relazione - Comune di Pisticci
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relazione - Comune di Pisticci
Servizio AA.PP. Programmazione dell’attività commerciale R E L A Z I O N E Data: Dicembre 2015 Il Redattore della Programmazione Dr. Rocco Melissa Indice: Premessa.......................................................................................................... 4 Introduzione ..................................................................................................... 9 Capitolo 1°: Politiche di sviluppo del territorio .................................................. 28 Modelli di sviluppo ............................................................................................................................ 28 Lo sviluppo locale: il territorio........................................................................................................... 34 Lo sviluppo locale autosostenibile .................................................................................................... 39 La coscienza di luogo ......................................................................................................................... 44 La globalizzazione dal basso .............................................................................................................. 46 Modelli per il governo del territorio: la partecipazione .................................................................... 48 Capitolo 2°: Programmazione urbanistico-commerciale: modello di sviluppo della rete distributiva…….. ............................................................................................. 53 Un difficile connubio ......................................................................................................................... 53 La vocazione del territorio di Pisticci espressa dal Regolamento Urbanistico .................................. 60 Un ripasso storico .............................................................................................................................. 66 Il paradigma della programmazione commerciale............................................................................ 70 Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione commerciale ..................................................... 74 Capitolo 3°: Il Comune di Pisticci: il territorio, la demografia e l’economia ....... 80 Origine, storia e territorio di Pisticci ................................................................................................. 84 Le dinamiche e la struttura demografica del Comune ...................................................................... 91 La presenza turistica sul territorio comunale.................................................................................. 113 Imprese, occupazione e valore aggiunto......................................................................................... 125 Il valore aggiunto ............................................................................................................................. 138 I bacini d’utenza .............................................................................................................................. 146 Capitolo 4°: La rete distributiva commerciale insediata sul territorio comunale154 Il commercio su aree private ........................................................................................................... 156 Il commercio su aree pubbliche: i mercati comunali ...................................................................... 175 L’indagine sui mercati comunali ...................................................................................................... 190 Capitolo 5°: La programmazione della rete distributiva commerciale ............. 207 La swot analysis a supporto della programmazione pubblica ........................................................ 208 La programmazione pubblica: con chi, come e perché? ................................................................. 215 Linee di sviluppo e proposte di intervento...................................................................................... 225 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 2 Conclusioni .................................................................................................. 249 Appendice 1: popolazione presente sul territorio .......................................... 254 Appendice 2: bacino d’utenza ....................................................................... 255 Appendice 3: inchiesta sui mercati di Pisticci ................................................. 256 Bibliografia .................................................................................................. 262 Sitografia ..................................................................................................... 264 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 3 Premessa Primum movens di ogni ricerca analitica è un’idea da cui trae origine e che la sostiene in tutto il suo percorso; che il metodo sia induttivo o deduttivo non importa, v’è alla base un’idea che la motiva e la sorregge. E’ un’idea preconcetta, nell’accezione del significato etimologico dell’aggettivo “preconcetto”: un’idea che viene prima di poter formalizzare un concetto; e di concetti formalizzati si nutre ampiamente qualunque scienza. Il padre della moderna ricerca scientifica in medicina, Claude Bernard, ha insistito molto su questo aspetto1. Sosteneva che il percorso, rigorosamente logico, di ogni ricerca è sempre mosso da un’idea preconcetta che aleggia nella mente del ricercatore. Forse lo stereotipo del ricercatore tracciato da Bernard è troppo romantico e, per certi versi, perfino popolare, ma infondo le sue argomentazioni epistemologiche continuano ad essere valide, qualunque metodologia venga applicata e qualunque metodo venga utilizzato. Da quale idea preconcetta scaturisce questo percorso di analisi che, preliminarmente, dovrà focalizzare il senso più vero di uno sguardo multidisciplinare al tema delle politiche di sviluppo del territorio in generale e alla programmazione commerciale in particolare? Provare a descrivere un’idea è sempre un’impresa di notevole difficoltà. Vi sono almeno due limiti: il primo è costituito dalla nostra ridotta capacità di trasformare un pensiero in una frase attraverso il linguaggio; il secondo limite sta proprio nel lessico di una lingua, che 1 CLAUDE BERNARD, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, PICCIN, Padova, 1994, p. 57, 63. “L’idea preconcetta è stata e sarà sempre il primo impulso della mente che indaga”. “Sperimentando senza idee preconcette, si va a caso; osservando invece con idee preconcette si fanno osservazioni sbagliate e si corre il rischio di scambiare con la realtà le creazioni delle nostra mente”. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 4 spesso ridimensiona e categorizza i pensieri. Tuttavia, nonostante questi limiti, siamo costantemente stimolati a descrivere le idee proprio per quella sete di scoperta e di conoscenza che sospinge ogni attività umana e, ancora di più, dal bisogno di condivisione e conferma delle nostre azioni. L’idea preconcetta che caratterizza questo lavoro analitico è provocata da uno stereotipo che ricorre frequentemente nelle immagini della Lucania. In moltissimi film, cortometraggi, cartoline e persino in opere pittoriche, il lucano è raffigurato come un uomo piuttosto anziano vestito di scuri abiti, spesso di velluto sia d’inverno che d’estate, che all’imbrunire, curvo e con una fascina sulle spalle, risale lentamente e stancamente la strada all’ingresso del paese che, dopo una giornata passata a spaccarsi la schiena nei campi brulli ed assolati, lo conduce al riposo notturno. Il quadro raffigurato ha così tinte scure che si fa fatica ad intravedere qualsiasi barlume di speranza per il futuro. La prospettiva, sia pittorica che metaforica, non cambia se il soggetto è una donna matura, vestita dei suoi scuri abiti tradizionali evidenzianti i segni di un lutto perenne. Anch’essa porta sulle spalle una fascina con cui accendere un fuoco: l’unica nota luminosa di una vita caratterizzata dal buio. Gli adulti ed i giovani lucani dove sono in quest’immagine? Non vi sono adulti, né giovani, perché sono emigrati con una valigia di cartone legata con uno spago, piena di rabbia e disperazione più che di effetti personali. Le immagini della Lucania sui media sembrano proprio raffigurare solo anziani che a malapena si trascinano in questo loro peregrinare tra i campi aridi e le povere case, continuando a spezzarsi la schiena sotto pesanti fascine che rappresentano l’unica mercede di un lavoro fatto più per abitudine che per guadagno. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 5 Torna alla mente il saggio resoconto di una ricerca effettuata negli anni cinquanta da Edward Banfield, “Una comunità del Mezzogiorno” 2. La ricerca è stata condotta per circa due anni in un paesino della valle del Sinni, Chiaromonte, che il politologo americano rinomina Montegrano per motivazioni che, ai nostri giorni, avremmo potuto definire problemi di privacy. Banfield non descrive lo stesso stereotipo del lucano che, in quegli anni, doveva essere ancora più diffuso, eppure dalle sue pagine traspare in modo evidentissimo quell’omino anziano curvo sotto il peso della fascina, che s’accinge a percorrere la strada, sempre in salita, per tornare al proprio tugurio. La finalità di questo lavoro non è proporre un’ennesima ricerca sul saggio del ricercatore americano, ma solo sottolineare che è insita in questa immagine l’idea preconcetta che sorregge questo percorso di ricerca. Sessant’anni dopo, quell’omino piegato dal peso della fascina percorre ancora le ripide strade dei paesi della Lucania? Evidentemente questa immagine è una metafora per ricercare elementi di sviluppo in questa terra. Lo sviluppo del territorio è forse il concetto polisemico per antonomasia, che affonda radici in molte scienze. Senza ripercorrere le tappe della vasta letteratura sull’argomento, verranno proposte, nel prosieguo, alcune precisazioni di ordine semantico e, ancor di più, delle annotazioni descrittive e delle considerazioni interpretative. Questo lavoro di analisi ha, però, anche la pretesa di poter essere definito “politico” nell’accezione weberiana riferito cioè, “alla direzione o all’influenza esercitata sulla direzione di un gruppo politico…” 3. Per Weber il gruppo politico non può essere definito in base al contenuto del suo agire: “non vi è nessun compito che un gruppo politico non 2 EDWARD C. BANFIELD, Una comunità del Mezzogiorno, IL MULINO, Bologna, 1967. MAX WEBER, La scienza coma professione. La politica come professione, OSCAR MONDADORI EDITORE S.P.A., Milano, 2006, p. 52. 3 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 6 abbia una volta o l’altra intrapreso” 4. Se non v’è alcuna limitazione ai compiti di un gruppo politico, a qualunque scala venga considerato, nazionale, regionale o locale, allora nel discorso politico possiamo iscrivere a pieno titolo il governo del territorio ed il governo dell’economia che ivi svolge. Per ora è meglio tralasciare di affrontare le paludi semantiche delle espressioni “governo del territorio” e “governo dell’economia”, perché saranno riprese nel prosieguo delle argomentazioni di questo lavoro di analisi. Infine è opportuno dedicare un pensiero a tutti coloro che storcono il naso a questa impostazione della ricerca analitica. Questa potrebbe essere la prevedibile domanda: è corretto che un percorso di ricerca venga sorretto da un’idea fortemente caratterizzata da un quid emotivo più che razionale? Riteniamo di si. Ma v’è di più. Riteniamo che alzare eccessivi steccati non sia mai produttivo. Questo è razionale e questo è emotivo: chi può dirlo con assoluta certezza della separazione del campo? Razionalità ed emotività spesso si fondono e generano idee, atteggiamenti, comportamenti. Provate a pensare al viaggio di Cristoforo Colombo alla ricerca delle Indie 5. Potremmo dire che il genovese ha posto la razionalità al servizio della sua emotività: ha organizzato un viaggio falsificando i dati pur di dimostrare di aver ragione e, alla fine, la scoperta è arrivata; nel suo caso, non quella sorretta dall’idea preconcetta individuata all’inizio del suo viaggio, ma un’altra, nuova e forse ancora più interessante per i geografi di allora e per il mondo di oggi. E chi può dire quanto un’idea sia emotivamente razionale o razionalmente emotiva? E chi può dire dove approderà un percorso di ricerca all’inizio del viaggio? Nemmeno in matematica, la più astratta e deduttiva delle 4 5 Op. cit., p. 52. R. CARLI, R.M. PANICCIA, Psicologia della formazione, IL MULINO, Bologna, 1999, pp. 121, 122 e 123. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 7 scienze, è possibile affermarlo con certezza. Euclide ne è la prova: il suo quinto postulato è stato negato proprio da chi ricercava per confermarlo 6. 6 BRUNO WIDMAR, Introduzione alla filosofia della scienza, LEVANTE EDITORE, Bari, 1993, pag. 155. “Il terzo periodo della geometria, cioè il moderno, si fa iniziare con Giovanni Girolamo Saccheri (1667-1773) il quale tentò di dimostrare il V postulato di Euclide… Saccheri non riesce a conseguire il risultato propostosi perché manca la dimostrazione, e costituisce invece una serie di teoremi logicamente connessi, ma tutti derivanti da presupposto fondamentale della negazione del postulato euclideo; in tal modo egli ottiene un trattato di geometria non-euclidea…” Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 8 Introduzione Nell’ottobre del 2013 si è svolto a Potenza un convegno nel quale la giornalista Carmen Lasorella intervistava il presidente del CENSIS Giuseppe De Rita 7. Eravamo alla vigilia delle elezioni regionali in Basilicata, per cui la prima fila della sala era appannaggio di tutti i candidati. Nel corso dell’intervista, la giornalista pone una domanda alquanto irriverente per il parterre e chiede: “questa classe politica sarà capace di risvegliare l’identità dei lucani, caratterizzata da un perenne sentimento di rimpianto, dopo oltre un cinquantennio di occasioni mancate?”. La risposta di De Rita è chiara: “è la collettività che ripone male la fiducia per il proprio futuro - dice il sociologo - perché continua a chiedere alla politica qualcosa che non ha mai saputo fare. Per lo sviluppo del mezzogiorno, negli ultimi cinquant’anni la politica ha saputo dare solo due risposte: finanziamenti ordinari e straordinari per la realizzazione di infrastrutture, spesso inutili, e clientelismo”. Tornano in mente le illuminanti pagine di Franco Cassano nelle quali stigmatizza l’operato della segreteria Fanfani della Democrazia Cristiana: “…una nuova e molto più complessa struttura del potere, ad un nuovo blocco sociale organizzato intorno ad una regolazione politica della distribuzione delle risorse” 8. Evidentemente non è questa la sede per approfondite analisi sulla questione meridionale, tuttavia alcuni leitmotiv che hanno dominato il dibattito politico sul mezzogiorno per oltre un cinquantennio continuano a persistere, perlomeno per gli aspetti di dipendenza dalla politica che ha caratterizzato buona parte degli atteggiamenti e dei comportamenti dell’imprenditoria del mezzogiorno. 7 Convegno organizzato dalla UIL Basilicata il 29 ottobre 2013, presso il Teatro Don Bosco di Potenza. Resoconto giornalistico su “Il quotidiano della Basilicata” di mercoledì 30 ottobre 2013, pp. 8 e 9. 8 FRANCO CASSANO, Il teorema democristiano: la mediazione della DC nella società e nel sistema politico italiani, DE DONATO, Bari, 1979, p. 53. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 9 La domanda, evidentemente retorica, è: perché continuiamo a chiedere alla politica qualcosa che non sa o non vuole fare? Forse riponiamo troppa fiducia nell’imperativo weberiano e continuiamo a pensare che non v’è campo precluso all’intervento politico. Il Servizio Attività Produttive di un Comune è un osservatorio di notevole privilegio per un’analisi sulle politiche di sviluppo locale e sull’attività di programmazione economica dell’Ente Locale. Certamente il privilegio c’è, ma a condizione di possedere un adeguato repertorio di strumenti cognitivi che favoriscano una lettura del contesto che vada oltre il contingente della disposizione normativa ed oltre la “spinta politica” per un determinato intervento. Questo lavoro di analisi si occupa di politiche per lo sviluppo del territorio e, in modo particolare, della programmazione di quel particolare settore economico costituito dalla distribuzione commerciale. Prima di intraprendere questa navigazione metaforica nel mare magnum delle politiche di sviluppo economico degli Enti Locali ed al fine di avere dei riferimenti di significato condiviso, è opportuno districare l’ingarbugliata matassa semantica del lessico e delle espressioni che saranno utilizzate. Occorre, inoltre, definire alcuni aspetti che possano rappresentare le pietre miliari dell’intero percorso di costruzione di questa analisi. Innanzitutto è bene precisare la caratteristica saliente di questo lavoro, giacché di territorio e di sviluppo si può parlarne seguendo innumerevoli profili scientifici. Già solo la denominazione del documento, o il concetto stesso di programmazione, meriterebbero un’ampia analisi per carpirne il senso. Inoltre, questo lavoro offre l’opportunità di inseguire quell’idea preconcetta di cui si è detto in premessa: verificare se ancora persiste quell’idea della Lucania stigmatizzata nell’immagine dell’anziano omino Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 10 curvo sotto il peso della fascina di legna, ovvero, se vogliamo dirlo con un’espressione un po’ più politica, se continua a persistere l’incapacità della classe politica lucana di governare oltre il sistema distributivo delle risorse, per altro sempre più scarse e generalmente destinate ad opere pubbliche di indubbia utilità ed oltre il sistema di acquisizione clientelare del consenso, che, come è evidente, rappresentano le due facce della stessa medaglia. Un’ulteriore pietra miliare di questa lavoro è costituita dallo specificare quello che potremmo definire l’approccio disciplinare al tema, ovvero la lente scientifica attraverso la quale osservare, analizzare ed argomentare l’intera tematica della ricerca. Si parlerà di sviluppo, si parlerà di territorio, di comunità locale e di partecipazione, si parlerà perfino di partecipazione alle decisioni di governo, e si cercherà di farlo secondo un approccio multidisciplinare. Ai fini di questo lavoro occorre specificare il modus operandi della ricerca multidisciplinare. Viene proposta, infatti, una “ricerca che assume un ruolo centrale nella capacità della comunità di prendere le distanze dalle precedenti posizioni di ignoranza, di assumere differenti punti di vista e, infine, di contribuire a cambiare il mondo sociale…” 9. Questo modo di affrontare la ricerca prevede “l’uso del sapere specialistico per promuovere il dibattito in e con ambienti non accademici” 10, proponendo una riflessione che coinvolga gruppi e comunità. Dunque, un primo aspetto consiste proprio nell’esplicitare che la metodologia che sarà utilizzata per approdare alla programmazione di cui trattiamo può essere iscritta a pieno titolo nel concetto habermasiano di democrazia deliberativa, secondo il quale “i cittadini possono considerare legittime le leggi a cui devono sottostare 9 P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010, p. 260. Cfr. Michael Burawoy in P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010, p. 258. 10 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 11 se, e solo se, il processo democratico ha seguito procedure organizzative tali che i suoi esiti siano il prodotto di un processo deliberativo di formazione dell’opinione e della volontà” 11. E’ un percorso metodologico, quindi, che non si limita alla democrazia rappresentativa e non accetta più provvedimenti predisposti senza un “dibattito aperto con la partecipazione degli individui interessati” 12. Il riferimento esplicito è al concetto di razionalità comunicativa di Habermas, invocato istituzionalizzazione partecipazione soprattutto di degli nell’accezione procedure di stakeholders. dibattito Il metodologica pubblico concetto di con di la razionalità comunicativa ne invoca subito un altro, quello di competenza comunicativa. Quest’ultima garantisce, o dovrebbe garantire, che i partecipanti al dibattito pubblico abbiano la capacità di prendere parte alla discussione in maniera efficace. La difficoltà comunicativa scaturisce proprio da questa impostazione del percorso e potrebbe essere spiegata con una considerazione. In questi ultimi decenni la new television ha notevolmente contribuito a cambiare il rapporto tra il sapere esperto e il senso comune, molto più a favore del secondo. In molte trasmissioni televisive persone comuni dissertano su temi di carattere sociologico, psicologico, pedagogico e, ovviamente, politico. Le considerazioni dell’esperto sono presentate sullo stesso piano di quelle delle persone comuni. Ciò che conta è l’audience e ne raggiunge certamente di più un programma in cui l’identificazione e la proiezione dello spettatore sono maggiormente facilitate poiché stimolate dalla completa sovrapposizione della figura di questo con quella dell’interprete 13. E’ il meccanismo su cui si fonda il successo dei cosiddetti reality: lo 11 Cfr. Jürgen Habermas in P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010, p. 202. 12 Op. cit. p. 195. 13 PICCINNI MARCO, Percorsi educativi e neotelevisione, PENSA MULTIMEDIA, Lecce, 2002, pp. 22, 23. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 12 spettatore è proiettato e si identifica in contesti televisivi molto vicini a quelli quotidiani. Con questi presupposti, tutte le opinioni sono legittime e tutte assurgono a verità scientifiche. Questo meccanismo ha talmente pervaso la nostra cultura che, senza rendercene conto, lo applichiamo a diversi aspetti del nostro quotidiano e, in modo massiccio, a tutti gli ambiti di natura sociale. A nessuno di noi verrebbe in mente di discutere di calcoli statici di un palazzo, a meno di non essere ingegneri, ma in molti dissertano in pubblico su temi specificatamente ascrivibili alla psicologia, alla sociologia, all’antropologia, alla politica, ecc. E’ il destino delle scienze storiche sociali, per secoli nemmeno considerate scienze vere e proprie ed ora, complice il pervasivo mezzo televisivo e internet, sono trattate alle stessa stregua del senso comune. Nel percorso di programmazione delle politiche di sviluppo locale spesso si incapperà in opinioni spacciate per postulati scientifici e in sapere cosiddetto esperto che non riesce a dialogare con la quotidianità della gente. Si dovrà fare molta attenzione e soprattutto provare, di volta in volta, a smascherare i falsi assiomi ed a coadiuvare il sapere contestuale con quello esperto. Precedentemente abbiamo avanzato l’ambizioso proponimento di fare chiarezza semantica del lessico e delle espressioni che di sovente saranno utilizzate in questa ricerca. Non v’è dubbio che l’ambizione rimarrà tale e ci limiteremo, invece, a fissare dei significati che presentino due caratteristiche principali. La prima consiste nel dare senso e significato al lessico utilizzato, soprattutto per quei termini usati sia nel dibattito scientifico che nelle espressioni comuni. La seconda attiene, invece, alla condivisione delle definizioni. Avendo optato per un percorso di programmazione in un alveo di democrazia deliberativa, non può essere trascurata la condivisione dei significati dei termini e delle espressioni Programmazione attività commerciale: relazione e, quindi, dei concetti che Pagina | 13 sottointendono. I termini di cui cercheremo di scrutare il significato sono: programmazione, pianificazione, sviluppo, territorio, comunità locale, partecipazione, fini e strategie. Evidentemente non è nostra intenzione compilare un glossario di vocaboli bisognosi di spiegazione, tuttavia ci è sembrato opportuno e perfino necessario nell’economia argomentativa di questo lavoro, fissare un minimo condiviso in merito alla semantica di alcuni enunciati. Nella conclusione di queste note introduttive affronteremo il tema di contornare i confini dell’attività che ci sono proposti: redigere un documento politico che sia da supporto al percorso di “programmazione” 14 della rete distributiva commerciale. Iniziamo questo breve discernimento semantico con due, tra le unità lessicali sopra annotate, che molto spesso sono utilizzate come sinonimi: programmazione e pianificazione. I due termini sono utilizzati in molteplici campi: dall’urbanistica all’economia, dalla psicologia alla didattica, dalla teoria delle organizzazioni alla demografia, e così via. Benché nel parlare comune i due termini sono utilizzati in modo indistinto, in ognuna delle scienze o discipline sopra elencate hanno una valenza affatto sovrapponibile. Senza voler attribuirgli alcuna maggiore rilevanza, spieghiamo i due termini utilizzando una visione per lo più ascrivibile alla letteratura socio-economica. Utilizzeremo, pertanto, il termine programmazione evocando sistemi di tipo liberista, nei quali sono stabiliti solo i fini e, per altro, in modo negoziale con gli attori coinvolti, tralasciando deliberatamente le strategie che delineano il percorso e che nel breve, medio e lungo termine, possono assumere curvature diverse. Il termine pianificazione lo riserveremo, invece, ad un sistema di tipo più collettivista, nel quale, oltre a definire i fini, 14 Ho posto volutamente tra virgolette la parola “programmazione” in quanto allo stato, non avendo ancora specificato i contorni del suo significato, può essere considerata nella sua valenza generica e comune. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 14 vengono fissate le strategie in maniera dettagliata 15. La differenziazione testé specificata potrebbe essere definita pura, nel senso che esaspera i concetti per renderli immediatamente comprensibili, ma poi trova difficili riscontri operativi. Difficilmente si troverà una programmazione che non riguardi anche una qualche forma di strategia ed una pianificazione che non consideri i fini in maniera preponderante. Questa differenzazione si accompagna spesso ad una difficile domanda: fino a che punto la politica può coordinare, guidare o correggere i meccanismi che governano i sistemi economici? Considerata nella sua accezione più ampia, questa non è una domanda, ma la domanda che ci si è posti a partire dalla fine del XIX secolo a tutt’oggi. Non è certo nostra intenzione addentrarmi in tal campo, avendo un obiettivo ben più modesto e rintracciabile nel ruolo dell’Ente Locale nella politica economica della distribuzione commerciale. In questo specifico e limitato perimetro, tenteremo una risposta alla precedente domanda e in quest’ambito torneranno utili le due categorie semantiche dei termini programmazione e pianificazione. Nel cercare di delimitare la valenza di significato di pianificazione e programmazione, abbiamo già introdotto altri due dei termini sopra annotati ed in attesa di essere esaminati sotto il profilo semantico: fini e strategie. Questi ultimi sono accomunati dalla stessa sorte dei primi, essendo utilizzati spesso come sinonimi nel linguaggio comune. Proviamo a distinguerli per utilizzarli in modo più appropriato e per attribuirgli un significato condiviso. Per fine intendiamo uno stato della realtà socialmente desiderabile 16. Rientra, per esempio, in questa definizione lo sviluppo del mercato di un’impresa o di un intero 15 Per un approfondimento del tema della diversificazione dei due termini nella letteratura economica, è chiarificante l’articolo di Veniero Del Punta dal titolo ”Pianificazione e programmazione”. Visibile sul sito web http://www.treccani.it/enciclopedia/pianificazione-e-programmazione_%28Enciclopedia_delle_scienze_sociali% 29/. Visita del 27 novembre 2014. 16 R. CARLI e R. M. PANICCIA, Psicologia delle formazione, IL MULINO, Bologna, 1999, p. 139. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 15 comparto economico; rientra anche la salvaguardia dell’ambiente, piuttosto che il consenso del contesto o il ben vivere di una comunità. Abbiamo volutamente elencato esempi di concetti sia concreti che aleatori, proprio per cercare di porre l’accento sulla desiderabilità sociale dei fini 17. Per strategia intendiamo, invece, le linee guida, iscritte nel contesto, adatte al raggiungimento dei fini 18. Già da questa definizione appare evidente il carattere strumentale delle strategie rispetto ai fini. Ancorché meno evidenti, vi sono due caratteristiche fondamentali che accomunano fini e strategie nell’accezione che stiamo dando: la verificabilità e il mandato sociale 19. La prima caratteristica attiene alla possibilità di accertare la corrispondenza al reale dei fini da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo. Ad esempio, il fine di interdire al traffico veicolare una strada per garantire una maggior sicurezza per i pedoni, dovrà essere corroborato dalla possibilità per tutti gli automobilisti che avrebbero potuto potenzialmente transitare per quella strada, di accertare che la stessa strada è in un quartiere ad altissima densità demografica, con tante scuole prospicienti, tanti negozi aperti, ecc. e non una stradina di campagna pressoché deserta. La seconda caratteristica, il mandato sociale, deve cercare di legare saldamente il fine, socialmente desiderabile, alla domanda sociale 20. Ci rendiamo conto di non aver ancora perimetrato il campo di indagine, tuttavia crediamo di averlo caratterizzato. Il successivo temine di cui ci accingiamo a dare un, sia pur minimo, resoconto semantico è territorio e trarremo le considerazioni che seguono da una ricerca di Angelo Salento ed altri dal tema “Idee di sviluppo e semantiche del territorio: un’analisi quali-quantitativa sui 17 Op. cit. p. 139. Op. cit. p. 139. 19 Op. cit. pp. 139 e 140 20 Op. cit. p. 140. 18 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 16 quotidiani del Salento” 21. Ben quindici sono le diverse accezioni dell’uso del termine territorio censite nel lavoro della ricerca, relativo all’analisi del contenuto di cinquecento articoli di quotidiani del Salento. Il lavoro analitico ha evidenziato l’elevato indice di dispersione semantica. Da territorio come sinonimo di ambiente naturale, di ambiente vissuto, all’accezione local-sviluppista liberista in cui il territorio è considerato, di volta in volta, contesto dello sviluppo, oppure soggetto dello sviluppo, da territorio inteso come risorsa per lo sviluppo a territorio come spazio normato, da territorio come popolazione a territorio sinonimo di paesaggio, fino a territorio come soggetto metafisico, sono solo alcune delle denotazioni rintracciate negli articoli analizzati durante la ricerca. I ricercatori, dopo aver stigmatizzato un certo deterioramento del termine a causa della dispersione semantica, annotano tre evidenze che possono tornare utili nell’argomentare di questo lavoro. La prima evidenza attiene all’uso della parola territorio inteso come spazio normato. Spesso, tale uso, non è del tutto appropriato in quanto sostitutivo di lemmi più confacenti alla circostanza. Dire “il territorio comunale è ricco di eventi” è, evidentemente, meno corretto di dire “nel tal Comune si organizzano molti eventi”. La seconda evidenza attiene ad un uso più economicistico della parola territorio. In quest’accezione è considerato una risorsa per lo sviluppo e denota un chiaro intento di patrimonializzazione e di valorizzazione economica. La terza evidenza annotata nella ricerca riguarda un’accezione puramente evocativa. Quest’uso della parola territorio appartiene per lo più al ceto politico ed è sinonimo di popolazione, di complesso delle istituzioni locali o, a volte, anche di un’entità astratta, quasi un soggetto metafisico, un locale 21 La ricerca è stata condotta da A. Salento, M. Barone, V. Fanelli, V. Fatone, P. Marsano e L. Trani, presentata al XXIV Convegno annuale di Sinergie, “Il territorio come giacimento di vitalità per l’Impresa”, 18 e 19 ottobre 2012 – Università del Salento, Lecce. Il report della ricerca è visibile sul sito web: http://www. sinergiejournal.it/rivista/index.php/XXIV/ article/view/693/47. Visita del 29 novembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 17 spirito di un popolo chiamato a rendere giustificabili le decisioni dei governi locali. La ricerca si conclude con una constatazione ed un’annotazione di ordine normativo. La constatazione attiene alla rilevanza, sempre maggiore nei momenti di contrazione economica, di fenomeni di deistituzionalizzazione e depoliticizzazione dell’economia con il conseguente uso esasperato del territorio come risorsa da valorizzare e monetizzare nel breve termine, ad esclusivo interesse dei soggetti economici più forti o, alcune volte, più in crisi, a discapito di ogni altra esigenza della collettività. L’annotazione, di ordine normativo, è ascrivibile ad un percorso di coerenza. Nessun processo di sviluppo è precostituito e migliore di altri per definizione; è frutto di un percorso che continua a chiedere riflessività e decisione. Ciò che conta non è il voler seguire per forza una certa direzione dello sviluppo, bensì la “congruenza fra le decisioni che si assumono e le loro premesse: unica garanzia possibile di trasparenza e di correttezza del processo deliberativo” 22. Cosa se ne ricava da queste considerazione sull’utilizzo troppo esteso nel significato della parola territorio? Crediamo che per questa parola una reductio ad unum sia impresa troppo ardua e potenzialmente infruttuosa. E’ il caso di mantenere la polisemia cercando, però, di trasformarla in ricchezza attraverso un’opera di destrutturazione consensualmente deliberata da tutti gli attori sociali coinvolti nei processi di governance. Non meno polisemico è il termine comunità, ancora di più quando viene specificato dall’aggettivo locale. Ancora una volta sembra che una reductio ad unum sia ardua e dannosa, poiché fa perdere tutta la ricchezza analitica espressa nella letteratura sull’argomento. Ci è sembrato interessante annotare solo l’importanza che la comunità assume, quasi come un ritorno, un desiderio maggiore di comunità, 22 Ricerca citata, p. 74. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 18 una necessità di stabilire confini e separazioni certi, proprio nei momenti di profondo cambiamento, quando entrano in crisi gli equilibri e le certezze precedentemente acquisiti 23. Questa seconda decade del terzo millennio è certamente un periodo di profondi cambiamenti, allora è hic et nunc che vanno ri-concordati i confini semantici del costrutto comunità locale. In quest’ottica, per comunità locale intenderemo il locus dei “processi di partecipazione e di sviluppo di organizzazioni sociali stanziate sul territorio: la retorica e l’ideologia del comunitarismo non ne fanno parte”24. Intrinseco al concetto comunità di locale è quello di partecipazione ed il loro nesso attiene sia al piano soggettivo che a quello oggettivo 25. Il piano soggettivo evidenzia la difficoltà di costruzione del senso di comunità senza coinvolgimento - partecipazione appunto - di tutte le sue componenti. Il piano oggettivo esprime proprio la governance del territorio: sistema sociale regolato da norme per la partecipazione alle decisioni pubbliche e per l’interazione delle istituzioni 26. Coinvolgimento e regole, quindi, rappresentano il substrato di una partecipazione che potremmo definire forte proprio da quella debole, che si riduce ad un semplice per distinguerla aggregarsi spontaneo in forme affiliative. Una partecipazione forte è costituita dal “coinvolgimento dei cittadini nelle politiche pubbliche, su questioni, piani o interventi evidentemente, una maggiore deliberativa far a da di interesse istanza contrappeso di alla locale 27”. democrazia crisi della Esprime, diretta e democrazia rappresentativa. Un’accezione della parola partecipazione che va oltre la denuncia, esplicita la propria domanda ed approda alla 23 Z. BAUMANN (2000) in MANNARINI TERRI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004, p. 32. 24 MANNARINI TERRI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004, p. 33. 25 Op. cit. p. 34. 26 Op. cit. p. 35. 27 Op. cit. p. 38. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 19 collaborazione tra tutti gli attori sociali 28. Tra il lessico di cui abbiamo fin’ora cercato di esplicitare il significato, la parola sviluppo è certamente quella più connotata ideologicamente. L’idea di sviluppo è connaturata a quella di crescita del tipo “cumulativo-evolutivo fondata sul continuo avanzamento della capacità produttiva” 29. Ogni diversità di sviluppo tra un territorio ed un altro, tra una nazione ed un’altra, è percepita come mancanza da colmare. Questa sensazione di essere deficitari rispetto ad altro e la conseguente necessità di dover colmare questo divario è divenuta nel tempo una forma mentis che ha consustanziato il significato della parola sviluppo. Si è dovuto attendere la fine degli anni settanta per vedere scricchiolare la fondatezza dell’idea di sviluppo basato solo su percorsi di crescita economica. E’ l’epoca in cui v’è una sorta di rinuncia alle grandi teorie e l’attenzione è focalizzata sull’esperienza di quei percorsi di crescita fondati disponibili in ciascun sulla valorizzazione delle risorse luogo ed in ciascun tempo 30. L’esperienza di Muhammad Yunus con la Grameen Bank, la concezione umanistica dei bisogni di Amartya Sen, l’approccio dell’etnosviluppo con il focus fissato sulla collettività e non più sull’individuo, hanno segnato un passo decisivo per il superamento dell’idea di sviluppo intesa come crescita economica continua. A partire dagli anni Novanta una sostanziale critica è stata rivolta non solo a questa idea, ma anche a quella più radicale di sviluppo inteso come occidentalizzazione del mondo; a quell’idea, cioè, che per decenni ha tentato di uniformare l’intero pianeta al sistema economico occidentale. La conseguenza di queste critiche è una nuova concezione dello sviluppo: l’abbandono dell’illusoria pretesa di realizzare una compatibilità fra sviluppo ed 28 Op. cit. p. 41 SALENTO ANGELO, PESARE GIUSEPPE, a cura di, Dispensa per il corso di “Analisi sociologica dei processi di sviluppo”, Università del Salento, a.a. 2012/2013, p. 2. 30 Op. cit. p. 9. 29 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 20 ambiente e fra sviluppo e legame sociale. Occorre una vera e propria “rifondazione dei presupposti culturali su cui si fonda la convivenza civile, una concezione dello spazio sociale ed economico nel quale lo sviluppo delle persone e della collettività crescita economica, ossia alla non si lega affatto alla dimensione produttiva, ma alla dimensione della riflessione e della convivialità” 31. E’ l’appello alla decrescita di Serge Latouche: riduzione complessiva delle quantità fisiche prodotte trasformazione e delle radicale risorse della impiegate, struttura ma soprattutto socio-economico-politica occidentale. Da questa impostazione scaturisce il vero problema da affrontare in questo lavoro in merito al significato del lemma sviluppo, che possiamo inscrivere in una domanda: come è possibile pensare a nuove strutture sociali improntate su un’idea di sviluppo non sostanziata dalla crescita economico-produttiva, se proprio le politiche dello sviluppo sono un terreno alquanto sdrucciolevole per i policy makers locali e una sconfinata rigogliosa prateria per l’opportunismo di attori economici mossi solo da una rapida capitalizzazione delle risorse ambientali, paesaggistiche e umane, in un’ottica propriamente di continua crescita? Rispondere con completezza a questa domanda meriterebbe un intero saggio che, evidentemente, esula dalle nostre possibilità; in questa sede ci limitiamo ad annotare che sono proprio questi aspetti della semantica del termine sviluppo ad avere maggior valenza nel prosieguo di questo lavoro. In precedenza è stata specificata la lente scientifica con la quale sarà osservata la tematica oggetto di questa analisi, cercando di connotarne le caratteristiche salienti. Chiarito come osservare, rimane da definire cosa osservare e quali potrebbero essere i contorni di questo oggetto sociale da osservare. Come appare del tutto evidente, 31 Op. cit. p. 13. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 21 tutte le attività umane possono essere contenute nel tema “politiche di sviluppo del territorio”, poiché ognuna di queste attività ha una ricaduta sul territorio stesso e rientra a pieno titolo nell’alveo della sfera politica. Occorre, quindi, eliminare l’indeterminatezza dei confini tematici individuando i capitoli del tema sui quali focalizzare l’attenzione, pur nella consapevolezza che la trattazione rimarrà in un contesto di notevole complessità dovuta proprio alla necessità di dover affrontare, nell’insieme, le innumerevoli problematiche indotte dalle attività umane nel loro insediarsi sul territorio e quest’ultimo aspetto, come si è visto innanzi, aggiunge ulteriore complessità. Nel primo Capitolo verrà dato uno sguardo, con un piglio più teorico, alle politiche di sviluppo del territorio. Evidentemente, proprio per l’oggetto del lavoro di analisi, è più corretto parlare di teoria della prassi. Verrà focalizzata la cultura dello sviluppo che ispira l’azione politico-amministrativa del governo locale, improntata alla crescita economico-produttiva. Il modello keynesiano costituisce l’inconsapevole riferimento delle politiche locali, soprattutto per le massicce dosi di spesa pubblica richiesta per la realizzazione di opere ed infrastrutture la cui utilità sociale ed economica è, spesso, alquanto aleatoria. Si proverà, successivamente, a disambiguare la parola sviluppo privandola del connotato della crescita. Questo ci permetterà di focalizzare un nuovo paradigma che fonda lo sviluppo sull’identità di ogni comunità locale, sul carattere dominante dei suoi abitanti, sulla cultura e sulla storia comune e, soprattutto, sul territorio e le sue peculiarità, senza alcuna pretesa di patrimonializzare il suo valore. In questo nuovo paradigma il sostantivo sviluppo si accompagna con l’aggettivo locale ed il territorio diviene il prodotto della relazione tra ambiente naturale ed ambiente sociale. Un territorio non isolato Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 22 ma connesso in rete orizzontale e cooperativa con altri sistemi locali. L’approccio teorico al quale si farà riferimento è quello territorialista, che vede in Alberto Magnaghi il più convinto sostenitore e promulgatore. Uno sviluppo non sostanziato dalla crescita costituisce la declinazione territorialista della sostenibilità. Diviene autosostenibile poiché le dimensioni economica, sociale, politica, ambientale e territoriale costituiscono le basi interne del sistema locale. La coscienza di luogo sostiene la capacità di lettura della complessità che caratterizza un territorio e costituisce un elemento imprescindibile del progetto di sviluppo locale. Saperi esperti e saperi contestuali vengono coniugati per acquisire ulteriore capacità di reinterpretare nuove forme di produzione e consumo fondate sulla convivialità, sulla solidarietà e sull’autosostenibilità. La comunità locale diviene il fulcro di questo paradigma dello sviluppo capace di invertire la rotta della globalizzazione partendo dal basso. Diviene, altresì, soggetto ed oggetto dello sviluppo locale ed esprime continui bisogni di partecipazione. Si impone un’urgente necessità di trasformare radicalmente la struttura organizzativa degli Enti Locali per sostituire la logica della visione settoriale con quella fondata sul tema della partecipazione, quale nuovo modello di governo del territorio. Nel secondo Capitolo, restringendo il campo di osservazione, saranno affrontati i temi più specifici della pianificazione territoriale e della programmazione L’elaborazione di della quest’ultimo rete distributiva documento non può commerciale. prescindere dall’approfondimento di tematiche complesse che incidono sulla percezione della coscienza di luogo da parte degli stessi abitanti. V’è, comunque, una difficoltà relazionale tra i due ambiti, quello della Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 23 pianificazione territoriale e quello della programmazione commerciale, che hanno, comunque, la pretesa di esplicitarsi in un connubio. La difficoltà attiene prevalentemente alla diversità degli interessi pubblici tutelati nei due processi. Anche la giurisprudenza ha contribuito a complicare ulteriormente questa relazione attribuendo prerogative di supremazia prima all’una e poi all’altro, nonostante la ratio legis evidenziasse un rapporto sinergico tra i due ambiti di programmazione e di pianificazione. L’analisi della relazione preliminare alla proposta di Regolamento Urbanistico del Comune ci permetterà di cogliere gli elementi del necessario connubio tra urbanistica e commercio. L’argomentare verterà sulla capacità di questo documento di focalizzare le vocazione delle varie parti del territorio comunale sulle quali fondare la programmazione commerciale. Seguirà, poi, una sorta di ripasso storico attraverso le varie normative che hanno disciplinato il settore della distribuzione commerciale, a partire dal ventennio di regime fascista e fino ai nostri giorni con il manifesto della cosiddetta liberalizzazione della “Riforma Bersani”. Per definire il nuovo paradigma della programmazione commerciale saranno ripresi i concetti, trattati nel Capitolo precedente, di sviluppo locale autosostenibile e coscienza di luogo. Ascrivibile allo stesso paradigma è la rivalutazione della dimensione partecipativa della comunità locale. V’è, inoltre, una chiara critica al modello classico di sviluppo. Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione commerciale sono gli argomenti conclusivi del Capitolo e si fondano su due tematiche prevalenti: la prima riguarda l’individuazione della Regione e del Comune quali livelli ottimali della programmazione, mentre la Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 24 seconda attiene alla consapevolezza della sostanziale diversità dei territori sui quali sviluppare processi di programmazione. Nel terzo Capitolo, lo sguardo analitico sarà focalizzato sul Comune di Pisticci, sul suo territorio, sulla caratteristiche della struttura demografica, sulla sua economia e sulle aree limitrofe che possano risultare più significative sotto il profilo della distribuzione di beni e servizi commerciali. Nella parte introduttiva del Capitolo verranno esplicitate alcune note inerenti il rilievo e l’utilizzo dell’abbondante mole di dati quantitativi. In particolare, si cercherà di carpire il vero senso previsionale. Una prima parte del Capitolo è dedicata alle origini, alla storia ed al territorio di Pisticci, mentre nella parte centrale, e più cospicua, verranno analizzate le dinamiche e la struttura demografica del Comune. La presenza turistica, misurata sia dalle tavole ufficiali dell’Azienda di Promozione Turistica, che con un metodo di osservazione denominato garbology, costituisce il giusto compendio per la definizione della popolazione presente sul territorio comunale. Imprese, occupazione e valore indicatori economici del territorio aggiunto comunale e costituiscono gli saranno rilevati attraverso analisi secondarie di dati forniti da Istituti od Enti specializzati in tali genere di ricerche. I dati saranno maggiormente attinti a pubblicazioni di UnionCamere di Basilicata e dell’Osservatorio Banche – Imprese di Economia e Finanza. L’ultima parte del Capitolo è finalizzata ad individuare i cosiddetti bacini d’utenza nei quali la distribuzione di beni e servizi commerciali può potenzialmente manifestare fenomeni gravitazionali. L’individuazione di queste aree verrà effettuata utilizzando il metodo delle isocrone. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 25 Il quarto Capitolo darà conto dell’analisi della rete distributiva di beni e servizi commerciali localizzata sul territorio di Pisticci. In una prima parte, più tecnico-amministrativa, verranno definite le categorie distintive di questo settore economico. L’analisi delle rete distributiva su aree private verterà su aspetti quantitativi e qualitativi per definirne l’assetto strutturale in riferimento sia alla tipologia ed alle caratteristiche delle Imprese del settore, sia alle sub-classi dimensionali ed alle caratteristiche delle Unità Locali. Infine saranno rilevati i fenomeni di addensamento che costituiscono un aspetto di notevole interesse anche per la pianificazione urbanistica. L’analisi del commercio su aree pubbliche concluderà il Capitolo. Dapprima saranno esaminati alcune variabili inerenti la tipologia delle Imprese dedite al commercio ambulante, mentre successivamente l’analisi sarà focalizzata sulla struttura dei mercati comunali. Questi ultimi saranno oggetto anche di una specifica inchiesta a mezzo di un questionario. L’obiettivo rilevante dell’inchiesta è la definizione del profilo dell’acquirente tipo e dell’operatore tipo per i mercati di Pisticci e di Marconia. I dati che saranno forniti dalle risposte al questionario ci permetteranno di isolare alcuni atteggiamenti per definire uno spazio culturale nel quale inscrivere i modelli di comportamento degli stessi acquirenti ed operatori. Tale spazio culturale sarà oggetto di una rappresentazione grafica al fine di valutare la sovrapponibilità o le divergenze di comportamento che sarà rilevato nei due mercati. Nel quinto ed ultimo Capitolo saranno proposti gli strumenti ed il percorso di programmazione. In quest’ultimo saranno indicate le linee di sviluppo autosostenibile, alcune proposte di intervento ed un set di criteri per definire la regolamentazione del settore. La definizione degli obiettivi costituisce il cuore del documento di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 26 programmazione e quello che emergerà in questo lavoro ne costituisce una proposta progettuale in fieri, suscettibile di modifiche, integrazioni e riscritture che, pur non provocate da sue carenze, sono dettate da visioni diversificate che emergeranno nella fase concertata, da modificazioni del contesto, da interventi di eventi con esplicite ricadute sul territorio, da una diversa definizione di coscienza di luogo e da tutto quanto possa rimodulare il mandato sociale ottenuto dalla Pubblica Amministrazione per soddisfare bisogni, anch’essi di natura sociale. V’è, però, una caratteristica alla quale il documento di programmazione non dovrà mai derogare: la congruenza tra i percorsi suggeriti e le loro premesse 32. E’ del tutto evidente che il documento di programmazione che viene proposto ha una valenza specificatamente politica e si fonda su tre assunti che, si spera, saranno dimostrati nelle pagine che seguono: • nel concetto di programmazione v’è insita l’idea di processo e non quella di uno stato; • la programmazione non ha nulla di deterministico, ma è iscritta nello spazio culturale dei protagonisti; • la programmazione non è un processo governato unilateralmente, bensì un continuo processo di negoziazione. 32 Cfr. nota 27. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 27 Capitolo 1° Politiche di sviluppo del territorio Modelli di sviluppo Nessuna Pubblica Amministrazione è insensibile allo sviluppo e non c’è programma politico-amministrativo che non ridondi della parola sviluppo. Parrebbe che lo sviluppo sia il fine ultimo di ogni azione del governo locale. Ma di quale modello di sviluppo sono sostanziati i documenti di programmazione della Pubblica Amministrazione locale? Ancora di più, quale cultura di sviluppo orienta l’attività dei pubblici amministratori locali? Le relazioni politico-programmatiche rappresentano una documentazione illuminante: dallo sviluppo del territorio allo sviluppo dell’economia, dallo sviluppo dell’occupazione a quello delle infrastrutture, finanche allo sviluppo edilizio ed a quello dei consumi. Traspare, quindi, in tutta evidenza che la Pubblica Amministrazione locale abbia una cultura dello sviluppo consustanziata alla cultura della crescita economico-produttiva. Ad ogni annotazione di sviluppo fa corrispondere una voce di spesa pubblica, ovvero una voce di finanziamento pubblico per trasferimenti da Enti di ordine superiore. Il mito delle opere pubbliche continua a predominare la scena della politica locale: strade, piste ciclabili, impianti sportivi, reti idriche e fognarie connotano e spesso esauriscono l’azione amministrativa. Non è in discussione l’utilità e l’indifferibilità di queste opere, rimane altro, e tutto da definire, il loro apporto allo sviluppo. Se l’intervento pubblico è quasi del tutto focalizzato sulle infrastrutture, l’idea di sviluppo a mezzo del capitale privato è appannaggio della grande industria. Programmazione attività commerciale: relazione Va subito annotata una Pagina | 28 circostanza spesso trascurata dalle Amministrazioni locali: il capitale utilizzato dalla grande industria è solo in parte privato, per l’altra parte, spesso cospicua, è frutto di finanziamenti o di agevolazioni pubbliche in molteplici forme: incentivi all’insediamento, accordi salariali, meccanismo della rottamazione, ecc. Eppure non v’è sindaco che non farebbe ponti d’oro alla localizzazione di uno stabilimento industriale sul proprio territorio, anche nel settore produttivo più avulso dalla cultura locale, salvo poi accorgersi di non aver nessun potere contrattuale quando quello stesso stabilimento, esauriti i finanziamenti pubblici, delocalizza in altri più vantaggiosi territori. Il modello di sviluppo dei governi locali fa riferimento a quello che, pur con notevole semplificazione, ma con il precipuo intento di evidenziarne la categoria analitica, potremmo chiamare keynesiano. Questo modello, semplificato e forse un po’ snaturato per renderlo comprensibile ed utilizzabile dalla politica locale, potremmo spiegarlo con l’esempio dell’opera pubblica di costruzione di una strada 33. Il governo di un certo Stato decide di costruire una nuova strada e finanzia l’intervento contraendo un debito pubblico. Appalta i lavori e l’impresa esecutrice assume un certo numero di operai che lavorano alla realizzazione dell’opera. Gli operai che lavorano alla costruzione della strada ricevono un salario del quale una parte gli serve per vivere ed un’altra finisce nel risparmio. Con il risparmio questi operai comprano un’autovettura che una fabbrica, apposta realizzata, ha prodotto. L’autovettura la comprano anche gli operai della stessa fabbrica automobilistica, con i risparmi del salario ricevuto. Tutti gli operai, sia quelli dell’impresa edile che realizza la strada, sia quelli dell’industria automobilistica, pagano le tasse e, quindi, quello Stato 33 L’esempio è ispirato dall’intervento del prof. Giovanni Mazzetti sul tema “La ricetta keynesiana funziona finché non sopraggiunge la saturazione della domanda”, durante un seminario di approfondimento della crisi economica del maggio 2009. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 29 che ha contratto un debito pubblico per costruire una nuova strada, rientra dalla sua esposizione debitoria. Il ciclo è chiuso, lo Stato non ha più debiti, tutti gli operai e tutti gli imprenditori (quelli dell’impresa edile e quelli dell’industria automobilistica) hanno guadagnato e sembra che nessuno abbia rimesso, eppure l’opera pubblica, la strada, è stata realizzata. Come è possibile? Non è certo questo il lavoro adatto a spiegazioni ed argomentazioni di economia politica, ma l’esempio narrato serve esclusivamente ad evidenziare il paradosso dello sviluppo basato sulla crescita economico-produttiva. Anche il più convinto keynesiano sa che questo meccanismo funziona solo in presenza di una domanda primaria molto alta ed è assolutamente inefficace quando la domanda è solo di tipo sostitutivo. Se ogni famiglia di operaio ha già una o più auto, è evidente che l’unica domanda che può esprimere è quella sostitutiva, per cui nell’industria automobilistica vi sarà un surplus di produzione invenduta che porterà a licenziamenti. Gli operai licenziati non pagano più le tasse e quello Stato non rientra più del debito contratto per la costruzione della strada. Il paradosso che intendiamo rilevare consiste nel fatto che questo modello di sviluppo ha guidato le scelte di molti governi per molti anni e tutt’ora continua ad essere la rotta prescelta dalle Amministrazioni locali. Per dirla con le parole di Serge Latouche “uno sviluppo improntato alla crescita senza più nessuna crescita o, peggio, una società laburista senza più lavoro” 34. Quest’ultimo aspetto è l’evidente effetto di un’economia basata su questo tipo di sviluppo. Non è certo solo una questione di miopia politica. E’ soprattutto un problema di carattere culturale: è espressa una cultura di lavoro salariato improntato al modello fordista, per niente professionalizzato, 34 SERGE LATOUCHE, Uscire dallo sviluppo, BOLLATI BORINGHIERI, Torino, 2005, p. 81. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 30 avulso da qualunque tipo di conoscenza del contesto e che misconosce la cultura locale. Un ulteriore paradosso è costituito da questo idealtipo di operaio che affida le proprie sorti a partiti di massa e sindacati ideologicamente connotati nell’area marxista, che, perorando la causa della grande industria fordista, finiscono per negare l’imperativo marxista di riavvicinamento dei mezzi e fini della produzione. A Pisticci l’industrializzazione di massa degli anni sessanta aveva indotto un atteggiamento culturale che si è protratto fino agli albori degli anni ottanta. La presenza del polo chimico della SNAM, già ENICHEM e, negli anni Sessanta, ANIC, aveva trasformato un esercito di contadini e muratori, questi ultimi di ritorno dalle emigrazioni in terra tedesca, in operai senza alcuna conoscenza di chimica, ma, di certo, con un salario molto al di sopra di quello che l’agricoltura non industriale e l’artigianato avrebbe loro garantito. Il cambiamento di cultura provocato dall’insediamento industriale lo si può rilevare da un atteggiamento della quotidianità che, pur nella sua semplicità, testimonia il ribaltamento dei valori avvenuto nella collettività pisticcese. Si racconta che le ragazze di Pisticci, già negli anni Sessanta e fin quasi agli anni Ottanta, nel decidere di accettare o meno una proposta di fidanzamento per un futuro matrimonio, verificavano preliminarmente se il proponente fosse dipendente dell’ANIC e fosse possessore di un’auto con quattro sportelli. La storiella, più o meno vera, riprende a pieno titolo l’idea di sviluppo keynesiano: industrializzazione di massa finanziata con spesa pubblica e sviluppo fondato sull’aumento della domanda di consumi. Evidentemente, però, Pisticci non rappresenta un caso anomalo ed isolato in quanto, come dice Giacomo Becattini 35, “il mondo intero è 35 Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 31 a rischio di un pericolo gravissimo: oligopoli, multinazionali e finanza lo stanno adoperando a modo loro, sfruttandolo e massacrandone i valori civili. Se non c’è più una classe operaia solida, contrapposta e consapevole, che possa contrastare questi elementi, quale altra forza può farsi carico di questa impresa?”. Becattini continua ad esprimere il suo pensiero auspicando la nascita di “un blocco di interessi economici e culturali che possa diventare una sorta di countervailing power. L’interesse di gruppi di abitanti di un particolare territorio a difendere un certo stile di vita che qualifica la loro felicità, la loro joie de vivre determinata più dal come consumare che da quanto consumare, dal come lavorare che da quanto lavorare, una sorta di globalizzazione dal basso” 36. Becattini conclude il suo ragionamento sostenendo che questa “forza dal basso” è l’unica in grado di controbilanciare la forza della globalizzazione dall’alto, che continua a massacrare gli stili di vita di ciascun luogo. La prova di tutto questo sta proprio nell’evidenza che, se anche il PIL aumenta, non v’è alcun incremento della joie de vivre della comunità locale. Occorre, quindi, ripartire dal basso e focalizzare lo sviluppo sull’identità di ogni comunità locale: sul carattere dominante dei suoi abitanti, sulla cultura e sulla storia della comunità, sul territorio e sulle sue peculiarità, sulla forza della sua struttura produttiva e sulla sua capacità di collocarsi sul mercato. Quale potrebbe essere, allora, il nuovo paradigma dello sviluppo che ci faccia superare l’empasse del paradosso della crescita senza più nessuna crescita? Il primo e, forse, più importante elemento del nuovo paradigma consiste proprio nel disambiguare la parola sviluppo depurandola dalla presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010. Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014. 36 Interv. cit., Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 32 parola crescita. Occorre debellare l’idea stessa di crescita fondata su uno schema lineare di tipo economico-produttivo: produco, guadagno e consumo. Lo sviluppo deve avere un approccio multidimensionale che adotta strategie che portano al fine ultimo centrato sulla joie de vivre di una comunità. La crescita produce, accanto a quelle positive, notevoli esternalità negative; lo sviluppo, se parte dal basso ed ha fisso l’orientamento sulla comunità locale, genera beni pubblici e tutela i beni comuni, valorizzando le risorse materiali ed immateriali del territorio. La crescita basata sullo schema economico-produttivo si misura in termini di Prodotto Interno Lordo (PIL), mentre, per misurare lo sviluppo, si utilizzano indicatori qualitativi: l’indice di sviluppo umano, Human Development Index (HDI) e l'indice di benessere economico sostenibile, Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW). Il secondo elemento del nuovo paradigma dello sviluppo rappresenta la vera svolta, il vero ripensamento del modello di società a cui ci ha indotto il modello sostanziato di crescita. Il cambio di prospettiva si ottiene quando il sostantivo sviluppo è accompagnato dall’aggettivo locale. “Il locale si afferma come problema essenziale del ripensamento dei modelli societari e supera la dimensione economicoproduttiva, quando: insorge in tutto il mondo la dimensione identitaria, etnica, linguistica, come principale motore del conflitto, nel contesto del compimento del sistema mondo e della globalizzazione e come contrappeso ai processi di omologazione da essa indotti; si dispiega socialmente la questione ambientale che costringe ad internalizzare in misura crescente la riproducibilità delle risorse naturali e degli equilibri ecosistemici nel calcolo dei costi benefici dell’insediamento umano” 37. Lungi dall’essere un inutile appello al localismo che si chiude 37 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, P. 58. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 33 nell’angusto e sterile spazio autoreferenziale, lo sviluppo locale è incentrato su un complessivo ripensamento del ruolo del territorio nella produzione della ricchezza 38. E’ questa nuova visione della territorialità che diviene l’elemento fondante del nuovo paradigma dello sviluppo e, per dirla con le parole di Becattini, il territorio sepolto riconquista centralità 39 per la produzione di ricchezza durevole e sostenibile. Lo sviluppo locale: il territorio Il concetto di territorio è alquanto complesso in quanto diverse sono le componenti costitutive. Dell’ambiguità semantica del termine già si è detto nell’introduzione e quindi rappresenta un ambito definitorio alquanto sdrucciolevole, perché, nonostante le possibili precisazioni e gli specifici approcci, continua a rappresentare un concetto polisemico. Il territorio trae la sua complessità essenzialmente dal suo essere, nello stesso tempo, il produttore ed il prodotto della relazione storica, attuale ed in continuo divenire del sistema sociale con quello ambientale. Ecco gli elementi di complessità: il sistema sociale è costituito dalla cultura di una comunità, dall’identità di quella comunità, dal sistema di relazioni tra i vari gruppi sociali, dalla pervasività della tecnologia utilizzata e dalla struttura demografica della popolazione; il sistema ambientale è costituito dall’ambiente naturale, dal paesaggio e dall’ambiente trasformato dall’antropizzazione. V’è di più: il carattere dinamico della relazione, che nel mentre produce territorio, è influenzata e cambiata dagli stessi 38 Op. cit., p. 58. G. Becattini in A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 59. 39 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 34 fattori territoriali che ha prodotto. Se questa relazione è reale ed è percepibile dalla collettività insediata su quel determinato territorio, v’è da chiedersi come mai vi sono evidenti segnali di “organizzazione del territorio determinata più dalle ragioni dell’economia e meno influenzata da una interazione attiva con l’ambiente che, pertanto, rimane solo un vincolo di cui tenere conto? Il concetto di sostenibilità, in quest’ultimo caso, riguarda unicamente la definizione della capacità di carico del sistema ambientale sottoposto a pressione, a modello insediativo dato” 40. Non a caso è stata effettuata la sottolineatura del territorio come prodotto dalla relazione tra ambiente naturale ed ambiente sociale, proprio perché non si vuole sostenere alcuna lettura ambientalista come percorso per svincolare il territorio dalla pressione insediativa di tipo economico-produttiva del modello fordista che, pur sfaldandosi sotto i colpi della crisi, continua ad imperversare nella cultura di molti attori economici: stesso progetto produttivo per territori e popoli diversi. Questa idea perversa di sviluppo non può essere combattuta con il mero atteggiamento di salvaguardia dell’ambiente naturale, sia pure in un alveo di diritto ambientale internazionale. Occorre un approccio diverso che, pur assumendo tutte le istanze teoriche del puro ambientalismo, riferisca l’idea di sostenibilità dello sviluppo al territorio inteso come neoecosistema prodotto dall’uomo 41. Si sta parlando dell’approccio territorialista 42, che vede in Alberto 40 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 61. 41 Op. cit. p. 71. 42 Cos'è la Società dei Territorialisti e delle Territorialiste? Per iniziativa di un Comitato di garanti di diverse discipline di molte università italiane è nata la proposta di costituire una associazione denominata Società dei territorialisti e territorialiste con i seguenti obiettivi: a) sviluppare il dibattito scientifico per la fondazione di un corpus unitario, multisciplinare delle arti e scienze del territorio di indirizzo territorialista, che assuma la valorizzazione dei luoghi come base fondativa della conoscenza e dell'azione territoriale; b) promuovere indirizzi per le politiche e gli strumenti di governo del territorio a partire da questo corpus; c) indirizzare il dibattito sulla formazione di scuole, dipartimenti, dottorati, master di Scienze del territorio nelle Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 35 Magnaghi il più convinto assertore dell’economia autosostenibile improntata alla decrescita, che ha nel territorio il suo punto focale. Magnaghi spiega l’approccio territorialista affrontando il problema della sostenibilità, focalizzando l’attenzione sull’ambiente dell’uomo 43. E’ illuminante il suo esempio sul dissesto idrogeologico: egli sostiene che la mancata cura dei terrazzamenti è la principale causa di questo dissesto. Il problema non è della natura, in quanto quest’ultima, sia pure con tempi lunghi, troverà il suo nuovo equilibrio idrogeologico ed ecosistemico. Il vero problema è rappresentato dal territorio, neoecosistema costruito dall’interazione tra sistema ambientale e sistema sociale. L’azione dell’uomo, con la sua cultura situata e con la sua tecnologia appropriata, ha creato, nel lungo periodo precedente, un particolare assetto idrogeologico, un particolare microclima, un suolo fertile ed un paesaggio irripetibili altrove. Il dissesto da abbandono riguarda questo neoecosistema e mette in pericolo le popolazioni che vivono sotto la montagna, prima terrazzata e poi abbandonata 44, mentre non scalfisce affatto la parte in cui i terrazzamenti sono ben curati ed è evidente il carattere benefico dell’interazione tra il sistema sociale ed il sistema ambientale: una relazione sinergica tra la comunità ed il suo territorio. Il territorio è, quindi, l’elemento fondante dello sviluppo locale e non è sovrapponibile all’ambiente naturale, che ne diviene solo una componente 45. Il territorio diviene il referente della sostenibilità, non più solo impregnata di rispetto della natura, ma frutto della relazione università italiane; d) promuovere eventuali strutture di carattere culturale e scientifico al di fuori dell'Università; e) sviluppare relazioni internazionali mirate a estendere e confrontare i temi della Società. Visibile al sito web: http://www.societadeiterritorialisti.it. Visita del 6 dicembre 2014. 43 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 70. 44 Op. cit., p. 70. 45 Op. cit. p. 71. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 36 sinergica tra natura, cultura e storia 46. E’ una visione del territorio come patrimonio dell’intera comunità, come l’insieme dei beni materiali e immateriali che costituiscono il bene comune su cui fondare una nuova economia che, scissa da quella assistita e governata dagli oligopoli internazionali, ritorni ad essere centrata proprio sul patrimonio territoriale. E’ l’eterna lotta di Davide e Golia: da una parte il gigante del dominio della finanza globale e dall’altra il piccolo Davide dei sistemi locali che, nella sua fionda, ha solo la valorizzazione del patrimonio territoriale. Il sistema locale non può prescindere da due elementi che ne connotano la forza per controbilanciare le spinte globalizzanti endogene: la costruzione di relazioni virtuose fra una comunità insediata ed il proprio ambiente 47 e la capacità di ogni singolo sistema locale di connettersi in rete non gerarchica e non competitiva. Il primo degli elementi annotati porta un’implicita istanza di conoscenza profonda della comunità e dell’ambiente in cui questa è insediata. Occorre, come dice Becattini 48, “che si conosca il carattere prevalente di una comunità”, perché solo questa conoscenza apre un ventaglio di attività per lo sviluppo nelle quali si ha più chance di riuscire. E’ un processo analitico complesso e multidisciplinare che dovrà approfondire la storia della comunità e la sua identità, dovrà rintracciare i fattori sui quali si fonda la coesione sociale, dovrà proporre azioni che favoriscano relazioni multietniche in un contesto continuamente cangiante. La conoscenza del proprio ambiente attiene all’individuazione di una specifica identità territoriale che consente di “leggere i processi di formazione del territorio nella lunga durata per 46 Op. cit. p. 71. Op. cit. p. 77. 48 Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010. Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014. 47 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 37 reinterpretare invarianti, permanenze, sedimenti materiali e cognitivi in relazione ai quali produrre nuovi atti territorializzanti” 49. L’interazione fra atti territorializzanti che si susseguono nel tempo determina la massa territoriale, specifica per ogni luogo, costituita dal patrimonio edilizio, dai monumenti, dalle infrastrutture di comunicazione, dai ponti, dai terrazzamenti, dalle bonifiche, ecc. e che, nell’insieme, determinano il valore del patrimonio territoriale e le sue peculiarità per gli usi futuri 50. E’ del tutto evidente, quindi, che i modelli d’azione della comunità insediata e l’ambiente stesso intrecciano relazioni significative, che hanno valenza organizzativa ed interpretativa, principalmente nella stessa comunità: il milieu come insieme dei legami reciproci fra ambiente fisico ed ambiente sociale 51. A questo punto dell’argomentare è legittima una domanda. Questa forza controbilanciante le spinte egemoniche della globalizzazione dall’alto, con tutte le sue peculiarità costitutive, sembra avere un carattere molecolare e puntiforme: come trasformarla in massa critica proprio per evitare di decantare esperienze di nicchia difficilmente ascrivibili in un modello di sviluppo generale? La risposta individua il secondo elemento caratterizzante la forza del sistema locale e consiste nella capacità di ogni singolo territorio di connettersi in reti non gerarchiche, non competitive, ma cooperative. E’ il sistema che Magnaghi definisce bioregione urbana “costituita da una molteplicità di sistemi territoriali locali, a loro volta organizzati in grappoli di città piccole e medie, ognuna in equilibrio ecologico, produttivo e sociale con il proprio territorio. Essa può risultare grande e potente come una metropoli: anzi è più potente del sistema 49 L’atto territorializzante consiste nella ricostruzione in forma nuova della relazione fra ambiente fisico, costruito ed antropico. ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, pp. 73 e 75. 50 Op. cit. p. 75. 51 Definizione di milieu di Augustin Berque attinta dalla nota 3 di pag. 72 de “Il progetto locale – verso la coscienza di luogo di A. Magnaghi, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 38 metropolitano centroperiferico perché produce più ricchezza attraverso la valorizzazione e la messa in rete di ogni suo nodo periferico: evita peraltro congestioni, inquinamenti, diseconomie esterne riducendo i costi energetici ed i costi da emergenze ambientali, riducendo la mobilità inutile alla fonte, costruendo equilibri ecologici locali, che a loro volta riducono l’impronta ecologica, ovvero l’insostenibilità dovuta al prelievo di risorse da regioni lontane ed impoverite”52. Ho voluto riportare integralmente il testo di Magnaghi per apprezzarne appieno il rilievo politico e la valenza programmatica che esprime. Come si diceva all’inizio, nessun gruppo politico nega la rilevanza dello sviluppo, ma con il dissolvimento dei partiti di massa e l’ascesa di movimenti portatori di interessi parziali appare sempre più difficile l’implementazione di un programma politico incentrato sulla valorizzazione di un sistema di bioregione urbana. Lo sviluppo locale autosostenibile La sostenibilità di un progetto di sviluppo ha un valore euristico in quanto non è finalizzata a garantire equilibri ottimali, bensì a misurare lo scostamento tra l’optimum e gli impatti registrati sul paesaggio, sull’ambiente, sulla qualità della vita nella città, sulla joie de vivre, sul rispetto della cultura locale, ecc. Potremmo dichiarare sostenibile un progetto capace di esprimere il miglior rapporto tra tutte queste dimensioni, valutate in termini di minor impatto. Bisogna evidentemente, scrollarsi da dosso quella crosta di limitatezza culturale propria di una visione settoriale del tema, riferita, di volta in volta, al patrimonio ambientale o a quello territoriale o a quello 52 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 187. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 39 antropico. Le ragioni della sostenibilità vanno, quindi, ricercate nelle relazioni, continuamente cangianti, tra tutte le dimensioni dello sviluppo: la chiusura dei cicli della bioregione urbana; il rapporto tra città e territorio agricolo; il ripristino della produzione agricola non industriale, food per il nutrimento delle città e no-food per la bioedilizia; la ricostruzione dei saperi produttivi del territorio; il ripristino di un ciclo agroterziario non più di stampo fordista. In sintesi, bisogna rivalutare il locale rispetto al globale. V’è qualcosa di più di un mero approccio ambientalista, v’è una declinazione territorialista della sostenibilità. E’ sostenibile un modello di sviluppo nel quale le condizioni di sviluppo si autosostengono senza aver bisogno di alcun intervento esterno, consistente in un obbligo o un divieto, per reggere o salvaguardare lo sviluppo. E’ un approccio multidisciplinare che misura l’impatto di cinque indivisibili dimensioni della sostenibilità: economica, sociale, politica, ambientale e territoriale. La sostenibilità politica autogoverno di una consiste in “una elevata capacità di comunità insediata rispetto alle relazioni decisionali esogene e sovraordinate” 53. Ritorneremo in seguito su questi concetti quando affronteremo il tema dei processi partecipativi per la governance locale. Questo tipo di sostenibilità è, in qualche modo, anche la misura della capacità di una comunità di conciliare interessi conflittuali e di far convivere le varie espressioni della complessità multiculturale. Esprime l’eterna lotta tra l’aspirazione, spesso latente, di una comunità all’autogoverno e le spinte centraliste dell’etero-direzione. La sostenibilità sociale è garantita da “un elevato livello di integrazione degli interessi degli attori deboli nel sistema decisionale 53 Op. cit., p. 81. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 40 locale (equità sociale e di genere)” 54. Ritorna il tema della partecipazione con un’immanente problematica: garantire la presenza, nei processi negoziali, degli attori più deboli che non hanno alcuna voce nella roboante ipertecnologica ed omologante globalizzazione dall’alto. In questa dimensione della sostenibilità c’è anche il tema della giusta composizione dei tavoli negoziali, che deve garantire la presenza equilibrata di tutti gli attori sociali, anche se portatori di interessi assolutamente minoritari o di parte. In questo senso, la sostenibilità diventa la misura dell’efficacia del progetto di sviluppo, pur se a scapito della celerità dei processi e con un maggior dispendio di energie organizzative. La sostenibilità economica è “la capacità di un modello di crescita di produrre valore aggiunto territoriale”55. Spesso i piani di sviluppo economico sono incentrati sulla cosiddetta vocazione del territorio. Con una visione decisamente monolitica, si parla di sviluppo turistico come se su quel territorio non vi fossero imprese artigiane o commerciali o industriali; si parla di sviluppo industriale tralasciando completamente lo sviluppo delle aree agricole non più in grado di una produzione di qualità. E’ la logica del modello economico-produttivo di matrice fordista che ancora imperversa e che non riesce a migrare verso economie di tipo multisettoriali e distrettuali. E’ proprio la logica del distretto economico che esprime l’autosostenibilità dello sviluppo locale, riprendendo a tessere la tela del rapporto sinergico tra ambiente, territorio e ragioni della produzione. In un contesto distrettuale emergono criteri di valutazione delle attività agricole, industriali, commerciali, artigianali e di servizio simbiotiche al patrimonio territoriale, che si giovano delle risorse locali, che hanno, quale obiettivo della produzione, non solo il profitto, ma anche beni e 54 55 Op. cit., p. 83. Op. cit., p. 84. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 41 servizi pubblici. L’efficacia del distretto produttivo si verifica attraverso la capacità di realizzare filiere produttive complesse ed intersettoriali che sappiano fronteggiare la volubilità del mercato. Infine, la sostenibilità economica esprime risvolti apparentemente inaspettati: qualifica l’identità produttiva, quella culturale e quella sociale 56 di una comunità, trasformando i residenti in produttori, garantendone la permanenza contro l’incalzante fenomeno della desertificazione dei piccoli centri a favore delle città più grandi, con il conseguente aggravio dell’impatto sulla mobilità e sulla pressione antropica. La sostenibilità ambientale è “prodotta dall’attivazione di regole virtuose dell’insediamento umano, atto a produrre autosostenibilità 57, oltre ogni logica di tipo vincolistico. La valenza di questa misura di sostenibilità è da rilevare nella capacità di sviluppare progetti integrati, e non più settoriali, di ridurre l’ecological footprint attraverso la chiusura dei cicli dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, ecc., a livello di bioregione, di ridurre la mobilità delle persone e delle merci con filiere produttive complesse e multisettoriali a livello locale, di qualificare le attività agricole quali principali produttrici di beni pubblici, di instaurare un rapporto sinergico tra città e campagna, di ricostruire e riproporre tutti i saperi produttivi del territorio. L’efficacia di questa sostenibilità si misura con la qualità e l’unicità dei prodotti alimentari, ambientali e culturali 58 di un sistema locale. La sostenibilità territoriale è “la capacità di un modello insediativo, con le sue regole produttive e riproduttive, di favorire e sviluppare la riterritorializzazione” 59. Quest’ultima dimensione della sostenibilità rappresenta la qualificazione delle precedenti, facendole assurgere ad un sistema di autosostenibilità ed è, al tempo stesso, la 56 Op. cit., p. 85. Op. cit., p. 85. 58 Op. cit., p. 86. 59 Op. cit., p. 86 57 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 42 verifica delle stesse. E’ la visione di uno scenario nel quale fini e strategie sono focalizzate 60: sulla connessione in reti multipolari e non gerarchiche di sistemi locali; sul recupero delle aree edificate con un minor consumo di suolo; sulla diffusione dei servizi a rete; sull’integrazione produttiva delle microimprese; sulla riorganizzazione dello spazio pubblico; sul recupero dell’intero patrimonio territoriale, compreso quello dell’entroterra vallivo, collinare o montano, ignorato dalla grande impresa fordista; sulla costruzione di sistemi di rappresentazione delle identità dei luoghi, tese ad incrementarne il valore; sulla costruzione di modelli e strumenti valutativi ex ante gli scenari progettuali, in itinere nella fase di implementazione ed ex post per la progettazione di nuove e più efficaci visioni strategiche. In sintesi, l’approccio territorialista all’autosostenibilità di un sistema di sviluppo locale può essere definito antropobiocentrico, in quanto, pur avvalendosi dei principi fondanti l’ambientalismo, va oltre, ponendo nuove regole all’insediamento umano 61. Esprime l’entità di una valutazione complessiva di un sistema territoriale, misurando: la sostenibilità economica, ovvero la capacità di produrre valore aggiunto da parte del territorio; la sostenibilità territoriale, ovvero la capacità di riterritorializzazione; la sostenibilità politica, ovvero la capacità di autogoverno; la sostenibilità sociale, ovvero la capacità di integrare e di complessificare il sistema decisionale; la sostenibilità ambientale, ovvero la capacità di scrivere nuove regole non vincolistiche che producano nuovi equilibri ambientali. 60 61 Per le considerazioni che seguono, cfr. Op. cit., p. 87. Op. cit, p. 88. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 43 La coscienza di luogo Già nella pagine precedenti è stato detto, citando Giacomo Becattini, che l’individuazione del carattere dominante di una comunità apre una ventaglio di possibilità progettuali in cui i policy makers hanno più chance di successo. Ma cos’è, o meglio, come è composto, il carattere dominante di una comunità? E’, evidentemente, una struttura complessa, di non facile determinazione, che si sviluppa lungo l’asse relazionale della stessa comunità con il luogo abitato. Non gli è completamente sovrapponibile, però può essere individuato attraverso il concetto di coscienza di luogo. La coscienza di luogo è “la stima della rotta da seguire”, dice Becattini 62, ed ha in sé alcuni elementi di coscienza di luogo intuitiva, pur se a volte se ne discosta completamente. Si fonda su ciò che una comunità si sente di essere, tuttavia è qualcosa di ben più complesso, che può farsi scaturire solo attraverso uno studio approfondito, che affondi le sue analisi nella storia della comunità, nella sua cultura, nelle identità passate e presenti, nel rapporto con il proprio territorio, negli episodi, piccoli e grandi, di trasformazione del territorio, nelle norme formali ed informali che hanno regolato e regolano la convivenza sociale, nel sistema produttivo, nel rapporto con altri territori, ecc. La coscienza di luogo è la consapevolezza, mediata da strumenti analitici, di sentirsi ciò che si è, in rapporto alla propria cultura situata nel proprio territorio. E’ un elemento imprescindibile del progetto di sviluppo locale, in quanto rappresenta la chiave di lettura della complessità che caratterizza un territorio, che altrimenti risulterebbe inestricabile. E’ 62 Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010. Visibile al sito web; https://www.youtube.com/watch?v= RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 44 ciò che lo rende diverso da tutti gli altri, ma è anche un elemento debole, in quanto suscettibile di influenza da parte di sistemi culturali che sembrano andare bene per ogni tempo e per ogni luogo. L’esempio più eclatante di contaminazione della coscienza di luogo è costituito dal sistema economico-produttivo di tipo fordista, ma ve n’è anche uno un po’ più moderno, apparentemente più banale, che stimola però le corde del sentimento di ospitalità di una comunità: è l’idea di albergo diffuso, che sembra possa andare bene in ogni borgo, in ogni paese ed in ogni città in cui vi sia un qualunque centro storico con un patrimonio edilizio in parte non più abitato. La coscienza di luogo è la chiave di lettura per sconfessare quegli opinion makers dello sviluppo che viaggiano con la loro valigetta piena di progetti utili dalle alpi alle piramidi e, invece, per accreditare tutti coloro, che con lo zaino dell’esploratore 63 e con il taccuino dell’osservatore, sono alla ricerca delle peculiarità sociali e territoriali di quel particolare luogo. Include anche il senso di appartenenza ad una comunità che si prende cura del luogo e che, in qualche modo, ne diventa custode. E’ un processo di riacculturazione, coniugando saperi contestuali con i saperi esperti. Non importa se indigeno o immigrato, ciò che importa è la capacità “di reinterpretare l’anima del luogo per attivare nuove forme di produzione e di consumo fondate sulla convivialità, sulla solidarietà e sull’autosostenibilità 64. La coscienza di luogo può essere rappresentata graficamente attraverso le mappe di comunità. Queste, nate dalle esperienze degli ecomusei, si sono poi sviluppate nell’ambito della pianificazione paesaggistica e rappresentano dei sistemi di narrazione e visualizzazione delle relazioni complesse e dinamiche tra una comunità 63 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 287. 64 Op. cit. p. 134. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 45 antropica ed il luogo nel quale è insediata. Rappresentano una descrizione dettagliata di ciò che i membri della comunità percepiscono del paesaggio in cui vivono, rinforzata dalle rilevazioni di esperti, in un processo di costruzione pubblica. Da questo insieme di tracce materiali ed immateriali, che rappresentano il patrimonio culturale di un luogo 65, se ne ricava un compendio di valori territoriali, ambientali, paesaggistici, culturali e sociali che connotano le risorse di quel determinato luogo. La globalizzazione dal basso L’economia imperante oggi nel mondo è retta da forze che tendono ad omologare tutti i processi di sviluppo in un paradigma nel quale non compaiono le alternative locali. E’ la stessa omologazione operata nell’agricoltura industriale che, su scala globale, ha estinto le specie autoctone a vantaggio della produzione quantitativa, per rispondere al fabbisogno di cibo identico per tutte le megalopoli del mondo. La cultura globalizzante sta distruggendo la possibilità stessa che esista diversità produttiva, culturale, paesaggistica, sociale, ecc. L’alveo d’azione politica attuale pare smentire la massima weberiana che non poneva limiti ai campi d’azione di un gruppo politico 66 e sembra proprio circoscritto in uno spazio precluso all’impero economico-finanziario. “La politica non governa più e deve obbedire ai potentati economico-finanziari - sostiene padre Alex Zanotelli – […] tutti i sistemi economici del mondo sono basati su un paradigma di crescita infinita […]. Il re è nudo e non se ne rende conto 65 ALDO SUMMA, La percezione sociale del paesaggio: le mappe di comunità. Intervento alla XII Conferenza nazionale degli urbanisti, Bari 19-20 febbraio 2009. Visibile al sito web siu.bedita.net/download/summaa_ papersiu2009-pdf. Visita dell'8 dicembre 2014. 66 Vedi note 3 e 4. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 46 […] il nuovo può nascere solo dal basso” 67. Partire dal basso vuol dire ritornare al territorio quale unico punto di forza per controbilanciare l’imperante globalizzazione. Una vera e propria globalizzazione dal basso, con protagoniste assolute le comunità locali che, avendo preso piena coscienza del loro luogo di vita, sappiano proporre un altro sviluppo rispetto alla crescita infinita: uno sviluppo locale autosostenibile. Per dar vita a questo rinnovato protagonismo “occorrono analisi diverse da quelle tradizionali, che valichino gli steccati disciplinari per pervenire ad una visione territorialista dell’economia e della società, una scienza del territorio e più in generale una cultura del territorio che includa anche la riflessione sugli stili di vita e la sperimentazione di nuove forme della politica e della democrazia 68”. Tutto questo non è certamente un rifugiarsi nel localismo sterile, molecolare o puntiforme, è, al contrario, un cercare di aprire gli occhi del re cieco, affinché prenda coscienza che, se la crisi in cui l’umanità intera è immersa è strutturale, allora non v’è alcuna via d’uscita nel ripercorrere gli stessi modelli economico-finanziari e di sviluppo che l’hanno prodotta. L’unica chance di successo è cambiare paradigma dello sviluppo, scommettendo sulla comunità locale quale nuova forma societaria fondata sulla riscoperta dei saperi locali, da rivalutare in simbiosi con i saperi esperti, con una chiara coscienza di luogo improntata all’autosostenibilità. “Abbiamo il dovere di creare sentimenti diversi dall’ineluttabilità, dalla sfiducia e dall’impotenza che oggi prevalgono ampiamente […] e bisogna capire i meccanismi della produzione di località, nel senso che 67 Alex Zanotelli: la speranza viene dal basso. Visibile al sito web: https://www.youtube.com/ watch?v= KIuFecAWvME, Visita dell’8 dicembre 2014. 68 ROSSANO PAZZAGLI, Dal globale al locale Riflessioni sul progetto territorialista, da “Glocale”, n. 4/2011, anno di pubblicazione: 2013, pp. 247-252. Visibile al sito web: http://www.societadeiterritorialisti.it/images/ DOCUMENTI/articoli_recensioni/glocale%20territorialisti.pdf. Visita dell’8 dicembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 47 i luoghi non sono contenitori inerti di legami e sentimenti; sono invece costruzioni sociali e culturali frutto di una produzione continua da parte dei loro abitanti. La località viene così a configurarsi […] come un orizzonte territoriale di pratiche e valori condivisi, modi di fare, di lavorare, di scambiare che creano dei diritti, il cui godimento sta alla base del senso di appartenenza e di benessere”69. Per comprendere appieno l’appello di Pazzagli occorre uscire dalla cecità mentale della monocultura della crescita infinita; questo è il primo passo, ma ancora insufficiente. Il secondo e più decisivo passo consiste nell’uscire da una visione molecolare e lavorare per la costruzione di reti non gerarchiche di comunità locali per la costruzione di società complesse, fondate sui principi di autogoverno, fra conflitto e cooperazione 70. Modelli per il governo del territorio: la partecipazione “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. E’ il celebre aforisma di Winston Churchill, pronunciato nel discorso alla Camera dei Comuni, in Inghilterra, nel novembre del 1947. Chissà cos’altro avrebbe aggiunto oggi, in presenza di una forte crisi di rappresentatività? La partecipazione al voto ormai non raggiunge la metà degli aventi diritto e le cose non vanno certamente meglio nelle altre nazioni dell’Europa occidentale. V’è un evidente declino della partecipazione alla forma di democrazia rappresentativa e su questo tema si sono sprecati fiumi di parole e di inchiostro nelle 69 Op. cit. pp. 247-252. ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 121. 70 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 48 varie analisi, sia scientifiche, che storiche o giornalistiche. Vorrei, però, tornare all’aforisma di Churchill e focalizzare l’attenzione sul fatto che la democrazia è la peggior forma di governo, ma non vuol dire che non può essere migliorata. Potremmo, quindi, riprendere la lezione di Habermas e far evolvere il concetto di democrazia partecipativa in quello di democrazia deliberativa. “I meccanismi elettorali e la partecipazione al voto sono importanti nella definizione dei regimi politici democratici solo nella misura in cui rispecchiano i risultati di dibattiti politici liberi e reciprocamente arricchenti che fanno della democrazia uno stile di vita” 71. L’evoluzione da forma di governo a stile di vita è il punto focale che si scontra con la difficoltà di sovrapposizione dei contenuti espressi nel dibattito. Proveremo a spiegarlo con un excursus su una narrazione diffusa nella saggezza popolare. Si racconta che un tempo lontano esisteva un re ricco e potente. Dominava su ampie regioni dall’oriente all’occidente e la terra produceva tutto quanto fosse necessario per far ben vivere i suoi sudditi. Il re era anche molto saggio e desiderava la pace. Convinto che la saggezza sia il miglior puntello della pace, un giorno mandò a chiamare tutti i ciechi del paese, riunendoli nella piazza principale della capitale ed invitò tutta la popolazione del suo regno ad assistere ad una dimostrazione di saggezza. Fece entrare nella piazza un elefante e invitò i ciechi a toccare ed a descrivere l’animale. Questi, toccando la parte dell’animale più vicina a sé, dissero: “è come un tappeto”, chi aveva toccato l’orecchio; “è una colonna”, chi aveva toccato una zampa; “è un serpente”, quello che aveva toccato la proboscide. Ognuno descrisse una parte diversa dell’animale e, sostenendo ognuno la propria verità, cominciarono a litigare. Tutto il 71 J. HABERMAS in P.BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010, p. 202. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 49 popolo che assisteva alla dimostrazione reagì ridendo, perché, vedendo l’animale intero, trovava impossibile sostenere una qualunque delle verità dei ciechi. Intervenne il re ammonendo il popolo, dicendo: “non ridete dei poveri ciechi, perché ognuno di voi è esattamente come loro: vede solo una parte della realtà e finché, la tiene per sé senza condividerla, non potrà mai padroneggiare nemmeno un barlume di conoscenza” 72. Questa digressione ci porta nel cuore della problematica della partecipazione. Ci permette, infatti, di rispondere alle due domande cruciali che scaturiscono ogni qual volta si parla di partecipazione: chi partecipa? Come conciliare le diverse e spesso conflittuali visioni? Inizialmente la partecipazione è sorta principalmente con un atteggiamento di tipo NIMBY 73 di protesta, di comitati spontanei di cittadini, principalmente su problematiche specifiche e, a volte, anche solo locali. Negli ultimi tempi, però, sta sempre più proliferando una rete nella quale migliaia di movimenti, associazioni ambientaliste, culturali, di agricoltori, di pari opportunità, di sindacati, imprese di finanza equa, quelle del commercio equo e solidale, settori del volontariato, ecc., si mobilitano su scala mondiale. Questo multiverso si affaccia sulla scena globale con interessi cogenti e diversi, suscettibili di una sorta di reductio ad unum solo se ricondotti in un alveo di dibattito politico aperto e pubblico, dove non solo prevale la forza della migliore argomentazione, ma hanno anche diritto di cittadinanza le istanze particolari delle comunità locali. Partecipare è, quindi, riuscire a vedere l’insieme dell’elefante, non come pretesa presuntuosa e dogmatica, ma come condivisione di diversi interessi di parte che, ricucendo insieme i vari saperi e 72 Esistono diverse versioni di questo racconto. Cfr. Il semplici_curiosi/racconto_elefante.htm. Visita dell’8 dicembre 2014. 73 Not In My Back Yard, Non nel mio cortile. Programmazione attività commerciale: relazione sito web: http://www.riflessioni.it/ Pagina | 50 situandoli nei vari contesti locali, possa approdare ad una coscienza di luogo collettiva. Non dissimili sono le connotazione di quella che possiamo definire partecipazione locale. Nella sfera locale, il primo e, forse, più grande, ostacolo che le istanze di partecipazione dei cittadini devono superare consiste proprio nella struttura organizzativa degli Enti Locali. V’è, infatti, un’organizzazione divisionale che opera per settori nettamente separati: quello del governo del territorio, distinto da quello dello sviluppo economico, a loro volta distinti da quello dell’agricoltura, piuttosto che da quello dell’ambiente; mentre il luogo è lo spazio del quotidiano, assolutamente indivisibile per l’abitante. Pare proprio che gli enti locali non riescano ad uscire della logica di una visione settoriale ed implementare esperienze di governo del territorio per progetti integrati scaturenti da un dibattito pubblico libero ed aperto, nel quale hanno pari diritto di cittadinanza i saperi esperti e quelli collettivi dei luoghi. L’istanza di partecipazione a livello locale può essere accolta solo a condizione che l’organizzazione degli Enti passi da strutture verticali ad un tipo di governo intersettoriale. L’esempio classico, su cui molte amministrazioni inciampano, é la redazione di piani di governo del territorio gestito tra il settore urbanistica e qualche esperto, o presunto tale, di pianificazione urbanistica. Se dal tavolo vengono esclusi il settore del trasporto, quello dell’agricoltura, quello delle attività produttive, quello dell’ambiente è alquanto difficile produrre una progettualità integrata che abbia come fine ultimo l’autosostenibilità del territorio, anziché un compendio di regole che mirano unicamente a vincolare lo spazio costruito, tralasciando tutto il resto, come se tutte quelle altre attività non avessero alcun impatto sui luoghi. Con queste premesse, appaiono pienamente giustificabili le conflittualità espresse Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 51 da comitati, spesso spontanei, di cittadini che lamentano l’allontanamento dei sistemi decisionali da tutti coloro che non hanno voce, pur essendo portatori di bisogni ed interessi relativi alla qualità della vita nel territorio 74. E’ ancora lontana una cultura di governo partecipata? Il territorio è di chi se ne prende cura, sostiene Magnaghi 75, di quelle comunità che sappiano progettare, in maniera partecipata, una visione strategica di futuro e di sviluppo autosostenibile. 74 ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010, p. 256. 75 A. Magnaghi, Partecipazione e governo del territorio, 24 settembre 2013, visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=Oth1aQfScBI. Visita del 7 dicembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 52 Capitolo 2° Programmazione urbanistico-commerciale: modello di sviluppo della rete distributiva Un difficile connubio La relazione tra qualità dei luoghi ed insediamento delle attività economiche rappresenta un tema notevolmente dibattuto. Inizialmente s’è focalizzata l’attenzione sulla progettazione dello spazio pubblico e sull’uso dei beni pubblici; più di recente, invece, nell’alveo del dibattito, si sono inserite molte altre tematiche, tra le quali la più incisiva è la sostenibilità ambientale. Ogni agglomerato urbano è costituita da una serie di elementi inscrivibili nella complessità storica e culturale che caratterizza il territorio, quale insieme di edifici, di strade, di piazze, di spazi a verde, di scuole, di botteghe, di industrie, di officine, di aree rurali, di fiumi, di monti, di spiagge, ma anche di attività economiche e di vita sociale. L’intreccio complesso di tutti questi elementi ha radici lontane ed è frutto di una particolare cultura situata e, nel contempo, qualifica anche la contemporaneità del territorio, esprimendo servizi adeguati e capacità di catalizzare i molteplici aspetti del sociale. Tutte queste componenti sostanziano, nella profondità dei loro contenuti, il territorio e inducono una riflessione multidisciplinare sulla qualità dei vari ambiti urbani, naturali e sociali che lo compongono. L’estendere la riflessione anche agli abitanti di quel territorio fa approdare alla coscienza di luogo di cui si è parlato nel capitolo precedente. Questo lavoro non ha l’ambizione di analizzare tutte le complesse componenti del territorio, bensì ha più modeste finalità consistenti Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 53 essenzialmente nella redazione del documento di programmazione della rete distributiva di vendita, sia su aree private che su quelle pubbliche, del Comune di Pisticci. L’elaborazione di tale documento costituisce un motivo di stimolo per l’approfondimento di tematiche complesse che incidono sulla percezione della stessa coscienza di luogo da parte degli stessi abitanti. Non sarà, dunque, finalizzato esclusivamente ad individuare un corretto assetto per l’adeguamento della rete di distribuzione commerciale, ma soprattutto a definire un modello di sviluppo della stessa rete distributiva che, in primis, si inscrive nel testo della coscienza di luogo di cui hanno contezza gli abitanti della comunità pisticcese e, nel contempo, costituire un progetto in fieri di sviluppo locale. La redazione del documento di programmazione della rete distributiva di vendita evoca immediatamente il tema della pianificazione urbanistica. Già dalla diversa locuzione utilizzata, programmazione per l’uno e pianificazione per l’altro, traspare tutta la difficoltà relazionale tra due ambiti che hanno pretesa di esplicitarsi in un connubio. Valgono qui le considerazioni svolte nella parte introduttiva di questo lavoro relative alla differenzazione semantica dei termini “programmazione” e “pianificazione”: focus sul processo negoziale per stabilire i fini, per il primo; sistema nel quale, oltre i fini, vengono fissate in maniera dettagliata le strategie, per il secondo. Non è solo la mera distinzione semantica che complica il connubio tra pianificazione urbanistica e programmazione economica, v’è, evidentemente, qualcosa di più che attiene alla tipologia degli interessi coinvolti nei due processi, che denotano reciproche ricadute e manifestano una diversità di fondo. Una diversità da considerare necessariamente per percorrere la difficile via della combinazione e della convergenza, senza, però, nessuna attribuzione di criteri di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 54 prevalenza. La problematica annotata, relativamente agli insediamenti degli esercizi commerciali, è qualcosa di più di un mero dibattito politicoamministrativo, tant’è che su di essa s’è sviluppata una copiosa giurisprudenza. Il vigente assetto normativo inscrive l’insediamento delle strutture di vendita in un ambito di liberalizzazione vincolata ai “criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino le aree da destinare agli insediamenti commerciali” 76. La ratio legis evidenzia un innegabile connubio: la programmazione commerciale non può essere disgiunta dalla pianificazione urbanistica, anche se i due aspetti e, soprattutto, gli interessi tutelati da entrambi presentano difficoltà ad essere valutati congiuntamente e contestualmente. Il Tribunale Amministrativo di Milano 77 ha ritenuto illegittimi, annullandoli per violazione del principio di coordinamento, atti di pianificazione urbanistica nei quali non sono state considerate le disposizioni contenute nel previgente documento di programmazione commerciale. V’è, quindi, un problema di supremazia tra i due ambiti e, né la norma nazionale, né quelle regionali, esplicitano alcun elemento che possa connotare il rapporto tra i due strumenti, quello di pianificazione e quello di programmazione. Ancora una volta è la giurisprudenza a dettare la linea guida, tant’è che il Tribunale Amministrativo 76 D. Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i., cosiddetta riforma Bersani, dal nome del ministro per le attività produttive dell’epoca. art. 6 - Programmazione della rete distributiva. 1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto definiscono gli indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi: […] 2. Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, fissano i criteri di program-mazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino: a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali [...] 77 Cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, Sentenza nr. 1148 del 4 maggio 2011. Visibile sul sito web: www.giustizia-amministrativa.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 55 dell’Umbria 78 ha stabilito che, in caso di mancata conformità o coerenza tra le previsioni dello strumento urbanistico e quelle della programmazione commerciale, sono le prime a dover essere adeguate se impediscono la realizzazione delle previsioni della seconda. Qualche altro Giudice Amministrativo è andato anche oltre. Infatti, quest’ultimo 79 ha evidenziato che dalla lettera a) del 2° comma dell’art. 6 del D. Lgs. nr. 114/1998 appare evidente la volontà del legislatore di assegnare allo strumento di programmazione commerciale, con il quale vengono individuate le aree da destinare a tali insediamenti, una funzione esaustiva di ogni esigenza, sia di carattere commerciale che di carattere urbanistico, perché, altrimenti, si dovrebbe supporre una duplicazione degli atti inerenti l’uso ed il governo del territorio. La giurisprudenza, quindi, esplicita un orientamento interpretativo della legislazione in materia di commercio, secondo il quale la programmazione commerciale definisce ed esaurisce l’esercizio del potere di programmazione e pianificazione del territorio ai fini urbanistico-commerciali. Parrebbe, quindi, conclamato un primato della programmazione commerciale. Niente affatto. Tant’è che nel 2012 il Consiglio di Stato 80 ha stabilito che i piani urbanistici non solo sono pienamente legittimati a porre limiti all’insediamento degli esercizi commerciali, ma la diversità degli interessi pubblici tutelati affievolisce le ragioni economiche rispetto a quelle di tutela e governo del territorio. Queste ultime costituiscono, quindi, un vero e proprio limite all’interesse inerente la libertà di iniziativa economica, soccombente rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla pianificazione urbanistica, volta ad 78 TAR Umbria, Perugia, sentenza nr. 650 del 12 agosto 2003, Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it. 79 TAR Campania, Napoli, sentenza nr. 2668 del 10 gennaio 2002, Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it. 80 Cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza nr. 2060 del 10 aprile 2012. Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 56 un razionale assetto del territorio. V’è, quindi, una rideterminazione del primato degli interessi tutelati, attribuendo alla pianificazione urbanistica anche la cura degli interessi economici. La tutela di questi ultimi, nel rilevare una ricaduta urbanistica, devono essere ricondotti nell’alveo organico dei diversi interessi inerenti l’uso ed il governo del territorio, che è ambito precipuo della pianificazione urbanistica. Non una tutela degli interessi economici tout court, quindi, ma solo nella misura in cui questi presentino un evidente impatto urbanistico. Il legislatore, però, ha previsto una deroga a questo principio. Infatti, la legislazione in materia di garanzia del diritto di libera iniziativa economica 81, nei casi di notevole interesse economico per la collettività, prevede un’implicita cedevolezza dello strumento di pianificazione urbanistica 82 per il tramite della cosiddetta variante semplificata. Il rapporto tra pianificazione urbanistica e programmazione economica rappresenta, quindi, un difficile connubio e non solo per una questione di supremazia dell’una rispetto all’altra. Vi sono, infatti, ulteriori elementi di criticità, tra i quali merita un cenno l’eccessiva rigidità del modello urbanistico rispetto alle esigenze connesse all’insediamento delle attività economiche in generale e delle strutture commerciali in particolare. Quello che una volta veniva denominato Piano Regolatore Generale, con i relativi piani attuativi, ovvero l’attuale Regolamento Urbanistico e Piano Strutturale, denotano una rigidità intrinseca e spesso presentano visioni di sviluppo del territorio alquanto vetuste e non più in grado di fornire risposte alle varie esigenze di cambiamento provenienti dallo stesso territorio. 81 Cfr. l’articolo 38 del D.L. nr. 112 del 25 giugno 2008, convertito nella Legge nr. 133 del 6 agosto 2008. Visibile sul sito web: www.normattiva.it. 82 Cfr. l’articolo 8 del D.P.R. nr. 160 del 7 settembre 2010. Visibile sul sito web: www.normattiva.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 57 Il Comune di Pisticci rappresenta un caso alquanto emblematico: il P.R.G. è stato approvato all’inizio degli anni ottanta, non è stato mai adeguato e, nonostante la legge urbanistica regionale abbia previsto che i Comuni avrebbero dovuto dotarsi del Regolamento Urbanistico e del Piano Strutturale Comunale nei primi anni del nuovo millennio, solo oggi ha una proposta, quindi non ancora norma, del solo Regolamento Urbanistico. Nel prossimo paragrafo verrà esplicitata l’efficacia propulsiva del modello di pianificazione del territorio proposto, annotando gli elementi vocazionali. Va rilevato un ultimo elemento di difficoltà del rapporto tra urbanistica ed insediamento commerciale ed anche in questo caso saranno evidenziati aspetti contenuti nel dettato normativo. La cosiddetta riforma Bersani, nel distinguere le varie tipologie delle strutture di vendita 83, a differenza della previgente legislazione, non prevede alcun atto di programmazione commerciale per i cosiddetti esercizi di vicinato, mentre vincola all’approvazione di specifici criteri l’insediamento delle medie e grandi strutture di vendita 84. Da questo quadro normativo emerge che gli esercizi di vicinato non debbano essere sottoposti a nessuna programmazione commerciale perché il loro insediamento è disciplinato unicamente dal piano urbanistico, 83 D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998. Articolo 4, comma 1°: […] d) per esercizi di vicinato quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; e) per medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; f) per grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto e); […]. 84 D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998. Articolo 8, comma 3°: “Il comune, sulla base delle disposizioni regionali e degli obiettivi indicati all'articolo 6, sentite le organizzazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1”; Articolo 9, comma 3°: ” La domanda di rilascio dell'autorizzazione è esaminata da una conferenza di servizi indetta dal comune, salvo quanto diversamente stabilito nelle disposizioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni dal ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la Regione, la Provincia e il Comune medesimo, che decide in base alla conformità dell'insediamento ai criteri di programmazione di cui all'articolo 6. Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro novanta giorni dalla convocazione; il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione”. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 58 mentre le strutture commerciali più consistenti (medie e grandi) sono sottoposte ad una doppia disciplina, quella commerciale e quella urbanistica. Ad ingarbugliare ulteriormente la matassa ci ha pensato, ancora una volta, il legislatore. La riforma costituzionale del 2001 e, soprattutto, le pressioni esercitate sul governo dalla crisi economica di questi ultimi anni, hanno prodotto nuova legislazione a carattere nazionale nell’alveo del principio della tutela della concorrenza, considerata materia trasversale e, quindi, di competenza statale 85. In particolare, con una serie di leggi emanate tra il 2006 ed il 2012 86 sono stati eliminati una serie di vincoli e limitazioni sui quali era fondata la programmazione commerciale. Sono state abrogate norme che prevedevano limiti numerici per le attività economiche in generale e per gli esercizi commerciali in particolare, fondati su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite per aree subregionali, nonché sulla definizione discrezionale dell’offerta basata sulla quantità di domanda presunta. E’ del tutto evidente che queste ultime normative limitano alquanto la valenza della programmazione commerciale, iscrivendo in ambito urbanistico diverse annotazioni della stessa programmazione. E’, quindi, un tema centrale per l’urbanistica prendersi cura di aspetti più tipicamente economici, compresi quelli attinenti al settore del commercio, per fornire specifici strumenti operativi, al fine di sviluppare sinergie tra la funzione svolta dal commercio e quella svolta 85 La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha sostenuto la presenza all’interno dell’elenco dell’art. 117, 2° comma, della Costituzione, di materie di valore individuate in base al fine ed allo scopo che l’intervento legislativo mira a perseguire, tra questa è annoverata la tutela della concorrenza. Cfr. R. BIN e G. FALCON, Diritto Regionale, IL MULINO, Bologna, 2012, pp. 223 e 224. 86 La legislazione cui si riferisce è la seguente: Legge nr. 248 del 4 agosto 2006; D. Lgs. nr. 59 dell’8 maggio 2010 di attuazione della direttiva europea 2006/123/CE; il D.L. nr. 138 del 13 agosto 2011, convertito nella Legge nr. 148 del 14 settembre 2011; il D. L. nr. 201 del 6 dicembre 2011, convertito nella Legge nr. 214 del 22 dicembre 2011; il D.L. nr. 1 del 24 gennaio 2012, convertito nella Legge nr. 27 del 14 marzo 2012; il D.L. nr. 5 del 9 febbraio 2012, convertito nella Legge nr. 35 del 4 aprile 2012. Visibili sul sito web: www.normattiva.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 59 da tutti gli elementi connotanti il territorio. Un intervento di programmazione commerciale non può, quindi, prescindere dalla pianificazione urbanistica, considerato che solo in quest’ultima possono essere rintracciati gli strumenti necessari alla gestione dell’impatto sul territorio prodotto dall’insediamento delle attività economiche. Ma v’è evidentemente di più. Un di più che è possibile rintracciare solo se all’urbanistica si approda con un’accezione multidisciplinare e con l’intento di originare le politiche di sviluppo locale di cui si è parlato nel 1° Capitolo. Solo in questo caso il connubio, pur difficile, si esplicherà attraverso una dinamica relazione tra tutti gli aspetti del territorio, compresi quelli economici. Un territorio che non corrisponde ad una concezione esclusivamente topografica, ma ad un mondo vitale di persone, un luogo di esperienze ed una sfera di competenze. E’ proprio della progettazione, ovvero di quella tipica attività umana che immagina lo spazio e gli oggetti in funzione di un’attività, di uno scopo, dei potenziali fruitori, trasformare un ambiente in un luogo, ossia in un territorio dotato di significato 87. Il connubio, quindi, oltre che tra lo strumento di programmazione e quello di pianificazione, va cercato anche tra il territorio nella sua interezza ed i suoi abitanti. La vocazione del territorio di Pisticci espressa dal Regolamento Urbanistico Sulla scorta degli elementi di connubio, così come ridefiniti nel precedente paragrafo, saranno ricercate tracce di vocazione del territorio, utilizzando le lenti dell’autosostenibilità e della coscienza di 87 TERRI MANNARINI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, 2004, pp.18 e 21. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 60 luogo, così come definite nel 1° Capitolo. Come si è fatto cenno innanzi, il Comune di Pisticci è in procinto di approvare, sia pure con notevole ritardo, il primo dei due documenti previsti dalla Legge Urbanistica Regionale 88: il Regolamento Urbanistico. Pertanto, nell’analisi documentale della relazione preliminare del Regolamento urbanistico del Comune di Pisticci, si cercherà di focalizzare i sentieri vocazionali sui quali fondare processi di sviluppo locale. Già ad un preliminare sguardo del documento occorre annotare un elemento che, nella logica di un approccio all’urbanistica quale condicio sine qua non per inscrivere nel territorio il progetto di sviluppo, ne fa perdere la sua valenza multidisciplinare. Infatti, nel gruppo di progetto incaricato di redigere lo strumento di pianificazione, pur con la presenza di docenti universitari, vi sono esclusivamente tecnici: ingegneri ed architetti 89. Questa preliminare annotazione non è di poco conto, in quanto mutila notevolmente il progetto di diverse sensibilità professionali, necessarie per inscriverlo e situarlo nel territorio. Il documento preliminare della pianificazione, dopo aver registrato e commentato gli elementi costitutivi del profilo territoriale e del bilancio urbanistico, annota alcune peculiarità: “tuttavia è proprio nel paesaggio delle zone interne, segnatamente delle colline e dei calanchi, che si concentrano i caratteri più peculiari del territorio 90 di 88 L.U. Regione Basilicata nr. 23 dell’11 agosto 1999 e s.m.i.: tutela, governo ed uso del territorio. Detta legge fa un chiaro richiamo ai principi della democrazia partecipativa quando stabilisce tra le finalità (comma 1° dell’articolo 1) che “la pianificazione territoriale ed urbanistica, quale parte organica e sostanziale della programmazione regionale, persegue, attraverso le modalità, le procedure e le strutture operative definite nella presente legge ed in riferimento a principi di trasparenza, partecipazione alle scelte ed equità nella ridistribuzione dei vantaggi, obiettivi di sviluppo sostenibile nel governo unitario del territorio regionale”. E’ difficile, allo stato, dire quanto la pianificazione nei vari Comuni della Regione sia stato il frutto di scelte “partecipate” dai cittadini interessati. L’esperienza che ho acquisito mi suggerisce che spesso i pochi incontri programmati con le comunità interessate, si sono trasformati in teatrini per parate di politici in cerca di visibilità e di pochi addetti ai lavori. 89 Attualmente il gruppo di progetto non ha più alcun incarico da parte della Pubblica Amministrazione ed ha, quindi, consegnato tutta la documentazione preliminare. L’incarico è stato affidato ad uno solo dei tecnici dello stesso gruppo. 90 Appare evidente che in questo caso la parola “territorio”, così come in tutto il documento, è utilizzata come Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 61 Pisticci: un territorio tra i più belli della regione, ancora sostanzialmente integro perché non investito da significativi fenomeni di diffusione 91, ricco di risorse agricole di pregio” 92. Più oltre fissa, quale obiettivo primario che l’Amministrazione Comunale intende perseguire attraverso gli atti di pianificazione, quello di “dare un nuovo assetto al territorio di Pisticci” 93. Gli obiettivi strategici della proposta di pianificazione territoriale “discendono dalla individuazione dei valori primari e fondanti del territorio di Pisticci: quelli sui quali si possono costruire scenari di lungo periodo attraverso i quali filtrare i problemi del presente ed individuare gli obiettivi specifici e le azioni finalizzate per il loro perseguimento. In estrema sintesi questi valori (primari e fondanti) risiedono, in primo luogo, nella bellezza ancora sostanzialmente integra del territorio non urbanizzato, tra i pochi non ancora colpito da fenomeni di diffusione, e, in secondo luogo (ma di pari importanza), nella peculiarità assoluta dell’impianto urbano del centro-città e dell’architettura della sua parte più antica. Son questi valori duraturi che vanno prioritariamente difesi e, se possibile, arricchiti, in quanto proiettano l’immagine di Pisticci nel panorama nazionale ed internazionale e possono costituire fattori di attrazione e di crescita economica […]. Da ciò derivano le prime due scelte strategiche che informano entrambi gli strumenti di pianificazione (RU ed PSC) ed i conseguenti atti dell’Amministrazione Comunale: ad un modello territoriale policentrico; alla massima tutela e valorizzazione dell’ambiente naturale e storico” 94. Ho voluto trascrivere integralmente un lungo passaggio della sinonimo di “ambiente”. 91 In tutto il documento preliminare non è specificato il significato della locuzione “fenomeni di diffusione”. Tuttavia, dal tenore dello stesso, penso che possa essere interpretata come “diffusione dell’edificato”. 92 Relazione preliminare al Regolamento Urbanistico, 2010, p. 9. 93 Op. cit. p. 9 94 Op. cit. p. 11. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 62 relazione perché risulta alquanto emblematico. La prima, quasi spontanea, domanda che sorge appena letto il brano è: di quale territorio si sta parlando? Se non fosse per la parola “Pisticci”, inserita ben due volte, le considerazioni e le argomentazioni proposte possono andar bene per qualsiasi luogo e per qualsiasi tempo. E’ la logica del progettista con la valigetta scura con dentro progetti precostituiti, che si allontana sempre più dalla logica del progetto locale. E’ un chiaro esempio di urbanistica globalizzata: stesso disegno della città, stesse direttrici di sviluppo, stessa logica di progettare gli spazi pubblici; stessa assenza di ogni riferimento al luogo. Forse abbiamo ceduto troppo presto alla voglia di commentare i contenuti del documento, per cui vorremmo andare avanti nell’analisi, cercando quelle tracce vocazionali di cui abbiamo fatto cenno innanzi. Un secondo gruppo di obiettivi che vengono annotati nella relazione riguardano il miglioramento della qualità urbana nei quattro centri abitati in cui è suddiviso il Comune 95. Per tutti e quattro gli ambiti urbani individuati il documento elenca obiettivi inerenti la conservazione, il recupero, la riprogettazione, la riqualificazione dell’edilizia esistente. Solo per l’area industriale di Pisticci scalo accenna ad una multifunzionalità da sviluppare attraverso un Programma Integrato di Intervento 96 dell’area edificata ed urbanizzata che, già di proprietà della SNAM, è stata da pochi anni ceduta al Comune “in vista della conversione e della valorizzazione dell’intero agglomerato industriale e del potenziamento dell’aeroporto” 97. La tutela e la valorizzazione dell’ambiente naturale costituiscono il substrato di obiettivi, quali: la conservazione ed il recupero dell’impianto urbano e 95 I quattro centri abitati sono: Pisticci-città; Pisticci scalo, Tinchi e Marconia. Il Programma Integrato di Intervento (PrInt), previsto dalla Legge nr. 179 del 17 febbraio 1992 e dalle rispettive leggi regionali, è una forma di programmazione negoziata finalizzata a riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale di un territorio. Prevede una pluralità di funzioni, soprattutto di natura pubblica ed ha una rilevanza territoriale capace di incidere fortemente sulla riorganizzazione dell’ambito urbano. 97 Relazione preliminare al Regolamento Urbanistico, 2010, p. 11. 96 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 63 dell’edilizia di valore storico; lo studio delle possibili evoluzioni dell’edilizia storica; la tutela delle aree naturali ed agricole pregiate; la prevenzione dei rischi geologici; la “tutela del litorale”98 e la “possibilità di sviluppo di attività produttive e ricreative di qualità” 99. Il documento va oltre e, nel definire gli obiettivi specifici, suggerisce che “il RU ha essenzialmente lo scopo di sbloccare la situazione dei centri abitati e di consentire che al loro interno si rimetta in moto una dinamica urbanistica finalizzata alla soluzione dei problemi attuali e più urgenti dei centri medesimi, problemi che non possono più trovare la loro risoluzione all’interno del P.R.G. previgente e superato […]” 100. In prosieguo presenta una sintesi dei principali problemi e, per tutti e quattro gli agglomerati urbani considerati, annota un puntuale elenco di interventi di carattere edilizio, con l’unica eccezione costituita dalla previsione del Programma Integrato di Intervento per alcune zone di Marconia. Dal documento non si evince alcunché in merito agli obiettivi del PrInt, né il perché dell’opzione di intervento scelta, rispetto ad altri programmi. La relazione non ha scordato di appuntare considerazioni in merito ai regimi d’uso. “Per quanto riguarda il Regime d’uso, che viene classificato come prevalentemente residenziale, le Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico lo disciplineranno in modo più dettagliato in base al criterio di lasciare la maggiore libertà possibile alle iniziative di valorizzazione economica, attraverso il possibile inserimento di servizi alla persona, ricettivi, culturali, commerciali, purché siano di non grande dimensione”101. Anche in questo caso, ho voluto trascrivere per intero il testo della relazione, perché quest’ultima citazione costituisce il punto di maggior rilievo in merito alle vocazioni 98 Op. cit., p. 12 Op. cit., p. 12. 100 Op. cit. p. 12. 101 Op. cit. p. 16. 99 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 64 di sviluppo economico espresse dal documento preliminare della proposta di Regolamento Urbanistico. Oltre quanto innanzi riportato, il documento preliminare si sofferma sulle dinamiche demografiche utilizzando dati alquanto remoti, sul bilancio dei volumi edificati e sulla dotazione degli standard urbanistici 102. Le dinamiche demografiche ed il bilancio urbanistico costituiscono la parte più analitica del documento, tuttavia è del tutto evidente la loro inadeguatezza per sostenere ed argomentare le scelte proposte. Non è in discussione il modello di territorio che la relazione previsionale identifica, considerato che l’esame approfondito del documento non riesce ad individuarne alcuno. L’eccessiva genericità e sinteticità, sia dello stato del territorio, che degli obiettivi proposti, non permettono l’individuazione di alcuna linea di azione per l’attuazione di politiche di sviluppo locale autosostenibile di tutte le componenti del territorio. Utilizzare l’epidermica lettura del territorio proposta dalla relazione previsionale del Regolamento Urbanistico rende davvero difficile proporre una programmazione commerciale che esca dalla concettualizzazione astratta di princìpi e sappia trovare adeguati riscontri ad un interesse costituzionalmente tutelato. Men che meno è pensabile, data la genericità dei principi espressi, di inscrivere nel testo di questa pianificazione urbanistica la tutela di qualunque interesse economico. Occorre, quindi, cercare nelle pieghe del nuovo Regolamento urbanistico e, nello specifico, nelle Norme Tecniche di Attuazione e nelle relative Tavole, quelle tracce vocazionali del territorio, nell’ottica dell’autosostenibilità. Nei paragrafi che seguono cercheremo di individuare più nel dettaglio il percorso evolutivo, il paradigma, gli obiettivi e gli strumenti della programmazione, rimandando, come 102 Per gli standard urbanistici, il D.M. nr. 1444 del 1968 prevede aree minime per servizi dell’istruzione, per il verde pubblico, per i parcheggi, ecc. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 65 detto, alla stesura delle Norme Tecniche di Attuazione l’attuazione degli obiettivi della stessa programmazione commerciale. Nel Capitolo successivo sarà, invece, presentata una lettura del territorio caratterizza da un approccio di tipo socio-economico, nella quale ricercare quegli elementi evidenzianti le vocazioni del territorio, che saranno riportate nella proposta di Regolamento Urbanistico. Un ripasso storico In Italia la prima regolamentazione in materia di commercio venne prodotta nel ventennio fascista: la Legge nr. 2501 del 18 dicembre 1927. Nel solco dell’impostazione generale dell’ordinamento giuridico dell’epoca anche questa legge di settore non aveva principalmente finalità economica, bensì l’intento di assoggettare le attività ad un regime di licenze e controlli di polizia per la tutela dell’interesse generale dell’ordine e dell’igiene pubblica. Questa legge è rimasta in vigore oltre quarant’anni, nonostante la Costituzione del 1948 avesse stabilito il principio della libertà dell’iniziativa economica 103, pur con le necessarie limitazione funzionali alla tutela degli interessi generali. La promulgazione della legge nr. 426, avvenuta l’11 giugno 1971, può essere considerata l’evento da cui prende avvio la vera trasformazione della rete distributiva commerciale in Italia. Nella scia del pensiero di interventismo statale, dominante in quegli anni, la più eclatante novità introdotta dalla legge è il concetto di “pianificazione” a mezzo della formazione dei piani di sviluppo e di adeguamento della 103 Art. 41. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 66 rete distributiva di vendita 104. L’elemento fondante, su cui la stessa legge erigeva il paradigma della pianificazione, consisteva nella divisione dei prodotti commerciali in due categorie merceologiche: una prima categoria composta da alimentari ed abbigliamento, quali beni di largo e generale consumo; una seconda categoria residuale composta da tutti gli altri beni commercializzabili. Il commercio dei beni inscritti nella prima categoria era soggetto a pianificazione contingentata in termini di superficie massima autorizzabile per ogni singola zona commerciale; il commercio dei beni residuali era, invece, nella disponibilità della libera iniziativa del mercato. La legge venne promulgata all’inizio degli anni settanta, segnati da una forte presenza dello Stato nell’economia e, nonostante il forte ritardo nell’approvazione delle norme di esecuzione 105, senza le quali nessun Comune avrebbe potuto adottare provvedimenti di pianificazione, conteneva già qualche elemento di liberalizzazione del settore. Una sorta di liberalizzazione ante litteram e limitato al commercio di beni di scarso rilievo economico. Nel periodo trentennale di vigenza della legge in Italia si sono susseguite alterne vicende con evidenti risvolti nell’economia e nel sociale. Nel primo periodo, corrispondente agli anni Settanta, il processo di modernizzazione della rete distributiva commerciale, auspicato dalla legge con la previsione degli effetti benefici della pianificazione, avanza molto lentamente, anzi quasi per nulla, considerata la mancanza di 104 Art. 11 - Principi generali. - Al fine di favorire una più razionale evoluzione dell'apparato distributivo, i Comuni procedono alla formazione di un piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita […]; Il piano, nel rispetto delle previsioni urbanistiche, tende ad assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore e il maggior possibile equilibrio tra installazioni commerciali a posto fisso e la presumibile capacità di domanda della popolazione stabilmente residente e fluttuante, tenuto conto anche delle funzioni svolte dall'ambulantato […]; Art. 12 - Piani comunali - Il piano rileva la consistenza della rete distributiva in atto nel territorio del comune, detta norme e direttive per lo sviluppo e l'adeguamento della medesima, e può determinare, per i vari settori merceologici, la superficie minima dei locali adibiti alla vendita […]. 105 D.M. nr. 375 del 4 agosto 1988. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 67 uno strumento di esecuzione del testo legislativo. Sono anni di forte stagnazione economica e di forti tensioni politiche e sociali. Un diverso orientamento si è registrato negli anni Ottanta. In questo periodo le imprese commerciali italiane hanno parzialmente recuperato il ritardo rispetto all’attività distributiva nel resto d’Europa. La ripresa economica ed il boom dei consumi della metà di quegli anni hanno costituito la forza trainante di questo recupero. Il mutato atteggiamento politico e culturale degli italiani ha costituito il fattore che ha determinato la ripresa; le Pubbliche Amministrazioni hanno iniziato ad adottare i primi strumenti di pianificazione. Gli anni Novanta hanno nuovamente segnato una contrazione dei consumi, che raggiunge il picco negativo nel 1993, quando il reddito disponibile delle famiglie italiane diminuisce del 5,2% 106. Nonostante la ripresa produttiva, iniziata a partire dalla metà del decennio Novanta, i consumi continuano a ristagnare e la domanda aggregata cresce solo per il segno positivo delle esportazioni, piuttosto che per la domanda interna. Il vero fenomeno nuovo di questi anni è l’insediamento di nuove tipologie distributive, ben più aggressive della classica Unità Locale della tradizionale impresa commerciale. E’ il periodo in cui comincia ad essere apprezzabile il tasso di insediamento dei primi ipermercati, hard-discounts e grandi superfici di vendita despecializzate. Il rovescio di questa medaglia è, evidentemente, costituito da una forte riduzione del commercio tradizionale. Già apparivano all’orizzonte segnali di turbolenza del settore e, ai più, appariva del tutto necessario un segnale di cambiamento di rotta. Le politiche di pianificazione delle Pubbliche Amministrazioni locali avrebbero dovuto dare una risposta in termini di nuovo orientamento e di sostegno alle piccole e medie imprese del settore che, altrimenti, non 106 ISTAT, I consumi delle famiglie. Anno 1993. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 68 avrebbero retto il peso degli elementi devastanti indotti dal mutamento del mercato. Lo strumento previsto per affrontare la complessa problematica del settore, costituito “dai piani di sviluppo e adeguamento della rete di vendita”, apparve del tutto inefficace. Quei pochi provvedimenti di pianificazione approvati mostrarono immediatamente un grosso deficit, costituito dalla mancanza di una propedeutica fase analitica focalizzata sul territorio e, di conseguenza, presentarono difficoltà a produrre strumenti operativi efficaci per reali dinamiche di sviluppo. Un’ulteriore aggravante era costituita da una netta disgiunzione tra pianificazione commerciale e pianificazione urbanistica che, per la verità, era del tutto prevedibile, considerato il dettato normativo che assoggetta la prima alle disposizioni della seconda 107. Una lettura odierna del periodo di vigenza della Legge nr. 426 è un racconto di un coacervo di occasioni mancate e di rarissime opportunità concretizzate. La scarsa pianificazione effettuata, la mancanza, pressoché totale, delle norme di raccordo tra la pianificazione commerciale e la pianificazione urbanistica, hanno reso inefficace la strategia prevista dal testo legislativo per la modernizzazione del settore. L’avvio della rivoluzione tecnologica ha segnato la seconda metà degli anni Novanta ed ha avuto risvolti sia sotto il profilo economico, sia sotto quello sociale. Lo sviluppo della conoscenza dei dati e la trasmissione automatizzata delle informazioni su canali comunicativi impensabili nel periodo precedente hanno fortemente influenzato l’economia e la società. In questa cornice socio-economica sono maturate le condizioni per un cambiamento di rotta che rappresentasse una vera rivoluzione per il settore della distribuzione 107 Cfr. il 2° comma dell’art. 11 della Legge nr. 426/1971, riportato nelle precedenti note. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 69 commerciale al dettaglio. Il 31 marzo 1998, con Decreto Legislativo nr. 114, è stata approvata la “riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4 – comma 4° - della Legge 15 marzo 1997, n. 59”. Più nota come “Riforma Bersani”, il decreto rappresenta attualmente la magna charta del settore pur se, in seguito alla modifica del Titolo V della Costituzione, la materia è di competenza esclusiva delle Regioni. La riforma venne acclamata come il manifesto della liberalizzazione del commercio fondata sui principi della libera concorrenza e della libera circolazione dei prodotti in vendita. Abolisce il concetto di pianificazione e di altri interventi pubblici nell’economia e stabilisce che le Regioni, quali indirizzi generali per l’insediamento delle attività economiche, devono fissare criteri di programmazione urbanistica riferita al settore del commercio 108. Il paradigma della programmazione commerciale Evidenziare il ruolo che la programmazione commerciale può assumere all’interno di un processo di sviluppo locale può sembrare del tutto marginale. Le ragioni di questa apparente marginalità vanno ricercate in molte direzioni: dall’idea che il commercio è un fatto privatistico, al ritenerlo una forma minore di economia, dalla mancanza di professionalità degli operatori, spesso ritenuti quasi imprenditori di ripiego, alle politiche economiche delle Pubbliche Amministrazioni, che continuano a coltivare malsane idee di sviluppo di stampo fordista improntato alla mera crescita economica, ammiccando alla grande industria o ad un turismo di razzia. Nel 108 Cfr. art. 6 del D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 70 prosieguo di questo paragrafo si cercherà, invece, di fondare le ragioni a sostegno di un ruolo strategico della programmazione commerciale quale elemento che può contribuire alla definizione di coscienza di luogo ed in più sostenere processi di sviluppo locale, dei quali si è parlato nel 1° Capitolo. Preliminarmente occorre chiarire che l’obiettivo non è riproporre l’ennesimo strumento di programmazione per la definizione di uno specifico sviluppo del territorio, improntato su alcuni determinati temi. L’intervento é, invece, quello di delineare una logica di fondo, un paradigma generale dell’intervento di programmazione che possa fungere da guida per la realizzazione di progetti partecipati all’interno del territorio. La logica di fondo che si vuole delineare è inscrivibile in un paradigma segnato da due linee di demarcazione: • rivalutazione della dimensione partecipativa, per sviluppare processi cooperativi che tengono viva la dimensione sociale e consentono alle comunità locali di sostenere i propri membri nel collaborare per raggiungere obiettivi comuni e soddisfare i loro bisogni fondamentali 109; • progetto locale dello sviluppo autosostenibile, che valorizzi il territorio in tutte le sue componenti e senza patrimonializzarlo. Fissate le linee di demarcazione del paradigma che si vuole definire, occorre un’ulteriore considerazione per una maggiore definizione del quadro di riferimento e per una, sia pur essenziale, teoria del metodo di programmazione. I profondi cambiamenti antropologici, sociali ed economici di questi ultimi decenni hanno reso obsoleti i modelli simbolici e le risorse di senso tradizionali. I codici culturali tradizionali non aiutano più le persone, le istituzioni ed anche le strutture produttive a 109 Cfr. TERRI MANNARINI, Comunità e Partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004, p. 38. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 71 orientarsi sensatamente entro gli ambienti di riferimento. Si vive in continua crisi di senso sociale ed economico e c’è uno stato di incertezza diffusa, causato dalla mancanza di ancoraggi a dispositivi regolativi consolidati. L’obsolescenza dei modelli simbolici implica una caduta della capacità strategica di governare i processi organizzativi, i processi produttivi e le relazioni sociali 110. I contesti sociali e quelli economici sono caratterizzati da un elevato tasso di dinamicità e, pertanto, non sono immediatamente ascrivibili in un sistema semiotico noto e, dunque, non istantaneamente prevedibili e controllabili. I progetti non si definiscono nella relazione immanente con il territorio nel quale vengono realizzati e la mancanza di invarianza e prevedibilità della relazione sollecita nuovi processi di innovazione, sia in ambito istituzionale, sia in ambito organizzativo e produttivo. Questa concezione rappresenta una chiara critica al modello classico dello sviluppo. Questo, come già si è detto ampiamente nel 1° Capitolo, rappresenta una concezione limitata e distorta dello sviluppo, poiché lo interpreta essenzialmente come problema tecnico per una crescita infinita. In antitesi a tale visione, occorre coltivare un’idea che ancori l’autosostenibilità della crescita alla capacità del territorio di generare sviluppo locale. In tale concezione l’interesse particolare, anche di carattere economico, e la cosa pubblica trovano la giusta ricomposizione ed è lo stesso capitale sociale ad alimentare lo sviluppo civile 111 ed anche produttivo. Definire un metodo di programmazione economica è cosa assai complessa, che diviene impossibile e sostanzialmente inutile se si parte con l’obiettivo di determinare un repertorio di risposte. Ciò che più funzionalmente può costituire lo strumento di programmazione è un 110 Cfr. MARCO GUIDI e SERGIO SALVATORE, Trasformazioni di scenario e nuovi modelli, in Gli esperti della Formazione a cura di FRANCO BOCHICCHIO, AMALTEA EDIZIONI, 2006, pp. 188, 189 e 190. 111 Op. cit., p. 192. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 72 repertorio di criteri, ovvero una modalità sovraordinata di elaborazione degli input del territorio mediante categorizzazioni dinamiche e situate. Definire un repertorio di risposte significa definire modelli di pensiero che operano localmente ed in modalità tendenzialmente incapsulata e cieca rispetto al contesto, poiché focalizzati ad individuare la risposta giusta suscitata da qualunque stimolo. E’ alquanto limitato pensare di proporre un simile modello per implementare processi di sviluppo autosostenibile. Definire un repertorio di criteri significa, invece, operare mediante dispositivi categoriali sovraordinati, sviluppando azioni di governo capaci di interpretare il territorio 112, ascoltando tutte le voci che da esso si levano. Il modello proposto è finalizzato a potenziare la capacità di tutti gli attori del territorio: per governare l’azione, in rapporto alla variabilità ed alla peculiarità contestuale, mediante dispositivi categoriali sovraordinati; per costruire modalità efficace di partecipazione per la piena realizzazione ella democrazia deliberativa; per focalizzare bisogni politici, sociali, economici, ambientali e territoriali per finalizzare uno sviluppo autosostenibile; per sviluppare un rapporto simbiotico tra tutte le componenti del territorio; per educare ad un pensiero destrutturante capace di soluzioni innovative. Un paradigma, quindi, capace di guidare l’azione di programmazione: per definire il ruolo del commercio nel disegno del territorio; per definire le sinergie funzionali tra il commercio, le altre attività economiche, quelle di servizio ed il sistema ambientale, paesaggistico e naturale; per definire la funzione ed il ruolo del commercio nei processi di caratterizzazione dell’identità storica, culturale e sociale. 112 Op. cit., p. 200. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 73 Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione commerciale La programmazione del settore del commercio delineata nel quadro normativo introdotto dalla Riforma Bersani è sorretta da due tematiche prevalenti: • l’individuazione della Regione e del Comune quali livelli istituzionali più adeguati per una strategia efficace ad una finalità di programmazione capace di produrre il virtuoso connubio tra la logica degli insediamenti commerciali e la pianificazione urbanistica del territorio; • la consapevolezza della sostanziale diversità dei territori sui quali sviluppare, con le caratteristiche e gli attributi del progetto locale, la programmazione commerciale. Un primario obiettivo da raggiungere attraverso la programmazione è costituito, quindi, dalla valorizzazione degli elementi della pianificazione urbanistica, quali elementi qualificanti l’intervento. Le contaminazioni reciproche tra la programmazione commerciale e la pianificazione urbanistica, costituiscono il nodo centrale del percorso teso a definire il ruolo del commercio nel territorio. E’ una sorta di rivoluzione eguaglianza copernicana, tra la giacché funzione viene sancita commerciale e una sostanziale quella industriale, includendo anche l’insediamento delle strutture commerciali tra quelle produttive in generale, suscettibili di limitazioni e di regolamentazioni solo in base a precisi indicatori di compatibilità urbanistica. Lo stesso obiettivo può essere descritto in un’accezione positiva: il tema dell’ammodernamento e della razionalizzazione dell’apparato distributivo deve essere sviluppato attraverso strumenti di studio, di analisi e Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 74 di indirizzo che incidano sull’assetto urbanistico del territorio e ne determinino un progetto di sviluppo locale. Un obiettivo complesso, dal quale dipende gran parte dell'efficacia dell'attività amministrativa inerente la stessa programmazione commerciale. Partendo da questo assunto, sono stati assegnati alle Regioni ed ai Comuni, quali livelli ottimali di programmazione, chiari compiti per le scelte di politica di sviluppo del territorio relativa agli insediamenti commerciali. L’assetto dei poteri e delle competenze previsto nella Riforma Bersani attribuisce alle Regioni ed ai Comuni un nuovo ruolo maggiormente propulsivo, non solo perché debbono adottare politiche organiche per lo sviluppo del territorio, ma soprattutto perché hanno la possibilità di individuare modelli di programmazione, strumenti e regole diversificate e, quindi, più rispondenti alle diverse esigenze espresse da territori diversi. Questa è la seconda linea di demarcazione degli obiettivi fissati dalla riforma, in netta contrapposizione con quanto previsto dalla previgente legislazione, secondo la quale tutte le regioni avrebbero dovuto gestire e governare uniformemente il settore, prescindendo dalla diversità dei luoghi. E’ la Regione, quindi, il primo livello a governare questa differenziazione ed anche a dosare il grado di autonomia dei Comuni in relazione ad alcuni ambiti: i centri storici, le aree metropolitane, le aree montane. Più nel dettaglio, la riforma fissa alcuni obiettivi perimetrati dalle due linee tematiche innanzi annotate. Le scelte di politica regionale dovranno essere indirizzate a precise finalità, quali 113: • elevare la produttività e la qualità di una rete distributiva sempre più integrata con le altre funzioni produttive; • assicurare la libera concorrenza e l’equilibrato sviluppo delle 113 Cfr. il 1° comma dell’articolo 6 del D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. Visibile al sito web: www.normattiva.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 75 differenti forme e tipologie distributive; • valorizzare la funzione commerciale al fine di riqualificare il territorio nella sua interezza; • riqualificare le aree urbane di maggior pregio, salvaguardandone gli aspetti storici, artistici, ambientali, naturali, culturali e sociali; • assicurare la presenza di servizi commerciali adeguati nelle aree montane, rurali ed insulari; • privilegiare lo sviluppo e la trasformazione delle piccole e medie imprese operanti nel territorio; • costituire appositi osservatori finalizzati alla conoscenza ed alla valutazione dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva. Più di recente, nel 2001, la modifica del Titolo V della Costituzione 114 ha trasferito la materia nella competenza delle regioni. L’articolo 117 della Costituzione, così come novellato, ha profondamente modificato la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni. La materia del commercio non viene menzionata nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, né viene annoverata tra le materie nelle quali le Regioni hanno competenza legislativa concorrente con quello dello Stato. Ne consegue, dunque, che le Regioni hanno competenza esclusiva in materia di commercio. Il quadro normativo che emana dal dettato costituzionale è, però, meno chiaro di quanto appaia. Infatti permane la competenza dello Stato su alcune materie, concorrenti o trasversali, quali la tutela della concorrenza, la tutela dell’ambiente, il sostegno all’innovazione dei sistemi produttivi, la tutela della salute e dell’alimentazione, ecc., che hanno conseguenze rilevanti in materia di commercio. Queste ultime, percorrono trasversalmente tutti i vari settori produttivi, circoscrivendo 114 Legge Costituzionale nr. 3 del 18 ottobre 2001. Visibile al sito web: www.normattiva.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 76 e limitando la piena potestà legislativa regionale 115. Stabilito l’alveo ed i limiti della competenza, la Regione Basilicata ha approvato e pubblicato la Legge nr. 19 del 20 luglio 1999, denominata “Disciplina del Commercio al dettaglio su aree private in sede fissa e su aree pubbliche”, modificata ed integrata dalla successiva Legge nr. 16 del 22 marzo 2000, ulteriormente modificata ed integrata, in ossequio al disposto nel dettato costituzionale dopo la modifica del 2001, con la Legge nr. 23 del 30 settembre 2008 116. L’impianto normativo regionale delinea gli adempimenti comunali, in parte obbligatori, in parte facoltativi, che, diversificati per ogni ambito territoriale, dovranno condurre agli obiettivi della riforma del commercio voluta dal “Decreto Bersani” e dal trasferimento delle competenze in materia di commercio voluto dal nuovo testo Costituzionale del 2001. In coerenza con la ratio legis nazionale, le disposizioni regionali definiscono criteri di programmazione correlati alla pianificazione urbanistica. Le funzioni e le competenze attribuite ai Comuni possono essere così riassunte: • i Comuni, attenendosi ai criteri regionali, devono individuare le aree da destinare agli insediamenti commerciali, specificando dove sono consentiti gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita 117; • l’individuazione delle aree deve essere supportata da apposite indagini urbanistico-territoriali, con particolare riferimento a diversi fattori, quali le caratteristiche della viabilità, il livello della domanda di beni della popolazione residente e fluttuante, le caratteristiche strutturali dell’offerta. La scelta delle eventuali 115 Cfr. l’intervento di Daniela Paradisi, Direzione Generale per il Commercio del Ministero dello Sviluppo Economico, alla 5^ edizione del Convegno Nazionale in tema di “Commercio ed Attività Produttive”, Bologna 8 novembre 2006. 116 Il testo coordinato delle norme regionali è visibile al sito web: http://www.consiglio. basilicata.it/consiglionew/site/Consiglio/section.jsp?sec=107173&otype=1150. Visita del 7 dicembre 2014. 117 Cfr. il 1° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 77 aree per ospitare grandi strutture deve scaturire da indagini conoscitive di carattere sovracomunale 118; • l’individuazione delle aree destinate a medie e grandi strutture tenendo conto delle strutture esistenti, di fornire servizi commerciali equamente ripartiti e diffusi sul territorio, di decentrare le attività commerciali a favore delle zone e dei quartieri periferici, ove la carenza di servizi accentua il degrado e l’emarginazione, di privilegiare le previsioni di nuclei commerciali integrati con altre attività di servizio pubbliche e private, dell’accessibilità veicolare e pedonale alle strutture di vendita, della facilità di immissione sulla viabilità primaria o ad alto scorrimento; di evitare situazioni di monopolio 119. La Regione Basilicata ha voluto dare attuazione agli obiettivi sanciti a livello nazionale, sottolineando, tra l’altro, l’importanza di tematiche quali l'integrazione degli interventi di pianificazione territoriale, la gradualità della trasformazione attraverso opportuni processi di riconversione della rete esistente, la tutela e la rivitalizzazione dei centri storici e degli ambiti territoriali di particolare interesse artistico, culturale ed ambientale. Nella normativa regionale sono delineati gli adempimenti comunali che devono condurre, con percorsi diversificati per ogni ambito territoriale, agli obiettivi fissati dalla riforma del commercio. Ai Comuni è assegnato il compito di tradurre, a livello locale, i criteri di programmazione fissati dalla Regione, attraverso un complesso procedimento di adeguamento 120 della pianificazione territoriale. Nell’ambito di questo complesso procedimento, un capitolo 118 Cfr. il 2° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008. Cfr. il 3° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008. 120 Con l’espressione “procedimento di adeguamento” si vuole indicare sia un percorso giuridico-amministrativo finalizzato al connubio tra pianificazione territoriale e programmazione commerciale di cui è detto nei paragrafi precedenti, sia un percorso di sviluppo locale improntato all’autosostenibilità e generato attraverso la partecipazione di tutti i soggetti del territorio. 119 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 78 specifico dovrà riguardare la dotazione di criteri per gli insediamenti commerciali nei centri storici. In questi luoghi l’obiettivo della programmazione comunale dovrà mirare a non alterare i caratteri, la morfologia, la tipologia architettonica, gli elementi connotativi e le relazioni tra le diverse parti del tessuto urbano meritevole di conservazione, individuando gli edifici che possono essere destinati ad attività commerciale e di servizio e prevedendo specifiche disposizioni relative all’arredo urbano e al decoro, evitando l’eccessiva caratterizzazione commerciale con elementi dal forte impatto e cromatismi estranei al contesto, favorendo l’utilizzo dei materiali di finitura autoctoni e consoni per la sistemazione dei fronti commerciali esterni. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 79 Capitolo 3° Il Comune di Pisticci: il territorio, la demografia e l’economia La linea guida che si è scelto per questo lavoro, come già chiarito nell’introduzione, è tipicamente sociologica o, se si vuole allargare un po’ il campo, si può perfino definirla politica, perché la sociologia è un’attività intrinsecamente politica, in quanto offre una fonte separata e una legittimazione dell’autorità alternative alle politiche istituzionali 121. La sociologia, quindi, legittimamente invade il campo della politica quando riesce a produrre visioni alternative a quelle dell’establishment politico, quest’ultimo oramai arroccato sulla legittimazione a “decidere le cose” e sempre di più privato del potere di “fare le cose” 122. E qual è il leitmotiv che permea la visione politica dell’economia? Per definirlo in ogni suo aspetto prenderemo a prestito un intero passo tratto da “Diario di un anno difficile” di John Maxwell Coetzee. Questi ci fa notare che la diffusa e penetrante “immagine dell’attività economica come di una corsa o di una competizione è in qualche modo vaga nei particolari, ma si direbbe che se intesa come gara non abbia un traguardo e dunque non conosca un punto di arrivo naturale. L’unica meta del corridore è quella di arrivare in testa e rimanerci. Perché la vita debba essere paragonata ad una corsa e perché le economie nazionali debbano competere l’una contro l’altra piuttosto che dedicarsi, insieme, ad un’amichevole e salutare corsetta è una domanda che non viene nemmeno sollevata. Una corsa, una competizione: così vanno le cose. Apparteniamo per natura a nazioni diverse e per natura le nazioni sono in competizione con altre nazioni. 121 ZIGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà – A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, p. 31. 122 Op. cit. p. 138. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 80 Siamo come la natura ci ha fatti” 123. Coetzee continua: “Non c’è niente di ineluttabile nella guerra. Se vogliamo la guerra, possiamo scegliere la guerra, se vogliamo la pace, possiamo scegliere la pace. Se vogliamo la concorrenza, possiamo scegliere la concorrenza; se no imboccare la strada della collaborazione amichevole [...] 124 di certo il mercato non l’ha creato Dio – Dio o lo Spirito della Storia. E se lo abbiamo fatto noi, essere umani, non dovrebbe essere impossibile disfarlo e rifarlo in forma più accettabile? Perché mai il mondo dovrebbe essere un’arena in cui si scontrano i gladiatori – mors tua vita mea – piuttosto che, per esempio, un industrioso alveare o un termitaio cui tutti collaborano?” 125. Questa lunga citazione ci conduce ad una considerazione che costituisce e giustifica una caratteristica saliente di questo lavoro. Basta una semplice scorsa ai documenti di pianificazione territoriale, piuttosto che a quelli di programmazione economica, approvati dagli Enti Locali, per rendersi immediatamente conto che tra la politica che sceglie cosa fare ed il potere di fare le cose v’è un solco incolmabile. Quasi tutti questi documenti 126 hanno due caratteristiche salienti. In primis hanno il non dichiarato, ma trasparente obiettivo, di rispondere esclusivamente ad un dettato normativo. Il piano o il programma costituiscono una mera risposta ad un obbligo di legge che quasi disturba la linea politica dell’attività della Pubblica Amministrazione. Spesso sono malamente copiati dai siti web dei Comuni che, nell’ambiente amministrativo italiano, sono considerati più virtuosi: quelli dell’Emilia Romagna, del Veneto e della Toscana. La presunta saggezza di quest’operazione è tutta nella retorica di questa domanda: se quell’intervento ha prodotto buoni risultati per quel determinato 123 JOHN MAXWELL COETZEE, Diario di un anno difficile, EINADI, Torino, 2007, p. 81. Op. cit. p. 83. 125 Op. cit. p. 121. 126 I siti web dei Comuni sono una fonte inesauribile di questa documentazione. 124 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 81 Comune, perché non dovrebbe funzionare anche da noi? Ovviamente è una domanda che non ha alcun diritto di cittadinanza in un contesto discorsivo improntato ad un’idea di sviluppo autosostenibile. V’è di più. A chi affidare l’incarico e la fatica di redigere documentazione di pianificazione o di programmazione originale e scaturente da un’idea di coscienza diffusa del luogo in cui si dovrà attuare? Perché investire più del necessario in quest’ambito, quando i canali privilegiati dei flussi economici sono quelli delle opere pubbliche e degli interventi clientelari? Sono anche queste domande retoriche, per le quali la storia ha già, in parte, dato una risposta e ciò nondimeno continuano a guidare quell’azione politica della quale la sociologia intende dare letture alternative. documenti di La seconda programmazione caratteristica e saliente pianificazione è di molti nella mole abbondantissima di dati economici e demografici attraverso i quali si ha la pretesa di oggettivare il mondo sociale ed economico. Una buona parte dell’indagine sociologica non è immune da questa patologia. Negli stessi documenti di pianificazione o programmazione v’è un palese iato tra quella mole di dati, le scelte di intervento e le azioni di implementazione, innanzitutto perché la disaggregazione e la traduzione operativa di quegli stessi dati non è mai una operazione facile e monodisciplinare, mentre la gestione di questi processi complessi quasi mai avviene in maniera multidisciplinare. Inoltre, ed ancora più importante, la turbolenza dei fattori economici e sociali rendono davvero anacronistico pensare che la lettura di un dato scaturente da un fenomeno passato possa validare una lettura dello stesso o di altri fenomeni futuri. Credo che l’idea di previsione, a mezzo di un modello matematico, del comportamento umano debba essere bandita dall’indagine sociologica. Al più, vi può essere una previsione di probabilità che, però, mostra Programmazione attività commerciale: relazione un’ampiezza dell’intervallo di Pagina | 82 confidenza direttamente proporzionale alla turbolenza compulsiva dei fattori dei quali cerca di misurare e quantificare la previsione. Allora qual è il senso sociologico dell’esporre dati demografici ed economici di un territorio? Per tentare di dare una risposta a questa difficile domanda citeremo nuovamente Bauman 127: “ci troviamo oggi in un tempo di interregno: uno stato in cui i vecchi modi di fare le cose non funzionano più ed i vecchi modi di vita appresi ed ereditati non sono più appropriati alla condizione umana del presente, ma nuove maniere di affrontare le sfide e nuovi modi di vita più appropriati alle nuove condizioni umane non sono ancora inventati, costruiti e messi in movimento […] Noi non abbiamo una chiara immagine di una destinazione verso cui sembra si stia andando […] che il potere (vale a dire, la capacità di fare le cose) è stato separato dalla politica (vale a dire, la capacità di decidere quali cose devono essere fatte e di assegnarle priorità), e, quindi, oltre ad essere confusi rispetto a cosa fare, siamo all’oscuro anche rispetto a chi deve farlo”. Questa corposa citazione suggerisce due ulteriori elementi connotanti l’essenza sociologica di questa analisi. Il primo riguarda la natura, il ruolo e la funzione dei dati nell’analisi socio-economica. Nel tempo dell’ “interregno” l’unica bussola che può agevolare la navigazione, altrimenti a vista, è la conoscenza di fattori quali strategie, conflitti, accordi, adattamenti, relazioni, fratture storiche, ecc., che per loro natura rimangono esclusi da una lettura del reale attraverso dati quantitativi di tipo demografico ed economico. Al più ne rimangono notevolmente sommersi. Il ruolo dei dati è, quindi, esclusivamente quello di fornirci una tra le tante letture dei “vecchi modi di vita appresi ed ereditati” che difficilmente si riproporranno, 127 ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà – A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, pp. 104 e 105. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 83 mentre la loro è una funzione precipuamente euristica per formulare ipotesi sulle “nuove condizioni (di vita) non ancora inventate, costruite e messe in movimento”. Il secondo elemento connotante la natura sociologica di questa ricerca, suggerito dalla citazione di Bauman, riguarda il chi deve farlo. Credo che tra il potere e la politica vi possa essere un trait d’union rintracciabile nel concetto di democrazia deliberativa. Una sorta di terziarizzazione del problema che ci consente di approdare ad una nuova visione del decidere e del fare le cose. Nei paragrafi che seguono viene proposta una lettura del territorio del Comune di Pisticci sulla base di dati del tipo demografico ed economico. L’approfondimento di questi stessi dati è, quindi, consono ad una lettura, tra le tante possibili, del territorio secondo criteri che finora abbiamo appreso ed ereditato. Il ruolo e la funzione che si intende attribuirgli per le nuove condizioni devono essere, quindi, ancora del tutto immaginate e sperimentate. Origine, storia e territorio di Pisticci Le prime tracce umane nel territorio di Pisticci risalgono all’Età del Bronzo, mentre nell’Età del Ferro le comunità indigene erano già organizzate in piccoli e medi villaggi 128. A partire dal secolo VIII a. C. arrivarono, nel territorio di Pisticci, coloni ellenici che si integrarono con le popolazioni indigene, costruendo perfino un presidio militare, sia a difesa del territorio, sia quale base per una penetrazione nelle aree interne 129. Il nome “Pisticci” è di origini incerte: per molti l’etimologia del nome deriverebbe dalla parola greca Pistoikos, che vuol dire luogo 128 129 G. CONIGLIO, C. GIANNONE, Il Pittore di Pisticci, I.M.D. LUCANA, Pisticci, 2012, p. 7. GIUSEPPE CONIGLIO, La Chiesa Madre di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 1997, p. 13. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 84 fedele 130; per altri il nome deriverebbe dal latino Pesticium, che indica un luogo di pascoli 131. La derivazione dal greco è avvalorata anche dalle lettere “M” e “P” presenti nello stemma araldico; la “M” è la prova dell’influenza della colonia ellenica di Metaponto. Le costruzioni più antiche di Pisticci risalgono all’epoca normanna: la Chiesa Madre ed il Castello feudale ne sono una precisa testimonianza. La stessa Chiesa Madre è l’edificio più antico dell’abitato di Pisticci: venne costruita nel 1542 sulle rovine di una vecchia Chiesa del XII secolo, della quale si è conservato solo il campanile. Intorno all’anno mille Pisticci divenne un feudo e in località San Basilio venne costruito un castello-fortezza tutt’ora esistente. Già nel 1280 Pisticci aveva organizzato il primo regolare servizio sanitario. Nel 1400 Pisticci era costituita dall’odierno rione Terravecchia e contava una discreta popolazione 132. L’episodio che ha cambiato il volto di Pisticci è accaduto nella notte di Sant’Apollonia, il 9 febbraio 1688. Il centro storico dell’abitato era livellato ad un’unica quota, quella del rione Terravecchia e, nella notte di Sant’Apollonia, una frana lo distrusse quasi del tutto, portandolo qualche decina di metri più in basso. La caparbietà e l’operosità dei pisticcesi prevalse sul dolore e sul lutto per la perdita di centinaia di concittadini sepolti dalla frana. In solo due anni il rione fu ricostruito e venne denominato Dirupo, ad indicare il precipitare dalla rupe accaduto a gran parte del rione Terravecchia. Oggi il rione Dirupo è inserito nell’elenco delle cento meraviglie del mondo nel catalogo dei Beni Ambientali. Quella frana non rovinò la Chiesa Madre, che rimase integra proprio sull’orlo del precipizio. Le salde fondamenta e l’ottima 130 Da Pistis, fede ed Oikos, luogo. Fedeltà alla città di Taranto nella guerra contro Roma nel III secolo a.C. La minor fondatezza della seconda ipotesi interpretativa del nome, è giustificata dal fatto che Pisticci sorge su un terreno calanchivo molto argilloso e, quindi, poco adatto a pascolo. 132 GIUSEPPE CONIGLIO, La Chiesa Madre di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 1997, pp. 13 e 14. 131 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 85 qualità del materiale edilizio utilizzato l’avevano preservata, mentre divenne credenza popolare il miracolo di Sant’Apollonia. Anche in tempi recenti il rione Dirupo ha segnato le sorti della comunità pisticcese. Le frane degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, hanno imposto il decreto di trasferimento dell’abitato verso la frazione Marconia. E’ notizia di questi ultimi mesi la revoca di quel decreto di trasferimento e, quindi, nuove possibilità insediative per il quel rione 133. Il Santo Patrono di Pisticci è San Rocco. La devozione al Santo è sorta nel secolo XVII, quando una virulenta peste colpì l’intero sud della penisola, mentre Pisticci venne preservata dal contagio. La Chiesa dedicata al Santo Patrono venne realizzata nel 1932, ad opera dell’architetto Bruno Ernesto Lapadula. Questo progettista, autore tra l’altro del Palazzo della Civiltà del Lavoro all’EUR di Roma e della sopraelevazione del Municipio di Pisticci, influenzò il pensiero architettonico dell’epoca, tant’è che anche la piazza principale di Marconia ne riprende le connotazioni. Pisticci non venne risparmiata dalla cruenta rivolta che nel XIX secolo scoppio in tutto il Regno di Napoli e proseguì durante l’occupazione Napoleonica, fino ai primi decenni del nuovo Regno d’Italia. Il fenomeno del brigantaggio, sul quale gli storici non hanno ancora indagato a sufficienza, colpì anche Pisticci, sia per la particolare posizione del territorio, sia per le ricchezze da razziare 134. I briganti Marco Sciarra, Benedetto Mangone, Nicola Pagnotta, Natale Bolognese, Egidione Pugliese, Maria la Pastora, Gasperone, Domenico Groppo, sono ben noti ancora oggi tra gli anziani della comunità 133 Rivitalizzare un centro storico è un tema di notevole interesse per molte discipline, poiché investe diversi aspetti della vita della comunità e, tra questi, anche il ruolo e la funzione delle attività commerciali. Il tema sarà, pertanto, ripreso nel capitolo conclusivo di questo lavoro. 134 GIUSEPPE CONIGLIO, Il brigantaggio a Pisticci, EDIZIONE METAPONTINE, Pisticci, 1997, p.2. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 86 pisticcese 135. Pisticci, però, non fu preda di tanti sanguinosi saccheggi e venne risparmiata dai delitti più efferati. Il merito è da attribuire al pisticcese don Luigi Franchi che, insignito di pieni poteri dal Prefetto di Matera, attuò con la Guardia Nazianale una violenta campagna di repressione del brigantaggio, tant’è che dai concittadini pisticcesi venne definito “l’uomo dalla carta bianca” 136. Come per molti altri paesi dell’Italia meridionale, Pisticci non è rimasta indenne dal fenomeno dell’emigrazione. Negli anni del secondo dopoguerra innumerevoli sono stati i pisticcesi a lasciare la propria terra in cerca di un lavoro, soprattutto verso la Germania ed il Canada. Nei primi anni Settanta a Marconia è stato realizzato un viale denominato “Ontario”, a testimonianza del legame che il paese natio ha con la numerosa comunità di pisticcesi residenti nella città di Toronto. Più di recente è stata realizzata una piazza ad anfiteatro nel cuore del centro storico di Pisticci ed è stata intitolata a Johnny Barbalinardo Lombardi, un imprenditore canadese di origini pisticcesi, quale simbolo dell’emigrante che si è distinto nel paese ospite. L’emigrazione dei pisticcesi è continuata anche negli anni Sessanta e Settanta, lenita solo in parte dall’industrializzazione della Val Basento ad opera dell’ENI di Enrico Mattei che, con Amintore Fanfani Presidente del Consiglio ed Emilio Colombo Ministro dell’industria, nel luglio del 1961 inaugurò il primo stabilimento per sfruttare le risorse del ricco sottosuolo di Pisticci e dell’intera Lucania. Anche tutt’oggi, dopo il fallimento delle razzie industriali, l’emigrazione continua, sotto altre forme e verso altre mete. E’ tutt’ora molto alto il numero dei pisticcesi che dopo la laurea non rientrano più nel paese natio, cercando occasioni di lavoro nella stessa città 135 Op. cit. p.4. FRANCESCO SAVERIO SALOMONE, Il brigantaggio nel circondario di Matera, EDIZIONI LA SPIGA, Pisticci, 2001, p. 9. 136 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 87 dell’Università frequentata, piuttosto che nelle grandi capitali europee. Pisticci consta di un territorio comunale di circa 230 Kmq., compreso tra il fiume Basento a est ed il Cavone a ovest, che lo separano, rispettivamente, dai comuni di Bernalda e Montalbano Jonico. La popolazione è distribuita su quattro maggiori agglomerati urbani: Pisticci centro storico, Pisticci scalo, Tinchi - Centro Agricolo e Marconia, oltre ad innumerevoli case sparse nelle campagne, un borgo rurale denominato Casinello e tre villaggi turistici. Il centro storico di Pisticci è situato ad un'altitudine di circa 365 metri s.l.m. e sorge su due colline, Serra Cipolla e San Francesco, nella parte nord-orientale del territorio. Nella parte nord-occidentale si trova, invece, Pisticci Scalo, con il quartiere residenziale costruito in prossimità dell'area industriale. Nel cuore del territorio, lungo la strada provinciale “Pozzitelli – mare”, vi sono le frazioni contigue di Tinchi e Centro Agricolo. La prima è stata realizzata su un quadrivio che collega la stessa Pisticci ai paesi di Montalbano Jonico e Bernalda ed alla litoranea che costeggia il mar Jonio. Tinchi è sede di un ospedale zonale che ultimamente, a causa della cosiddetta “razionalizzazione del piano sanitario regionale”, viene lentamente defunzionalizzato a favore di altri presidi sanitari. Centro Agricolo è, invece, sorta come colonia di confino politico per personaggi poco graditi al regime fascista. Verso sud si scorge la popolosa frazione di Marconia, situata al centro di una vasta e fertile pianura. E’ equidistante dal centro storico di Pisticci e dal mare. L’insediamento urbano di Marconia ha origini piuttosto recenti; è stata realizzata negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale ad opera dei confinati della Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 88 colonia di Bosco Salice, già precedentemente stanziati a Centro Agricolo. Mappa 3.1: il territorio del Comune di Pisticci e gli agglomerati urbani Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 89 Come era costume in quegli anni, fu denominata Marconia in onore di Guglielmo Marconi, inventore della telegrafia senza fili. Negli anni Settanta, le frane dei rioni Croci e Dirupo ed il decreto di trasferimento degli abitati degli stessi rioni, dettero un ingente impulso all’edificazione residenziale nella frazione Marconia, tant’è che oggi conta più abitanti del capoluogo. Un altopiano che degrada dolcemente verso la pianura metapontina e verso il mar Jonio, si stende nella parte sud-orientale del territorio. Due strade principali, la statale 407 Basentana che collega Metaponto a Potenza e la statale 106 Jonica che segue un percorso parallelo alla costa, rappresentano le principali vie di comunicazione del territorio comunale e sono adeguatamente collegate alla viabilità interna. Sulla costa, in prossimità delle spiagge joniche di Pisticci, sono presenti tre strutture alberghiere con un potenziale di oltre tremila posti letto e tre villaggi turistici che, con le lottizzazioni già edificate, sono in grado di ospitare oltre cinquemila persone. I dati fisico-politici del Comune sono i seguenti: • denominazione: Pisticci; • ripartizione geografica: Italia meridionale; • regione: Basilicata; • provincia: Matera; • superficie territoriale: 230 kmq. • altitudine del territorio: 0 – 364 metri s.l.m. • localizzazione: costa jonica; • distanza dal mare: 23 Km. (il centro storico); • distanza dal capoluogo di provincia: 55 Km. (il centro storico); • distanza dal capoluogo di regione: 100 Km. (il centro storico). Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 90 Le dinamiche e la struttura demografica del Comune L’analisi delle dinamiche e la struttura demografica del Comune di Pisticci farà riferimento sia ai dati messi a disposizione dai Servizi Demografici dello stesso Comune, sia a dati raccolti ed elaborati dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Sono stati elaborati indici statistici sintetici allo scopo di fornire non tanto la misura, quanto l’andamento tendenziale delle dinamiche dei fattori caratterizzanti la popolazione insediata sul territorio comunale. Grafico 3.1: ricostruzione intercensuaria della popolazione 17.350 17.457 17.519 17.530 17.539 17.659 17.681 17.699 17.682 17.790 17.846 17.921 18.020 18.104 18.211 18.208 18.298 18.331 18.332 18.327 18.299 18.050 18.020 17.793 17.972 17.940 18.102 18.215 18.382 18.450 (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT La popolazione del Comune di Pisticci, nel corso del periodo intercensuario compreso tra gli anni 1982 e 2011, ha avuto un trend sostanzialmente in decrescita; in particolare, a fronte di una crescita costante nel primo decennio (1982 – 1991), in cui la popolazione è aumentata di circa 650 unità, è seguito un periodo di costante decrescita nei due decenni successivi (1992 – 2011), in cui è diminuita Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 91 di 1.100 unità. Il Grafico 3.1 mostra la ricostruzione intercensuaria della popolazione nel periodo 1992 – 2011. Nell’intero periodo si segnala, quindi, un calo della popolazione pari al 2,5%, con un tasso negativo di circa il 6% negli ultimi vent’anni. I Grafici 3.2 e 3.3 mostrano l’andamento, sostanzialmente in decrescita, della popolazione del Comune di Pisticci, della Provincia di Matera e dell’intera Basilicata nel periodo 2005 – 1014. In particolare, nel Grafico 3.3 sono evidenziate le percentuali di decrescita dei tre agglomerati territoriali ed è stata inclusa anche la curva dell’andamento dell’intero comparto dell’Italia meridionale 137. I dati si riferiscono al 1° gennaio di ciascun anno e mostrano una leggera divergenza rispetto ai dati censuari. Grafico 3.2: andamento popolazione residente al 1° gennaio (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 596.546 594.086 591.338 591.001 590.601 588.879 587.517 577.562 576.194 578.391 204.328 204.018 203.520 203.806 203.770 203.570 203.726 200.050 200.012 201.133 17.855 17.867 17.877 17.877 17.925 17.933 17.927 17.946 17.386 17.266 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Pisticci Matera Basilicata 137 La ripartizione Italia meridionale comprende le seguenti Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia. Fonte DEMOISTAT. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 92 Grafico 3.3: andamento incremento della popolazione - Anno base 2004 Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 2,00% 0,00% -2,00% -4,00% -6,00% -8,00% -10,00% 2005 2006 2007 Pisticci 2008 Matera 2009 2010 Basilicata 2011 2012 2013 2014 Ripartizione meridionale Rispetto all’anno base 2004, al 1° gennaio 2014 il Comune di Pisticci segnala un decremento demografico di oltre il 3%. E’ il risultato migliore negli aggregati annotati, giacché la Provincia di Matera perde quasi il 5%, mentre la Regione Basilicata e l’intero comparto dell’Italia meridionale perdono, rispettivamente, poco più dell’8% e circa il 7%. Pisticci, quindi, pur coinvolto nella dinamica di decrescita generalizzata per il meridione d’Italia, decresce meno degli aggregati di appartenenza. La posizione sulla costa del territorio comunale rappresenta, evidentemente, una delle ragioni che spiegano il fenomeno: nei periodi di stagnazione o di recessione economica il trend demografico negativo si manifesta, in genere, più nelle aree interne che in quelle costiere. Nei successivi Grafici 3.4, 3.5, 3.6 e 3.7 è rappresentato il movimento naturale e quello migratorio della popolazione di Pisticci. Il periodo di riferimento è compreso tra gli anni 2005 e 2014 ed i rilievi di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 93 popolazione sono al 1° gennaio di ciascun anno. Il Grafico 3.4 mostra un andamento altalenante del movimento naturale, pur segnalando un trend negativo nel suo complesso. Grafico 3.4: movimento naturale della popolazione (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 18 14 8 -4 -7 -7 -23 -30 -44 -56 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 Grafico 3.5: movimento migratorio della popolazone (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 90 49 25 34 31 16 1 -27 2005 2006 2007 -29 2008 2009 2010 Programmazione attività commerciale: relazione 2011 2012 2013 2014 -64 Pagina | 94 Il Grafico 3.5 mostra, invece, il movimento migratorio della popolazione pisticcese e segnala lo stesso andamento altalenante con un trend negativo, anche se i numeri delle misurazioni annuali sono più consistenti negli ultimi due anni del periodo considerato. Il Grafico 3.6 mostra un confronto tra il movimento naturale e quello migratorio della popolazione. Ad eccezione degli anni 2011, 2012 e 2013, l’andamento delle curve è similare. Tra il 2013 ed il 2014 v’è stato una decrescita del movimento migratorio di oltre 150 unità. Tra le motivazioni che spiegano quest’ultimo dato v’è senz’altro da considerare che questa dinamica della popolazione è fortemente influenzata dalla presenza di cittadini stranieri extracomunitari, soprattutto nord africani, che spesso si spostano con interi gruppi famiglia verso territori maggiormente appetibili da un punto di vista economico. Grafico 3.6: confronto tra movimento naturale e movimento migratorio della popolazione (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 49 25 90 31 16 1 -27 -7 34 18 8 14 -4 -7 -23 -29 -44 -30 -56 -64 2005 2006 2007 2008 2009 Saldo Naturale 2010 2011 2012 2013 2014 Saldo Migratorio Il Grafico 3.7 delinea il movimento totale della popolazione del Comune di Pisticci nel periodo 2005 – 2014. E’ da notare che solo per Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 95 quattro anni su dieci il dato annotato è negativo, mentre, per gli altri sei anni, il movimento migratorio sopperisce in parte al decremento del saldo naturale. Al 1° gennaio 2014, però, si segnala il maggior decremento di entrambi i saldi e, pertanto, rispetto al 1° gennaio dell’anno precedente, la decrescita ammonta a 166 unità. Grafico 3.7: movimento totale della popolazione (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 67 48 18 12 46 8 -6 -21 -57 -120 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 La dinamica della presenza di cittadini stranieri è rappresentata nei Grafici 3.8, 3.9 e 3.10. Nello status di straniero considerato sono ricompresi sia i cittadini comunitari che quelli extracomunitari. Il Grafico 3.8 mostra, in termini assoluti, la residenza di cittadini stranieri nel territorio di Pisticci, confrontandolo con quelli della provincia di Matera e quelli dell’intera Basilicata. E’ agevole notare che, sia pur con accentuazioni maggiori per gli aggregati più grandi, le tre curve hanno un andamento simile. Il Grafico 3.9 riporta i tassi di presenza di cittadini stranieri per ogni 100 abitanti. Anche in questo caso v’è da rilevare una similarità delle curve. Inoltre, si segnalano maggiori tassi per la Provincia di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 96 Matera rispetto a quello dell’intera Regione Basilicata ed a quello della ripartizione Italia meridionale. La percentuale di presenza di stranieri per la Provincia di Matera si attesta a circa la metà di quello dell’Italia intera e misura oltre il doppio di quello del territorio di Pisticci. Grafico 3.8: presenza di cittadini stranieri residenti (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 9.595 14.738 12.992 11.526 5.478 6.211 7.040 4.649 225 307 399 495 2007 2008 2009 2010 5.923 6.407 6.726 3.038 3.380 3.473 160 196 2005 2006 Pisticci Matera 13.302 16.968 14.728 8.045 6.120 6.867 560 425 471 510 2011 2012 2013 2014 Basilicata Grafico 3.9: tasso presenza cittadini stranieri su popolazione residente Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 8,10% 7,54% 7,02% 7,35% 6,82% 6,48% 5,76% 4,97% 4,55% 4,11% 4,00% 3,46% 3,05% 2,69% 1,51% 1,49% 0,99% 0,90% 2005 1,66% 1,63% 1,10% 1,73% 1,71% 1,26% 1,08% 1,14% 2006 2007 Pisticci 2,28% 2,16% 1,72% 1,62% 2008 Matera 2,49% 2,23% 1,95% 2009 Basilicata Programmazione attività commerciale: relazione 2,78% 2,76% 2,21% 2010 3,12% 3,10% 3,43% 3,06% 2,37% 2,80% 2,51% 2,30% 2011 2012 Ripartizione meridionale 3,62% 2,95% 3,15% 2,71% 2,93% 2,56% 2013 2014 Italia Pagina | 97 Grafico 3.10: incremento presenza cittadini stranieri residenti. Anno base 2005 Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 0,79% 0,72% 0,75% 0,57% 0,44% 0,42% 0,49% 0,46% 0,43% 0,20% 0,17% 0,11% 0,09% 0,54% 0,51% 0,41% 0,33% 0,33% 0,16% 0,53% 0,36% 0,52% 0,40% 0,25% 0,30% 0,47% 0,37% 0,35% 0,36% 0,29% 0,57% 0,53% 0,38% 0,34% 0,31% 0,24% 0,25% 0,11% 0,05% 0,06% -0,21% -0,30% -0,40% -0,72% -0,76% 2006 2007 Pisticci 2008 Matera 2009 2010 Basilicata 2011 2012 2013 Ripartizione meridionale 2014 Italia Il Grafico 3.10 misura la percentuale di incremento annuo della popolazione straniera residente partendo dall’anno base 2005. Anche quest’ultima rilevazione sulla presenza di cittadini stranieri residenti mostra curve simili, sia pur con qualche divergenza nel periodo 2011 – 2014. Il calo del saldo migratorio al 1° gennaio 2014, già annotato nel precedente Grafico 3.5, è in perfetta linea con il calo della percentuale di presenza di stranieri residenti segnalata, alla stessa data, nel Grafico 3.10. Si noti, infine, che questo calo è in controtendenza rispetto alla crescita, sia pur lieve, di presenza di cittadini stranieri residenti per tutte le altre aggregazioni territoriali analizzate. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 98 Nel successivo Grafico 3.11 viene illustrata la previsione della popolazione per il periodo 2012 – 2020, relativamente alle ripartizioni Italia, Italia meridionale e Basilicata. Pur trattandosi di tassi in diminuzione per tutte e tre le ripartizioni considerate, solo l’Italia meridionale e la Basilicata segnalano tassi negativi per l’intero periodo esaminato. Grafico 3.11: previsione di incremento popolazione Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 0,48% -0,01% -0,33% 2012 0,43% -0,04% -0,37% 2013 0,39% -0,07% -0,39% 2014 0,36% -0,09% -0,41% 2015 Basilicata 0,33% 0,30% -0,11% -0,44% 2016 0,27% 0,25% 0,23% -0,13% -0,15% -0,16% -0,18% -0,45% -0,47% -0,49% -0,50% 2017 2018 2019 2020 Ripartizione meridionale Italia L’Istituto Nazionale di Statistica non fornisce dati disaggregati di previsione di popolazione per singole province o per singoli comuni. Qui giova ricordare le considerazioni annotate nella parte introduttiva di questo Capitolo a proposito della valenza del puro dato quantitativo nell’economia di questo lavoro. Come già anticipato, l’interesse è nel rilevare un’analisi del territorio che abbia più le caratteristiche di un modello sincronico che di uno diacronico. I dati futuri, compresi quelli demografici di crescita o decrescita della popolazione, saranno influenzati da fattori che per noi oggi sono assolutamente imponderabili e, pertanto, in questo contesto e per come è stato Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 99 impostato questo lavoro, hanno un mero valore tendenziale. Non si è ritenuto opportuno, quindi, procedere a laboriosi calcoli per quantificare la previsione di popolazione sulla base dei tassi di crescita naturale e migratoria, tavole di fertilità, tavole di mortalità, ecc. Più semplicemente si è utilizzato un metodo empirico e notevolmente semplificato che, tuttavia, possa fornirci la tendenza previsionale che, da una parte, avvalora l’analisi sincronica del contesto territoriale, dall’altra costituisce solo uno dei tanti elementi e dati tendenziali che potranno comporre un puzzle di opportunità, ovvero di criticità, per l’elaborazione della specifica programmazione commerciale. Stabilite le finalità di utilizzo, si è proceduto, quindi, ad elaborare dati disaggregati inerenti la previsione di popolazione per il Comune di Pisticci. La previsione è stata ottenuta mettendo preliminarmente a confronto il tasso di decrescita della popolazione reale dell’intera Basilicata con quello del Comune di Pisticci, nel periodo 2005 – 2014. Il tasso medio annuo di decrescita nel periodo per l’intera Basilicata è stato calcolato all’1,65%, mentre quello del Comune di Pisticci segnala una decremento medio annuo dell’1,60% per lo stesso periodo. La popolazione di Pisticci è diminuita, quindi, meno di quella della Basilicata, dello 0,05%, in media all’anno per il periodo 2005 – 2014. Questo tasso di minor decrescita è stato sottratto al tasso di decrescita previsto per la popolazione lucana dall’Istituto Nazionale di Statistica, ottenendo così il tasso di decrescita previsionale per il periodo 2011 – 2020 per la popolazione del Comune di Pisticci. Il Grafico 3.12 riporta i risultati di tale operazione, insieme alla linea evolutiva della popolazione reale al 1° gennaio degli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. Sono sufficienti i dati reali per questi quattro anni per verificare lo scostamento della linea evolutiva della previsione di popolazione. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 100 Grafico 3.12: previsione di popolazione (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT 17.927 17.883 17.946 17.765 17.701 17.826 17.632 17.561 17.488 17.411 17.386 17.332 17.332 2019 2020 17.266 2011 2012 2013 2014 2015 Popolazione reale 2016 2017 2018 Previsione di popolazione Di maggiore interesse nell’economia di questo lavoro e l’analisi della struttura della popolazione. Un risultato dell’interazione tra mortalità e natalità è che, popolazioni in crescita o in declino, mostrano una differente distribuzione di individui nelle diverse classi di età 138. Il Grafico 3.13 mostra il profilo di distribuzione per “genere” e “classi di età” 139 della popolazione del Comune di Pisticci alla data del 1° gennaio 2015. Il profilo delineato è caratteristico di un popolazione in calo ed è rilevato dalla tendenza a ridursi del tasso di natalità rispetto a quello di mortalità. Il declino della popolazione è lieve, ma con tendenza all’aumento, come è dimostrato dal rigonfiamento del grafico relativamente alla classe 41 – 50 anni, che può essere considerata non più riproduttiva. Il maggior numero di individui in questa fascia denota la 138 CUNNINGHAM, CUNNINGHAM, SAIGO, edizione Italiana a cura di A. Basset e L. Rossi, Fondamenti di ecologia, McGRAW HILL, Milano New York, 2004, p.175 139 La classe di età più adulta della popolazione è considerata una classe residuale a partire da 70 anni. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 101 tendenza ad allungare i tempi in cui il calo della popolazione sarà un fenomeno del tutto evidente. Grafico 3.13: struttura della popolazione residente per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi V’è, inoltre, da annotare che per tutte le fasce di età oltre i 20 anni il numero dei residenti “femmine” è maggiore di quello dei residenti “maschi”. Questo dato, allo stato attuale, segnala una crescita sia del tasso di fecondità che di quello di fertilità, ossia, rispettivamente, l’abilità fisica a riprodursi e l’effettiva riproduzione. Entrambi questi tassi sono indici evidenti di una popolazione che, nel breve periodo, non dovrà subire brusche decrescite. Più sensibile sarà, invece, la decrescita nel decennio successivo, considerato che le due fasce di età fino a 20 anni presentano un numero di “maschi” superiore a quello delle “femmine”. E’, altresì, importante per le finalità di programmazione, dare uno sguardo alla struttura della popolazione ripartita secondo i quattro agglomerati urbani considerati nell’ambito del territorio del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 102 Comune, Pisticci centro, Pisticci scalo, Tinchi - Centro Agricolo e Marconia, utilizzando le variabili “genere” e “classi di età”. In questa analisi Pisticci scalo è considerato un agglomerato urbano in quanto non si tratta solo di un mero scalo ferroviario, bensì di un vero e proprio quartiere residenziale, realizzato a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta nei pressi della stazione ferroviaria ed a ridosso dell’area industriale dell’ENI. L’architettura e l’urbanistica del quartiere sono tipicamente quelle delle aree industriali che, in quei decenni, si diffusero in moltissime parti d’Italia. Per uno sguardo d’insieme alla struttura della popolazione residente sul territorio di Pisticci sarà considerato anche un quinto comparto: l’agro. Anche quest’ultimo risulta indicativo per un’analisi della distribuzione della popolazione attraverso le variabili predette. Nei Grafici 3.14 e 3.15 la popolazione residente sul territorio di Pisticci è ripartita negli agglomerati urbani considerati, sia in totale, sia secondo la variabile “genere”. Il Grafico 3.14 riporta, in valori assoluti, i dati della popolazione residente al 1° gennaio 2015, secondo le predette variabili. Il Grafico 3.15 mostra l’incidenza, su 100 abitanti, della variabile “genere” ed “agglomerato urbano” di residenza. Già questi dati sono ampiamente indicativi della distribuzione della popolazione nell’ambito del territorio comunale. Marconia costituisce decisamente l’agglomerato più popoloso con oltre il 51% dei residenti del Comune. Pisticci centro non arriva al 33% mentre Pisticci scalo, Tinchi e Centro Agricolo, nell’insieme equivalgono alla stessa popolazione residente nelle case sparse dell’Agro. E’ opportuno precisare che nella categoria Agro vi sono inclusi anche i villaggi turistici presenti lungo la costa. Questi villaggi sono essenzialmente costituiti da seconde case e, quindi, i proprietari non Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 103 sono computati nella popolazione residente, tuttavia vi sono diversi casi di residenza vera e propria. Spesso si tratta di singoli, soprattutto di genere maschile, che scelgono la residenza a Pisticci per questioni di natura fiscale. 17.894 Grafico 3.14: struttura della popolazione residente per genere, ripartita negli agglomerati urbani (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune Agro totale femmine maschi totale totale femmine femmine maschi maschi totale totale femmine femmine maschi maschi totale femmine 918 maschi 9.153 447 Marconia 1.441 471 602 546 839 273 Tinchi - Centro Agricolo 8.741 9.164 273 Pisticci scalo 4.729 4.435 5.825 3.102 2.723 Pisticci centro Totale Grafico 3.15: struttura della popolazione residente per genere, ripartira negli agglomerati urbani (per ogni 100 abitanti) Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune femmine totale maschi totale femmine totale maschi femmine totale maschi femmine maschi totale femmine 8,05% Programmazione attività commerciale: relazione Marconia 6,58% 5,13% Tinchi - Centro Agricolo 9,60% 4,88% 3,05% Pisticci scalo 5,39% 2,98% 3,12% maschi 51,21% 51,67% 50,74% 32,55% 33,89% 31,15% Pisticci centro Agro Pagina | 104 Il dato misurato segnala, infatti, che per l’agglomerato Agro vi è una percentuale di residenti di genere maschile superiore di oltre il 3%, rispetto a quella di genere femminile. Uno scostamento simile nella variabile “genere”, questa volta però a favore del genere femminile, si registra a Pisticci centro, dove i residenti “femmine” sono il 2,74% in più dei residenti “maschi”. Vedremo più avanti quale classe di età contribuisce maggiormente a creare questa differenza. Per tutti gli altri agglomerati considerati lo scarto nella differenza di genere non arriva all’1% della popolazione residente. Nell’ambito dell’intero territorio comunale la popolazione residente di genere femminile è superiore del 2,30% rispetto a quella di genere maschile: il 51,15% di “femmine”, rispetto al 48,85% di “maschi”. Nei successivi Grafici, 3.16, 3.17, 3.18, 3.19 e 3.20, la struttura della popolazione residente a Pisticci è disaggregata secondo le tre variabili: “agglomerato urbano”, “genere” e “classi di età”. In particolare, il Grafico 3.16 mostra la struttura della popolazione residente a Pisticci centro secondo le variabili considerate. La forma del grafico è una sorta di tozzo tronco di piramide rovesciata che presenta due vistose anomalie. La prima consiste nel minor numero di residenti nella classe “da 61 a 70 anni” rispetto alla classe precedente “da 51 a 60 anni”. Questa anomalia inverte la tendenza registrata nelle classi di età precedenti: la classe più adulta conta più, o almeno un egual numero di residenti rispetto a quella precedente più giovane. Tuttavia è opportuno notare che l’anomalia si registra per una classe di età oltre la fase riproduttiva, per cui il dato non rappresenta certo una tendenza alla crescita della popolazione rispetto alla decrescita segnalata proprio dalla figura di tronco di piramide rovesciata. La seconda anomalia è rappresentata dal considerevole numero di residenti di genere femminile nella classe di età “oltre 70 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 105 anni”. Grafico 3.16: struttura della popolazione residente a Pisticci centro per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi Grafico 3.17: struttura della popolazione residente a Pisticci scalo per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 106 Grafico 3.18: struttura della popolazione residente a Tinchi - Centro Agricolo per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi Grafico 3.19: struttura della popolazione residente a Marconia per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 107 Grafico 3.20: struttura della popolazione residente dell'Agro per genere e classi di età Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune oltre 70 anni da 61 a 70 anni da 51 a 60 anni da 41 a 50 anni da 31 a 40 anni da 21 a 30 anni da 11 a 20 anni da 0 a 10 anni femmine maschi E’ questo un dato complementare rispetto a quello che è stato rilevato nella ripartizione per “genere” e per “agglomerato urbano” della popolazione 140, evidenziando che Pisticci centro presentava un consistente numero di residenti “femmine” in più rispetto ai “maschi”: il 2,74%. Il Grafico 3.16 mostra una decrescita, sia pur lenta, per Pisticci centro. Infatti le classi di età più adulte contano più residenti rispetto a quelle più giovani. La classe di età “da 0 a 10 anni” equivale a circa la metà della classe “da 41 a 50 anni” e questo è un evidente indizio di decrescita della popolazione che risiede a Pisticci centro, sia pur procrastinata nel tempo. Il Grafico 3.17 mostra la struttura della popolazione residente a Pisticci scalo. Si denota una figura a cilindro, sia pur con lievi divergenze tra le varie classi di età ed una maggior consistenza di quella “da 41 a 50 anni”. La figura del Grafico 3.17 segnala una popolazione sostanzialmente stabile, con una live tendenza alla decrescita evidenziato dalla minore consistenza delle fasce di età fino 140 Cfr. precedente Grafico 3.14. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 108 ai 30 anni, per il genere “femminile”. Proporzionalmente, vi sono più bambini fino ai 10 anni di età a Pisticci scalo rispetto a Pisticci centro, tuttavia la percentuale dei residenti (circa il 3%), non suggerisce una significativa valenza di crescita rispetto all’intero territorio comunale. La struttura della popolazione residente a Tinchi - Centro Agricolo, rappresentata nel Grafico 3.18, evidenzia una figura amorfa, con una evidente preponderanza di residenti “maschi” tra i “31 ed i 40 anni”. Tuttavia sono proprio le prime due classi di età che contano un minor numero di residenti e questo, ancora una volta, è sintomo di una popolazione in decrescita, sia pur lenta e procrastinata nel tempo, in quanto la classe di età “fino a 10 anni” è più numerosa di quella “da 11 a 20 anni”. Marconia può essere rappresentata con tre figure sovrapposte che segnalano un triplice andamento: “fino a 30 anni” le classi di età si eguagliano sostanzialmente; le tre classi di età “da 21 a 30 anni”, “da 31 a 40 anni” e “da 41 a 50 anni” mostrano una popolazione in decrescita; le quattro classi di età “da 41 a 50 anni”, fino ad “oltre 70 anni”, evidenziano una popolazione in crescita. E’ evidente che quest’ultima è solo una crescita di tipo teorico in quanto si tratta di classi di età oltre quella riproduttiva. Il Grafico 3.19 rappresenta la struttura della popolazione di Marconia secondo le solite variabili “classi di età” e “genere”. Nel complesso Marconia propone una popolazione residente che, sia pur nella generale tendenza alla decrescita nell’ambito dell’intero Comune, mostra una leggera crescita: le prime tre classi di età sostanzialmente si equivalgono, con un evidente maggior numero di “femmine” nella classe di età più riproduttiva, “da 21 a 30 anni”. Inoltre, Marconia conta oltre il 50% della popolazione residente nel Comune 141, per cui i fenomeni registrati 141 Cfr. Grafico 3.15. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 109 sulla popolazione residente in questo agglomerato hanno una maggiore incidenza sull’intero territorio. Il Grafico 3.20 mostra la struttura della popolazione residente nell’agro. Come si è accennato innanzi, questo rappresenta un agglomerato residuale, pur contando oltre l’8% della popolazione comunale. Anche questo Grafico rappresenta una figura amorfa e, tuttavia, nel complesso denota una popolazione in decrescita, sia perché le classi di età di genere “femminile” sono meno numerose di quelle “maschili”, sia perché quelle delle classi di età più giovani sono meno numerose di quelle più adulte, almeno fino alla fine dell’età riproduttiva. Anche se la classe di età “da 0 a 10 anni” è più numerosa di quella successiva “da 11 a 20 anni”, è difficile ipotizzare una crescita della popolazione, in quanto entrambe queste classi di età contano numeri di gran lunga inferiori rispetto a quelli delle classi di età oltre i 21 anni. Per dare maggiore completezza all’analisi condotta sulla struttura della popolazione residente nel Comune di Pisticci occorre rilevare alcuni dati relativi ai nuclei familiari 142. Questi rappresentano ulteriori indicatori della dislocazione e della composizione della popolazione. Il Grafico 3.21 rappresenta la distribuzione delle quote di famiglie nei quattro aggregati territoriali del Comune. Si palesa immediatamente una differenza con il precedente Grafico 3.15 che evidenziava la ripartizione della popolazione residente per abitanti negli stessi quattro centri abitati. Nel caso della famiglie, il gap tra Pisticci centro e Marconia è quasi del tutto annullato, con una differenza residua dello 0,20%. Vi sono, quindi, tante famiglie a Pisticci centro, quante ve ne sono a Marconia. Pisticci scalo e Tinchi – Centro Agricolo non arrivano ad un decimo della famiglie registrate all’anagrafe del 142 Per nucleo familiare è intesa la scheda anagrafica che raggruppa anche le convivenze. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 110 Comune. Grafico 3.21: quota percentuale di famiglie residenti nei quattro agglomerati urbani Fonte: elaborazione su dati Servizi Demografici del Comune 45,13% 44,93% 3,06% Pisticci centro Pisticci scalo 6,89% Tinchi - Centro Agricolo Marconia Grafico 3.22: numero medio componenti per famiglia nei quattro agglomerati urbani Fonte: elaborazione su dati Servizi Demografici del Comune 2,86 2,52 1,88 1,83 Pisticci centro Pisticci scalo Tinchi - Centro Agricolo Marconia Il Grafico 3.22 mostra, invece, il numero medio dei componenti per famiglia nei quattro centri abitati. Come si poteva evincere dalla struttura della popolazione per classi di età, ritornato evidenti le differenze tra Pisticci centro e Marconia: a fronte di una media di componenti pari a 1,83 per Pisticci centro, v’è una media di 2,86 componenti per Marconia. Questo dato può essere considerato un ulteriore indicatore della maggiore persistenza, Programmazione attività commerciale: relazione a Marconia, di Pagina | 111 popolazione nelle classi di età riproduttive e pre-riproduttive. Un dato molto simile è rilevabile per la popolazione residente a Pisticci scalo, mentre Tinchi – Centro Agricolo si attestano sulla stessa media di Pisticci centro. In sintesi, l’analisi della struttura della popolazione del Comune secondo gli indicatori considerati ci consente di proporre le seguenti conclusioni: • Marconia conta una popolazione residente decisamente preponderante nell’ambito del territorio comunale: oltre il 50% dei residenti; • nell’ambito di una generale diminuzione della popolazione, Marconia è l’unico agglomerato che non segnala evidenti fenomeni di decrescita; senza l’intervento di elementi esterni, la struttura della popolazione di Marconia si propone sostanzialmente stabile per i prossimi tre decenni; • pur avendo una quota di famiglie residente quasi pari a quella di Pisticci centro, Marconia ha un elevato numero medio di componenti per famiglia, segnale evidente di una popolazione meno propensa alla decrescita; • Pisticci scalo e Tinchi - Centro Agricolo non rappresentano quantità significative da generare fenomeni di crescita o di decrescita sensibili per la popolazione dell’intero Comune; • Pisticci centro segnala evidenti fenomeni di decrescita non mitigati nemmeno dalla presenza di un numero maggiore di residenti di genere femminile e da una quota elevata di nuclei familiari, in quanto, come abbiamo visto, questo dato è prodotto da una maggior consistenza della classe di età “oltre i 70 anni” e, quindi, non delle classi di età riproduttive della popolazione; • Pisticci centro conta la classe di età “da 0 a 10 anni” Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 112 proporzionalmente meno numerosa di tutti gli agglomerati urbani considerati e, a meno di interventi esterni, è molto improbabile che la tendenza a decrescere inverti la rotta nei prossimi due o tre decenni; • a Pisticci centro vi sono meno giovani famiglie con propensione alla riproduzione: il numero di famiglie è elevato, ma il numero medio dei componenti è relativamente basso e la classe di età da 0 a 10 anni propone numeri piuttosto contenuti; • l’agro costituisce oltre l’8% della popolazione residente e, tuttavia, la sua crescita o decrescita è più sensibile a dinamiche diverse da quelle generate dalla struttura stessa della popolazione; la presenza di villaggi turistici e di seconde case costituenti questo agglomerato, denotano maggiore significatività nell’ambito della presenza turistica sul territorio comunale, che sarà esaminata nel paragrafo successivo. La presenza turistica sul territorio comunale Il 7 gennaio 2015 su “Il Quotidiano del sud” è apparso un articolo a firma del Direttore Generale dell’Azienda di Promozione Turistica di Basilicata dal clamoroso e strabiliante titolo: “il turismo salverà la Basilicata, aumentano soprattutto i turisti stranieri” 143. I dati a cui il Direttore fa riferimento si riferiscono al 2013 e sono gli ultimi pubblicati. Ben 532.000 sono stati i turisti registrati nelle 749 strutture ricettive lucane, con un incremento di oltre 15.000 unità rispetto all’anno precedente, che, in termini percentuali, costituiscono il 2,8% in più, con un incremento dei pernottamenti del 3,6%. 143 L’articolo è pubblicato sul sito web http://www.ilquotidianodellabasilicata.it /news/cronache/723149/Ilturismo-salvera-la-Basilicata-.html. Visita del 7 gennaio 2015. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 113 Il dato più importante, sottolinea lo stesso Direttore, che evidenzia una crescita di notorietà e una maggiore capacità attrattiva della Basilicata turistica, è il continuo aumento degli arrivi in Basilicata dal 2007: cresciuti in sei anni del 18%, oltre 84.000 unità. L’incremento delle presenze è più sensibile nel Vulture-Alto Bradano, a Matera, nel Marmo Platano Melandro, nella città di Potenza e nel Metapontino. Impetuosa è la crescita della capacità di attrazione turistica di Matera, così come del tutto positivi sono i risultati del Metapontino. Ulteriori dati incoraggianti sono costituiti dall’incremento netto di imprese turistiche, di oltre sei punti percentuali ed il potenziamento dell’offerta con l’aumento dei posti letto. Il turismo lucano, continua il Direttore, si configura come un settore economico vitale e capace di performance con ricadute positive sul territorio, che coinvolgono un gran numero di imprese che creano occupazione. Nonostante i molteplici ed evidenti limiti infrastrutturali, il turismo costituisce una grande opportunità per la Basilicata, pur se molto lavoro resta ancora da fare. Quanto registrato in Basilicata è in controtendenza rispetto alla situazione registrata a livello nazionale, dove si segnala una flessione del 4,4% rispetto al 2012 144. Il crollo dei consumi, provocato da una restrizione del reddito delle famiglie, è certamente la maggiore causa della diminuzione della domanda di servizi turistici. Come si rileva dal Grafico 3.23, la capacità attrattiva della Basilicata si espande di uno scarto di ben otto punti percentuali rispetto al dato registrato per l’intera Italia: la Basilicata cresce del 3,6%, mentre l’Italia decresce di un ulteriore 4,4% nel 2013. Tuttavia, la domanda di servizi turistici registrata in Basilicata 144 Il consuntivo del turismo lucano nel 2013, a cura di Franco Bitetti, coordinatore scientifico del Centro Studi Unioncamere. Visibile al sito http://www.sistan.it/fileadmin/ redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_ 1_2014.pdf. Visita dell’8 gennaio 2015. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 114 presenta delle peculiari caratteristiche, che hanno una valenza nell’analisi socio-economica di questo lavoro. La prima caratteristica da considerare attiene alla sostanziale riduzione della durata media del soggiorno, ad evidente discapito del turismo di tipo balneare rispetto a quello culturale o itinerante. L’offerta turistica del territorio di pisticcese è tipicamente balneare, con eccezioni concentrate in poche giornate all’anno 145. Un’ulteriore caratteristica tipizzante il turismo lucano è la stagionalità relativamente breve. Fatta eccezione per Matera, che da sola nel 2013 ha superato le 200 mila presenze, i mesi di punta del turismo lucano sono essenzialmente luglio ed agosto. Infatti anche nel 2013 la performance di giugno e settembre è stata deludente 146. Non è da trascurare, tra le caratteristiche del turismo lucano, la rilevante presenza di una quota del turismo che potremmo definire “di prossimità”, che ha, come bacino di domanda, la Puglia, la Campania e la stessa Basilicata e può essere stimato nella misura di oltre il 50% delle presenze complessive. Il Grafico 3.24 delinea le destinazioni delle presenze turistiche in Basilicata. L’area “Metapontino” vale quasi il 60% dell’intera regione: un altro chiaro sintomo della caratteristica tipicamente balneare del turismo in Lucania Il Grafico 3.25 propone, invece, un confronto in variazioni percentuali negli anni 2011, 2012 e 2013, tra le otto macro aree che rappresentano le principali destinazioni del turismo in Basilicata. Matera città, dopo un 2012 difficile che comunque non ha segnato tassi negativi, ha ricominciato a crescere con percentuali oltre il dieci. 145 Per il territorio di Pisticci, l’offerta turistica non balneare maggiormente significativa è rappresentata dalle festività patronali del 15, 16 e 17 agosto, quando si registra una notevole presenza di non residenti costituita da emigranti di ritorno al paese natio, sia pur per un brevissimo periodo. 146 Dati pubblicati da Unioncamere di Basilicata. Visibile al sito http://www.sistan.it/ fileadmin/redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_1_2014.pd. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 115 Anche per il “Metapontino” v’è stato un arretramento nel 2012, in parte recuperato nel 2013, per una presenza il cui valore assoluto supera 1.100.000 presenze. Buona è anche la crescita del “Vulture melfese” nel 2013: ben il 41% rispetto al 2012. . Grafico 3.23: andamento presenze turistiche Variazioni percentuali annue Fonte: elaborazione su dati ISTA ed APT 3,90 1,30 1,40 0,30 3,60 3,00 1,30 -1,60 -0,80 -0,80 -4,40 -4,20 2008 2009 2010 Italia 2011 2012 2013 Basilicata Grafico 3.24: presenza turistiche in Basilicata per destinazione - anno 2013 Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT 58,10% 10,80% Metapontino Maratea 10,60% 6,10% Matera città Vulture melfese Programmazione attività commerciale: relazione 3,70% 3,40% 2,80% 4,50% Val d'Agri Pollino Potenza città Altre aree Pagina | 116 Grafico 3.25: presenze turistiche in Basilicata per destinazione - variazioni percentuali annue Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT 41,00% 12,80% 2,80% 2,30% 0,50% 0,70% 5,40% 12,10% 19,50% 24,50% 12,20% 1,00% 2,10% -4,60% -6,50% -5,90% -1,90% 2012 -18,30% -14,20% -20,10% -10,10% -4,10% -10,20% -9,50% 2011 2013 Metapontino Maratea Matera città Val d'Agri Pollino Potenza città Altre aree Vulture melfese La macro area “Metapontino”, costituita dai Comuni di Bernalda, Nova Siri, Pisticci, Policoro, Rotondella e Scanzano Jonico 147, che nel 2012 aveva registrato una flessione del 4,1%, segnala, invece, una crescita del 2,3% nel 2013. Il successivo Grafico 3.26 mostra le percentuali di presenza turistica nei vari Comuni componenti l’area “Metapontino” nell’anno 2013. Pisticci riesce ad attrarre una percentuale del 14,50%, con oltre 164.000 presenze. Il Grafico 3.27 mostra le variazioni percentuali degli anni 2011, 2012 e 2013 dell’intera area “Metapontino”, proponendo un confronto tra i Comuni che la costituiscono. Il grafico mostra le evidenti differenze percentuali nell’anno 2011, attenuate, con tendenza comunque negativa, nel 2012 ed ulteriormente attenuate, questa volta con tendenza alla crescita, nell’anno 2013. Il fattore di maggiore influenza sul trend di crescita positivo della risorsa turismo dell’area 147 Cfr. aggregazioni ISTAT dei Comuni ai fini dell’offerta turistica. Febbraio 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 117 “Metapontino” è certamente la collocazione geografica del territorio. Grafico 3.26: presenze turistiche nell'area "metapontino" anno 2013 Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT 29,15% 27,70% 16,10% 14,50% 12,25% 0,30% Nova Siri Bernalda Scanzano Jonico Pisticci Policoro Rotondella Grafico 3.27: presenze turistiche nell'area "metapontino" Variazioni percentuali annue Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT 100,00% 80,00% 60,00% 40,00% 20,00% 0,00% -20,00% -40,00% 2011 Nova Siri 2012 Bernalda Scanzano Jonico 2013 Pisticci Policoro Rotondella Tutti e sei i Comuni si affacciano sul litorale jonico e propongono un’offerta di servizi turistici quasi del tutto balneare. Tra i fattori di debolezza v’è da segnalare, invece, una scarsa crescita del tessuto imprenditoriale di questo settore che, improvvisato e senza significativi Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 118 fenomeni di sinergia tra gli operatori dei vari segmenti dell’offerta, spesso è stereotipata, senza apprezzabili differenziazioni e senza alcun funzionale collegamento con le proposte turistiche culturali e paesaggistiche dell’entroterra. I dati fin qui rilevati quantificano una presenza turistica che abbia comunque soggiornato in una struttura ricettiva della regione, piuttosto che in una del territorio di Pisticci. L’interesse di questo lavoro analitico va, però, oltre la mera quantificazione della presenza e vuole, invece, definire in modo più puntuale il bacino potenziale della domanda di beni e servizi commerciali. Per una puntuale quantificazione della presenza turistica o, più correttamente, di quella popolazione che dimora provvisoriamente sul territorio del Comune di Pisticci e che, potenzialmente, può usufruire dei servizi commerciali, sarà effettuata una rilevazione scaturente da un’osservazione di tracce fisiche di accrescimento denominata garbology e da queste tracce sarà inferita la presenza di popolazione non residente nel territorio comunale. Il metodo di osservazione garbology rileva la quantificazione di questa quota di popolazione attraverso l’incremento della produzione di rifiuti solidi urbani 148. Il successivo Grafico 3.28 definisce l’andamento della produzione annuale di rifiuti solidi urbani all’interno del territorio comunale per gli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. Il grafico mostra un incremento della produzione di rifiuti nel 2014, dopo il vistoso calo registrato nel 2013. Il dato dell’ultimo anno è perfino maggiore di quello del 2012. 148 ANTONIO DE LILLO, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Novara, 2010, p. 55. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 119 Grafico 3.28: produzione annua di r.s.u. (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune 7.014 6.903 6.893 6.818 2011 2012 2013 2014 Nel Grafico 3.29 è mostrata, invece, la produzione di rifiuti solidi urbani mensile per ciascuno degli anni considerati. Come si può rilevare da quest’ultimo grafico, vi è un trend di crescita della produzione di rifiuti da giugno a settembre, con un accentuazione dell’incremento più evidente nei mesi di luglio ed agosto che, in linea con le rilevazioni delle presenze turistiche, rappresentano i mesi più favorevoli per il turismo lucano. V’è, quindi, una sostanziale coincidenza di periodo tra l’aumento della produzione di rifiuti nell’ambito del territorio comunale e l’incremento della presenza turistica. E’ un chiaro segnale che anche il turismo delle seconde case, o comunque quello non censito da alcuna registrazione, ha il suo momento di maggior afflusso nei mesi estivi. Nei successivi Grafici 3.30, 3.31, 3.32 e 3.33 viene rappresentata la produzione mensile di rifiuti negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014, confrontandola con la produzione media mensile calcolata nei mesi in cui si presume trascurabile la presenza di non residenti sul territorio comunale: gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre e dicembre. In linea con la registrazione di maggiore presenza turistica, si è ritenuto che anche il turismo fuori dal canale alberghiero ed Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 120 extralberghiero si concentri nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre. Tutti e quattro i grafici mostrano una crescita della produzione di rifiuti nei mesi estivi, con un picco nel mese di agosto. Grafico 3.29: produzione mensile di r.s.u. (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune 1200 1000 800 600 400 200 0 2011 2012 2013 2014 Grafico 3.30: produzione rifiuti anno 2011 (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su adti ServizioEcologia del Comune 990 505 489 521 555 560 620 720 644 506 501 444 produzione mensile Programmazione attività commerciale: relazione 464 produzione mensile media Pagina | 121 Grafico 3.31: produzione rifiuti anno 2012 (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune 998 515 485 460 504 564 636 733 650 516 439 465 produzione mensile 413 produzione mensile media Grafico 3.32: produzone rifiuti anno 2013 (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune 908 758 564 493 482 423 527 573 639 511 464 498 471 produzione mensile Programmazione attività commerciale: relazione produzione mensile media Pagina | 122 Grafico 3.33: produzione di rifiuti anno 2014 (valori in tonnellate) Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune 924 733 537 498 506 533 677 582 523 493 481 432 produzione mensile 482 produzione mensile media Grafico 3.34: confronto tra la popolazione media residente e la popolazione media presente Fonte: elaborazione su dati ISTAT e Servizio Ecologia del Comune 20.107 20.539 20.035 19.920 17.372 17.324 17.367 17.258 2011 2012 2013 2014 popolazione media residente Programmazione attività commerciale: relazione popolazione media presente Pagina | 123 Grafico 3.35: incremento annuo della popolazione Fonte: elaborazione su dati ISTAT e Servizio Ecologia del Comune 15,65% 13,60% 2011 2012 13,32% 13,36% 2013 2014 Un altro dato che si rileva dai grafici è il calo di produzione dal 2011 al 2013, mentre il 2014, pur segnalando una leggera ripresa, non riesce ad eguagliare i dati del 2012. Nel Grafico 3.34 viene rappresentato l’andamento della popolazione presente sul territorio comunale per il quadriennio considerato, confrontato con l’andamento della popolazione residente. La popolazione presente in ciascun anno è stata calcolata come la media della sommatoria delle proporzioni tra la media mensile della popolazione residente, la produzione media mensile di rifiuti e la produzione reale mensile degli stessi rifiuti 149. Il Grafico 3.35 annota, invece, la percentuale di crescita della popolazione quale apporto della popolazione presente rispetto a quella residente sul territorio comunale. Il maggior incremento segnalato nell’anno 2012 è certamente dovuto ad una maggiore produzione di rifiuti in quell’anno, soprattutto nei mesi di luglio, agosto e settembre. Non è rilevante nell’economia di questo lavoro indagare nel dettaglio le 149 Il dettaglio dei calcoli effettuati è riportato nell’Appendice 1. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 124 cause di questa maggior produzione che può essere stata provocato da fattori diversi. L’obiettivo precipuo di quest’analisi operata con la tecnica della cosiddetta garbology, adattata all’utilizzo specifico, è quello di rilevare che la popolazione presente sul territorio del Comune di Pisticci per residenza, per scopi turistici, per lavoro e per accessi generati da altre motivazioni, assomma alle cifre riportate nel Grafico 3.34, con un incremento annuo rispetto alla sola popolazione residente di oltre il 13%. Tale è, quindi, il peso di questa quota di popolazione nel mercato potenziale di beni e servizi commerciali. Imprese, occupazione e valore aggiunto Già in precedenza è stata fissata la funzione dei dati quantitativi nella ricerca che si sta conducendo in queste pagine, con l’obiettivo di fornire una rilevazione di diversi indicatori socio-economici che ci consentano una lettura analitica e sincronica del territorio, senza alcuna pretesa di alcunché di deterministico, ma limitandoci alle mere tendenze. La motivazione di tale scelta consiste nel fatto che per questo tipo di ricerca v’è proprio una intrinseca difficoltà, che spesso si trasforma in inutilità, di determinare con la logica delle scienze esatte i risultati e le previsioni della stessa ricerca. La rilevazione di dati più specificatamente economici non fa eccezione a questa regola, ancora di più in un periodo storico in cui il fenomeno della turbolenza rappresenta il fil rouge di molti aspetti della vita sociale e, quindi, anche di quella economica. Tuttavia, anche solo per definire una normatività di carattere tendenziale, non si può prescindere dall’acquisire informazioni e dati anche di carattere quantitativo. In questo paragrafo saranno rilevati dati di natura economica relativi al sistema imprese, all’occupazione ed Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 125 al valore aggiunto, misurati nell’ambito del territorio comunale, confrontati con quelli del territorio provinciale. La disaggregazione di questi dati, spesso pubblicati facendo riferimento al territorio nazionale o regionale, è il primo problema da affrontare. Il secondo è costituito dall’aggiornamento degli stessi dati, i cui momenti di pubblicazione differiscono rispetto alla loro raccolta. Eppure, attualmente è sempre più crescente la domanda di dati ed informazioni disaggregati al livello comunale, proprio per la necessità di molti operatori economici e policy makers di avere una conoscenza aggiornata della situazione in cui si trovano le singole economie locali 150. Per ovviare, almeno in parte, agli inconvenienti segnalati, in questo paragrafo saranno utilizzati dati già raccolti precedentemente da altri istituti statistici o di ricerca. Un’analisi secondaria, quindi, che pur in relazione con le problematiche che ha generato la collazione di dati originari, si avvarrà di elaborazioni specifiche al caso di interesse: il territorio del Comune di Pisticci. I dati e le informazioni che saranno utilizzati sono state raccolte ed hanno subìto una prima elaborazione nell’ambito del sistema informativo SMAIL – Sistema di Monitoraggio Annuale delle Imprese e del Lavoro – per conto di Unioncamere di Basilicata 151. Il sistema informativo SMAIL raccoglie dati statistici sulle imprese attive, le Unità Locali e gli occupati nelle stesse Unità Locali. Il livello di dettaglio del sistema è notevole, raggiunge i singoli comuni della regione. Nel campo di osservazione del sistema vi sono tutte le imprese iscritte alla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura ed Artigianato, competente per il territorio in esame. Non vi rientrano, 150 Cfr. Occupazione e valore aggiunto delle province e dei comuni del mezzogiorno: anni 2001 – 2009, a cura dell’Osservatorio Regionale Banche – Imprese di economia e finanza e dell’Istituto Tagliacarne, p. 3. 151 La diffusione dei dati del progetto è visibile al sito web http://www.smailweb.net/. Visita del 9 dicembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 126 invece, la Pubblica Amministrazione, le istituzioni pubbliche o private che non hanno obbligo di iscrizione alla stessa Camera di Commercio e le attività libero professionali non costituite in forma di imprese. Sono, altresì, escluse dalla rilevazione SMAIL le imprese che, per la particolare attività svolta, sono iscritte al Registro Imprese della Camera di Commercio presso la quale è localizzata la sede amministrativa. Queste Imprese, convenzionalmente, dichiarano tutti i dipendenti presso la sede amministrativa, pur se, di fatto, l’attività è svolta altrove. Si tratta prevalentemente di unità operative temporanee con una modesta incidenza sui dati relativi alle Unità Locali ed alle imprese rilevate. Relativamente al dato occupazione queste esclusioni possono farne sottostimare il numero che, quindi, occorrerà valutare con molta prudenza. Ai fini dell’analisi di interesse per questo lavoro, la unità di rilevazione del sistema SMAIL sono 152: • le imprese attive in provincia: imprese iscritte al Registro Imprese della provincia ed enti iscritti al Repertorio Economico Amministrativo, anche se con sede in altra provincia; • le Unità Locali: corrisponde alla definizione ISTAT e si intende un “luogo in cui viene effettuata una produzione di beni e servizi”. Relativamente alla metodologia utilizzata per la raccolta di dati, occorre specificare che tutte le informazioni del Registro Imprese sono analizzate e confrontate con quelle provenienti dagli archivi dell’ INPS, sia per una prima verifica di validità, sia per il completamento di dati mancanti 153. Il dato occupazionale è stato rilevato dalle tavole del sistema SMAIL dalle informazioni relative agli “addetti” in un’Unità Locale. In 152 Note metodologiche del sistema SMAIL, giugno 2013, pp. 4 e 5. Visibile al sito web http://www.smailweb.net/. Visita del 9 dicembre 2014. 153 Note cit., p. 10. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 127 tale voce sono ricompresi sia gli imprenditori che i dipendenti. Tutti i dati e le informazione attinte dal sistema SMAIL sono state elaborate per gli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012, per due essenziali motivazioni: la prima di ordine contingente, perché quelle indicate sono le sole annualità pubblicate; la seconda, perché la serie storica nel periodo 2008 – 2012 rappresenta l’andamento degli indicatori considerati proprio nel periodo di maggior pressione della crisi economica. Il Grafico 3.36 riporta il numero delle Unità Locali con addetti attive sul territorio del Comune di Pisticci, ripartite nei seguenti settori economici: Agricoltura e Pesca, Industria, Costruzioni, Commercio e Terziario. I dati rappresentati mostrano un calo delle Unità Locali nel settore Agricoltura e Pesca nel periodo 2008 - 2012, mentre risultano sostanzialmente stabili quelle degli altri settori economici, con una leggera crescita per le Unità Locali operanti nel settore Commercio e Terziario. Grafico 3.36: Unità Locali con addetti per settore economico Valori assoluti Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere Basilicata 600 598 618 630 644 498 496 487 461 483 377 366 351 337 341 Industria 2008 149 148 152 150 149 151 152 150 163 164 Agricoltura e pesca Costruzioni 2009 2010 Programmazione attività commerciale: relazione Commercio 2011 Terziario 2012 Pagina | 128 Grafico 3.37: totale Unità Locali con addetti (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata 1.781 1.775 1.758 1.760 2010 2011 1.741 2008 2009 2012 Il Grafico 3.37 mostra, in valori assoluti, l’andamento delle Unità Locali comunali nello stesso periodo 2008 – 2012. Dopo il vistoso calo dell’anno 2009, si registra una lenta ma continua crescita nei tre anni successivi, fin quasi ad eguagliare le unità attive nel 2008. Grafico 3.38 tassi di incremento delle Unità Locali con addetti Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata Programmazione attività commerciale: relazione 2011 2,92% 2010 4,10% -1,19% -8,67% Costruzioni 2009 0,40% 1,81% -4,77% -2,70% -0,66% -0,61% Industria 3,99% 5,34% 0,67% 0,67% 1,32% 1,32% 0,33% -3,34% -1,94% -2,22% Agricoltura e pesca Commercio Terziario 2012 Pagina | 129 Il Grafico 3.38 evidenzia i tassi di incremento (o decremento) delle Unità Locali con addetti, operanti sul territorio di Pisticci, a partire dall’anno base 2008, per tutti e sei i settori economici considerati. Il tasso negativo peggiore è quello del settore Industria nell’anno 2010, mentre il tasso di crescita migliore, nello stesso anno, è stato registrato nel settore del Commercio. Tutti positivi i risultati del settore Terziario negli anni 2010, 2011 e 2012. Grafico 3.39: quota delle Unità Locali del territorio comunale rispetto a quelle del terriorio provinciale Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata 2008 2009 Commercio 2010 2011 Terziario 7,93% 7,96% 7,99% 7,97% 8,07% Costruzioni 7,73% 7,69% 7,70% 7,62% 7,78% 8,75% 8,78% 8,63% 8,35% 8,56% 7,73% 7,79% 7,64% 8,17% 8,15% Industria 6,73% 6,65% 6,81% 6,76% 6,61% 7,84% 7,94% 8,12% 8,20% 8,28% Agricoltura e pesca Totale unità locali 2012 Il Grafico 3.39 mostra la quota delle Unità Locali attive nel territorio di Pisticci rispetto a quelle attive nel territorio della provincia di Matera, distinte per settore economico, nel periodo 2008 - 2012. Come si può notare dai dati riportati nel grafico, nel complesso le Unità Locali totali per ciascuno dei cinque settori economici analizzati hanno il medesimo peso nell’ambito del territorio provinciale, con un’oscillazione di poco più di un decimo di punto percentuale. Nel Grafico 3.40 e nei successivi Grafici 3.41, 3.42 e 3.43, vengono rappresentate le imprese attive, utilizzando le medesime Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 130 aggregazioni adoperate per la rappresentazioni delle informazioni relative alle Unità Locali attive. L’andamento delle barre grafiche di queste ultime rappresentazioni, relative alle imprese attive sul territorio comunale, è molto simile a quello visto per le rappresentazioni delle Unità Locali attive. Quest’ultimo è segnale evidente della quasi corrispondenza, o quantomeno della notevole vicinanza, del numero delle Unità Locali attive con il numero delle imprese operanti sul territorio comunale. La stragrande maggioranza delle Imprese è composta, quindi, da una sola Unità Locale. Grafico 3.40: Imprese attive per settore economico Fonte: elaborazioni su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 593 591 611 625 639 140 138 142 141 141 Industria Costruzioni 2008 2009 2010 Commercio 2011 298 294 282 273 279 398 399 395 384 393 120 120 122 135 138 Agricoltura e pesca Terziario 2012 Grafico 3.41: totale delle Imprese attive Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 1.590 1.558 1.552 1.542 2008 2009 2010 Programmazione attività commerciale: relazione 2011 1.549 2012 Pagina | 131 Grafico 3.42: tassi di incremento Imprese attive Commercio 2011 1,34% 3,19% 2010 -2,20% Costruzioni 2009 -0,25% -2,34% -2,90% -1,67% -10,66% -2,22% Industria 1,00% 2,78% 1,43% 0,70% 0,00% 0,00% 0,34% -3,38% -2,29% -2,24% Agricoltura e pesca 4,08% Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata Terziario 2012 Anche nel confronto con il territorio della provincia di Matera il peso delle imprese pisticcesi mantiene all’incirca lo stesso tasso delle Unità Locali, con un maggior decremento negli anni 2011 e 2012. L’anno più negativo per le imprese localizzate nel Comune di Pisticci è stato, infatti, il 2011. Già nel 2012 si rilevano segnali di ripresa, tuttavia molto al di sotto dei dati del 2008. Grafico 3.43: quota delle imprese attive sul territorio comunale rispetto a quello provinciale Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 7,78% 7,82% 7,90% Programmazione attività commerciale: relazione 2011 Terziario 7,97% 8,06% 2010 7,34% Commercio 7,29% 7,34% 2009 7,30% 7,54% 8,58% Costruzioni 2008 8,61% 8,67% 8,51% 8,57% 6,80% 6,66% 6,87% Industria 6,85% 6,74% 7,43% 7,42% 7,48% 8,19% 8,33% 7,87% 7,96% 8,13% 8,24% 8,31% Agricoltura e pesca Totale imprese 2012 Pagina | 132 Grafico 3.44: confronto tra Unità Locali con addetti ed Imprese attive (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 1.781 1.775 1.758 1.760 1.558 1.552 1.542 1.549 2009 2010 2011 2012 1.741 1.590 2008 Unità locali con addetti Imprese attive I Grafici 3.44 e 3.45 propongono un confronto tra imprese ed Unità Locali, entrambe localizzate sul territorio di Pisticci, nel periodo 2008 – 2012. Grafico 3.45: numero di Unità Locali con addetti per ogni Impresa attiva Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 1,15 1,14 1,13 1,12 2008 1,12 2009 2010 Programmazione attività commerciale: relazione 2011 2012 Pagina | 133 Le curve dei grafici ci mostrano che il rapporto tra Imprese ed Unità Locali o, meglio, il numero di Unità Locali appartenenti alla stessa impresa, è cambiato nel corso di questo ultimi anni. Nel 2008 e nel 2009 il rapporto registrato è costante ed il più basso della serie, mentre negli anni 2010, 2011 e 2012 il rapporto cresce costantemente. E’ un chiaro segnale di aumento medio delle Unità Locali attive per ciascuna impresa. In media, nell’anno 2012, si registrano 1,15 Unità Locali per impresa. I successivi Grafici 3.46, 3.47, 3.48, 3.49, 3.50 e 3.51 delineano il profilo occupazionale nell’ambito delle Unità Locali attive sul territorio comunale. Come già accennato nella breve nota metodologica all’inizio di questo paragrafo, gli occupati rilevati nei grafici seguenti corrispondono agli addetti del sistema SMAIL e, questi ultimi, comprendono sia gli imprenditori che i dipendenti. L’elaborazione dei dati riportati nei Grafici 3.46, 3.47, 3.48 e 3.49 è simile a quella utilizzata per la rappresentazione delle Unità Locali e delle Imprese. Grafico 3.46: occupati nelle Unità Locali per settore economico (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata 844 864 872 768 Programmazione attività commerciale: relazione 774 2010 681 Costruzioni 2009 769 698 494 466 536 2008 582 589 Industria 881 1.006 896 905 1.041 1.110 1.219 1.145 1.149 1.196 1.148 1.202 Agricoltura e pesca Commercio 2011 Terziario 2012 Pagina | 134 Grafico 3.47: totale occupati nelle Unità Locali (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata 4.660 4.456 2008 4.414 2009 2010 4.158 4.147 2011 2012 Grafico 3.48: tassi di incremento degli occupati nelle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata -2,37% 2011 -0,93% 2010 -1,03% 2009 Commercio -14,19% Costruzioni -0,78% -2,50% -15,02% -8,58% -1,20% -1,00% -15,03% -9,82% -6,63% -0,35% -4,09% -0,50% Industria 0,65% 11,44% 5,67% 4,49% Agricoltura e pesca Terziario 2012 In particolare, il Grafico 3.46 mostra, in valori assoluti, il numero di occupati nelle Unità Locali di ciascuno dei settori economici considerati nel periodo 2008 – 2012, mentre il Grafico 3.47 mostra il totale degli occupati nello stesso periodo. E’ evidente la contrazione dell’occupazione dal primo all’ultimo anno della serie e, tuttavia, appare incoraggiante che, tra il 2011 ed il 2012, la decrescita si sia quasi arrestata. Il dato occupazionale più negativo è stato registrato nell’anno 2011 nei settori delle Costruzioni e dell’Industria, come Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 135 mostrato nel Grafico 3.46. Di evidente segno negativo è anche il dato occupazionale relativo al settore economico Terziario fatto registrare nel 2009. Negli anni successivi, lo stesso settore Terziario non ha mai fatto registrare tassi positivi. Grafico 3.49: quota di occupati nelle Unità Locali del territorio comunale rispetto a quelli occupati nelle Unità Locali della provincia Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata Commercio Terziario Costruzioni 2008 2009 2010 2011 8,30% 8,23% 8,75% 8,78% 8,88% 6,39% 6,58% 6,91% 6,98% 8,01% Industria 8,20% 8,29% 8,23% 7,31% 7,33% 9,13% 8,13% 9,04% 9,59% 9,22% 10,37% 9,87% 11,02% 11,55% 11,50% 8,59% 8,76% 9,11% 9,14% 8,56% Agricoltura e pesca totale occupati 2012 Grafico 3.50: numero medio di occupati per Unità Locali Fonte: elborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata 5,93 5,95 6,94 6,81 7,43 1,45 2008 Costruzioni 2009 2010 Programmazione attività commerciale: relazione 1,54 1,56 1,58 1,48 Industria Commercio 2011 2,24 2,36 2,48 2,61 2,95 3,32 3,15 3,53 3,88 3,95 1,91 1,92 1,94 1,91 1,78 Agricoltura e pesca Terziario 2012 Pagina | 136 Grafico 3.51: tassi di incremento del numero medio di occupati per Unità Locale -5,45% 2011 -5,24% 2010 -5,23% -12,85% Costruzioni 2009 -1,19% -1,19% -11,99% -10,03% -16,56% -9,15% Industria 6,45% -1,88% -0,34% -0,68% -0,72% Agricoltura e pesca 2,17% 5,03% 1,41% 1,88% 6,57% Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata Commercio Terziario 2012 Il Grafico 3.49 mostra il rapporto tra l’occupazione nelle Unità Locali nell’ambito del territorio comunale e quella nelle Unità Locali della provincia. Il peso dell’occupazione comunale equivale al peso delle Unità Locali nell’ambito provinciale. Questo dato ci suggerisce che la composizione delle Unità Locali localizzate a Pisticci è molto simile a quella delle Unità Locali dell’intera provincia di Matera. Il Grafico 3.50 mostra il numero medio di occupati per Unità Locale nel periodo 2008 – 2012. Solo i settori dell’Agricoltura e del Commercio riescono a mantenere lo stesso numero medio di occupati, mentre i settori dell’Industria, delle Costruzioni e del Terziario mostrano una evidente contrazione della media di occupati. Il Grafico 3.51 annota il tasso di incremento (decremento) del numero medio di occupati per tutti i settori economici analizzati, a partire dall’anno base 2008. Il 2011 è stato il peggior anno. sia per il settore dell’Industria che per quello delle costruzioni, mentre il settore terziario, pur segnalando un notevole calo nel 2009, ha dimezzato le perdite negli anni successivi. Andamento opposto per il settore del Commercio, che ha segnalato incrementi nei primi due anni della Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 137 serie, mentre ha chiuso negativamente gli ultimi due. Grafico 3.52: confronto tra il numero medio di occupati per Unità Locale del territorio comunale e quelle del territorio provinciale Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata 2,62 2,56 2,51 2,36 2,38 2008 2,32 2009 2,29 2,28 2010 2011 Pisticci 2,34 2,23 2012 Matera Come è stato evidenziato argomentando i dati del precedente Grafico 3.49, l’analisi delle informazioni desumibili dal Grafico 3.52 mostrano la chiara tendenza alla similarità del profilo occupazionale tra le Unità Locali localizzate a Pisticci e quelle del resto del territorio della provincia di Matera. Quest’ultimo grafico propone un confronto tra il numero medio degli occupati per Unità Locale del territorio comunale e quelle del territorio provinciale e mostra un riduzione del divario che si registra per i primi anni della serie, e che negli anni 2011 e 2012 si è dimezzato. Il valore aggiunto Per dare una certa completezza e profondità alla conoscenza del territorio del Comune di Pisticci occorre dare uno sguardo ad un ulteriore indicatore economico, assolutamente indispensabile nel Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 138 disegno generale delle politiche di sviluppo locale efficaci per la programmazione di qualsiasi settore produttivo e, per molti versi, anche per la pianificazione territoriale. Pisticci è un Comune del Mezzogiorno d’Italia ed è noto, da innumerevoli indicatori, che le aree meridionali della penisola sono state tra le più colpite dalla crisi economica che, iniziata a partire dal 2008, tarda ad evidenziare segnali di ripresa. Tuttavia la crisi non ha avuto lo stesso effetto su tutte le aree del Mezzogiorno e, pertanto, alcuni territori hanno proposto politiche di sviluppo più efficaci di altri. L’obiettivo del paragrafo è, quindi, individuare la categoria che include il territorio di Pisticci e, a tale scopo, si utilizzerà, quale indicatore economico, il Valore Aggiunto (VA), che rappresenta quantitativamente la ricchezza prodotta dal sistema economico di un determinato territorio a livello provinciale, mentre il Prodotto Interno Lordo (PIL), che comprende il Valore Aggiunto, l’IVA e le imposte indirette nette sulla produzione interna e le importazioni, risulta essere più significativo se misurato a livello nazionale o quantomeno regionale. Il Valore Aggiunto è la differenza fra il valore della produzione di beni e servizi e i costi sostenuti da parte delle singole unità produttive per l’acquisto di input produttivi a essa necessari, presso altre aziende. Rappresenta, quindi, il valore che i fattori produttivi utilizzati dall’impresa, capitale e lavoro, hanno aggiunto agli input acquistati dall’esterno, in modo da ottenere una data produzione 154. Questo indicatore, rapportato alla popolazione di un dato territorio (Valore Aggiunto pro-capite), consente di delineare la tendenza dell’andamento dell’economia in quello stesso territorio, nonché di confrontarla con quella di altri territori. Non rientra tra gli obiettivi di questo lavoro la 154 Cfr. Dizionario di Economia e Finanze Treccani. Visibile al sito web http://www. treccani. it/ enciclopedia/valore-aggiunto_%28Dizionario_di_Economia_e_ Finanza%29/. Visita del 14 gennaio 2015. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 139 predisposizione di modelli per il calcolo disaggregato del Valore Aggiunto a livello comunale e nemmeno quello per l’individuazione dei coefficienti, diversi per ciascun anno, per calcolare il valore ai prezzi base dal valore a prezzi di mercato. Quest’ultimo è solitamente utilizzato per il calcolo del Prodotto Interno Lordo. Verranno utilizzate, quindi, le proiezioni sul valore aggiunto fornite dall’Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e Finanza 155. Il rapporto dell’Osservatorio segnala una chiara regressione dell’economia del Mezzogiorno, in misura maggiore rispetto a quella del resto dell’Italia, accentuando ulteriormente il divario economico tra le due aree. Il rapporto continua evidenziando le difficoltà sistemiche del Sud, che rischiano di annullare gli effetti prodotti da quelle aree di eccellenza e che connotano la caratteristica macchia di leopardo dell’economia meridionale. Il Mezzogiorno non è, quindi, un’unica area uniforme per cui può essere implementata un’unica azione politica di sviluppo, bensì un’area in cui situazioni di significativo benessere economico convivono con zone di vera e propria povertà. L’eterogeneità che il rapporto dell’Osservatorio individua rappresenta il paradosso dell’economia meridionale: un punto di forza e, contemporaneamente, di debolezza. Il punto di forza è rappresentato da quelle zone di eccellenza che fronteggiano adeguatamente gli eventi di crisi, mentre la debolezza è causata dalla mancanza di connessioni territoriali ed economiche tra le diverse aree del Mezzogiorno. Un altro capitolo del rapporto dell’Osservatorio riguarda più specificatamente il Valore Aggiunto pro-capite nei Comuni del Mezzogiorno. Il divario con il resto d’Italia rimane ancora incolmabile tanto che solo il 4% dei residenti nel Sud supera il reddito medio nazionale, 155 Il rapporto “Il valore aggiunto dei comuni del Mezzogiorno. Stime 1995 – 2012 e previsione 2013 – 2016”, è stato presentato a Roma il 14 marzo 2013 ed è visibile sul sito web http://www.bancheimprese.it /it/component/phocadownload/category/6-il-valore-ag giunto-dei-comuni-del-mezzogiorno.html. Visita del 10 novembre 2014. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 140 evidenziando la vera problematica di quest’area: il basso livello di produzione per abitante. La bassa produzione ed i bassi livelli di occupazione, ben al di sotto della media nazionale, continuano a generare alti tassi di evasione di consumi, perché i beni ed i servizi sono importati da altre regioni, spesso quelle del Nord, o dall’estero. Mappa 3.2: Valore Aggiunto 2012 Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza La tendenza alla contrazione degli indicatori macroeconomici evidenziata nel rapporto segue l’andamento degli anni precedenti, eppure, sostiene l’Osservatorio, né il sistema imprenditoriale meridionale, né i policy makers hanno manifestato una qualche significativa reazione. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 141 Per il Mezzogiorno, quindi, la crisi non è affatto finita, anzi, il divario con il resto del paese aumenta sempre di più. Mentre in diverse aree del paese l’efficientamento della Pubblica Amministrazione sta generando effetti benefici sull’economia locale, al Sud continuano a prevalere logiche clientelari che, nella maggior parte dei casi, portano ad un utilizzo inefficiente ed irrazionale di risorse umane, con evidente aggravio sulla spesa pubblica. In altre aree del Centro o del Nord Italia sono stati già sperimentati con successo processi di collegamento ed integrazione tra sistemi economici locali; nel Mezzogiorno prevalgono gli interventi a pioggia, piuttosto che l’ennesimo aumento della spesa pubblica per opere di dubbia utilità economica e sociale. Mappa 3.3: Valore Aggiunto previsioni 2013 – 2016 Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 142 I processi di innovazione della Pubblica Amministrazione, che altrove manifestano già effetti positivi, per il Sud provocheranno, nei prossimi anni, maggiore contrazione del reddito prodotto. L’Osservatorio ha stimato che per portare l’incidenza del settore pubblico dal 30% al 27% in dieci anni, per affievolire il divario con il resto d’Italia, il reddito prodotto dalle regioni meridionali dovrà ridursi dello 0,7% all’anno. La decrescita del pubblico dovrà essere compensata dalla crescita di altri settori economici, altrimenti il divario resterà incolmabile. Mappa 3.4: Valore Aggiunto pro-capite anno 2012 Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza Non v’è un solo Mezzogiorno, ma vi sono più “Mezzogiorni”; questa è l’evidenza fondante del rapporto. All’interno del Mezzogiorno, la Basilicata è tra le regioni più penalizzate. Nell’anno 2012 l’Osservatorio ha stimato un Valore Aggiunto pro-capite da € 14.500 ad € 21.500 per tutti i Comuni della Basilicata e, quindi, anche per Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 143 Pisticci. E’ già apprezzabile che all’interno della regione non vi sono vere e proprie sacche di maggior povertà con valori al di sotto di € 14.500, ma non vi sono nemmeno aree più virtuose con un Valore superiore ad € 21.500. Ben più grigie sono le prospettive stimate dall’Osservatorio per il quadriennio 2013 – 2016. L’economia di Pisticci segue le sorti della regione, facendo segnalare una variazione media annua del Valore Aggiunto pro-capite minore dell’1%. Certo, c’è di che consolarsi, perché aree con variazione media annua inferiore all’1% ve ne sono in gran parte del meridione, nelle due isole, in Liguria, in Toscana, nel Lazio e nella Lombardia. Ma, smentendo il detto popolare, il mal comune non è mezzo gaudio, è solo un male più diffuso che non giova a nessuno. Tra l’altro, la Basilicata ha una caratteristica particolare nella previsione 2013 – 2016 dell’Osservatorio: la scarsa rilevanza della crescita è assolutamente diffusa in tutti i 131 comuni. Mappa 3.5: Valore Aggiunto previsioni 2013 – 2016 Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 144 Il modello dell’Osservatorio consente di rilevare anche dati più nel dettaglio dei territori delle regioni meridionali. Relativamente al Valore Aggiunto pro-capite nel 2012 (euro 2005), il territorio di Pisticci è all’interno di “una mezza luna ad alto valore tra lo Jonio ed il basso Adriatico”, con una stima maggiore di € 13.250. Meno performanti sono le prospettive di variazioni della media del Valore Aggiunto tra il 2013 ed il 2016; per il territorio di Pisticci è stimata una variazione tra lo 0,25% e lo 0,75%, che farà registrare una sostanziale situazione di stagnazione. E’ interessante concludere quest’analisi secondaria sui dati forniti dall’ Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e Finanza con una considerazione in merito alla formula del successo dei sistemi produttivi comunali. In sintesi – sostiene l’Osservatorio – i sistemi più performanti sono quelli che hanno risparmiato territorio, con espansione del settore agricolo e contrazione di quello industriale e delle costruzioni. Hanno puntato sui servizi ed hanno mantenuto una dimensione demografica intermedia, assicurando ai propri abitanti un reddito sufficiente, ma non troppo elevato e debellando posizioni di rendita. Non v’è eccessiva meraviglia nel constatare che quest’ultima rilevazione dell’Osservatorio ricalca i cardini del progetto “Territorialista”. Insistere su concetti quali la riduzione dell’erosione di territorio agricolo e la limitazione delle costruzioni, la crescita della stessa agricoltura, specie se di qualità e non intensiva, l’abbandono dell’industrializzazione quale essenza sia del paradigma della teoria della modernizzazione 156 che di quello della teoria della dipendenza 157, 156 Cfr. A. SALENTO e G. PESARE, Analisi sociologica dei processi di sviluppo, Dispensa per il corso a cura di, Università del Salento, a.a. 2012/2013. Questa teoria sociologica sostiene che la “modernizzazione” dei paesi arretrati equivale sostanzialmente alla riproduzione del modello di sviluppo dei paesi occidentali. 157 Op. cit. Secondo questa teoria, le aree sviluppate e quelle arretrate fanno parte di un unico sistema economico nel quale lo sviluppo delle prime è possibile attraverso lo sfruttamento e la spoliazione di risorse dalle seconde. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 145 per approdare a comunità che sappiano farsi carico dello sviluppo autosostenibile del proprio territorio, è la mission propria dei Territorialisti, così come è stata esplicitata nel primo Capitolo di questo lavoro. “E’ necessario rivitalizzare l’humus locale”, è la proposta di Serge Latouche per un crescita conviviale, con delle alternative concrete localmente 158. I bacini d’utenza Dopo aver analizzato la struttura della popolazione residente nel Comune di Pisticci e dopo aver definito l’ordine di grandezza del peso della popolazione presente, ma non residente sul territorio comunale, al fine di determinare la presunta ampiezza del mercato potenziale della domanda di beni e servizi commerciali rivolta alla rete distributiva comunale, occorre circoscrivere il probabile bacino d’utenza. Il bacino d’utenza costituisce un parametro di valutazione della potenzialità economica di un’area basato su tre indicatori: demografico, geografico e temporale. A partire da un punto geografico, che costituisce il baricentro del bacino, si individuano le aree raggiungibili nell’arco di un tempo prefissato e si calcola la popolazione che vi risiede. E’ del tutto evidente che l’individuazione delle aree non può essere costituita da cerchi concentrici, poiché la mera distanza tra i vari centri urbani ricompresi ed il baricentro del bacino non è un elemento sufficiente a determinarle. Il bacino d’utenza che costituisce un mercato potenziale è solitamente 158 definito attraverso le isocrone. Queste individuano, SERGE LATOUCHE, Uscire dallo sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino, 2005, p. 106. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 146 nell’ambito della stessa area, tutti quei centri urbani dai quali, a parità di tempo, si raggiunge il baricentro. La presenza di assi stradali veloci incide notevolmente sulle distanze percorse e, quindi, sull’inclusione o meno di un centro abitato nell’area del bacino. Anche barriere naturali, quali montagne, laghi, fiumi, ecc., incidono sulla definizione del bacino, proprio perché determinano il percorso della rete viaria. Una delle principali caratteristiche della rete distributiva del Comune di Pisticci, come si vedrà più dettagliatamente nel Capitolo successivo, è la distribuzione della sua localizzazione tra il centro storico di Pistici e l’abitato di Marconia. Entrambi questi centri urbani mostrano una felice collocazione geografica sotto il profilo della viabilità. Sono, infatti, a distanze che oscillano tra i 5 ed i 10 chilometri sia dalla Strada Statale 106 Jonica, che dalla Strada Statale 407 Basentana. Attraverso queste due importati assi viarie è possibile raggiungere, in tempi ragionevolmente brevi, innumerevoli Comuni dell’area metapontina, della collina materana, della parte sud della Valle del Sinni, la parte nord del Cosentino in Calabria ed il territorio di Ginosa in Puglia. E’ proprio la posizione strategica che potrebbe costituire un elemento di forza per la programmazione della rete distributiva comunale di beni e servizi commerciali. La successiva Mappa 3.6 individua i centri abitati che, potenzialmente, potrebbero rientrare nelle varie aree del bacino d’utenza che propone il territorio di Pisticci quale baricentro. L’insieme, quindi, del parametro geografico, di quello demografico e di quello temporale definisce il bacino d’utenza, per cui sono stati calcolati i tempi medi di percorrenza, secondo la viabilità esistente, affinché un potenziale utente possa raggiungere il baricentro del bacino. La definizione del bacino d’utenza mediante il metodo delle Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 147 isocrone può essere rappresentata graficamente disegnando le aree che ricomprendono tutti quei centri abitati raggiungibili nell’arco dello stesso intervallo di tempo. Utilizzato il parametro geografico e quello temporale per definire le varie aree di interesse, successivamente si considera quello demografico e si calcola il totale dei cittadini residenti nei Comuni il cui centro abitato è incluso in quelle aree. Mappa 3.6: centri abitati dell’area con Pisticci baricentro Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 148 A differenza di quanto avviene nell’utilizzo di questo metodo nell’ambito imprenditoriale, per individuare l’area dei potenziali acquirenti, che considera una sola area corrispondente ai criteri prefissati nel piano di investimento d’Impresa, l’obiettivo definitorio di questo lavoro è precipuamente pubblico e, pertanto, appare più opportuno individuare più aree fissando diversi termini temporali da cui, evidentemente, scaturiranno diversi parametri demografici. Saranno, quindi, definiti tre bacini d’utenza composti da tre aree geografiche e fissando tre diversi parametri temporali: fino ad un tempo di 15 minuti di percorrenza viaria; da 15 a 30 minuti di percorrenza; da 30 a 60 minuti di percorrenza per raggiungere il baricentro. La scelta di individuare ben tre aree bacino è sostenuta dalle seguenti argomentazioni: • l’ampiezza dell’area sulla quale si sviluppano sensibili fenomeni di attrazione è variabile ed è influenzata dalla struttura dell’offerta. Proprio questa struttura pone dei limiti all’ampiezza, oltre i quali, sia i fenomeni di attrazione delle domanda che quelli di evasione dei consumi, sono del tutto trascurabili. Il consumatore, per massimizzare i propri benefici, tenderà a proporre la sua domanda di beni e servizi commerciali alla rete di vendita più vicina alla propria residenza, a meno di poter usufruire di beni e servizi migliori in reti localizzate in aree più distanti; • la frequenza di utilizzo dei servizi commerciali diminuisce con l’aumento della distanza che separa il consumatore del luogo dell’offerta degli stessi servizi. Il numero delle famiglie che costituiscono il mercato potenziale dell’offerta di una rete distributiva non è un mero parametro demografico: man mano che aumentano le distanze incidono altri fattori a determinarlo, quali la Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 149 disponibilità di tempo per gli spostamenti, il costo degli stessi spostamenti, le difficoltà di spostamento e, quindi, la presenza o meno di un efficiente servizio di trasporto pubblico locale, ecc.; • l’utilizzo dell’offerta di una rete è fortemente influenzato dalla presenza di reti distributive concorrenti localizzate presso Comuni attigui o comunque vicini. Appare evidente che la presenza di una rete fortemente competitiva e maggiormente attrattiva in un Comune vicino annulla del tutto le potenzialità del bacino d’utenza, creando fenomeni di evasione di consumi, anziché quelli di attrazione di domanda. Il modello proposto genera, quindi, aree geografiche omogenee sotto il profilo temporale che, però, forniscono una rappresentazione dei flussi di domanda di beni e servizi commerciali fortemente condizionata dalla struttura della rete distributiva del luogo baricentro. Condizione che, come detto innanzi, non è illimitata ma è, a sua volta, influenzata da fattori esogeni alla stessa struttura della rete distributiva. Con tutti gli accorgimenti analitici testé annotati, il modello ci permette di definire le tre aree principali che compongono i bacini d’utenza della rete distributiva localizzata sul territorio del Comune di Pisticci. Per il primo bacino è stato considerato un tempo di accesso al baricentro inferiore ai 15 minuti e comprende, oltre allo stesso Comune di Pisticci, anche i Comuni di Bernalda e Scanzano Jonico. In questa area v’è una popolazione residente di oltre 37.000 abitanti. L’individuazione del secondo bacino prevede un tempo di percorrenza compreso tra i 15 ed i 30 minuti e comprende, oltre i Comuni del primo bacino, quelli di Montalbano Jonico, Craco, Policoro, Ferrandina e Ginosa. La popolazione residente in quest’area ammonta a circa 94.000 abitanti. Il terzo bacino considerato è definito per un tempo di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 150 percorrenza oltre i 30 minuti e fino a 60 minuti e l’area include, oltre i precedenti, i Comuni di Nova Siri, Montescaglioso, Tursi, Miglionico, Rocca Imperiale, Pomarico, Rotondella, Salandra, Valsinni, Colobraro e Stigliano. In questo terzo e più ampio bacino risiedono 139.000 abitanti. Nell’Appendice 2 è riportata la tabella con il calcolo della popolazione residente nelle aree dei tre bacini d’utenza. Mappa 3.7: aree geografiche dei tre bacini d’utenza Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 151 Nella Mappa 3.7 sottostante sono evidenziate le tre aree geografiche dei bacini d’utenza calcolati in base al parametro temporale. Come si può notare, le aree sono delle figure amorfe più che dei cerchi concentrici. Il sistema viario ed altri fattori hanno determinato l’inclusione o l’esclusione di Comuni che avrebbero avuto diversa collocazione se fosse stata considerata la mera distanza geografica. I bacini d’utenza con Pisticci baricentro sono di notevole rilievo: con 19 Comuni e 139.000 residenti, rappresentano la zona di influenza da un punto di vista prettamente geografico. Quanto questa influenza potrà tradursi in vere e proprie opportunità di intercettare quote di domanda per le imprese operanti nell’ambito della rete distributiva di Pisticci, è una problematica che riguarda sia gli obiettivi di marketing e sviluppo delle stesse imprese, sia il più generale obiettivo della programmazione pubblica, in quanto può essere iscritta nel tema del marketing territoriale. E’ da considerare, infatti, che, tra le componenti di un sistema territoriale, le attività in esso svolte caratterizzano lo stesso territorio, sia per la natura che per il modo in cui le stesse attività sono realizzate 159. I bacini d’utenza rappresentano l’ambito in cui immediatamente e maggiormente si sviluppa la capacità competitiva di un sistema territoriale. Quest’ultima affermazione implica due precisazioni. La prima: gli avverbi utilizzati immediatamente e maggiormente hanno un peso rilevante se il punto di vista delle imprese è quello distributivocommerciale e quello pubblico riguarda la programmazione della rete distributiva commerciale; se, ad esempio, si dovesse argomentare un programma di sviluppo turistico, la capacità competitiva che si esplica nei tre bacini d’utenza individuati non sarebbe né immediata, né 159 MATTEO G. CAROLI, Il marketing territoriale – Strategie per la competitività sostenibile del territorio, FRANCO ANGELI, Milano, 2006, p. 24. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 152 maggiore rispetto a quella di altre parti del globo. La seconda: il concetto di competitività, nel caso di un sistema territoriale, non può essere frutto di una mera traslazione dal significato che lo stesso concetto ha per un’impresa 160. La competitività di un’area non può essere il frutto di meccanismi deterministici proprio perché i diversi attori del territorio manifestano percezioni diverse, pur nell’alveo della medesima coscienza di luogo. V’è di più. La competitività tra territori non è un gioco a somma zero. “Con una metafora sportiva, la competizione tra territori può essere considerata analoga alla competizione tra due giocatori di golf, mentre quella tra due imprese è più simile a quella tra due giocatori di tennis. Nel golf, un buon colpo messo a segno da un concorrente non ha alcun impatto sulle possibilità dell’avversario di giocare a sua volta una buona palla; nel tennis, è esattamente il contrario. In entrambi gli sport, alla fine della gara, i partecipanti sono comunque classificati in un ordine che ne definisce la posizione relativa” 161. Nella specificità di un intervento di programmazione commerciale i diversi bacini d’utenza costituiscono, quindi, l’habitat naturale in cui sia il sistema distributivo che il sistema territorio possono esplicare fattori di attrattività. Diversi, però, rimangono sia gli obiettivi che gli stessi fattori utilizzati dai due sistemi. 160 161 Op. cit., p. 39. Op. cit., p. 41, nota 12. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 153 Capitolo 4° La rete distributiva commerciale insediata sul territorio comunale In questo Capitolo verrà effettuata un'analisi quantitativa e qualitativa della rete distributiva di beni e servizi commerciali del Comune di Pisticci. L’analisi è finalizzata a fornire elementi utili per una valutazione dell'offerta commerciale del Comune. I dati di base utilizzati corrispondono ai provvedimenti abilitativi rilasciati dal competente Servizio Comunale per l’esercizio dell’attività commerciale. L’elaborazione di questi dati ha permesso di definire un archivio omogeneo sotto il profilo temporale 162 e coerente rispetto alle classi tipologiche e dimensionali previste dal D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998163 e riproposte dalla legislazione regionale. In particolare, le unità di base della rilevazione sono state classificate in due classi tipologiche e, all’interno di ognuna classe, sono state ulteriormente suddivise, rispettivamente, in sub-classi dimensionali ed in base alla modalità di svolgimento dell’esercizio. Le due classi tipologiche sono: commercio su aree private e commercio su aree pubbliche. Il discrimine risiede unicamente nella finalità pubblica dell’area e, quindi, nella sua natura giuridica, prescindendo da qualsiasi altra caratteristica, quale l’essere coperta o scoperta, al chiuso o all’aperto, di proprietà pubblica o privata. E’ ascrivibile, per esempio, al commercio su aree private l’attività di vendita di un supermercato o quella di vendita di automobili all’aperto su un’area privata, mentre è da considerare commercio su aree pubbliche il chiosco di gelati ubicato nei giardini pubblici, piuttosto che prospiciente al mare sull’area demaniale. La classe tipizzata dalla natura privata dell’area su cui viene svolta 162 163 I dati sono aggiornati al 31 dicembre 2014. E’ la cosiddetta Riforma Bersani della quale si è parlato ampiamente nel Capitolo 2°. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 154 l’attività è suddivisa in più sub-classi classi dimensionali164: • esercizi di vicinato: fino a 150 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e fino a 250 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti; • medie strutture di vendita: fino a 1.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e fino a 2.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti; • grandi strutture di vendita: oltre i 1.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti ed oltre i 2.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti. La classe tipologica che esercita su area pubblica è suddivisa in due sottoclassi differenziate dalla modalità di esercizio dell’attività165: • su un posteggio localizzato su area pubblica e dato in concessione pluriennale; • su qualsiasi area pubblica, purché in forma itinerante. Sono proprio queste ultime due sub-classi che, probabilmente, richiamano alla memoria la più romantica forma di commercio. La prima sub-classe, quella dei mercati, ha un antenato illustre nelle fiere del basso medioevo, che sono state i più antichi luoghi economici nei quali si effettuavano scambi di beni tra mercanti locali e quelli venuti da lontano166. La seconda, quella della sub-classe ambulante, è certamente la forma più antica di commercio: dopo la caccia e l’agricoltura, affonda le sue radici nella notte dei tempi167. 164 Cfr. l’art. 4 del D.Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. Cfr. art. 28 del D.Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. 166 LUCIO TUFANO, Genio e genesi del commercio: gli ambulanti, la città e la modernizzazione, STES, Potenza, 2008, p. 15. 167 Op. cit., p. 11. 165 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 155 L’ordinamento giuridico che disciplina queste attività economiche prevede, inoltre, un’ulteriore distinzione che percorre trasversalmente tutte le classi e le sub-classi: il settore merceologico alimentare e quello non alimentare. Sulla scorta di queste differenzazioni, nei prossimi paragrafi sarà proposta un’analisi strutturale della rete distributiva commerciale insediata sul territorio del Comune di Pisticci. Il commercio su aree private Per analizzare la rete distributiva di beni e servizi commerciali insediata su aree private nel territorio del Comune di Pisticci si farà riferimento alle Unità Locali attive, desumibili dall’archivio del Servizio Attività Produttive dello stesso Comune. L’Unità Locale è un luogo fisico nel quale l’Impresa esercita stabilmente l’attività di vendita 168. Tranne che in pochissimi casi, in cui può essere localizzata su un luogo all’aperto, comunque su area di natura giuridica privata, le Unità Locali sono ubicate in locali al chiuso. L’attività di vendita o, con definizione più tecnica, il commercio al dettaglio, è “l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale” 169. Sul territorio del Comune di Pisticci, alla data del 31 dicembre 2014, risultano attive 269 Unità Locali a carattere permanente e 40 Unità Locali ad esercizio stagionale. Queste ultime sono tutte ubicate nei villaggi turistici localizzati lungo la fascia di costa jonica del 168 169 Nel gergo comune, l’Unità Locale può essere considerato il negozio, ovvero il punto vendita. Cfr. lettera b) del 1° comma dell’art. 4 del D.Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 156 territorio comunale e sono attive esclusivamente nel periodo estivo, quando la presenza turistica propone un incremento della domanda di beni e servizi commerciali. Il periodo di apertura di queste attività segue pedissequamente la stagionalità del turismo tipicamente balneare, con una durata media di circa novanta giorni all’anno. Rimandando a fine paragrafo l’analisi più nel dettaglio delle attività stagionali, con il successivo Grafico 4.1 vengono rappresentate, in valori assoluti ed in percentuale, le Unità Locali a carattere permanente ubicate sul territorio di Pisticci, ripartite per settore merceologico. Grafico 4.1: Unità Locali attive Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 269 69,52% 187 30,48% 82 A NA TOT Tra le 269 Unità Locali dell’intera rete, 187 commercializzano prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare e costituiscono il 69,52% del totale, mentre sono in tutto 82 quelle che appartengono al settore merceologico alimentare e rappresentano il 30,48%. Nel settore merceologico alimentare sono compresi anche gli esercizi a settore misto, in quanto la loro rilevanza sulla rete ha maggiore incidenza nell’ambito del settore alimentare. Anche in termini di superficie di vendita, il rapporto tra le Unità Locali dei due settori merceologici permane di due terzi ad un terzo. Il successivo Grafico 4.2 riporta, appunto, quest’ultima annotazione. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 157 Dallo stesso Grafico si rileva che la rete distributiva, nel complesso delle Unità Locali a carattere permanente, si sviluppa su una superficie di vendita di circa ventunomila metri quadrati, di cui 14.135 metri quadrati per il settore merceologico non alimentare e 6.546 per quello alimentare. Grafico 4.2 superficie di vendita delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 20.981 68,80% 14.435 31,20% 6.546 A NA TOT Il Grafico 4.3 mostra, invece, l’anzianità di esercizio delle Unità Locali attive. Il numero per ciascun anno è stato considerato al netto delle chiusure avvenute nel corso degli anni successivi. Grafico 4.3: anzianità delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 25 21 21 18 13 11 13 7 7 6 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 3 1998 1996 1995 2 4 9 8 7 1997 5 2 1994 1992 1 1993 4 1991 2 1990 1989 1 1 1988 3 1987 1986 2 1985 1 1984 1983 2 2 1982 1 1981 1980 0 0 1979 1978 2 2 1977 0 1976 1 1975 1974 3 4 6 11 20 18 La serie storica mostra che le attività in esercizio più anziane Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 158 sono state aperte nel 1974. Il maggiore addensamento negli ultimi anni della serie può essere considerato un segno di vitalità per l’economia del settore e per un ricambio generazionale tra gli imprenditori. Tuttavia, considerare positivo che solo il 23% della rete ha origini nel secolo scorso, non può far trascurare i numeri contenuti relativi alle aperture per gli anni 2007, 2008 e 2012. Il saldo, ancorché positivo, tra le aperture e chiusure in questi tre anni è molto più basso di quello degli altri anni dell’ultimo decennio. I successivi Grafici 4.4 e 4.5 mostrano la tipologia delle Imprese titolari delle Unità Locali attive. Per l’elaborazione di questo dato sulla tipologia dell’Impresa sono stati considerati solo due aggregati: quelle Individuali e le Società. In queste ultime sono ricomprese sia le Società 170 che le Cooperative ed altri tipi di sodalizi giuridicamente riconosciuti. Grafico 4.4: tipologia delle Imprese titolari delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 269 76,21% 205 23,79% 64 Impresa Individuale Impresa società TOT Ben 205 attività, il 76,21% dell’intera rete, sono appannaggio di Imprese Individuali, mentre 64 esercizi, il 23,79%, risultano gestiti da Società. Il dato misurato in termini di superficie di vendita riduce la differenza tra le due forme giuridiche. Infatti, a fronte di oltre 8.000 170 S.r.l., s.r.l. semplificata, s.a.s., s.p.a., s.n.c., ecc. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 159 metri quadrati gestiti da Società, ne corrispondono quasi 13.000 intestate alle Imprese Individuali. La superficie media delle Unità Locali intestate ad Imprese Individuali è di circa 64 metri quadrati, mentre quella delle Unità Locali gestite da Società e di oltre 125 metri quadrati. Questi ultimi dati suggeriscono che gli esercizi con maggiore superficie di vendita sono intestati ad Imprese con forma giuridica di Società. Grafico 4.5: tipologia Imprese e superficie di vendita delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 20.981 61,67% 12.940 38,33% 8.041 Impresa Individuale Impresa società TOT Il successivo Grafico 4.6 mostra la sede legale delle Imprese titolari delle attività commerciali localizzate sul territorio del Comune. Il dato esaminato è stato disaggregato per settore merceologico e, inoltre, la categoria “Extracomune” è considerata contrastiva rispetto a Pisticci. Il 90,33% delle Imprese ha sede legale a Pisticci ed è titolare di ben 243 Unità Locali. Oltre nove imprenditori su dieci sono pisticcesi o, comunque, hanno scelto Pisticci quale sede legale della loro attività economica. Il dato ricavato rivela, inoltre, che quand’anche vi siano dei marchi di esercizi che lavorano a catena, nella stragrande maggioranza dei casi le Unità Locali pisticcesi sono gestite da Imprese autoctone. Con i successivi grafici l’analisi delle rete di vendita esamina i suoi caratteri strutturali. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 160 Grafico 4.6: sede legale delle Imprese titolari delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 243 174 69 A NA 90,33% 13 13 26 % A NA TOT TOT Comune Pisticci 9,67% % Extracomune Il Grafico 4.7 ripartisce le Unità Locali secondo le sub-classi dimensionali previste nel Decreto Bersani 171. Grafico 4.7: Unità Locali per sub-classi dimensionali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 97,77% 263 Esercizio di Vicinato 269 2,23% 0,00% 6 0 Medie strutture di vendita Grandi strutture di vendita TOT La quasi totalità della rete di vendita è costituita da esercizi di vicinato: il 97,77%. Sono solo 6 le medie strutture di vendita e, sul territorio del Comune, non è localizzata alcuna grande struttura di vendita. I successivi Grafici 4.8, 4.9, 4.10 e 4.11 mostrano il dettaglio strutturale degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita. 171 Il Decreto Bersani è il D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. Della ripartizione in sub-classi tipologiche si è parlato all’inizio di questo Capitolo. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 161 Le risultanze dei grafici rivelano che a Pisticci vi sono solo tre supermercati di media distribuzione che, nel complesso, esercitano su poco più di 1.000 metri quadrati di superficie di vendita. Grafico 4.8: settore merceologico degli esercizi di vicinato Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 263 69,96% 184 30,04% 79 A NA TOT Grafico 4.9: superficie di vendita dei settori merceologici degli esercizi di vicinato Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 70,08% 18.505 12.969 29,92% 5.536 A NA TOT Nel complesso della rete, le medie strutture di vendita, sia alimentari che non alimentari, assorbono una superficie davvero esigua: meno di 2.500 metri quadrati, a fronte dei 18.505 metri quadrati degli esercizi di vicinato. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 162 Grafico 4.10: settore merceologico delle medie strutture di vendita Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 6 50,00% 50,00% 3 3 A NA TOT Grafico 4.11: superficie di vendita dei settori merceologici delle medie strutture di vendita Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 2.476 59,21% 40,79% 1.466 1.010 A NA TOT Questi ultimi dati evidenziati costituiscono un palese sintomo di elevata frammentazione della rete, che, nel complesso, annovera Unità Locali con una superficie media di solo 78 metri quadrati. La superficie media degli esercizi di vicinato è di 70 metri quadrati, ben al di sotto del limite della sub-classe dimensionale, fissato a 250 metri quadrati, mentre quella delle medie strutture di vendita e di soli 413 metri quadrati e, anche in questo caso, è molto al di sotto del limite della sub-classe dimensionale, stabilito in 2.500 metri quadrati. I successivi Grafici 4.12 e 4.13 mostrano i dati relativi ad Imprese che, nel territorio di Pisticci, risultano titolari di più Unità Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 163 Locali. Vi sono 2 Imprese titolari di 3 Unità Locali ciascuna e 17 Imprese che ne contano 2 per ognuna. Grafico 4.12: Imprese con più Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 17 9 2 8 2 0 A NA Imprese con 3 U L TOT Imprese con 2 U L Grafico 4.13: quota di superficie di vendita delle Imprese con più Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 20,47% 13,95% 6,52% A NA TOT Come traspare dal Grafico 4.13, le Imprese che hanno più Unità Locali esercitano su una superficie di vendita pari a circa un quinto del totale. Due terzi di questa superficie è dedicata al settore merceologico alimentare e solo un terzo a quello non alimentare. La ripartizione della localizzazione delle Unità Locali è la variabile analizzata nei successivi Grafici 4.14, 4.15, 4,16 e 4.17. In questi ultimi la rete distributiva è ripartita per localizzazione nell’ambito dei Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 164 centri urbani individuati all’interno del territorio comunale: Pisticci, Pisticci scalo, Tinchi – Centro Agricolo e Marconia, mentre nell’Agro sono localizzati esclusivamente gli esercizi stagionali che saranno analizzati più avanti. Grafico 4.14: localizzazione delle Unità Locali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 50,19% 41,26% Pisticci 2,60% 4,46% Pisticci scalo Tinchi-Centro Agricolo 1,49% Marconia Agro Grafico 4.15: localizzazione Unità Locali e tasso di presenza dei settori merceologici Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 75,00% 64,86% 35,14% 57,14% 42,86% 25,93% 25,00% Pisticci 75,00% 74,07% Pisticci scalo Tinchi-Centro Agricolo A Marconia 25,00% Agro NA Nell’ambito di ognuno dei centri urbani, i dati sono aggregati per settori merceologici e sub-classi dimensionali degli esercizi di vendita. Come evidenziano i Grafici 4.16 e 4.17, nel centro urbano di Marconia è localizzata la metà della rete distributiva comunale per entrambe le sub-classi dimensionali e, tuttavia, alquanto significative Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 165 sono le presenze nel centro urbano di Pisticci. Nell’agglomerato urbano di Tinchi – Centro Agricolo è localizzata una media struttura di vendita del settore merceologico alimentare. Grafico 4.16: localizzazione delle medie strutture di vendita Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 50,00% 33,33% 16,67% 0,00% Pisticci Pisticci scalo Tinchi-Centro Agricolo Marconia Grafico 4.17: localizzazione degli esercizi di vicinato Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 50,19% 41,44% Pisticci 2,66% 4,18% Pisticci scalo Tinchi-Centro Agricolo 1,52% Marconia Agro Nei prossimi tre grafici l’analisi si trasferisce sulla struttura per classi di età degli Imprenditori titolari delle Unità Locali. Il Grafico 4.18 ripartisce le Unità Locali del Comune nelle cinque fasce di età: fino a 30 anni, da 30 a 40 anni, da 40 a 50 anni, da 50 a 60 anni ed oltre i 60 anni. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 166 Grafico 4.18: numero Unità Locali e fasce di età degli Imprenditori Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 33 oltre 60 anni 69 da 51 a 60 anni 88 da 41 a 50 anni 58 da 31 a 40 anni 21 fino a 30 anni Grafico 4.19: numero Unità Locali ripartite per settore merceologico e fasce d'età degli Imprenditori Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 26 oltre 60 anni 7 43 da 51 a 60 anni 26 61 da 41 a 50 anni 27 42 da 31 a 40 anni fino a 30 anni 16 15 6 NA I dati ricavati mostrano A che vi sono più imprenditori ultrasessantenni rispetto a quelli under trenta e sono proprio gli imprenditori compresi nelle fasce di età intermedie che gestiscono la maggior parte degli esercizi commerciali di Pisticci. Il dato segnala che il ricambio generazionale non è poi così frequente e significativo. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 167 Grafico 4.20: superficie di vendita delle Unità Locali ripartite per fasce d'età degli Imprenditori Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune oltre 60 anni 2.790 da 51 a 60 anni 6.351 da 41 a 50 anni 6.460 da 31 a 40 anni 4.103 fino a 30 anni 1.277 Come si evince sia dal Grafico 4.19 che dal 4.20 la fascia di età fino a 30 anni mostra i numeri più bassi di entrambe le serie, mentre le fasce di età da 41 a 50 anni e da 51 a 60 anni gestiscono la parte più consistente della rete distributiva. Grafico 4.21: numero Unità Locali per 1000 abitanti Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 19 Pisticci 13 13 Pisticci scalo Tinchi-Centro Agricolo 15 15 Marconia TOT Il Grafico 4.21 mostra la misura dell’indice di dotazione 172 per l’intero Comune e per i quattro centri abitati considerati. Nel complesso del territorio comunale è calcolato un indice pari a 15, perfettamente in linea con quello della provincia di Matera e dell’intera 172 L’indice di dotazione calcola il numero delle Unità Locali per ogni mille abitanti. L’indice è direttamente proporzionale al numero delle Unità Locali attive. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 168 Regione Basilicata. Nell’ambito degli agglomerati urbani nei quali è stato suddiviso il Comune, solo Marconia misura lo stesso indice di dotazione dei maggiori aggregati; Pisticci ne segnala uno più alto in ragione del maggior numero di Unità Locali rispetto ai residenti. Pisticci scalo e Tinchi – Centro Agricolo mostrano, invece, un indice più basso di quello comunale e, comunque, un numero di esercizi, in valore assoluto, minore dell’indice di presenza, in quanto nessuno di questi centri abitati raggiunge i 1.000 abitanti. L’indice più alto registrato a Pisticci potrebbe indurre ad una lettura nella quale la rete distributiva localizzata in questo abitato evidenzia forti elementi di attrazione, salvo poi verificare, nel dettaglio, che vi sono localizzate solo due medie strutture di vendita, una del settore merceologico alimentare e l’altra non alimentare ed entrambe con superficie di vendita appena superiore a quella minima del limite dimensionale. Una lettura più attenta dei dati suggerisce che la motivazione per un alto indice di presenza è una maggiore frammentazione della rete, con una riduzione della superficie media per esercizio. Per l’aggregato di Tinchi – Centro Agricolo si registra il fenomeno inverso: un basso indice di presenza e la localizzazione di una media struttura di vendita del settore merceologico alimentare che, da sola, è sovradimensionata rispetto ai residenti del centro urbano. Un’analisi più in dettaglio rivela che, pur con un basso indice, la rete distributiva localizzata in quest’ultimo aggregato urbano manifesta fenomeni di attrazione ben dimostrazione oltre di gli come stessi gli indici confini comunali. statistici Un’ulteriore assumano maggior pregnanza se corroborati da altri dati, sia di natura quantitativa che qualitativa, nonché da osservazioni dirette o indirette compatibili con i fenomeni da rilevare. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 169 All’inizio del paragrafo è stato evidenziato che sul territorio di Pisticci, oltre i punti vendita tradizionali a carattere permanente, vi sono insediate 40 Unità Locali a carattere stagionale, localizzate nell’area dei lidi all’interno dei villaggi turistici, che seguono il periodo dei maggiori flussi turistici, con un’apertura media annua di circa 90 giorni. Grafico 4.22: Unità Locali stagionali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 77,50% 40 31 22,50% 9 A NA TOT Il Grafico 4.22 mostra la ripartizione per settore merceologico delle Unità Locali stagionali. Tutti i 40 esercizi appartengono alla classe dimensionale degli esercizi di vicinato e denotano una superficie di vendita media pari a circa 58 metri quadrati, ben al di sotto del limite massimo della stessa sub-classe dimensionale di appartenenza, fissato a 250 metri quadrati dal Decreto Bersani. Nel successivo Grafico 4.23 vengono evidenziate le quote di superficie di vendita delle Unità Locali di ciascuno dei settori merceologici. Gli esercizi del settore merceologico alimentare, pur essendo di minor consistenza numerica, hanno una superficie media doppia rispetto a quella dei punti vendita non alimentari: 94 metri quadrati per quelli alimentari e 47 metri quadrati per i non alimentari. V’è da aggiungere che è fuori dall’offerta della rete stagionale tutta Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 170 quella domanda potenziale degli ospiti delle strutture ricettive alberghiere che non usufruiscono di beni e servizi commerciali di tipo alimentare. L’ultimo Grafico della serie, il 4.24, suggerisce la provenienza delle Imprese che avviano Unità Locali stagionali nel territorio di Pisticci. Grafico 4.23: superficie di vendita delle Unità Locali stagionali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 2.305 63,34% 1.460 36,66% 845 A NA TOT Grafico 4.24: sede legale delle Imprese titolari della Unità Locali stagionali Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 67,50% 27 32,50% 13 Extracomune Comune Pisticci Oltre due terzi di questi esercizi sono intestati ad Imprese extracomunali. Tra l’altro, una osservazione più nel dettaglio delle localizzazioni delle stesse Unità Locali evidenzia che la maggior parte di Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 171 quelle intestate a Imprese di Pisticci sono ubicate nel villaggio denominato Borgo San Basilio. Questo Borgo è stato il primo insediamento ad essere realizzato nella zona dei lidi ed al suo interno, nei mesi estivi, vi risiedono parecchi pisticcesi che qui hanno acquistato una seconda casa. Le Imprese di Pisticci avviano Unità Locali nei villaggi turistici maggiormente frequentati da turisti pisticcesi, mentre, negli altri villaggi, la provenienza delle Imprese che aprono punti vendita è, in molti casi, la stessa dei flussi turistici. Rimane un ultimo indicatore da considerare nell’analisi della rete distributiva di beni e servizi commerciali di Pisticci: l’indice di addensamento. Questo misura la percentuale di Unità Locali localizzate in particolari zone del territorio puntualmente circoscritte. Nell’ambito dei centri abitati del Comune di Pisticci saranno individuate due zone: una per Marconia e l’altra per Pisticci. Gli altri aggregati urbani non esprimono numeri per rendere significativo l’indice di addensamento e altrettanto non significativo è l’indice per i punti vendita stagionali localizzati all’interno dei villaggi turistici, perché la struttura urbanistica degli stessi villaggi tende ad elevarlo senza che vi corrisponda un particolare significato di scelta ubicazionale da parte dell’imprenditore. La zona di interesse per Pisticci è composta da due strade che percorrono trasversalmente l’abitato: Corso Metaponto e Corso Margherita. In queste due vie vi sono ubicate 49 Unità Locali con un indice di addensamento pari al 44,14%, quasi la metà dei punti vendita di Pisticci centro. Per il centro abitato di Marconia la zona di maggior addensamento può essere circoscritta tra Via San Giovanni Bosco, Via Sicilia, Corso Italia, Piazza Bologna, Piazza Elettra e Via Firenze. Nell’area di queste vie e piazze vi sono ubicati 54 esercizi commerciali Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 172 che segnalano un indice di addensamento pari al 40%, un quinto dell’intera rete del centro abitato. Nelle successive Mappe 4.1 e 4.2 vengono indicate le zone di maggior addensamento, con un indice pari e superio al 40%. Mappa 4.1: zona di addensamento a Pisticci Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 173 Mappa 4.2: zona di addensamento a Marconia L’indice di addensamento ci suggerisce che oltre 4 imprenditori su 10 scelgono di localizzare in quelle zone le Unità Locali, pur dovendo sopportare maggiori oneri fissi causati proprio dalla più intensa richiesta di immobili a carattere commerciale. E’ un dato, quest’ultimo, da non trascurare, sia in ambito di pianificazione urbanistica che in quello di programmazione commerciale e questo Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 174 sottolinea, ancora una volta, la rilevanza di quello stretto connubio di cui si è parlato nel Capitolo 2°. Il commercio su aree pubbliche: i mercati comunali Nella mitologia romana Mercurio era il dio del profitto, del mercato e del commercio; il suo nome latino probabilmente deriva dal termine merx o mercator, che significa mercante. Il suo omologo greco era Ermes, astuto e veloce protettore dei mercanti ed anche dei ladri. A Mercurio “erano intitolate alcune vie dell’antica Roma, lungo le quali i commercianti, per lo più ambulanti, collocavano le loro merci sui banchi di vendita” 173. Il mercante ambulante è la forma più ancestrale del commerciante ed è connessa a forme di socialità ormai vive solo nei ricordi dei più anziani della comunità. L’ambulante, fornito di “solide gambe e di buona ugola, percorreva in lungo ed in largo la città per la vendita al minuto, spesso di oggetti più strani e più impensati ed a prezzi anche inferiori rispetto a quelli praticati dai venditori di bottega” 174. Fino agli anni Settanta del secolo scorso il commercio ambulante ha avuto un ruolo primario nella quotidianità della vita di molti paesi della Lucania. Mercati, fiere e sagre paesane, spesso collegate alla celebrazione delle festività per i Santi Patroni, hanno costituito il principale canale di approvvigionamento per comunità oltremodo stanziali. Il cosiddetto “frustjer” 175 era il venditore ambulante che portava merci assolutamente introvabili in quelle poche botteghe di 173 LUCIO TUFANO, Genio e genesi del commercio. Gli ambulanti, la città e la modernizzazione, STES s.r.l., Potenza, 2008, p. 23 174 Op. cit., p. 27. 175 Forestiero. Nel gergo dialettale pisticcese, “frustjer” è un non nativo di Pisticci. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 175 paese. Ma era anche qualcosa di più. Era una sorta di canale di accesso ad un mondo quasi sconosciuto, un fornitore di fiducia dei ricercati prodotti di quel mondo altro rispetto alla limitata quotidianità di paese ed uno strumento per una sorta di globalizzazione ante litteram. Sono passati solo pochi decenni e quel mondo si è radicalmente trasformato fino al punto che spesso si smarrisce la vera essenza dei fatti e degli atti sociali, trasformandoli in una ritualità insignificante. Ma questo è altro rispetto alla tematica che si sta affrontando e l’approfondirlo porterebbe davvero lontano. Per ora accontentiamoci di definirlo così: la modernità (o, meglio, alcuni effetti delle modernità) ha imposto una sorta di cambiamento del paradigma socio-economico che si accompagna a questa particolare tipologia di commercio. Il Comune di Pisticci, sensibile a questo cambiamento e, soprattutto, per implementare le funzioni attribuite dal nuovo ordinamento normativo 176, ha approvato, già nel 2002 ed adeguato nel 2014, il regolamento comunale per l’esercizio del commercio su aree pubbliche nelle sue due forme: ambulante e presso i mercati. L’obiettivo precipuo di questi provvedimenti amministrativi è sostanzialmente finalizzato ad un processo di ammodernamento e ristrutturazione dell’intero impianto dei mercati che si svolgono nell’ambito del territorio comunale. Al commercio itinerante, quello che una volta era definitivo ambulante in senso stretto, è, invece, attribuito un ruolo residuale, quasi marginale e privo di qualsivoglia funzione sia sociale che economica, circoscritto in spazi e tempi notevolmente contenuti. La tematica della riqualificazione dei mercati comunali è stata maggiormente affrontata e sviluppata sia per favorire il miglioramento 176 D. Lgs. nr. 114/1998: Riforma del commercio, nota come Riforma Bersani; L.R. nr. 19/99: Disciplina del commercio al dettaglio su aree private in sede fissa e su aree pubbliche. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 176 dell’offerta, sia per una più funzionale integrazione con la rete distributiva di beni e servizi commerciali su aree private. La programmazione ha cercato di conservare alcuni aspetti tradizionali dei mercati e, per contribuire a mantenere vivo il legame tra commercio e tessuto urbano, ha conservato i luoghi classici di localizzazione, pur se questo limita il processo di ammodernamento delle strutture a causa della particolare conformazione urbanistica, soprattutto del centro storico di Pisticci. In ossequio ai principi dell’ordinamento giuridico nazionale e regionale, nonché alle disposizioni regolamentari del Comune, sono stati rilevati alcuni indicatori che connotano la rete distributiva comunale del commercio su aree pubbliche. I dati sono stati aggregati in due categorie: la prima riguarda le Imprese operanti nel settore, la seconda i mercati comunali. E’ opportuno precisare subito che le categorie non sono sovrapponibili, in quanto gran parte delle Imprese operano in più mercati ed in più Comuni. Il Grafico 4.25 rappresenta, in valori assoluti ed in percentuale, la ripartizione della tipologia delle Imprese, Individuale e Società, dedite al commercio su aree pubbliche nel territorio di Pisticci. La forma giuridica prevalente indica un’Impresa caratterizzata dalla presenza del solo titolare che si occupa direttamente dell’esercizio dell’attività. Il successivo Grafico 4.26 mostra le sedi legali delle Imprese differenziandole in due categorie: Comune di Pisticci ed Extracomune. Quelle pisticcesi sono preponderanti nel settore con quasi il 20% in più rispetto a quelle extracomunali. Questo dato comprende anche quelle dedite al commercio itinerante che, come è stato specificato innanzi, è considerato residuale. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 177 Nei prossimi grafici questi dati saranno disaggregati e la quota di Imprese pisticcesi assumerà diverso valore. Grafico 4.25: tipologia Imprese (valori assoluti e percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 320 341 93,84% 21 Impresa individuale 6,16% Società totale Grafico 4.26: sede legale delle Imprese (percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 58,65% 41,35% Pisticci Programmazione attività commerciale: relazione Extracomune Pagina | 178 Grafico 4.27: nazionalità dei titolari delle Imprese (percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 67,74% 32,26% Comunitari Extracomunitari Grafico 4.28: nazionalità dei titolari delle Imprese con sede legale a Pisticci (percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 52,00% 48,00% Comunitari Extracomunitari Grafico 4.29: nazionalalità dei titolari delle Imprese con sede legale extracomune (percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 95,74% 4,26% Comunitari Programmazione attività commerciale: relazione Extracomunitari Pagina | 179 Nel Grafico 4.27 la variabile evidenziata è la nazionalità dei titolari delle Imprese che esercitano a Pisticci: solo un terzo è extracomunitaria. Anche per questo grafico è opportuno annotare che i dati sono aggregati tra l’attività svolta nei mercati e quella in forma itinerante. Risultati diversi, come vedremo, si otterranno con dati disaggregati. Il Grafico 4.28, infatti, annota le differenze percentuali della nazionalità dei titolari delle Imprese che hanno sede legale nel Comune di Pisticci. La misura delle variabili è in controtendenza rispetto a quella del grafico precedente che, però, è compensata dalla misura della variabile evidenziata nel Grafico 4.29 che mostra la nazionalità dei titolari delle Imprese che hanno sede legale non nel Comune di Pisticci. Non v’è contraddizione nelle misure rilevate e ciò viene chiarito dai dati dei prossimi grafici. Per una puntuale lettura degli stessi occorre tenere presente due annotazioni di carattere normativo. La prima: alla data di rilascio del provvedimento abilitativo all’esercizio del commercio su aree pubbliche in forma itinerante veniva applicata la previgente disposizione legislativa: il Comune competente al rilascio dell’autorizzazione era quello nel quale l’Impresa ha sede legale, mentre quello per svolgere l’attività nei mercati è rilasciato dal Comune dove è localizzato il mercato e prescinde dalla sede legale della stessa Impresa 177. Tutte le Imprese ad attività itinerante rilevate nell’archivio comunale e computate nei grafici, hanno, quindi, sede legale a Pisticci e questo, evidentemente, incrementa notevolmente le percentuali del Grafico 4.26. La seconda: per i cittadini extracomunitari l’ottenimento 177 Cfr. comma 3° e 4° dell’art. 28 del D. Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i. Il comma 4° è stato novellato dal 2° comma dell’art. 70 del D.Lgs. nr. 59/2010 (cosiddetta direttiva Bolkestein) che attribuisce la competenza al rilascio del titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività nella forma itinerante, al Comune nel quale l’Impresa intende esercitare la stessa attività. Quasi tutte le imprese oggetto della presente analisi hanno un titolo abilitativo rilasciato con la previgente normativa. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 180 di un provvedimento abilitativo per l’esercizio di un’Impresa costituisce una motivazione giuridica sufficiente per il rinnovo del permesso di soggiorno. L’impresa più facile da realizzare, senza l’ausilio di alcun capitale, è proprio quella del commercio ambulante. Queste annotazioni spiegano la maggior percentuale di titolari extracomunitari tra le Imprese che hanno sede a Pisticci, così come evidenziato nel Grafico 4.28, nonché l’irrilevante percentuale misurata nel Grafico 4.29 di extracomunitari titolari di Imprese con sede legale fuori dal Comune di Pisticci. In quest’ultimo caso le Imprese con titolare extracomunitario vengono iscritte nell’archivio comunale solo se concessionarie di posteggio nei mercati comunali e questo è un po’ più difficile, perché richiede l’investimento di maggiori capitali. In sintesi, questi primi dati annotati suggeriscono di leggere le rilevazioni secondo le due modalità in cui è svolto l’esercizio dell’attività. Grafico 4.30: forma itinerante - ripartizione per settore merceologico (valori assoluti e percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 156 14 91,76% 170 8,24% A NA TOT Il Grafico 4.30 ripartisce le Imprese che svolgono la forma itinerante secondo la variabile del settore merceologico: alimentare e non alimentare. Il dato evidente, che conferma quanto sostenuto nelle precedenti annotazioni, è la preponderanza del commercio itinerante non alimentare, praticato da oltre 9 Imprese su 10. Anche per questa circostanza è da rilevare che l’attività svolta da titolari extracomunitari Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 181 è totalmente ascrivibile al settore non alimentare. Per l’esercizio del commercio di prodotti alimentari è prescritto il possesso di requisiti professionali difficili da ottenere per un extracomunitario, che spesso non conosce bene la lingua italiana. Grafico 4.31: forma itinerante - nazionalità dei titolari delle Imprese (percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 55,29% 44,71% Comunitari Extracomunitari Gtafico 4.32: sede legale Imprese concessionarie di posteggi (valori percentuali) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 77,78% 22,22% Pisticci Extracomune Quanto evidenziato dai Grafici 4.31 e 4.32 completa il quadro degli indicatori afferenti alle Imprese del commercio su aree pubbliche. Quelle il cui titolare è extracomunitario sono maggiormente dedite al commercio sotto forma itinerante, mentre la sede legale delle Imprese concessionarie dei posteggi nei vari mercati comunali è quasi del tutto extracomunale. Possiamo, quindi, annotare due prime considerazione rivenienti dalla lettura dei dati testé illustrati. La prima riguarda l’esercizio Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 182 dell’attività itinerante. Questa, per le ragioni cui si è fatto breve cenno innanzi, è quasi del tutto prerogativa di Imprese i cui titolari sono extracomunitari. La seconda considerazione attiene alla forma di esercizio dell’attività nei posteggi dei mercati. Questi ultimi sono in stragrande maggioranza (quasi 8 su 10) in concessione ad Imprese che hanno sede legale extracomunale. Le Imprese pisticcesi sono, quindi, presenti nella forma itinerante, anche se per lo più intestate ad extracomunitari e sono anche minoritarie nella forma di attività a posteggio presso i mercati. I numeri annotati nei grafici misurano la consistenza del tessuto imprenditoriale pisticcese in questo settore. Come preannunciato nell’introduzione a questo paragrafo, la seconda parte dell’analisi della rete distributiva del commercio su aree pubbliche riguarderà la categoria dei mercati comunali. Il Grafico 4.33 rileva, infatti, il numero di posteggi per ciascun mercato comunale. I 275 posteggi sono ripartiti con proporzione inversa rispetto alla frequenza dei mercati. I mercati si svolgono nelle seguenti giornate: • mercato coperto di Marconia, mercato giornaliero di Marconia e mercato giornaliero di Pisticci: tutti i giorni feriali; • mercato settimanale di Marconia: tutti i sabato del mese; • mercato mensile di Marconia: ogni secondo sabato del mese; • mercato quindicinale di Pisticci: il primo ed il terzo sabato di ogni mese; • mercato mensile di Pisticci: ultimo martedì di ogni mese; • mercato turistico-balneare: ogni giorno dal 15 giugno al 15 settembre; • posteggi sparsi: alcuni tutti i giorni nelle ore serali, altri i giorni festivi, altri ancora anche i prefestivi. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 183 Gtafico 4.33: distribuzione dei posteggi nei mercati comunali (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 100 80 14 15 30 5 15 11 5 I mercati mensili contano un maggior numero di posteggi rispetto a quelli con frequenza giornaliera. Il mercato con più posteggi è quello mensile di Pisticci, mentre quello in cui, di fatto, esercitano più banchi di vendita è quello mensile di Marconia, in quanto è concomitante con quello settimanale. Nei successivi Grafici 4.34, 4.35, 4.36, 4.37, 4.38, 4.39, 4.40, 4.41 e 4.42 viene mostrata la configurazione dei posteggi per ogni singolo mercato secondo due variabili: settore merceologico e concessione del posteggio. In ognuno dei grafici viene evidenziato il numero dei posteggi, ripartito per settore merceologico, nonché il numero dei posteggi, non ancora in concessione, che vengono utilizzati temporaneamente da altri operatori aventi titolo. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 184 Grafico 4.34: mercato coperto di Marconia (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attvità Produttive del Comune 14 11 3 0 Box in concessione settore A Box in concessione settore N A Box da concedere TOT Grafico 4.35: mercato giornaliero di Marconia (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 15 10 4 1 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT Grafico 4.36: mercato settimanale di Marconia (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 30 26 1 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Programmazione attività commerciale: relazione 3 Posteggi da concedere TOT Pagina | 185 Grafici 4.37: mercato mensile di Marconia (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 80 78 2 0 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT Grafico 4.38: mercato giornaliero di Pisticci (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 5 3 2 0 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT Grafico 4.39: mercato quindicinale di Pisticci (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 15 7 8 0 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Programmazione attività commerciale: relazione Posteggi da concedere TOT Pagina | 186 Grafico 4.40: mercato mensile di Pisticci (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 100 92 5 3 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT Grafico 4.41: mercato turistico-balneare (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 11 0 11 0 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT Grafico 4.42: posteggi sparsi (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 5 3 2 0 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Programmazione attività commerciale: relazione Posteggi da concedere TOT Pagina | 187 Grafico 4.43: ripilogo posteggi nei mercati comuanli (valori assoluti) Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune 275 220 30 25 Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore A NA Posteggi da concedere TOT L’ultimo Grafico della serie, il 4.43, raffigura il riepilogo dei posteggi che costituiscono la dotazione dei mercati comunali. Vi sono ben 30 posteggi da concedere che, allo stato, vengono utilizzati temporaneamente con assegnazione giornaliera ad Imprese abilitate all’attività itinerante. Di questi posteggi, 12 sono destinati all’attività di vendita di prodotti del settore merceologico alimentare e 18 di quello non alimentare, per cui, nel complesso, i posteggi risultano essere 238 destinati alla vendita di prodotti non alimentari e 37 per i prodotti alimentari. Come per l’analisi delle Imprese del settore, si propongono delle considerazioni scaturenti dalla misura delle variabili utilizzate per definire la struttura dei mercati comunali. Anche in questo caso le considerazioni riguardano la mera lettura dei dati senza che vengano suggerite argomentazioni conclusive. Il primo e più saliente dato che appare evidente è la preponderanza di posteggi utilizzati per la commercializzazione di prodotti non alimentari. Analizzando altri documenti dell’archivio comunale 178 si individuano anche le merceologie dei prodotti commercializzati e quella preminente attiene alla categoria cosiddetta 178 I documenti esaminati sono: istanze di concessione, visure camerali, codici della partita I.V.A., ecc. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 188 “TAC” 179. Persiste, quindi, l’antica vocazione del commercio ambulante, che sin dai primi decenni del dopoguerra approvvigionava le campagne ed i paesi isolati dell’entroterra con beni di prima necessità costituiti da stoffe, vestiti e calzature che non potevano essere prodotti in loco. Il secondo dato che merita un approfondimento riguarda l’elevata quota, circa un terzo del totale, di posteggi non in concessione destinati alla vendita di prodotti alimentari. Con un’osservazione diretta dei banchi vendita del mercato si scopre che la merceologia alimentare più carente è l’ortofrutta. Quest’ultimo dato è confermato da un’ulteriore analisi della documentazione dell’archivio comunale, dalla quale si evince che le Imprese del settore che segnalano il maggior tasso di chiusura in questi ultimi anni sono proprio quelle che commercializzavano prodotti ortofrutticoli. La domanda di questi beni è, quindi, intercettata da altri canali di offerta che trascendono la proposta dei mercati. Il terzo ed ultimo dato che si vuole focalizzare riguarda due mercati: quello giornaliero di Marconia e quello quindicinale di Pisticci. Come si evince dai Grafici 4.35 e 4.39, per entrambi questi mercati i posteggi non in concessione sono in numero superiore rispetto a quelli concessi, rispettivamente 10 su 15 ed 8 su 15. Anche in questo caso l’osservazione diretta dei mercati ha rivelato che spesso questi posteggi non sono utilizzati nemmeno per le concessioni temporanee. In questi mercati v’è, quindi, una caduta dell’offerta provocata probabilmente da una contrazione della domanda. Se nel mercato giornaliero di Marconia i posteggi inutilizzati riguardano per lo più la vendita di prodotti ortofrutticoli che, come già constatato, soffrono un diverso posizionamento della domanda, nel mercato quindicinale di Pisticci i posteggi non utilizzati riguardano proprio la categoria merceologica del 179 La categoria merceologica “TAC” riguarda i prodotti tessili, abbigliamento e calzature. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 189 “TAC”, per la quale, negli altri mercati, non si registra alcun calo della domanda. Alla luce delle variabili fin qui misurate non appare possibile determinare le cause di quest’ultimo fenomeno, per cui occorrerebbero altri indicatori che possano sostenere argomentazioni plausibili per comprenderle. L’indagine sui mercati comunali La diversa natura giuridica dell’area su cui viene svolto l’esercizio dell’attività di vendita non fonda solo su mere categorie analitiche, ma giustifica anche le differenze nella valenza pubblica delle due tipologie di commercio. Se l’attività esercitata su aree private è alquanto libera da vincoli di natura amministrativa, perché può essere pienamente ascritta alla libera iniziativa economica privata garantita dal dettato costituzionale 180, quella esercitata su area pubblica è maggiormente dipendente dall’intervento del soggetto pubblico, proprio perché avviene su spazi pubblici dei quali è la collettività a stabilire le finalità d’uso. Riprendendo le categorie semantiche annotate nella parte introduttiva di questo lavoro, per il commercio su aree pubbliche potremmo quasi intravedere più un percorso di pianificazione che quello di programmazione. Pianificare è proprio di un sistema di natura collettivista che, oltre a definire i fini, determina anche le strategie per raggiungerli. Non si vuole certo rivendicare un ruolo principale del soggetto pubblico in questo settore economico, tuttavia gli interessi collettivi devono essere maggiormente salvaguardati e 180 Cfr. l’articolo 41 della Costituzione della Repubblica Italiana. “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 190 considerati preponderanti rispetto a quelli privati delle Imprese. La finalità dei mercati è, quindi, pubblica e pertanto è il soggetto pubblico che dovrà farsi carico degli interessi pubblici primari della collettività, anche a costo di far affievolire quelli privati connessi all’iniziativa economica d’impresa. La natura pubblica di questo segmento del settore del commercio può essere anche vista sotto un’altra angolazione: l’iniziativa economica è privata e quindi anche l’esercizio dell’attività commerciale è privato; la stessa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e la domanda di beni e servizi commerciali esprime un bisogno che, a pieno titolo, è iscritto nel concetto di utilità sociale e, quindi, laddove l’iniziativa privata non riuscisse a soddisfarla pienamente, l’intervento misto privato-pubblico, che si configura nei mercati, sopperisce, o dovrebbe sopperire, alla quota di mancata soddisfazione del bisogno da parte dell’iniziativa esclusivamente privata. Il limite di questo ragionamento quasi sillogistico è proprio nel suo eccessivo schematismo che, evidentemente, si presta a diverse critiche, tra le quali la più immediata riguarda la debolezza dello stesso ragionamento, perché non dimostra che l’intervento del pubblico, sia pur in collaborazione con il privato, raggiunga i fini preposti. Un’altra critica può essere formulata in merito alla stessa idea di intervento pubblico nell’economia: la storia del meridione d’Italia è stata fortemente influenzata dall’intervento pubblico, specie nel settore industriale, eppure segnali di sottosviluppo permangono tuttora. Ben consapevoli di questi e di altri limiti che risiedono nel ragionamento formulato, occorre, comunque, dare una motivazione plausibile e razionale che giustifichi l’intervento da parte dell’Ente Pubblico in questo settore economico. Come si diceva innanzi, l’intervento pubblico ha un carattere più Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 191 collettivista, riguarda contemporaneamente e compiutamente fini e strategie e si occupa degli elementi fondanti entrambe le categorie: la verificabilità e il mandato sociale. La prima è la possibilità di accertare la realtà dei fini da parte di tutti gli attori coinvolti, mentre il secondo consiste nella capacità di legare saldamente il fine, socialmente desiderabile, alla domanda sociale. Da queste ultime considerazioni scaturiscono delle domande meno scontate di quanto appaiono. Qual è il fine dell’intervento pubblico nell’allestire, regolamentare e gestire un mercato? Come misurare la rispondenza di questo fine alla domanda sociale? In un settore economico fortemente connotato da elementi di tecnologia e globalizzazione, quale senso attribuire all’intervento pubblico e, quindi, alla spesa di risorse pubbliche a sostegno di un intervento locale costituito dall’esercizio di un mercato? La completa portata di queste domande meriterebbe un autonomo lavoro di approfondimento, tuttavia per cercare elementi utili per tentare di rispondere si è utilizzato lo strumento analitico dell’inchiesta. Attraverso due questionari è stata condotta un’inchiesta conoscitiva sugli acquirenti ed una sugli operatori dei mercati comunali. L’indagine è stata condotta nel mercato mensile di Marconia il giorno 13 dicembre 2014 ed in quello mensile di Pisticci il giorno 30 dicembre 2014. Entrambi i questionari, con le tabelle che riportano le percentuali delle risposte ottenute, sono riportati nell’Appendice 3 al presente lavoro. Nelle brevi note metodologiche che seguono vengono individuati anche gli obiettivi di ciascuna inchiesta. Per la prima inchiesta, quella rivolta agli acquirenti, sono stati fissati i seguenti obiettivi: • tratteggiare un profilo dell’acquirente tipo del mercato; Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 192 • definire il comportamento di acquisto e tentare di individuare la tipologia ed il posizionamento della domanda; • descrivere il gradimento e la rilevanza dei mercati da parte degli acquirenti. Per individuare il campione cui somministrare il questionario, non essendo in possesso di alcuna lista della popolazione che frequenta il mercato, il campionamento sistematico è stato ritenuto quello probabilistico più idoneo alla rilevazione. Questo tipo di campionamento è equivalente a quello casuale e può essere applicato a popolazioni di cui non si conosce la lista ed il numero, per le quali è attendibile supporre che non presentino alcuna periodicità e/o ricorrenza non casuale. Il disegno di campionamento non prevede l’estrazione, come avviene per il campionamento casuale, bensì la selezione sistematica di un soggetto da inserire nel campione, ogni dato intervallo, indicato convenzionalmente con la lettera K. Nel nostro caso, il campionamento è stato effettuato scegliendo i soggetti da inserire nel campione, uno ogni intervallo di tempo K, tra coloro che escono dall’area in cui si svolge il mercato, durante l’intero periodo di tempo in cui si effettuano le operazioni di vendita. Entrambi i mercati oggetti dell’indagine sono svolti su sede impropria, una strada pubblica che per l’occasione è interdetta al traffico, ed entrambe le aree di mercato hanno la caratteristica di presentare quasi un unico principale accesso naturale. E’ verosimile supporre che le persone scelte non presentino alcuna periodicità, né alcuna stratificazione particolare, per cui si può considerare rispettato il requisito della casualità e, quindi, è lecito sostenere che tutti i frequentatori del mercato abbiano la medesima probabilità di essere intervistati. La garanzia di casualità del campione scaturisce, quindi, dal rispetto dei seguenti assunti: Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 193 • le persone che frequentano il mercato compaiono in ordine casuale rispetto alle caratteristiche che si intendono rilevare 181; • nel corso del periodo di tempo prefissato compariranno un numero di persone sufficienti per completare il campionamento 182; • tutte le unità hanno la stessa probabilità di essere incluse nel campione 183: l’estrazione riguarda l’intera popolazione, dall’apertura alla chiusura del mercato; • rigida applicazione del fattore K 184. Lo strumento analitico dell’inchiesta è finalizzato a misurare alcune variabili nel campione ed inferire la loro stima all’intera popolazione. L’ampiezza del campione dovrà essere, quindi, rapportata al livello di fiducia che si ritiene accettabile per la stima ed all’errore che si è disposti ad accettare. Il questionario proposto nell’inchiesta sui mercati, pur presentando item misurabili quantitativamente, non ha tra gli obiettivi la definizione di valori numerici (media, devianza, ecc.). E’ finalizzato, invece, a rilevare il profilo dell’acquirente tipo e dell’operatore tipo dei due mercati, nonché i comportamenti di acquisto e di vendita ed i giudizi sulla particolare forma di distribuzione commerciale. Queste rilevazioni non hanno la necessità di essere sorrette da rigide deduzioni matematiche, bensì da dati che esprimano la tendenzialità delle variabili, dei comportamenti e degli atteggiamenti. Pertanto, si ritiene di non dover applicare alcun procedimento di calcolo che, per la definizione del campione, tenga conto dell’intervallo di confidenza per la correttezza della stima e degli errori di campionamento. Si ritiene attendibile, per una rilevazione sufficiente a descrivere e spiegare la tendenzialità degli indicatori, 181 KENNETH D. BAILEY, Metodi della ricerca sociale. II L’inchiesta, IL MULINO, Bologna, 2006, p.19. Op. cit. p.19; 183 PIERGIORGIO CORBETTA, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, IL MULINO, Bologna, 1999, p. 328. 184 Op. cit. p. 328. 182 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 194 fissare ad un numero tra 50 e 55 il campione per il mercato di Marconia, che conta più banchi vendita, essendo composto da due mercati concomitanti (il mensile ed il settimanale). Per il mercato di Pisticci il numero delle interviste può essere fissato tra 30 e 35. Fissare la grandezza del fattore K è alquanto difficile, non conoscendo l’ampiezza della popolazione. Tuttavia, per la stima di K occorre tenere presente un elemento contingente. Nell’ipotesi di ricerca il questionario deve essere somministrato direttamente dagli intervistatori, tre per ogni mercato ed ogni intervista richiede un tempo tra i 15 ed i 20 minuti per compilare l’intero questionario, per cui la scelta del soggetto da inserire nel campione dovrà avvenire almeno ogni 25 - 30 minuti, considerato che i mercati sono in esercizio per circa 6 ore, dalle 8,00 alle 14,00. L’intervallo K, quindi, può essere fissato in 25 - 30 minuti e ognuno degli intervistatori dovrà somministrare un numero di questionari compreso tra 15 e 18 per il mercato di Marconia e tra 10 e 15 per il mercato di Pisticci. Per l’inchiesta sugli operatori dei mercati sono stati individuati i seguenti obiettivi: • tratteggiare un profilo dell’operatore tipo del mercato; • definire il comportamento di vendita e tentare di individuare la tipologia ed il posizionamento dell’offerta; • descrivere il giudizio e la rilevanza dei mercati per gli operatori commercianti. Per la definizione del metodo di campionamento valgono le stesse considerazioni effettuate per il questionario indirizzato agli acquirenti dei mercati. Il campionamento prescelto è, anche in questo caso, quello sistematico, con una rilevante annotazione migliorativa, costituita dalla conoscenza dell’ampiezza della popolazione. E’ noto il numero dei posteggi e, pertanto, può essere utilizzato per la definizione Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 195 dell’ampiezza del campione e dell’intervallo K. Anche in questo caso, quindi, si ritiene di non dover applicare alcun procedimento di calcolo che, per la definizione del campione, tenga conto dell’intervallo di confidenza per la correttezza della stima e degli errori di campionamento. In considerazione dell’ampiezza della popolazione, più banchi vendita per Marconia che per Pisticci, si ritiene attendibile, per una rilevazione sufficiente a descrivere e spiegare la tendenzialità dei fenomeni da indagare, stabilire tra 25 e 30 il numero del campione per il mercato di Marconia e tra 15 e 20 il numero del campione per quello di Pisticci. A questo punto, fissare la grandezza del fattore K è alquanto agevole, considerato che la distribuzione degli operatori nei posteggi è del tutto casuale. L’intervallo K può essere fissato contando gli stalli ed intervistando un operatore ogni 4 a Marconia ed uno ogni 5 a Pisticci. Ad altri tre intervistatori sono stati affidati i questionari per gli operatori. Ai sei intervistatori, tutte di sesso femminile, di età compresa tra i 30 ed i 40 anni e con un titolo di studio di scuola media superiore, sono state ampiamente spiegate le finalità dell’inchiesta ed è stato affrontato sia il tema della speciale interazione sociale che si configura durante l’intervista, sia quello relativo alle modalità di conduzione dell’intervista stessa 185. L’implementazione dell’inchiesta, nelle due giornate di svolgimento dei mercati, ha restituito i seguenti questionari: • intervista agli acquirenti del mercato di Marconia: 52 questionari; • intervista agli acquirenti del mercato di Pisticci: 31 questionari; • intervista agli operatori del mercato di Marconia: 32 questionari; • intervista agli operatori del mercato di Pisticci: 18 questionari. 185 Per affrontare i temi de “l’intervista come interazione sociale” e “la conduzione dell’intervista”, si è fatto riferimento a KENNETH D. BAILEY, Metodi della ricerca sociale – II. L’inchiesta, IL MULINO, Bologna, 2006, pp. 118 – 132. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 196 Una prima lettura dei risultati dell’inchiesta è finalizzata a definire il profilo dell’acquirente e dell’operatore per ognuno dei mercati indagati. In questa prima fase, quindi, le maggiori percentuali misurate sosterranno i tratti salienti dei protagonisti dell’attività dei mercati. Il profilo dell’acquirente del mercato che si svolge a Marconia delinea una donna di età compresa tra i 26 ed i 40 anni che vive nella stessa Marconia ed è disoccupata. Svolge le mansioni di casalinga ed ha un titolo di studio di licenza media inferiore. Il mercato si svolge nella parte centrale della cittadina ed è facilmente accessibile da tutte le zone del centro abitato, per cui l’acquirente si reca a piedi tra le ore 10,00 e le ore 13,00. Acquista prevalentemente prodotti “TAC” e, pur frequentando i centri commerciali, completa i suoi acquisti prevalentemente nei negozi tradizionali. Tende a fidelizzare il rapporto con gli operatori del mercato, perché vi sono dei banchi vendita in cui effettua più acquisti rispetto ad altri. Frequenta il mercato tutti i mesi dell’anno anche se ha una particolare predilezione per i mesi invernali. E’ molto soddisfatta delle giornate in cui si svolge il mercato e, tuttavia, non le dispiacerebbe se fosse svolto di domenica anziché di sabato. Anche gli orari di mercato la soddisfano e non avrebbe particolari problemi a frequentarlo se fosse svolto nel pomeriggio. Ritiene ottimo l’assortimento della merce in vendita e, comunque, gradirebbe una maggiore consistenza di prodotti “TAC”. La qualità dei prodotti è ritenuta buona e con prezzi adeguati. Gli operatori commercianti sono considerati molto capaci professionalmente. Non ritiene del tutto idoneo il luogo in cui si svolge il mercato e mostra una predilezione per la vecchia sede in cui era localizzato fino all’estate del 2012: Viale Gramsci. I servizi di mercato wc, parcheggi, ecc., non sono ritenuti idonei. E’ abbastanza soddisfatta del numero di banchi vendita del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 197 mercato, ma non le dispiacerebbe se venissero incrementati. Non la convince l’idea che la presenza di operatori di altri Comuni possa arrecare danni al commercio locale. Considera il mercato anche una forma di svago e di incontri sociali, infatti spesso lo frequenta senza effettuare acquisti. Per una maggiore efficienza del mercato richiede un intervento pubblico per migliorare i servizi ed i parcheggi e, nel contempo, vorrebbe prezzi più bassi per aumentarne l’efficacia. L’ecommerce è uno strumento alquanto conosciuto tanto che la maggior parte dei suoi amici e conoscenti lo utilizzano per i loro acquisti e, tuttavia, considera intramontabile il mercato quale forma di distribuzione di beni e servizi commerciali. Anche per il mercato di Pisticci l’acquirente tipo è una donna tra i 26 ed i 50 anni che vive nello stesso ambito urbano. Il suo titolo di studio è la licenza media inferiore, è disoccupata e, nel contempo, casalinga. Raggiunge il mercato a piedi in orari più mattutini rispetto a quelli di Marconia: tra ore 8,00 e le ore 10,00. Anche a Pisticci gli acquisti riguardano prevalentemente prodotti “TAC” e per gli altri prodotti l’approvvigionamento avviene sia presso i centri commerciali che dai negozi tradizionali. La fidelizzazione è più marcata di quella di Marconia e la frequenza del mercato avviene in tutti i mesi dell’anno, con una particolare predilezione per i mesi estivi, anziché quelli invernali come si registra a Marconia. E’ alquanto soddisfatta delle giornate e degli orari di svolgimento delle operazioni di vendita e, tuttavia, non disdegnerebbe i mercati domenicali con apertura pomeridiana. Le merci vendute nel mercato soddisfano la sua domanda di acquisto e sarebbe gradito anche un incremento dei prodotti “TAC”. La qualità dei prodotti è soddisfacente, così come i prezzi praticati sono ritenuti congrui. La capacità professionale degli operatori è molto considerata, mentre il luogo in cui si volge il mercato Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 198 riceve un’approvazione poco superiore alla sufficienza e vengono invocati “spazi più aperti”. I servizi igienici ed i parcheggi sono considerati assolutamente insufficienti mentre la consistenza dei banchi vendita è ritenuta appropriata. Come per l’acquirente del mercato di Marconia, anche per quella pisticcese la presenza di operatori di altri Comuni non pregiudica l’attività degli operatori locali. Spesso frequenta il mercato senza fare acquisti e ritiene che le operazioni commerciali potrebbero essere incrementate se i prezzi diventassero più bassi di quelli dei negozi tradizionali e la qualità dei prodotti venisse migliorata. Ben 8 su 10 tra parenti, amici e conoscenti, acquistano tramite e-commerce. Ritiene intramontabile la forma di commercio praticata nei mercati, anche se fortemente erosa da internet che, nel giro di qualche anno, potrebbe notevolmente limitarla. Il profilo dell’operatore commerciante che frequenta il mercato di Marconia è quello di un maschio di età compresa tra i 41 ed i 65 anni. Non risiede a Pisticci ed è in possesso di un titolo di studio di licenza media inferiore. Effettua più operazioni di vendita con un’acquirente donna tra le ore 10,00 e le ore 13,00 e commercializza prodotti “TAC”. I suoi clienti sono alquanto fidelizzati e lo seguono anche in altri mercati. Esercita nel mercato in forza di un atto di concessione pluriennale del posteggio ed è piuttosto soddisfatto della giornata di svolgimento delle operazioni di vendita, anche se accetterebbe anche un mercato in giorno di domenica. Anche gli orari di mercato lo soddisfano e, come per gli acquirenti, non avrebbe preclusioni per orari pomeridiani. E’ convinto della congruità della frequenza di svolgimento e, tuttavia, ritiene che si possano sperimentare anche mercati straordinari in giornate festive. L’idoneità del luogo in cui si svolge il mercato non ottiene un giudizio sufficiente e, anche in questo caso, Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 199 viene invocato il ripristino nella vecchia sede di Viale Gramsci. I servizi di mercato sono considerati assolutamente inidonei, mentre è congruo il numero dei banchi vendita che, al più, dovrebbe essere diminuito. Non intende sostenere spese per iniziative promozionali o pubblicitarie per il mercato ed un eventuale consorzio costituito tra gli operatori avrebbe il mero scopo di combattere l’abusivismo commerciale. Internet e l’e-commerce non debelleranno questa forma di distribuzione commerciale, né nel breve che nel lungo tempo. Le maggiori criticità sono ascrivibili alla presenza di operatori abusivi ed alla mancanza di controlli efficaci da parte degli organi preposti, mentre la presenza differenziata degli operatori e l’idoneità del sito rappresentano gli elementi di maggiore attrazione del mercato. L’operatore del mercato di Pisticci è un po’ più giovane di quello di Marconia, tra i 26 ed i 40 anni, è un maschio e non vive a Pisticci. Il titolo di studio è la licenza di scuola media inferiore ed effettua la quasi totalità delle vendite tra le ore 10,00 e le ore 13,00, commercializzando prodotti “TAC”. Prevalentemente i suoi clienti sono donne che lo seguono anche in altri mercati con un elevato tasso di fidelizzazione. E’ concessionario pluriennale del posteggio su cui opera ed è soddisfatto sia delle giornate che degli orari di svolgimento del mercato e non ha preclusioni per orari pomeridiani e per la giornata di sabato, considerato che attualmente il mercato si tiene il martedì. Non sarebbe totalmente contrario ad un incremento dei banchi vendita, anche se li ritiene sufficienti e sarebbe favorevole a mercati straordinari nelle giornate festive. Non considera adeguati i servizi igienici ed i parcheggi, anche se ritiene idoneo il sito su cui si svolge il mercato. Non vuol sentire parlare di investire in spese di promozione e pubblicità e ritiene che un consorzio tra commercianti sia utile per avere maggiore forza negoziale nei confronti dell’Ente Programmazione attività commerciale: relazione pubblico e per combattere Pagina | 200 l’abusivismo. Considera la maggiore criticità del mercato proprio la forte presenza di operatori non in regola, mentre ritiene la presenza differenziata degli operatori commerciali l’elemento di maggior forza del mercato. Come già si palesa da queste brevi note ed è ancora più evidente dalle tabelle dei risultati dell’inchiesta, il profilo degli acquirenti e degli operatori dei due mercati è contraddittorio in più elementi, tra i quali vanno senz’altro annotati la varietà dell’offerta ed il numero dei banchi vendita, l’abusivismo, gli orari di frequenza, i prezzi praticati e l’idoneità del luogo di svolgimento dello stesso mercato. Probabilmente il profilo dei soggetti in esame è tutt’altro che unico e si presta, quindi, a diverse letture, tuttavia in questa fase potremmo ritenerlo sufficiente per focalizzare l’attenzione sulla cultura dell’acquirente tipo e dell’operatore tipo che l’inchiesta rivela. Attraverso alcuni degli atteggiamenti 186 che l’inchiesta ha messo in luce, si cercherà di individuare una sorta di spazio culturale nel quale iscrivere il modello di comportamento dei due protagonisti del sistema distribuito in esame. Per ognuno dei questionari saranno scelti due concetti ritenuti più rappresentativi degli atteggiamenti evidenziati dalle risposte; ogni concetto dovrà essere collocato lungo un continuum incluso tra due aggettivi che ne definiscono gli estremi. La rappresentazione grafica dei due concetti è effettuata su un piano compreso tra due assi ortogonali alle cui estremità vengono posizionati i due aggettivi che qualificano il concetto stesso 187. Dei cerchi all’interno dello spazio definito dagli assi rappresentano i cluster dei comportamenti ascrivibili agli atteggiamenti prescelti. Il posizionamento dei cerchi all’interno dello spazio definito 186 Si fa riferimento alla concezione tripartita per cui l’atteggiamento è un costrutto psicologico costituito da tre componenti di natura diversa: una componente cognitiva, una affettiva ed una comportamentale. Cfr. A. PALMONARI, N. CAVAZZA, M. RUBINI, Psicologia sociale, IL MULINO, Bologna, 2002, p. 44. 187 Il modello di rappresentazione delle spazio culturale è un adattamento del modello di rappresentazione grafica degli Indicatori di Sviluppo Organizzativo, tratto da R. CARLI e R. M. PANICCIA, Psicologia della formazione, IL MULINO, Bologna, 1999, pp. 156 e segg. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 201 dagli assi indica la pregnanza dei comportamenti. Anche per questa interpretazione dei dati raccolti si è voluto scindere Marconia da Pisticci e, come si vedrà, lo spazio culturale risulta tutt’altro che sovrapponibile. Pertanto, i cluster dei comportamenti afferenti agli attori del mercato di Marconia sono contraddistinti con un cerchio che circoscrive la lettera “M”, mentre, per quelli di Pisticci, il cerchio circoscrive la lettera “P”. E’ del tutto evidente che gli atteggiamenti che traspaiono dal questionario, con i relativi comportamenti, sono ben più di quelli che in prosieguo saranno esaminati. In questa sede, però, l’argomentazione sarà piuttosto circoscritta e riservata a quegli atteggiamenti che si ritengono più interessanti per le argomentazioni a sostegno di un intervento pubblico, lasciando ad una eventuale analisi successiva l’approfondimento degli altri indicatori di atteggiamento rilevati. Dall’esame delle risposte ottenute dalle interviste somministrate agli acquirenti possono essere isolati i seguenti atteggiamenti da porre, rispettivamente, partecipazione sull’asse al mercato; orizzontale la e modalità sull’asse di fare verticale: la shopping. La partecipazione al mercato può essere passiva oppure attiva, mentre si può fare shopping nel modo tradizionale o più moderno. Gli atteggiamenti individuati nelle risposte al questionario per gli operatori sono sintetizzati dai seguenti concetti: la cooperazione tra gli imprenditori; la potenzialità dell’offerta del mercato. Alle estremità degli assi vengono, quindi, posizionati i concetti di cooperazione utile e di cooperazione inutile, di potenzialità idonea e di potenzialità insufficiente. Le Figure 4.1 e 4.2 costituiscono la rappresentazione grafica dello spazio culturale, rispettivamente, degli acquirenti e degli operatori. Il concetto di partecipazione è stato dedotto dalla domanda 23 del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 202 questionario: frequenta il mercato senza fare acquisti? La partecipazione è stata considerata attiva dal punto di vista economico e, quindi, collegata al comportamento di effettuare degli acquisti. La tradizionalità o meno del fare shopping è, invece, rintracciabile nell’item 26 dello stesso questionario. Si è attribuito agli acquisti effettuati nei mercati il carattere di shopping tradizionale, mentre al pensiero che sorregge il giudizio circa l’incapacità dei mercati di sopravvivere nell’era di internet è stata attribuito la connotazione di modernità dello shopping. Per definire lo spazio culturale degli operatori, gli item del questionario interessati sono i numeri 16 e 18. Il concetto estrapolato dal numero 16 riguarda la potenzialità dell’offerta presente nel mercato ed ai due estremi dell’asse v’è quella idonea e quella insufficiente. Per il concetto di cooperazione si è utilizzata la domanda 18 inerente la possibilità di costituzione di un consorzio tra gli operatori. Tra le sette possibili risposte previste, una ha una valenza negativa e, pertanto, l’averla prescelta è considerato un atteggiamento che denota la non utilità del sodalizio. Infatti, la risposta “combattere l’abusivismo” costituisce una motivazione di cooperazione per nulla propositiva ed al di fuori di qualunque possibile oggetto sociale. La cooperazione contro è uno dei tanti effetti nefasti della crisi economica, ma certamente non può essere utile in un contesto di programmazione pubblica e, pertanto, la percentuale di questa risposta andrà sommata a quella che non ritiene utile l’associazionismo tra operatori. Gli acquirenti di Marconia mostrano, nel complesso, una partecipazione passiva, con una propensione del 59,62% a non effettuare acquisti nel mercato. Il 67,31% di loro considera che la forma di shopping tradizionale costituita dal mercato non sarà soppiantata dalla tecnologia. Lo spazio culturale di tali soggetti è Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 203 individuato nel quadrante in basso a sinistra e circoscritto dai semiassi “partecipazione passiva al mercato” e “fare shopping tradizionale”. La posizione culturale dell’acquirente tipo di Marconia non è però estrema poiché gli aspetti cognitivi contenuti nell’atteggiamento Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 204 emerso, sono già in discussione: oltre il 30% degli acquirenti si ritrova su posizioni opposte. Diversa è la collocazione culturale dell’acquirente tipo del mercato di Pisticci. E’ più propenso ad uno shopping di tipo moderno per il 70,97%, mentre permane una partecipazione passiva per il 54,84%. Lo spazio culturale è collocato nel quadrante in alto a sinistra tra i semi-assi “fare shopping moderno” e “partecipazione passiva” e, anche in questo caso, le posizioni non sono estreme. Lo spazio culturale dei due acquirenti è accomunato dalla stessa tendenza alla partecipazione passiva al mercato, mentre è differenziato dall’idea di persistenza del mercato quale forma di distribuzione di beni e servizi commerciali. Anche tra lo spazio culturale degli operatori di Pisticci e Marconia v’è divergenza: il primo è posizionato nel quadrante in alto a destra tra i semi-assi “potenzialità idonea dell’offerta del mercato” e “cooperazione utile tra gli operatori”; il secondo si trova nel quadrante in alto a sinistra, tra i semi-assi “potenzialità idonea dell’offerta del mercato” e “cooperazione inutile tra gli operatori”. Entrambi ritengono buona la potenzialità del mercato, anche se con pregnanza del concetto notevolmente diversa. E’ buona al 100,00% per la cultura dell’operatore del mercato di Pisticci, mentre raggiunge solo il 56,25% per quella dell’operatore di Marconia. Maggiori divergenze culturali si evidenziano sul concetto di cooperazione: l’operatore pisticcese appare più propenso ed esprime una percentuale di risposte del 61,11%, mentre il 71,88% degli operatori di Marconia ritiene inutile cooperare. Tutte le posizioni culturali espresse, tranne quella relativa alla potenzialità dell’offerta, ritenuta completamente idonea dall’operatore Pisticcese, tendono ad addensarsi verso il punto di incrocio degli assi ed a non evidenziare posizioni estreme. V’è diversità, dunque, ma con Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 205 posizioni tutt’altro che inconciliabili, perlomeno sui concetti che sono stati focalizzati per definire lo spazio culturale. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 206 Capitolo 5° La programmazione della rete distributiva commerciale Nei due Capitoli precedenti è stata sviluppata una visione del territorio di Pisticci che può essere iscritta in un percorso di analisi socio-economica in una prospettiva geografica. Si è cercato, attraverso una rilevante quantità di dati, di focalizzare degli indicatori utili per la conoscenza di alcuni aspetti della vita della comunità pisticcese. Dalla lettura di questi indicatori emerge una rappresentazione della realtà socio-economica di Pisticci sorretta anche dalle considerazioni che sono state esposte man mano che venivano indicate le misure degli indicatori. Certamente non è l’unica rappresentazione che può essere costruita utilizzando gli stessi dati, tuttavia si ritiene che la verificabilità della rappresentazione proposta consista proprio nell’attendibilità del percorso effettuato, cioè nella possibilità di riprodurre risultati similari ripercorrendo le varie tappe della ricerca. Questa ricerca, però, ha la pretesa di costituire il substrato per un percorso di sviluppo locale nel quale “il territorio è sostanzialmente pensato come una porzione di spazio socialmente prodotta, le cui peculiarità dipendono dalla propria storia e dalla propria geografia. Si è cominciata a radicare l’idea che perfino la concettualizzazione dello spazio risenta della varietà di percezioni e rappresentazioni individuali che possono scaturire dalle diversità culturali delle comunità di appartenenza” 188. Vi sono, o vi possono essere, quindi, diverse rappresentazioni e l’aver guadato le paludi brulicanti di dati demografici ed economici, l’aver costruito un modello di cultura locale, 188 DE RUBERTIS STEFANO, Appunti per il corso di “Analisi economica del territorio”, Dipartimento di Scienze Economiche e Matematico-statistiche dell’Università del Salento, a.a. 2011/2012, p. 3. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 207 non è garanzia per una condivisione sociale della rappresentazione prodotta. Mancano altre tessere alla composizione del puzzle, costituite dalla varietà di percezione e rappresentazioni degli individui della comunità pisticcese. In altre parole, si sta cercando di dire che alla rappresentazione proposta manca ancora la condivisione ed il consenso di tutti i soggetti coinvolti nel progetto di programmazione avviato. Occorre, quindi, intraprendere un percorso che potremmo ascrivere nell’alveo deliberativa o nel più generale concetto di dell’habermasiana autosostenibilità democrazia proposto dai territorialisti. In questo Capitolo vengono delineati gli obiettivi e gli strumenti affinché l’analisi venga resa ibrida dalle rappresentazioni degli stakeholders coinvolti e, come si apprende dagli etologi, il processo di ibridazione migliora e fortifica e garantisce un miglior adattamento all’ambiente. V’è di più. Nei Capitoli precedenti volutamente non sono stati inseriti molti elementi di sintesi, limitando l’argomentare a brevi considerazioni sull’evidenza dei dati rilevati, proprio perché la programmazione è un processo corale e vi concorrono molteplici rappresentazioni della realtà. Per usare una metafora, potremmo dire che finora il quadro è stato solo tratteggiato nei suoi aspetti salienti, ora occorre che tutti i soggetti coinvolti nel processo dipingano i colori delle percezioni e rappresentazioni individuali che costituiscono il caleidoscopio della vita socio-economica della comunità di Pisticci. La swot analysis a supporto della programmazione pubblica Lo strumento che viene proposto a supporto di un processo di programmazione pubblica, in cui la partecipazione degli stakeholders Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 208 non rimane una mera intenzione, è la swot analysis. E’ una metodologia che risale agli anni Cinquanta ed all’inizio veniva utilizzata prevalentemente in un ambito di marketing aziendale. Swot è un acronimo e deriva dai termini inglesi Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats, che possiamo tradurre in punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce. I punti di forza e di debolezza fanno riferimento a fattori interni all’azienda, mentre le opportunità e le minacce afferiscono a fattori esterni. L’analisi di entrambe le categorie di fattori definiscono il posizionamento dell’azienda al fine di elaborare una strategia competitiva 189. A partire dagli anni Ottanta, l’analisi swot viene anche utilizzata a supporto della programmazione pubblica, per le diagnosi territoriali, per l’analisi delle capacità concorrenziali dei territori e per l’individuazione di possibili direttici di sviluppo. La swot è un’analisi che, in ambito di programmazione pubblica, può essere applicata ad un contesto settoriale o territoriale. E’ un procedimento di tipo logico per rendere fruibili dati e informazioni su un determinato tema e sul contesto territoriale. E’ un processo collettivo che utilizza le informazioni rese disponibili per definire gli obiettivi di sviluppo da perseguire e le linee strategiche di intervento. Il procedimento analitico consente di distinguere fattori endogeni e fattori esogeni: i punti di forza (Strengths) ed i punti di debolezza (Weaknesses) sono considerati endogeni, mentre le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) sono esogeni. Tutti i fattori rilevabili all’interno del sistema sono, quindi, di natura endogena e rappresentano le variabili interne che ne caratterizzano la forza, ovvero la debolezza, mentre tutte le variabili esterne al sistema sono ascrivibili ai fattori esogeni e costituiscono le opportunità o le minacce del 189 Per le considerazione sulla swot analysis è stato utilizzato il saggio di ROSSELLA PANDARESE, Analisi SWOT, in DE RUBERTIS STEFANO, “Appunti per il corso di Analisi economica del territori”o, Dipartimento di Scienze Economiche e Matematico-statistiche dell’Università del Salento, a.a. 2011/2012. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 209 contesto. Già da questa breve descrizione traspare una prima difficoltà nell’applicare questo tipo di analisi ad un contesto territoriale. E’ evidente, infatti, che nel caso dell’azienda, stabilire quali fattori possono essere annoverati tra quelli endogeni e quali tra gli esogeni non rappresenta un’operazione particolarmente complessa perché, in genere, i confini di un’organizzazione economica sono quasi sempre ben delineati, anzi proprio la chiarezza dei confini può essere annoverata tra i punti di forza, perché distinguere tra noi e loro aiuta a sviluppare un maggior senso di appartenenza all’organizzazione. Nel caso di un territorio o di un settore economico come quello della distribuzione commerciale, che è simbiotico al territorio sul quale è insediato, delineare il confine tra l’endogeno e l’esogeno è un’operazione alquanto complessa. Tuttavia, complessità non è sinonimo di impossibilità, pertanto, ricordando l’etimo della parola complesso, dovrà essere disfatta la tela e ripercorsi tutti i fili che la compongono, ovvero, fuori metafora, si dovranno analizzare singolarmente tutte le componenti del sistema commerciale e gli elementi costitutivi del territorio per ascriverli all’una o all’altra categoria. Per esempio, dove ascrivere le ridotte dimensioni delle Imprese dedite all’attività commerciale? Questo fattore, infatti, può essere un punto di debolezza endogeno della rete distributiva, ma può anche essere una opportunità esogena poiché le ridotte dimensioni le rendono più dinamiche nel ricollocarsi in altri segmenti della domanda, ma può anche costituire una minaccia esogena perché risultano più complicati i processi di ristrutturazione aziendale. Nel caso di un sistema economico, come nel caso di un territorio, lo stesso fattore può avere valenze multiple e può essere annoverato sia all’interno che all’esterno del sistema ed è solo la logica del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 210 procedimento di sistematizzazione che discrimina la loro categorizzazione. L’altro aspetto molto importante di questo strumento è costituito dal metodo attraverso cui vengono individuati i fattori esogeni e quelli endogeni. Preliminarmente si distinguono due momenti: desk e partecipato. Nel momento desk vengono raccolti e sistematizzati i dati del contesto e viene formulato un primo scenario. Per riprendere la metafora cui si è fatto cenno innanzi potremmo dire che, in questo momento, il quadro viene tratteggiato nei suoi aspetti salienti. E’ un lavoro quasi del tutto solitario condotto dall’analista, anche se i caratteri della verificabilità e dell’attendibilità devono essere ben evidenziati in tutto il percorso. Nel secondo momento, quello partecipato, l’analisi congiunta tra esperti e stakeholders è finalizzata alla previsione di scenari condivisi. E’ anche il momento in cui la raccolta e la sistematizzazione dei dati vengono integrati da diverse osservazioni ed assumono una connotazione più compiuta rispetto al momento desk. Nella metafora citata questo momento rappresenta il tratteggio dei vari colori e delle sfumature che danno profondità al dipinto. L’implementazione del procedimento analitico avviene attraverso sei fasi: • 1^ fase: costruzione condivisa della rappresentazione del contesto settoriale; • 2^ fase: individuazione degli obiettivi e delle possibili strategie scaturenti dalla rappresentazione condivisa; • 3^ fase: analisi dei fattori esogeni ed individuazione delle opportunità e delle minacce. In questa fase la complessità del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 211 territorio dovrà essere sfilata ed ogni filo dovrà essere analizzato compiutamente, senza perdere lo sguardo d’insieme della tela; • 4^ fase: analisi dei fattori endogeni ed individuazione dei punti di forza sui quali fondare l’implementazione delle strategie condivise e delle criticità che possono ostacolarla; • 5^ fase: definizione delle linee guida delle azioni strategiche per raggiungere gli obiettivi prefissati; • 6^ fase: verifica della rilevanza delle azioni strategiche, ovvero della rilevanza degli interventi previsti nella programmazione rispetto agli elementi del contesto settoriale e territoriale. La validità completezza dello dell’analisi strumento è preliminare strettamente sia dello connessa specifico alla settore economico che del contesto territoriale. Una rilevazione analitica soggettiva, ovvero troppo semplicistica, inficia l’intero percorso, facendolo approdare ad obiettivi irrealistici o a strategie inattuabili. La forza dello strumento è nel momento partecipato, perché scongiura il rischio di scollamento tra il piano scientifico e quello politico. La flessibilità e la verificabilità sono i maggiori vantaggi dell’analisi swot: la prima è insita nello stesso strumento che, dalla prima all’ultima fase, consente diverse curvature analitiche e strategiche; la seconda è insita nel percorso partecipato e consiste nell’aver fatto coincidere autori e destinatari della programmazione, con conseguente verifica continua della corrispondenza tra i bisogni espressi, gli obiettivi stabiliti e le strategie implementate. L’analisi swot necessita di una rappresentazione grafica nella quale l’insieme dei fattori caratterizzanti il settore economico ed il contesto territoriale vengono sintetizzati in una matrice. E’ proprio lo sforzo della sintesi che costringe ad individuare puntualmente i fattori dominanti interni ed esterni. Il procedimento aumenta l’informazione Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 212 strettamente pertinente e riduce l’ambiguità della mera elencazione dei dati. Diversi sono i sistemi di rappresentazione della matrice swot e tuttavia tutti devono garantire un sistematico collegamento delle variabili con le quali vengono rilevati i vari fattori. Per il percorso analitico che si sta conducendo il metodo che si ritiene più idoneo per una corretta e veritiera rappresentazione dei fattori esogeni ed endogeni, nonché maggiormente in grado di focalizzare le connessioni intercorrenti tra gli stessi, è la matrice swot dinamica o relazionale. La matrice dinamica o relazione si costruisce su un confronto tra i fattori che scaturiscono dall’analisi, indipendentemente dalla categoria di appartenenza. I fattori vengono riportati sia sulle intestazioni delle righe, sia su quelle delle colonne di una tabella a doppia entrata. Ogni fattore di riga viene confrontato con quello di colonna e per ogni confronto viene attribuito un valore compreso tra: • - 2 (meno due) se gli effetti del fattore di riga sono fortemente ostacolati o annullati da quello di colonna; • - 1 (meno uno) se gli effetti del fattore di riga sono ostacolati da quello di colonna, ma riesce comunque a produrne; • 0 (zero) se i fattori sono tra loro indipendenti; • 1 (uno) se gli effetti del fattore di riga sono incrementi da quello di colonna; • 2 (due) se gli effetti del fattore di riga sono incrementati fortemente dal fattore di colonna. Punteggi positivi indicano, quindi, che l’effetto del fattore indicato in riga è incrementato da quello indicato in colonna, mentre punteggi negativi indicano che i primi sono ostacolati dai secondi. La matrice ha una chiave di lettura per riga ed una per colonna. I vettori di riga indicano l’importanza di ogni fattore della matrice, Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 213 mentre i vettori di colonna esprimono la forza con cui i singoli fattori influenzano gli altri, sia in senso positivo che negativo. Le somme per riga esprimono il tasso di importanza di ogni singolo fattore, mentre le somme di colonna esprimono il peso dell’influenza esercitata. I fattori che hanno ottenuto maggiori punteggi di riga sono quelli su cui agire per valorizzare strategicamente i punti di forza e le opportunità, mentre un alto punteggio di colonna indica fattori di forte influenza e, quindi, elementi che bisogna prevenire e limitare, ovvero esaltare e valorizzare. La forza di questo metodo è nel confronto relazionale tra i vari fattori esogeni ed endogeni, mentre il suo punto di debolezza consiste nella necessità di dover limitare il numero degli stessi fattori da inserire nella matrice. E’ evidente, infatti, che aumentando il numero dei fattori aumentano in modo quadratico le dimensioni della matrice fino a renderla ingestibile e con il rischio concreto di vanificare l’attendibilità del confronto. La Figura 5.1 mostra un esempio di matrice swot dinamica o relazionale. E’ stata costruita con solo 8 fattori e si sviluppa su 64 caselle, oltre alle 16 dei totali. La swot analysis è uno strumento poco utilizzato nella programmazione pubblica, perché richiede l’applicazione di regole precise e, soprattutto, la presenza di figure professionali in grado di gestire l’intero procedimento. Tuttavia la veridicità e l’attendibilità dell’analisi costituiscono il substrato necessario sia per fissare obiettivi efficaci per i bisogni espressi, sia per implementare strategie efficienti. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 214 La programmazione pubblica: con chi, come e perché? Nel capolavoro di Eduardo De Filippo Napoli milionaria vi sono due dialoghi alquanto interessanti per affrontare il tema della programmazione pubblica. La commedia narra le vicende della famiglia Jovine durante il secondo conflitto mondiale. Il marito Gennaro è dovuto partire per la guerra e, nel frattempo, la moglie Amalia ha organizzato un fiorente commercio clandestino. Le figure dei tre figli, Amedeo, Maria R. e Rituccia, sono alquanto emblematiche ed ognuna rappresenta uno spaccato dell’Italia che cerca di riemergere dalle macerie della guerra. Il primo dialogo avviene nel secondo atto e contrappone la madre Amalia alla figlia Maria R. sull’eterno tema del rapporto genitori e figli. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 215 Amalia: Nun c'è cchiu rimedio? Parla, ch'he' fatto? Maria R.: L'avìvev' 'a vede' primma! E quann'io 'a sera ascevo cu 'e cumpagne meie, invece 'e ve fa piacere, accussì putiveve fa' 'o còmmedo vuosto, v'avìvev' 'a sta attienta... Invece 'e penza' agli affari, a 'e denare... penzàveve a me! Amalia: E tu puo' dicere ca nun aggio penzato a te ? Io me so' fatt' accidere p' 'e figlie, p' 'a casa... Maria R: Vuie? Ma pecché teniveve 'o tiempo 'e penza' a me? E a Settebellizze chi ce penzava? Io? Amalia: Uh, guardate?... E io mo t' 'o spiego n'ata vota... Settebellizze e io teniamo una società di accattare e vénnere... E so' affare ca nun te riguardano! E me l'aggi' 'a vede' io, he' capito? Ma tu, parla... Fatte asci' 'o spireto. Quanno... Addo'? 190 All’inizio del terzo atto Gennaro, il protagonista della commedia, scopre il traffico di commercio clandestino che ha organizzato la moglie Amalia in sua assenza e quanto quest’attività l’abbia arricchita. Alla fine dello stesso atto v’è un breve dialogo tra Gennaro e ‘O miezo Prèvete, l’uomo di fatica di casa Jovine. Aspettando che passi la nottata, tra i due emerge un clima confidenziale nel raccontarsi le peripezie vissute. Gennaro: E tu? Affare nun n'he' fatte, tu? Quanta meliune tiene? 'O Miezo Prèvete: Eh... tenevo 'e meliune. Io quanno m'aggio magnato na pummarola ppane me sento nu rre! Sì, ho tentato qualche cosa, qualche aggia avut' 'a rinunzia'... Na vota, io e Pascalino chile 'e ficusecche. Dicette: prezzo e' 'e vvennimmo». mmiez' 'o affare pur'io, ma ce 'o pittore, accattàieme cinquanta «Facimmo passa' nu poco 'e tiempo: quanno aumentano 'e - Don Gennaro mio, 'e ttruvaieme vierme:abbremmecute. 'E sciacquàieme tuttu quante, 'e mmettettemo mmità, s' 'e mmagnaieno e surice e 'o riesto ietteno 'a chiene 'asciutta': 'e na perimma. Certo ci sarebbe da fare... Ma chi m' 'o ffa fa'? Specialmente mo. Muglierema murette sott' 'a nu bumbardamento... […] Pirciò ve dico: sto ssulo, me metto a ffa' 'o cummercio? 191 Da questa breve digressione scaturiscono delle considerazioni che ci conducono al cuore della tematica che si vuole affrontare. Preliminarmente focalizziamo i tre personaggi più salienti. Il primo è Amalia che, con scaltrezza e senza tanti scrupoli, trae la sua fonte di ricchezza dalla borsa clandestina, affamando e mandando sul lastrico ogni malcapitato. Il secondo è ‘O miezo Prèvete che è un uomo di poche 190 191 EDUARDO DE FILIPPO, Napoli milionaria, EINAUDI EDITORE S.P.A., Torino, 1979, pp. 61 e 62 Op. cit., pp. 95 e 96. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 216 pretese e piuttosto ignorante. Infatti, ignora che conservare fichi secchi senza le dovute accortezze li esponga ad attacchi di agenti patogeni. Ha tentato di fare il commercio, ma non gli è andata bene. Il terzo è Gennaro e rappresenta il cauto ottimismo di chi, pur tra mille difficoltà quotidiane, rimane ancorato ai valori tradizionali della famiglia e della patria e spera in un futuro migliore. Ha da passà a nuttata: in questa speranza è racchiuso l’ottimismo di Gennaro. I tre personaggi sono l’emblema delle tre considerazioni che si vogliono proporre e che scaturiscono dal lavoro eduardiano. La prima considerazione si fonda su una domanda: a chi serve la programmazione pubblica nel settore del commercio? Non certo al personaggio di Amalia, che la considererebbe una limitazione alla sua attività ed alla possibilità di lauto guadagno. “Meno regole e più guadagni”, potrebbe essere questo il motto di ogni commerciante. Il commercio senza regole, che riesce a condizionare totalmente la domanda, agendo unicamente sull’offerta, è il sogno nel cassetto di molti commercianti. Infatti, basta scambiare poche battute sull’argomento con qualcuno di loro per sentirsi dire che le regole servono unicamente per limitare la concorrenza. E’ chiaro che non si vuole ridurre la programmazione ad un mero corpus di regole anche se, per molti, quello delle regole è l’unico aspetto rilevante. La programmazione commerciale è, in primis, uno strumento a tutela della collettività, affinché, nel rispetto del dettato costituzionale, l’iniziativa economica privata si svolga secondo criteri di utilità sociale e nel rispetto della dignità umana. Il fine sociale dell’iniziativa economica è, quindi, un principio costituzionalmente garantito e la programmazione pubblica costituisce lo strumento per rendere concreta tale garanzia. Occorrerà tenere presente questa prima considerazione quando si implementerà il processo di programmazione Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 217 pubblica, perché, come è evidente, gli interessi risiedono su posizioni alquanto divergenti. La seconda considerazione che propone il testo di De Filippo riguarda la cultura del tessuto imprenditoriale dedito al commercio. L’emblema di questo tema è ‘O miezo Prèvete che, senza arte né parte, si improvvisa commerciante e naufraga in un fallimento, salvo poi rendersi conto di non essere portato per quell’attività e dovere limitare gli obiettivi di vita. Si potrebbe obiettare che questa è finzione scenica e nella realtà non si verificano simili situazioni. Obiezione respinta perché spesso si incappa in imprenditori improvvisati che, come ultima spiaggia, tentano di avviare un’attività commerciale. Molti di loro hanno partecipato inutilmente a diversi concorsi pubblici e, dopo una lunga ricerca di un lavoro dipendente, hanno ripiegato sull’apertura di una propria attività commerciale e, senza un’adeguata cultura, i naufragi non tardano ad arrivare. Il tasso di scolarizzazione non è certamente l’unico indicatore per misurare la cultura di una categoria, specialmente di quella tecnico-specialistica, tuttavia è alquanto indicativo perché denota il substrato di conoscenze sul quale far crescere il sapere esperto proprio della categoria. L’inchiesta sui mercati, di cui si è parlato nel Capitolo precedente, ci ha restituito un operatore con il titolo di studio di licenza media inferiore. La situazione per gli operatori di commercio su aree private non è tanto diversa, giacché moltissimi di loro, per acquisire l’abilitazione alla vendita di prodotti alimentari, debbono frequentare un corso di formazione professionale, non necessario per coloro che hanno un titolo di studio di diploma di scuola media superiore o di laurea 192. Questa seconda considerazione ci restituisce un altro elemento da non trascurare in un percorso di programmazione pubblica: la cultura degli attori della 192 Tra i titoli non abilitanti vi sono solo i licei e la laurea in materie umanistiche. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 218 programmazione in generale e quella degli imprenditori commercianti in particolare. L’emblema della terza considerazione è Gennaro che, nonostante lo stravolgimento che ha trovato nella sua comunità e nella sua famiglia, continua ad aver fiducia nel domani e con pazienza aspetta che passi la nottata. Ma quanto dura la nottata e come sarà il domani? Gennaro non lo dice, anzi nell’attesa si rifugia nei valori classici della famiglia che hanno guidato la categorizzazione del suo mondo fino all’oggi. Gennaro non sa come sarà il domani. In tanti talk show politici ed economici e su tanti giornali e riviste specializzate di economia abbiamo sentito o letto che “dopo questa crisi economica nulla sarà come prima”. Già, ma come sarà? Non ce lo dice nessuno perché nessuno lo sa. C’è un difetto di logica in tutto questo. Dire che non sarà più in un modo, necessita di un termine di paragone che è proprio costituito dal come sarà. Valga un esempio. Possiamo affermare che non ci saranno più industrie inquinanti se sappiamo come costruire quelle ecologiche. Non basta sapere che le prime non saranno più realizzate perché, se non sappiamo come costruire le seconde, nulla garantisce che quelle che saranno effettivamente realizzate non siano inquinanti. Non basta dire che la grande distribuzione commerciale omologa ed espande i consumi che erodono sempre più risorse, se non sappiamo come realizzare un commercio sostenibile. Dopo questa crisi forse ci saranno meno centri commerciali, ma tuttora non sappiamo come realizzare reti distributive autosostenibili. L’affermazione “nulla sarà come prima” ha solo un mero senso storico-statistico: nulla è stato come prima dopo la crisi del Ventinove, così come nulla è stato come prima dopo il secondo conflitto mondiale o dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta. Sapere come è stato dopo questi eventi non ci è di nessun aiuto per sapere come sarà Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 219 dopo la crisi attuale. Il fulcro di questa considerazione si trova, quindi, nell’impossibilità della previsione con le attuali categorie di lettura del mondo e dell’economia. Occorrono nuove e diverse categorie nelle quali il globale ed il locale sono solo gli estremi dello stesso concetto, ma queste nuove categorie, allo stato attuale, sono alquanto sconosciute. A questo punto appare importante riepilogare gli elementi emersi dalle considerazioni condotte finora. Le possiamo racchiudere in tre domande: A chi è finalizzata la programmazione pubblica? Con quali strumenti può essere realizzata? Quali sono gli obiettivi di un percorso di programmazione? Alle prime due domande è già stata data una risposta, sia pur temporanea ed in attesa di nuovi approfondimenti, che dovranno scaturire dal processo negoziale di programmazione. Rimane insoluta la terza domanda. Se ci fidiamo dei precedenti storici, possiamo supporre che, probabilmente, i nuovi obiettivi si discosteranno da quelli fissati prima della crisi e niente altro. L’aleatorietà della previsione si commenta da sola e non è di nessun aiuto per rispondere alla domanda che ci siamo posti. Accantoniamo per un momento il quesito insoluto e focalizziamo l’attenzione su un altro elemento caratterizzante: gli attori della programmazione pubblica. Farne un elenco può sembrare agevole, ma, nei fatti, risulta ben più difficile e, inoltre, ancora più complesso è circoscrivere il ruolo di ognuno di loro. Provo a spiegarmi meglio. La programmazione di cui ci stiamo occupando riguarda lo specifico settore economico della distribuzione di beni e servizi commerciali e, quindi, viene immediato pensare ad un tavolo negoziale intorno al quale la Pubblica Amministrazione riunisce le categorie professionali degli operatori commercianti, i sindacati di categoria, le organizzazioni rappresentanti dei consumatori, i gruppi di animazione territoriale (ivi Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 220 comprese le organizzazioni ambientaliste locali) e le forze politiche. Se ripercorressimo quanto sostenuto nei primi due Capitoli di questo lavoro ci accorgeremmo subito che l’elenco proposto è deficitario di altri attori. Immediatamente risalta l’assenza degli urbanisti e, dopo tanto parlare di stretto connubio tra i due ambiti, se non siederanno allo stesso tavolo, ognuno continuerà a coltivarsi il proprio orto senza mai oltrepassarne i confini. V’è anche l’assenza del mondo agricolo, come se la stragrande maggioranza dei prodotti alimentari venduti non provenissero dalle coltivazioni agrarie. Infatti, al posto delle fattorie che, ad esempio, allevano tacchini, la grande distribuzione ha scelto l’allevamento industriale di tipo fordista, nel quale anche il ciclo giorno – notte viene creato artificialmente per produrre quantità sempre maggiori di articoli omologati. Allora perché convocare gli agricoltori approvvigionamenti sono di tipo industriale? se tutti gli Se nulla sarà come prima, allora al tavolo della programmazione dovremmo convocare anche gli operatori agricoli perché è proprio la produzione industriale di stampo fordista che trascura il locale a vantaggio esclusivo del globale ed ignora ogni carattere di ausostenibilità di un sistema produttivo. Vi sono ancora altri attori da convocare: i poveri. Questi, per la società dei consumi, sono dei consumatori avariati, dei reietti sociali perché si accontentano solo di ciò di cui credono di aver bisogno e si sforzano di realizzare quello e nulla più 193. Ma l’obiettivo della programmazione pubblica non è certamente la società dei consumi e, quindi, tutte le organizzazioni filantropiche, laiche e confessionali, dovranno sedere a quel tavolo, che diventa sempre più cospicuo, e 193 ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p. 28. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 221 rappresentare i poveri. Vi sono ancora da considerare i rappresentanti del settore del turismo. Questo settore è spesso considerato un fermo-immagine del tempo, una sorta di sospensione della quotidianità per il meritato periodo di riposo, che non riesce a svincolarsi dalla complementarietà e dalla improvvisazione. Il turismo per i pisticcese è solo questo. Quello serio, che produce fatturato ed assorbe forza lavoro, lo facciamo fare agli altri, ai grossi gruppi che predano risorse ambientali e non creano nessun legame con l’entroterra, fatta salva manodopera di bassa categoria, perché è a buon mercato. Tralascerei il sistema industriale pisticcese perché in questo periodo ha il carattere della colonizzazione. Estraggono risorse del sottosuolo, spostando altrove la lavorazione e, quindi, il maggior valore aggiunto, smaltiscono reflui di dubbia natura al solo fine di mantenere in piedi un’area industriale, altrimenti assolutamente deficitaria, per dare senso al fiume di denaro pubblico investito nel corso dei decenni. Industrializzazione coloniale da una parte e, dall’altra, incentivi pubblici per perpetuare il sottosviluppo. E’ un’industrializzazione assolutamente avulsa dal territorio, considerato solo una risorsa da sfruttare inserita nella parte “spesa” del bilancio aziendale. Infine, occorre dare spazio alla collettività, perché la rappresentatività, attraverso la componente politica, non è più sufficiente ad esprimere i bisogni e gli interessi della comunità o di una parte di essa. Come sostiene Bauman, “per il momento, non esiste un metodo alternativo alla democrazia ed alla partecipazione democratica e in ogni caso il mercato e i movimenti dei consumatori non possono sostituirli perché sono essi stessi i sintomi della caduta dell’impegno politico e della fiducia nell’azione politica e nell’autorità dello Stato Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 222 nella vita pubblica. Sono un segno di resa da parte dei cittadini” 194. Potremmo fermarci qui? Probabilmente la risposta è affermativa per il contesto sociale, economico e territoriale di Pisticci, ma l’elenco non è affatto esaustivo, perché, in altre realtà territoriali ed in un altro periodo storico, l’elenco dei partecipanti alla programmazione pubblica potrebbe essere del tutto diverso. Quello che conta è il principio che è stato utilizzato per individuare i vari soggetti: il commercio, così come altri settori economici, sono parte integrante di un territorio e quest’ultimo è un sistema olistico in ogni suo aspetto. Non è pensabile che il dinamismo di alcuni suoi elementi non incida sulla quotidianità degli altri, perfino di quell’industrializzazione da sottosviluppo così cara al meridionalismo liberale della modernizzazione che si affermò all’indomani del secondo conflitto mondiale. Per rimanere nella metafora teatrale, dopo aver individuati gli attori, resta da scegliere il copione per definire il ruolo di ogni personaggio. E’ difficile sostenere che nel processo di programmazione pubblica vi siano partiture già scritte ed il ruolo di ognuno degli attori sia ben definito in tutte le sue battute. Siamo in presenza di una mera recita a soggetto, nella quale nemmeno il susseguirsi degli accadimenti è stato già previsto. Fuori metafora, v’è da sottolineare che è del tutto evidente che, al tavolo della programmazione, ognuno degli attori sarà portatore di interessi e bisogni di parte e difficilmente sarà interessato al punto di vista complessivo del tema. Infatti, innumerevoli percorsi di democrazia deliberativa naufragano proprio a questo stadio. Emergono, infatti, quelle problematiche di cui si è fatto cenno nell’introduzione che attengono alle difficoltà di far dialogare i diversi livelli della conoscenza: il sapere esperto ed il senso comune. V’è di più. V’è anche la difficoltà per il cosiddetto sapere esperto di 194 Op. cit., p. 42. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 223 confrontarsi con il sapere locale di cui sono portatori tutti gli attori locali. Come supplire a queste difficoltà? Il processo di programmazione non si autogenera e non mostra alcun carattere di resilienza una volta avviato. E’ un processo che necessita della presenza di una sorta di mediatore che sappia far scaturire una capacità euristica dall’interazione fra i vari partecipanti al tavolo della programmazione. Ognuno dei partecipanti, se opportunamente stimolato al confronto, riuscirà più facilmente ad esprimere le proprie idee ed a narrare le proprie esperienze, a far emergere il lato più nascosto e creativo del proprio pensiero, arricchendo la quantità e la qualità delle informazioni condivise 195. E’ di fondamentale importanza, quindi, la figura del mediatore che, con le opportune tecniche, sollecita il gruppo a dar vita ad una sorta di mente sovraindividuale, che è qualcosa di più della somma delle menti dei singoli individui 196. Lo strumento fondamentale del mediatore è la difficile arte del dialogo ed “implica che i partners della conversazione vi si impegnino con l’intenzione di chiarificare le questioni congiuntamente, invece che prevalere nella discussione e segnare punti a proprio favore; di moltiplicare le voci, anziché ridurre il loro numero; di ampliare il ventaglio dei possibili seguiti, anziché denigrare ed escludere tutte le altre opzioni; e quindi perseguire insieme la comprensione, anziché cercare di sconfiggere i punti di vista alternativi - insomma, di essere animati da un desiderio di far proseguire la conversazione, anziché da un desiderio di arrestarla in fretta”197. E’ rimasto sospeso uno degli interrogativi posti innanzi: quali sono gli obiettivi della programmazione pubblica? Possiamo riformularlo in modo più sociologico: quali sono le nuove categorie 195 ANTONIO DE LILLO, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Novara, 2010, p. 106. Op. cit., p. 106. 197 ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, pp. 114 e 114. 196 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 224 semantiche, valoriali, economiche, ecc. che ci permetteranno di leggere il mondo post crisi e renderanno intellegibile il nostro agire? E’ impensabile trovare una risposta di tale portata in queste pagine, perché va cercata unicamente in un processo collettivo improntato al principio di democrazia deliberativa, quale può essere un contesto di programmazione pubblica. Fissare degli obiettivi che incidono sulla quotidianità di un’intera comunità non è mai un’operazione individuale. E’, invece, il frutto di un lungo e complesso lavoro negoziale nel quale ogni attore rinuncia a recitare un pezzetto della sua parte per cederla ad altri, in un contesto cooperativo. E’ un lavoro lungo e faticoso, fatto di conquiste e sconfitte, ma è, probabilmente, l’unico che possa fornirci strumenti criteriologici per orientarci “oggi, in un tempo di interregno […] [e] non sappiamo ancora quale delle forme e degli assetti ancora esistenti dovranno essere liquefatti e rimpiazzati benché nessuno di essi sembra immune alle critiche e ciascuno, o quasi ciascuno di essi, sia stato candidato alla sostituzione prima o dopo” 198. Linee di sviluppo e proposte di intervento Qualche anno fa abbiamo partecipato ad un gruppo di lavoro incaricato di redigere il Regolamento Urbanistico ed il documento di programmazione commerciale per un Comune lucano. Un docente di urbanistica era incaricato della pianificazione territoriale, mentre io mi occupavo degli aspetti relativi alla distribuzione commerciale. All’inizio il rapporto non era ottimale e il professore aveva, in più circostanze, manifestato l’idea che la professionalità degli ingegneri o degli 198 Op. cit., p. 104. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 225 architetti, e lui era l’uno e l’altro, è condizione essenziale per qualunque percorso di pianificazione o programmazione. Per seguirlo su questo terreno e cercare di migliorare l’interazione, nel gruppo di lavoro avevo inserito due tecnici, un ingegnere ed un architetto, con una consolidata esperienza nel settore. Arriviamo, tra alti e bassi, al fatidico incontro con tutta la Giunta Comunale ed i Capo-gruppi consiliari, nel quale dovevano essere definiti gli obiettivi della programmazione commerciale. L’urbanista, con il piglio da professore, esordisce decantando la funzionalità del progetto del parco commerciale realizzato a Serravalle Scrivia 199, sia da un punto di vista urbanistico, che da quello commerciale. Tutti i rappresentanti dell’Amministrazione presenti all’incontro annuivano esterrefatti al racconto del professore. Noi ci siamo guardati sbigottiti, perché pensavamo di dare un diverso contributo all’incontro. Compresa l’antifona, l’architetto, componente del mio gruppo di lavoro, aggiunse semplicemente che lui era stato uno dei progettisti del parco commerciale di Serravalle Scrivia. L’entusiasmo dei presenti salì bruscamente di quota e l’astio tra i due gruppi improvvisamente svanì. Finalmente anche il Comune di […] avrebbe avuto il suo bel progetto di parco commerciale come quello della cittadina piemontese. Questa ulteriore digressione è alquanto illuminante, perché focalizza un’idea di programmazione che per decenni ha attraversato l’Italia in lungo ed in largo. L’idea è più o meno questa: se un programma, un progetto o un intervento funziona a Cuneo, perché non dovrebbe funzionare ad Agrigento? Questo pensiero anima i professionisti della programmazione e della pianificazione che, con la loro valigetta nera, sono sempre pronti a tirar fuori progetti preconfezionati che si adattano a qualunque luogo ed in ogni tempo. 199 A Serravalle Scrivia, cittadina piemontese nella provincia di Alessandria, situata lungo l’autostrada A7 “Milano Genova”, è stato realizzato un parco commerciale con i primi outlet in Italia. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 226 Nel Capitolo 1° si è già parlato di questa categoria, qui si vuole sottolineare, ancora una volta, questo rischio per la programmazione pubblica. La programmazione pubblica di cui si parla in questo lavoro è, però, tutt’altro, perché è mirata a sostenere la valenza della rete distributiva di beni e servizi commerciali nel processo di autosostenibilità dello sviluppo locale. Gli insediamenti commerciali, organicamente programmati, possono contribuire a conferire una precisa identità agli spazi urbani, preservandoli dal trasformarsi nei cosiddetti “nuovi spazi urbani, orgogliosamente pubblicizzati e sempre più imitati, […] trincerati progettati in modo da intercettare, scoraggiare o filtrare l’accesso. La […] funzione [di questi ultimi] è di dividere, escludere e segregare, non di costruire ponti, passaggi e luoghi di incontro per favorire la comunicazione tra gli abitanti” 200. L’apparente contraddizione fra la rete distributiva e le altre funzioni del territorio affievolirà fino a scomparire del tutto e, con il suo plurisecolare radicamento, il commercio diverrà una sorta di bene culturale meritevole di tutela, salvaguardia e valorizzazione. L’autosostenibilità della rete distributiva di beni e servizi commerciali può essere ricercata attorno a tre linee di intervento. Queste ultime hanno il mero scopo di fissare la traccia di lavoro per la programmazione pubblica e rappresentano, quindi, una sorta di cornice cognitiva che, lungi dall’essere un rigido ed insormontabile confine tematico, può essere smontata e rimontata o può essere del tutto sostituita. La prima linea ha il fulcro nella rivalutazione e riqualificazione della funzione commerciale all’interno del tessuto urbano dei centri abitati del Comune di Pisticci. Per ognuno di questi centri occorrerà 200 ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p. 64. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 227 individuare precisi criteri di compatibilità in relazione alla vocazione dei diversi luoghi ed alle molteplici funzioni insediate, quali residenza, direzionalità, cultura, aggregazione, artigianato, pubblici esercizi, ecc. L'ambizione di questa linea di intervento è quella di ritrovare un nesso diretto tra assetto ambientale, immagine urbana e risonanze imprenditoriali. È evidente che le condizioni favorevoli possono essere più agevolmente conseguite attraverso una progettazione contestuale, integrata e complementare della presenza delle attività commerciali, delle infrastrutture e delle opere di arredo urbano. La definizione dei criteri per l’insediamento di medie strutture di vendita costituisce la seconda linea di sviluppo autosostenibile. L’obiettivo di questo intervento deve essere finalizzato a promuovere la crescita delle forme di aggregazione quali, ad esempio, i gruppi di acquisto e le unioni volontarie, nonché a favorire il ricorso, nell’ambito della media distribuzione, ad investimenti finalizzati alla ristrutturazione ed all’ampliamento degli esercizi esistenti. Il sistema distributivo del Comune di Pisticci deve recuperare un ritardo nell’attuazione del processo di modernizzazione per cui occorre una maggiore intensità di azione per proporre nuove modalità e nuovi strumenti che rafforzino il rapporto tra soggetti pubblici e privati e definiscano situazioni di equilibrio tra commercio tradizionale e medie strutture di vendita. La rete distributiva di Pisticci deve diventare significativa all’interno di tutti e tre i bacini d’utenza individuati. La strada da percorrere è, quindi, individuata nella riqualificazione ed adeguamento della rete esistente e, anche in questo caso, nel rispetto delle peculiarità ambientali dei vari ambiti territoriali di localizzazione. La terza linea di intervento è incentrata sul ruolo del commercio su aree pubbliche. I mercati e le fiere rivestono un ruolo complementare rispetto ad altre forme distributive. Tuttavia, se Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 228 opportunamente pianificati, possono contribuire a valorizzare e a rivitalizzare gli spazi urbani nei quali si svolgono e, quindi, esercitare un ruolo positivo di promozione e di attrazione per tutte le forme di commercio. Un mercato riesce ad ampliare i flussi del bacino d’utenza in modo più consistente rispetto a quanto non faccia la rete distributiva su aree private. Affinché questa relazione sinergica si concretizzi è necessario, però, realizzare e rispettare un adeguato equilibrio tra le diverse forme distributive, nonché programmare mercati nei quali, per i temi merceologici trattati, per gli orari e le giornate di svolgimento, venga ripristinata la funzione originaria, sociale ed economica, di questa tipologia di commercio. Fissate le tre linee guida dell’intervento che, come già accennato, costituiscono una mera cornice cognitiva suscettibile di essere modificata, integrata o radicalmente trasformata dal tavolo della programmazione, occorre introdurre una ulteriore disposizione normativa che assume una significativa valenza nell’argomentazione dei temi che si stanno affrontando. Il 1° comma dell’art. 3 del D.L. nr. 223 del 4 luglio 2006, convertito nella Legge nr. 248 del 4 agosto 2006, ha stabilito che “ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato […] le attività commerciali, come individuate dal D. Lgs. 31 marzo 1998, nr. 114, […] sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: […] d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub-regionale; […] 201. La disposizione, lungi dal bandire sic et simpliciter l’ammissibilità 201 Il testo del decreto è visibile su www.normattiva.it Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 229 di qualunque atto di programmazione, ha sostanzialmente escluso quelle basate sulla determinazione di volumi di vendite o di quote massime di mercato riferite ad ambiti territoriali ben definiti. Il legislatore ha mandato in soffitta i vecchi criteri di insediamento basati su elementi di carattere economico e di densità commerciale che, tra l’altro, erano omologanti per qualunque contesto e per ogni tempo. La programmazione urbanistico-commerciale mira, invece, allo sviluppo di tutti gli elementi tipici di un luogo nell’ottica dell’autosostenibilità, attraverso processi di insediamento delle strutture commerciali, in termini di verifica degli standard urbanistici: analisi della viabilità e dei parcheggi; densità distribuzione demografica; spaziale bilancio degli insediamenti urbanistico; economia residenziali; insediata; rilevanza paesaggistica ed architettonica; eventuali vincoli o rischi geologici; ecc. Non è un caso che tra le analisi economiche annotate nel Capitolo 3° non è stata considerata la spesa delle famiglie, fondamentale indicatore per stabilire le quote di mercato in base ai quali fissare i volumi massimi di vendita per ogni singola area subregionale. Occorre, quindi, volgere lo sguardo altrove per cercare elementi che possano guidare la programmazione commerciale: un altrove che risiede in quel connubio di cui si è parlato nel Capitolo 2°. Gli obiettivi enunciati nell’incipit della Legge Urbanistica Regionale 202, quali “la tutela e la valorizzazione delle risorse e dei beni territoriali, la tutela dell’integrità fisica e storico-culturale”, esplicitati negli strumenti operativi della pianificazione territoriale ed urbanistica, rappresentano la traccia per la programmazione in ambito commerciale. Sono, quindi, di carattere specificatamente urbanistico i criteri che costituiscono il fil rouge per l’insediamento delle attività 202 L.R. nr. 23/1999, articoli 1, comma 2°. Visibile al sito web http://db.formez.it/ fontinor.nsf/ 00d6ec61a75a11efc1256cd2005aa5f8/02799216E99AE8CBC1256E940034B628/$file/Basilicata%20LR%2023 _99.pdf. Visita del 7 gennaio 2015. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 230 commerciali, nel rispetto ed in rapporto olistico con i regimi d’uso delle singole aree del territorio, le cui vocazioni e finalità vengono espresse attraverso la pianificazione urbanistica. Qualunque altro diverso programma di localizzazione delle strutture commerciali risulterebbe discordante e dissonate rispetto all’impianto generale della pianificazione per l’uso e la valorizzazione del territorio. Il principio di simbiosi tra la pianificazione territoriale e la programmazione commerciale è ripreso dalla normativa regionale in materia di commercio. Quest’ultima disposizione legislativa prevede, infatti, che il primo documento della programmazione commerciale sia proprio l’adeguamento dello strumento urbanistico 203, nel quale viene definita l’individuazione delle aree idonee all’insediamento o all’interdizione delle strutture di vendita. Infatti, le previsioni del programma di insediamento per divenire efficaci, dovranno necessariamente essere suffragate dall’adeguamento delle Norme Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico, ovvero da una vera e propria variante urbanistica. In mancanza, il generico regime d’uso produttivo consente solo l’insediamento di esercizi di vicinato. Acclarata la fonte dalla quale promanano le linee guida dell’intervento di programmazione, nel prosieguo di questo paragrafo verranno fornite alcune proposte di intervento. Anche in questo caso si tratta di mere tracce per stimolare il lavoro del gruppo di programmazione, volutamente prive di compiutezza ed esaustività. L’attenzione sarà focalizzata preliminarmente sui due maggiori centri abitati, Pisticci e Marconia, per i quali è essenziale proporre interventi simbiotici con le proprie caratterizzazioni paesaggistiche ed architettoniche. 203 Cfr. art. 8 L.R. n. 19/99, m. ed i. dalla L.R. nr. 23/2008. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 231 Il centro storico di Pisticci: il rione Dirupo. La riqualificazione dei paesi e delle città ha acquisito un significato peculiare, soprattutto nel centro storico, in funzione della densità e della concentrazione del patrimonio storico, artistico e culturale accumulato nel corso dei secoli. Questo patrimonio è rappresentativo delle principali fasi storiche attraversate dalla città. Per decenni è stato percepito solo il valore museografico di questi luoghi, ora si inizia a comprendere anche la funzione economica in un processo di riqualificazione unitario. Ultimamente si è assistito ad un'evoluzione, anche in senso culturale, del dibattito sviluppato sull’argomento. Ad esempio, il concetto della pedonalizzazione è ormai acquisito in tante realtà e rappresenta uno degli elementi strategici su cui fondare la salvaguardia di questo luogo. La politica di intervento per queste aree impone l’individuazione dei fattori di compatibilità per un ambiente da salvaguardare e per lo svolgimento di molteplici funzioni antropiche. Le ragioni di una scelta che presenti il cuore del paese quale centro integrato polivalente vanno ricercate nel vissuto di ognuno. La presenza di una chiesa, di un campanile, di una determinata piazza costituiscono elementi di riconoscibilità di uno specifico ambiente storico, impossibile da ritrovare in altri luoghi che, pur se frutto di mirabile progettualità, non possono che essere percepiti come non storici, anonimi, indifferenti. Il centro storico offre, invece, una vivibilità irriproducibile altrove; in ogni angolo, in ogni via, in ogni immagine ed in ogni elemento architettonico è possibile riconoscerne le origini, le tradizioni e la storia di ognuno degli abitanti. Il tema è, quindi, comprendere come innestare nuovi elementi di riqualificazione in un tessuto urbano già tanto ricco di storia e, conseguentemente, quali strumenti utilizzare e come inserire in questo Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 232 processo di rivitalizzazione il commercio e le attività economiche in genere. E’ una sorta di triangolazione dei cardini del processo: da un lato occorre innescare un percorso di riqualificazione urbana; dall’altro garantire la presenza di un’offerta di servizi, non solo commerciali, adeguata alle esigenze ed alle aspettative dei potenziali fruitori ed in sintonia con l’immagine dei luoghi; dal terzo lato diviene indispensabile motivare l’abitante ed il frequentatore dell’abitato storico del Comune. I protagonisti principali di questo processo di riqualificazione sono, quindi, individuabili nell’Ente Locale, negli operatori economici e nei cittadini residenti del centro storico. A questi potranno aggiungersi altri soggetti, la cui individuazione scaturirà della specificità degli interventi da realizzare. Il Comune dovrà, comunque, essere il fulcro dell’intervento ed avrà più ruoli da assolvere per stimolare e promuovere le iniziative, coordinare i diversi momenti progettuali, realizzare o sovrintendere alla realizzazione delle parti pubbliche del progetto attuativo. In ogni caso, il disegno generale, che definisce gli obiettivi ed i metodi della riqualificazione, deve essere governato in sede istituzionale dall’Ente Locale. L’abdicare a questo ruolo ed a questa funzione da parte dell’Ente Locale produrrebbe interventi settoriali, frammentati e senza l’organicità che richiede un progetto di riqualificazione. Gran parte del centro storico di Pisticci è costituito dal rione Dirupo. Dalla notte di Sant’Apollonia del 1688, questo rione è stato, nel bene e nel male, il fulcro delle sorti dell’abitato di Pisticci. Dopo la tragica frana del XVII secolo, insieme all’adiacente rione Croci, il Dirupo è stato teatro di altri innumerevoli fenomeni di smottamenti geologici negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. In seguito a questi eventi, con due successivi Decreti del Presidente della Repubblica, il primo del 1960 ed il secondo del 1968, per i due rioni è Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 233 stato disposto il trasferimento dell’abitato. Evidentemente non sempre basta un norma a modificare la vita quotidiana di un popolo. Infatti, pur essendo in vigore il provvedimento di trasferimento, l’intero abitato di entrambi i rioni ha continuato ad essere popolato. Ancora una volta la tenacia dei pisticcesi ha prevalso e, di recente, è stato pubblicato il Decreto del Presidente della Giunta Regionale di Basilicata con il quale viene revocato il trasferimento degli abitati 204. Di recente, il Comune di Pisticci con deliberazione di Consiglio Comunale nr. 22 del 10 agosto 2015 ha modificato le Norme Tecniche di Attuazione del vigente strumento urbanistico al fine di consentire, pur con precise limitazioni, l’attività edilizia in detto rione. Il rione Dirupo, con un’elevata densità abitativa ed un’architettura spontanea di notevole pregio, è considerato una delle cento meraviglie dell’Italia ed è, certamente, un sistema da proteggere e valorizzare. Già da qualche anno, utilizzando fondi comunitari e nell’ambito del P.I.T. Metapontino 205, il Comune di Pisticci ha realizzato uno studio di fattibilità per l’utilizzazione turistica del Rione Dirupo. Lo studio denota la volontà di avviare interventi organici coinvolgendo molteplici soggetti e competenze e, soprattutto, mirando ad un rapporto di cooperazione tra i cittadini, gli operatori economici e la Pubblica Amministrazione. L’inter-vento proposto si sviluppa in cinque piani progetto: il piano di azione per candidare il rione a sito dell’UNESCO; il piano di recupero edilizio ed il piano colore; il piano di intervento sull’edilizia privata; il piano di intervento per la riqualificazione degli spazi pubblici; il piano di marketing turistico. Nell’ambito di queste proposte progettuali possono inserirsi a 204 D.P.G.R. nr. 306 del 22 ottobre 2014. 205 I Progetti Integrati Territoriali, presenti nel Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) della Commissione Europea, costituiscono un intervento multisettoriale per lo sviluppo del territorio. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 234 pieno titolo le attività commerciali sostenute dalla Pubblica Amministrazione con un’iniziativa di incentivo finanziario. Non si tratta, evidentemente, né di incentivi a pioggia, né di riduzione o sgravi di tasse e tributi che violerebbero normative comunitarie. L’incentivo finanziario che si propone di mettere in campo dovrà essere intimamente connesso con la capacità innovativa degli imprenditori di avviare circuiti virtuosi di ristrutturazione delle proprie attività o, meglio, degli immobili in cui sono collocate. Si vorrebbe incentivare la capacità di sviluppare idee progettuali armonizzate con il contesto urbano e sociale. L’intervento pubblico, quindi, unito al capitale privato, può produrre interventi di recupero edilizio di immobili nel centro storico, per adibirli ad attività commerciali, artigianali e di servizio. Il sostegno potrebbe essere individuato in un contributo in conto interessi corrisposto dal Comune, in convenzione con un istituto di credito, sui mutui accesi dai privati per il finanziamento dei progetti di recupero edilizio. Il contributo dovrà essere erogato sulla base di un bando pubblico che qualifica i migliori progetti. I proprietari sarebbero stimolati a cantierizzare gli interventi perché il costo del denaro sarebbe del tutto irrisorio. Il capitale pubblico da investire nell’iniziativa, reperibile in più annualità di bilancio, avvierebbe una serie di iniziative economiche che coinvolgerebbero l’artigianato di servizio e di produzione, le attività distributive, gli studi professionali, ecc., e queste costituirebbero il ritorno sull’investimento. Il centro abitato di Marconia L’intervento che si propone riguarda un progetto di riqualificazione e valorizzazione urbanistica, edilizia e commerciale di un’area ubicata in Marconia, Piazza della Vittoria e Piazzale del Mercato Coperto, che, per la sua collocazione privilegiata nel cuore del Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 235 centro abitato, può costituire non solo un elemento qualitativamente connotante l’assetto urbano del nucleo abitato, ma anche il completamento dell’area di aggregazione della comunità. Il progetto rappresenta, quindi, una risorsa efficace per intervenire su un’area urbana centrale, anche allo scopo di promuovere fenomeni di riqualificazione della rete distributiva di beni e servizi commerciali. L’idea progettuale dovrà prevedere una pluralità di funzioni economiche e sociali contestuali, finalizzate a: • promuovere lo sviluppo e la riqualificazione commerciale, riconoscendole un ruolo privilegiato nella vita economica cittadina; • favorire l'organizzazione e l'associazionismo degli operatori, al fine di aumentare la forza di attrazione dell’area; • favorire la riorganizzazione urbanistica, mediante l'indicazione di opportunità commerciali; • favorire la miglior fruizione del servizio da parte dell'utenza, mediante la riorganizzazione commerciale e dei servizi connessi, tra cui quelli di parcheggio e del trasporto pubblico locale; • favorire la più ampia concorrenzialità tra le diverse forme di impresa, incentivando la vitalità commerciale e proponendo ulteriori possibilità di sviluppo agli operatori esistenti. L’area sulla quale localizzare il progetto è attualmente in gran parte libera, non qualificata e destinata a parcheggio, con una parte occupata dalla vecchia e poco funzionale struttura del Mercato Coperto. Il progetto potrà essere implementato ricorrendo al project financing, basato su una serie di elementi imprescindibili: • l’individuazione di una soglia minima di interesse pubblico; • l’obbligo di coinvolgere l’imprenditoria locale; • l’obbligo di attenersi ad uno schema progettuale che si caratterizzi per la riqualificazione urbana dell’area e la realizzazione delle Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 236 infrastrutture. L’apporto all’autosostebilità del commercio su aree pubbliche Nelle pagine precedenti già si è argomentato ampiamente sul ruolo e sulla funzione del commercio su aree pubbliche. Si è chiarito, infatti, che i mercati e le fiere, se opportunamente programmati e organizzati, possono contribuire a valorizzare e a rivitalizzare gli spazi urbani su cui si svolgono e, quindi, a migliorare la convivialità nel quartiere. Certo la condicio sine qua non affinché questo accada è creare una stretta connessione tra gli spazi urbani ed i mercati. L’intervento che si propone potrebbe essere denominato “adotta un quartiere” e consiste in una sorta di nuovo uso civico dello spazio pubblico, un consorzio tra i commercianti di un mercato che usufruiscono dell’area pubblica per la loro attività e, nel contempo, si fanno carico della manutenzione, dell’arredo urbano, dell’illuminazione, della raccolta differenziata, ecc., del quartiere in cui si svolge il mercato; un contratto di concessione dell’area sottoscritto dal Comune, dai commercianti riuniti in consorzio e dai cittadini residenti nello stesso quartiere. Sono proprio questi ultimi a fungere da garanti affinché vengano rispettati gli impegni assunti e ridotto il fenomeno del free rider. V’è di più. Gli abitanti del quartiere otterrebbero una sorta di risarcimento dai disagi provocati dalla presenza del mercato. Innanzitutto sarebbero gravati da minori imposte comunali a causa della minor spesa sostenuta dall’Ente per la gestione degli spazi pubblici del quartiere; inoltre, godrebbero dell’uso collettivo di spazi pubblici di maggiore qualità, perché, proprio quest’ultima, creerebbe vantaggi anche per i commercianti che finanziano gli interventi. La forza dell’intervento consiste, Programmazione attività commerciale: relazione quindi, nell’avvicinare e Pagina | 237 sovrapporre la figura dei fruitori dello spazio urbano con quella di coloro che ne finanziano la gestione e la manutenzione. Occorre, evidentemente, superare le remore dei commercianti a cooperare in un sodalizio, così come è stato evidenziato nella rappresentazione dello spazio culturale effettuata nel Capitolo precedente. In questo caso, però, si tratta di una cooperazione fondata non sull’altruismo o sullo spirito collettivo, bensì sull’utilitarismo, sulla brama dei commercianti ad incrementare il loro profitto e questo può costituire una motivazione sufficiente ad innescare processi di acculturazione. Il piano del trasporto pubblico locale L’obiettivo di questa proposta di intervento è la realizzazione di una rete di trasporto pubblico locale che si sviluppa su un duplice livello di intervento. Il primo livello ha come finalità la riduzione delle distanze tra tutti gli agglomerati urbani del Comune. Il modello da realizzare è quello del trasporto urbano con autobus che collegano i vari quartieri della stessa città. Non è da trascurare, infatti, il colore degli autobus: arancione come i bus urbani e non azzurro come gli extraurbani. Il secondo livello di intervento dovrà mirare a sviluppare una sorta di nodo intermodale a Pisticci scalo. Non si tratta, evidentemente, di un nodo inserito in un sistema complesso di trasporto pubblico, ma di semplice interscambio con linee di trasporto locale che interessano gli altri comuni limitrofi. Il piano dovrà essere sviluppato con elementi di flessibilità strutturale: il numero e gli orari delle corse dovranno essere collegati alle differenzazioni stagionali dell’utenza, alla realizzazione di particolari iniziative, alla presenza turistica, ecc. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 238 La diminuzione delle distanze, in termini di tempi di percorrenza, costituisce un elemento non trascurabile nel processo di sviluppo locale. La formazione degli imprenditori Un ulteriore compito di cui la Pubblica Amministrazione dovrà farsi carico attiene all’organizzazione di percorsi formativi per gli imprenditori economici e, in particolare, per gli imprenditori commerciali. Come è emerso dall’inchiesta sui mercati comunali e dall’analisi documentale dell’archivio comunale di Pisticci, il tessuto imprenditoriale dedito al commercio è composto da figure eterogenee: giovani ragazzi attratti dall’illusione di un lavoro facile, disoccupati di lunga data, cinquantenni licenziati da aziende che chiudono, familiari di operai cassaintegrati e, per fortuna, qualche operatore qualificato. Non si propone una selezione degli imprenditori, bensì di avviare processi formativi attraverso i quali offrire possibilità di crescita professionale e culturale. Viene proposto di apprendere e continuare ad apprendere lungo tutto il corso della propria vita professionale. In molti hanno sottolineato gli aspetti più salienti della società contemporanea come learning society: società della conoscenza, della riflessività e dell’apprendimento. Una società in cui imparare è la condizione per vivere, per lavorare, per essere individui capaci di progettualità, responsabilità, autonomia 206. Il concetto di apprendimento può essere espresso anche come empowerment, cioè come quel processo di apertura ad una nuova possibilità che aumenta le chances che sono percorribili da una persona. Quest’ultima prospettiva non si verifica di sua sponte, ma richiede la presenza di 206 AURELIANA ALBERICI, Imparare sempre nella società della conoscenza, BRUNO MONDADORI EDITORI, Milano, 2002, p. 9 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 239 politiche attive da parte di tutti i soggetti pubblici. Occorre rilevare che maggiori sono i bisogni formativi e minore è la domanda esplicita per soddisfarli. Paradossalmente, un analfabeta chiede tutto in modo esplicito, tranne che di uscire dalla sua condizione di analfabetismo 207. Forse non basta più nemmeno l’apprendimento continuo durante tutto il corso della vita. La Commissione Europea, a supporto del suo programma di Lifelong Learning, cita un antico proverbio cinese dell’epoca pre-moderna: “Quando pianti per un anno, pianti grano. Quando pianti per un decennio, pianti alberi. Quando pianti per la vita, coltiva ed educa persone. E’ solo con l’ingresso nei tempi liquidomoderni che l’antica saggezza ha perso il suo valore pragmatico e coloro che erano alle prese con l’apprendimento e la promozione dell’apprendimento noto con il nome di educazione hanno dovuto spostare la loro attenzione” 208 verso “un equipaggiamento di natura alquanto generalista o non impegnata, non focalizzata su alcuna specifica categoria di obiettivi, e neppure apertamente programmata per il raggiungimento di un particolare tipo di bersaglio” 209. Un passo oltre il Lifelong Learnig v’è la “capacità di imparare e di imparare rapidamente” 210 apprendendo durante il percorso. Un ulteriore canale di formazione, che non dovrebbe essere trascurato, è costituito dall’integrazione sociale degli operatori commercianti extracomunitari. I processi di integrazione economica non sembrano essere facili da intraprendere senza l’ausilio di leve sociali e, soprattutto, culturali. 207 Op.cit., p. 49 ZYGMUNT BAUMAN, Conversazioni sull’educazione, ERIKSON, Trento, 2012, p. 28. 209 Op. cit., p. 27. 210 Op. cit., p. 27. 208 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 240 Le iniziative di animazione economico-territoriale Questa proposta di intervento intende suggerire un reticolo di iniziative, sostenute da efficaci interventi promozionali, nelle quali le attività commerciali potranno avere un ruolo catalizzatore di altre attività non economiche o produttive, ma più strettamente connesse alla convivialità, al tempo libero, al bene comune. Le feste patronali. Tra le tante che si svolgono nel territorio di Pisticci, la più importante è certamente quella del Santo Patrono San Rocco. Si svolge in pieno agosto nei giorni 15, 16 e 17 ed è corredata da innumerevoli manifestazioni che durano tutto il mese. Anche l’abitato di Marconia ha la sua importante festa patronale. La Festa della Madonne delle Grazie si celebra la seconda domenica di settembre. In tutti gli ambiti urbani del territorio comunale vi sono festeggiamenti in onore di qualche santo protettore, da San Giuseppe lavoratore a Pisticci scalo, alla Modanna del Carmine per Tinchi, a Sant’Anna per il borgo agricolo di Casinello. Le iniziative di enogastronomia. Frantoi aperti per la degustazione di olio novello e dei prodotti tipici nel periodo di raccolta delle olive. Formaggi in piazza mediante l’allestimento di stand per la dimostrazione, a scopo didattico e turistico, della preparazione dei prodotti lattiero-caseari. Salumi nei vicoli con l’allestimento, in locali tipici, di laboratori per la preparazione dei salumi e di tutte le altre specialità gastronomiche. Cantine aperte mediante la ristrutturazione delle vecchie lammie 211 del centro storico, non solo come locali di vendita o consumo del vino, ma veri e propri locali nei quali trascorrere serate allietate da musica folkloristica ed aforismi di saggezza popolare. 211 La lammia è l’abitazione tipica del centro storico di Pisticci. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 241 Le giornate del cibo e territorio. L’iniziativa mira a ricreare un collegamento tematico tra i piatti tipici e il territorio o, più precisamente, le zone del territorio da cui traggono origine. Una passeggiata nelle contrade di campagna per la ricerca delle spezie o degli ortaggi tipici necessari per la preparazioni di piatti tradizionali. Le attività agrituristiche potrebbero essere le artefici principali di queste iniziative. La fiera dell’antiquariato e dell’usato. L’allestimento di una fiera tematica sull’antiquariato e sui mobili ed oggetti usati. Il tema dell’antiquariato potrebbe coinvolgere anche gli operatori commercianti extracomunitari che potrebbero partecipare proponendo oggetti tipici della loro etnia e questo sarebbe un segno tangibile di una cultura che dialoga con l’allogeno. Criteri di regolamentazione Le risposte al questionario dell’inchiesta sui mercati comunali hanno, tra l’altro, evidenziato la problematica dell’abusivismo. Qualche giorno fa, in un colloquio con un gruppo di ambulanti dei mercati, come accade spesso, i temi affrontati oscillavano tra “la mancanza di regole e di ordine nel mercato” e “l’incapacità della Polizia Locale di effettuare controlli efficaci”. La logica binaria del loro ragionamento è fin troppo eloquente. “Da sempre abbiamo tollerato la presenza di operatori non in regola pur se la loro presenza ha limitato i nostri guadagni. In passato, prima della crisi, facevamo buoni fatturati e, pertanto, perdere il 5% o il 10% della domanda non era così preoccupante. Attualmente, in piena recessione, perdere il 10% significa annullare i nostri margini di guadagno”. Concludono il ragionamento asserendo: “noi paghiamo le tasse e, quindi, la Pubblica Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 242 Amministrazione ha il dovere di ripristinare l’ordine nel mercato e di salvaguardare il nostro lavoro con una ferrea lotta a coloro che non sono in regola”. Ordine, regole e lotta sono i tre concetti necessari per raccontare gli aspetti della società che non vanno, “per farla diventare così come dovrebbe essere attraverso la separazione, l’amputazione, l’escissione, l’espurgazione e l’esclusione” 212. Evidentemente il racconto è autobiografico perché evidenzia esclusivamente il proprio punto di vista. V’è sotteso al concetto di ordine quello di esclusione del suo opposto: il disordine. Coloro che non rientrano in ciò che noi riteniamo ordine vengono esclusi, escissi ed amputati ed il sistema viene espurgato dal disordine. E qual è lo strumento più efficace per garantire il proprio modello di ordine? E’ la regola, che si assume l’onere di stabilire e discernere l’ordine dal disordine. V’è di più. La regola “è l’effetto del’internalizzazione dell’ordine, cioè della volontà di comportarsi nel modo richiesto da un determinato modello di ordine”213. Infrangere la regola oltrepassa il confine dell’ordine e costituisce una colpa per gli esclusi e gli escissi. “L’esclusione diventa un atto etico, un atto di giustizia. Così coloro che lo compiono si sentono nobili e giusti e si credono difensori della legge e dell’ordine e guardiani della morale” 214. La lotta contro chi vìola le regole è la crociata che in tempo di recessione si trasforma in una guerra giusta e necessaria per il ripristino dell’ordine e l’escissione del colpevole. “La guerra ha bisogno […] di un consenso sempre più ampio e diffuso che la riconosca giusta e necessaria, quale mezzo di difesa nei confronti del pericolo crescente 212 ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p.54. Nel testo di Bauman si parla di norma. Pur nella consapevolezza che i due concetti non sono sovrapponibili, qui il termine regola è utilizzato come sinonimo ed inteso come un dispositivo che vincola a fare o non fare qualcosa. 213 Op. cit., p. 55. 214 Op. cit. p. 55. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 243 rappresentato dall’altro e come mezzo per far valere i diritti della propria identità, della propria differenza” 215. L’altro è il colpevole che ha infranto le regole ed è anche il diverso, l’extracomunitario o, a volte, l’extracomunale che usurpa i diritti della nostra identità di cittadini ed imprenditori in regola e pienamente nell’ordine. Per fortuna nell’universo regna un ordine al di fuori della logica binaria di questo pensiero dicotomico del dentro o fuori, purtroppo ampiamente diffuso in noi terrestri. Tutto quanto innanzi, però, è utile per chiarire un equivoco che spesso confonde gli obiettivi e le finalità di un provvedimento amministrativo di regolamentazione. Il regolamento non è tout court la regola intesa come strumento per discernere l’ordine dal disordine, per separare i giusti dai colpevoli e per rimarcare un confine, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, tra il noi ed il loro. Proviamo, allora, a definire cos’è un regolamento comunale. La fonte della regolamentazione comunale è l’articolo 7 del D.Lgs. nr. 268 del 18 agosto 2000 216 che così dispone: “Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni”. Innanzitutto v’è l’esplicito richiamo del rispetto ai principi fissati dalle leggi e dallo statuto, che costituiscono la cornice dell’attività di regolamentazione del Comune. I regolamenti non possono, quindi, perseguire princìpi in contrasto con quelli stabiliti nelle leggi e nello statuto dell’Ente. Una prima ambiguità si palesa: il contrasto tra i princìpi. L’assunto è molto facile a dirsi ed alquanto complesso a farsi: 215 AUGUSTO PONZIO, Da dove verso dove. L’altra parola nella comunicazione globale, GUERRA EDIZIONI, Perugia, 2009, p.23. 216 Il testo del decreto è visibile su www.normattiva.it. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 244 il principio della tutela della concorrenza e quello della salvaguardia del diritto alla cooperazione tra imprese ne costituisce un esplicito esempio. V’è poi una puntuale indicazione dell’oggetto della regolamentazione comunale, con l’esplicito richiamo alle materie di propria competenza. Anche in questo caso la sottolineatura può sembrare banale, ma lo è molto meno nei provvedimenti di regolamentazione adottati da innumerevoli Enti Locali. Un regolamento comunale che disponga norme per la tutela della concorrenza o per l’accesso ad una determinata attività è certamente illegittimo per incompetenza, in quanto entrambe le materie rientrano nella competenza dello Stato. Le disposizioni legislative definiscono con chiarezza le materie di competenza degli Enti locali. Meno chiare sono, però, le implicazioni trasversali tra le materie. Ad esempio, disposizioni limitanti l’accesso nei mercati agli operatori temporanei o prescrizioni di altri requisiti soggettivi o oggettivi oltre quelli previsti per legge, costituiscono un chiaro esempio di regolamentazione viziata da incompetenza, pur se intervenuta nell’alveo di materie pienamente ascrivibili alla competenza dell’Ente Locale: attività produttive e procedure amministrative. Considerati i limiti ed i vincoli viene da chiedere qual è il senso della regolamentazione comunale? Il regolamento comunale è essenzialmente uno strumento di semplificazione che, come fonte secondaria del diritto, si inserisce negli interstizi tralasciati dalle fonti primarie, per disciplinare in modo autonomo le proprie funzioni. In quest’ottica, il regolamento comunale può essere considerato l’interfaccia del rapporto tra l’Ente Locale ed i cittadini. Infatti, attraverso questo strumento, si dà trasparenza e certezza dei tempi ai procedimenti amministrativi, si adegua, si Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 245 aggiorna e si semplifica il linguaggio tecnico-giuridico proprio della legge e, soprattutto, si stabiliscono tempi e termini per la partecipazione degli stakehoders nel processo di governo della cosa pubblica. In quest’ottica il regolamento comunale ha una valenza storicosociale. E’ storica perché impregnata dalle contingenze del periodo in cui esplica i suoi effetti; è sociale perché figlio naturale delle società e del suo graduale sviluppo 217. E’, quindi, uno strumento di notevole flessibilità ed è frutto del processo di democrazia deliberativa. La verifica dell’efficacia di questo strumento è demandata all’insieme dei soggetti coinvolti nel processo. E’ una verifica propositiva che si sviluppa in tre momenti: ex ante, in itinere ed ex post. Il primo si fa carico di prefigurarsi tutti gli scenari possibili che scaturiranno dal provvedimento di regolamentazione e, nel contempo, verifica la rispondenza agli interessi ed ai bisogni che lo strumento vuole garantire e soddisfare. Il secondo momento attiene alla verifica di liceità del procedimento di formazione ed approvazione del regolamento stesso. Il terzo, quello ex post, rappresenta la vera forza propositiva dello strumento di regolamentazione. Infatti, quest’ultima verifica ha l’onere di misurare l’efficacia del provvedimento nella quotidianità della vita dei cittadini, curvandone il percorso qualora presenti uno scostamento rispetto agli interessi e bisogni che l’hanno generato. E’, quindi, uno strumento sperimentale, nel senso che è in continuo riaggiustamento ed adeguamento, sulla scorta del feedback riveniente dall’efficacia dell’implementazione. Per redigere un regolamento che disciplini l’insediamento della rete distributiva di beni e servizi commerciali occorre porre al centro gli interessi ed i bisogni del territorio quale punto focale dell’economia 217 Cfr. la concezione del diritto di Eugen Ehrlich, padre della sociologia del diritto, in ALBERTO FEBBRAJO, Sociologia del diritto, IL MULINO, Bologna, 2009, p. 30. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 246 auto-sostenibile 218 e focalizzare l’obiettivo su quattro macro tematiche: definizione e semplificazione; trasparenza procedimentale; partecipazione; verifica dell’efficacia. Il primo tema riguarda la semplificazione dei procedimenti amministrativi evitando di gravarli di sub-procedimenti, atti e documenti che garantiscano solo l’adempimento a discapito del risultato. Un segno tangibile della semplificazione è la traduzione del linguaggio: da quello tecnico-giuridico cosiddetto burocratico, a quello comprensibile per tutte le categorie dei cittadini utenti. La trasparenza dell’attività amministrativa è il secondo tema che il regolamento dovrà affrontare. Si tratta, innanzitutto, di stabilire termini e modalità del procedimento amministrativo, nonché tutti i casi di sospensione ed interruzione. E’ un lavoro alquanto complesso perché, per definizione, il procedimento è un processo dall’esito incerto e, quindi, si tratta di dare certezze in un percorso incerto. La trasparenza è, però, qualcosa di più della mera certezza dei termini e tempi procedimentali. E’ la possibilità per il cittadino utente di conoscere tutte le fasi del procedimento attraverso un continuo monitoraggio del processo. L’utilizzo della tecnologia è un forte sostegno per l’efficacia dei princìpi di trasparenza dell’azione amministrativa. La terza tematica su cui focalizzare la regolamentazione riguarda la partecipazione. Questo tema è stato già affrontato nelle pagine precedenti di questo lavoro, nelle quali il modello di democrazia deliberativa è stato individuato come l’unico antidoto efficace alla crisi della democrazia rappresentativa. Il regolamento ha un approccio pragmatico su questo tema e, infatti, ha l’obiettivo di fissare termini, modalità e tempi della partecipazione che, altrimenti, rimarrebbero 218 Il riferimento è all’approccio territorialista. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 247 una pura intenzione dell’organo deliberante, la cui attuazione sarebbe rimessa all’umore del politico di turno. L’ultima della quattro aree tematiche individuate attiene alla verifica dell’efficacia dello strumento di regolamentazione. In precedenza sono state introdotte le finalità ed i tempi per l’azione di verifica. L’articolato del regolamento ha il compito di stabilire, più nel dettaglio, i termini, le modalità ed i tempi per la misurazione dell’efficacia e per un eventuale intervento di adeguamento degli obiettivi e riaggiustamento del percorso. Si tratta di tradurre il concetto di efficacia in più indicatori e questi ultimi in variabili rilevabili e misurabili. Si tratta anche si individuare il soggetto cui attribuire la responsabilità della verifica e, ove necessita, della ridefinizione dell’obiettivo rivelatosi inefficace e del ridisegno del tratto di percorso inadeguato. Per la Pubblica Amministrazione l’attività di regolamentazione effettuata seguendo il fil rouge delle quattro aree tematiche individuate, lungi dall’essere una mera risposta ad un disposto legislativo, può trasformarsi in un’efficace azione politica per il governo del territorio o di un particolare settore della vita di una comunità. E’ certamente qualcosa di molto diverso dal coacervo di regole e vincoli che spesso mostrano tanti documenti dell’Amministrazione Pubblica. Infine, è importante sottolineare che il punto focale dei criteri di regolamentazione che si è cercato di esplicitare è totalmente al di fuori dell’annosa e pleonastica discussione tra i fautori della regolamentazione e quelli della deregolamentazione. Oltre questa discussione c’è il terreno fertile delle finalità, dell’efficacia e delle liceità della norma regolamentare. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 248 Conclusioni Nel Capitolo precedente sono stati definiti gli strumento con cui la Pubblica Amministrazione dovrà procedere per approvare la programmazione della rete distributiva al dettaglio di beni e servizi commerciali. Più nel dettaglio, vengono individuati due percorsi: il primo riguarda i criteri di localizzazione delle medie strutture di vendita ed il conseguente adeguamento dello strumento di pianificazione territoriale; il secondo attiene all’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche. Il coinvolgimento degli stakeholders dovrà riguardare, sia pure con modalità diverse, tutta la fase di implementazione programmazione. stakeholders dei processi di approvazione Nell’implementazione saranno coinvolti nella del degli atti della primo percorso gli procedura pubblica di adeguamento urbanistico, ovvero nel procedimento di approvazione del Regolamento Urbanistico e, in seguito, in quello di approvazione Piano Strutturale Comunale, così come voluti dalla L.U.R. nr. 23/2008 e s.m.i. Per il secondo percorso lo strumento è stato individuato nella swot analysis perché ritenuto adatto ad innescare veri e propri processi di democrazia deliberativa. Si è più volte espresso il concetto che le linee guida, le proposte di intervento, le finalità della regolamentazione e tutti i “punti di riferimento che sembrano attendibili oggi, saranno con ogni verosimiglianza smontati domani e definiti fuorvianti e non più degni di fiducia” 219. Viviamo in un tempo di interregno ed il modo di fare le cose oggi, diverso da quello di ieri, si mostrerà inadatto domani. Occorre apprendere in fretta nuovi modus pensandi, modus operandi e modus vivendi e mettere da parte le vecchie abilità, pur se acquisite 219 ZYGMUNT BAUMAN, Conversazioni sull’educazione, ERIKSON, Trento, 2012, p. 39. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 249 con tanta fatica. Occorre “fornire un orientamento in un mondo che innegabilmente si trasforma. […] a patto di localizzare i cambiamenti e le loro conseguenze e di vagliare le strategie di vita adeguate […]” 220. Dopo l’ebbrezza provocata dalla crescita infinita dei centri commerciali negli anni Novanta del Novecento e dei primi anni di questo nuovo secolo, occorre riorientare il sistema distributivo per inserirlo a pieno titolo in un sistema di sviluppo locale autosostenibile. Nel negoziare questo riorientamento la Pubblica Amministrazione si gioca tutte le sue chance di organo utile alla polis. Ma per negoziare il riorientamento occorre localizzare i cambiamenti. Non v’è alternativa a questo. Per esemplificare quest’ultimo aspetto si impone un’ultima digressione. Un’antica pratica di caccia alla volpe, soprattutto nei paesi anglosassoni, prevede l’uso di una muta di cani. La caccia si effettua in aperta campagna ed i cani si lanciano all’inseguimento della volpe incitati dai cacciatori a cavallo. La volpe è in fuga ed i cani ed i cacciatori possono percorre anche diversi chilometri prima di ritrovare le tracce. Ad un certo punto l’intera muta di cani intensifica il furioso abbaiare e questo è il segnale che la volpe è stata avvistata. I cani ululano tutti ed anche chi sta più indietro degli altri rafforza il suo abbaiare. Ma quanti di loro hanno visto la volpe o sentito il suo odore? Solo uno o due dei cani hanno realmente visto la volpe ed hanno incominciato ad abbaiare e questo ha contagiato tutta la muta che ha risposto ringhiando ed abbaiando ancora più forsennatamente. Qual è il senso di questa digressione? Tutti i cani ringhiano ed abbaiano, ma solo pochi hanno effettivamente visto la volpe. La stragrande maggioranza abbaia perché contagiata dal verso degli altri cani, non perché abbia davvero visto la preda. 220 ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della liberta. A cosa serve la sociologia?, EROKSON, Trento, 2014, pp. 71 e 72. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 250 Fuori dalla metafora ritornano le localizzazioni dei nuovi riorientamenti che questo periodo di interregno impone per ogni aspetto della vita, ivi compreso il settore economico della distribuzione commerciale. Occorre, però, effettivamente vedere o sentire le nuove localizzazioni verso cui riorientare la comunità e gli imprenditori, altrimenti si rischia di seguire solo il latrare di qualche imbonitore politico più preoccupato di garantire il permanere dello status quo, che di proporre soluzioni innovative a problemi inediti. Occorre, quindi, vedere e sentire le nuove localizzazioni che appartengono al nostro mondo. Se questo ha un senso, allora necessita pure di stabilire una relazione, anch’essa nuova, che costituisce un sistema integrato ecologico di coscienza-mondo che possa garantire che quello che percepiamo e conosciamo sia ancora il nostro mondo 221. E qual è il valore di questa relazione? Per rispondere a questa domanda si farà appello al concetto di serendipità. Il neologismo venne introdotto verso la fine del XVIII secolo dallo scrittore inglese Horace Walpole, parafrasando il testo della fiaba The three princes of Serendip. La serendipità indica la capacità di trovare soluzioni per caso e per sagacia. Riflettendo sulla definizione scopriamo che il caso è un avvenimento fortuito, accidentale, imprevisto, spesso senza l’intervento della volontà, mentre la sagacia è l’intelligente e perspicace prontezza nell'intuire e valutare una situazione e nel trarre una conclusione. Proviamo, allora, a riformulare il concetto di serendipità seguendo il filo della riflessione. La serendipità è, quindi, la capacità di reazione intelligente, perspicace e pronta nell’intuire e valutare avvenimenti fortuiti, accidentali ed imprevisti. Si può anche andare oltre. E’ la capacità di saper reagire con creatività al continuo cambiamento di 221 SALVATORE COLAZZO, Insegnare ed apprendere in rete, AMALTEA EDIZIONI, Castrignano dei Greci (LE), 2005, p. 12. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 251 questo periodo di interregno. La creatività è, quindi, il cuore della serendipità. Ma cos’è la creatività? L’opinione comune la ritiene qualcosa di immateriale, associata ad una dimensione artistica. Oltre la comune apparenza, essere creativi significa dare una particolare forma all’azione, una forma non casuale, bensì contestualizzata alle contingenze della situazione. Spesso la creatività non è riconosciuta come valore perché è insofferente alle regole. Infatti, nel processo creativo, che difficilmente può essere circoscritto entro rigidi modelli comportamentali, dominano l’incertezza ed il rischio: la prima è lo spazio entro il quale si insinua il secondo. Tutto ciò implica una conseguenza: il processo creativo richiede una disponibilità al rischio insito in ogni cambiamento. Una delle componenti fondamentali della creatività è la capacità di innovazione, cioè di trovare soluzioni nuove rispetto all’esistente, ovvero riproporre qualcosa di esistente, purché con apporti di novità. Non è mai né imitazione pura, né mero gusto per la novità, per cui la capacità di innovare si misura con la percezione del problema e con la ricerca di risposte coerenti. Il presupposto insostituibile per stimolare il processo creativo è la conoscenza e su questa si fonda l’intuizione. Quest’ultima, lungi dall’essere un talento misterioso ed innato, è il risultato delle esperienze accumulate. Proviamo a riepilogare questi ultimi concetti. La creatività è l’utensile cognitivo attraverso cui è possibile fronteggiare il rischio e l’incertezza e si fonda su tre pilastri: l’intuizione, la conoscenza e l’innovazione. Il futuro dell’ambiente, della città, dell’economia e dell’uomo stesso dipende dalla capacità di riorientarsi in questo tempo di interregno e l’intuizione, la conoscenza e l’innovazione costituiscono gli unici strumenti a disposizione. Valorizzare il sistema distributivo commerciale, in armonia con i Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 252 princìpi di governo e tutela del territorio, è una delle tessere del puzzle più complessa dello sviluppo locale autosostenibile, ma è anche il terreno di coltura in cui la creatività potrà esprimere la sua valenza. Tutto ciò può avere il sapore fantasmatico dell’utopia. Forse, ma l’utopia esprime anche il coraggio della perseveranza. Quella stessa perseveranza che ha sorretto, giorno dopo giorno, mese dopo mese ed anno dopo anno, quel lento risalire verso casa dell’anziano omino con la fascina sulle spalle. Noi Lucani, come sostiene De Rita 222, mostriamo spesso la rabbia del rimpianto per le tante occasioni perdute, ma siamo capaci anche di tanta perseveranza, come gli abitanti di Pisticci, che hanno ricostruito interamente il rione Dirupo dopo solo due anni dalla frana della notte di Sant’Apollonia e non l’hanno abbandonato nemmeno quando è stato disposto, per decreto, il trasferimento coatto dell’abitato. Vorremmo ancora esprimere la perseveranza nel ricercare e trovare ciò di cui oggi necessita ogni comunità: uno sviluppo locale fondato su un accordo ed una coesistenza tra la solidarietà, la convivialità e la prosperità economica. 222 Vedi la prima parte dell’Introduzione. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 253 Appendice 1: popolazione presente sul territorio Metodo di calcolo della popolazione presente sul territorio comunale rilevata attraverso la produzione di rifiuti solidi urbani. Inizialmente è stata calcolata la produzione media di rifiuti nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre e dicembre, nei quali si presume trascurabile la presenza turistica sul territorio comunale. Sono stati utilizzati dati acquisiti dal Servizio Ecologia del Comune. Si è proceduto poi, al calcolo della popolazione media mensile residente sul territorio comunale. I dati utilizzati sono quelli resi noti dall’ISTAT. Si è proceduto, al calcolo della popolazione presente sul territorio comunale in ciascun mese dell’anno, mediante la seguente proporzione: Pp : pMr = Pr : prmr dove: Pp: popolazione mensile presente sul territorio comunale; pMr: produzione media mensile di rifiuti; Pr: popolazione media mensile residente; prmr: produzione reale mensile rifiuti. da cui: pMr * Pr Pp = -------------Prmr Infine, è stato effettuato il calcolo della popolazione presente nell’anno quale media della popolazione di ciascun mese: Popolazione presente nell’anno = Σ Ppi / 12 per “i” che va da 1 a 12. Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 254 Appendice 2: bacino d’utenza Tabella per la definizione della popolazione residente nei Comuni delle tre aree dei bacini d’utenza. Popolazione residente Deniminazione del Comune Tempo necessario per l'accesso (in minuti) Distanza dal Baricentro (Km.) Popolazione residente nel Comune (al 1° gennaio 2014) 0 0 17.266 Scanzano Jonico 14,10 13 7.396 Bernalda 13,80 14 12.483 Montalbano Jonico 22,80 21 7.382 Craco 23,00 21 768 Policoro 21,50 24 17.022 Ginosa 25,90 24 22.823 Ferrandina 32,50 30 8.857 Nova Siri 31,20 34 6.701 Montescaglioso 40,70 39 10.078 Tursi 40,10 41 5.138 Miglionico 39,50 41 2.519 Rocca Imperiale 38,60 41 3.349 Pomarico 42,40 44 4.226 Rotondella 42,60 44 2.708 Salandra 48,30 45 2.858 Valsinni 49,80 52 1.592 Colobraro 51,30 53 1.314 Stigliano 56,40 57 4.557 Pisticci Programmazione attività commerciale: relazione 1° bacino d'utenza 2° bacino d'utenza 3° bacino d'utenza 37.145 93.997 139.037 Pagina | 255 Appendice 3: inchiesta sui mercati di Pisticci Questionario per inchiesta sugli acquirenti dei mercati Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 256 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 257 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 258 Questionario per inchiesta sugli operatori dei mercati Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 259 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 260 Programmazione attività commerciale: relazione Pagina | 261 Bibliografia Alberici Aureliana, Imparare sempre nella società della conoscenza, BRUNO MONDA-DORI EDITORE, Milano, 2002. 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