delle successive
forniture;
5. in data 23 gennaio 2007 il paziente
ha ricevuto la visita domiciliare del medico
fisiatra, il quale ha prescritto taluni dispositivi riguardanti « la gestione e la postura
del seduto », i quali non sono stati forniti
in attesa di alcuni chiarimenti;
6. si è provveduto a chiedere al comune di Cesena quali livelli di assistenza
socio-assistenziale vengono garantiti al paziente. La risposta pervenuta dall’assistente
sociale competente, con e-mail del 14
marzo 2007, precisa che l’interessato:
« È seguito gratuitamente dal servizio di
assistenza domiciliare comunale dal 24 ottobre 2006, per 9 ore settimanali (1 ora e
30 minuti per 6 giorni). In data 30 novembre 2006 l’Unità di valutazione geriatria
ha visitato l’anziano a domicilio e ha
riconosciuto la non autosufficienza (punteggio BINA 480). Nel prossimo mese di
aprile, quando uscirà il bando del Fondo
sociale per l’affitto, la famiglia presenterà
domanda per ottenere un contributo e,
sulla base della dichiarazione ISE prodotta
(valore ISEE:0), otterrà a fine 2007 il
massimo contributo concedibile (in questo
momento non è possibile quantificarlo in
quanto dipende dall’importo del Fondo e
dal numero di domande che verranno presentate) ».
In data 21 ottobre 2006 il cittadino
britannico ha presentato al comune di
Cesena la domanda di residenza anagrafica
e al Commissariato di pubblica sicurezza la
domanda di Carta CEE. Questi due documenti, congiuntamente al codice fiscale e ad
una dichiarazione, sostitutiva dell’atto di
notorietà, che il cittadino comunitario non
ha titolo all’iscrizione a carico della istituzione competente di uno Stato membro, ai
Camera dei Deputati
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sensi dei regolamenti CEE n. 1408 del 1971
e n. 574 del 1972 e successive modifiche,
consentono la iscrizione gratuita (obbligatoria) al Servizio sanitario nazionale, con la
conseguente possibilità di effettuare la
scelta del medico di medicina generale.
Di tali possibilità e delle indicazioni
necessarie per gli aspetti amministrativi
della procedura, è stata fornita conoscenza
alla famiglia con lettera del Direttore del
Dipartimento cure primarie del 13 novembre 2006.
Poiché la moglie del paziente ha dichiarato, al funzionario amministrativo Responsabile dello Sportello unico del Dipartimento cure primarie dell’Azienda USL che
il marito in Inghilterra è titolare di una
pensione inglese, lo stesso non può sottoscrivere la dichiarazione, sostitutiva dell’atto di notorietà, che in Inghilterra non ha
titolo all’iscrizione sanitaria a carico dell’Istituzione competente di quel Paese, in
quanto l’Ente che eroga la pensione è
proprio l’istituzione debitrice che deve versare all’Italia le quote forfettarie mensili
relative all’iscrizione al Servizio sanitario
nazionale.
A questo riguardo va ricordato il decreto
del Ministro della sanità 18 marzo 1999,
concernente l’assicurazione obbligatoria al
Servizio sanitario nazionale dei cittadini
comunitari residenti in Italia; tale decreto
prende in considerazione la possibilità di
iscrivere obbligatoriamente (gratuitamente)
al Servizio sanitario nazionale solo quei
cittadini comunitari che hanno ottenuto la
residenza in Italia e che nel Paese di
provenienza sono privi di ogni copertura
sanitaria o di una pensione o rendita.
Poiché il paziente non ha in Italia
alcuna pensione e non è a carico della
moglie (cittadina italiana) l’unica possibilità
di iscrizione gratuita al Servizio sanitario
nazionale rimane pertanto quella della presentazione del formulario E121 (Attestato
per l’iscrizione dei titolari di pensione o
rendita...), rilasciato dalla propria istituzione pensionistica.
Questo Ministero con una propria circolare ha indicato le circostanze nelle quali
il formulario deve essere rilasciato e le
modalità di compilazione e di scambio fra
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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LXII
AI RESOCONTI
chi lo emette (l’istituzione debitrice della
pensione) e l’istituzione di assicurazione
malattia del luogo di residenza all’atto della
iscrizione per la concessione delle prestazioni in natura (l’Azienda USL).
Più in particolare il documento precisa
che: « il modulo serve ad attestare il diritto
alle prestazioni sanitarie del titolare di
pensione e suoi familiari in caso di trasferimento di residenza in altro Stato membro ».
Tale operazione non comporta alcun
onere per il paziente. L’istituzione competente inglese versa al Servizio sanitario
nazionale le quote forfettarie mensili stabilite fra i due Stati, attribuendo cosı̀ il
diritto alla copertura sanitaria per tutta la
durata della permanenza in Italia, senza
alcun limite nella fornitura di servizi e
prestazioni.
Pertanto, il competente Ufficio dall’Azienda USL di Cesena non solo ha chiesto al paziente di produrre il Mod. E121,
ma si è reso disponibile a richiedere d’ufficio tale documento, trattandosi di una
formalità burocratica da poter assolvere
anche via fax.
Di fronte a tale disponibilità, tuttavia, il
paziente ha diffidato formalmente l’Azienda
USL dal prendere contatti con la istituzione
estera, ribadendo il diritto alla riservatezza
al trattamento dei dati personali e il diritto
ad avere la copertura sanitaria gratuita ai
sensi del decreto ministeriale 18 marzo
1999, il quale, come già ribadito, prende in
considerazione tale possibilità solo per i
comunitari privi di qualunque copertura o
pensione.
Peraltro, la disponibilità dell’Azienda a
richiedere direttamente in Inghilterra il
Mod. E121 è stata manifestata alla famiglia
in numerosi incontri ed è stata anche
formalizzata con una lettera del Direttore
del Dipartimento cure primarie del 9 febbraio 2007.
L’ASL di Cesena, pertanto, ha precisato
che « In tale contesto non si comprendono
le ragioni per le quali la famiglia non si
rende disponibile a richiedere il formulario
e anzi a diffidare l’Azienda dall’assumere lei
l’iniziativa per acquisirlo ».
Camera dei Deputati
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Per maggiore chiarezza, si riporta di
seguito un breve quadro sintetico della
problematica segnalata con l’atto parlamentare:
il cittadino britannico può essere
iscritto al servizio sanitario nazionale, previa la presentazione del Mod. E121, che può
acquisire in Inghilterra, anche tramite
l’Azienda USL;
il Mod. E121 consente l’iscrizione gratuita al Servizio sanitario nazionale senza
alcun addebito di spesa;
il paziente, comunque, ha diffidato
l’Azienda dal richiedere in Inghilterra il
formulario;
anche nel caso in cui potesse emergere
che non vi è alcuna titolarità di pensione,
lo stesso verrebbe iscritto ugualmente e
gratuitamente al Servizio sanitario nazionale, ai sensi del decreto ministeriale già
citato;
nonostante il paziente non avesse diritto alla fornitura gratuita delle prestazioni
e dei dispositivi erogati (né come domiciliato e né come residente), l’Azienda sanitaria gli ha fornito i livelli di assistenza già
descritti, intendendo in tal modo corrispondere soprattutto a motivazioni di natura
umanitaria;
dal momento che il comune di Cesena
ha concesso la residenza sin dalla data di
presentazione della domanda (21 ottobre
2006), le spese sostenute da allora rimangono a carico dell’Azienda Sanitaria in
quanto, ai sensi della Circolare del Ministero della salute 11 maggio 1984 e nel
rispetto di un criterio di reciprocità « Sono
cancellati dall’anagrafe e dagli elenchi dell’USL coloro che si trasferiscono all’estero
in via definitiva (emigrazione definitiva) o
per lunghi periodi (emigrazione non temporanea) ».
L’Azienda ASL di Cesena ha precisato,
inoltre, che « il permanere di tale situazione
provoca un danno all’erario che si manifesta nel mancato addebito alla cassa estera
delle spese sopra indicate ».
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
LXIII
AI RESOCONTI
Si ritiene opportuno, infine, segnalare
che la competente Direzione di questo Ministero, ha suggerito, a suo tempo, alla
suddetta Azienda di richiedere il mod. E121
e, in alternativa, in caso d’impossibilità a
riceverlo, di applicare in presenza dei requisiti richiesti quanto previsto dal decreto
ministeriale 18 marzo 1999.
Il Sottosegretario di Stato per la
salute: Antonio Gaglione.
POTTINO. — Al Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare. — Per
sapere – premesso che:
sono in stato di valutazione due progetti di impianti di rigassificazione da
insediare nel Golfo di Trieste;
nonostante l’Italia abbia un’evidente
necessità di aumentare la propria indipendenza energetica, e la strada dei rigassificatori è senza dubbio una di quelle
percorribili, ciò deve avvenire in contesti
idonei, che tengano sempre in prioritaria
considerazione la salvaguardia dell’ambiente, della salute, della sicurezza dei
cittadini e del turismo e siano compatibili
con l’economia locale;
i sopraccitati progetti sono stati presentati da due società spagnole, rispettivamente la Gas Natural e l’Endesa, quest’ultima già proprietaria della centrale
elettrica di Monfalcone;
a quanto risulta all’interrogante tra i
due progetti in itinere, sembra avanzare
più celermente quella di Endesa, il cui
presidente si è incontrato di recente con il
presidente della Regione Friuli Venezia
Giulia, Riccardo Illy, e si è detto poi
convinto di ottenere l’autorizzazione del
progetto entro nove mesi;
tale ottimismo può essere alimentato
dal fatto che i vertici di Friulia, nominati
proprio dal presidente Illy, hanno annunciato l’ingresso (con il 10 per cento) della
società finanziaria regionale nella società
per la realizzazione dell’impianto ed il
presidente stesso ha più volte rilasciato
dichiarazioni che, limitandosi al mero
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
aspetto economico-finanziario e al generico richiamo al bisogno di energia e senza
entrare nel merito, sembravano favorevoli
al terminal Endesa;
l’impianto di Endesa, una sorta di
ecomostro alto oltre 30 metri e lungo più
di 200 metri, dovrebbe sorgere non in
posizione defilata ma in mezzo ad un golfo
chiuso e stretto, come quello di Trieste,
creando un impatto visivo, ambientale e
turistico, che è facilmente immaginabile,
tanto che, a quanto risulta all’interrogante,
persino le popolazioni di Monfalcone,
Grado e Duino e di località balneari come
Lignano stanno esprimendo tutta la loro
preoccupazione ed indignazione e cosı̀ anche la vicina Slovenia che ha espresso
timori per il futuro del suo turismo;
a ciò si aggiungono le preoccupazioni,
più che giustificate, legate ai danni che il
traffico di navi gasiere in arrivo e in
partenza provocherebbe alle attività portuali e, soprattutto, a quel settore della
nautica da diporto che è in forte espansione e sta diventando importante realtà
economica in Friuli Venezia Giulia;
a giudizio dell’interrogante, tale situazione denota una posizione contraddittoria della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia che da un lato dichiara di
voler incentivare il turismo e dall’altro
sembra invece voler compromettere ogni
vocazione di sviluppo del settore con scelte
che rischierebbero di trasformare il Friuli
Venezia Giulia in polo energetico –:
quale sia la posizione del Ministro in
merito al progetto del rigassificatore che la
società Endesa chiede di realizzare che,
peraltro, si troverebbe ad appena una
decina di chilometri dal parco naturale
dell’Isola della Cona.
(4-01272)
RISPOSTA. — In merito a quanto indicato
nell’atto di sindacato ispettivo in esame,
riguardante il procedimento di Valutazione
di impatto ambientale per due progetti di
impianti di rigassificazione di gas naturale
liquefatto da realizzarsi nel porto, località
Zaule, e nel golfo di Trieste (offshore),
presentati, rispettivamente, dalla società
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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LXIV
AI RESOCONTI
Gas Natural Internacional e dalla società
Endesa Italia, alla quale è subentrata la
società Alpi Adriatico S.r.l., controllata al
100 per cento dalla società Endesa Europa
SL, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, occorre precisare che
le due iniziative in questione non sono
correlate, ma si tratta di due distinte proposte presentate indipendentemente da due
diversi soggetti economici. In assenza di
una specifica pianificazione energetica, a
livello nazionale e regionale, e quindi in
mancanza di qualsiasi vincolo predeterminato, in base al principio della libera concorrenza nel mercato dell’energia, tutti i
soggetti privati possono presentare le
istanze mentre le amministrazioni e, nella
fattispecie, anche il Ministero, hanno l’obbligo di avviare, istruire e concludere i
relativi procedimenti di propria competenza.
Inoltre, al fine di un migliore inquadramento della problematica, si ritiene opportuno precisare che per i due impianti e
le relative opere connesse, i relativi procedimenti di VIA sono di competenza del
Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e sono dovuti in forza alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 60, della
legge n. 239 del 2004, che richiama quanto
già regolamentato dall’articolo 8 della legge
n. 340 del 2000.
Con riferimento, invece, al provvedimento finale di autorizzazione di cui al
comma 5 del citato articolo 8 della legge
n. 340 del 2000, va precisato che, per
quanto riguarda il progetto offshore, localizzato nel Golfo di Trieste, presentato dalla
società Terminal Alpi Adriatico s.r.l., sarà il
Ministero dello sviluppo economico che
dovrà provvedere a definire e coordinare il
relativo procedimento di autorizzazione,
mentre, per quanto riguarda, invece, l’impianto localizzato nel porto di Trieste, località Zaule, presentato dalla Gas Natural
Internacional « SDG SA, alla definizione e
coordinamento del relativo procedimento di
autorizzazione dovrà provvedere direttamente la regione Friuli-Venezia Giulia e ciò
a seguito degli accordi raggiunti con Ministero dello sviluppo economico, formalizzati
dallo stesso con nota del 21 dicembre 2004,
Camera dei Deputati
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in considerazione del trasferimento delle
funzioni amministrative in materiali energia, di cui al decreto legislativo n. 110 del
2002 e legge regionale n. 30 del 2002.
Riguardo al progetto relativo alla realizzazione di un terminale offshore di rigassificazione GNL, dimensionato per una
capacità annua di rigassificazione pari a
circa 8 miliardi S/mc, localizzato nel golfo
di Trieste a circa 10 km dalla costa, e del
relativo gasdotto, in parte sottomarino in
parte terrestre, di collegamento tra il terminale e la rete di trasporto nazionale, la
domanda di pronuncia di compatibilità
ambientale, ai sensi dall’articolo 6 della
legge n. 349 del 1986, è stata presentata a
questo Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio, dalla società Terminal Alpi
Adriatico S.r.l., in data 2 febbraio 2006.
Contestualmente alla presentazione della
istanza di pronuncia di compatibilità ambientale, il proponente ha provveduto a
consegnare tutta la documentazione tecnica
(lo studio di impatto ambientale e del
progetto preliminare, la sintesi non tecnica,
nonché, per quanto utile ai fini della VIA,
il rapporto preliminare di sicurezza di cui
al decreto legislativo n. 334 del 1999) ed
amministrativa necessaria e, al fine della
consultazione e formulazione di eventuali
osservazioni, ha provveduto ad avvisare il
pubblico, con annunci pubblicati il giorno
2 febbraio 2006 sui quotidiani La Repubblica e Il Piccolo, circa il deposito della
documentazione presso i preposti uffici
della regione Friuli-Venezia Giulia.
Poiché la predetta regione, con nota del
6 febbraio 2006, evidenziava che la documentazione non gli risultava pervenuta il
giorno 2 febbraio, data di pubblicazione
degli annunci, la società Terminal Alpi
Adriatico s.r.l. ha provveduto, in data 10
febbraio 2006, ad una nuova pubblicazione
sui medesimi quotidiani.
Accertata l’effettuazione, da parte del
proponente, di tutti gli adempimenti necessari è stato, quindi, dato avvio all’istruttoria
tecnica da parte della Commissione per le
valutazioni dell’impatto ambientale che,
allo stato, sta procedendo con detta istruttoria.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
Per quanto riguarda il secondo progetto,
quello relativo alla realizzazione di un
terminale di ricezione e rigassificazione
GNL, localizzato nel porto industriale del
comune di Trieste, località Zaule, in
un’area complessiva di 9 ha, destinata ad
uso industriale, per una capacità complessiva di rigassificazione pari a otto miliardi
di metri cubi di gas e comprendente anche
la realizzazione di infrastrutture marine a
servizio dell’impianto, costituite da un pontile su pali di lunghezza pari a 400 metri e
relativa piattaforma di scarico, l’istanza di
pronuncia di compatibilità ambientale, ai
sensi dell’articolo 6 della legge n. 349 del
1986, è stata presentata dalla la società Gas
Natural Internacional in data 15 febbraio
2006.
Contestualmente alla presentazione dell’istanza di VIA, il proponente ha provveduto a consegnare copia della documentazione tecnica (studio di impatto ambientale,
progetto preliminare, sintesi non tecnica,
nonché il rapporto preliminare di sicurezza
di cui alla direttiva Seveso, recepita con il
decreto legislativo n. 334 del 1999).
In data 3 marzo 2006 la società ha
inoltre provveduto, con annunci sui quotidiani La Repubblica, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo, ad avvisare il pubblico del
deposito della documentazione presso i preposti uffici della regione, al fine della
consultazione ed espressione di eventuali
osservazioni.
Per quanto riguarda le istruttorie relative
ai due rigassificatori si precisa che, a seguito
dell’esame della documentazione, nonché dei
sopralluoghi effettuati dalla Commissione
per le valutazione dell’impatto ambientale, la
documentazione presentata per i due progetti
dalle relative società proponenti è stata giudicata carente in relazione ad alcuni aspetti
ritenuti indispensabili per una completa ed
esauriente trattazione delle problematiche
connesse, pertanto con due distinte note in
data 2 ottobre 2006 sono state richiesti i
chiarimenti e le integrazioni necessarie. Anche la regione Friuli-Venezia Giulia, con
delibere n. 1996 e n. 1997 del 25 agosto
2006, relative, rispettivamente, all’impianto
localizzato nel porto di Trieste – località
Zaule e a quello offshore nel golfo di Trieste,
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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ha evidenziato quelle che a suo giudizio sono
le carenze alla documentazione presentata
dai due proponenti e ha provveduto a definire i chiarimenti e le integrazioni da fornire
rispetto agli studi di impatto ambientale allegati alle rispettive istanze di VIA.
In relazione a quanto sopra in data 30
dicembre 2006 la società Terminal Alpi
Adriatico s.r.l. ed in data 11 dicembre 2006
la società Gas Natural Internacional SDG
SA hanno provveduto per i rispettivi progetti a trasmettere la documentazione integrativa richiesta. Le due dette società hanno
inoltre provveduto con nuovi annunci a
mezzo stampa a dare comunicazione dell’avvenuto deposito presso i preposti uffici
regionali della documentazione integrativa
in questione e della possibilità di consultare
la stessa e presentare eventuali osservazioni
da far pervenire al Ministero nell’ambito
dei rispettivi procedimenti di VIA. In particolare la società Terminal Alpi Adriatico
s.r.l. ha provveduto a pubblicare tali annunci in data 1o dicembre 2006 sui quotidiani Il Sole 24 ore e Il Messaggero
Veneto, la società Gas Natural Internacional SDG SA ha provveduto in data 20
dicembre 2006 sui quotidiani La Repubblica, Il Messaggero Veneto e Il Piccolo.
Riguardo, poi, a quanto evidenziato dall’interrogante in merito alle preoccupazioni
espresse dalla Repubblica di Slovenia, si
informa che in relazione ai due progetti in
questione la competente Direzione del Ministero che rappresento, in ottemperanza a
quanto previsto dalla convenzione di Espoo
– nonché dall’articolo 7 della direttiva
85/337/CEE come modificata dalla 97/
11/CE in merito alla valutazione dell’impatto ambientale in contesto transfrontaliero, ha provveduto a notificare al Ministero dell’ambiente e al Ministero degli
affari esteri della Repubblica di Slovenia
l’avvio della procedura di VIA.
Ai sensi dell’articolo 3 della medesima
convenzione di Espoo, la medesima Direzione, ha poi provveduto ad inviare al
Ministero dell’Ambiente sloveno, per il tramite dell’Ambasciata Slovena in Roma, sin
dallo scorso mese di aprile 2006, copia di
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
LXVI
AI RESOCONTI
tutta la documentazione tecnica presentata
dalle due Società predette in relazione alle
rispettive istanze di compatibilità ambientale (studio di impatto ambientale, progetto
preliminare e Rapporto preliminare di sicurezza) ed ha richiesto di comunicare tutte
le proprie considerazioni e/o osservazioni in
merito alle relative procedure di VIA in
corso di istruttoria.
Inoltre in data 19 dicembre 2006, cosı̀
come ci si era impegnati a fare, è stata
trasmessa anche tutta la documentazione
integrativa che come detto era stata richiesta alle due società in questione di fornire.
Si precisa che in relazione alle medesime
sopra richiamate normative, a seguito di
richiesta avanzata dal Ministero dell’ambiente della Repubblica di Croazia di partecipare al procedimento relativo al progetto di terminale offshore della società Alpi
Adriatico s.r.l. in data 19 dicembre 2006 è
stata inoltrata al detto Ministero croato
tutta la documentazione disponibile (studio
di impatto ambientale, progetto preliminare,
sintesi non tecnica, integrazioni allo studio
e rapporto di sicurezza con relative integrazioni) proponendo anche una data per
una riunione.
Il giorno 29 gennaio 2006, le delegazioni
del Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare della Repubblica
italiana e Ministero dell’ambiente della Repubblica di Slovenia nonché una rappresentanza della regione Friuli-Venezia Giulia
si sono riunite a Trieste presso la sede della
regione per discutere delle problematiche
connesse alla valutazione dell’impatto ambientale in contesto transfrontaliero dei due
terminali GNL in questione.
Le due delegazioni hanno analizzato
sotto un profilo elusivamente tecnico-procedurale le problematiche attinenti i due
progetti di terminali GNL. In particolare
dopo aver esaminato in prima battuta le
osservazioni già formulate nel gennaio corrente anno considerata la natura e la
specificità e complessità di tali osservazioni,
che attengono sia aspetti sulla sicurezza che
di natura più prettamente ambientale, le
due delegazioni hanno deciso di farne oggetto di una più adeguata puntuale considerazione stabilendo a tal fine:
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
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GIUGNO
2007
di prevedere incontri a livello esclusivamente tecnico per approfondire sia gli
aspetti connessi al rischio industriale sia gli
aspetti connessi alla valutazione più squisitamente ambientale dei due progetti;
di stabilire in via prioritaria una metodologia e dei criteri univoci di riferimento
per la definizione dei livelli di sicurezza ed
entità degli impatti ambientali in contesto
transfrontaliero.
Considerate le necessità organizzative di
entrambe le delegazioni si è deciso di tenere la
prima riunione tecnica a Roma a valle di un
più approfondito esame dell’esame della documentazione tecnica allo stato disponibile.
Per quanto riguarda gli adempimenti
connessi all’impatto transfrontaliero nei
confronti della Repubblica di Croazia si
precisa che, considerati che le tematiche in
esame sono le stesse di quelle trattate con
gli sloveni si è loro proposto di tenere una
unica congiunta riunione. Al riguardo
siamo in attesa di un riscontro.
Per quanto utile si precisa infine che in
data 30 agosto 2006 si è riunita presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri la cabina di regia sul problema dei rigassificatori
GNL dove, pur essendo stata evidenziata la
necessità per il Paese di disporre di impianti
di rigassificazione di GNL, si è precisato che
per quanto concerne la loro autorizzazione
non si potrà prescindere dall’esito favorevole
della procedura di VIA, già in corso di espletamento con la piena partecipazione delle
regioni e del Ministero per i beni e le attività
culturali, nonché dal consenso delle istituzioni locali e regionali interessate.
Si segnala, altresı̀, che sono in corso
degli approfondimenti atti a verificare con
il Ministero degli interni – Dipartimento
vigili del fuoco – Direzione centrale per la
prevenzione area rischio industriale, la
piena coerenza tra le due normative, ossia
quella sulla VIA e quella sul rischio di
incidenti rilevanti, che, come noto, sono
alla base delle risultanze conclusive dei
procedimenti di autorizzazione.
Il Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del
mare: Alfonso Pecoraro Scanio.
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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LXVII
AI RESOCONTI
RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e
della previdenza sociale. — Per sapere –
premesso che:
l’interrogante ha appreso della gravissima situazione occupazionale che sta
per determinarsi nel territorio di Anzio
alla luce della decisione della direzione
europea della Colgate Palmolive di avviare
un piano di ristrutturazione nel reparto
« Body Care »;
sembrerebbe che l’azienda, che in
passato ha usufruito dei fondi per il Mezzogiorno, intenda aprire uno o più stabilimenti nell’Europa dell’est;
il piano prevede lo smantellamento
dello stabilimento di Anzio (Roma) e,
qualora attuato, metterebbe a rischio circa
un migliaio di posti di lavoro, considerando anche l’indotto;
il territorio interessato subirebbe pesanti ricadute non solo sul piano sociale
ma anche su quello economico;
il consiglio comunale di Anzio, riunitosi il 25 gennaio 2007, si è schierato
all’unanimità a fianco dei lavoratori e
contro il trasferimento all’estero dell’azienda invitando il Governo ad intervenire con urgenza per evitare la delocalizzazione dello stabilimento;
nella giornata del 29 gennaio, le rappresentanze sindacali ed il comune hanno
proclamato otto ore di agitazione – articolate fino a venerdı̀ – e uno sciopero
generale cittadino per giovedı̀ 8 febbraio,
con una manifestazione pubblica nella
mattinata –:
quali urgenti iniziative intenda assumere per evitare la chiusura dello stabilimento della Palmolive di Anzio e per
garantire la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali;
se non ritenga opportuno, in particolare, costituire un tavolo di concertazione con i sindacati, gli enti locali interessati e la proprietà, al fine di giungere
ad una soluzione condivisa;
Camera dei Deputati
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2007
quali misure di tutela sociale o di
mobilità intenda adottare, in via alternativa, a favore dei lavoratori, qualora sia
impossibile la prosecuzione delle attività
dello stabilimento.
(4-02423)
RISPOSTA. — Sulla base delle risultanze
degli accertamenti effettuati dalla Direzione
provinciale del lavoro di Roma si comunica
quanto segue.
La Colgate Palmolive S.r.l. fa parte del
gruppo Colgate composto da Colgate Palmolive SPA, holding e Colgate Palmolive
Commerciale avente per scopo sociale il
marketing.
Nello stabilimento di Anzio vengono
prodotti articoli di vasto consumo: prodotti
per la cura della persona oltre che saponi
e detersivi.
La società che occupa 598 dipendenti
(dei complessivi 788) ripartiti in 14 dirigenti, 116 impiegati e 468 operai, al momento è interessata ad un programma di
riorganizzazione che prevede un ridimensionamento della produzione in conseguenza della decisione della Colgate Palmolive Company, di spostare nell’erigendo stabilimento in Polonia, la produzione del
settore « oral care (dentifrici e prodotti per
l’igiene della bocca) sopprimendo l’attuale
produzione presso lo stabilimento di Anzio
cui sono adibite 6 linee con 100 addetti.
Il ridimensionamento della produzione
ad Anzio è inserito nel più ampio piano
quadriennale di ristrutturazione (20052008) in corso in tutto il gruppo e che, al
momento del suo annuncio prevedeva il
ridimensionamento di un terzo dei 78 stabilimenti nel mondo, e la soppressione di
4.000 posti di lavoro.
Tale piano, mai ufficialmente notificato
alle Organizzazioni sindacali interessate ai
riflessi sul piano occupazionale, aveva allarmato gli stessi sindacati e le autorità
locali preoccupate da generici e contrastati
annunci unilaterali da parte aziendale.
Nel dicembre 2005 presso lo stabilimento di Anzio, la società, interessata da
una temporanea crisi di mercato, aveva
licenziato 40 lavoratori.
In data 31 gennaio 2007 la direzione
aziendale ha annunciato la prosecuzione
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
della produzione – ad Anzio – dei prodotti
body care, dei saponi in barra e di quelli
per la pulizia della casa, ribadendo l’intenzione di sopprimere la produzione dei dentifrici e ha invitato le Organizzazioni sindacali a discutere i riflessi del piano di
ristrutturazione.
Al fine di cui sopra, il 13 febbraio 2007
presso la sede dell’Unione Industriali di
Roma tra le società del Gruppo Colgate e le
Organizzazioni sindacali territoriali di categoria è stato raggiunto un accordo preliminare che, preso atto della decisione
aziendale di spostare in Polonia la produzione oral care, individua nella mobilità
« lunga » finalizzata al pensionamento lo
strumento per gestire gli esuberi occupazionali quantificati in 85 unità.
I contenuti del succitato incontro sono
stati ribaditi in occasione della sottoscrizione, il 23 febbraio 2007, presso il Ministero del lavoro, del verbale di accordo tra
le Società del Gruppo Colgate Palmolive e
le Organizzazioni sindacali, finalizzato al
completamento della procedura di richiesta
di messa in mobilità lunga per 85 lavoratori con i benefici di cui all’articolo 1,
comma 1189 della legge 296 del 2006
(finanziaria 2007), da inviduare in base
all’età anagrafica ed alla situazione contributiva.
La collocazione in mobilità sarà esercitata, entro il 31 dicembre 2007, nel limite
numerico di 20 unità, come assegnato con
il Decreto di riparto delle unità in mobilità
lunga del 2 maggio 2007, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 104 del 7 maggio
2007.
Il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale: Cesare
Damiano.
ROSSI GASPARRINI. — Al Ministro
della giustizia. — Per sapere – premesso
che:
Giulio Gargano è stato arrestato il 7
luglio 2006 in esecuzione del provvedimento emesso dal GIP di Roma su richiesta della procura della Repubblica nel-
Camera dei Deputati
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l’ambito dell’indagine relativa alle dichiarazioni della cosiddetta « lady ASL »;
tra i reati contestati al consigliere
Gargano figurano un’ipotetica associazione
a delinquere, unitamente ad altri funzionari regionali e direttori di Asl, e in
particolare tre episodi di corruzione connessi ad una delibera adottata dall’ente di
assistenza ex Ipab San Michele di Roma,
alla quale il consigliere Gargano risulta
estraneo, e due delibere adottate dalla
giunta regionale del Lazio in materia sanitaria per convenzioni in ordine a prestazioni assistenziali;
dopo un periodo di custodia cautelare, gli altri indagati nell’ambito di questa
inchiesta sono stati rimessi in libertà o
posti agli arresti domiciliari, mentre il
consigliere Gargano, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti addebitatigli e ha
sempre negato di aver percepito somme di
denaro, è ancora detenuto nonostante, a
distanza di ormai 5 mesi dall’arresto, non
risulti essere oggetto di ulteriori indagini,
tali da richiedere la detenzione in carcere;
secondo l’interrogante la scarcerazione del consigliere Gargano non comporterebbe alcun rischio di reiterazione
dei reati, dal momento che egli non fa più
parte né dello schieramento di maggioranza nel Consiglio regionale del Lazio né
della giunta di governo, e pertanto non
potrebbe incidere, neppure indirettamente,
su alcuna attività amministrativa;
sulla delicata questione è intervenuto
anche il Garante dei Detenuti, il quale
ribadendo la gravità delle condizioni di
salute dell’ex assessore regionale Gargano,
assolutamente incompatibili con il regime
carcerario cui è attualmente sottoposto, si
è dichiarato impressionato dalle condizioni in cui si trova l’ex Consigliere Giulio
Gargano;
l’interrogante, si è recata nei giorni
scorsi all’ospedale Sandro Pertini dove era
stato ricoverato Giulio Gargano – oggi di
nuovo incarcerato a Regina Coeli – e ha
constatato che le sue condizioni fisiche e
psichiche sono realmente molto gravi, anzi
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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LXIX
AI RESOCONTI
drammatiche. Era seduto su una sedia a
rotelle, notevolmente dimagrito, con seri
problemi cardiaci e in uno stato di prostrazione totale;
risulta all’interrogante che debba essere sottoposto ad adeguati e impellenti
interventi medici e chirurgici che provvedano a ristabilire le sue ormai precarie
condizioni di salute, che destano grande
preoccupazione, anche in considerazione
di precedenti seri problemi cardiaci;
l’interrogante, stante la realtà dei
fatti precedentemente delineati, ritiene che
nei confronti del consigliere Gargano
possa intravedersi un accanimento giudiziario indegno di un paese civile e democratico;
sempre secondo l’interrogante, la magistratura non può superare certi limiti,
né, per assolvere al suo dovere di accertare la verità, ricorrere a provvedimenti di
inflessibile carcerazione preventiva di una
persona, per di più, come nel caso in
questione, in evidenti precarie condizioni
di salute, al solo scopo di ottenere da
questa una piena confessione;
l’interrogante ritiene necessario un
atto di attenzione umana verso una persona in grave stato di salute e che non ha
subito alcuna condanna;
l’indulto ha permesso la scarcerazione di persone condannate; teniamo in
carcere le persone sottoposte esclusivamente a custodia cautelare oltre 5
mesi? –:
quali provvedimenti, per quanto di
sua competenza, intenda adottare allo
scopo di verificare la sussistenza di eventuali illeciti disciplinari nell’operato dei
magistrati nei confronti del consigliere
Gargano, attraverso l’uso che viene fatto
della carcerazione preventiva. (4-01900)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, relativa alla vicenda giudiziaria riguardante Giulio Gargano, appare
in primo luogo necessario sintetizzare i
passaggi fondamentali del procedimento penale instaurato a suo carico, riferiti nel-
Camera dei Deputati
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GIUGNO
2007
l’informativa trasmessa dal Procuratore
della Repubblica di Roma.
I reati contestati al Gargano nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Roma in data 6 luglio 2006 erano
quelli di associazione a delinquere e di
concorso in più fatti di corruzione. Detta
associazione, sulla base della ricostruzione
fornita dal Giudice per le indagini preliminari di Roma, consentiva la permanente
spoliazione delle casse della sanità regionale
per centinaia di milioni di euro, attraverso
la realizzazione sistematica di atti di corruttela, di falsificazione di atti pubblici e di
altre condotte illecite.
Nell’informativa il Procuratore ha precisato che il quadro accusatorio relativo a
Giulio Gargano non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della coindagata
Anna Giuseppina Iannuzzi, ma anche su
riscontri e conferme indiziarie in ordine
alla natura dei rapporti intercorsi tra il
predetto e la Iannuzzi medesima.
Attesa la delicatezza delle questioni evidenziate nell’interrogazione, come si è già
avuto modo di sottolineare in occasione
della risposta all’interpellanza n. 2-00258
dell’onorevole Carlucci, nell’immediatezza,
si è delegata alla Direzione generale magistrati l’acquisizione di notizie presso la
Procura della Repubblica di Roma, al fine
di verificare la fondatezza delle censure
mosse dall’interrogante in merito all’operato dei magistrati che si sono occupati del
procedimento penale a carico di Giulio
Gargano.
In proposito, come si evince dagli atti
trasmessi dal Procuratore della Repubblica
di Roma, il provvedimento di custodia
cautelare in carcere emesso dalla magistratura romana per una serie di gravi reati nei
confronti del consigliere regionale del Lazio
Giulio Gargano, ha ricevuto l’avallo della
Suprema Corte che, con sentenza n. 34189/
2006, depositata il 12 ottobre 2006, ha
rigettato il ricorso presentato dal Gargano,
ritenendo sussistenti, sul suo conto, sia i
gravi indizi di colpevolezza di cui all’articolo 273 del codice di procedura penale, sia
le esigenze cautelari richieste dall’articolo
successivo, in particolare argomentando in
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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AI RESOCONTI
ordine alla « inadeguatezza di ogni altra
misura cautelare personale diversa dalla
custodia in carcere ».
Quanto alla asserita incompatibilità
della misura custodiale con le precarie
condizioni di salute del Gargano, dalla
disamina degli atti sopraindicati si desume
che al medesimo sono state consentite tutte
« le visite mediche specialistiche da parte di
sanitari di fiducia, mentre gli accertamenti
disposti dal Giudice per le indagini preliminari competente non hanno evidenziato
alcuna situazione di incompatibilità con la
custodia in carcere che, comunque, come
per ogni persona ristretta in carcere, comporta inevitabilmente uno stato di depressione ». Come specificato dal Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria, fin dal
suo ingresso in carcere il Gargano è stato
sempre ristretto presso la casa circondariale
di Roma Regina Coeli, istituto dotato di
centro diagnostico terapeutico, dove ha ricevuto la assistenza medica necessaria per
le patologie cardiologiche di cui è affetto. Il
Gargano è stato ricoverato presso l’ospedale
San Camillo di Roma dal 25 ottobre al 6
novembre 2006 e, successivamente, dall’8
novembre al 16 novembre 2006 presso
l’ospedale Sandro Pertini di Roma, e dimesso con indicazione di impianto di pacemaker da realizzare con intervento chirurgico rifiutato dal paziente. Per tale motivo, il Gargano veniva ubicato nel centro
clinico dell’Istituto Regina Coeli, dove veniva disposto, nei suoi confronti, un assiduo controllo medico, con utilizzo di monitor cardiologico per la costante rilevazione della frequenza cardiaca.
In data 10 dicembre 2006 il Gargano è
stato di nuovo ricoverato presso l’ospedale
S. Spirito in Roma, per un ulteriore controllo cardiologico.
Da quanto sin qui esposto risulta chiaramente come le censure prospettate dall’interrogante risultano aver già avuto, nella
naturale sede procedimentale, un’approfondita e rituale occasione di verifica, sia
presso il Giudice per le indagini preliminari
sia, soprattutto, presso la Corte suprema,
onde non si ritiene che sussistano profili
costituenti il presupposto di un’azione disciplinare.
Camera dei Deputati
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Il Procuratore della Repubblica di
Roma ha, inoltre, comunicato che le imputazioni contestate al Gargano con l’ordinanza cautelare sono state definite – nel
procedimento n. 46614 del 2006 Registro
generale delle notizie di reato, costituente
stralcio dal procedimento n. 26284 del
2006 – con sentenza del Gup del 28
dicembre 2006, che, in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti ai sensi
dell’articolo 444 del codice di procedura
penale, ha inflitto all’imputato la pena di 4
anni e 4 mesi di reclusione.
È stato, infine, riferito che il Gargano è
stato rimesso in libertà.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SGOBIO. — Al Ministro dell’interno, al
Ministro della giustizia. — Per sapere –
premesso che:
il 21 giugno scorso, il quotidiano
Libero ha pubblicato un articolo sul problema delle intercettazioni telefoniche, in
cui si legge testualmente che « nell’impero
industriale di Berlusconi rientra anche la
Sio Spa, società leader nel mercato delle
intercettazioni, specializzata nei sistemi di
registrazione telefonica, ascolto ambientale, localizzazione satellitare e monitoraggio video, di cui l’ex premier è socio di
minoranza tramite il fondo Convergenza »;
sempre riportando fedelmente ciò
che h scritto il quotidiano, « chi detiene il
pacchetto di maggioranza della società è
Ubaldo Livolsi, mente finanziaria di Berlusconi nel 2004, (...) che ha sbaragliato la
concorrenza, creando un polo tecnologico
di spionaggio che vanta tra i suoi clienti le
procure, i carabinieri, la polizia ed i
servizi speciali. In pratica lo Stato, che ha
visto quadruplicare i costi da quando le
intercettazioni non sono più appannaggio
delle forze dell’ordine, ma di società private. Un giro di affari stimato sopra i 300
milioni di euro »;
a parere dell’interrogante, anche
dalla lettura dell’articolo in oggetto, è
scandaloso il fatto che lo Stato affidi a
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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AI RESOCONTI
società private il cosı̀ delicato lavoro delle
intercettazioni telefoniche, lavoro che andrebbe, invece, esercitato in prima persona solo ed unicamente sotto la responsabilità delle forze dell’ordine –:
se non ritengano opportuno adoperarsi, ciascuno per gli ambiti di propria
competenza, nell’intento di assicurare che
tutto il sistema della disciplina delle intercettazioni telefoniche torni sotto il diretto controllo delle forze dell’ordine, impedendo quindi ai privati di operare in un
settore cosı̀ delicato.
(4-00335)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, si ricorda che le attività di
intercettazione telefonica e ambientale sono
disposte, con l’eccezione delle ipotesi di
urgenza, dal Giudice per le indagini preliminari, su richiesta del Pubblico ministero.
La loro esecuzione comporta l’utilizzo di
tecnologie sofisticate, non sempre disponibili per tutte le richieste in corso, con la
conseguente necessità, da parte dell’Autorità
giudiziaria, di dover ricorrere al noleggio
delle attrezzature presso operatori privati.
In quest’ambito il Servizio polizia scientifica della Polizia di Stato coadiuva sempre
gli uffici investigativi con particolari tecnologie avanzate, anche intervenendo per
l’installazione.
In ogni caso, l’Autorità giudiziaria si
avvale, ove ritenuto necessario, del supporto
tecnico di società private soltanto nella
preparazione dell’attività, con esclusione di
ogni forma di collaborazione durante le fasi
operative dell’ascolto e della trascrizione
delle conversazioni intercettate.
Infatti, indipendentemente dal ricorso ad
apparati delle ditte private appaltatrici, le
attività di captazione e di ascolto vengono
svolte esclusivamente da personale della
polizia giudiziaria e sono sottoposte a rigorosi vincoli normativi mentre, per quanto
riguarda l’installazione degli apparati periferici di intercettazione, si può ricorrere, in
alcune specifiche circostanze, al personale
di tali ditte, nominate formalmente « ausiliario » di polizia giudiziaria.
In ogni caso il problema della cosiddetta
« esternalizzazione » delle operazioni di in-
Camera dei Deputati
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GIUGNO
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tercettazione, sia per quanto concerne il
costo, sia per quanto concerne l’opportunità
di avvalersi di privati, è stato tenuto presente nel disegno di legge governativo
n. 1638, approvato dalla Camera dei deputati ed attualmente all’esame del Senato.
Il disegno di legge, in particolare, pur
non vietando ai privati di operare nel
settore in questione, prevede la realizzazione
di centri distrettuali di intercettazione telefonica, dove verranno concentrate tutte le
operazioni di intercettazione, in modo tale
da consentire agli organi dello Stato (magistratura e forze dell’ordine) di tenere sotto
controllo le relative operazioni, con il conseguimento di un risparmio di spesa stimato, complessivamente, in 190.000.000 di
euro annui circa.
Si deve, inoltre, ricordare che il Governo
ha emanato il decreto legge 22 settembre
2006, n. 259, recante « Disposizioni urgenti
per il riordino della normativa in tema di
intercettazioni telefoniche », convertito con
modificazioni in legge 20 novembre 2006
n. 281, al fine di rafforzare le misure di
contrasto alla detenzione illegale di contenuti e dati relativi ad intercettazioni effettuate illecitamente, nonché ad informazioni
illegalmente raccolte e per apprestare misure più incisive, atte ad evitare l’indebita
diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti conversazioni telefoniche
o telematiche illecitamente intercettate o
acquisite, nonché di informazioni illegalmente raccolte e, nel contempo, garantire
adeguate forme di indennizzo alle vittime di
tale tipo di fatti illeciti.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
SGOBIO. — Al Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, al Ministro dello
sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 22 settembre scorso, all’ingresso
della fabbrica dell’Iveco-Sofim di Foggia, si
è svolta una manifestazione contro la
decisone dell’azienda di mettere in cassa
integrazione a zero ore 150 operai per il
mese di ottobre ed il restante personale in
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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cassa integrazione a rotazione per 2-3
giorni alla settimana;
l’azienda, acquistata con la legge 488
dalla Sofim, produce i motori F1A e F1C
e solo poche settimane fa ha ricevuto
finanziamenti per più di 300 milioni di
euro per ammodernare i proprio impianti
per la produzione dei nuovi motori;
la rottura si è avuta dopo che la
società ha respinto qualsiasi possibile accordo su una cassa integrazione a rotazione, che colpiva tutti i dipendenti nei
diversi settori di mansioni;
le organizzazioni sindacali di categoria si sono definiti « stupiti dalla chiusura
dell’azienda a qualsiasi trattativa e da
come sono stati scelti, senza nessuno logica, i 150 dipendenti che si vedranno
ridotto il salario mensile di 500 euro, con
ricadute insostenibili per dei capi famiglia » –:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria
competenza, presso i soggetti interessati,
a tutela dei diritti e della dignità dei
lavoratori, nell’intento di convocare un
tavolo di trattativa tra le parti, utile a
scongiurare quanto deciso dall’azienda e
capace di garantire gli attuali livelli occupazionali.
(4-01086)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione indicata in oggetto, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale
del lavoro di Foggia è emerso quanto segue.
Il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ordinaria nello stabilimento Fiat
Powertrain Technologies di Foggia, in cui
vengono prodotti motori per veicoli industriali leggeri, è collegato al calo di commesse che ha determinato l’esigenza di
ridurre i volumi produttivi.
La Cassa integrazione guadagni ordinaria è stata concessa, una prima volta per il
periodo dal 2 ottobre 2006 al 31 ottobre
2006, poi prorogata fino al 31 dicembre
2006.
Successivamente la società ha chiesto
una ulteriore proroga, con le medesime
motivazioni e modalità, a tutto il 25 feb-
Camera dei Deputati
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braio 2007 per circa 150 unità tra operai ed
impiegati ed i lavoratori che hanno beneficiato di una rotazione sono stati circa
sessanta.
Per quanto attiene ai finanziamenti della
legge 488, si fa presente che l’azienda, in
data 9 dicembre 2002, ha sottoscritto un
« contratto di programma », per un ammontare complessivo di investimenti pari a
265 milioni di euro, interamente finalizzato
alla realizzazione di un piano di potenziamento e ammodernamento per la produzione di alberi motore e motori diesel per
veicoli industriali, nonché alla costruzione
di un laboratorio avanzato di ricerca sui
motori.
La realizzazione di tutto quanto previsto
dal « contratto di programma », secondo
quanto dichiarato dalla locale dirigenza,
ammodernando la produzione, ha scongiurato una grave crisi occupazionale.
Difatti, grazie ai finanziamenti in questione, lo stabilimento è ora finalmente in
grado di produrre i nuovi motori « euro 4 »,
gli unici che il mercato attualmente richiede.
Si comunica, infine, che la Società Fiat
Powertrain Technologies ha ripreso la piena
attività produttiva a decorrere dal 26 febbraio 2007.
Da tale data, pertanto, tutti i dipendenti
posti in Cassa integrazione a zero ore, circa
150 come innanzi detto, sono stati riammessi al lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per il
lavoro e per la previdenza
sociale: Rosa Rinaldi.
ZACCHERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in pressoché tutte le carceri italiane
sono attive le mense per il personale, ma
ad esse sembra poter accedere solo il
personale in turno di servizio escludendo
quanti – per gli orari applicati – cambiano turno proprio nel momento in cui
normalmente si pranza o cena e che
quindi sono tenuti al pagamento del pasto;
secondo quanto risulta all’interrogante, in molti casi (e la segnalazione vale
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
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LXXIII
AI RESOCONTI
soprattutto per il Piemonte e la Valle
d’Aosta) vengono segnalate comunque situazioni incresciose nello stato delle
mense di servizio accolte in locali spesso
molto disadorni o inadeguati;
anche la qualità del cibo è spesso
molto modesta, tenuto anche conto che
l’Amministrazione paga per questi pranzi
la somma di 3 (tre) euro a persona,
somma con la quale in un bar non si
acquista neppure un panino;
il ticket-restaurant che viene poi comunque generalmente considerato per i
dipendenti statali ad un valore di 7,65
euro, ma alla Polizia Penitenziaria –
quando si concede l’utilizzo del ticket –
per esso viene considerato un valore di soli
4,65 euro con una evidente discriminazione nei confronti di altri dipendenti
pubblici –:
se l’Amministrazione non ritenga di
dover effettuare una accurata ispezione
per verificare la condizione di tutte le
mense esistenti negli istituti di detenzione
e pena del Piemonte e Valle d’Aosta al fine
di verificarne le condizioni igienico-sanitarie;
se non si ritenga corretto permettere
comunque il consumo di un pasto gratuito
giornaliero a tutto il personale che svolga
un normale turno di lavoro;
se non si ritenga doveroso quantificare tale buono-pasto con un ticket economicamente valutato come tutti gli altri
dipendenti pubblici, dando facoltà poi al
personale di Polizia Penitenziaria di poter
optare – tenuto anche conto delle esigenze
di servizio – tra l’utilizzo di un ticket e di
conseguenti servizi esterni o il consumo
all’interno del posto di lavoro;
se più in generale non si ritenga
necessario considerare queste primarie necessità ottenendo nella prossima legge finanziaria 2007 maggiori dotazioni finanziarie a vantaggio del Corpo della Polizia
Penitenziaria che svolge un delicato ed
indispensabile lavoro prezioso per l’intera
comunità nazionale.
(4-00997)
Camera dei Deputati
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RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame si fa presente che la competente Direzione generale del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria, con lettera circolare n. 144536/4.5 del 5 novembre
1997, ha disciplinato, ai sensi della legge
n. 203 del 1989, la fruizione della mensa
obbligatoria di servizio per il personale di
Polizia penitenziaria che opera negli istituti
penitenziari e nelle scuole.
La lettera circolare prevede non già una
applicazione restrittiva della suddetta
norma, ma disciplina i criteri per la fruizione del servizio, in modo da contemperare
l’interesse pubblico della permanenza in
servizio e della disponibilità all’impiego con
quello individuale del ristoro psicofisico,
attraverso la previsione del diritto alla
fruizione della mensa, quando condizioni
obiettive di servizio lo richiedono.
Alla luce di quanto sopra, è stato stabilito che la partecipazione alla mensa
obbligatoria di servizio, in relazione all’articolazione dell’orario di lavoro previsto
dall’articolo 12 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 395 del 1995, e consentita in quelle situazioni nelle quali il
dipendente, non potendosi allontanare dal
luogo di lavoro, si trovi nella oggettiva
necessità di consumare il pasto presso la
stessa sede operativa; in particolare, per i
servizi articolati su quattro quadranti orari:
al personale il cui turno di servizio ha
inizio nella fascia oraria compresa tra le
ore 11,30 e le ore 13,30, limitatamente al
pranzo;
al personale il cui turno di servizio
inizia tra le ore 17,30 e le ore 19,30,
limitatamente alla cena;
per i servizi articolati su tre quadranti
orari:
al personale del turno 8-16, limitatamente al pranzo;
al personale del turno 16-24, limitatamente alla cena;
per i servizi articolati su turni unici
fissi:
Atti Parlamentari
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al personale il cui turno di servizio si
protrae oltre le ore 14,30.
Al personale di Polizia penitenziaria impiegato in compiti amministrativi, con articolazione dell’orario di lavoro su cinque o
su sei giorni lavorativi, la mensa obbligatoria di servizio compete, esclusivamente,
quando il turno di servizio si protrae oltre
le ore 14,30.
La partecipazione alla mensa obbligatoria di servizio deve essere assicurata durante lo svolgimento del turno di servizio ed
il tempo impiegato per la consumazione del
pasto rientra nel periodo temporale del
turno ordinario.
Le problematiche evidenziate nella interrogazione in oggetto (relative al valore
del singolo buono pasto, all’estensione del
diritto alla fruizione del pasto ed alla
possibilità di sostituire il godimento dello
stesso presso la mensa ordinaria di servizio
con un ticket) richiedono un intervento
normativo, anche attraverso la contrattazione collettiva nazionale.
Infine, non può considerarsi realizzabile
la proposta di chiusura delle mense di
servizio, in quanto atte ad assicurare necessità del personale, specie in quelle località ove non sono facilmente reperibili esercizi commerciali.
L’attuale contesto, inoltre, non consente
di riconoscere al personale la facoltà di
scelta tra la possibilità di usufruire della
mensa e quella di chiedere, in alternativa,
un buono da spendere presso esercizi
esterni. In tal caso, infatti, si determinerebbe un aggravio di spesa per lo Stato, già
impegnato a sostenere i costi necessari per
garantire il funzionamento del servizio
mensa.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
ZACCHERA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 13 maggio 2006 il dottor
Giovanni Brumana, pensionato, già direttore generale della Banca Popolare di
Intra è stato arrestato con ordinanza di
Camera dei Deputati
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custodia cautelare emessa dal Giudice
delle indagini preliminari presso il Tribunale di Milano dottor Piero Gamacchio e
rinchiuso nel carcere di San Vittore;
alla data odierna risulta che non sia
mai stato interrogato dagli inquirenti fatto
salvo il colloquio di garanzia del 17 maggio 2006, cosı̀ come non lo era stato
precedentemente all’arresto;
tutti gli altri imputati coinvolti nei
rapporti banca Popolare di Intra-Fin.Part
risultano essere stati rimessi in libertà o
comunque non più detenuti in carcere;
le condizioni di salute del dottor
Giovanni Brumana non risultano ottimali,
stante anche il duro regime carcerario
(piccola cella condivisa con 6 altri detenuti, rimasta diverse settimane perfino
senza acqua corrente) cui è sottoposto;
con ogni probabilità i reati ipotizzati
a carico del dottor Brumana, ad oggi
incensurato, in virtù dell’intervenuto indulto non saranno comunque portatori,
anche in caso di condanna, di lunghe pene
detentive –:
se non ritenga di adottare le iniziative ispettive di competenza in relazione a
quanto esposto in premessa.
(4-01043)
RISPOSTA. — In risposta all’interrogazione in esame, si fa presente che il detenuto Giovanni Brumana, nato a Como il 22
agosto 1946, è stato tratto in arresto in data
13 maggio 2006 a seguito di ordinanza di
custodia cautelare in carcere emessa in pari
data dal Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Milano ed è stato
associato alla Casa circondariale di San
Vittore a Milano.
Sin dal suo ingresso in carcere è stata
riservata massima cura alla sua allocazione: gli sono state applicate, infatti, tutte
le più idonee ed opportune misure di sicurezza e di vigilanza e si è posta particolare attenzione alla tutela della sua incolumità fisica.
Nel periodo di detenzione il Brumana è
stato ristretto al 6o raggio della Casa cir-
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XV LEGISLATURA
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condariale San Vittore ed ha diviso con 9
detenuti una cella di grandi dimensioni.
Risulta, peraltro che, a causa di un
guasto verificatosi ad una tubatura dell’istituto milanese nel periodo della sua detenzione, l’acqua è stata scarsamente erogata al
lato destro della Casa circondariale. Il guasto, che non permetteva durante il giorno
l’erogazione continua dell’acqua sul piano
del carcere ove era ubicata anche la cella
del Brumana, è stato prontamente riparato
nei primi giorni del mese di giugno 2006.
In ogni caso, non è mai accaduto che il
piano detentivo della Casa circondariale e,
con esso, anche la cella del Brumana siano
rimasti senza acqua corrente.
Per quanto concerne l’aspetto più prettamente sanitario, è stato riferito che il
Brumana è giunto presso l’istituto di San
Vittore in buone condizioni generali: dopo
essere stato posto in terapia per le patologie
riscontrate e riferite, è stato sottoposto
anche a controllo dei valori ematochimici,
che, sotto terapia, sono risultati nella
norma; inoltre, gli è stata prescritta una
terapia serale per insonnia.
Dal punto di vista psicologico, il Brumana ha sempre mostrato buone capacità
relazionali: il tono dell’umore è stato quasi
subito buono, pur se trattenuto dall’emotività, tanto da far ritenere inutile sin dal
29 maggio 2006 l’attenta sorveglianza.
Per quanto riguarda, poi, la richiesta
ispezione sull’operato della magistratura
milanese con specifico riguardo al caso
che qui occupa, il Procuratore della Repubblica di Milano ha riferito che Giovanni Brumana, – indagato nell’ambito
del procedimento penale n. 46112 del
2005 Modello 21, quale Direttore Generale
pro-tempore della Banca Popolare di Intra, di concorso nel reato di bancarotta
fraudolenta ai sensi degli articoli 216, 223
legge fallimentare in relazione al fallimento della Finpart Spa, cliente della
Banca Intra, e del reato di ostacolo alla
vigilanza bancaria ex articolo 2638 del
codice civile, per avere fraudolentemente
occultato alla Banca d’Italia l’esposizione
debitoria della Finpart Spa – è stato
raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le
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indagini preliminari milanese su richiesta
della Procura. L’ordinanza custodiale è
stata motivata, quanto ai gravi indizi,
sulla base di fonti di prova sia documentale sia dichiarativa e, quanto alle esigenze
cautelari, con riferimento all’ipotesi di cui
all’articolo 274 lettera c) Codice di procedura penale, atteso che dalle intercettazioni telefoniche è emerso che l’indagato –
pur dopo essere cessato dalla carica dall’aprile 2003 – aveva continuato, sino al
maggio precedente al suo arresto, ad esercitare una influenza sulla gestione della
predetta banca, condizionando e manipolandone l’attività.
L’ordinanza applicativa della custodia
in carcere è stata confermata dal Tribunale del Riesame, che ha rigettato il ricorso dell’indagato; solo successivamente e
su rinnovato ricorso della parte, il Tribunale del Riesame, con provvedimento
del 28 settembre 2006, ha modificato lo
stato custodiale ed ha applicato al Brumana gli arresti domiciliari argomentandoli esclusivamente con riferimento all’intervenuto indulto.
Alla luce di quanto comunicato ed in
assenza di ulteriori o diversi indici rivelatori di negligenza o di mancato rispetto
della dignità della persona nell’esercizio
delle funzioni da parte dei magistrati della
Procura e dell’ufficio del Giudice per le
indagini preliminari di Milano (articolo 1
decreto legislativo n. 109 del 2006 e successive modifiche di cui alla legge n. 269
del 2006) ovvero di condotte riconducibili a
talune delle ipotesi tipiche di cui all’articolo
2 del citato decreto (in particolare all’illecito consistente nell’« emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale
fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile » previsto alla lettera gg) del predetto
articolo), si fa presente che non ricorrono,
nel caso di specie, i presupposti per l’attivazione delle iniziative invocate dall’onorevole interrogante.
Il Ministro della giustizia: Clemente Mastella.
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ZACCHERA. — Al Ministro degli affari
esteri, al Ministro dell’interno, al Ministro
dell’economia e delle finanze, al Ministro
del lavoro e della previdenza sociale. — Per
sapere – premesso che:
nel 2002 il Comune di Roma per il
tramite della propria azienda AMA decise
– tramite AMA International e la costituita
AMA Senegal – di acquisire un appalto
venticinquennale per il recupero e smaltimento dei rifiuti di Dakar, capitale del
Senegal;
l’iniziativa si è recentemente conclusa
con un clamoroso « buco » che dovrebbe
superare i 10 milioni di euro, anche se in
data 17 gennaio 2007 il consiglio di amministrazione di AMA International lo stimava in 4.523.876 euro « salvo maggiori
oneri per la definizione di un atto di
transazione in corso » e nel frattempo i
1.600 dipendenti senegalesi della società
sono stati licenziati;
dopo un primo periodo di operatività
peraltro con una grande massa di assunzioni di dipendenti con mansioni manuali
ma pochissimi mezzi tecnici (molti mezzi
meccanici che risultavano arrivare « nuovi » in Senegal per capitolato dall’Italia,
avevano già in realtà operato per anche 20
anni sulle strade romane) la società si
avviava allo sfascio anche per l’arrivo di
faccendieri e strane persone locali che
intrecciavano affari in proprio. In particolare la responsabilità dell’appalto era
affidato a tale Alvaro Moretti nella sua
veste di direttore generale e poi presidente
di AMA Senegal e direttore generale di
AMA International;
in una incredibile serie di vicende venivano addirittura acquistati (da una società olandese rappresentata dal fratello di
Samba Saar) 25 automezzi per la raccolta
dei rifiuti del tutto inadatti alla bisogna,
visto che la nettezza urbana era raccolta a
mezzo cassonetti e questi veicoli non avevano l’attrezzatura per scaricarli. Una
parte di essi non è mai stata utilizzata;
immagini televisive (ed anche del TG
2 Rai dell’inverno scorso) mostravano di-
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pendenti AMA che – immersi con le
gambe coperte dall’immondizia fino alla
coscia, in una Dakar traboccante di maleodoranti rifiuti accumulati per le strade
– raccoglievano con le mani l’immondizia
dai marciapiedi !;
tutto ciò portava il governo senegalese nell’ottobre 2005 a disdettare il contratto con AMA Senegal per gravi inadempienze contrattuali e ad iniziare una lunga
trattativa poiché l’AMA aveva assicurato il
contratto con la Banca Mondiale che minacciava quindi di rivalersi comunque sul
governo senegalese diminuendo dell’importo assicurato gli aiuti internazionali
previsti per quel paese;
il contratto è stato definitivamente
disdetto nel settembre 2006 anche a seguito di indagini svolte presso la sede di
AMA Senegal dalla D.I.C. (Divisione Investigativa Criminale) senegalese (vedi il
giornale Sud Quotidien di Dakar del 20
settembre 2006);
nel frattempo l’AMA spa aveva licenziato l’architetto Fabio Massimo Fumelli
che – distaccato a Dakar nel 2002 – più
volte aveva invano documentato ai vertici
dell’azienda le incredibili e reiterate vicende cui ci si stava esponendo;
a seguito di indagini svolte dalla
polizia senegalese sarebbe emersa una voragine finanziaria che vede coinvolto il già
citato Alvaro Moretti che – dopo essere
stato più volte interrogato dalla polizia ed
aver parzialmente coperto una emissione
di assegni a vuoto – sarebbe fuggito dal
paese;
il clima e le relazioni internazionali
del Senegal nei confronti dell’Italia sono
state conseguentemente molto compromesse perché la catastrofica situazione
ambientale venutasi a creare (la città di
Dakar è stata per lungo periodo coperta
dai rifiuti che hanno anche favorito una
epidemia di colera) è stata presentata dai
media locali come colpa degli italiani –:
se e come la nostra ambasciata a
Dakar abbia compiutamente informato il
nostro Ministero degli Esteri di cosa stava
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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avvenendo in Senegal relativamente alla
presenza di AMA International e quali
disposizioni siano eventualmente state impartite;
se – in conseguenza di questa situazione – vi siano stati passi ufficiali delle
autorità senegalesi nei nostri confronti e di
conseguenza quali risposte siano giunte da
parte italiana;
in ogni caso se il MAE abbia contattato in Italia il Comune di Roma e l’AMA in
merito a questa vicenda, se vi siano state
risposte conseguenti o interventi concreti;
se risulti alla nostra rappresentanza
diplomatica in Senegal che effettivamente
diverse centinaia di ex dipendenti AMA
siano tuttora senza lavoro perché non
riassorbiti dalla nuova società francese cui
è stata affidata la gestione dell’emergenza
rifiuti a Dakar;
come questa vicenda, che l’interrogante ritiene pessima, venga giudicata nel
suo complesso dal Governo ai fini dei
riflessi sulle iniziative di cooperazione
svolte dall’Italia;
se sia stato avviato dalle nostre autorità doganali, dalla Guardia di finanza o
dai preposti uffici finanziari un controllo
contabile circa le valutazioni dei mezzi
ceduti da AMA alle sue società consociate
e inviati all’estero, ed in particolare se
queste cessioni abbiano generato plusvalenze o minusvalenze utilizzabili a fini di
bilancio o di vantaggio fiscale, anche al
fine di accertare eventuali violazioni della
normativa doganale;
nel caso ciò sia stato fatto, a quali
conseguenze questo controllo abbia portato
e – se invece questa azione di controllo non
sia stata effettuata – se non ritenga di doverla immediatamente avviare;
quali siano i motivi dell’avvenuto licenziamento dell’architetto Fabio Massimo
Fumelli.
(4-03082)
RISPOSTA. — Il 16 settembre 2005 il
Ministro delle collettività locali del Governo
senegalese ha notificato la messa in mora
Camera dei Deputati
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ad Ama International, in relazione a presunti inadempimenti nell’esecuzione del
contratto di concessione del servizio di
gestione dei rifiuti urbani nella regione di
Dakar, comunicando poi la rescissione del
contratto con Nota del 5 ottobre 2005.
Tali atti sono stati poi revocati e annullati dal predetto Ministro con una lettera inviata ad Ama il 2 novembre 2005, in
cui veniva comunicata la decisione del
Governo senegalese di rinunciare alla rottura del contratto, con l’indicazione che
l’associazione intercomunale Cadak/Car era
incaricata dalla controparte senegalese di
condurre nuovi negoziati con Ama, a fronte
della disponibilità di quest’ultima a trovare
una soluzione al problema dei rifiuti a
Dakar nell’interesse di tutte le parti.
Sono stati quindi tenuti vari incontri,
finalizzati ad una nuova regolamentazione
del rapporto, tra Ama e il sindaco di Dakar,
in qualità di Presidente dell’Ente Cadak/
Car, a cui nel frattempo erano state trasferite le competenze in materia di raccolta
dei rifiuti.
Il relativo accordo raggiunto in data 13
giugno 2006 non è stato tuttavia ratificato
dal Presidente senegalese, che ha ribadito la
propria decisione di rescindere il contratto,
pur cercando una soluzione in via amichevole.
A seguito di tale decisione, il Governo
senegalese ha designato il Ministro dell’ambiente quale referente temporaneo in materia di raccolta e gestione dei rifiuti a
Dakar e, in tale veste, questi ha proposto ad
Ama di espletare per la durata di quattro
mesi il servizio di raccolta dei rifiuti nei
quartieri di Plateau e Medina, nelle more
della definizione delle modalità di rescissione del contratto.
Secondo quanto qui riferito dalla nostra
Ambasciata a Dakar, prima delle contestazioni di settembre 2005 da parte senegalese
il servizio svolto da Ama non aveva dato
luogo a rilievi di sorta. Anche successivamente Ama non ha richiesto specifici interventi dell’Ambasciata, pur tenendola al
corrente degli sviluppi delle trattative per la
stipula del nuovo avenant, poi effettivamente sottoscritto da Ama e dal sindaco di
Dakar nel mese di giugno 2006.
Atti Parlamentari
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Il nostro Ambasciatore ancorché non
espressamente richiesto, si è tuttavia premurato di far rilevare ai suoi interlocutori
senegalesi, nei contatti istituzionali con la
Presidenza e il sindaco, che egli era al
corrente delle trattative in corso con l’Ama
e che le seguiva con grande attenzione data
la rilevanza degli interessi italiani che tale
società rappresentava.
Negli articoli di stampa pubblicati in
loco non si sono rilevati riferimenti negativi
sull’Italia, limitandosi soltanto a denunciare l’operato di alcuni dipendenti di Ama
Senegal e dimostrando scarsa conoscenza
del fatto che si trattasse di una società
italiana.
La decisione di giungere ad una risoluzione del contratto si può sostanzialmente
ricondurre a motivazioni di politica interna
senegalese, in un conflitto di interessi e di
competenze, nonché di attribuzioni tra le
istituzioni del Paese.
In merito alla situazione, riferita nella
suddetta interrogazione, di centinaia di exdipendenti Ama in Senegal che sarebbero
tuttora senza lavoro in quanto non riassorbiti dalla società incaricata dal Governo
senegalese della gestione dei rifiuti dopo la
risoluzione del contratto con Ama, nulla
risulta alla nostra Ambasciata a Dakar,
trattandosi peraltro di rapporti tra privati
regolati dalla legge senegalese.
Per quanto riguarda poi l’epidemia di
colera in Senegal, essa è iniziata nell’ottobre
2004; nel 2005 decine di migliaia di casi di
colera sono stati segnalati dall’Organizzazione mondiale della sanità in diversi Paesi
dell’Africa occidentale (in particolare in
Benin, Burkina Faso, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger e Senegal).
Si conferma infine che il Ministero degli
affari esteri ha contattato il comune di
Roma in merito all’attività dell’Ama in
Senegal in ottobre dell’anno scorso in occasione di un’analoga interrogazione presentata dal senatore Andrea Augello (AN),
ricevendone elementi dettagliati sugli sviluppi della predetta vicenda.
Il
Viceministro degli affari
esteri: Patrizia Sentinelli.
Camera dei Deputati
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ZACCHERA. — Al Ministro degli affari
esteri. — Per sapere – premesso che:
alcuni anni fa è stata chiusa la nostra
ambasciata in Madagascar, chiusura motivata con esigenze di bilancio;
in questi anni è aumentata la presenza italiana in questa nazione sia in
campo turistico che imprenditoriale ed
attualmente vivo è il disappunto nella
nostra comunità nella Repubblica malgascia per non poter disporre di una adeguata copertura diplomatica, tenuto anche
conto dei problemi esistenti in questo
grande paese;
il problema è complicato dal fatto
che l’ambasciata di riferimento è quella
del Sudafrica, ma non esistono collegamenti diretti tra Madagascar e Pretoria e
quindi complicati sono i rapporti tra comunità ed ambasciata anche dal punto di
vista dei versamenti economici;
sull’ambasciata in Sudafrica « pesano » diverse nazioni oltre alla repubblica
Sudafricana con problematiche conseguenti –:
se il Ministero degli Affari Esteri non
ritenga di prendere nuovamente in considerazione l’opportunità di riaprire un’ambasciata in Madagascar.
(4-03255)
RISPOSTA. — Nel giugno del 2000 si
decise di chiudere la nostra Ambasciata in
Madagascar nell’ambito di una ampia ristrutturazione della rete diplomatico-consolare italiana per adeguarla alla mutata
situazione internazionale.
Proprio nell’intento di assicurare la
massima efficienza possibile alla nostra
azione diplomatica nel Paese, il Madagascar
venne affidato alla nostra Ambasciata a
Pretoria, la sede meglio collegata ad Antananarivo e la più solidamente strutturata
in termini di risorse umane e strumentali
di tutta la nostra rete in Africa sub sahariana.
Tali risorse le permettono di seguire in
modo efficace, pur se, ovviamente, non alla
pari di una rappresentanza diplomatica
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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residente in Madagascar, le vicende malgasce e gli interessi dei nostri connazionali.
L’Ambasciata a Pretoria è infatti in
grado di effettuare, quando necessario e
compatibilmente con le disponibilità di
bilancio, missioni nel Paese che le consentono di intrattenere contatti diretti con
le autorità locali e con i nostri connazionali.
L’Ambasciata a Pretoria può inoltre
agire tramite la rete consolare onoraria che
consta attualmente di tre corrispondenti
consolari (a Nosy Be, Fianarantsoa e
Majunga). In proposito, si sta procedendo
all’elevazione dell’ufficio di Nosy Be, località dove si concentra il flusso turistico
italiano, al rango di una Agenzia consolare
onoraria che sarà operativa non appena
ottenuto l’assenso malgascio.
Per quanto riguarda il vuoto determinato dall’improvvisa decisione malgascia di
revocare l’assenso alla nomina del Sign
Kaimane quale Console generale onorario
ad Antananarivo, intervenuta solo due mesi
dopo la sua concessione, l’Ambasciata a
Pretoria ha manifestato alle autorità malgasce le nostre perplessità e sta verificando
se non vi siano margini perché essa venga
riesaminata.
Qualora le autorità malgasce dovessero
confermarla, si dovrà avviare la procedura
per individuare un nuovo candidato alla
carica.
Per quanto riguarda infine l’ipotesi di
riaprire l’Ambasciata ad Antananarivo, si
rileva che al momento la rete diplomatica
in Africa sub sahariana è composta da 20
Ambasciate a fronte di 48 Paesi.
La riapertura di una Rappresentanza
diplomatica in Madagascar, pur condivisibile in via di principio, non è nell’immediato all’ordine del giorno del Ministero
degli affari esteri, per evidenti ragioni di
bilancio. Nel piano di razionalizzazione
della rete diplomatico-consolare, la riapertura della nostra Ambasciata in Madagascar
potrebbe essere presa in considerazione solo
nel caso venissero liberate nuove risorse
con la chiusura di altri uffici della rete
diplomatico-consolare.
In ogni caso, qualora si ravvisi l’opportunità di riaprire l’Ambasciata d’Italia in
Camera dei Deputati
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Madagascar, occorre tener conto del fatto
che l’immobile, sede dell’Ambasciata d’Italia, è stato ripetutamente giudicato non
idoneo alla funzione di sede di una Rappresentanza diplomatica a causa delle carenze che presenta sotto il profilo della
sicurezza in considerazione delle caratteristiche dell’edificio che fu a suo tempo
progettato ad uso residenziale.
Il
Viceministro degli affari
esteri: Patrizia Sentinelli.
ZANOTTI. — Al Ministro del lavoro e
della previdenza sociale. — Per sapere –
premesso che:
la legge n. 104 del 1992, Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale
e diritti delle persone handicappate, all’articolo 33, comma 5, stabilisce che « Il
genitore o il familiare lavoratore, con
rapporto di lavoro pubblico o privato, che
assista con continuità un parente o un
affine entro il terzo grado handicappato
ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede
di lavoro più vicina al proprio domicilio e
non può essere trasferito senza il suo
consenso ad altra sede »;
come però segnalato da numerosi
cittadini che vi hanno fatto ricorso, molto
spesso le aziende non riconoscono tale
diritto ai lavoratori se non per la prima
sede di lavoro;
tale atteggiamento causa ogni anno
molti casi di contenzioso, che approdano
in Tribunale con ingenti costi e attese per
il dipendente che necessita del trasferimento;
in caso di ricorso alla giustizia, i
giudici, sia ordinari che della Corte di
Cassazione, danno di tale legge almeno
due diverse interpretazioni, una più estensiva e una più restrittiva: quella più estensiva interpreta il « diritto a scegliere la
sede di lavoro più vicina al proprio domicilio » nel senso del riconoscimento del
beneficio di avvicinamento per chiunque
assista un parente con handicap, e definisce immotivata la negazione a tale trasfe-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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—
ALLEGATO
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AI RESOCONTI
rimento da parte del datore di lavoro; al
contrario, quella più restrittiva, che riguarda una minoranza di casi, vede nel
dispositivo di cui al comma 5 la possibilità
di scegliere la sede più vicina al proprio
domicilio solo al momento della prima
assunzione in servizio, negando di fatto il
diritto al trasferimento;
l’interpretazione più estensiva trova
peraltro riscontro nella Circolare n. 14
della Presidenza del Consiglio dei ministri,
Dipartimento Funzione Pubblica, del 16
novembre 2000, che, al punto 9.5, scioglie
ogni dubbio in merito, parlando direttamente di « trasferimento »;
inoltre, tenendo conto del fatto che
un problema di disabilità può intervenire
successivamente alla prima assunzione, è
chiaro come il « trasferimento » rappresenti l’unico strumento atto a garantire
universalmente un diritto sancito per
legge;
è altresı̀ evidente che lo spirito che
ha portato alla stesura e all’approvazione
della legge n. 104 del 1992, era quello di
fornire uno strumento d’aiuto al lavoratore che assiste nella propria casa un
familiare disabile; tale spirito è peraltro
riconfermato da quanto disposto dalla
successiva legge n. 53 del 2000 –:
come vada interpretato quanto disposto dall’articolo 33, comma 5, della legge
n. 104 del 1992;
cosa intenda fare per porre fine a
contenziosi che portano via solo tempo e
denaro a quanti effettivamente necessitano
di trovare una sede di lavoro che consenta
loro di conciliare la propria vita lavorativa
e l’assistenza ad un congiunto non autosufficiente.
(4-01157)
RISPOSTA. — Con riferimento all’interrogazione parlamentare in esame si fa presente quanto segue.
L’articolo 33 comma 5, della legge
n. 104 del 1992 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate), come modificato
dall’articolo 19 della legge n. 53 del 2000,
Camera dei Deputati
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2007
sancisce quanto segue: « .....il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico e
privato, che assista con continuità un parente ... entro il terzo grado handicappato.....
ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede
di lavoro più vicina al proprio domicilio e
non può essere trasferito senza il suo
consenso ad altra sede ».
Come è noto la norma pone una distinzione fra il caso in cui il disabile già riceva
assistenza e quello – altrettanto meritevole
di tutela – in cui l’esigenza sorga quando
il lavoratore non è convivente e si renda,
quindi, necessario il suo trasferimento per
attendere alle cure del congiunto.
I datori di lavoro sul punto adottano
comportamenti discordanti.
Questo atteggiamento tenuto dai datori
di lavoro ha dato origine ad un vasto
contenzioso ma la giurisprudenza sul punto
non dà un’interpretazione univoca della
norma.
Infatti in alcune sentenze è stato riconosciuto il diritto al trasferimento del lavoratore per attendere alle cure del congiunto, in altri casi, invece, il diritto de quo
è stato negato (in senso favorevole si veda
la sentenza Corte cassazione sezione lavoro
n. 23526 del 2006 e, per il solo pubblico
impiego, si veda la Circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della funzione pubblica del 16 novembre 2000, n. 14).
La Suprema Corte di cassazione nella
recentissima sentenza n. 23526 del 2006 ha
affermato infatti che: « non è giustificabile
porre distinzioni fra il caso in cui il disabile
già riceva l’assistenza da parte del familiare
e quello in cui l’esigenza sorga successivamente, in seguito ad una malattia del
congiunto e il lavoratore chieda il trasferimento per attendere alle sue cure ».
Sulla questione si era precedentemente
pronunciata la Corte costituzionale con
sentenza del 1996 n. 325.
La Corte aveva ritenuto infondata la
questione di legittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992 n. 104, sollevata in riferimento
all’articolo 3 della Costituzione.
La stessa però non aveva escluso la
possibilità di un intervento del legislatore
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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ALLEGATO
B
LXXXI
AI RESOCONTI
che, nell’esercizio della sua discrezionalità,
potesse in futuro rivedere ed eventualmente
ampliare l’articolo 33, comma 5 della legge
n. 104 del 1992.
Pertanto, in ossequio alla sentenza della
Corte costituzionale e nel rispetto dei princı̀pi di eguaglianza (articolo 3 Costituzione)
e solidarietà sociale (articolo 2 Costituzione) ed anche alla luce della recentissima
Camera dei Deputati
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SEDUTA DEL
25
GIUGNO
2007
sentenza della Corte di cassazione, questo
Ministero ritiene opportuno addivenire, di
concerto con i Dicasteri della famiglia e
della solidarietà sociale, alla definizione di
una modifica legislativa del testo.
Il Sottosegretario di Stato per il
lavoro e per la previdenza
sociale: Rosa Rinaldi.