relazione - Comune di Pisticci

Transcript

relazione - Comune di Pisticci
Servizio AA.PP.
Programmazione
dell’attività commerciale
R E L A Z I O N E
Data:
Dicembre 2015
Il Redattore della Programmazione
Dr. Rocco Melissa
Indice:
Premessa.......................................................................................................... 4
Introduzione ..................................................................................................... 9
Capitolo 1°: Politiche di sviluppo del territorio .................................................. 28
Modelli di sviluppo ............................................................................................................................ 28
Lo sviluppo locale: il territorio........................................................................................................... 34
Lo sviluppo locale autosostenibile .................................................................................................... 39
La coscienza di luogo ......................................................................................................................... 44
La globalizzazione dal basso .............................................................................................................. 46
Modelli per il governo del territorio: la partecipazione .................................................................... 48
Capitolo 2°: Programmazione urbanistico-commerciale: modello di sviluppo della rete
distributiva…….. ............................................................................................. 53
Un difficile connubio ......................................................................................................................... 53
La vocazione del territorio di Pisticci espressa dal Regolamento Urbanistico .................................. 60
Un ripasso storico .............................................................................................................................. 66
Il paradigma della programmazione commerciale............................................................................ 70
Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione commerciale ..................................................... 74
Capitolo 3°: Il Comune di Pisticci: il territorio, la demografia e l’economia ....... 80
Origine, storia e territorio di Pisticci ................................................................................................. 84
Le dinamiche e la struttura demografica del Comune ...................................................................... 91
La presenza turistica sul territorio comunale.................................................................................. 113
Imprese, occupazione e valore aggiunto......................................................................................... 125
Il valore aggiunto ............................................................................................................................. 138
I bacini d’utenza .............................................................................................................................. 146
Capitolo 4°: La rete distributiva commerciale insediata sul territorio comunale154
Il commercio su aree private ........................................................................................................... 156
Il commercio su aree pubbliche: i mercati comunali ...................................................................... 175
L’indagine sui mercati comunali ...................................................................................................... 190
Capitolo 5°: La programmazione della rete distributiva commerciale ............. 207
La swot analysis a supporto della programmazione pubblica ........................................................ 208
La programmazione pubblica: con chi, come e perché? ................................................................. 215
Linee di sviluppo e proposte di intervento...................................................................................... 225
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 2
Conclusioni .................................................................................................. 249
Appendice 1: popolazione presente sul territorio .......................................... 254
Appendice 2: bacino d’utenza ....................................................................... 255
Appendice 3: inchiesta sui mercati di Pisticci ................................................. 256
Bibliografia .................................................................................................. 262
Sitografia ..................................................................................................... 264
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 3
Premessa
Primum movens di ogni ricerca analitica è un’idea da cui trae
origine e che la sostiene in tutto il suo percorso; che il metodo sia
induttivo o deduttivo non importa, v’è alla base un’idea che la motiva e
la sorregge. E’ un’idea preconcetta, nell’accezione del significato
etimologico dell’aggettivo “preconcetto”: un’idea che viene prima di
poter formalizzare un concetto; e di concetti formalizzati si nutre
ampiamente qualunque scienza.
Il padre della moderna ricerca scientifica in medicina, Claude
Bernard, ha insistito molto su questo aspetto1. Sosteneva che il
percorso, rigorosamente logico, di ogni ricerca è sempre mosso da
un’idea preconcetta che aleggia nella mente del ricercatore.
Forse lo stereotipo del ricercatore tracciato da Bernard è troppo
romantico e, per certi versi, perfino popolare, ma infondo le sue
argomentazioni
epistemologiche
continuano
ad
essere
valide,
qualunque metodologia venga applicata e qualunque metodo venga
utilizzato.
Da quale idea preconcetta scaturisce questo percorso di analisi
che, preliminarmente, dovrà focalizzare il senso più vero di uno
sguardo multidisciplinare al tema delle politiche di sviluppo del
territorio
in
generale
e
alla
programmazione
commerciale
in
particolare?
Provare a descrivere un’idea è sempre un’impresa di notevole
difficoltà. Vi sono almeno due limiti: il primo è costituito dalla nostra
ridotta capacità di trasformare un pensiero in una frase attraverso il
linguaggio; il secondo limite sta proprio nel lessico di una lingua, che
1
CLAUDE BERNARD, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, PICCIN, Padova, 1994, p. 57, 63.
“L’idea preconcetta è stata e sarà sempre il primo impulso della mente che indaga”. “Sperimentando senza idee
preconcette, si va a caso; osservando invece con idee preconcette si fanno osservazioni sbagliate e si corre il
rischio di scambiare con la realtà le creazioni delle nostra mente”.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 4
spesso ridimensiona e categorizza i pensieri. Tuttavia, nonostante
questi limiti, siamo costantemente stimolati a descrivere le idee proprio
per quella sete di scoperta e di conoscenza che sospinge ogni attività
umana e, ancora di più, dal bisogno di condivisione e conferma delle
nostre azioni.
L’idea preconcetta che caratterizza questo lavoro analitico è
provocata da uno stereotipo che ricorre frequentemente nelle immagini
della Lucania. In moltissimi film, cortometraggi, cartoline e persino in
opere pittoriche, il lucano è raffigurato come un uomo piuttosto
anziano vestito di scuri abiti, spesso di velluto sia d’inverno che
d’estate, che all’imbrunire, curvo e con una fascina sulle spalle, risale
lentamente e stancamente la strada all’ingresso del paese che, dopo
una giornata passata a spaccarsi la schiena nei campi brulli ed
assolati, lo conduce al riposo notturno. Il quadro raffigurato ha così
tinte scure che si fa fatica ad intravedere qualsiasi barlume di
speranza per il futuro. La prospettiva, sia pittorica che metaforica, non
cambia se il soggetto è una donna matura, vestita dei suoi scuri abiti
tradizionali evidenzianti i segni di un lutto perenne. Anch’essa porta
sulle spalle una fascina con cui accendere un fuoco: l’unica nota
luminosa di una vita caratterizzata dal buio.
Gli adulti ed i giovani lucani dove sono in quest’immagine?
Non vi sono adulti, né giovani, perché sono emigrati con una
valigia di cartone legata con uno spago, piena di rabbia e disperazione
più che di effetti personali.
Le
immagini
della
Lucania
sui
media
sembrano
proprio
raffigurare solo anziani che a malapena si trascinano in questo loro
peregrinare tra i campi aridi e le povere case, continuando a spezzarsi
la schiena sotto pesanti fascine che rappresentano l’unica mercede di
un lavoro fatto più per abitudine che per guadagno.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 5
Torna alla mente il saggio resoconto di una ricerca effettuata
negli anni cinquanta da Edward Banfield, “Una comunità del
Mezzogiorno” 2. La ricerca è stata condotta per circa due anni in un
paesino della valle del Sinni, Chiaromonte, che il politologo americano
rinomina Montegrano per motivazioni che, ai nostri giorni, avremmo
potuto definire problemi di privacy. Banfield non descrive lo stesso
stereotipo del lucano che, in quegli anni, doveva essere ancora più
diffuso, eppure dalle sue pagine traspare in modo evidentissimo
quell’omino anziano curvo sotto il peso della fascina, che s’accinge a
percorrere la strada, sempre in salita, per tornare al proprio tugurio.
La finalità di questo lavoro non è proporre un’ennesima ricerca
sul saggio del ricercatore americano, ma solo sottolineare che è insita
in questa immagine l’idea preconcetta che sorregge questo percorso di
ricerca. Sessant’anni dopo, quell’omino piegato dal peso della fascina
percorre ancora le ripide strade dei paesi della Lucania?
Evidentemente questa immagine è una metafora per ricercare
elementi di sviluppo in questa terra. Lo sviluppo del territorio è forse il
concetto polisemico per antonomasia, che affonda radici in molte
scienze.
Senza
ripercorrere
le
tappe
della
vasta
letteratura
sull’argomento, verranno proposte, nel prosieguo, alcune precisazioni
di ordine semantico e, ancor di più, delle annotazioni descrittive e delle
considerazioni interpretative.
Questo lavoro di analisi ha, però, anche la pretesa di poter essere
definito “politico” nell’accezione weberiana riferito cioè, “alla direzione o
all’influenza esercitata sulla direzione di un gruppo politico…” 3. Per
Weber il gruppo politico non può essere definito in base al contenuto
del suo agire: “non vi è nessun compito che un gruppo politico non
2
EDWARD C. BANFIELD, Una comunità del Mezzogiorno, IL MULINO, Bologna, 1967.
MAX WEBER, La scienza coma professione. La politica come professione, OSCAR MONDADORI
EDITORE S.P.A., Milano, 2006, p. 52.
3
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 6
abbia una volta o l’altra intrapreso” 4.
Se non v’è alcuna limitazione ai compiti di un gruppo politico, a
qualunque scala venga considerato, nazionale, regionale o locale,
allora nel discorso politico possiamo iscrivere a pieno titolo il governo
del territorio ed il governo dell’economia che ivi svolge. Per ora è meglio
tralasciare di affrontare le paludi semantiche delle espressioni
“governo del territorio” e “governo dell’economia”, perché saranno
riprese nel prosieguo delle argomentazioni di questo lavoro di analisi.
Infine è opportuno dedicare un pensiero a tutti coloro che
storcono il naso a questa impostazione della ricerca analitica. Questa
potrebbe essere la prevedibile domanda: è corretto che un percorso di
ricerca venga sorretto da un’idea fortemente caratterizzata da un quid
emotivo più che razionale?
Riteniamo di si. Ma v’è di più. Riteniamo che alzare eccessivi steccati
non sia mai produttivo. Questo è razionale e questo è emotivo: chi può
dirlo con assoluta certezza della separazione del campo? Razionalità ed
emotività
spesso
si
fondono
e
generano
idee,
atteggiamenti,
comportamenti. Provate a pensare al viaggio di Cristoforo Colombo alla
ricerca delle Indie 5. Potremmo dire che il genovese ha posto la
razionalità al servizio della sua emotività: ha organizzato un viaggio
falsificando i dati pur di dimostrare di aver ragione e, alla fine, la
scoperta è arrivata; nel suo caso, non quella sorretta dall’idea
preconcetta individuata all’inizio del suo viaggio, ma un’altra, nuova e
forse ancora più interessante per i geografi di allora e per il mondo di
oggi. E chi può dire quanto un’idea sia emotivamente razionale o
razionalmente emotiva? E chi può dire dove approderà un percorso di
ricerca all’inizio del viaggio?
Nemmeno in matematica, la più astratta e deduttiva delle
4
5
Op. cit., p. 52.
R. CARLI, R.M. PANICCIA, Psicologia della formazione, IL MULINO, Bologna, 1999, pp. 121, 122 e 123.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 7
scienze, è possibile affermarlo con certezza. Euclide ne è la prova: il
suo quinto postulato è stato negato proprio da chi ricercava per
confermarlo 6.
6
BRUNO WIDMAR, Introduzione alla filosofia della scienza, LEVANTE EDITORE, Bari, 1993, pag. 155. “Il
terzo periodo della geometria, cioè il moderno, si fa iniziare con Giovanni Girolamo Saccheri (1667-1773) il
quale tentò di dimostrare il V postulato di Euclide… Saccheri non riesce a conseguire il risultato propostosi
perché manca la dimostrazione, e costituisce invece una serie di teoremi logicamente connessi, ma tutti derivanti
da presupposto fondamentale della negazione del postulato euclideo; in tal modo egli ottiene un trattato di
geometria non-euclidea…”
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 8
Introduzione
Nell’ottobre del 2013 si è svolto a Potenza un convegno nel quale
la giornalista Carmen Lasorella intervistava il presidente del CENSIS
Giuseppe De Rita 7. Eravamo alla vigilia delle elezioni regionali in
Basilicata, per cui la prima fila della sala era appannaggio di tutti i
candidati. Nel corso dell’intervista, la giornalista pone una domanda
alquanto irriverente per il parterre e chiede: “questa classe politica sarà
capace di risvegliare l’identità dei lucani, caratterizzata da un perenne
sentimento di rimpianto, dopo oltre un cinquantennio di occasioni
mancate?”. La risposta di De Rita è chiara: “è la collettività che ripone
male la fiducia per il proprio futuro - dice il sociologo - perché continua
a chiedere alla politica qualcosa che non ha mai saputo fare. Per lo
sviluppo del mezzogiorno, negli ultimi cinquant’anni la politica ha
saputo dare solo due risposte: finanziamenti ordinari e straordinari per
la realizzazione di infrastrutture, spesso inutili, e clientelismo”.
Tornano in mente le illuminanti pagine di Franco Cassano nelle
quali stigmatizza l’operato della segreteria Fanfani della Democrazia
Cristiana: “…una nuova e molto più complessa struttura del potere, ad
un nuovo blocco sociale organizzato intorno ad una regolazione politica
della distribuzione delle risorse” 8.
Evidentemente non è questa la sede per approfondite analisi
sulla questione meridionale, tuttavia alcuni leitmotiv che hanno
dominato
il
dibattito
politico
sul
mezzogiorno
per
oltre
un
cinquantennio continuano a persistere, perlomeno per gli aspetti di
dipendenza dalla politica che ha caratterizzato buona parte degli
atteggiamenti e dei comportamenti dell’imprenditoria del mezzogiorno.
7
Convegno organizzato dalla UIL Basilicata il 29 ottobre 2013, presso il Teatro Don Bosco di Potenza.
Resoconto giornalistico su “Il quotidiano della Basilicata” di mercoledì 30 ottobre 2013, pp. 8 e 9.
8
FRANCO CASSANO, Il teorema democristiano: la mediazione della DC nella società e nel sistema politico
italiani, DE DONATO, Bari, 1979, p. 53.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 9
La domanda, evidentemente retorica, è: perché continuiamo a
chiedere alla politica qualcosa che non sa o non vuole fare? Forse
riponiamo troppa fiducia nell’imperativo weberiano e continuiamo a
pensare che non v’è campo precluso all’intervento politico.
Il Servizio Attività Produttive di un Comune è un osservatorio di
notevole privilegio per un’analisi sulle politiche di sviluppo locale e
sull’attività
di
programmazione
economica
dell’Ente
Locale.
Certamente il privilegio c’è, ma a condizione di possedere un adeguato
repertorio di strumenti cognitivi che favoriscano una lettura del
contesto che vada oltre il contingente della disposizione normativa ed
oltre la “spinta politica” per un determinato intervento.
Questo lavoro di analisi si occupa di politiche per lo sviluppo del
territorio e, in modo particolare, della programmazione di quel
particolare
settore
economico
costituito
dalla
distribuzione
commerciale. Prima di intraprendere questa navigazione metaforica nel
mare magnum delle politiche di sviluppo economico degli Enti Locali ed
al fine di avere dei riferimenti di significato condiviso, è opportuno
districare l’ingarbugliata matassa semantica del lessico e delle
espressioni che saranno utilizzate. Occorre, inoltre, definire alcuni
aspetti che possano rappresentare le pietre miliari dell’intero percorso
di costruzione di questa analisi.
Innanzitutto è bene precisare la caratteristica saliente di questo
lavoro, giacché di territorio e di sviluppo si può parlarne seguendo
innumerevoli profili scientifici.
Già solo la denominazione del
documento, o il concetto stesso di programmazione, meriterebbero
un’ampia analisi per carpirne il senso.
Inoltre, questo lavoro offre l’opportunità di inseguire quell’idea
preconcetta di cui si è detto in premessa: verificare se ancora persiste
quell’idea della Lucania stigmatizzata nell’immagine dell’anziano omino
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 10
curvo sotto il peso della fascina di legna, ovvero, se vogliamo dirlo con
un’espressione un po’ più politica, se continua a persistere l’incapacità
della classe politica lucana di governare oltre il sistema distributivo
delle risorse, per altro sempre più scarse e generalmente destinate ad
opere pubbliche di indubbia utilità ed oltre il sistema di acquisizione
clientelare del consenso, che, come è evidente, rappresentano le due
facce della stessa medaglia.
Un’ulteriore pietra miliare di questa lavoro è costituita dallo
specificare quello che potremmo definire l’approccio disciplinare al
tema, ovvero la lente scientifica attraverso la quale osservare,
analizzare ed argomentare l’intera tematica della ricerca. Si parlerà di
sviluppo, si parlerà di territorio, di comunità locale e di partecipazione,
si parlerà perfino di partecipazione alle decisioni di governo, e si
cercherà di farlo secondo un approccio multidisciplinare.
Ai fini di questo lavoro occorre specificare il modus operandi della
ricerca multidisciplinare. Viene proposta, infatti, una “ricerca che
assume un ruolo centrale nella capacità della comunità di prendere le
distanze dalle precedenti posizioni di ignoranza, di assumere differenti
punti di vista e, infine, di contribuire a cambiare il mondo sociale…” 9.
Questo modo di affrontare la ricerca prevede “l’uso del sapere
specialistico per promuovere il dibattito in e con ambienti non
accademici” 10, proponendo una riflessione che coinvolga gruppi e
comunità. Dunque, un primo aspetto consiste proprio nell’esplicitare
che
la
metodologia
che
sarà
utilizzata
per
approdare
alla
programmazione di cui trattiamo può essere iscritta a pieno titolo nel
concetto habermasiano di democrazia deliberativa, secondo il quale “i
cittadini possono considerare legittime le leggi a cui devono sottostare
9
P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010, p. 260.
Cfr. Michael Burawoy in P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL
MULINO, Bologna, 2010, p. 258.
10
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 11
se,
e
solo
se,
il
processo
democratico
ha
seguito
procedure
organizzative tali che i suoi esiti siano il prodotto di un processo
deliberativo di formazione dell’opinione e della volontà” 11. E’ un
percorso metodologico, quindi, che non si limita alla democrazia
rappresentativa e non accetta più provvedimenti predisposti senza un
“dibattito aperto con la partecipazione degli individui interessati” 12. Il
riferimento esplicito è al concetto di razionalità comunicativa di
Habermas,
invocato
istituzionalizzazione
partecipazione
soprattutto
di
degli
nell’accezione
procedure
di
stakeholders.
dibattito
Il
metodologica
pubblico
concetto
di
con
di
la
razionalità
comunicativa ne invoca subito un altro, quello di competenza
comunicativa. Quest’ultima garantisce, o dovrebbe garantire, che i
partecipanti al dibattito pubblico abbiano la capacità di prendere parte
alla discussione in maniera efficace.
La
difficoltà
comunicativa
scaturisce
proprio
da
questa
impostazione del percorso e potrebbe essere spiegata con una
considerazione.
In questi
ultimi
decenni la
new television
ha
notevolmente contribuito a cambiare il rapporto tra il sapere esperto e
il senso comune, molto più a favore del secondo. In molte trasmissioni
televisive persone comuni dissertano su temi di carattere sociologico,
psicologico, pedagogico e, ovviamente, politico. Le considerazioni
dell’esperto sono presentate sullo stesso piano di quelle delle persone
comuni. Ciò che conta è l’audience e ne raggiunge certamente di più
un programma in cui l’identificazione e la proiezione dello spettatore
sono
maggiormente
facilitate
poiché
stimolate
dalla
completa
sovrapposizione della figura di questo con quella dell’interprete 13. E’ il
meccanismo su cui si fonda il successo dei cosiddetti reality: lo
11
Cfr. Jürgen Habermas in P. BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL
MULINO, Bologna, 2010, p. 202.
12
Op. cit. p. 195.
13
PICCINNI MARCO, Percorsi educativi e neotelevisione, PENSA MULTIMEDIA, Lecce, 2002, pp. 22, 23.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 12
spettatore è proiettato e si identifica in contesti televisivi molto vicini a
quelli quotidiani. Con questi presupposti, tutte le opinioni sono
legittime e tutte assurgono a verità scientifiche. Questo meccanismo
ha talmente pervaso la nostra cultura che, senza rendercene conto, lo
applichiamo a diversi aspetti del nostro quotidiano e, in modo
massiccio, a tutti gli ambiti di natura sociale. A nessuno di noi
verrebbe in mente di discutere di calcoli statici di un palazzo, a meno
di non essere ingegneri, ma in molti dissertano in pubblico su temi
specificatamente
ascrivibili
alla
psicologia,
alla
sociologia,
all’antropologia, alla politica, ecc. E’ il destino delle scienze storiche
sociali, per secoli nemmeno considerate scienze vere e proprie ed ora,
complice il pervasivo mezzo televisivo e internet, sono trattate alle
stessa stregua del senso comune. Nel percorso di programmazione
delle politiche di sviluppo locale spesso si incapperà in opinioni
spacciate per postulati scientifici e in sapere cosiddetto esperto che
non riesce a dialogare con la quotidianità della gente. Si dovrà fare
molta attenzione e soprattutto provare, di volta in volta, a smascherare
i falsi assiomi ed a coadiuvare il sapere contestuale con quello esperto.
Precedentemente abbiamo avanzato l’ambizioso proponimento di
fare chiarezza semantica del lessico e delle espressioni che di sovente
saranno utilizzate in questa ricerca. Non v’è dubbio che l’ambizione
rimarrà tale e ci limiteremo, invece, a fissare dei significati che
presentino due caratteristiche principali. La prima consiste nel dare
senso e significato al lessico utilizzato, soprattutto per quei termini
usati sia nel dibattito scientifico che nelle espressioni comuni. La
seconda attiene, invece, alla condivisione delle definizioni. Avendo
optato per un percorso di programmazione in un alveo di democrazia
deliberativa, non può essere trascurata la condivisione dei significati
dei
termini
e
delle
espressioni
Programmazione attività commerciale: relazione
e,
quindi,
dei
concetti
che
Pagina | 13
sottointendono.
I termini di cui cercheremo di scrutare il significato sono:
programmazione, pianificazione, sviluppo, territorio, comunità locale,
partecipazione, fini e strategie. Evidentemente non è nostra intenzione
compilare un glossario di vocaboli bisognosi di spiegazione, tuttavia ci
è
sembrato
opportuno
e
perfino
necessario
nell’economia
argomentativa di questo lavoro, fissare un minimo condiviso in merito
alla semantica di alcuni enunciati.
Nella conclusione di queste note introduttive affronteremo il tema
di contornare i confini dell’attività che ci sono proposti: redigere un
documento
politico
che
sia
da
supporto
al
percorso
di
“programmazione” 14 della rete distributiva commerciale.
Iniziamo questo breve discernimento semantico con due, tra le
unità lessicali sopra annotate, che molto spesso sono utilizzate come
sinonimi: programmazione e pianificazione. I due termini sono utilizzati
in molteplici campi: dall’urbanistica all’economia, dalla psicologia alla
didattica, dalla teoria delle organizzazioni alla demografia, e così via.
Benché nel parlare comune i due termini sono utilizzati in modo
indistinto, in ognuna delle scienze o discipline sopra elencate hanno
una valenza affatto sovrapponibile. Senza voler attribuirgli alcuna
maggiore rilevanza, spieghiamo i due termini utilizzando una visione
per lo più ascrivibile alla letteratura socio-economica. Utilizzeremo,
pertanto, il termine programmazione evocando sistemi di tipo liberista,
nei quali sono stabiliti solo i fini e, per altro, in modo negoziale con gli
attori coinvolti, tralasciando deliberatamente le strategie che delineano
il percorso e che nel breve, medio e lungo termine, possono assumere
curvature diverse. Il termine pianificazione lo riserveremo, invece, ad
un sistema di tipo più collettivista, nel quale, oltre a definire i fini,
14
Ho posto volutamente tra virgolette la parola “programmazione” in quanto allo stato, non avendo ancora
specificato i contorni del suo significato, può essere considerata nella sua valenza generica e comune.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 14
vengono fissate le strategie in maniera dettagliata 15. La differenziazione
testé specificata potrebbe essere definita pura, nel senso che esaspera i
concetti per renderli immediatamente comprensibili, ma poi trova
difficili riscontri operativi. Difficilmente si troverà una programmazione
che non riguardi anche una qualche forma di strategia ed una
pianificazione che non consideri i fini in maniera preponderante.
Questa
differenzazione
si
accompagna
spesso
ad
una
difficile
domanda: fino a che punto la politica può coordinare, guidare o
correggere
i
meccanismi
che
governano
i
sistemi
economici?
Considerata nella sua accezione più ampia, questa non è una
domanda, ma la domanda che ci si è posti a partire dalla fine del XIX
secolo a tutt’oggi. Non è certo nostra intenzione addentrarmi in tal
campo, avendo un obiettivo ben più modesto e rintracciabile nel ruolo
dell’Ente
Locale
nella
politica
economica
della
distribuzione
commerciale. In questo specifico e limitato perimetro, tenteremo una
risposta alla precedente domanda e in quest’ambito torneranno utili le
due categorie semantiche dei termini programmazione e pianificazione.
Nel cercare di delimitare la valenza di significato di pianificazione
e programmazione, abbiamo già introdotto altri due dei termini sopra
annotati ed in attesa di essere esaminati sotto il profilo semantico: fini
e strategie. Questi ultimi sono accomunati dalla stessa sorte dei primi,
essendo utilizzati spesso come sinonimi nel linguaggio comune.
Proviamo a distinguerli per utilizzarli in modo più appropriato e per
attribuirgli un significato condiviso. Per fine intendiamo uno stato della
realtà socialmente desiderabile 16. Rientra, per esempio, in questa
definizione lo sviluppo del mercato di un’impresa o di un intero
15
Per un approfondimento del tema della diversificazione dei due termini nella letteratura economica, è
chiarificante l’articolo di Veniero Del Punta dal titolo ”Pianificazione e programmazione”. Visibile sul sito web
http://www.treccani.it/enciclopedia/pianificazione-e-programmazione_%28Enciclopedia_delle_scienze_sociali%
29/. Visita del 27 novembre 2014.
16
R. CARLI e R. M. PANICCIA, Psicologia delle formazione, IL MULINO, Bologna, 1999, p. 139.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 15
comparto economico; rientra anche la salvaguardia dell’ambiente,
piuttosto che il consenso del contesto o il ben vivere di una comunità.
Abbiamo volutamente elencato esempi di concetti sia concreti che
aleatori, proprio per cercare di porre l’accento sulla desiderabilità
sociale dei fini 17. Per strategia intendiamo, invece, le linee guida,
iscritte nel contesto, adatte al raggiungimento dei fini 18. Già da questa
definizione appare evidente il carattere strumentale delle strategie
rispetto ai fini. Ancorché meno evidenti, vi sono due caratteristiche
fondamentali che accomunano fini e strategie nell’accezione che stiamo
dando: la verificabilità e il mandato sociale 19. La prima caratteristica
attiene alla possibilità di accertare la corrispondenza al reale dei fini da
parte di tutti gli attori coinvolti nel processo. Ad esempio, il fine di
interdire al traffico veicolare una strada per garantire una maggior
sicurezza per i pedoni, dovrà essere corroborato dalla possibilità per
tutti gli automobilisti che avrebbero potuto potenzialmente transitare
per quella strada, di accertare che la stessa strada è in un quartiere ad
altissima densità demografica, con tante scuole prospicienti, tanti
negozi aperti, ecc. e non una stradina di campagna pressoché deserta.
La seconda caratteristica, il mandato sociale, deve cercare di legare
saldamente il fine, socialmente desiderabile, alla domanda sociale 20. Ci
rendiamo conto di non aver ancora perimetrato il campo di indagine,
tuttavia crediamo di averlo caratterizzato.
Il successivo temine di cui ci accingiamo a dare un, sia pur
minimo, resoconto semantico è territorio e trarremo le considerazioni
che seguono da una ricerca di Angelo Salento ed altri dal tema “Idee di
sviluppo e semantiche del territorio: un’analisi quali-quantitativa sui
17
Op. cit. p. 139.
Op. cit. p. 139.
19
Op. cit. pp. 139 e 140
20
Op. cit. p. 140.
18
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 16
quotidiani del Salento” 21. Ben quindici sono le diverse accezioni
dell’uso del termine territorio censite nel lavoro della ricerca, relativo
all’analisi del contenuto di cinquecento articoli di quotidiani del
Salento. Il lavoro analitico ha evidenziato l’elevato indice di dispersione
semantica.
Da territorio come sinonimo di ambiente naturale, di
ambiente vissuto, all’accezione local-sviluppista liberista in cui il
territorio è considerato, di volta in volta, contesto dello sviluppo, oppure
soggetto dello sviluppo, da territorio inteso come risorsa per lo sviluppo
a territorio come spazio normato, da territorio come popolazione a
territorio sinonimo di paesaggio, fino a territorio come soggetto
metafisico, sono solo alcune delle denotazioni rintracciate negli articoli
analizzati durante la ricerca. I ricercatori, dopo aver stigmatizzato un
certo deterioramento del termine a causa della dispersione semantica,
annotano tre evidenze che possono tornare utili nell’argomentare di
questo lavoro. La prima evidenza attiene all’uso della parola territorio
inteso come spazio normato. Spesso, tale uso, non è del tutto
appropriato in quanto sostitutivo di lemmi più confacenti alla
circostanza.
Dire
“il territorio comunale
è
ricco di eventi” è,
evidentemente, meno corretto di dire “nel tal Comune si organizzano
molti
eventi”.
La
seconda
evidenza
attiene
ad
un
uso
più
economicistico della parola territorio. In quest’accezione è considerato
una
risorsa
per
lo
sviluppo
e
denota
un
chiaro
intento
di
patrimonializzazione e di valorizzazione economica. La terza evidenza
annotata nella ricerca riguarda un’accezione puramente evocativa.
Quest’uso della parola territorio appartiene per lo più al ceto politico ed
è sinonimo di popolazione, di complesso delle istituzioni locali o, a volte,
anche di un’entità astratta, quasi un soggetto metafisico, un locale
21
La ricerca è stata condotta da A. Salento, M. Barone, V. Fanelli, V. Fatone, P. Marsano e L. Trani, presentata
al XXIV Convegno annuale di Sinergie, “Il territorio come giacimento di vitalità per l’Impresa”, 18 e 19 ottobre
2012 – Università del Salento, Lecce. Il report della ricerca è visibile sul sito web: http://www.
sinergiejournal.it/rivista/index.php/XXIV/ article/view/693/47. Visita del 29 novembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 17
spirito di un popolo chiamato a rendere giustificabili le decisioni dei
governi locali. La ricerca si conclude con una constatazione ed
un’annotazione di ordine normativo. La constatazione attiene alla
rilevanza, sempre maggiore nei momenti di contrazione economica, di
fenomeni di deistituzionalizzazione e depoliticizzazione dell’economia
con il conseguente uso esasperato del territorio come risorsa da
valorizzare e monetizzare nel breve termine, ad esclusivo interesse dei
soggetti economici più forti o, alcune volte, più in crisi, a discapito di
ogni
altra
esigenza
della
collettività.
L’annotazione,
di
ordine
normativo, è ascrivibile ad un percorso di coerenza. Nessun processo
di sviluppo è precostituito e migliore di altri per definizione; è frutto di
un percorso che continua a chiedere riflessività e decisione. Ciò che
conta non è il voler seguire per forza una certa direzione dello sviluppo,
bensì la “congruenza fra le decisioni che si assumono e le loro
premesse: unica garanzia possibile di trasparenza e di correttezza del
processo deliberativo” 22. Cosa se ne ricava da queste considerazione
sull’utilizzo troppo esteso nel significato della parola territorio?
Crediamo che per questa parola una reductio ad unum sia impresa
troppo ardua e potenzialmente infruttuosa. E’ il caso di mantenere la
polisemia cercando, però, di trasformarla in ricchezza attraverso
un’opera di destrutturazione consensualmente deliberata da tutti gli
attori sociali coinvolti nei processi di governance.
Non meno polisemico è il termine comunità, ancora di più quando
viene specificato dall’aggettivo locale. Ancora una volta sembra che una
reductio ad unum sia ardua e dannosa, poiché fa perdere tutta la
ricchezza analitica espressa nella letteratura sull’argomento. Ci è
sembrato interessante annotare solo l’importanza che la comunità
assume, quasi come un ritorno, un desiderio maggiore di comunità,
22
Ricerca citata, p. 74.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 18
una necessità di stabilire confini e separazioni certi, proprio nei
momenti di profondo cambiamento, quando entrano in crisi gli
equilibri e le certezze precedentemente acquisiti 23. Questa seconda
decade del terzo millennio è certamente un periodo di profondi
cambiamenti, allora è hic et nunc che vanno ri-concordati i confini
semantici del costrutto comunità locale. In quest’ottica, per comunità
locale intenderemo il locus dei “processi di partecipazione e di sviluppo
di organizzazioni sociali stanziate sul territorio: la retorica e l’ideologia
del comunitarismo non ne fanno parte”24.
Intrinseco
al
concetto
comunità
di
locale
è
quello
di
partecipazione ed il loro nesso attiene sia al piano soggettivo che a
quello oggettivo 25. Il piano soggettivo evidenzia la difficoltà di
costruzione
del
senso
di
comunità
senza
coinvolgimento
-
partecipazione appunto - di tutte le sue componenti. Il piano oggettivo
esprime proprio la governance del territorio: sistema sociale regolato da
norme per la partecipazione alle decisioni pubbliche e per l’interazione
delle istituzioni 26. Coinvolgimento e regole, quindi, rappresentano il
substrato di una partecipazione che potremmo definire forte proprio
da quella debole, che si riduce ad un semplice
per distinguerla
aggregarsi spontaneo in forme affiliative. Una partecipazione forte è
costituita dal “coinvolgimento dei cittadini nelle politiche pubbliche, su
questioni,
piani
o
interventi
evidentemente,
una
maggiore
deliberativa
far
a
da
di
interesse
istanza
contrappeso
di
alla
locale 27”.
democrazia
crisi
della
Esprime,
diretta
e
democrazia
rappresentativa. Un’accezione della parola partecipazione che va oltre
la
denuncia,
esplicita
la
propria
domanda
ed
approda
alla
23
Z. BAUMANN (2000) in MANNARINI TERRI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano,
2004, p. 32.
24
MANNARINI TERRI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004, p. 33.
25
Op. cit. p. 34.
26
Op. cit. p. 35.
27
Op. cit. p. 38.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 19
collaborazione tra tutti gli attori sociali 28.
Tra il lessico di cui abbiamo fin’ora cercato di esplicitare il
significato, la parola sviluppo è certamente quella più connotata
ideologicamente. L’idea di sviluppo è connaturata a quella di crescita
del tipo “cumulativo-evolutivo fondata sul continuo avanzamento della
capacità produttiva” 29. Ogni diversità di sviluppo tra un territorio ed
un altro, tra una nazione ed un’altra, è percepita come mancanza da
colmare. Questa sensazione di essere deficitari rispetto ad altro e la
conseguente necessità di dover colmare questo divario è divenuta nel
tempo una forma mentis che ha consustanziato il significato della
parola sviluppo. Si è dovuto attendere la fine degli anni settanta per
vedere scricchiolare la fondatezza dell’idea di sviluppo basato solo su
percorsi di crescita economica. E’ l’epoca in cui v’è una sorta di
rinuncia alle grandi teorie e l’attenzione è focalizzata sull’esperienza di
quei percorsi di crescita fondati
disponibili in ciascun
sulla valorizzazione delle risorse
luogo ed in ciascun tempo 30. L’esperienza di
Muhammad Yunus con la Grameen Bank, la concezione umanistica
dei bisogni di Amartya Sen, l’approccio dell’etnosviluppo con il focus
fissato sulla collettività e non più sull’individuo, hanno segnato un
passo decisivo per il superamento dell’idea di sviluppo intesa come
crescita economica continua. A partire dagli anni Novanta una
sostanziale critica è stata rivolta non solo a questa idea, ma anche a
quella più radicale di sviluppo inteso come occidentalizzazione del
mondo; a quell’idea, cioè, che per decenni ha tentato di uniformare
l’intero pianeta al sistema economico occidentale. La conseguenza di
queste critiche è una nuova concezione dello sviluppo: l’abbandono
dell’illusoria pretesa di realizzare una compatibilità fra sviluppo ed
28
Op. cit. p. 41
SALENTO ANGELO, PESARE GIUSEPPE, a cura di, Dispensa per il corso di “Analisi sociologica dei
processi di sviluppo”, Università del Salento, a.a. 2012/2013, p. 2.
30
Op. cit. p. 9.
29
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 20
ambiente e fra sviluppo e legame sociale. Occorre una vera e propria
“rifondazione dei presupposti culturali su cui si fonda la convivenza
civile, una concezione dello spazio sociale ed economico nel quale lo
sviluppo delle persone e della collettività
crescita
economica,
ossia
alla
non si lega affatto alla
dimensione
produttiva,
ma
alla
dimensione della riflessione e della convivialità” 31. E’ l’appello alla
decrescita di Serge Latouche: riduzione complessiva delle quantità
fisiche
prodotte
trasformazione
e
delle
radicale
risorse
della
impiegate,
struttura
ma
soprattutto
socio-economico-politica
occidentale. Da questa impostazione scaturisce il vero problema da
affrontare in questo lavoro in merito al significato del lemma sviluppo,
che possiamo inscrivere in una domanda: come è possibile pensare a
nuove strutture sociali improntate su un’idea di sviluppo non
sostanziata dalla crescita economico-produttiva, se proprio le politiche
dello sviluppo sono un terreno alquanto sdrucciolevole per i policy
makers locali e una sconfinata rigogliosa prateria per l’opportunismo
di attori economici mossi solo da una rapida capitalizzazione delle
risorse ambientali, paesaggistiche e umane, in un’ottica propriamente
di continua crescita? Rispondere con completezza a questa domanda
meriterebbe un intero saggio che, evidentemente, esula dalle nostre
possibilità; in questa sede ci limitiamo ad annotare che sono proprio
questi aspetti della semantica del termine sviluppo ad avere maggior
valenza nel prosieguo di questo lavoro.
In precedenza è stata specificata la lente scientifica con la quale
sarà osservata la tematica oggetto di questa analisi, cercando di
connotarne le caratteristiche salienti. Chiarito come osservare, rimane
da definire cosa osservare e quali potrebbero essere i contorni di
questo oggetto sociale da osservare. Come appare del tutto evidente,
31
Op. cit. p. 13.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 21
tutte le attività umane possono essere contenute nel tema “politiche di
sviluppo del territorio”, poiché ognuna di queste attività ha una
ricaduta sul territorio stesso e rientra a pieno titolo nell’alveo della
sfera politica. Occorre, quindi, eliminare l’indeterminatezza dei confini
tematici individuando i capitoli del tema sui quali focalizzare
l’attenzione, pur nella consapevolezza che la trattazione rimarrà in un
contesto di notevole complessità dovuta proprio alla necessità di dover
affrontare, nell’insieme, le innumerevoli problematiche indotte dalle
attività umane nel loro insediarsi sul territorio e quest’ultimo aspetto,
come si è visto innanzi, aggiunge ulteriore complessità.
Nel primo Capitolo verrà dato uno sguardo, con un piglio più
teorico, alle politiche di sviluppo del territorio. Evidentemente, proprio
per l’oggetto del lavoro di analisi, è più corretto parlare di teoria della
prassi. Verrà focalizzata la cultura dello sviluppo che ispira l’azione
politico-amministrativa del governo locale, improntata alla crescita
economico-produttiva. Il modello keynesiano costituisce l’inconsapevole riferimento delle politiche locali, soprattutto per le massicce
dosi di spesa pubblica richiesta per la realizzazione di opere ed
infrastrutture la cui utilità sociale ed economica è, spesso, alquanto
aleatoria.
Si proverà, successivamente, a disambiguare la parola sviluppo
privandola del connotato della crescita. Questo ci permetterà di
focalizzare un nuovo paradigma che fonda lo sviluppo sull’identità di
ogni comunità locale, sul carattere dominante dei suoi abitanti, sulla
cultura e sulla storia comune e, soprattutto, sul territorio e le sue
peculiarità, senza alcuna pretesa di patrimonializzare il suo valore.
In questo nuovo paradigma il sostantivo sviluppo si accompagna
con l’aggettivo locale ed il territorio diviene il prodotto della relazione
tra ambiente naturale ed ambiente sociale. Un territorio non isolato
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 22
ma connesso in rete orizzontale e cooperativa con altri sistemi locali.
L’approccio
teorico
al
quale
si
farà
riferimento
è
quello
territorialista, che vede in Alberto Magnaghi il più convinto sostenitore
e promulgatore.
Uno sviluppo non sostanziato dalla crescita costituisce la
declinazione territorialista della sostenibilità. Diviene autosostenibile
poiché le dimensioni economica, sociale, politica, ambientale e
territoriale costituiscono le basi interne del sistema locale.
La coscienza di luogo sostiene la capacità di lettura della
complessità che caratterizza un territorio e costituisce un elemento
imprescindibile del progetto di sviluppo locale. Saperi esperti e saperi
contestuali vengono coniugati per acquisire ulteriore capacità di
reinterpretare nuove forme di produzione e consumo fondate sulla
convivialità, sulla solidarietà e sull’autosostenibilità. La comunità
locale diviene il fulcro di questo paradigma dello sviluppo capace di
invertire la rotta della globalizzazione partendo dal basso. Diviene,
altresì, soggetto ed oggetto dello sviluppo locale ed esprime continui
bisogni
di
partecipazione.
Si
impone
un’urgente
necessità
di
trasformare radicalmente la struttura organizzativa degli Enti Locali
per sostituire la logica della visione settoriale con quella fondata sul
tema della partecipazione, quale nuovo modello di governo del
territorio.
Nel secondo Capitolo, restringendo il campo di osservazione,
saranno affrontati i temi più specifici della pianificazione territoriale e
della
programmazione
L’elaborazione
di
della
quest’ultimo
rete
distributiva
documento
non
può
commerciale.
prescindere
dall’approfondimento di tematiche complesse che incidono sulla
percezione della coscienza di luogo da parte degli stessi abitanti. V’è,
comunque, una difficoltà relazionale tra i due ambiti, quello della
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 23
pianificazione territoriale e quello della programmazione commerciale,
che hanno, comunque, la pretesa di esplicitarsi in un connubio. La
difficoltà attiene prevalentemente alla diversità degli interessi pubblici
tutelati nei due processi. Anche la giurisprudenza ha contribuito a
complicare ulteriormente questa relazione attribuendo prerogative di
supremazia prima all’una e poi all’altro, nonostante la ratio legis
evidenziasse un rapporto sinergico tra i due ambiti di programmazione
e di pianificazione.
L’analisi
della
relazione
preliminare
alla
proposta
di
Regolamento Urbanistico del Comune ci permetterà di cogliere gli
elementi del necessario connubio tra urbanistica e commercio.
L’argomentare
verterà
sulla
capacità
di
questo
documento
di
focalizzare le vocazione delle varie parti del territorio comunale sulle
quali fondare la programmazione commerciale.
Seguirà, poi, una sorta di ripasso storico attraverso le varie
normative che hanno disciplinato il settore della distribuzione
commerciale, a partire dal ventennio di regime fascista e fino ai nostri
giorni con il manifesto della cosiddetta liberalizzazione della “Riforma
Bersani”.
Per
definire
il
nuovo
paradigma
della
programmazione
commerciale saranno ripresi i concetti, trattati nel Capitolo precedente,
di sviluppo locale autosostenibile e coscienza di luogo. Ascrivibile allo
stesso paradigma è la rivalutazione della dimensione partecipativa
della comunità locale. V’è, inoltre, una chiara critica al modello
classico di sviluppo.
Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione commerciale
sono gli argomenti conclusivi del Capitolo e si fondano su due
tematiche prevalenti: la prima riguarda l’individuazione della Regione e
del Comune quali livelli ottimali della programmazione, mentre la
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 24
seconda attiene alla consapevolezza della sostanziale diversità dei
territori sui quali sviluppare processi di programmazione.
Nel terzo Capitolo, lo sguardo analitico sarà focalizzato sul
Comune di Pisticci, sul suo territorio, sulla caratteristiche della
struttura demografica, sulla sua economia e sulle aree limitrofe che
possano risultare più significative sotto il profilo della distribuzione di
beni e servizi commerciali.
Nella parte introduttiva del Capitolo verranno esplicitate alcune
note inerenti il rilievo e l’utilizzo dell’abbondante mole di dati
quantitativi. In particolare, si cercherà di carpire il vero senso
previsionale.
Una prima parte del Capitolo è dedicata alle origini, alla storia ed
al territorio di Pisticci, mentre nella parte centrale, e più cospicua,
verranno analizzate le dinamiche e la struttura demografica del
Comune. La presenza turistica, misurata sia dalle tavole ufficiali
dell’Azienda
di
Promozione
Turistica,
che
con
un
metodo
di
osservazione denominato garbology, costituisce il giusto compendio per
la definizione della popolazione presente sul territorio comunale.
Imprese,
occupazione
e
valore
indicatori economici del territorio
aggiunto
comunale
e
costituiscono
gli
saranno rilevati
attraverso analisi secondarie di dati forniti da Istituti od Enti
specializzati in tali genere di ricerche. I dati saranno maggiormente
attinti a pubblicazioni di UnionCamere di Basilicata e dell’Osservatorio
Banche – Imprese di Economia e Finanza.
L’ultima parte del Capitolo è finalizzata ad individuare i cosiddetti
bacini d’utenza nei quali la distribuzione di beni e servizi commerciali
può
potenzialmente
manifestare
fenomeni
gravitazionali.
L’individuazione di queste aree verrà effettuata utilizzando il metodo
delle isocrone.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 25
Il quarto Capitolo darà conto dell’analisi della rete distributiva di
beni e servizi commerciali localizzata sul territorio di Pisticci. In una
prima parte, più tecnico-amministrativa, verranno definite le categorie
distintive di questo settore economico.
L’analisi delle rete distributiva su aree private verterà su aspetti
quantitativi
e
qualitativi
per
definirne
l’assetto
strutturale
in
riferimento sia alla tipologia ed alle caratteristiche delle Imprese del
settore, sia alle sub-classi dimensionali ed alle caratteristiche delle
Unità Locali. Infine saranno rilevati i fenomeni di addensamento che
costituiscono
un
aspetto
di
notevole
interesse
anche
per
la
pianificazione urbanistica.
L’analisi del commercio su aree pubbliche concluderà il Capitolo.
Dapprima saranno esaminati alcune variabili inerenti la tipologia delle
Imprese dedite al commercio ambulante, mentre successivamente
l’analisi sarà focalizzata sulla struttura dei mercati comunali. Questi
ultimi saranno oggetto anche di una specifica inchiesta a mezzo di un
questionario. L’obiettivo rilevante dell’inchiesta è la definizione del
profilo dell’acquirente tipo e dell’operatore tipo per i mercati di Pisticci
e di Marconia. I dati che saranno forniti dalle risposte al questionario
ci permetteranno di isolare alcuni atteggiamenti per definire uno
spazio culturale nel quale inscrivere i modelli di comportamento degli
stessi acquirenti ed operatori. Tale spazio culturale sarà oggetto di una
rappresentazione grafica al fine di valutare la sovrapponibilità o le
divergenze di comportamento che sarà rilevato nei due mercati.
Nel quinto ed ultimo Capitolo saranno proposti gli strumenti ed il
percorso di programmazione. In quest’ultimo saranno indicate le linee
di sviluppo autosostenibile, alcune proposte di intervento ed un set di
criteri per definire la regolamentazione del settore.
La definizione degli obiettivi costituisce il cuore del documento di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 26
programmazione e quello che emergerà in questo lavoro ne costituisce
una proposta progettuale in fieri, suscettibile di modifiche, integrazioni
e riscritture che, pur non provocate da sue carenze, sono dettate da
visioni diversificate che emergeranno nella fase concertata, da
modificazioni del contesto, da interventi di eventi con esplicite ricadute
sul territorio, da una diversa definizione di coscienza di luogo e da
tutto quanto possa rimodulare il mandato sociale ottenuto dalla
Pubblica Amministrazione per soddisfare bisogni, anch’essi di natura
sociale. V’è, però, una caratteristica alla quale il documento di
programmazione non dovrà mai derogare: la congruenza tra i percorsi
suggeriti e le loro premesse 32.
E’ del tutto evidente che il documento di programmazione che
viene proposto ha una valenza specificatamente politica e si fonda su
tre assunti che, si spera, saranno dimostrati nelle pagine che seguono:
• nel concetto di programmazione v’è insita l’idea di processo e non
quella di uno stato;
• la programmazione non ha nulla di deterministico, ma è iscritta
nello spazio culturale dei protagonisti;
• la
programmazione
non
è
un
processo
governato
unilateralmente, bensì un continuo processo di negoziazione.
32
Cfr. nota 27.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 27
Capitolo 1°
Politiche di sviluppo del territorio
Modelli di sviluppo
Nessuna Pubblica Amministrazione è insensibile allo sviluppo e
non c’è programma politico-amministrativo che non ridondi della
parola sviluppo. Parrebbe che lo sviluppo sia il fine ultimo di ogni
azione del governo locale. Ma di quale modello di sviluppo sono
sostanziati
i
documenti
di
programmazione
della
Pubblica
Amministrazione locale? Ancora di più, quale cultura di sviluppo
orienta l’attività dei pubblici amministratori locali?
Le
relazioni
politico-programmatiche
rappresentano
una
documentazione illuminante: dallo sviluppo del territorio allo sviluppo
dell’economia,
dallo
sviluppo
dell’occupazione
a
quello
delle
infrastrutture, finanche allo sviluppo edilizio ed a quello dei consumi.
Traspare, quindi, in tutta evidenza che la Pubblica Amministrazione
locale abbia una cultura dello sviluppo consustanziata alla cultura
della crescita economico-produttiva. Ad ogni annotazione di sviluppo fa
corrispondere una voce di spesa pubblica, ovvero una voce di
finanziamento pubblico per trasferimenti da Enti di ordine superiore. Il
mito delle opere pubbliche continua a predominare la scena della
politica locale: strade, piste ciclabili, impianti sportivi, reti idriche e
fognarie connotano e spesso esauriscono l’azione amministrativa. Non
è in discussione l’utilità e l’indifferibilità di queste opere, rimane altro,
e tutto da definire, il loro apporto allo sviluppo.
Se l’intervento pubblico è quasi del tutto focalizzato sulle
infrastrutture, l’idea di sviluppo a mezzo del capitale privato è
appannaggio
della
grande
industria.
Programmazione attività commerciale: relazione
Va
subito
annotata
una
Pagina | 28
circostanza spesso trascurata dalle Amministrazioni locali: il capitale
utilizzato dalla grande industria è solo in parte privato, per l’altra
parte, spesso cospicua, è frutto di finanziamenti o di agevolazioni
pubbliche in molteplici forme: incentivi all’insediamento, accordi
salariali, meccanismo della rottamazione, ecc. Eppure non v’è sindaco
che non farebbe ponti d’oro alla localizzazione di uno stabilimento
industriale sul proprio territorio, anche nel settore produttivo più
avulso dalla cultura locale, salvo poi accorgersi di non aver nessun
potere contrattuale quando quello stesso stabilimento, esauriti i
finanziamenti pubblici, delocalizza in altri più vantaggiosi territori.
Il modello di sviluppo dei governi locali fa riferimento a quello
che, pur con notevole semplificazione, ma con il precipuo intento di
evidenziarne la categoria analitica, potremmo chiamare keynesiano.
Questo modello, semplificato e forse un po’ snaturato per renderlo
comprensibile ed utilizzabile dalla politica locale, potremmo spiegarlo
con l’esempio dell’opera pubblica di costruzione di una strada 33. Il
governo di un certo Stato decide di costruire una nuova strada e
finanzia l’intervento contraendo un debito pubblico. Appalta i lavori e
l’impresa esecutrice assume un certo numero di operai che lavorano
alla realizzazione dell’opera. Gli operai che lavorano alla costruzione
della strada ricevono un salario del quale una parte gli serve per vivere
ed un’altra finisce nel risparmio. Con il risparmio questi operai
comprano un’autovettura che una fabbrica, apposta realizzata, ha
prodotto. L’autovettura la comprano anche gli operai della stessa
fabbrica automobilistica, con i risparmi del salario ricevuto. Tutti gli
operai, sia quelli dell’impresa edile che realizza la strada, sia quelli
dell’industria automobilistica, pagano le tasse e, quindi, quello Stato
33
L’esempio è ispirato dall’intervento del prof. Giovanni Mazzetti sul tema “La ricetta keynesiana funziona
finché non sopraggiunge la saturazione della domanda”, durante un seminario di approfondimento della crisi
economica del maggio 2009.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 29
che ha contratto un debito pubblico per costruire una nuova strada,
rientra dalla sua esposizione debitoria. Il ciclo è chiuso, lo Stato non
ha più debiti, tutti gli operai e tutti gli imprenditori (quelli dell’impresa
edile e quelli dell’industria automobilistica) hanno guadagnato e
sembra che nessuno abbia rimesso, eppure l’opera pubblica, la strada,
è stata realizzata. Come è possibile?
Non
è
certo
questo
il
lavoro
adatto
a
spiegazioni
ed
argomentazioni di economia politica, ma l’esempio narrato serve
esclusivamente ad evidenziare il paradosso dello sviluppo basato sulla
crescita economico-produttiva. Anche il più convinto keynesiano sa
che questo meccanismo funziona solo in presenza di una domanda
primaria molto alta ed è assolutamente inefficace quando la domanda
è solo di tipo sostitutivo. Se ogni famiglia di operaio ha già una o più
auto, è evidente che l’unica domanda che può esprimere è quella
sostitutiva, per cui nell’industria automobilistica vi sarà un surplus di
produzione invenduta che porterà a licenziamenti. Gli operai licenziati
non pagano più le tasse e quello Stato non rientra più del debito
contratto per la costruzione della strada. Il paradosso che intendiamo
rilevare consiste nel fatto che questo modello di sviluppo ha guidato le
scelte di molti governi per molti anni e tutt’ora continua ad essere la
rotta prescelta dalle Amministrazioni locali. Per dirla con le parole di
Serge Latouche “uno sviluppo improntato alla crescita senza più
nessuna crescita o, peggio, una società laburista senza più lavoro” 34.
Quest’ultimo aspetto è l’evidente effetto di un’economia basata su
questo tipo di sviluppo.
Non è certo solo una questione di miopia politica. E’ soprattutto
un problema di carattere culturale: è espressa una cultura di lavoro
salariato improntato al modello fordista, per niente professionalizzato,
34
SERGE LATOUCHE, Uscire dallo sviluppo, BOLLATI BORINGHIERI, Torino, 2005, p. 81.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 30
avulso da qualunque tipo di conoscenza del contesto e che misconosce
la cultura locale.
Un ulteriore paradosso è costituito da questo idealtipo di operaio
che
affida
le
proprie
sorti
a
partiti
di
massa
e
sindacati
ideologicamente connotati nell’area marxista, che, perorando la causa
della grande industria fordista, finiscono per negare l’imperativo
marxista di riavvicinamento dei mezzi e fini della produzione.
A Pisticci l’industrializzazione di massa degli anni sessanta aveva
indotto un atteggiamento culturale che si è protratto fino agli albori
degli anni ottanta. La presenza del polo chimico della SNAM, già
ENICHEM e, negli anni Sessanta, ANIC, aveva trasformato un esercito
di contadini e muratori, questi ultimi di ritorno dalle emigrazioni in
terra tedesca, in operai senza alcuna conoscenza di chimica, ma, di
certo, con un salario molto al di sopra di quello che l’agricoltura non
industriale e l’artigianato avrebbe loro garantito. Il cambiamento di
cultura provocato dall’insediamento industriale lo si può rilevare da un
atteggiamento della quotidianità che, pur nella sua semplicità,
testimonia
il ribaltamento dei valori avvenuto nella collettività
pisticcese. Si racconta che le ragazze di Pisticci, già negli anni
Sessanta e fin quasi agli anni Ottanta, nel decidere di accettare o meno
una proposta di fidanzamento per un futuro matrimonio, verificavano
preliminarmente se il proponente fosse dipendente dell’ANIC e fosse
possessore di un’auto con quattro sportelli. La storiella, più o meno
vera,
riprende
a
pieno
titolo
l’idea
di
sviluppo
keynesiano:
industrializzazione di massa finanziata con spesa pubblica e sviluppo
fondato sull’aumento della domanda di consumi.
Evidentemente, però, Pisticci non rappresenta un caso anomalo
ed isolato in quanto, come dice Giacomo Becattini 35, “il mondo intero è
35
Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 31
a rischio di un pericolo gravissimo: oligopoli, multinazionali e finanza
lo stanno adoperando a modo loro, sfruttandolo e massacrandone i
valori civili. Se non c’è più una classe operaia solida, contrapposta e
consapevole, che possa contrastare questi elementi, quale altra forza
può farsi carico di questa impresa?”. Becattini continua ad esprimere il
suo pensiero auspicando la nascita di “un blocco di interessi economici
e culturali che possa diventare una sorta di countervailing power.
L’interesse di gruppi di abitanti di un particolare territorio a difendere
un certo stile di vita che qualifica la loro felicità, la loro joie de vivre
determinata più dal come consumare che da quanto consumare, dal
come lavorare che da quanto lavorare, una sorta di globalizzazione dal
basso” 36. Becattini conclude il suo ragionamento sostenendo che
questa “forza dal basso” è l’unica in grado di controbilanciare la forza
della globalizzazione dall’alto, che continua a massacrare gli stili di vita
di ciascun luogo. La prova di tutto questo sta proprio nell’evidenza che,
se anche il PIL aumenta, non v’è alcun incremento della joie de vivre
della comunità locale. Occorre, quindi, ripartire dal basso e focalizzare
lo sviluppo sull’identità di ogni comunità locale: sul carattere
dominante dei suoi abitanti, sulla cultura e sulla storia della
comunità, sul territorio e sulle sue peculiarità, sulla forza della sua
struttura produttiva e sulla sua capacità di collocarsi sul mercato.
Quale potrebbe essere, allora, il nuovo paradigma dello sviluppo
che ci faccia superare l’empasse del paradosso della crescita senza più
nessuna crescita?
Il primo e, forse, più importante elemento del nuovo paradigma
consiste proprio nel disambiguare la parola sviluppo depurandola dalla
presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo,
BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010.
Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014.
36
Interv. cit., Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre
2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 32
parola crescita. Occorre debellare l’idea stessa di crescita fondata su
uno schema lineare di tipo economico-produttivo: produco, guadagno e
consumo. Lo sviluppo deve avere un approccio multidimensionale che
adotta strategie che portano al fine ultimo centrato sulla joie de vivre di
una comunità. La crescita produce, accanto a quelle positive, notevoli
esternalità negative; lo sviluppo, se parte dal basso ed ha fisso
l’orientamento sulla comunità locale, genera beni pubblici e tutela i
beni comuni, valorizzando le risorse materiali ed immateriali del
territorio. La crescita basata sullo schema economico-produttivo si
misura in termini di Prodotto Interno Lordo (PIL), mentre, per misurare
lo sviluppo, si utilizzano indicatori qualitativi: l’indice di sviluppo
umano, Human Development Index (HDI) e l'indice di benessere
economico sostenibile, Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW).
Il
secondo
elemento
del
nuovo
paradigma
dello
sviluppo
rappresenta la vera svolta, il vero ripensamento del modello di società
a cui ci ha indotto il modello sostanziato di crescita. Il cambio di
prospettiva si ottiene quando il sostantivo sviluppo è accompagnato
dall’aggettivo locale. “Il locale si afferma come problema essenziale del
ripensamento dei modelli societari e supera la dimensione economicoproduttiva,
quando:
insorge
in
tutto
il
mondo
la
dimensione
identitaria, etnica, linguistica, come principale motore del conflitto, nel
contesto del compimento del sistema mondo e della globalizzazione e
come contrappeso ai processi di omologazione da essa indotti; si
dispiega socialmente la questione ambientale che costringe ad
internalizzare in misura crescente la riproducibilità delle risorse
naturali e degli equilibri ecosistemici nel calcolo dei costi benefici
dell’insediamento umano” 37.
Lungi dall’essere un inutile appello al localismo che si chiude
37
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, P. 58.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 33
nell’angusto e sterile spazio autoreferenziale, lo sviluppo locale è
incentrato su un complessivo ripensamento del ruolo del territorio
nella produzione della ricchezza 38. E’ questa nuova visione della
territorialità che diviene l’elemento fondante del nuovo paradigma dello
sviluppo e, per dirla con le parole di Becattini, il territorio sepolto
riconquista centralità 39 per la produzione di ricchezza durevole e
sostenibile.
Lo sviluppo locale: il territorio
Il concetto di territorio è alquanto complesso in quanto diverse
sono le componenti costitutive. Dell’ambiguità semantica del termine
già si è detto nell’introduzione e quindi rappresenta un ambito
definitorio alquanto sdrucciolevole, perché, nonostante le possibili
precisazioni e gli specifici approcci, continua a rappresentare un
concetto polisemico.
Il territorio trae la sua complessità essenzialmente dal suo
essere, nello stesso tempo, il produttore ed il prodotto della relazione
storica, attuale ed in continuo divenire del sistema sociale con quello
ambientale. Ecco gli elementi di complessità: il sistema sociale è
costituito dalla cultura di una comunità, dall’identità di quella
comunità, dal sistema di relazioni tra i vari gruppi sociali, dalla
pervasività della tecnologia utilizzata e dalla struttura demografica
della popolazione; il sistema ambientale è costituito dall’ambiente
naturale,
dal
paesaggio
e
dall’ambiente
trasformato
dall’antropizzazione. V’è di più: il carattere dinamico della relazione,
che nel mentre produce territorio, è influenzata e cambiata dagli stessi
38
Op. cit., p. 58.
G. Becattini in A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 59.
39
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 34
fattori territoriali che ha prodotto.
Se questa relazione è reale ed è percepibile dalla collettività
insediata su quel determinato territorio, v’è da chiedersi come mai vi
sono evidenti segnali di “organizzazione del territorio determinata più
dalle ragioni dell’economia e meno influenzata da una interazione
attiva con l’ambiente che, pertanto, rimane solo un vincolo di cui
tenere conto? Il concetto di sostenibilità, in quest’ultimo caso, riguarda
unicamente la definizione della capacità di carico del sistema
ambientale sottoposto a pressione, a modello insediativo dato” 40.
Non a caso è stata effettuata la sottolineatura del territorio come
prodotto dalla relazione tra ambiente naturale ed ambiente sociale,
proprio perché non si vuole sostenere alcuna lettura ambientalista
come percorso per svincolare il territorio dalla pressione insediativa di
tipo economico-produttiva del modello fordista che, pur sfaldandosi
sotto i colpi della crisi, continua ad imperversare nella cultura di molti
attori economici: stesso progetto produttivo per territori e popoli
diversi. Questa idea perversa di sviluppo non può essere combattuta
con il mero atteggiamento di salvaguardia dell’ambiente naturale, sia
pure in un alveo di diritto ambientale internazionale. Occorre un
approccio diverso che, pur assumendo tutte le istanze teoriche del
puro ambientalismo, riferisca l’idea di sostenibilità dello sviluppo al
territorio inteso come neoecosistema prodotto dall’uomo 41.
Si sta parlando dell’approccio territorialista 42, che vede in Alberto
40
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 61.
41
Op. cit. p. 71.
42
Cos'è la Società dei Territorialisti e delle Territorialiste? Per iniziativa di un Comitato di garanti di diverse
discipline di molte università italiane è nata la proposta di costituire una associazione denominata Società dei
territorialisti e territorialiste con i seguenti obiettivi:
a) sviluppare il dibattito scientifico per la fondazione di un corpus unitario, multisciplinare delle arti e scienze
del territorio di indirizzo territorialista, che assuma la valorizzazione dei luoghi come base fondativa della
conoscenza e dell'azione territoriale;
b) promuovere indirizzi per le politiche e gli strumenti di governo del territorio a partire da questo corpus;
c) indirizzare il dibattito sulla formazione di scuole, dipartimenti, dottorati, master di Scienze del territorio nelle
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 35
Magnaghi il più convinto assertore dell’economia autosostenibile
improntata alla decrescita, che ha nel territorio il suo punto focale.
Magnaghi spiega l’approccio territorialista affrontando il problema
della sostenibilità, focalizzando l’attenzione sull’ambiente dell’uomo 43.
E’ illuminante il suo esempio sul dissesto idrogeologico: egli sostiene
che la mancata cura dei terrazzamenti è la principale causa di questo
dissesto. Il problema non è della natura, in quanto quest’ultima, sia
pure con tempi lunghi, troverà il suo nuovo equilibrio idrogeologico ed
ecosistemico.
Il
vero
problema
è
rappresentato
dal
territorio,
neoecosistema costruito dall’interazione tra sistema ambientale e
sistema sociale. L’azione dell’uomo, con la sua cultura situata e con la
sua tecnologia appropriata, ha creato, nel lungo periodo precedente,
un particolare assetto idrogeologico, un particolare microclima, un
suolo fertile ed un paesaggio irripetibili altrove. Il dissesto da
abbandono riguarda questo neoecosistema e mette in pericolo le
popolazioni che vivono sotto la montagna, prima terrazzata e poi
abbandonata 44, mentre non scalfisce affatto la parte in cui i
terrazzamenti sono ben curati ed è evidente il carattere benefico
dell’interazione tra il sistema sociale ed il sistema ambientale: una
relazione sinergica tra la comunità ed il suo territorio.
Il territorio è, quindi, l’elemento fondante dello sviluppo locale e
non è sovrapponibile all’ambiente naturale, che ne diviene solo una
componente 45. Il territorio diviene il referente della sostenibilità, non
più solo impregnata di rispetto della natura, ma frutto della relazione
università italiane;
d) promuovere eventuali strutture di carattere culturale e scientifico al di fuori dell'Università;
e) sviluppare relazioni internazionali mirate a estendere e confrontare i temi della Società.
Visibile al sito web: http://www.societadeiterritorialisti.it. Visita del 6 dicembre 2014.
43
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 70.
44
Op. cit., p. 70.
45
Op. cit. p. 71.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 36
sinergica tra natura, cultura e storia 46. E’ una visione del territorio
come patrimonio dell’intera comunità, come l’insieme dei beni
materiali e immateriali che costituiscono il bene comune su cui
fondare una nuova economia che, scissa da quella assistita e
governata dagli oligopoli internazionali, ritorni ad essere centrata
proprio sul patrimonio territoriale. E’ l’eterna lotta di Davide e Golia:
da una parte il gigante del dominio della finanza globale e dall’altra il
piccolo Davide dei sistemi locali che, nella sua fionda, ha solo la
valorizzazione del patrimonio territoriale.
Il sistema locale non può prescindere da due elementi che ne
connotano
la
forza
per
controbilanciare
le
spinte
globalizzanti
endogene: la costruzione di relazioni virtuose fra una comunità
insediata ed il proprio ambiente 47 e la capacità di ogni singolo sistema
locale di connettersi in rete non gerarchica e non competitiva. Il primo
degli elementi annotati porta un’implicita istanza di conoscenza
profonda della comunità e dell’ambiente in cui questa è insediata.
Occorre, come dice Becattini 48, “che si conosca il carattere prevalente
di una comunità”, perché solo questa conoscenza apre un ventaglio di
attività per lo sviluppo nelle quali si ha più chance di riuscire. E’ un
processo
analitico
complesso
e
multidisciplinare
che
dovrà
approfondire la storia della comunità e la sua identità, dovrà
rintracciare i fattori sui quali si fonda la coesione sociale, dovrà
proporre azioni che favoriscano relazioni multietniche in un contesto
continuamente cangiante. La conoscenza del proprio ambiente attiene
all’individuazione di una specifica identità territoriale che consente di
“leggere i processi di formazione del territorio nella lunga durata per
46
Op. cit. p. 71.
Op. cit. p. 77.
48
Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della
presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo,
BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010.
Visibile al sito web: https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014.
47
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 37
reinterpretare invarianti, permanenze, sedimenti materiali e cognitivi
in
relazione
ai
quali
produrre
nuovi
atti
territorializzanti” 49.
L’interazione fra atti territorializzanti che si susseguono nel tempo
determina la massa territoriale, specifica per ogni luogo, costituita dal
patrimonio
edilizio,
dai
monumenti,
dalle
infrastrutture
di
comunicazione, dai ponti, dai terrazzamenti, dalle bonifiche, ecc. e che,
nell’insieme, determinano il valore del patrimonio territoriale e le sue
peculiarità per gli usi futuri 50. E’ del tutto evidente, quindi, che i
modelli
d’azione
della
comunità
insediata
e
l’ambiente
stesso
intrecciano relazioni significative, che hanno valenza organizzativa ed
interpretativa, principalmente nella stessa comunità: il milieu come
insieme dei legami reciproci fra ambiente fisico ed ambiente sociale 51.
A questo punto dell’argomentare è legittima una domanda.
Questa
forza
controbilanciante
le
spinte
egemoniche
della
globalizzazione dall’alto, con tutte le sue peculiarità costitutive, sembra
avere un carattere molecolare e puntiforme: come trasformarla in
massa critica proprio per evitare di decantare esperienze di nicchia
difficilmente ascrivibili in un modello di sviluppo generale? La risposta
individua il secondo elemento caratterizzante la forza del sistema
locale e consiste nella capacità di ogni singolo territorio di connettersi
in reti non gerarchiche, non competitive, ma cooperative. E’ il sistema
che
Magnaghi
definisce
bioregione
urbana
“costituita
da
una
molteplicità di sistemi territoriali locali, a loro volta organizzati in
grappoli di città piccole e medie, ognuna in equilibrio ecologico,
produttivo e sociale con il proprio territorio. Essa può risultare grande
e potente come una metropoli: anzi è più potente del sistema
49
L’atto territorializzante consiste nella ricostruzione in forma nuova della relazione fra ambiente fisico,
costruito ed antropico. ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI
BORINGHIERI, Trento, 2010, pp. 73 e 75.
50
Op. cit. p. 75.
51
Definizione di milieu di Augustin Berque attinta dalla nota 3 di pag. 72 de “Il progetto locale – verso la
coscienza di luogo di A. Magnaghi, BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 38
metropolitano centroperiferico perché produce più ricchezza attraverso
la valorizzazione e la messa in rete di ogni suo nodo periferico: evita
peraltro congestioni, inquinamenti, diseconomie esterne riducendo i
costi energetici ed i costi da emergenze ambientali, riducendo la
mobilità inutile alla fonte, costruendo equilibri ecologici locali, che a
loro volta riducono l’impronta ecologica, ovvero l’insostenibilità dovuta
al prelievo di risorse da regioni lontane ed impoverite”52.
Ho voluto riportare integralmente il testo di Magnaghi per
apprezzarne appieno il rilievo politico e la valenza programmatica che
esprime. Come si diceva all’inizio, nessun gruppo politico nega la
rilevanza dello sviluppo, ma con il dissolvimento dei partiti di massa e
l’ascesa di movimenti portatori di interessi parziali appare sempre più
difficile l’implementazione di un programma politico incentrato sulla
valorizzazione di un sistema di bioregione urbana.
Lo sviluppo locale autosostenibile
La sostenibilità di un progetto di sviluppo ha un valore euristico
in quanto non è finalizzata a garantire equilibri ottimali, bensì a
misurare lo scostamento tra l’optimum e gli impatti registrati sul
paesaggio, sull’ambiente, sulla qualità della vita nella città, sulla joie
de vivre, sul rispetto della cultura locale, ecc. Potremmo dichiarare
sostenibile un progetto capace di esprimere il miglior rapporto tra tutte
queste dimensioni, valutate in termini di minor impatto. Bisogna
evidentemente, scrollarsi da dosso quella crosta
di limitatezza
culturale propria di una visione settoriale del tema, riferita, di volta in
volta, al patrimonio ambientale o a quello territoriale o a quello
52
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 187.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 39
antropico. Le ragioni della sostenibilità vanno, quindi, ricercate nelle
relazioni, continuamente cangianti, tra tutte le dimensioni dello
sviluppo: la chiusura dei cicli della bioregione urbana; il rapporto tra
città e territorio agricolo; il ripristino della produzione agricola non
industriale, food per il nutrimento delle città e no-food per la
bioedilizia; la ricostruzione dei saperi produttivi del territorio; il
ripristino di un ciclo agroterziario non più di stampo fordista. In
sintesi, bisogna rivalutare il locale rispetto al globale. V’è qualcosa di
più di un mero approccio ambientalista, v’è una declinazione
territorialista della sostenibilità.
E’ sostenibile un modello di sviluppo nel quale le condizioni di
sviluppo si autosostengono senza aver bisogno di alcun intervento
esterno, consistente in un obbligo o un divieto, per reggere o
salvaguardare lo sviluppo. E’ un approccio multidisciplinare che
misura l’impatto di cinque indivisibili dimensioni della sostenibilità:
economica, sociale, politica, ambientale e territoriale.
La sostenibilità politica
autogoverno
di
una
consiste in “una elevata capacità di
comunità
insediata
rispetto
alle
relazioni
decisionali esogene e sovraordinate” 53. Ritorneremo in seguito su
questi concetti quando affronteremo il tema dei processi partecipativi
per la governance locale. Questo tipo di sostenibilità è, in qualche
modo, anche la misura della capacità di una comunità di conciliare
interessi conflittuali e di far convivere le varie espressioni della
complessità multiculturale. Esprime l’eterna lotta tra l’aspirazione,
spesso latente, di una comunità all’autogoverno e le spinte centraliste
dell’etero-direzione.
La sostenibilità sociale è garantita da “un elevato livello di
integrazione degli interessi degli attori deboli nel sistema decisionale
53
Op. cit., p. 81.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 40
locale
(equità
sociale
e
di
genere)” 54.
Ritorna
il
tema
della
partecipazione con un’immanente problematica: garantire la presenza,
nei processi negoziali, degli attori più deboli che non hanno alcuna
voce nella roboante ipertecnologica ed omologante globalizzazione
dall’alto. In questa dimensione della sostenibilità c’è anche il tema
della giusta composizione dei tavoli negoziali, che deve garantire la
presenza equilibrata di tutti gli attori sociali, anche se portatori di
interessi assolutamente minoritari o di parte. In questo senso, la
sostenibilità diventa la misura dell’efficacia del progetto di sviluppo,
pur se a scapito della celerità dei processi e con un maggior dispendio
di energie organizzative.
La sostenibilità economica è “la capacità di un modello di crescita
di produrre valore aggiunto territoriale”55. Spesso i piani di sviluppo
economico sono incentrati sulla cosiddetta vocazione del territorio. Con
una visione decisamente monolitica, si parla di sviluppo turistico come
se su quel territorio non vi fossero imprese artigiane o commerciali o
industriali; si parla di sviluppo industriale tralasciando completamente
lo sviluppo delle aree agricole non più in grado di una produzione di
qualità. E’ la logica del modello economico-produttivo di matrice
fordista che ancora imperversa e che non riesce a migrare verso
economie di tipo multisettoriali e distrettuali. E’ proprio la logica del
distretto economico che esprime l’autosostenibilità dello sviluppo
locale, riprendendo a tessere la tela del rapporto sinergico tra
ambiente, territorio e ragioni della produzione. In un contesto
distrettuale emergono criteri di valutazione delle attività agricole,
industriali, commerciali, artigianali e di servizio simbiotiche al
patrimonio territoriale, che si giovano delle risorse locali, che hanno,
quale obiettivo della produzione, non solo il profitto, ma anche beni e
54
55
Op. cit., p. 83.
Op. cit., p. 84.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 41
servizi pubblici. L’efficacia del distretto produttivo si verifica attraverso
la capacità di realizzare filiere produttive complesse ed intersettoriali
che sappiano fronteggiare la volubilità del mercato. Infine, la
sostenibilità economica esprime risvolti apparentemente inaspettati:
qualifica l’identità produttiva, quella culturale e quella sociale 56 di una
comunità, trasformando i residenti in produttori, garantendone la
permanenza contro l’incalzante fenomeno della desertificazione dei
piccoli centri a favore delle città più grandi, con il conseguente
aggravio dell’impatto sulla mobilità e sulla pressione antropica.
La sostenibilità ambientale è “prodotta dall’attivazione di regole
virtuose dell’insediamento umano, atto a produrre autosostenibilità 57,
oltre ogni logica di tipo vincolistico. La valenza di questa misura di
sostenibilità è da rilevare nella capacità di sviluppare progetti integrati,
e non più settoriali, di ridurre l’ecological footprint attraverso la
chiusura dei cicli dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, ecc., a livello di
bioregione, di ridurre la mobilità delle persone e delle merci con filiere
produttive complesse e multisettoriali a livello locale, di qualificare le
attività agricole quali principali produttrici di beni pubblici, di
instaurare un rapporto sinergico tra città e campagna, di ricostruire e
riproporre tutti i saperi produttivi del territorio. L’efficacia di questa
sostenibilità si misura con la qualità e l’unicità dei prodotti alimentari,
ambientali e culturali 58 di un sistema locale.
La
sostenibilità
territoriale è
“la
capacità
di un
modello
insediativo, con le sue regole produttive e riproduttive, di favorire e
sviluppare la riterritorializzazione” 59. Quest’ultima dimensione della
sostenibilità rappresenta la qualificazione delle precedenti, facendole
assurgere ad un sistema di autosostenibilità ed è, al tempo stesso, la
56
Op. cit., p. 85.
Op. cit., p. 85.
58
Op. cit., p. 86.
59
Op. cit., p. 86
57
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 42
verifica delle stesse. E’ la visione di uno scenario nel quale fini e
strategie sono focalizzate 60: sulla connessione in reti multipolari e non
gerarchiche di sistemi locali; sul recupero delle aree edificate con un
minor
consumo
di
suolo;
sulla
diffusione
dei
servizi
a
rete;
sull’integrazione produttiva delle microimprese; sulla riorganizzazione
dello spazio pubblico; sul recupero dell’intero patrimonio territoriale,
compreso quello dell’entroterra vallivo, collinare o montano, ignorato
dalla grande impresa fordista; sulla costruzione
di sistemi di
rappresentazione delle identità dei luoghi, tese ad incrementarne il
valore; sulla costruzione di modelli e strumenti valutativi ex ante gli
scenari progettuali, in itinere nella fase di implementazione ed ex post
per la progettazione di nuove e più efficaci visioni strategiche.
In sintesi, l’approccio territorialista all’autosostenibilità di un
sistema di sviluppo locale può essere definito antropobiocentrico, in
quanto, pur avvalendosi dei principi fondanti l’ambientalismo, va oltre,
ponendo nuove regole all’insediamento umano 61. Esprime l’entità di
una valutazione complessiva di un sistema territoriale, misurando: la
sostenibilità economica, ovvero la capacità di produrre valore aggiunto
da parte del territorio; la sostenibilità territoriale, ovvero la capacità di
riterritorializzazione; la sostenibilità politica, ovvero la capacità di
autogoverno; la sostenibilità sociale, ovvero la capacità di integrare e di
complessificare il sistema decisionale; la sostenibilità ambientale,
ovvero la capacità di scrivere nuove regole non vincolistiche che
producano nuovi equilibri ambientali.
60
61
Per le considerazioni che seguono, cfr. Op. cit., p. 87.
Op. cit, p. 88.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 43
La coscienza di luogo
Già nella pagine precedenti è stato detto, citando Giacomo
Becattini,
che
l’individuazione
del carattere
dominante
di una
comunità apre una ventaglio di possibilità progettuali in cui i policy
makers hanno più chance di successo. Ma cos’è, o meglio, come è
composto, il carattere dominante di una comunità? E’, evidentemente,
una struttura complessa, di non facile determinazione, che si sviluppa
lungo l’asse relazionale della stessa comunità con il luogo abitato. Non
gli è completamente sovrapponibile, però può essere individuato
attraverso il concetto di coscienza di luogo.
La coscienza di luogo è “la stima della rotta da seguire”, dice
Becattini 62, ed ha in sé alcuni elementi di coscienza di luogo intuitiva,
pur se a volte se ne discosta completamente. Si fonda su ciò che una
comunità si sente di essere, tuttavia è qualcosa di ben più complesso,
che può farsi scaturire solo attraverso uno studio approfondito, che
affondi le sue analisi nella storia della comunità, nella sua cultura,
nelle identità passate e presenti, nel rapporto con il proprio territorio,
negli episodi, piccoli e grandi, di trasformazione del territorio, nelle
norme formali ed informali che hanno regolato e regolano la convivenza
sociale, nel sistema produttivo, nel rapporto con altri territori, ecc.
La coscienza di luogo è la consapevolezza, mediata da strumenti
analitici, di sentirsi ciò che si è, in rapporto alla propria cultura situata
nel proprio territorio.
E’ un elemento imprescindibile del progetto di sviluppo locale, in
quanto rappresenta la chiave di lettura della complessità che
caratterizza un territorio, che altrimenti risulterebbe inestricabile. E’
62
Intervista a Giacomo Becattini di Alberto Magnaghi realizzata l’11 ottobre 2010 in occasione della
presentazione della nuova edizione del libro di A. Magnaghi, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo,
BOLLATI BORINGHIERI, Trento, 2010. Visibile al sito web; https://www.youtube.com/watch?v=
RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 44
ciò che lo rende diverso da tutti gli altri, ma è anche un elemento
debole, in quanto suscettibile di influenza da parte di sistemi culturali
che sembrano andare bene per ogni tempo e per ogni luogo. L’esempio
più eclatante di contaminazione della coscienza di luogo è costituito
dal sistema economico-produttivo di tipo fordista, ma ve n’è anche uno
un po’ più moderno, apparentemente più banale, che stimola però le
corde del sentimento di ospitalità di una comunità: è l’idea di albergo
diffuso, che sembra possa andare bene in ogni borgo, in ogni paese ed
in ogni città in cui vi sia un qualunque centro storico con un
patrimonio edilizio in parte non più abitato.
La coscienza di luogo è la chiave di lettura per sconfessare quegli
opinion makers dello sviluppo che viaggiano con la loro valigetta piena
di progetti utili dalle alpi alle piramidi e, invece, per accreditare tutti
coloro,
che
con
lo
zaino
dell’esploratore 63
e
con
il
taccuino
dell’osservatore, sono alla ricerca delle peculiarità sociali e territoriali
di quel particolare luogo. Include anche il senso di appartenenza ad
una comunità che si prende cura del luogo e che, in qualche modo, ne
diventa custode. E’ un processo di riacculturazione, coniugando saperi
contestuali con i saperi esperti. Non importa se indigeno o immigrato,
ciò che importa è la capacità “di reinterpretare l’anima del luogo per
attivare nuove forme di produzione e di consumo fondate sulla
convivialità, sulla solidarietà e sull’autosostenibilità 64.
La coscienza di luogo può essere rappresentata graficamente
attraverso le mappe di comunità. Queste, nate dalle esperienze degli
ecomusei, si sono poi sviluppate nell’ambito della pianificazione
paesaggistica
e
rappresentano
dei
sistemi
di
narrazione
e
visualizzazione delle relazioni complesse e dinamiche tra una comunità
63
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 287.
64
Op. cit. p. 134.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 45
antropica ed il luogo nel quale è insediata. Rappresentano una
descrizione dettagliata di ciò che i membri della comunità percepiscono
del paesaggio in cui vivono, rinforzata dalle rilevazioni di esperti, in un
processo di costruzione pubblica. Da questo insieme di tracce materiali
ed immateriali, che rappresentano il patrimonio culturale di un
luogo 65, se ne ricava un compendio di valori territoriali, ambientali,
paesaggistici, culturali e sociali che connotano le risorse di quel
determinato luogo.
La globalizzazione dal basso
L’economia imperante oggi nel mondo è retta da forze che
tendono ad omologare tutti i processi di sviluppo in un paradigma nel
quale non compaiono le alternative locali. E’ la stessa omologazione
operata nell’agricoltura industriale che, su scala globale, ha estinto le
specie autoctone a vantaggio della produzione quantitativa, per
rispondere al fabbisogno di cibo identico per tutte le megalopoli del
mondo. La cultura globalizzante sta distruggendo la possibilità stessa
che esista diversità produttiva, culturale, paesaggistica, sociale, ecc.
L’alveo d’azione politica attuale pare smentire la massima
weberiana che non poneva limiti ai campi d’azione di un gruppo
politico 66 e sembra proprio circoscritto in uno spazio precluso
all’impero economico-finanziario. “La politica non governa più e deve
obbedire ai potentati economico-finanziari - sostiene padre Alex
Zanotelli – […] tutti i sistemi economici del mondo sono basati su un
paradigma di crescita infinita […]. Il re è nudo e non se ne rende conto
65
ALDO SUMMA, La percezione sociale del paesaggio: le mappe di comunità. Intervento alla XII Conferenza
nazionale degli urbanisti, Bari 19-20 febbraio 2009. Visibile al sito web siu.bedita.net/download/summaa_
papersiu2009-pdf. Visita dell'8 dicembre 2014.
66
Vedi note 3 e 4.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 46
[…] il nuovo può nascere solo dal basso” 67.
Partire dal basso vuol dire ritornare al territorio quale unico
punto di forza per controbilanciare l’imperante globalizzazione. Una
vera e propria globalizzazione dal basso, con protagoniste assolute le
comunità locali che, avendo preso piena coscienza del loro luogo di
vita, sappiano proporre un altro sviluppo rispetto alla crescita infinita:
uno sviluppo locale autosostenibile.
Per dar vita a questo rinnovato protagonismo “occorrono analisi
diverse da quelle tradizionali, che valichino gli steccati disciplinari per
pervenire ad una visione territorialista dell’economia e della società,
una scienza del territorio e più in generale una cultura del territorio
che includa anche la riflessione sugli stili di vita e la sperimentazione
di nuove forme della politica e della democrazia 68”.
Tutto questo non è certamente un rifugiarsi nel localismo sterile,
molecolare o puntiforme, è, al contrario, un cercare di aprire gli occhi
del re cieco, affinché prenda coscienza che, se la crisi in cui l’umanità
intera è immersa è strutturale, allora non v’è alcuna via d’uscita nel
ripercorrere gli stessi modelli economico-finanziari e di sviluppo che
l’hanno prodotta. L’unica chance di successo è cambiare paradigma
dello sviluppo, scommettendo sulla comunità locale quale nuova forma
societaria fondata sulla riscoperta dei saperi locali, da rivalutare in
simbiosi con i saperi esperti, con una chiara coscienza di luogo
improntata all’autosostenibilità.
“Abbiamo il dovere di creare sentimenti diversi dall’ineluttabilità,
dalla sfiducia e dall’impotenza che oggi prevalgono ampiamente […] e
bisogna capire i meccanismi della produzione di località, nel senso che
67
Alex Zanotelli: la speranza viene dal basso. Visibile al sito web: https://www.youtube.com/ watch?v=
KIuFecAWvME, Visita dell’8 dicembre 2014.
68
ROSSANO PAZZAGLI, Dal globale al locale Riflessioni sul progetto territorialista, da “Glocale”, n. 4/2011,
anno di pubblicazione: 2013, pp. 247-252. Visibile al sito web: http://www.societadeiterritorialisti.it/images/
DOCUMENTI/articoli_recensioni/glocale%20territorialisti.pdf. Visita dell’8 dicembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 47
i luoghi non sono contenitori inerti di legami e sentimenti; sono invece
costruzioni sociali e culturali frutto di una produzione continua da
parte dei loro abitanti. La località viene così a configurarsi […] come un
orizzonte territoriale di pratiche e valori condivisi, modi di fare, di
lavorare, di scambiare che creano dei diritti, il cui godimento sta alla
base del senso di appartenenza e di benessere”69.
Per comprendere appieno l’appello di Pazzagli occorre uscire dalla
cecità mentale della monocultura della crescita infinita; questo è il
primo passo, ma ancora insufficiente. Il secondo e più decisivo passo
consiste nell’uscire da una visione molecolare e lavorare per la
costruzione di reti non gerarchiche di comunità locali per la
costruzione di società complesse, fondate sui principi di autogoverno,
fra conflitto e cooperazione 70.
Modelli per il governo del territorio: la partecipazione
“È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo,
eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate
finora”. E’ il celebre aforisma di Winston Churchill, pronunciato nel
discorso alla Camera dei Comuni, in Inghilterra, nel novembre del
1947. Chissà cos’altro avrebbe aggiunto oggi, in presenza di una forte
crisi di rappresentatività?
La partecipazione al voto ormai non
raggiunge la metà degli aventi diritto e le cose non vanno certamente
meglio nelle altre nazioni dell’Europa occidentale. V’è un evidente
declino della partecipazione alla forma di democrazia rappresentativa e
su questo tema si sono sprecati fiumi di parole e di inchiostro nelle
69
Op. cit. pp. 247-252.
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 121.
70
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 48
varie analisi, sia scientifiche, che storiche o giornalistiche. Vorrei, però,
tornare all’aforisma di Churchill e focalizzare l’attenzione sul fatto che
la democrazia è la peggior forma di governo, ma non vuol dire che non
può essere migliorata.
Potremmo, quindi, riprendere la lezione di Habermas e far
evolvere il concetto di democrazia partecipativa in quello di democrazia
deliberativa. “I meccanismi elettorali e la partecipazione al voto sono
importanti nella definizione dei regimi politici democratici solo nella
misura in cui rispecchiano i risultati di dibattiti politici liberi e
reciprocamente arricchenti che fanno della democrazia uno stile di
vita” 71. L’evoluzione da forma di governo a stile di vita è il punto focale
che si scontra con la difficoltà di sovrapposizione dei contenuti
espressi nel dibattito. Proveremo a spiegarlo con un excursus su una
narrazione diffusa nella saggezza popolare.
Si racconta che un tempo lontano esisteva un re ricco e potente.
Dominava su ampie regioni dall’oriente all’occidente e la terra
produceva tutto quanto fosse necessario per far ben vivere i suoi
sudditi. Il re era anche molto saggio e desiderava la pace. Convinto che
la saggezza sia il miglior puntello della pace, un giorno mandò a
chiamare tutti i ciechi del paese, riunendoli nella piazza principale
della capitale ed invitò tutta la popolazione del suo regno ad assistere
ad una dimostrazione di saggezza. Fece entrare nella piazza un
elefante e invitò i ciechi a toccare ed a descrivere l’animale. Questi,
toccando la parte
dell’animale più vicina a sé, dissero: “è come un
tappeto”, chi aveva toccato l’orecchio; “è una colonna”, chi aveva
toccato una zampa; “è un serpente”, quello che aveva toccato la
proboscide. Ognuno descrisse una parte diversa dell’animale e,
sostenendo ognuno la propria verità, cominciarono a litigare. Tutto il
71
J. HABERMAS in P.BAERT, F. CARREIRA DA SILVA, La teoria sociale contemporanea, IL MULINO,
Bologna, 2010, p. 202.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 49
popolo che assisteva alla dimostrazione reagì ridendo, perché, vedendo
l’animale intero, trovava impossibile sostenere una qualunque delle
verità dei ciechi. Intervenne il re ammonendo il popolo, dicendo: “non
ridete dei poveri ciechi, perché ognuno di voi è esattamente come loro:
vede solo una parte della realtà e finché, la tiene per sé senza
condividerla, non potrà mai padroneggiare nemmeno un barlume di
conoscenza” 72.
Questa digressione ci porta nel cuore della problematica della
partecipazione. Ci permette, infatti, di rispondere alle due domande
cruciali che scaturiscono ogni qual volta si parla di partecipazione: chi
partecipa? Come conciliare le diverse e spesso conflittuali visioni?
Inizialmente la partecipazione è sorta principalmente con un
atteggiamento di tipo NIMBY 73 di protesta, di comitati spontanei di
cittadini, principalmente su problematiche specifiche e, a volte, anche
solo locali. Negli ultimi tempi, però, sta sempre più proliferando una
rete nella quale migliaia di movimenti, associazioni ambientaliste,
culturali, di agricoltori, di pari opportunità, di sindacati, imprese di
finanza equa, quelle del commercio equo e solidale, settori del
volontariato, ecc., si mobilitano su scala mondiale. Questo multiverso
si affaccia sulla scena globale con interessi cogenti e diversi,
suscettibili di una sorta di reductio ad unum solo se ricondotti in un
alveo di dibattito politico aperto e pubblico, dove non solo prevale la
forza della migliore argomentazione, ma hanno anche diritto di
cittadinanza le istanze particolari delle comunità locali.
Partecipare è, quindi, riuscire a vedere l’insieme dell’elefante, non
come pretesa presuntuosa e dogmatica, ma come condivisione di
diversi interessi di parte che, ricucendo insieme i vari saperi e
72
Esistono diverse versioni di questo racconto. Cfr. Il
semplici_curiosi/racconto_elefante.htm. Visita dell’8 dicembre 2014.
73
Not In My Back Yard, Non nel mio cortile.
Programmazione attività commerciale: relazione
sito
web:
http://www.riflessioni.it/
Pagina | 50
situandoli nei vari contesti locali, possa approdare ad una coscienza
di luogo collettiva.
Non dissimili sono le connotazione di quella che possiamo
definire partecipazione locale. Nella sfera locale, il primo e, forse, più
grande, ostacolo che le istanze di partecipazione dei cittadini devono
superare consiste proprio nella struttura organizzativa degli Enti
Locali. V’è, infatti, un’organizzazione divisionale che opera per settori
nettamente separati: quello del governo del territorio, distinto da quello
dello sviluppo economico, a loro volta distinti da quello dell’agricoltura,
piuttosto che da quello dell’ambiente; mentre il luogo è lo spazio del
quotidiano, assolutamente indivisibile per l’abitante. Pare proprio che
gli enti locali non riescano ad uscire della logica di una visione
settoriale ed implementare esperienze di governo del territorio per
progetti integrati scaturenti da un dibattito pubblico libero ed aperto,
nel quale hanno pari diritto di cittadinanza i saperi esperti e quelli
collettivi dei luoghi.
L’istanza di partecipazione a livello locale può essere accolta solo
a condizione che l’organizzazione degli Enti passi da strutture verticali
ad un tipo di governo intersettoriale. L’esempio classico, su cui molte
amministrazioni inciampano, é la redazione di piani di governo del
territorio gestito tra il settore urbanistica e qualche esperto, o presunto
tale, di pianificazione urbanistica. Se dal tavolo vengono esclusi il
settore del trasporto, quello dell’agricoltura, quello delle attività
produttive, quello dell’ambiente è alquanto difficile produrre una
progettualità integrata che abbia come fine ultimo l’autosostenibilità
del territorio, anziché un compendio di regole che mirano unicamente
a vincolare lo spazio costruito, tralasciando tutto il resto, come se tutte
quelle altre attività non avessero alcun impatto sui luoghi. Con queste
premesse, appaiono pienamente giustificabili le conflittualità espresse
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 51
da
comitati,
spesso
spontanei,
di
cittadini
che
lamentano
l’allontanamento dei sistemi decisionali da tutti coloro che non hanno
voce, pur essendo portatori di bisogni ed interessi relativi alla qualità
della vita nel territorio 74.
E’ ancora lontana una cultura di governo partecipata? Il territorio
è di chi se ne prende cura, sostiene Magnaghi 75, di quelle comunità
che sappiano progettare, in maniera partecipata, una visione strategica
di futuro e di sviluppo autosostenibile.
74
ALBERTO MAGNAGHI, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORINGHIERI,
Trento, 2010, p. 256.
75
A. Magnaghi, Partecipazione e governo del territorio, 24 settembre 2013, visibile al sito web:
https://www.youtube.com/watch?v=Oth1aQfScBI. Visita del 7 dicembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 52
Capitolo 2°
Programmazione urbanistico-commerciale:
modello di sviluppo della rete distributiva
Un difficile connubio
La relazione tra qualità dei luoghi ed insediamento delle attività
economiche rappresenta un tema notevolmente dibattuto. Inizialmente
s’è focalizzata l’attenzione sulla progettazione dello spazio pubblico e
sull’uso dei beni pubblici; più di recente, invece, nell’alveo del
dibattito, si sono inserite molte altre tematiche, tra le quali la più
incisiva è la sostenibilità ambientale.
Ogni agglomerato urbano è costituita da una serie di elementi
inscrivibili nella complessità storica e culturale che caratterizza il
territorio, quale insieme di edifici, di strade, di piazze, di spazi a verde,
di scuole, di botteghe, di industrie, di officine, di aree rurali, di fiumi,
di monti, di spiagge, ma anche di attività economiche e di vita sociale.
L’intreccio complesso di tutti questi elementi ha radici lontane ed è
frutto di una particolare cultura situata e, nel contempo, qualifica
anche la contemporaneità del territorio, esprimendo servizi adeguati e
capacità di catalizzare i molteplici aspetti del sociale.
Tutte queste componenti sostanziano, nella profondità dei loro
contenuti, il territorio e inducono una riflessione multidisciplinare
sulla qualità dei vari ambiti urbani, naturali e sociali che lo
compongono. L’estendere la riflessione anche agli abitanti di quel
territorio fa approdare alla coscienza di luogo di cui si è parlato nel
capitolo precedente.
Questo lavoro non ha l’ambizione di analizzare tutte le complesse
componenti del territorio, bensì ha più modeste finalità consistenti
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 53
essenzialmente nella redazione del documento di programmazione
della rete distributiva di vendita, sia su aree private che su quelle
pubbliche, del Comune di Pisticci. L’elaborazione di tale documento
costituisce un motivo di stimolo per l’approfondimento di tematiche
complesse che incidono sulla percezione della stessa coscienza di luogo
da
parte
degli
stessi
abitanti.
Non
sarà,
dunque,
finalizzato
esclusivamente ad individuare un corretto assetto per l’adeguamento
della rete di distribuzione commerciale, ma soprattutto a definire un
modello di sviluppo della stessa rete distributiva che, in primis, si
inscrive nel testo della coscienza di luogo di cui hanno contezza gli
abitanti della comunità pisticcese e, nel contempo, costituire un
progetto in fieri di sviluppo locale.
La redazione del documento di programmazione della rete distributiva
di
vendita
evoca
immediatamente
il
tema
della
pianificazione
urbanistica. Già dalla diversa locuzione utilizzata, programmazione per
l’uno e pianificazione per l’altro, traspare tutta la difficoltà relazionale
tra due ambiti che hanno pretesa di esplicitarsi in un connubio.
Valgono qui le considerazioni svolte nella parte introduttiva di questo
lavoro
relative
alla
differenzazione
semantica
dei
termini
“programmazione” e “pianificazione”: focus sul processo negoziale per
stabilire i fini, per il primo; sistema nel quale, oltre i fini, vengono
fissate in maniera dettagliata le strategie, per il secondo.
Non è solo la mera distinzione semantica che complica il
connubio tra pianificazione urbanistica e programmazione economica,
v’è, evidentemente, qualcosa di più che attiene alla tipologia degli
interessi coinvolti nei due processi, che denotano reciproche ricadute e
manifestano una diversità di fondo. Una diversità da considerare
necessariamente per percorrere la difficile via della combinazione e
della convergenza, senza, però, nessuna attribuzione di criteri di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 54
prevalenza.
La problematica annotata, relativamente agli insediamenti degli
esercizi commerciali, è qualcosa di più di un mero dibattito politicoamministrativo, tant’è che su di essa s’è sviluppata una copiosa
giurisprudenza. Il vigente assetto normativo inscrive l’insediamento
delle strutture di vendita in un ambito di liberalizzazione vincolata ai
“criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale,
affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino le aree da
destinare agli insediamenti commerciali” 76. La ratio legis evidenzia un
innegabile connubio: la programmazione commerciale non può essere
disgiunta dalla pianificazione urbanistica, anche se i due aspetti e,
soprattutto, gli interessi tutelati da entrambi presentano difficoltà ad
essere valutati congiuntamente e contestualmente. Il Tribunale
Amministrativo di Milano 77 ha ritenuto illegittimi, annullandoli per
violazione del principio di coordinamento, atti di pianificazione
urbanistica nei quali non sono state considerate le disposizioni
contenute nel previgente documento di programmazione commerciale.
V’è, quindi, un problema di supremazia tra i due ambiti e, né la norma
nazionale, né quelle regionali, esplicitano alcun elemento che possa
connotare il rapporto tra i due strumenti, quello di pianificazione e
quello di programmazione. Ancora una volta è la giurisprudenza a
dettare
la linea guida, tant’è
che
il Tribunale Amministrativo
76
D. Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i., cosiddetta riforma Bersani, dal nome del ministro per le attività produttive
dell’epoca.
art. 6 - Programmazione della rete distributiva.
1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto definiscono gli
indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi: […]
2. Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, fissano i criteri di program-mazione urbanistica
riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino: a) le
aree da destinare agli insediamenti commerciali [...]
77
Cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, Sentenza nr. 1148 del 4 maggio 2011. Visibile sul sito web:
www.giustizia-amministrativa.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 55
dell’Umbria 78 ha stabilito che, in caso di mancata conformità o
coerenza tra le previsioni dello strumento urbanistico e quelle della
programmazione commerciale, sono le prime a dover essere adeguate
se impediscono la realizzazione delle previsioni della seconda. Qualche
altro
Giudice
Amministrativo
è
andato
anche
oltre.
Infatti,
quest’ultimo 79 ha evidenziato che dalla lettera a) del 2° comma dell’art.
6 del D. Lgs. nr. 114/1998 appare evidente la volontà del legislatore di
assegnare allo strumento di programmazione commerciale, con il quale
vengono individuate le aree da destinare a tali insediamenti, una
funzione esaustiva di ogni esigenza, sia di carattere commerciale che di
carattere urbanistico, perché, altrimenti, si dovrebbe supporre una
duplicazione degli atti inerenti l’uso ed il governo del territorio. La
giurisprudenza, quindi, esplicita un orientamento interpretativo della
legislazione
in
materia
di
commercio,
secondo
il
quale
la
programmazione commerciale definisce ed esaurisce l’esercizio del
potere di programmazione e pianificazione del territorio ai fini
urbanistico-commerciali.
Parrebbe, quindi, conclamato un primato della programmazione
commerciale. Niente affatto. Tant’è che nel 2012 il Consiglio di Stato 80
ha stabilito che i piani urbanistici non solo sono pienamente legittimati
a porre limiti all’insediamento degli esercizi commerciali, ma la
diversità
degli
interessi
pubblici
tutelati
affievolisce
le
ragioni
economiche rispetto a quelle di tutela e governo del territorio. Queste
ultime costituiscono, quindi, un vero e proprio limite all’interesse
inerente la libertà di iniziativa economica, soccombente rispetto
all’interesse pubblico tutelato dalla pianificazione urbanistica, volta ad
78
TAR Umbria, Perugia, sentenza nr. 650 del 12 agosto 2003, Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it.
79
TAR Campania, Napoli, sentenza nr. 2668 del 10 gennaio 2002, Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it.
80
Cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza nr. 2060 del 10 aprile 2012. Visibile sul sito web: www.giustiziaamministrativa.it
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 56
un razionale assetto del territorio.
V’è, quindi, una rideterminazione del primato degli interessi
tutelati, attribuendo alla pianificazione urbanistica anche la cura degli
interessi economici. La tutela di questi ultimi, nel rilevare una ricaduta
urbanistica, devono essere ricondotti nell’alveo organico dei diversi
interessi inerenti l’uso ed il governo del territorio, che è ambito
precipuo della pianificazione urbanistica. Non una tutela degli
interessi economici tout court, quindi, ma solo nella misura in cui
questi presentino un evidente impatto urbanistico.
Il legislatore, però, ha previsto una deroga a questo principio.
Infatti, la legislazione in materia di garanzia del diritto di libera
iniziativa economica 81, nei casi di notevole interesse economico per la
collettività,
prevede
un’implicita
cedevolezza
dello
strumento
di
pianificazione urbanistica 82 per il tramite della cosiddetta variante
semplificata.
Il rapporto tra pianificazione urbanistica e programmazione
economica rappresenta, quindi, un difficile connubio e non solo per
una questione di supremazia dell’una rispetto all’altra. Vi sono, infatti,
ulteriori elementi di criticità, tra i quali merita un cenno l’eccessiva
rigidità del modello urbanistico rispetto alle esigenze connesse
all’insediamento delle attività economiche in generale e delle strutture
commerciali in particolare. Quello che una volta veniva denominato
Piano Regolatore Generale, con i relativi piani attuativi, ovvero l’attuale
Regolamento Urbanistico e Piano Strutturale, denotano una rigidità
intrinseca e spesso presentano visioni di sviluppo del territorio
alquanto vetuste e non più in grado di fornire risposte alle varie
esigenze di cambiamento provenienti dallo stesso territorio.
81
Cfr. l’articolo 38 del D.L. nr. 112 del 25 giugno 2008, convertito nella Legge nr. 133 del 6 agosto 2008.
Visibile sul sito web: www.normattiva.it.
82
Cfr. l’articolo 8 del D.P.R. nr. 160 del 7 settembre 2010. Visibile sul sito web: www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 57
Il Comune di Pisticci rappresenta un caso alquanto emblematico:
il P.R.G. è stato approvato all’inizio degli anni ottanta, non è stato mai
adeguato e, nonostante la legge urbanistica regionale abbia previsto
che i Comuni avrebbero dovuto dotarsi del Regolamento Urbanistico e
del Piano Strutturale Comunale nei primi anni del nuovo millennio,
solo oggi ha una proposta, quindi non ancora norma, del solo
Regolamento Urbanistico. Nel prossimo paragrafo verrà esplicitata
l’efficacia propulsiva del modello di pianificazione del territorio
proposto, annotando gli elementi vocazionali.
Va rilevato un ultimo elemento di difficoltà del rapporto tra
urbanistica ed insediamento commerciale ed anche in questo caso
saranno evidenziati aspetti contenuti nel dettato normativo. La
cosiddetta riforma Bersani, nel distinguere le varie tipologie delle
strutture di vendita 83, a differenza della previgente legislazione, non
prevede alcun atto di programmazione commerciale per i cosiddetti
esercizi di vicinato, mentre vincola all’approvazione di specifici criteri
l’insediamento delle medie e grandi strutture di vendita 84. Da questo
quadro normativo emerge che gli esercizi di vicinato non debbano
essere sottoposti a nessuna programmazione commerciale perché il
loro insediamento è disciplinato unicamente dal piano urbanistico,
83
D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998. Articolo 4, comma 1°: […]
d) per esercizi di vicinato quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con
popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente
superiore a 10.000 abitanti;
e) per medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a
1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con
popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;
f) per grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto e); […].
84
D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998. Articolo 8, comma 3°: “Il comune, sulla base delle disposizioni regionali e
degli obiettivi indicati all'articolo 6, sentite le organizzazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni
imprenditoriali del commercio, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1”; Articolo 9,
comma 3°: ” La domanda di rilascio dell'autorizzazione è esaminata da una conferenza di servizi indetta dal
comune, salvo quanto diversamente stabilito nelle disposizioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni dal
ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la Regione, la Provincia e il Comune
medesimo, che decide in base alla conformità dell'insediamento ai criteri di programmazione di cui all'articolo 6.
Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro novanta giorni dalla
convocazione; il rilascio dell'autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione”.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 58
mentre le strutture commerciali più consistenti (medie e grandi) sono
sottoposte ad una doppia disciplina, quella commerciale e quella
urbanistica.
Ad ingarbugliare ulteriormente la matassa ci ha pensato, ancora
una volta, il legislatore. La riforma costituzionale del 2001 e,
soprattutto, le pressioni esercitate sul governo dalla crisi economica di
questi ultimi anni, hanno prodotto nuova legislazione a carattere
nazionale nell’alveo del principio della tutela della concorrenza,
considerata materia trasversale e, quindi, di competenza statale 85. In
particolare, con una serie di leggi emanate tra il 2006 ed il 2012 86 sono
stati eliminati una serie di vincoli e limitazioni sui quali era fondata la
programmazione
commerciale.
Sono
state
abrogate
norme
che
prevedevano limiti numerici per le attività economiche in generale e per
gli esercizi commerciali in particolare, fondati su quote di mercato
predefinite o calcolate sul volume delle vendite per aree subregionali,
nonché sulla definizione discrezionale dell’offerta basata sulla quantità
di domanda presunta.
E’ del tutto evidente che queste ultime normative limitano
alquanto la valenza della programmazione commerciale, iscrivendo in
ambito urbanistico diverse annotazioni della stessa programmazione.
E’, quindi, un tema centrale per l’urbanistica prendersi cura di
aspetti più tipicamente economici, compresi quelli attinenti al settore
del commercio, per fornire specifici strumenti operativi, al fine di
sviluppare sinergie tra la funzione svolta dal commercio e quella svolta
85
La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha sostenuto la presenza all’interno dell’elenco dell’art. 117, 2°
comma, della Costituzione, di materie di valore individuate in base al fine ed allo scopo che l’intervento
legislativo mira a perseguire, tra questa è annoverata la tutela della concorrenza. Cfr. R. BIN e G. FALCON,
Diritto Regionale, IL MULINO, Bologna, 2012, pp. 223 e 224.
86
La legislazione cui si riferisce è la seguente: Legge nr. 248 del 4 agosto 2006; D. Lgs. nr. 59 dell’8 maggio
2010 di attuazione della direttiva europea 2006/123/CE; il D.L. nr. 138 del 13 agosto 2011, convertito nella
Legge nr. 148 del 14 settembre 2011; il D. L. nr. 201 del 6 dicembre 2011, convertito nella Legge nr. 214 del 22
dicembre 2011; il D.L. nr. 1 del 24 gennaio 2012, convertito nella Legge nr. 27 del 14 marzo 2012; il D.L. nr. 5
del 9 febbraio 2012, convertito nella Legge nr. 35 del 4 aprile 2012. Visibili sul sito web: www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 59
da tutti gli elementi connotanti il territorio.
Un intervento di programmazione commerciale non può, quindi,
prescindere dalla pianificazione urbanistica, considerato che solo in
quest’ultima possono essere rintracciati gli strumenti necessari alla
gestione dell’impatto sul territorio prodotto dall’insediamento delle
attività economiche. Ma v’è evidentemente di più. Un di più che è
possibile
rintracciare
solo
se
all’urbanistica
si
approda
con
un’accezione multidisciplinare e con l’intento di originare le politiche di
sviluppo locale di cui si è parlato nel 1° Capitolo. Solo in questo caso il
connubio, pur difficile, si esplicherà attraverso una dinamica relazione
tra tutti gli aspetti del territorio, compresi quelli economici. Un
territorio che non corrisponde ad una concezione esclusivamente
topografica, ma ad un mondo vitale di persone, un luogo di esperienze
ed una sfera di competenze. E’ proprio della progettazione, ovvero di
quella tipica attività umana che immagina lo spazio e gli oggetti in
funzione di un’attività, di uno scopo, dei potenziali fruitori, trasformare
un ambiente in un luogo, ossia in un territorio dotato di significato 87.
Il
connubio,
quindi,
oltre
che
tra
lo
strumento
di
programmazione e quello di pianificazione, va cercato anche tra il
territorio nella sua interezza ed i suoi abitanti.
La vocazione del territorio di Pisticci espressa dal
Regolamento Urbanistico
Sulla scorta degli elementi di connubio, così come ridefiniti nel
precedente paragrafo, saranno ricercate tracce di vocazione del
territorio, utilizzando le lenti dell’autosostenibilità e della coscienza di
87
TERRI MANNARINI, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, 2004, pp.18 e 21.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 60
luogo, così come definite nel 1° Capitolo. Come si è fatto cenno
innanzi, il Comune di Pisticci è in procinto di approvare, sia pure con
notevole ritardo, il primo dei due documenti previsti dalla Legge
Urbanistica
Regionale 88:
il
Regolamento
Urbanistico.
Pertanto,
nell’analisi documentale della relazione preliminare del Regolamento
urbanistico del Comune di Pisticci, si cercherà di focalizzare i sentieri
vocazionali sui quali fondare processi di sviluppo locale.
Già ad un preliminare sguardo del documento occorre annotare
un elemento che, nella logica di un approccio all’urbanistica quale
condicio sine qua non per inscrivere nel territorio il progetto di
sviluppo, ne fa perdere la sua valenza multidisciplinare. Infatti, nel
gruppo di progetto incaricato di redigere lo strumento di pianificazione,
pur con la presenza di docenti universitari, vi sono esclusivamente
tecnici: ingegneri ed architetti 89. Questa preliminare annotazione non è
di poco conto, in quanto mutila notevolmente il progetto di diverse
sensibilità professionali, necessarie per inscriverlo e situarlo nel
territorio.
Il
documento
preliminare
della
pianificazione,
dopo
aver
registrato e commentato gli elementi costitutivi del profilo territoriale e
del bilancio urbanistico, annota alcune peculiarità: “tuttavia è proprio
nel paesaggio delle zone interne, segnatamente delle colline e dei
calanchi, che si concentrano i caratteri più peculiari del territorio 90 di
88
L.U. Regione Basilicata nr. 23 dell’11 agosto 1999 e s.m.i.: tutela, governo ed uso del territorio. Detta legge fa
un chiaro richiamo ai principi della democrazia partecipativa quando stabilisce tra le finalità (comma 1°
dell’articolo 1) che “la pianificazione territoriale ed urbanistica, quale parte organica e sostanziale della
programmazione regionale, persegue, attraverso le modalità, le procedure e le strutture operative definite nella
presente legge ed in riferimento a principi di trasparenza, partecipazione alle scelte ed equità nella ridistribuzione
dei vantaggi, obiettivi di sviluppo sostenibile nel governo unitario del territorio regionale”. E’ difficile, allo stato,
dire quanto la pianificazione nei vari Comuni della Regione sia stato il frutto di scelte “partecipate” dai cittadini
interessati. L’esperienza che ho acquisito mi suggerisce che spesso i pochi incontri programmati con le comunità
interessate, si sono trasformati in teatrini per parate di politici in cerca di visibilità e di pochi addetti ai lavori.
89
Attualmente il gruppo di progetto non ha più alcun incarico da parte della Pubblica Amministrazione ed ha,
quindi, consegnato tutta la documentazione preliminare. L’incarico è stato affidato ad uno solo dei tecnici dello
stesso gruppo.
90
Appare evidente che in questo caso la parola “territorio”, così come in tutto il documento, è utilizzata come
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 61
Pisticci:
un
territorio
tra
i
più
belli
della
regione,
ancora
sostanzialmente integro perché non investito da significativi fenomeni
di diffusione 91, ricco di risorse agricole di pregio” 92. Più oltre fissa,
quale obiettivo primario che l’Amministrazione Comunale intende
perseguire attraverso gli atti di pianificazione, quello di “dare un nuovo
assetto al territorio di Pisticci” 93.
Gli obiettivi strategici della proposta di pianificazione territoriale
“discendono dalla individuazione dei valori primari e fondanti del
territorio di Pisticci: quelli sui quali si possono costruire scenari di
lungo periodo attraverso i quali filtrare i problemi del presente ed
individuare gli obiettivi specifici e le azioni finalizzate per il loro
perseguimento. In estrema sintesi questi valori (primari e fondanti)
risiedono, in primo luogo, nella bellezza ancora sostanzialmente
integra del territorio non urbanizzato, tra i pochi non ancora colpito da
fenomeni di diffusione, e, in secondo luogo (ma di pari importanza),
nella peculiarità assoluta dell’impianto urbano
del centro-città e
dell’architettura della sua parte più antica. Son questi valori duraturi
che vanno prioritariamente difesi e, se possibile, arricchiti, in quanto
proiettano
l’immagine
di
Pisticci
nel
panorama
nazionale
ed
internazionale e possono costituire fattori di attrazione e di crescita
economica […]. Da ciò derivano le prime due scelte strategiche che
informano entrambi gli strumenti di pianificazione (RU ed PSC) ed i
conseguenti atti dell’Amministrazione Comunale: ad un modello
territoriale
policentrico;
alla
massima
tutela
e
valorizzazione
dell’ambiente naturale e storico” 94.
Ho voluto trascrivere integralmente un lungo passaggio della
sinonimo di “ambiente”.
91
In tutto il documento preliminare non è specificato il significato della locuzione “fenomeni di diffusione”.
Tuttavia, dal tenore dello stesso, penso che possa essere interpretata come “diffusione dell’edificato”.
92
Relazione preliminare al Regolamento Urbanistico, 2010, p. 9.
93
Op. cit. p. 9
94
Op. cit. p. 11.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 62
relazione perché risulta alquanto emblematico. La prima, quasi
spontanea, domanda che sorge appena letto il brano è: di quale
territorio si sta parlando? Se non fosse per la parola “Pisticci”, inserita
ben due volte, le considerazioni e le argomentazioni proposte possono
andar bene per qualsiasi luogo e per qualsiasi tempo. E’ la logica del
progettista con la valigetta scura con dentro progetti precostituiti, che
si allontana sempre più dalla logica del progetto locale. E’ un chiaro
esempio di urbanistica globalizzata: stesso disegno della città, stesse
direttrici di sviluppo, stessa logica di progettare gli spazi pubblici;
stessa assenza di ogni riferimento al luogo.
Forse abbiamo ceduto troppo presto alla voglia di commentare i
contenuti del documento, per cui vorremmo andare avanti nell’analisi,
cercando quelle tracce vocazionali di cui abbiamo fatto cenno innanzi.
Un secondo gruppo di obiettivi che vengono annotati nella relazione
riguardano il miglioramento della qualità urbana nei quattro centri
abitati in cui è suddiviso il Comune 95. Per tutti e quattro gli ambiti
urbani
individuati
il
documento
elenca
obiettivi
inerenti
la
conservazione, il recupero, la riprogettazione, la riqualificazione
dell’edilizia esistente. Solo per l’area industriale di Pisticci scalo
accenna ad una multifunzionalità da sviluppare attraverso un
Programma Integrato di Intervento 96 dell’area edificata ed urbanizzata
che, già di proprietà della SNAM, è stata da pochi anni ceduta al
Comune “in vista della conversione e della valorizzazione dell’intero
agglomerato industriale e del potenziamento dell’aeroporto” 97. La tutela
e la valorizzazione dell’ambiente naturale costituiscono il substrato di
obiettivi, quali: la conservazione ed il recupero dell’impianto urbano e
95
I quattro centri abitati sono: Pisticci-città; Pisticci scalo, Tinchi e Marconia.
Il Programma Integrato di Intervento (PrInt), previsto dalla Legge nr. 179 del 17 febbraio 1992 e dalle
rispettive leggi regionali, è una forma di programmazione negoziata finalizzata a riqualificare il tessuto
urbanistico, edilizio ed ambientale di un territorio. Prevede una pluralità di funzioni, soprattutto di natura
pubblica ed ha una rilevanza territoriale capace di incidere fortemente sulla riorganizzazione dell’ambito urbano.
97
Relazione preliminare al Regolamento Urbanistico, 2010, p. 11.
96
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 63
dell’edilizia di valore storico; lo studio delle possibili evoluzioni
dell’edilizia storica; la tutela delle aree naturali ed agricole pregiate; la
prevenzione dei rischi geologici; la “tutela del litorale”98 e la “possibilità
di sviluppo di attività produttive e ricreative di qualità” 99.
Il documento va oltre e, nel definire gli obiettivi specifici,
suggerisce che “il RU ha essenzialmente lo scopo di sbloccare la
situazione dei centri abitati e di consentire che al loro interno si
rimetta in moto una dinamica urbanistica finalizzata alla soluzione dei
problemi attuali e più urgenti dei centri medesimi, problemi che non
possono più trovare la loro risoluzione all’interno del P.R.G. previgente
e superato […]” 100. In prosieguo presenta una sintesi dei principali
problemi e, per tutti e quattro gli agglomerati urbani considerati,
annota un puntuale elenco di interventi di carattere edilizio, con
l’unica eccezione costituita dalla previsione del Programma Integrato di
Intervento per alcune zone di Marconia. Dal documento non si evince
alcunché in merito agli obiettivi del PrInt, né il perché dell’opzione di
intervento scelta, rispetto ad altri programmi.
La relazione non ha scordato di appuntare considerazioni in
merito ai regimi d’uso. “Per quanto riguarda il Regime d’uso, che viene
classificato come prevalentemente residenziale, le Norme Tecniche di
Attuazione del Regolamento Urbanistico lo disciplineranno in modo più
dettagliato in base al criterio di lasciare la maggiore libertà possibile
alle iniziative di valorizzazione economica, attraverso il possibile
inserimento di servizi alla persona, ricettivi, culturali, commerciali,
purché siano di non grande dimensione”101. Anche in questo caso, ho
voluto trascrivere per intero il testo della relazione, perché quest’ultima
citazione costituisce il punto di maggior rilievo in merito alle vocazioni
98
Op. cit., p. 12
Op. cit., p. 12.
100
Op. cit. p. 12.
101
Op. cit. p. 16.
99
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 64
di sviluppo economico espresse dal documento preliminare della
proposta di Regolamento Urbanistico.
Oltre quanto innanzi riportato, il documento preliminare si
sofferma sulle dinamiche demografiche utilizzando dati alquanto
remoti, sul bilancio dei volumi edificati e sulla dotazione degli standard
urbanistici 102. Le dinamiche demografiche ed il bilancio urbanistico
costituiscono la parte più analitica del documento, tuttavia è del tutto
evidente la loro inadeguatezza per sostenere ed argomentare le scelte
proposte. Non è in discussione il modello di territorio che la relazione
previsionale identifica, considerato che l’esame approfondito del
documento non riesce ad individuarne alcuno. L’eccessiva genericità e
sinteticità, sia dello stato del territorio, che degli obiettivi proposti, non
permettono l’individuazione di alcuna linea di azione per l’attuazione di
politiche di sviluppo locale autosostenibile di tutte le componenti del
territorio. Utilizzare l’epidermica lettura del territorio proposta dalla
relazione previsionale del Regolamento Urbanistico rende davvero
difficile proporre una programmazione commerciale che esca dalla
concettualizzazione astratta di princìpi e sappia trovare adeguati
riscontri ad un interesse costituzionalmente tutelato. Men che meno è
pensabile, data la genericità dei principi espressi, di inscrivere nel
testo di questa pianificazione urbanistica la tutela di qualunque
interesse economico.
Occorre, quindi, cercare nelle pieghe del nuovo Regolamento
urbanistico e, nello specifico, nelle Norme Tecniche di Attuazione e
nelle relative Tavole, quelle tracce vocazionali del territorio, nell’ottica
dell’autosostenibilità.
Nei
paragrafi
che
seguono
cercheremo
di
individuare più nel dettaglio il percorso evolutivo, il paradigma, gli
obiettivi e gli strumenti della programmazione, rimandando, come
102
Per gli standard urbanistici, il D.M. nr. 1444 del 1968 prevede aree minime per servizi dell’istruzione, per il
verde pubblico, per i parcheggi, ecc.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 65
detto, alla stesura delle Norme Tecniche di Attuazione l’attuazione
degli obiettivi della stessa programmazione commerciale. Nel Capitolo
successivo
sarà,
invece,
presentata
una
lettura
del
territorio
caratterizza da un approccio di tipo socio-economico, nella quale
ricercare quegli elementi evidenzianti le vocazioni del territorio, che
saranno riportate nella proposta di Regolamento Urbanistico.
Un ripasso storico
In Italia la prima regolamentazione in materia di commercio
venne prodotta nel ventennio fascista: la Legge nr. 2501 del 18
dicembre 1927. Nel solco dell’impostazione generale dell’ordinamento
giuridico
dell’epoca
anche
questa
legge
di
settore
non
aveva
principalmente finalità economica, bensì l’intento di assoggettare le
attività ad un regime di licenze e controlli di polizia per la tutela
dell’interesse generale dell’ordine e dell’igiene pubblica.
Questa legge è rimasta in vigore oltre quarant’anni, nonostante la
Costituzione del 1948 avesse stabilito il principio della libertà
dell’iniziativa
economica 103,
pur
con
le
necessarie
limitazione
funzionali alla tutela degli interessi generali.
La promulgazione della legge nr. 426, avvenuta l’11 giugno 1971,
può
essere
considerata
l’evento
da
cui
prende
avvio
la
vera
trasformazione della rete distributiva commerciale in Italia. Nella scia
del pensiero di interventismo statale, dominante in quegli anni, la più
eclatante novità introdotta dalla legge è il concetto di “pianificazione” a
mezzo della formazione dei piani di sviluppo e di adeguamento della
103
Art. 41. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo
da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli
opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 66
rete distributiva di vendita 104. L’elemento fondante, su cui la stessa
legge erigeva il paradigma della pianificazione, consisteva nella
divisione dei prodotti commerciali in due categorie merceologiche: una
prima categoria composta da alimentari ed abbigliamento, quali beni di
largo e generale consumo; una seconda categoria residuale composta
da tutti gli altri beni commercializzabili. Il commercio dei beni inscritti
nella prima categoria era soggetto a pianificazione contingentata in
termini di superficie massima autorizzabile per ogni singola zona
commerciale; il commercio dei beni residuali era, invece, nella
disponibilità della libera iniziativa del mercato.
La legge venne promulgata all’inizio degli anni settanta, segnati
da una forte presenza dello Stato nell’economia e, nonostante il forte
ritardo nell’approvazione delle norme di esecuzione 105, senza le quali
nessun
Comune
avrebbe
potuto
adottare
provvedimenti
di
pianificazione, conteneva già qualche elemento di liberalizzazione del
settore. Una sorta di liberalizzazione ante litteram e limitato al
commercio di beni di scarso rilievo economico.
Nel periodo trentennale di vigenza della legge in Italia si sono
susseguite alterne vicende con evidenti risvolti nell’economia e nel
sociale.
Nel primo periodo, corrispondente agli anni Settanta, il processo
di modernizzazione della rete distributiva commerciale, auspicato dalla
legge con la previsione degli effetti benefici della pianificazione, avanza
molto lentamente, anzi quasi per nulla, considerata la mancanza di
104
Art. 11 - Principi generali. - Al fine di favorire una più razionale evoluzione dell'apparato distributivo, i
Comuni procedono alla formazione di un piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita […];
Il piano, nel rispetto delle previsioni urbanistiche, tende ad assicurare la migliore funzionalità e produttività del
servizio da rendere al consumatore e il maggior possibile equilibrio tra installazioni commerciali a posto fisso e
la presumibile capacità di domanda della popolazione stabilmente residente e fluttuante, tenuto conto anche delle
funzioni svolte dall'ambulantato […];
Art. 12 - Piani comunali - Il piano rileva la consistenza della rete distributiva in atto nel territorio del comune,
detta norme e direttive per lo sviluppo e l'adeguamento della medesima, e può determinare, per i vari settori
merceologici, la superficie minima dei locali adibiti alla vendita […].
105
D.M. nr. 375 del 4 agosto 1988.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 67
uno strumento di esecuzione del testo legislativo. Sono anni di forte
stagnazione economica e di forti tensioni politiche e sociali.
Un diverso orientamento si è registrato negli anni Ottanta. In
questo periodo le imprese commerciali italiane hanno parzialmente
recuperato il ritardo rispetto all’attività distributiva nel resto d’Europa.
La ripresa economica ed il boom dei consumi della metà di quegli anni
hanno costituito la forza trainante di questo recupero. Il mutato
atteggiamento politico e culturale degli italiani ha costituito il fattore
che ha determinato la ripresa; le Pubbliche Amministrazioni hanno
iniziato ad adottare i primi strumenti di pianificazione.
Gli anni Novanta hanno nuovamente segnato una contrazione dei
consumi, che raggiunge il picco negativo nel 1993, quando il reddito
disponibile delle famiglie italiane diminuisce del 5,2% 106. Nonostante la
ripresa produttiva, iniziata a partire dalla metà del decennio Novanta, i
consumi continuano a ristagnare e la domanda aggregata cresce solo
per il segno positivo delle esportazioni, piuttosto che per la domanda
interna. Il vero fenomeno nuovo di questi anni è l’insediamento di
nuove tipologie distributive, ben più aggressive della classica Unità
Locale della tradizionale impresa commerciale. E’ il periodo in cui
comincia ad essere apprezzabile il tasso di insediamento dei primi
ipermercati,
hard-discounts
e
grandi
superfici
di
vendita
despecializzate. Il rovescio di questa medaglia è, evidentemente,
costituito da una forte riduzione del commercio tradizionale. Già
apparivano all’orizzonte segnali di turbolenza del settore e, ai più,
appariva del tutto necessario un segnale di cambiamento di rotta. Le
politiche di pianificazione delle Pubbliche Amministrazioni locali
avrebbero dovuto dare una risposta in termini di nuovo orientamento e
di sostegno alle piccole e medie imprese del settore che, altrimenti, non
106
ISTAT, I consumi delle famiglie. Anno 1993.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 68
avrebbero retto il peso degli elementi devastanti indotti dal mutamento
del mercato. Lo strumento previsto per affrontare la complessa
problematica
del
settore,
costituito
“dai
piani
di
sviluppo
e
adeguamento della rete di vendita”, apparve del tutto inefficace. Quei
pochi
provvedimenti
di
pianificazione
approvati
mostrarono
immediatamente un grosso deficit, costituito dalla mancanza di una
propedeutica fase analitica focalizzata sul territorio e, di conseguenza,
presentarono difficoltà a produrre strumenti operativi efficaci per reali
dinamiche di sviluppo. Un’ulteriore aggravante era costituita da una
netta disgiunzione tra pianificazione commerciale e pianificazione
urbanistica che, per la verità, era del tutto prevedibile, considerato il
dettato normativo che assoggetta la prima alle disposizioni della
seconda 107.
Una lettura odierna del periodo di vigenza della Legge nr. 426 è
un racconto di un coacervo di occasioni mancate e di rarissime
opportunità concretizzate. La scarsa pianificazione effettuata, la
mancanza,
pressoché
totale,
delle
norme
di
raccordo
tra
la
pianificazione commerciale e la pianificazione urbanistica, hanno reso
inefficace
la
strategia
prevista
dal
testo
legislativo
per
la
modernizzazione del settore.
L’avvio della rivoluzione tecnologica ha segnato la seconda metà
degli anni Novanta ed ha avuto risvolti sia sotto il profilo economico,
sia sotto quello sociale. Lo sviluppo della conoscenza dei dati e la
trasmissione automatizzata delle informazioni su canali comunicativi
impensabili nel periodo precedente hanno fortemente influenzato
l’economia e la società. In questa cornice socio-economica sono
maturate
le
condizioni
per
un
cambiamento
di
rotta
che
rappresentasse una vera rivoluzione per il settore della distribuzione
107
Cfr. il 2° comma dell’art. 11 della Legge nr. 426/1971, riportato nelle precedenti note.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 69
commerciale al dettaglio.
Il 31 marzo 1998, con Decreto Legislativo nr. 114, è stata
approvata la “riforma della disciplina relativa al settore del commercio,
a norma dell’art. 4 – comma 4° - della Legge 15 marzo 1997, n. 59”.
Più nota come “Riforma Bersani”, il decreto rappresenta attualmente la
magna charta del settore pur se, in seguito alla modifica del Titolo V
della Costituzione, la materia è di competenza esclusiva delle Regioni.
La
riforma
venne
acclamata
come
il
manifesto
della
liberalizzazione del commercio fondata sui principi della libera
concorrenza e della libera circolazione dei prodotti in vendita. Abolisce
il concetto di pianificazione e di altri interventi pubblici nell’economia e
stabilisce che le Regioni, quali indirizzi generali per l’insediamento
delle attività economiche, devono fissare criteri di programmazione
urbanistica riferita al settore del commercio 108.
Il paradigma della programmazione commerciale
Evidenziare il ruolo che la programmazione commerciale può
assumere all’interno di un processo di sviluppo locale può sembrare
del tutto marginale. Le ragioni di questa apparente marginalità vanno
ricercate in molte direzioni: dall’idea che il commercio è un fatto
privatistico, al ritenerlo una forma minore di economia, dalla
mancanza di professionalità degli operatori, spesso ritenuti quasi
imprenditori di ripiego, alle politiche economiche delle Pubbliche
Amministrazioni, che continuano a coltivare malsane idee di sviluppo
di
stampo
fordista
improntato
alla
mera
crescita
economica,
ammiccando alla grande industria o ad un turismo di razzia. Nel
108
Cfr. art. 6 del D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 70
prosieguo di questo paragrafo si cercherà, invece, di fondare le ragioni
a sostegno di un ruolo strategico della programmazione commerciale
quale elemento che può contribuire alla definizione di coscienza di
luogo ed in più sostenere processi di sviluppo locale, dei quali si è
parlato nel 1° Capitolo. Preliminarmente occorre chiarire che l’obiettivo
non è riproporre l’ennesimo strumento di programmazione per la
definizione di uno specifico sviluppo del territorio, improntato su
alcuni determinati temi. L’intervento é, invece, quello di delineare una
logica
di
fondo,
un
paradigma
generale
dell’intervento
di
programmazione che possa fungere da guida per la realizzazione di
progetti partecipati all’interno del territorio. La logica di fondo che si
vuole delineare è inscrivibile in un paradigma segnato da due linee di
demarcazione:
• rivalutazione della dimensione partecipativa, per sviluppare
processi cooperativi che tengono viva la dimensione sociale e
consentono alle comunità locali di sostenere i propri membri nel
collaborare per raggiungere obiettivi comuni e soddisfare i loro
bisogni fondamentali 109;
• progetto locale dello sviluppo autosostenibile, che valorizzi il
territorio in tutte le sue componenti e senza patrimonializzarlo.
Fissate le linee di demarcazione del paradigma che si vuole
definire,
occorre
un’ulteriore
considerazione
per
una
maggiore
definizione del quadro di riferimento e per una, sia pur essenziale,
teoria del metodo di programmazione.
I profondi cambiamenti antropologici, sociali ed economici di
questi ultimi decenni hanno reso obsoleti
i modelli simbolici e le
risorse di senso tradizionali. I codici culturali tradizionali non aiutano
più le persone, le istituzioni ed anche le strutture produttive a
109
Cfr. TERRI MANNARINI, Comunità e Partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004, p. 38.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 71
orientarsi sensatamente entro gli ambienti di riferimento. Si vive in
continua crisi di senso sociale ed economico e c’è uno stato di
incertezza diffusa, causato dalla mancanza di ancoraggi a dispositivi
regolativi consolidati. L’obsolescenza dei modelli simbolici implica una
caduta della capacità strategica di governare i processi organizzativi, i
processi produttivi e le relazioni sociali 110. I contesti sociali e quelli
economici sono caratterizzati da un elevato tasso di dinamicità e,
pertanto, non sono immediatamente ascrivibili in un sistema semiotico
noto e, dunque, non istantaneamente prevedibili e controllabili. I
progetti non si definiscono nella relazione immanente con il territorio
nel quale vengono realizzati e la mancanza di invarianza e prevedibilità
della relazione sollecita nuovi processi di innovazione, sia in ambito
istituzionale, sia in ambito organizzativo e produttivo.
Questa concezione rappresenta una chiara critica al modello
classico dello sviluppo. Questo, come già si è detto ampiamente nel 1°
Capitolo, rappresenta una concezione limitata e distorta dello sviluppo,
poiché lo interpreta essenzialmente come problema tecnico per una
crescita infinita. In antitesi a tale visione, occorre coltivare un’idea che
ancori l’autosostenibilità della crescita alla capacità del territorio di
generare sviluppo locale. In tale concezione l’interesse particolare,
anche di carattere economico, e la cosa pubblica trovano la giusta
ricomposizione ed è lo stesso capitale sociale ad alimentare lo sviluppo
civile 111 ed anche produttivo.
Definire un metodo di programmazione economica è cosa assai
complessa, che diviene impossibile e sostanzialmente inutile se si parte
con l’obiettivo di determinare un repertorio di risposte. Ciò che più
funzionalmente può costituire lo strumento di programmazione è un
110
Cfr. MARCO GUIDI e SERGIO SALVATORE, Trasformazioni di scenario e nuovi modelli, in Gli esperti
della Formazione a cura di FRANCO BOCHICCHIO, AMALTEA EDIZIONI, 2006, pp. 188, 189 e 190.
111
Op. cit., p. 192.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 72
repertorio di criteri, ovvero una modalità sovraordinata di elaborazione
degli input del territorio mediante categorizzazioni dinamiche e situate.
Definire un repertorio di risposte significa definire modelli di pensiero
che operano localmente ed in modalità tendenzialmente incapsulata e
cieca rispetto al contesto, poiché focalizzati ad individuare la risposta
giusta suscitata da qualunque stimolo. E’ alquanto limitato pensare di
proporre un simile modello per implementare processi di sviluppo
autosostenibile. Definire un repertorio di criteri significa, invece,
operare mediante dispositivi categoriali sovraordinati, sviluppando
azioni di governo capaci di interpretare il territorio 112, ascoltando tutte
le voci che da esso si levano. Il modello proposto è finalizzato a
potenziare la capacità di tutti gli attori del territorio: per governare
l’azione, in rapporto alla variabilità ed alla peculiarità contestuale,
mediante dispositivi categoriali sovraordinati; per costruire modalità
efficace di partecipazione per la piena realizzazione ella democrazia
deliberativa;
per
focalizzare
bisogni
politici,
sociali,
economici,
ambientali e territoriali per finalizzare uno sviluppo autosostenibile;
per sviluppare un rapporto simbiotico tra tutte le componenti del
territorio; per educare ad un pensiero destrutturante capace di
soluzioni innovative.
Un
paradigma,
quindi,
capace
di
guidare
l’azione
di
programmazione: per definire il ruolo del commercio nel disegno del
territorio; per definire le sinergie funzionali tra il commercio, le altre
attività economiche, quelle di servizio ed il sistema ambientale,
paesaggistico e naturale; per definire la funzione ed il ruolo del
commercio nei processi di caratterizzazione dell’identità storica,
culturale e sociale.
112
Op. cit., p. 200.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 73
Gli obiettivi e gli strumenti della programmazione
commerciale
La programmazione del settore del commercio delineata nel
quadro normativo introdotto dalla Riforma Bersani è sorretta da due
tematiche prevalenti:
• l’individuazione
della
Regione
e
del
Comune
quali
livelli
istituzionali più adeguati per una strategia efficace ad una
finalità di programmazione capace di produrre il virtuoso
connubio tra la logica degli insediamenti commerciali e la
pianificazione urbanistica del territorio;
• la consapevolezza della sostanziale diversità dei territori sui quali
sviluppare, con le caratteristiche e gli attributi del progetto
locale, la programmazione commerciale.
Un
primario
obiettivo
da
raggiungere
attraverso
la
programmazione è costituito, quindi, dalla valorizzazione degli elementi
della pianificazione urbanistica, quali elementi qualificanti l’intervento.
Le contaminazioni reciproche tra la programmazione commerciale e la
pianificazione urbanistica, costituiscono il nodo centrale del percorso
teso a definire il ruolo del commercio nel territorio. E’ una sorta di
rivoluzione
eguaglianza
copernicana,
tra
la
giacché
funzione
viene
sancita
commerciale
e
una
sostanziale
quella
industriale,
includendo anche l’insediamento delle strutture commerciali tra quelle
produttive in generale, suscettibili di limitazioni e di regolamentazioni
solo in base a precisi indicatori di compatibilità urbanistica. Lo stesso
obiettivo può essere descritto in un’accezione positiva: il tema
dell’ammodernamento e della razionalizzazione dell’apparato distributivo deve essere sviluppato attraverso strumenti di studio, di analisi e
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 74
di indirizzo che incidano sull’assetto urbanistico del territorio e ne
determinino un progetto di sviluppo locale. Un obiettivo complesso, dal
quale dipende gran parte dell'efficacia dell'attività amministrativa
inerente la stessa programmazione commerciale. Partendo da questo
assunto, sono stati assegnati alle Regioni ed ai Comuni, quali livelli
ottimali di programmazione, chiari compiti per le scelte di politica di
sviluppo del territorio relativa agli insediamenti commerciali.
L’assetto dei poteri e delle competenze previsto nella Riforma
Bersani attribuisce alle Regioni ed ai Comuni un nuovo ruolo
maggiormente propulsivo, non solo perché debbono adottare politiche
organiche per lo sviluppo del territorio, ma soprattutto perché hanno
la possibilità di individuare modelli di programmazione, strumenti e
regole diversificate e, quindi, più rispondenti alle diverse esigenze
espresse da territori diversi. Questa è la seconda linea di demarcazione
degli obiettivi fissati dalla riforma, in netta contrapposizione con
quanto previsto dalla previgente legislazione, secondo la quale tutte le
regioni avrebbero dovuto gestire e governare uniformemente il settore,
prescindendo dalla diversità dei luoghi.
E’ la Regione, quindi, il primo livello a governare questa
differenziazione ed anche a dosare il grado di autonomia dei Comuni in
relazione ad alcuni ambiti: i centri storici, le aree metropolitane, le aree
montane.
Più nel dettaglio, la riforma fissa alcuni obiettivi perimetrati dalle
due linee tematiche innanzi annotate. Le scelte di politica regionale
dovranno essere indirizzate a precise finalità, quali 113:
• elevare la produttività e la qualità di una rete distributiva sempre
più integrata con le altre funzioni produttive;
• assicurare la libera concorrenza e l’equilibrato sviluppo delle
113
Cfr. il 1° comma dell’articolo 6 del D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. Visibile al sito web:
www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 75
differenti forme e tipologie distributive;
• valorizzare la funzione commerciale al fine di riqualificare il
territorio nella sua interezza;
• riqualificare le aree urbane di maggior pregio, salvaguardandone
gli aspetti storici, artistici, ambientali, naturali, culturali e
sociali;
• assicurare la presenza di servizi commerciali adeguati nelle aree
montane, rurali ed insulari;
• privilegiare lo sviluppo e la trasformazione delle piccole e medie
imprese operanti nel territorio;
• costituire appositi osservatori finalizzati alla conoscenza ed alla
valutazione dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva.
Più di recente, nel 2001, la modifica del Titolo V della
Costituzione 114 ha trasferito la materia nella competenza delle regioni.
L’articolo 117 della Costituzione, così come novellato, ha profondamente modificato la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni.
La materia del commercio non viene menzionata nelle materie di
competenza esclusiva dello Stato, né viene annoverata tra le materie
nelle quali le Regioni hanno competenza legislativa concorrente con
quello dello Stato. Ne consegue, dunque, che le Regioni hanno
competenza esclusiva in materia di commercio.
Il quadro normativo che emana dal dettato costituzionale è, però,
meno chiaro di quanto appaia. Infatti permane la competenza dello
Stato su alcune materie, concorrenti o trasversali, quali la tutela della
concorrenza, la tutela dell’ambiente, il sostegno all’innovazione dei
sistemi produttivi, la tutela della salute e dell’alimentazione, ecc., che
hanno conseguenze rilevanti in materia di commercio. Queste ultime,
percorrono trasversalmente tutti i vari settori produttivi, circoscrivendo
114
Legge Costituzionale nr. 3 del 18 ottobre 2001. Visibile al sito web: www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 76
e limitando la piena potestà legislativa regionale 115.
Stabilito l’alveo ed i limiti della competenza, la Regione Basilicata
ha approvato e pubblicato la Legge nr. 19 del 20 luglio 1999,
denominata “Disciplina del Commercio al dettaglio su aree private in
sede fissa e su aree pubbliche”, modificata ed integrata dalla
successiva Legge nr. 16 del 22 marzo 2000, ulteriormente modificata
ed integrata, in ossequio al disposto nel dettato costituzionale dopo la
modifica del 2001, con la Legge nr. 23 del 30 settembre 2008 116.
L’impianto
normativo
regionale
delinea
gli
adempimenti
comunali, in parte obbligatori, in parte facoltativi, che, diversificati per
ogni ambito territoriale, dovranno condurre agli obiettivi della riforma
del commercio voluta dal “Decreto Bersani” e dal trasferimento delle
competenze
in
materia
di
commercio
voluto
dal
nuovo
testo
Costituzionale del 2001. In coerenza con la ratio legis nazionale, le
disposizioni regionali definiscono criteri di programmazione correlati
alla pianificazione urbanistica. Le funzioni e le competenze attribuite ai
Comuni possono essere così riassunte:
• i Comuni, attenendosi ai criteri regionali, devono individuare le
aree da destinare agli insediamenti commerciali, specificando
dove sono consentiti gli insediamenti di medie e grandi strutture
di vendita 117;
• l’individuazione delle aree deve essere supportata da apposite
indagini urbanistico-territoriali, con particolare riferimento a
diversi fattori, quali le caratteristiche della viabilità, il livello della
domanda di beni della popolazione residente e fluttuante, le
caratteristiche strutturali dell’offerta. La scelta delle eventuali
115
Cfr. l’intervento di Daniela Paradisi, Direzione Generale per il Commercio del Ministero dello Sviluppo
Economico, alla 5^ edizione del Convegno Nazionale in tema di “Commercio ed Attività Produttive”, Bologna 8
novembre 2006.
116
Il testo coordinato delle norme regionali è visibile al sito web: http://www.consiglio.
basilicata.it/consiglionew/site/Consiglio/section.jsp?sec=107173&otype=1150. Visita del 7 dicembre 2014.
117
Cfr. il 1° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 77
aree per ospitare grandi strutture deve scaturire da indagini
conoscitive di carattere sovracomunale 118;
• l’individuazione delle aree destinate a medie e grandi strutture
tenendo
conto
delle
strutture
esistenti,
di
fornire
servizi
commerciali equamente ripartiti e diffusi sul territorio, di
decentrare le attività commerciali a favore delle zone e dei
quartieri periferici, ove la carenza di servizi accentua il degrado e
l’emarginazione, di privilegiare le previsioni di nuclei commerciali
integrati con altre attività di servizio pubbliche e private,
dell’accessibilità veicolare e pedonale alle strutture di vendita,
della facilità di immissione sulla viabilità primaria o ad alto
scorrimento; di evitare situazioni di monopolio 119.
La Regione Basilicata ha voluto dare attuazione agli obiettivi
sanciti a livello nazionale, sottolineando, tra l’altro, l’importanza di
tematiche
quali
l'integrazione
degli
interventi
di
pianificazione
territoriale, la gradualità della trasformazione attraverso opportuni
processi
di
riconversione
della
rete
esistente,
la
tutela
e
la
rivitalizzazione dei centri storici e degli ambiti territoriali di particolare
interesse artistico, culturale ed ambientale.
Nella
normativa
regionale
sono
delineati
gli
adempimenti
comunali che devono condurre, con percorsi diversificati per ogni
ambito territoriale, agli obiettivi fissati dalla riforma del commercio. Ai
Comuni è assegnato il compito di tradurre, a livello locale, i criteri di
programmazione
fissati dalla
Regione,
attraverso un complesso
procedimento di adeguamento 120 della pianificazione territoriale.
Nell’ambito di questo complesso procedimento, un capitolo
118
Cfr. il 2° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008.
Cfr. il 3° comma dell’art. 8 della L.R. nr. 19/99, m. ed i. dall’art. 5 della L.R. nr. 23/2008.
120
Con l’espressione “procedimento di adeguamento” si vuole indicare sia un percorso giuridico-amministrativo
finalizzato al connubio tra pianificazione territoriale e programmazione commerciale di cui è detto nei paragrafi
precedenti, sia un percorso di sviluppo locale improntato all’autosostenibilità e generato attraverso la
partecipazione di tutti i soggetti del territorio.
119
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 78
specifico dovrà riguardare la dotazione di criteri per gli insediamenti
commerciali nei centri storici. In questi luoghi l’obiettivo della
programmazione comunale dovrà mirare a non alterare i caratteri, la
morfologia, la tipologia architettonica, gli elementi connotativi e le
relazioni tra le diverse parti del tessuto urbano meritevole di
conservazione, individuando gli edifici che possono essere destinati ad
attività commerciale e di servizio e prevedendo specifiche disposizioni
relative
all’arredo
urbano
e
al
decoro,
evitando
l’eccessiva
caratterizzazione commerciale con elementi dal forte impatto e
cromatismi estranei al contesto, favorendo l’utilizzo dei materiali di
finitura autoctoni e consoni per la sistemazione dei fronti commerciali
esterni.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 79
Capitolo 3°
Il Comune di Pisticci: il territorio, la
demografia e l’economia
La linea guida che si è scelto per questo lavoro, come già chiarito
nell’introduzione, è tipicamente sociologica o, se si vuole allargare un
po’ il campo, si può perfino definirla politica, perché la sociologia è
un’attività intrinsecamente politica, in quanto offre una fonte separata
e
una
legittimazione
dell’autorità
alternative
alle
politiche
istituzionali 121. La sociologia, quindi, legittimamente invade il campo
della politica quando riesce a produrre visioni alternative a quelle
dell’establishment
politico,
quest’ultimo
oramai
arroccato
sulla
legittimazione a “decidere le cose” e sempre di più privato del potere di
“fare le cose” 122. E qual è il leitmotiv che permea la visione politica
dell’economia? Per definirlo in ogni suo aspetto prenderemo a prestito
un intero passo tratto da “Diario di un anno difficile” di John Maxwell
Coetzee. Questi ci fa notare che la diffusa e penetrante “immagine
dell’attività economica come di una corsa o di una competizione è in
qualche modo vaga nei particolari, ma si direbbe che se intesa come
gara non abbia un traguardo e dunque non conosca un punto di arrivo
naturale. L’unica meta del corridore è quella di arrivare in testa e
rimanerci. Perché la vita debba essere paragonata ad una corsa e
perché le economie nazionali debbano competere l’una contro l’altra
piuttosto che dedicarsi, insieme, ad un’amichevole e salutare corsetta
è una domanda che non viene nemmeno sollevata. Una corsa, una
competizione: così vanno le cose. Apparteniamo per natura a nazioni
diverse e per natura le nazioni sono in competizione con altre nazioni.
121
ZIGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà – A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, p.
31.
122
Op. cit. p. 138.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 80
Siamo come la natura ci ha fatti” 123. Coetzee continua: “Non c’è niente
di ineluttabile nella guerra. Se vogliamo la guerra, possiamo scegliere
la guerra, se vogliamo la pace, possiamo scegliere la pace. Se vogliamo
la concorrenza, possiamo scegliere la concorrenza; se no imboccare la
strada della collaborazione amichevole [...] 124 di certo il mercato non
l’ha creato Dio – Dio o lo Spirito della Storia. E se lo abbiamo fatto noi,
essere umani, non dovrebbe essere impossibile disfarlo e rifarlo in
forma più accettabile? Perché mai il mondo dovrebbe essere un’arena
in cui si scontrano i gladiatori – mors tua vita mea – piuttosto che, per
esempio,
un
industrioso
alveare
o
un
termitaio
cui
tutti
collaborano?” 125.
Questa lunga citazione ci conduce ad una considerazione che
costituisce e giustifica una caratteristica saliente di questo lavoro.
Basta una semplice scorsa ai documenti di pianificazione territoriale,
piuttosto che a quelli di programmazione economica, approvati dagli
Enti Locali, per rendersi immediatamente conto che tra la politica che
sceglie cosa fare ed il potere di fare le cose v’è un solco incolmabile.
Quasi tutti questi documenti 126 hanno due caratteristiche salienti. In
primis hanno il non dichiarato, ma trasparente obiettivo, di rispondere
esclusivamente ad un dettato normativo. Il piano o il programma
costituiscono una mera risposta ad un obbligo di legge che quasi
disturba la linea politica dell’attività della Pubblica Amministrazione.
Spesso sono malamente copiati dai siti web dei Comuni che,
nell’ambiente amministrativo italiano, sono considerati più virtuosi:
quelli dell’Emilia Romagna, del Veneto e della Toscana. La presunta
saggezza di quest’operazione è tutta nella retorica di questa domanda:
se quell’intervento ha prodotto buoni risultati per quel determinato
123
JOHN MAXWELL COETZEE, Diario di un anno difficile, EINADI, Torino, 2007, p. 81.
Op. cit. p. 83.
125
Op. cit. p. 121.
126
I siti web dei Comuni sono una fonte inesauribile di questa documentazione.
124
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 81
Comune, perché non dovrebbe funzionare anche da noi? Ovviamente è
una domanda che non ha alcun diritto di cittadinanza in un contesto
discorsivo improntato ad un’idea di sviluppo autosostenibile. V’è di
più. A chi affidare l’incarico e la fatica di redigere documentazione di
pianificazione o di programmazione originale e scaturente da un’idea di
coscienza diffusa del luogo in cui si dovrà attuare? Perché investire più
del necessario in quest’ambito, quando i canali privilegiati dei flussi
economici sono quelli delle opere pubbliche e degli interventi
clientelari? Sono anche queste domande retoriche, per le quali la storia
ha già, in parte, dato una risposta e ciò nondimeno continuano a
guidare quell’azione politica della quale la sociologia intende dare
letture
alternative.
documenti
di
La
seconda
programmazione
caratteristica
e
saliente
pianificazione
è
di
molti
nella
mole
abbondantissima di dati economici e demografici attraverso i quali si
ha la pretesa di oggettivare il mondo sociale ed economico. Una buona
parte dell’indagine sociologica non è immune da questa patologia. Negli
stessi documenti di pianificazione o programmazione v’è un palese iato
tra quella mole di dati, le scelte di intervento e le azioni di
implementazione,
innanzitutto
perché
la
disaggregazione
e
la
traduzione operativa di quegli stessi dati non è mai una operazione
facile e monodisciplinare, mentre la gestione di questi processi
complessi quasi mai avviene in maniera multidisciplinare. Inoltre, ed
ancora più importante, la turbolenza dei fattori economici e sociali
rendono davvero anacronistico pensare che la lettura di un dato
scaturente da un fenomeno passato possa validare una lettura dello
stesso o di altri fenomeni futuri. Credo che l’idea di previsione, a mezzo
di un modello matematico, del comportamento umano debba essere
bandita dall’indagine sociologica. Al più, vi può essere una previsione
di
probabilità
che,
però,
mostra
Programmazione attività commerciale: relazione
un’ampiezza
dell’intervallo
di
Pagina | 82
confidenza direttamente proporzionale alla turbolenza compulsiva dei
fattori dei quali cerca di misurare e quantificare la previsione.
Allora qual è il senso sociologico dell’esporre dati demografici ed
economici di un territorio?
Per tentare di dare una risposta a questa difficile domanda
citeremo nuovamente Bauman 127: “ci troviamo oggi in un tempo di
interregno: uno stato in cui i vecchi modi di fare le cose non
funzionano più ed i vecchi modi di vita appresi ed ereditati non sono
più appropriati alla condizione umana del presente, ma nuove maniere
di affrontare le sfide e nuovi modi di vita più appropriati alle nuove
condizioni umane non sono ancora inventati, costruiti e messi in
movimento […] Noi non abbiamo una chiara immagine di una
destinazione verso cui sembra si stia andando […] che il potere (vale a
dire, la capacità di fare le cose) è stato separato dalla politica (vale a
dire, la capacità di decidere quali cose devono essere fatte e di
assegnarle priorità), e, quindi, oltre ad essere confusi rispetto a cosa
fare, siamo all’oscuro anche rispetto a chi deve farlo”.
Questa corposa citazione suggerisce due ulteriori elementi
connotanti l’essenza sociologica di questa analisi. Il primo riguarda la
natura, il ruolo e la funzione dei dati nell’analisi socio-economica. Nel
tempo
dell’
“interregno”
l’unica
bussola
che
può
agevolare
la
navigazione, altrimenti a vista, è la conoscenza di fattori quali
strategie, conflitti, accordi, adattamenti, relazioni, fratture storiche,
ecc., che per loro natura rimangono esclusi da una lettura del reale
attraverso dati quantitativi di tipo demografico ed economico. Al più ne
rimangono notevolmente sommersi. Il ruolo dei dati è, quindi,
esclusivamente quello di fornirci una tra le tante letture dei “vecchi
modi di vita appresi ed ereditati” che difficilmente si riproporranno,
127
ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà – A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, pp.
104 e 105.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 83
mentre la loro è una funzione precipuamente euristica per formulare
ipotesi sulle “nuove condizioni (di vita) non ancora inventate, costruite
e messe in movimento”. Il secondo elemento connotante la natura
sociologica di questa ricerca, suggerito dalla citazione di Bauman,
riguarda il chi deve farlo. Credo che tra il potere e la politica vi possa
essere un trait d’union rintracciabile nel concetto di democrazia
deliberativa. Una sorta di terziarizzazione del problema che ci consente
di approdare ad una nuova visione del decidere e del fare le cose.
Nei paragrafi che seguono viene proposta una lettura del
territorio del Comune di Pisticci sulla base di dati del tipo demografico
ed economico. L’approfondimento di questi stessi dati è, quindi,
consono ad una lettura, tra le tante possibili, del territorio secondo
criteri che finora abbiamo appreso ed ereditato. Il ruolo e la funzione
che si intende attribuirgli per le nuove condizioni devono essere,
quindi, ancora del tutto immaginate e sperimentate.
Origine, storia e territorio di Pisticci
Le prime tracce umane nel territorio di Pisticci risalgono all’Età
del Bronzo, mentre nell’Età del Ferro le comunità indigene erano già
organizzate in piccoli e medi villaggi 128. A partire dal secolo VIII a. C.
arrivarono, nel territorio di Pisticci, coloni ellenici che si integrarono
con le popolazioni indigene, costruendo perfino un presidio militare,
sia a difesa del territorio, sia quale base per una penetrazione nelle
aree interne 129.
Il nome “Pisticci” è di origini incerte: per molti l’etimologia del
nome deriverebbe dalla parola greca Pistoikos, che vuol dire luogo
128
129
G. CONIGLIO, C. GIANNONE, Il Pittore di Pisticci, I.M.D. LUCANA, Pisticci, 2012, p. 7.
GIUSEPPE CONIGLIO, La Chiesa Madre di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 1997, p. 13.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 84
fedele 130; per altri il nome deriverebbe dal latino Pesticium, che indica
un luogo di pascoli 131. La derivazione dal greco è avvalorata anche dalle
lettere “M” e “P” presenti nello stemma araldico; la “M”
è la prova
dell’influenza della colonia ellenica di Metaponto.
Le
costruzioni
più
antiche
di
Pisticci
risalgono
all’epoca
normanna: la Chiesa Madre ed il Castello feudale ne sono una precisa
testimonianza.
La
stessa
Chiesa
Madre
è
l’edificio più
antico
dell’abitato di Pisticci: venne costruita nel 1542 sulle rovine di una
vecchia Chiesa del XII secolo, della quale si è conservato solo il
campanile.
Intorno all’anno mille Pisticci divenne un feudo e in località San
Basilio venne costruito un castello-fortezza tutt’ora esistente. Già nel
1280 Pisticci aveva organizzato il primo regolare servizio sanitario. Nel
1400 Pisticci era costituita dall’odierno rione Terravecchia e contava
una discreta popolazione 132.
L’episodio che ha cambiato il volto di Pisticci è accaduto nella
notte di Sant’Apollonia, il 9 febbraio 1688. Il centro storico dell’abitato
era livellato ad un’unica quota, quella del rione Terravecchia e, nella
notte di Sant’Apollonia, una frana lo distrusse quasi del tutto,
portandolo qualche decina di metri più in basso. La caparbietà e
l’operosità dei pisticcesi prevalse sul dolore e sul lutto per la perdita di
centinaia di concittadini sepolti dalla frana. In solo due anni il rione fu
ricostruito e venne denominato Dirupo, ad indicare il precipitare dalla
rupe accaduto a gran parte del rione Terravecchia. Oggi il rione Dirupo
è inserito nell’elenco delle cento meraviglie del mondo nel catalogo dei
Beni Ambientali. Quella frana non rovinò la Chiesa Madre, che rimase
integra proprio sull’orlo del precipizio. Le salde fondamenta e l’ottima
130
Da Pistis, fede ed Oikos, luogo. Fedeltà alla città di Taranto nella guerra contro Roma nel III secolo a.C.
La minor fondatezza della seconda ipotesi interpretativa del nome, è giustificata dal fatto che Pisticci sorge su
un terreno calanchivo molto argilloso e, quindi, poco adatto a pascolo.
132
GIUSEPPE CONIGLIO, La Chiesa Madre di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 1997, pp. 13 e 14.
131
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 85
qualità del materiale edilizio utilizzato l’avevano preservata, mentre
divenne credenza popolare il miracolo di Sant’Apollonia.
Anche in tempi recenti il rione Dirupo ha segnato le sorti della
comunità pisticcese. Le frane degli anni Sessanta e Settanta del secolo
scorso, hanno imposto il decreto di trasferimento dell’abitato verso la
frazione Marconia. E’ notizia di questi ultimi mesi la revoca di quel
decreto di trasferimento e, quindi, nuove possibilità insediative per il
quel rione 133.
Il Santo Patrono di Pisticci è San Rocco. La devozione al Santo è
sorta nel secolo XVII, quando una virulenta peste colpì l’intero sud
della penisola, mentre Pisticci venne preservata dal contagio. La
Chiesa dedicata al Santo Patrono venne realizzata nel 1932, ad opera
dell’architetto Bruno Ernesto Lapadula. Questo progettista, autore tra
l’altro del Palazzo della Civiltà del Lavoro all’EUR di Roma e della
sopraelevazione
del Municipio
di
Pisticci,
influenzò il pensiero
architettonico dell’epoca, tant’è che anche la piazza principale di
Marconia ne riprende le connotazioni.
Pisticci non venne risparmiata dalla cruenta rivolta che nel XIX
secolo scoppio in tutto il Regno di Napoli e proseguì durante
l’occupazione Napoleonica, fino ai primi decenni del nuovo Regno
d’Italia. Il fenomeno del brigantaggio, sul quale gli storici non hanno
ancora indagato a sufficienza, colpì anche Pisticci, sia per la
particolare posizione del territorio, sia per le ricchezze da razziare 134. I
briganti Marco Sciarra, Benedetto Mangone, Nicola Pagnotta, Natale
Bolognese, Egidione Pugliese, Maria la Pastora, Gasperone, Domenico
Groppo, sono ben noti ancora oggi tra gli anziani della comunità
133
Rivitalizzare un centro storico è un tema di notevole interesse per molte discipline, poiché investe diversi
aspetti della vita della comunità e, tra questi, anche il ruolo e la funzione delle attività commerciali. Il tema sarà,
pertanto, ripreso nel capitolo conclusivo di questo lavoro.
134
GIUSEPPE CONIGLIO, Il brigantaggio a Pisticci, EDIZIONE METAPONTINE, Pisticci, 1997, p.2.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 86
pisticcese 135. Pisticci, però, non fu preda di tanti sanguinosi saccheggi
e venne risparmiata dai delitti più efferati. Il merito è da attribuire al
pisticcese don Luigi Franchi che, insignito di pieni poteri dal Prefetto di
Matera, attuò con la Guardia Nazianale una violenta campagna di
repressione del brigantaggio, tant’è che dai concittadini pisticcesi
venne definito “l’uomo dalla carta bianca” 136.
Come per molti altri paesi dell’Italia meridionale, Pisticci non è
rimasta indenne dal fenomeno dell’emigrazione. Negli anni del secondo
dopoguerra innumerevoli sono stati i pisticcesi a lasciare la propria
terra in cerca di un lavoro, soprattutto verso la Germania ed il Canada.
Nei primi anni Settanta a Marconia è stato realizzato un viale
denominato “Ontario”, a testimonianza del legame che il paese natio ha
con la numerosa comunità di pisticcesi residenti nella città di Toronto.
Più di recente è stata realizzata una piazza ad anfiteatro nel cuore del
centro storico di Pisticci ed è stata intitolata a Johnny Barbalinardo
Lombardi, un imprenditore canadese di origini pisticcesi, quale
simbolo dell’emigrante che si è distinto nel paese ospite.
L’emigrazione dei pisticcesi è continuata anche negli anni
Sessanta e Settanta, lenita solo in parte dall’industrializzazione della
Val Basento ad opera dell’ENI di Enrico Mattei che, con Amintore
Fanfani
Presidente
del
Consiglio
ed
Emilio
Colombo
Ministro
dell’industria, nel luglio del 1961 inaugurò il primo stabilimento per
sfruttare le risorse del ricco sottosuolo di Pisticci e dell’intera Lucania.
Anche tutt’oggi, dopo il fallimento delle razzie industriali,
l’emigrazione continua, sotto altre forme e verso altre mete. E’ tutt’ora
molto alto il numero dei pisticcesi che dopo la laurea non rientrano più
nel paese natio, cercando occasioni di lavoro nella stessa città
135
Op. cit. p.4.
FRANCESCO SAVERIO SALOMONE, Il brigantaggio nel circondario di Matera, EDIZIONI LA SPIGA,
Pisticci, 2001, p. 9.
136
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 87
dell’Università frequentata, piuttosto che nelle grandi capitali europee.
Pisticci consta di un territorio comunale di circa 230 Kmq.,
compreso tra il fiume Basento a est ed il Cavone a ovest, che lo
separano, rispettivamente, dai comuni di Bernalda e Montalbano
Jonico.
La popolazione è distribuita su quattro maggiori agglomerati
urbani: Pisticci centro storico, Pisticci scalo, Tinchi - Centro Agricolo e
Marconia, oltre ad innumerevoli case sparse nelle campagne, un borgo
rurale denominato Casinello e tre villaggi turistici.
Il centro storico di Pisticci è situato ad un'altitudine di circa 365
metri s.l.m. e sorge su due colline, Serra Cipolla e San Francesco, nella
parte nord-orientale del territorio.
Nella parte nord-occidentale si trova, invece, Pisticci Scalo, con il
quartiere residenziale costruito in prossimità dell'area industriale.
Nel cuore del territorio, lungo la strada provinciale “Pozzitelli –
mare”, vi sono le frazioni contigue di Tinchi e Centro Agricolo. La prima
è stata realizzata su un quadrivio che collega la stessa Pisticci ai paesi
di Montalbano Jonico e Bernalda ed alla litoranea che costeggia il mar
Jonio.
Tinchi è sede di un ospedale zonale che ultimamente, a causa
della cosiddetta “razionalizzazione del piano sanitario regionale”, viene
lentamente defunzionalizzato a favore di altri presidi sanitari. Centro
Agricolo è, invece, sorta come colonia di confino politico per personaggi
poco graditi al regime fascista.
Verso sud si scorge la popolosa frazione di Marconia, situata al
centro di una vasta e fertile pianura. E’ equidistante dal centro storico
di Pisticci e dal mare. L’insediamento urbano di Marconia ha origini
piuttosto recenti; è stata realizzata negli anni immediatamente
precedenti la seconda guerra mondiale ad opera dei confinati della
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 88
colonia di Bosco Salice, già precedentemente stanziati a Centro
Agricolo.
Mappa 3.1: il territorio del Comune di Pisticci e gli agglomerati urbani
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 89
Come era costume in quegli anni, fu denominata Marconia in
onore di Guglielmo Marconi, inventore della telegrafia senza fili. Negli
anni Settanta, le frane dei rioni Croci e Dirupo ed il decreto di
trasferimento degli abitati degli stessi rioni, dettero un ingente impulso
all’edificazione residenziale nella frazione Marconia, tant’è che oggi
conta più abitanti del capoluogo.
Un
altopiano
che
degrada
dolcemente
verso
la
pianura
metapontina e verso il mar Jonio, si stende nella parte sud-orientale
del territorio.
Due strade principali, la statale 407 Basentana che collega
Metaponto a Potenza e la statale 106 Jonica che segue un percorso
parallelo alla costa, rappresentano le principali vie di comunicazione
del territorio comunale e sono adeguatamente collegate alla viabilità
interna.
Sulla costa, in prossimità delle spiagge joniche di Pisticci, sono
presenti tre strutture alberghiere con un potenziale di oltre tremila
posti letto e tre villaggi turistici che, con le lottizzazioni già edificate,
sono in grado di ospitare oltre cinquemila persone.
I dati fisico-politici del Comune sono i seguenti:
•
denominazione:
Pisticci;
•
ripartizione geografica:
Italia meridionale;
•
regione:
Basilicata;
•
provincia:
Matera;
•
superficie territoriale:
230 kmq.
•
altitudine del territorio:
0 – 364 metri s.l.m.
•
localizzazione:
costa jonica;
•
distanza dal mare:
23 Km. (il centro storico);
•
distanza dal capoluogo di provincia:
55 Km. (il centro storico);
•
distanza dal capoluogo di regione:
100 Km. (il centro storico).
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 90
Le dinamiche e la struttura demografica del Comune
L’analisi delle dinamiche e la struttura demografica del Comune
di Pisticci farà riferimento sia ai dati messi a disposizione dai Servizi
Demografici dello stesso Comune, sia a dati raccolti ed elaborati
dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Sono stati elaborati indici
statistici sintetici allo scopo di fornire non tanto la misura, quanto
l’andamento tendenziale delle dinamiche dei fattori caratterizzanti la
popolazione insediata sul territorio comunale.
Grafico 3.1: ricostruzione intercensuaria
della popolazione
17.350
17.457
17.519
17.530
17.539
17.659
17.681
17.699
17.682
17.790
17.846
17.921
18.020
18.104
18.211
18.208
18.298
18.331
18.332
18.327
18.299
18.050
18.020
17.793
17.972
17.940
18.102
18.215
18.382
18.450
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
La popolazione del Comune di Pisticci, nel corso del periodo
intercensuario compreso tra gli anni 1982 e 2011, ha avuto un trend
sostanzialmente in decrescita; in particolare, a fronte di una crescita
costante nel primo decennio (1982 – 1991), in cui la popolazione è
aumentata di circa 650 unità, è seguito un periodo di costante
decrescita nei due decenni successivi (1992 – 2011), in cui è diminuita
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 91
di 1.100 unità.
Il Grafico 3.1 mostra la ricostruzione intercensuaria della
popolazione nel periodo 1992 – 2011.
Nell’intero periodo si segnala, quindi, un calo della popolazione
pari al 2,5%, con un tasso negativo di circa il 6% negli ultimi
vent’anni.
I Grafici 3.2 e 3.3 mostrano l’andamento, sostanzialmente in
decrescita, della popolazione del Comune di Pisticci, della Provincia di
Matera e dell’intera Basilicata nel periodo 2005 – 1014. In particolare,
nel Grafico 3.3 sono evidenziate le percentuali di decrescita dei tre
agglomerati
territoriali
ed
è
stata
inclusa
anche
la
curva
dell’andamento dell’intero comparto dell’Italia meridionale 137. I dati si
riferiscono al 1° gennaio di ciascun anno e mostrano una leggera
divergenza rispetto ai dati censuari.
Grafico 3.2: andamento popolazione residente
al 1° gennaio
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
596.546
594.086
591.338
591.001
590.601
588.879
587.517
577.562
576.194
578.391
204.328
204.018
203.520
203.806
203.770
203.570
203.726
200.050
200.012
201.133
17.855
17.867
17.877
17.877
17.925
17.933
17.927
17.946
17.386
17.266
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Pisticci
Matera
Basilicata
137
La ripartizione Italia meridionale comprende le seguenti Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania,
Molise e Puglia. Fonte DEMOISTAT.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 92
Grafico 3.3: andamento incremento
della popolazione - Anno base 2004
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
2,00%
0,00%
-2,00%
-4,00%
-6,00%
-8,00%
-10,00%
2005
2006
2007
Pisticci
2008
Matera
2009
2010
Basilicata
2011
2012
2013
2014
Ripartizione meridionale
Rispetto all’anno base 2004, al 1° gennaio 2014 il Comune di
Pisticci segnala un decremento demografico di oltre il 3%. E’ il risultato
migliore negli aggregati annotati, giacché la Provincia di Matera perde
quasi il 5%, mentre la Regione Basilicata e l’intero comparto dell’Italia
meridionale perdono, rispettivamente, poco più dell’8% e circa il 7%.
Pisticci,
quindi,
pur
coinvolto
nella
dinamica
di
decrescita
generalizzata per il meridione d’Italia, decresce meno degli aggregati di
appartenenza. La posizione sulla costa del territorio comunale
rappresenta,
evidentemente,
una
delle
ragioni
che
spiegano
il
fenomeno: nei periodi di stagnazione o di recessione economica il trend
demografico negativo si manifesta, in genere, più nelle aree interne che
in quelle costiere.
Nei successivi Grafici 3.4, 3.5, 3.6 e 3.7 è rappresentato il
movimento naturale e quello migratorio della popolazione di Pisticci. Il
periodo di riferimento è compreso tra gli anni 2005 e 2014 ed i rilievi di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 93
popolazione sono al 1° gennaio di ciascun anno. Il Grafico 3.4 mostra
un andamento altalenante del movimento naturale, pur segnalando un
trend negativo nel suo complesso.
Grafico 3.4: movimento naturale della popolazione
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
18
14
8
-4
-7
-7
-23
-30
-44
-56
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Grafico 3.5: movimento migratorio
della popolazone
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
90
49
25
34
31
16
1
-27
2005
2006
2007
-29
2008
2009
2010
Programmazione attività commerciale: relazione
2011
2012
2013
2014
-64
Pagina | 94
Il Grafico 3.5 mostra, invece, il movimento migratorio della
popolazione pisticcese e segnala lo stesso andamento altalenante con
un trend negativo, anche se i numeri delle misurazioni annuali sono
più consistenti negli ultimi due anni del periodo considerato. Il Grafico
3.6 mostra un confronto tra il movimento naturale e quello migratorio
della popolazione. Ad eccezione degli anni 2011, 2012 e 2013,
l’andamento delle curve è similare. Tra il 2013 ed il 2014 v’è stato una
decrescita del movimento migratorio di oltre 150 unità. Tra le
motivazioni
che
spiegano
quest’ultimo
dato
v’è
senz’altro
da
considerare che questa dinamica della popolazione è fortemente
influenzata dalla presenza di cittadini stranieri extracomunitari,
soprattutto nord africani, che spesso si spostano con interi gruppi
famiglia verso territori maggiormente appetibili da un punto di vista
economico.
Grafico 3.6: confronto tra movimento naturale e movimento
migratorio della popolazione
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
49
25
90
31
16
1
-27
-7
34
18
8
14
-4
-7
-23
-29
-44
-30
-56
-64
2005
2006
2007
2008
2009
Saldo Naturale
2010
2011
2012
2013
2014
Saldo Migratorio
Il Grafico 3.7 delinea il movimento totale della popolazione del
Comune di Pisticci nel periodo 2005 – 2014. E’ da notare che solo per
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 95
quattro anni su dieci il dato annotato è negativo, mentre, per gli altri
sei anni, il movimento migratorio sopperisce in parte al decremento del
saldo naturale. Al 1° gennaio 2014, però, si segnala il maggior
decremento di entrambi i saldi e, pertanto, rispetto al 1° gennaio
dell’anno precedente, la decrescita ammonta a 166 unità.
Grafico 3.7: movimento totale della popolazione
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
67
48
18
12
46
8
-6
-21
-57
-120
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
La dinamica della presenza di cittadini stranieri è rappresentata
nei Grafici 3.8, 3.9 e 3.10. Nello status di straniero considerato sono
ricompresi sia i cittadini comunitari che quelli extracomunitari.
Il Grafico 3.8 mostra, in termini assoluti, la residenza di cittadini
stranieri nel territorio di Pisticci, confrontandolo con quelli della
provincia di Matera e quelli dell’intera Basilicata. E’ agevole notare che,
sia pur con accentuazioni maggiori per gli aggregati più grandi, le tre
curve hanno un andamento simile.
Il Grafico 3.9 riporta i tassi di presenza di cittadini stranieri per
ogni 100 abitanti. Anche in questo caso v’è da rilevare una similarità
delle curve. Inoltre, si segnalano maggiori tassi per la Provincia di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 96
Matera rispetto a quello dell’intera Regione Basilicata ed a quello della
ripartizione Italia meridionale. La percentuale di presenza di stranieri
per la Provincia di Matera si attesta a circa la metà di quello dell’Italia
intera e misura oltre il doppio di quello del territorio di Pisticci.
Grafico 3.8: presenza di cittadini stranieri residenti
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
9.595
14.738
12.992
11.526
5.478
6.211
7.040
4.649
225
307
399
495
2007
2008
2009
2010
5.923
6.407
6.726
3.038
3.380
3.473
160
196
2005
2006
Pisticci
Matera
13.302
16.968
14.728
8.045
6.120
6.867
560
425
471
510
2011
2012
2013
2014
Basilicata
Grafico 3.9: tasso presenza cittadini stranieri su popolazione
residente
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
8,10%
7,54%
7,02%
7,35%
6,82%
6,48%
5,76%
4,97%
4,55%
4,11%
4,00%
3,46%
3,05%
2,69%
1,51%
1,49%
0,99%
0,90%
2005
1,66%
1,63%
1,10%
1,73%
1,71%
1,26%
1,08%
1,14%
2006
2007
Pisticci
2,28%
2,16%
1,72%
1,62%
2008
Matera
2,49%
2,23%
1,95%
2009
Basilicata
Programmazione attività commerciale: relazione
2,78%
2,76%
2,21%
2010
3,12%
3,10%
3,43%
3,06%
2,37%
2,80%
2,51%
2,30%
2011
2012
Ripartizione meridionale
3,62%
2,95%
3,15%
2,71%
2,93%
2,56%
2013
2014
Italia
Pagina | 97
Grafico 3.10: incremento presenza cittadini
stranieri residenti. Anno base 2005
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
0,79%
0,72%
0,75%
0,57%
0,44%
0,42%
0,49%
0,46%
0,43%
0,20%
0,17%
0,11%
0,09%
0,54%
0,51%
0,41%
0,33%
0,33%
0,16%
0,53%
0,36%
0,52%
0,40%
0,25%
0,30%
0,47%
0,37%
0,35%
0,36%
0,29%
0,57%
0,53%
0,38%
0,34%
0,31%
0,24%
0,25%
0,11%
0,05%
0,06%
-0,21%
-0,30%
-0,40%
-0,72%
-0,76%
2006
2007
Pisticci
2008
Matera
2009
2010
Basilicata
2011
2012
2013
Ripartizione meridionale
2014
Italia
Il Grafico 3.10 misura la percentuale di incremento annuo della
popolazione straniera residente partendo dall’anno base 2005. Anche
quest’ultima rilevazione sulla presenza di cittadini stranieri residenti
mostra curve simili, sia pur con qualche divergenza nel periodo 2011 –
2014. Il calo del saldo migratorio al 1° gennaio 2014, già annotato nel
precedente Grafico 3.5, è in perfetta linea con il calo della percentuale
di presenza di stranieri residenti segnalata, alla stessa data, nel
Grafico 3.10. Si noti, infine, che questo calo è in controtendenza
rispetto alla crescita, sia pur lieve, di presenza di cittadini stranieri
residenti per tutte le altre aggregazioni territoriali analizzate.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 98
Nel successivo Grafico 3.11 viene illustrata la previsione della
popolazione per il periodo 2012 – 2020, relativamente alle ripartizioni
Italia, Italia meridionale e Basilicata. Pur trattandosi di tassi in
diminuzione per tutte e tre le ripartizioni considerate, solo l’Italia
meridionale e la Basilicata segnalano tassi negativi per l’intero periodo
esaminato.
Grafico 3.11: previsione di incremento popolazione
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
0,48%
-0,01%
-0,33%
2012
0,43%
-0,04%
-0,37%
2013
0,39%
-0,07%
-0,39%
2014
0,36%
-0,09%
-0,41%
2015
Basilicata
0,33%
0,30%
-0,11%
-0,44%
2016
0,27%
0,25%
0,23%
-0,13%
-0,15%
-0,16%
-0,18%
-0,45%
-0,47%
-0,49%
-0,50%
2017
2018
2019
2020
Ripartizione meridionale
Italia
L’Istituto Nazionale di Statistica non fornisce dati disaggregati di
previsione di popolazione per singole province o per singoli comuni.
Qui giova ricordare le considerazioni annotate nella parte introduttiva
di questo Capitolo a proposito della valenza del puro dato quantitativo
nell’economia di questo lavoro. Come già anticipato, l’interesse è nel
rilevare un’analisi del territorio che abbia più le caratteristiche di un
modello sincronico che di uno diacronico. I dati futuri, compresi quelli
demografici di crescita o decrescita della popolazione, saranno
influenzati
da
fattori
che
per
noi
oggi
sono
assolutamente
imponderabili e, pertanto, in questo contesto e per come è stato
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 99
impostato questo lavoro, hanno un mero valore tendenziale. Non si è
ritenuto
opportuno,
quindi,
procedere
a
laboriosi
calcoli
per
quantificare la previsione di popolazione sulla base dei tassi di crescita
naturale e migratoria, tavole di fertilità, tavole di mortalità, ecc. Più
semplicemente si è utilizzato un metodo empirico e notevolmente
semplificato che, tuttavia, possa fornirci la tendenza previsionale che,
da una parte, avvalora l’analisi sincronica del contesto territoriale,
dall’altra costituisce solo uno dei tanti elementi e dati tendenziali che
potranno comporre un puzzle di opportunità, ovvero di criticità, per
l’elaborazione della specifica programmazione commerciale. Stabilite le
finalità di utilizzo, si è proceduto, quindi, ad elaborare dati disaggregati
inerenti la previsione di popolazione per il Comune di Pisticci.
La previsione è stata ottenuta mettendo preliminarmente a
confronto il tasso di decrescita della popolazione reale dell’intera
Basilicata con quello del Comune di Pisticci, nel periodo 2005 – 2014.
Il tasso medio annuo di decrescita nel periodo per l’intera
Basilicata è stato calcolato all’1,65%, mentre quello del Comune di
Pisticci segnala una decremento medio annuo dell’1,60% per lo stesso
periodo. La popolazione di Pisticci è diminuita, quindi, meno di quella
della Basilicata, dello 0,05%, in media all’anno per il periodo 2005 –
2014. Questo tasso di minor decrescita è stato sottratto al tasso di
decrescita previsto per la popolazione lucana dall’Istituto Nazionale di
Statistica, ottenendo così il tasso di decrescita previsionale per il
periodo 2011 – 2020 per la popolazione del Comune di Pisticci. Il
Grafico 3.12 riporta i risultati di tale operazione, insieme alla linea
evolutiva della popolazione reale al 1° gennaio degli anni 2011, 2012,
2013 e 2014. Sono sufficienti i dati reali per questi quattro anni per
verificare lo scostamento della linea evolutiva della previsione di
popolazione.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 100
Grafico 3.12: previsione di popolazione
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati DEMOISTAT
17.927
17.883
17.946
17.765
17.701
17.826
17.632
17.561
17.488
17.411
17.386
17.332
17.332
2019
2020
17.266
2011
2012
2013
2014
2015
Popolazione reale
2016
2017
2018
Previsione di popolazione
Di maggiore interesse nell’economia di questo lavoro e l’analisi
della struttura della popolazione. Un risultato dell’interazione tra
mortalità e natalità è che, popolazioni in crescita o in declino,
mostrano una differente distribuzione di individui nelle diverse classi
di età 138. Il Grafico 3.13 mostra il profilo di distribuzione per “genere” e
“classi di età” 139 della popolazione del Comune di Pisticci alla data del
1° gennaio 2015.
Il profilo delineato è caratteristico di un popolazione in calo ed è
rilevato dalla tendenza a ridursi del tasso di natalità rispetto a quello
di mortalità. Il declino della popolazione è lieve, ma con tendenza
all’aumento,
come
è
dimostrato
dal
rigonfiamento
del
grafico
relativamente alla classe 41 – 50 anni, che può essere considerata non
più riproduttiva.
Il maggior numero di individui in questa fascia denota la
138
CUNNINGHAM, CUNNINGHAM, SAIGO, edizione Italiana a cura di A. Basset e L. Rossi, Fondamenti di
ecologia, McGRAW HILL, Milano New York, 2004, p.175
139
La classe di età più adulta della popolazione è considerata una classe residuale a partire da 70 anni.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 101
tendenza ad allungare i tempi in cui il calo della popolazione sarà un
fenomeno del tutto evidente.
Grafico 3.13: struttura della popolazione residente
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
V’è, inoltre, da annotare che per tutte le fasce di età oltre i 20
anni il numero dei residenti “femmine” è maggiore di quello dei
residenti “maschi”. Questo dato, allo stato attuale, segnala una
crescita sia del tasso di fecondità che di quello di fertilità, ossia,
rispettivamente, l’abilità fisica a riprodursi e l’effettiva riproduzione.
Entrambi questi tassi sono indici evidenti di una popolazione che, nel
breve periodo, non dovrà subire brusche decrescite. Più sensibile sarà,
invece, la decrescita nel decennio successivo, considerato che le due
fasce di età fino a 20 anni presentano un numero di “maschi”
superiore a quello delle “femmine”.
E’, altresì, importante per le finalità di programmazione, dare
uno sguardo alla struttura della popolazione ripartita secondo i
quattro agglomerati urbani considerati nell’ambito del territorio del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 102
Comune, Pisticci centro, Pisticci scalo, Tinchi - Centro Agricolo e
Marconia, utilizzando le variabili “genere” e “classi di età”. In questa
analisi Pisticci scalo è considerato un agglomerato urbano in quanto
non si tratta solo di un mero scalo ferroviario, bensì di un vero e
proprio quartiere residenziale, realizzato a cavallo tra gli anni Sessanta
e Settanta nei pressi della stazione ferroviaria ed a ridosso dell’area
industriale dell’ENI. L’architettura e l’urbanistica del quartiere sono
tipicamente quelle delle aree industriali che, in quei decenni, si
diffusero in moltissime parti d’Italia.
Per uno sguardo d’insieme alla struttura della popolazione
residente sul territorio di Pisticci sarà considerato anche un quinto
comparto: l’agro. Anche quest’ultimo risulta indicativo per un’analisi
della distribuzione della popolazione attraverso le variabili predette.
Nei Grafici 3.14 e 3.15 la popolazione residente sul territorio di
Pisticci è ripartita negli agglomerati urbani considerati, sia in totale,
sia secondo la variabile “genere”.
Il Grafico 3.14 riporta, in valori assoluti, i dati della popolazione
residente al 1° gennaio 2015, secondo le predette variabili. Il Grafico
3.15 mostra l’incidenza, su 100 abitanti, della variabile “genere” ed
“agglomerato urbano” di residenza. Già questi dati sono ampiamente
indicativi della distribuzione della popolazione nell’ambito del territorio
comunale.
Marconia
costituisce
decisamente
l’agglomerato
più
popoloso con oltre il 51% dei residenti del Comune. Pisticci centro non
arriva al 33% mentre Pisticci scalo, Tinchi e Centro Agricolo,
nell’insieme equivalgono alla stessa popolazione residente nelle case
sparse dell’Agro.
E’ opportuno precisare che nella categoria Agro vi sono inclusi
anche i villaggi turistici presenti lungo la costa. Questi villaggi sono
essenzialmente costituiti da seconde case e, quindi, i proprietari non
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 103
sono computati nella popolazione residente, tuttavia vi sono diversi
casi di residenza vera e propria. Spesso si tratta di singoli, soprattutto
di genere maschile, che scelgono la residenza a Pisticci per questioni di
natura fiscale.
17.894
Grafico 3.14: struttura della popolazione residente
per genere, ripartita negli agglomerati urbani
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
Agro
totale
femmine
maschi
totale
totale
femmine
femmine
maschi
maschi
totale
totale
femmine
femmine
maschi
maschi
totale
femmine
918
maschi
9.153
447
Marconia
1.441
471
602
546
839
273
Tinchi - Centro
Agricolo
8.741
9.164
273
Pisticci scalo
4.729
4.435
5.825
3.102
2.723
Pisticci centro
Totale
Grafico 3.15: struttura della popolazione residente
per genere, ripartira negli agglomerati urbani
(per ogni 100 abitanti)
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
femmine
totale
maschi
totale
femmine
totale
maschi
femmine
totale
maschi
femmine
maschi
totale
femmine
8,05%
Programmazione attività commerciale: relazione
Marconia
6,58%
5,13%
Tinchi - Centro Agricolo
9,60%
4,88%
3,05%
Pisticci scalo
5,39%
2,98%
3,12%
maschi
51,21%
51,67%
50,74%
32,55%
33,89%
31,15%
Pisticci centro
Agro
Pagina | 104
Il dato misurato segnala, infatti, che per l’agglomerato Agro vi è
una percentuale di residenti di genere maschile superiore di oltre il
3%, rispetto a quella di genere femminile. Uno scostamento simile
nella variabile “genere”, questa volta però a favore del genere
femminile, si registra a Pisticci centro, dove i residenti “femmine” sono
il 2,74% in più dei residenti “maschi”. Vedremo più avanti quale classe
di età contribuisce maggiormente a creare questa differenza. Per tutti
gli altri agglomerati considerati lo scarto nella differenza di genere non
arriva all’1% della popolazione
residente. Nell’ambito dell’intero
territorio comunale la popolazione residente di genere femminile è
superiore del 2,30% rispetto a quella di genere maschile: il 51,15% di
“femmine”, rispetto al 48,85% di “maschi”.
Nei successivi Grafici, 3.16, 3.17, 3.18, 3.19 e 3.20, la struttura
della popolazione residente a Pisticci è disaggregata secondo le tre
variabili: “agglomerato urbano”, “genere” e “classi di età”.
In
particolare,
il
Grafico
3.16
mostra
la
struttura
della
popolazione residente a Pisticci centro secondo le variabili considerate.
La forma del grafico è una sorta di tozzo tronco di piramide rovesciata
che presenta due vistose anomalie. La prima consiste nel minor
numero di residenti nella classe “da 61 a 70 anni” rispetto alla classe
precedente “da 51 a 60 anni”. Questa anomalia inverte la tendenza
registrata nelle classi di età precedenti: la classe più adulta conta più,
o almeno un egual numero di residenti rispetto a quella precedente più
giovane. Tuttavia è opportuno notare che l’anomalia si registra per una
classe di età oltre la fase riproduttiva, per cui il dato non rappresenta
certo una tendenza alla crescita della popolazione rispetto alla
decrescita segnalata proprio dalla figura di tronco di piramide
rovesciata. La seconda anomalia è rappresentata dal considerevole
numero di residenti di genere femminile nella classe di età “oltre 70
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 105
anni”.
Grafico 3.16: struttura della popolazione
residente a Pisticci centro
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
Grafico 3.17: struttura della popolazione
residente a Pisticci scalo
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 106
Grafico 3.18: struttura della popolazione residente
a Tinchi - Centro Agricolo
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
Grafico 3.19: struttura della popolazione
residente a Marconia
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 107
Grafico 3.20: struttura della popolazione
residente dell'Agro
per genere e classi di età
Fonte: elaborazione su dati Anagrafe del Comune
oltre 70 anni
da 61 a 70 anni
da 51 a 60 anni
da 41 a 50 anni
da 31 a 40 anni
da 21 a 30 anni
da 11 a 20 anni
da 0 a 10 anni
femmine
maschi
E’ questo un dato complementare rispetto a quello che è stato
rilevato nella ripartizione per “genere” e per “agglomerato urbano” della
popolazione 140,
evidenziando
che
Pisticci
centro
presentava
un
consistente numero di residenti “femmine” in più rispetto ai “maschi”:
il 2,74%. Il Grafico 3.16 mostra una decrescita, sia pur lenta, per
Pisticci centro. Infatti le classi di età più adulte contano più residenti
rispetto a quelle più giovani. La classe di età “da 0 a 10 anni” equivale
a circa la metà della classe “da 41 a 50 anni” e questo è un evidente
indizio di decrescita della popolazione che risiede a Pisticci centro, sia
pur procrastinata nel tempo.
Il Grafico 3.17 mostra la struttura della popolazione residente a
Pisticci scalo. Si denota una figura a cilindro, sia pur con lievi
divergenze tra le varie classi di età ed una maggior consistenza di
quella “da 41 a 50 anni”. La figura del Grafico 3.17 segnala una
popolazione sostanzialmente stabile, con una live tendenza alla
decrescita evidenziato dalla minore consistenza delle fasce di età fino
140
Cfr. precedente Grafico 3.14.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 108
ai 30 anni, per il genere “femminile”. Proporzionalmente, vi sono più
bambini fino ai 10 anni di età a Pisticci scalo rispetto a Pisticci centro,
tuttavia la percentuale dei residenti (circa il 3%), non suggerisce una
significativa valenza di crescita rispetto all’intero territorio comunale.
La struttura della popolazione residente a Tinchi - Centro
Agricolo, rappresentata nel Grafico 3.18, evidenzia una figura amorfa,
con una evidente preponderanza di residenti “maschi” tra i “31 ed i 40
anni”. Tuttavia sono proprio le prime due classi di età che contano un
minor numero di residenti e questo, ancora una volta, è sintomo di
una popolazione in decrescita, sia pur lenta e procrastinata nel tempo,
in quanto la classe di età “fino a 10 anni” è più numerosa di quella “da
11 a 20 anni”.
Marconia può essere rappresentata con tre figure sovrapposte
che segnalano un triplice andamento: “fino a 30 anni” le classi di età si
eguagliano sostanzialmente; le tre classi di età “da 21 a 30 anni”, “da
31 a 40 anni” e “da 41 a 50 anni” mostrano una popolazione in
decrescita; le quattro classi di età “da 41 a 50 anni”, fino ad “oltre 70
anni”, evidenziano una popolazione in crescita. E’ evidente che
quest’ultima è solo una crescita di tipo teorico in quanto si tratta di
classi di età oltre quella riproduttiva. Il Grafico 3.19 rappresenta la
struttura della popolazione di Marconia secondo le solite variabili
“classi di età” e “genere”. Nel complesso Marconia propone una
popolazione residente che, sia pur nella generale tendenza alla
decrescita nell’ambito dell’intero Comune, mostra una leggera crescita:
le prime tre classi di età sostanzialmente si equivalgono, con un
evidente maggior numero di “femmine” nella classe di età più
riproduttiva, “da 21 a 30 anni”. Inoltre, Marconia conta oltre il 50%
della popolazione residente nel Comune 141, per cui i fenomeni registrati
141
Cfr. Grafico 3.15.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 109
sulla popolazione residente in questo agglomerato hanno una maggiore
incidenza sull’intero territorio.
Il Grafico 3.20 mostra la struttura della popolazione residente
nell’agro. Come si è accennato innanzi, questo rappresenta un
agglomerato residuale, pur contando oltre l’8% della popolazione
comunale. Anche questo Grafico rappresenta una figura amorfa e,
tuttavia, nel complesso denota una popolazione in decrescita, sia
perché le classi di età di genere “femminile” sono meno numerose di
quelle “maschili”, sia perché quelle delle classi di età più giovani sono
meno numerose di quelle più adulte, almeno fino alla fine dell’età
riproduttiva. Anche se la classe di età “da 0 a 10 anni” è più numerosa
di quella successiva “da 11 a 20 anni”, è difficile ipotizzare una crescita
della popolazione, in quanto entrambe queste classi di età contano
numeri di gran lunga inferiori rispetto a quelli delle classi di età oltre i
21 anni.
Per dare maggiore completezza all’analisi condotta sulla struttura
della popolazione residente nel Comune di Pisticci occorre rilevare
alcuni dati relativi ai nuclei familiari 142. Questi rappresentano ulteriori
indicatori della dislocazione e della composizione della popolazione.
Il Grafico 3.21 rappresenta la distribuzione delle quote di famiglie
nei
quattro
aggregati
territoriali
del
Comune.
Si
palesa
immediatamente una differenza con il precedente Grafico 3.15 che
evidenziava la ripartizione della popolazione residente per abitanti negli
stessi quattro centri abitati. Nel caso della famiglie, il gap tra Pisticci
centro e Marconia è quasi del tutto annullato, con una differenza
residua dello 0,20%. Vi sono, quindi, tante famiglie a Pisticci centro,
quante ve ne sono a Marconia. Pisticci scalo e Tinchi – Centro Agricolo
non arrivano ad un decimo della famiglie registrate all’anagrafe del
142
Per nucleo familiare è intesa la scheda anagrafica che raggruppa anche le convivenze.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 110
Comune.
Grafico 3.21: quota percentuale di famiglie residenti nei
quattro agglomerati urbani
Fonte: elaborazione su dati Servizi Demografici del Comune
45,13%
44,93%
3,06%
Pisticci centro
Pisticci scalo
6,89%
Tinchi - Centro Agricolo
Marconia
Grafico 3.22: numero medio componenti
per famiglia nei quattro agglomerati urbani
Fonte: elaborazione su dati Servizi Demografici del Comune
2,86
2,52
1,88
1,83
Pisticci centro
Pisticci scalo
Tinchi - Centro Agricolo
Marconia
Il Grafico 3.22 mostra, invece, il numero medio dei componenti
per famiglia nei quattro centri abitati. Come si poteva evincere dalla
struttura della popolazione per classi di età, ritornato evidenti le
differenze tra Pisticci centro e Marconia: a fronte di una media di
componenti pari a 1,83 per Pisticci centro, v’è una media di 2,86
componenti per Marconia. Questo dato può essere considerato un
ulteriore indicatore della maggiore persistenza,
Programmazione attività commerciale: relazione
a Marconia, di
Pagina | 111
popolazione nelle classi di età riproduttive e pre-riproduttive. Un dato
molto simile è rilevabile per la popolazione residente a Pisticci scalo,
mentre Tinchi – Centro Agricolo si attestano sulla stessa media di
Pisticci centro.
In sintesi, l’analisi della struttura della popolazione del Comune
secondo gli indicatori considerati ci consente di proporre le seguenti
conclusioni:
• Marconia
conta
una
popolazione
residente
decisamente
preponderante nell’ambito del territorio comunale: oltre il 50%
dei residenti;
• nell’ambito di una generale diminuzione della popolazione,
Marconia è l’unico agglomerato che non segnala evidenti
fenomeni di decrescita; senza l’intervento di elementi esterni, la
struttura
della
popolazione
di
Marconia
si
propone
sostanzialmente stabile per i prossimi tre decenni;
• pur avendo una quota di famiglie residente quasi pari a quella di
Pisticci centro, Marconia ha un elevato numero medio di
componenti per famiglia, segnale evidente di una popolazione
meno propensa alla decrescita;
• Pisticci scalo e Tinchi - Centro Agricolo non rappresentano
quantità significative da generare fenomeni di crescita o di
decrescita sensibili per la popolazione dell’intero Comune;
• Pisticci centro segnala evidenti fenomeni di decrescita non
mitigati nemmeno dalla presenza di un numero maggiore di
residenti di genere femminile e da una quota elevata di nuclei
familiari, in quanto, come abbiamo visto, questo dato è prodotto
da una maggior consistenza della classe di età “oltre i 70 anni” e,
quindi, non delle classi di età riproduttive della popolazione;
• Pisticci centro conta la classe di età “da 0 a 10 anni”
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 112
proporzionalmente meno numerosa di tutti gli agglomerati urbani
considerati e, a meno di interventi esterni, è molto improbabile
che la tendenza a decrescere inverti la rotta nei prossimi due o
tre decenni;
• a Pisticci centro vi sono meno giovani famiglie con propensione
alla riproduzione: il numero di famiglie è elevato, ma il numero
medio dei componenti è relativamente basso e la classe di età da
0 a 10 anni propone numeri piuttosto contenuti;
• l’agro costituisce oltre l’8% della popolazione residente e,
tuttavia, la sua crescita o decrescita è più sensibile a dinamiche
diverse
da
quelle
generate
dalla
struttura
stessa
della
popolazione; la presenza di villaggi turistici e di seconde case
costituenti questo agglomerato, denotano maggiore significatività
nell’ambito della presenza turistica sul territorio comunale, che
sarà esaminata nel paragrafo successivo.
La presenza turistica sul territorio comunale
Il 7 gennaio 2015 su “Il Quotidiano del sud” è apparso un
articolo a firma del Direttore Generale dell’Azienda di Promozione
Turistica di Basilicata dal clamoroso e strabiliante titolo: “il turismo
salverà la Basilicata, aumentano soprattutto i turisti stranieri” 143. I
dati a cui il Direttore fa riferimento si riferiscono al 2013 e sono gli
ultimi pubblicati. Ben 532.000 sono stati i turisti registrati nelle 749
strutture ricettive lucane, con un incremento di oltre 15.000 unità
rispetto all’anno precedente, che, in termini percentuali, costituiscono
il 2,8% in più, con un incremento dei pernottamenti del 3,6%.
143
L’articolo è pubblicato sul sito web http://www.ilquotidianodellabasilicata.it /news/cronache/723149/Ilturismo-salvera-la-Basilicata-.html. Visita del 7 gennaio 2015.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 113
Il dato più importante, sottolinea lo stesso Direttore, che
evidenzia una crescita di notorietà e una maggiore capacità attrattiva
della Basilicata turistica, è il continuo aumento degli arrivi in
Basilicata dal 2007: cresciuti in sei anni del 18%, oltre 84.000 unità.
L’incremento delle presenze è più sensibile nel Vulture-Alto Bradano, a
Matera, nel Marmo Platano Melandro, nella città di Potenza e nel
Metapontino. Impetuosa è la crescita della capacità di attrazione
turistica di Matera, così come del tutto positivi sono i risultati del
Metapontino. Ulteriori dati incoraggianti sono costituiti dall’incremento
netto di imprese turistiche, di oltre sei punti percentuali ed il
potenziamento dell’offerta con l’aumento dei posti letto.
Il turismo lucano, continua il Direttore, si configura come un
settore economico vitale e capace di performance con ricadute positive
sul territorio, che coinvolgono un gran numero di imprese che creano
occupazione. Nonostante i molteplici ed evidenti limiti infrastrutturali,
il turismo costituisce una grande opportunità per la Basilicata, pur se
molto lavoro resta ancora da fare.
Quanto registrato in Basilicata è in controtendenza rispetto alla
situazione registrata a livello nazionale, dove si segnala una flessione
del 4,4% rispetto al 2012 144. Il crollo dei consumi, provocato da una
restrizione del reddito delle famiglie, è certamente la maggiore causa
della diminuzione della domanda di servizi turistici.
Come si rileva dal Grafico 3.23, la capacità attrattiva della
Basilicata si espande di uno scarto di ben otto punti percentuali
rispetto al dato registrato per l’intera Italia: la Basilicata cresce del
3,6%, mentre l’Italia decresce di un ulteriore 4,4% nel 2013.
Tuttavia, la domanda di servizi turistici registrata in Basilicata
144
Il consuntivo del turismo lucano nel 2013, a cura di Franco Bitetti, coordinatore scientifico del Centro Studi
Unioncamere. Visibile al sito http://www.sistan.it/fileadmin/ redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_
1_2014.pdf. Visita dell’8 gennaio 2015.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 114
presenta delle peculiari caratteristiche, che hanno una valenza
nell’analisi socio-economica di questo lavoro.
La prima caratteristica da considerare attiene alla sostanziale
riduzione della durata media del soggiorno, ad evidente discapito del
turismo di tipo balneare rispetto a quello culturale o itinerante.
L’offerta turistica del territorio di pisticcese è tipicamente balneare, con
eccezioni concentrate in poche giornate all’anno 145.
Un’ulteriore caratteristica tipizzante il turismo lucano è la
stagionalità relativamente breve. Fatta eccezione per Matera, che da
sola nel 2013 ha superato le 200 mila presenze, i mesi di punta del
turismo lucano sono essenzialmente luglio ed agosto. Infatti anche nel
2013 la performance di giugno e settembre è stata deludente 146.
Non è da trascurare, tra le caratteristiche del turismo lucano, la
rilevante presenza di una quota del turismo che potremmo definire “di
prossimità”, che ha, come bacino di domanda, la Puglia, la Campania e
la stessa Basilicata e può essere stimato nella misura di oltre il 50%
delle presenze complessive.
Il Grafico 3.24 delinea le destinazioni delle presenze turistiche in
Basilicata. L’area “Metapontino” vale quasi il 60% dell’intera regione:
un altro chiaro sintomo della caratteristica tipicamente balneare del
turismo in Lucania
Il Grafico 3.25 propone, invece, un confronto in variazioni
percentuali negli anni 2011, 2012 e 2013, tra le otto macro aree che
rappresentano le principali destinazioni del turismo in Basilicata.
Matera città, dopo un 2012 difficile che comunque non ha segnato
tassi negativi, ha ricominciato a crescere con percentuali oltre il dieci.
145
Per il territorio di Pisticci, l’offerta turistica non balneare maggiormente significativa è rappresentata dalle
festività patronali del 15, 16 e 17 agosto, quando si registra una notevole presenza di non residenti costituita da
emigranti di ritorno al paese natio, sia pur per un brevissimo periodo.
146
Dati pubblicati da Unioncamere di Basilicata. Visibile al sito http://www.sistan.it/
fileadmin/redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_1_2014.pd.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 115
Anche per il “Metapontino” v’è stato un arretramento nel 2012, in
parte recuperato nel 2013, per una presenza il cui valore assoluto
supera 1.100.000 presenze. Buona è anche la crescita del “Vulture
melfese” nel 2013: ben il 41% rispetto al 2012.
.
Grafico 3.23: andamento presenze turistiche
Variazioni percentuali annue
Fonte: elaborazione su dati ISTA ed APT
3,90
1,30
1,40
0,30
3,60
3,00
1,30
-1,60
-0,80
-0,80
-4,40
-4,20
2008
2009
2010
Italia
2011
2012
2013
Basilicata
Grafico 3.24: presenza turistiche in Basilicata per
destinazione - anno 2013
Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT
58,10%
10,80%
Metapontino
Maratea
10,60%
6,10%
Matera città Vulture melfese
Programmazione attività commerciale: relazione
3,70%
3,40%
2,80%
4,50%
Val d'Agri
Pollino
Potenza città
Altre aree
Pagina | 116
Grafico 3.25: presenze turistiche in Basilicata per
destinazione - variazioni percentuali annue
Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT
41,00%
12,80%
2,80%
2,30%
0,50%
0,70%
5,40%
12,10%
19,50%
24,50%
12,20%
1,00%
2,10%
-4,60%
-6,50%
-5,90%
-1,90%
2012
-18,30%
-14,20%
-20,10%
-10,10%
-4,10%
-10,20%
-9,50%
2011
2013
Metapontino
Maratea
Matera città
Val d'Agri
Pollino
Potenza città
Altre aree
Vulture melfese
La macro area “Metapontino”, costituita dai Comuni di Bernalda,
Nova Siri, Pisticci, Policoro, Rotondella e Scanzano Jonico 147, che nel
2012 aveva registrato una flessione del 4,1%, segnala, invece, una
crescita del 2,3% nel 2013. Il successivo Grafico 3.26 mostra le
percentuali di presenza turistica nei vari Comuni componenti l’area
“Metapontino”
nell’anno
2013.
Pisticci
riesce
ad
attrarre
una
percentuale del 14,50%, con oltre 164.000 presenze.
Il Grafico 3.27 mostra le variazioni percentuali degli anni 2011,
2012 e 2013 dell’intera area “Metapontino”, proponendo un confronto
tra i Comuni che la costituiscono. Il grafico mostra le evidenti
differenze
percentuali
nell’anno
2011,
attenuate,
con
tendenza
comunque negativa, nel 2012 ed ulteriormente attenuate, questa volta
con tendenza alla crescita, nell’anno 2013. Il fattore di maggiore
influenza sul trend di crescita positivo della risorsa turismo dell’area
147
Cfr. aggregazioni ISTAT dei Comuni ai fini dell’offerta turistica. Febbraio 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 117
“Metapontino” è certamente la collocazione geografica del territorio.
Grafico 3.26: presenze turistiche nell'area "metapontino" anno 2013
Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT
29,15%
27,70%
16,10%
14,50%
12,25%
0,30%
Nova Siri
Bernalda
Scanzano Jonico
Pisticci
Policoro
Rotondella
Grafico 3.27: presenze turistiche nell'area "metapontino"
Variazioni percentuali annue
Fonte: elaborazione su dati ISTAT ed APT
100,00%
80,00%
60,00%
40,00%
20,00%
0,00%
-20,00%
-40,00%
2011
Nova Siri
2012
Bernalda
Scanzano Jonico
2013
Pisticci
Policoro
Rotondella
Tutti e sei i Comuni si affacciano sul litorale jonico e propongono
un’offerta di servizi turistici quasi del tutto balneare. Tra i fattori di
debolezza v’è da segnalare, invece, una scarsa crescita del tessuto
imprenditoriale di questo settore che, improvvisato e senza significativi
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 118
fenomeni di sinergia tra gli operatori dei vari segmenti dell’offerta,
spesso è stereotipata, senza apprezzabili differenziazioni e senza alcun
funzionale
collegamento
con
le
proposte
turistiche
culturali
e
paesaggistiche dell’entroterra.
I dati fin qui rilevati quantificano una presenza turistica che
abbia comunque soggiornato in una struttura ricettiva della regione,
piuttosto che in una del territorio di Pisticci. L’interesse di questo
lavoro analitico va, però, oltre la mera quantificazione della presenza e
vuole, invece, definire in modo più puntuale il bacino potenziale della
domanda di beni e servizi commerciali.
Per una puntuale quantificazione della presenza turistica o, più
correttamente, di quella popolazione che dimora provvisoriamente sul
territorio del Comune di Pisticci e che, potenzialmente, può usufruire
dei servizi commerciali, sarà effettuata una rilevazione scaturente da
un’osservazione
di
tracce
fisiche
di
accrescimento
denominata
garbology e da queste tracce sarà inferita la presenza di popolazione
non residente nel territorio comunale. Il metodo di osservazione
garbology rileva la quantificazione di questa quota di popolazione
attraverso l’incremento della produzione di rifiuti solidi urbani 148.
Il successivo Grafico 3.28 definisce l’andamento della produzione
annuale di rifiuti solidi urbani all’interno del territorio comunale per gli
anni 2011, 2012, 2013 e 2014.
Il grafico mostra un incremento della produzione di rifiuti nel
2014, dopo il vistoso calo registrato nel 2013. Il dato dell’ultimo anno è
perfino maggiore di quello del 2012.
148
ANTONIO DE LILLO, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Novara, 2010, p. 55.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 119
Grafico 3.28: produzione annua di r.s.u.
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune
7.014
6.903
6.893
6.818
2011
2012
2013
2014
Nel Grafico 3.29 è mostrata, invece, la produzione di rifiuti solidi
urbani mensile per ciascuno degli anni considerati. Come si può
rilevare da quest’ultimo grafico, vi è un trend di crescita della
produzione di rifiuti da giugno a settembre, con un accentuazione
dell’incremento più evidente nei mesi di luglio ed agosto che, in linea
con le rilevazioni delle presenze turistiche, rappresentano i mesi più
favorevoli
per
il
turismo
lucano.
V’è,
quindi,
una
sostanziale
coincidenza di periodo tra l’aumento della produzione di rifiuti
nell’ambito del territorio comunale e l’incremento della presenza
turistica. E’ un chiaro segnale che anche il turismo delle seconde case,
o comunque quello non censito da alcuna registrazione, ha il suo
momento di maggior afflusso nei mesi estivi.
Nei successivi Grafici 3.30, 3.31, 3.32 e 3.33 viene rappresentata
la produzione mensile di rifiuti negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014,
confrontandola con la produzione media mensile calcolata nei mesi in
cui si presume trascurabile la presenza di non residenti sul territorio
comunale: gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre
e dicembre. In linea con la registrazione di maggiore presenza turistica,
si è ritenuto che anche il turismo fuori dal canale alberghiero ed
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 120
extralberghiero si concentri nei mesi di giugno, luglio, agosto e
settembre. Tutti e quattro i grafici mostrano una crescita della
produzione di rifiuti nei mesi estivi, con un picco nel mese di agosto.
Grafico 3.29: produzione mensile di r.s.u.
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune
1200
1000
800
600
400
200
0
2011
2012
2013
2014
Grafico 3.30: produzione rifiuti anno 2011
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su adti ServizioEcologia del Comune
990
505
489
521
555
560
620
720
644
506
501
444
produzione mensile
Programmazione attività commerciale: relazione
464
produzione mensile media
Pagina | 121
Grafico 3.31: produzione rifiuti anno 2012
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune
998
515
485
460
504
564
636
733
650
516
439
465
produzione mensile
413
produzione mensile media
Grafico 3.32: produzone rifiuti anno 2013
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune
908
758
564
493
482
423
527
573
639
511
464
498
471
produzione mensile
Programmazione attività commerciale: relazione
produzione mensile media
Pagina | 122
Grafico 3.33: produzione di rifiuti anno 2014
(valori in tonnellate)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Ecologia del Comune
924
733
537
498
506
533
677
582
523
493
481
432
produzione mensile
482
produzione mensile media
Grafico 3.34: confronto tra la popolazione media residente e
la popolazione media presente
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e Servizio Ecologia del Comune
20.107
20.539
20.035
19.920
17.372
17.324
17.367
17.258
2011
2012
2013
2014
popolazione media residente
Programmazione attività commerciale: relazione
popolazione media presente
Pagina | 123
Grafico 3.35: incremento annuo della popolazione
Fonte: elaborazione su dati ISTAT e Servizio Ecologia del Comune
15,65%
13,60%
2011
2012
13,32%
13,36%
2013
2014
Un altro dato che si rileva dai grafici è il calo di produzione dal
2011 al 2013, mentre il 2014, pur segnalando una leggera ripresa, non
riesce ad eguagliare i dati del 2012.
Nel
Grafico
3.34
viene
rappresentato
l’andamento
della
popolazione presente sul territorio comunale per il quadriennio
considerato, confrontato con l’andamento della popolazione residente.
La popolazione presente in ciascun anno è stata calcolata come la
media della sommatoria delle proporzioni tra la media mensile della
popolazione residente, la produzione media mensile di rifiuti e la
produzione reale mensile degli stessi rifiuti 149.
Il Grafico 3.35 annota, invece, la percentuale di crescita della
popolazione quale apporto della popolazione presente rispetto a quella
residente sul territorio comunale. Il maggior incremento segnalato
nell’anno 2012 è certamente dovuto ad una maggiore produzione di
rifiuti in quell’anno, soprattutto nei mesi di luglio, agosto e settembre.
Non è rilevante nell’economia di questo lavoro indagare nel dettaglio le
149
Il dettaglio dei calcoli effettuati è riportato nell’Appendice 1.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 124
cause di questa maggior produzione che può essere stata provocato da
fattori diversi. L’obiettivo precipuo di quest’analisi operata con la
tecnica della cosiddetta garbology, adattata all’utilizzo specifico, è
quello di rilevare che la popolazione presente sul territorio del Comune
di Pisticci per residenza, per scopi turistici, per lavoro e per accessi
generati da altre motivazioni, assomma alle cifre riportate nel Grafico
3.34, con un incremento annuo rispetto alla sola popolazione residente
di oltre il 13%. Tale è, quindi, il peso di questa quota di popolazione
nel mercato potenziale di beni e servizi commerciali.
Imprese, occupazione e valore aggiunto
Già in precedenza è stata fissata la funzione dei dati quantitativi
nella ricerca che si sta conducendo in queste pagine, con l’obiettivo di
fornire una rilevazione di diversi indicatori socio-economici che ci
consentano una lettura analitica e sincronica del territorio, senza
alcuna pretesa di alcunché di deterministico, ma limitandoci alle mere
tendenze. La motivazione di tale scelta consiste nel fatto che per
questo tipo di ricerca v’è proprio una intrinseca difficoltà, che spesso si
trasforma in inutilità, di determinare con la logica delle scienze esatte i
risultati e le previsioni della stessa ricerca. La rilevazione di dati più
specificatamente economici non fa eccezione a questa regola, ancora di
più in un periodo storico in cui il fenomeno della turbolenza
rappresenta il fil rouge di molti aspetti della vita sociale e, quindi,
anche di quella economica.
Tuttavia, anche solo per definire una normatività di carattere
tendenziale, non si può prescindere dall’acquisire informazioni e dati
anche di carattere quantitativo. In questo paragrafo saranno rilevati
dati di natura economica relativi al sistema imprese, all’occupazione ed
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 125
al valore aggiunto, misurati nell’ambito del territorio comunale,
confrontati con quelli del territorio provinciale. La disaggregazione di
questi
dati,
spesso
pubblicati
facendo
riferimento
al
territorio
nazionale o regionale, è il primo problema da affrontare. Il secondo è
costituito dall’aggiornamento degli stessi dati, i cui momenti di
pubblicazione
differiscono
rispetto
alla
loro
raccolta.
Eppure,
attualmente è sempre più crescente la domanda di dati ed informazioni
disaggregati al livello comunale, proprio per la necessità di molti
operatori economici e policy makers di avere una conoscenza
aggiornata della situazione in cui si trovano le singole economie
locali 150.
Per ovviare, almeno in parte, agli inconvenienti segnalati, in
questo paragrafo saranno utilizzati dati già raccolti precedentemente
da altri istituti statistici o di ricerca. Un’analisi secondaria, quindi, che
pur in relazione con le problematiche che ha generato la collazione di
dati originari, si avvarrà di elaborazioni specifiche al caso di interesse:
il territorio del Comune di Pisticci.
I dati e le informazioni che saranno utilizzati sono state raccolte
ed hanno subìto una prima elaborazione nell’ambito del sistema
informativo SMAIL – Sistema di Monitoraggio Annuale delle Imprese e
del Lavoro – per conto di Unioncamere di Basilicata 151.
Il sistema informativo SMAIL raccoglie dati statistici sulle
imprese attive, le Unità Locali e gli occupati nelle stesse Unità Locali. Il
livello di dettaglio del sistema è notevole, raggiunge i singoli comuni
della regione. Nel campo di osservazione del sistema vi sono tutte le
imprese iscritte alla Camera di Commercio, Industria, Agricoltura ed
Artigianato, competente per il territorio in esame. Non vi rientrano,
150
Cfr. Occupazione e valore aggiunto delle province e dei comuni del mezzogiorno: anni 2001 – 2009, a cura
dell’Osservatorio Regionale Banche – Imprese di economia e finanza e dell’Istituto Tagliacarne, p. 3.
151
La diffusione dei dati del progetto è visibile al sito web http://www.smailweb.net/. Visita del 9 dicembre
2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 126
invece, la Pubblica Amministrazione, le istituzioni pubbliche o private
che non hanno obbligo di iscrizione alla stessa Camera di Commercio e
le attività libero professionali non costituite in forma di imprese. Sono,
altresì, escluse dalla rilevazione SMAIL le imprese che, per la
particolare attività svolta, sono iscritte al Registro Imprese della
Camera
di
Commercio
presso
la
quale
è
localizzata
la
sede
amministrativa. Queste Imprese, convenzionalmente, dichiarano tutti i
dipendenti presso la sede amministrativa, pur se, di fatto, l’attività è
svolta altrove. Si tratta prevalentemente di unità operative temporanee
con una modesta incidenza sui dati relativi alle Unità Locali ed alle
imprese rilevate. Relativamente al dato occupazione queste esclusioni
possono farne sottostimare il numero che, quindi, occorrerà valutare
con molta prudenza.
Ai fini dell’analisi di interesse per questo lavoro, la unità di
rilevazione del sistema SMAIL sono 152:
• le imprese attive in provincia: imprese iscritte al Registro Imprese
della
provincia
ed
enti
iscritti
al
Repertorio
Economico
Amministrativo, anche se con sede in altra provincia;
• le Unità Locali: corrisponde alla definizione ISTAT e si intende un
“luogo in cui viene effettuata una produzione di beni e servizi”.
Relativamente alla metodologia utilizzata per la raccolta di dati,
occorre specificare che tutte le informazioni del Registro Imprese sono
analizzate e confrontate con quelle provenienti dagli archivi dell’ INPS,
sia per una prima verifica di validità, sia per il completamento di dati
mancanti 153.
Il dato occupazionale è stato rilevato dalle tavole del sistema
SMAIL dalle informazioni relative agli “addetti” in un’Unità Locale. In
152
Note metodologiche del sistema SMAIL, giugno 2013, pp. 4 e 5. Visibile al sito web
http://www.smailweb.net/. Visita del 9 dicembre 2014.
153
Note cit., p. 10.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 127
tale voce sono ricompresi sia gli imprenditori che i dipendenti.
Tutti i dati e le informazione attinte dal sistema SMAIL sono state
elaborate per gli anni 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012, per due
essenziali motivazioni: la prima di ordine contingente, perché quelle
indicate sono le sole annualità pubblicate; la seconda, perché la serie
storica nel periodo 2008 – 2012 rappresenta l’andamento degli
indicatori considerati proprio nel periodo di maggior pressione della
crisi economica.
Il Grafico 3.36 riporta il numero delle Unità Locali con addetti
attive sul territorio del Comune di Pisticci, ripartite nei seguenti settori
economici: Agricoltura e Pesca, Industria, Costruzioni, Commercio e
Terziario. I dati rappresentati mostrano un calo delle Unità Locali nel
settore Agricoltura e Pesca nel periodo 2008 - 2012, mentre risultano
sostanzialmente stabili quelle degli altri settori economici, con una
leggera crescita per le Unità Locali operanti nel settore Commercio e
Terziario.
Grafico 3.36: Unità Locali con addetti
per settore economico
Valori assoluti
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere Basilicata
600
598
618
630
644
498
496
487
461
483
377
366
351
337
341
Industria
2008
149
148
152
150
149
151
152
150
163
164
Agricoltura e pesca
Costruzioni
2009
2010
Programmazione attività commerciale: relazione
Commercio
2011
Terziario
2012
Pagina | 128
Grafico 3.37: totale Unità Locali con addetti
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
1.781
1.775
1.758
1.760
2010
2011
1.741
2008
2009
2012
Il Grafico 3.37 mostra, in valori assoluti, l’andamento delle Unità
Locali comunali nello stesso periodo 2008 – 2012. Dopo il vistoso calo
dell’anno 2009, si registra una lenta ma continua crescita nei tre anni
successivi, fin quasi ad eguagliare le unità attive nel 2008.
Grafico 3.38 tassi di incremento delle Unità Locali con addetti
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
Programmazione attività commerciale: relazione
2011
2,92%
2010
4,10%
-1,19%
-8,67%
Costruzioni
2009
0,40%
1,81%
-4,77%
-2,70%
-0,66%
-0,61%
Industria
3,99%
5,34%
0,67%
0,67%
1,32%
1,32%
0,33%
-3,34%
-1,94%
-2,22%
Agricoltura e pesca
Commercio
Terziario
2012
Pagina | 129
Il Grafico 3.38 evidenzia i tassi di incremento (o decremento) delle
Unità Locali con addetti, operanti sul territorio di Pisticci, a partire
dall’anno base 2008, per tutti e sei i settori economici considerati. Il
tasso negativo peggiore è quello del settore Industria nell’anno 2010,
mentre il tasso di crescita migliore, nello stesso anno, è stato registrato
nel settore del Commercio. Tutti positivi i risultati del settore Terziario
negli anni 2010, 2011 e 2012.
Grafico 3.39: quota delle Unità Locali del territorio comunale
rispetto a quelle del terriorio provinciale
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
2008
2009
Commercio
2010
2011
Terziario
7,93%
7,96%
7,99%
7,97%
8,07%
Costruzioni
7,73%
7,69%
7,70%
7,62%
7,78%
8,75%
8,78%
8,63%
8,35%
8,56%
7,73%
7,79%
7,64%
8,17%
8,15%
Industria
6,73%
6,65%
6,81%
6,76%
6,61%
7,84%
7,94%
8,12%
8,20%
8,28%
Agricoltura e pesca
Totale unità locali
2012
Il Grafico 3.39 mostra la quota delle Unità Locali attive nel
territorio di Pisticci rispetto a quelle attive nel territorio della provincia
di Matera, distinte per settore economico, nel periodo 2008 - 2012.
Come si può notare dai dati riportati nel grafico, nel complesso le
Unità Locali totali per ciascuno dei cinque settori economici analizzati
hanno il medesimo peso nell’ambito del territorio provinciale, con
un’oscillazione di poco più di un decimo di punto percentuale.
Nel Grafico 3.40
e nei successivi Grafici 3.41, 3.42 e 3.43,
vengono rappresentate le imprese attive, utilizzando le medesime
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 130
aggregazioni adoperate per la rappresentazioni delle informazioni
relative alle Unità Locali attive. L’andamento delle barre grafiche di
queste ultime rappresentazioni, relative alle imprese attive sul
territorio
comunale,
è
molto
simile
a
quello
visto
per
le
rappresentazioni delle Unità Locali attive. Quest’ultimo è segnale
evidente della quasi corrispondenza, o quantomeno della notevole
vicinanza, del numero delle Unità Locali attive con il numero delle
imprese operanti sul territorio comunale. La stragrande maggioranza
delle Imprese è composta, quindi, da una sola Unità Locale.
Grafico 3.40: Imprese attive per settore economico
Fonte: elaborazioni su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
593
591
611
625
639
140
138
142
141
141
Industria
Costruzioni
2008
2009
2010
Commercio
2011
298
294
282
273
279
398
399
395
384
393
120
120
122
135
138
Agricoltura e pesca
Terziario
2012
Grafico 3.41: totale delle Imprese attive
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
1.590
1.558
1.552
1.542
2008
2009
2010
Programmazione attività commerciale: relazione
2011
1.549
2012
Pagina | 131
Grafico 3.42: tassi di incremento Imprese attive
Commercio
2011
1,34%
3,19%
2010
-2,20%
Costruzioni
2009
-0,25%
-2,34%
-2,90%
-1,67%
-10,66%
-2,22%
Industria
1,00%
2,78%
1,43%
0,70%
0,00%
0,00%
0,34%
-3,38%
-2,29%
-2,24%
Agricoltura e pesca
4,08%
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
Terziario
2012
Anche nel confronto con il territorio della provincia di Matera il
peso delle imprese pisticcesi mantiene all’incirca lo stesso tasso delle
Unità Locali, con un maggior decremento negli anni 2011 e 2012.
L’anno più negativo per le imprese localizzate nel Comune di Pisticci è
stato, infatti, il 2011. Già nel 2012 si rilevano segnali di ripresa,
tuttavia molto al di sotto dei dati del 2008.
Grafico 3.43: quota delle imprese attive sul territorio
comunale rispetto a quello provinciale
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
7,78%
7,82%
7,90%
Programmazione attività commerciale: relazione
2011
Terziario
7,97%
8,06%
2010
7,34%
Commercio
7,29%
7,34%
2009
7,30%
7,54%
8,58%
Costruzioni
2008
8,61%
8,67%
8,51%
8,57%
6,80%
6,66%
6,87%
Industria
6,85%
6,74%
7,43%
7,42%
7,48%
8,19%
8,33%
7,87%
7,96%
8,13%
8,24%
8,31%
Agricoltura e pesca
Totale imprese
2012
Pagina | 132
Grafico 3.44: confronto tra Unità Locali con addetti ed
Imprese attive
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
1.781
1.775
1.758
1.760
1.558
1.552
1.542
1.549
2009
2010
2011
2012
1.741
1.590
2008
Unità locali con addetti
Imprese attive
I Grafici 3.44 e 3.45 propongono un confronto tra imprese ed
Unità Locali, entrambe localizzate sul territorio di Pisticci, nel periodo
2008 – 2012.
Grafico 3.45: numero di Unità Locali con addetti per ogni
Impresa attiva
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
1,15
1,14
1,13
1,12
2008
1,12
2009
2010
Programmazione attività commerciale: relazione
2011
2012
Pagina | 133
Le curve dei grafici ci mostrano che il rapporto tra Imprese ed
Unità Locali o, meglio, il numero di Unità Locali appartenenti alla
stessa impresa, è cambiato nel corso di questo ultimi anni. Nel 2008 e
nel 2009 il rapporto registrato è costante ed il più basso della serie,
mentre negli anni 2010, 2011 e 2012 il rapporto cresce costantemente.
E’ un chiaro segnale di aumento medio delle Unità Locali attive per
ciascuna impresa. In media, nell’anno 2012, si registrano 1,15 Unità
Locali per impresa.
I successivi Grafici 3.46, 3.47, 3.48, 3.49, 3.50 e 3.51 delineano
il profilo occupazionale nell’ambito delle Unità Locali attive sul
territorio comunale. Come già accennato nella breve nota metodologica
all’inizio di questo paragrafo, gli occupati rilevati nei grafici seguenti
corrispondono agli addetti del sistema SMAIL e, questi ultimi,
comprendono sia gli imprenditori che i dipendenti. L’elaborazione dei
dati riportati nei Grafici 3.46, 3.47, 3.48 e 3.49 è simile a quella
utilizzata per la rappresentazione delle Unità Locali e delle Imprese.
Grafico 3.46: occupati nelle Unità Locali
per settore economico
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
844
864
872
768
Programmazione attività commerciale: relazione
774
2010
681
Costruzioni
2009
769
698
494
466
536
2008
582
589
Industria
881
1.006
896
905
1.041
1.110
1.219
1.145
1.149
1.196
1.148
1.202
Agricoltura e pesca
Commercio
2011
Terziario
2012
Pagina | 134
Grafico 3.47: totale occupati nelle Unità Locali
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
4.660
4.456
2008
4.414
2009
2010
4.158
4.147
2011
2012
Grafico 3.48: tassi di incremento degli occupati
nelle Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
-2,37%
2011
-0,93%
2010
-1,03%
2009
Commercio
-14,19%
Costruzioni
-0,78%
-2,50%
-15,02%
-8,58%
-1,20%
-1,00%
-15,03%
-9,82%
-6,63%
-0,35%
-4,09%
-0,50%
Industria
0,65%
11,44%
5,67%
4,49%
Agricoltura e pesca
Terziario
2012
In particolare, il Grafico 3.46 mostra, in valori assoluti, il numero
di occupati nelle Unità Locali di ciascuno dei settori economici
considerati nel periodo 2008 – 2012, mentre il Grafico 3.47 mostra il
totale degli occupati nello stesso periodo. E’ evidente la contrazione
dell’occupazione dal primo all’ultimo anno della serie e, tuttavia,
appare incoraggiante che, tra il 2011 ed il 2012, la decrescita si sia
quasi arrestata. Il dato occupazionale più negativo è stato registrato
nell’anno 2011 nei settori delle Costruzioni e dell’Industria, come
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 135
mostrato nel Grafico 3.46. Di evidente segno negativo è anche il dato
occupazionale relativo al settore economico Terziario fatto registrare
nel 2009. Negli anni successivi, lo stesso settore Terziario non ha mai
fatto registrare tassi positivi.
Grafico 3.49: quota di occupati nelle Unità Locali del
territorio comunale rispetto a quelli occupati nelle Unità
Locali della provincia
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
Commercio
Terziario
Costruzioni
2008
2009
2010
2011
8,30%
8,23%
8,75%
8,78%
8,88%
6,39%
6,58%
6,91%
6,98%
8,01%
Industria
8,20%
8,29%
8,23%
7,31%
7,33%
9,13%
8,13%
9,04%
9,59%
9,22%
10,37%
9,87%
11,02%
11,55%
11,50%
8,59%
8,76%
9,11%
9,14%
8,56%
Agricoltura e pesca
totale occupati
2012
Grafico 3.50: numero medio di occupati
per Unità Locali
Fonte: elborazione su dati SMAIL Unioncamere di Basilicata
5,93
5,95
6,94
6,81
7,43
1,45
2008
Costruzioni
2009
2010
Programmazione attività commerciale: relazione
1,54
1,56
1,58
1,48
Industria
Commercio
2011
2,24
2,36
2,48
2,61
2,95
3,32
3,15
3,53
3,88
3,95
1,91
1,92
1,94
1,91
1,78
Agricoltura e pesca
Terziario
2012
Pagina | 136
Grafico 3.51: tassi di incremento del numero medio di
occupati per Unità Locale
-5,45%
2011
-5,24%
2010
-5,23%
-12,85%
Costruzioni
2009
-1,19%
-1,19%
-11,99%
-10,03%
-16,56%
-9,15%
Industria
6,45%
-1,88%
-0,34%
-0,68%
-0,72%
Agricoltura e pesca
2,17%
5,03%
1,41%
1,88%
6,57%
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
Commercio
Terziario
2012
Il Grafico 3.49 mostra il rapporto tra l’occupazione nelle Unità
Locali nell’ambito del territorio comunale e quella nelle Unità Locali
della provincia. Il peso dell’occupazione comunale equivale al peso
delle Unità Locali nell’ambito provinciale. Questo dato ci suggerisce
che la composizione delle Unità Locali localizzate a Pisticci è molto
simile a quella delle Unità Locali dell’intera provincia di Matera. Il
Grafico 3.50 mostra il numero medio di occupati per Unità Locale nel
periodo 2008 – 2012. Solo i settori dell’Agricoltura e del Commercio
riescono a mantenere lo stesso numero medio di occupati, mentre i
settori dell’Industria, delle Costruzioni e del Terziario mostrano una
evidente contrazione della media di occupati.
Il Grafico 3.51 annota il tasso di incremento (decremento) del
numero medio di occupati per tutti i settori economici analizzati, a
partire dall’anno base 2008. Il 2011 è stato il peggior anno. sia per il
settore dell’Industria che per quello delle costruzioni, mentre il settore
terziario, pur segnalando un notevole calo nel 2009, ha dimezzato le
perdite negli anni successivi. Andamento opposto per il settore del
Commercio, che ha segnalato incrementi nei primi due anni della
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 137
serie, mentre ha chiuso negativamente gli ultimi due.
Grafico 3.52: confronto tra il numero medio di occupati per
Unità Locale del territorio comunale e quelle del territorio
provinciale
Fonte: elaborazione su dati SMAIL Infocamere di Basilicata
2,62
2,56
2,51
2,36
2,38
2008
2,32
2009
2,29
2,28
2010
2011
Pisticci
2,34
2,23
2012
Matera
Come è stato evidenziato argomentando i dati del precedente
Grafico 3.49, l’analisi delle informazioni desumibili dal Grafico 3.52
mostrano la chiara tendenza alla similarità del profilo occupazionale
tra le Unità Locali localizzate a Pisticci e quelle del resto del territorio
della provincia di Matera. Quest’ultimo grafico propone un confronto
tra il numero medio degli occupati per Unità Locale del territorio
comunale e quelle del territorio provinciale e mostra un riduzione del
divario che si registra per i primi anni della serie, e che negli anni 2011
e 2012 si è dimezzato.
Il valore aggiunto
Per dare una certa completezza e profondità alla conoscenza del
territorio del Comune di Pisticci occorre dare uno sguardo ad un
ulteriore indicatore economico, assolutamente indispensabile nel
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 138
disegno generale delle politiche di sviluppo locale efficaci per la
programmazione di qualsiasi settore produttivo e, per molti versi,
anche per la pianificazione territoriale. Pisticci è un Comune del
Mezzogiorno d’Italia ed è noto, da innumerevoli indicatori, che le aree
meridionali della penisola sono state tra le più colpite dalla crisi
economica che, iniziata a partire dal 2008, tarda ad evidenziare segnali
di ripresa. Tuttavia la crisi non ha avuto lo stesso effetto su tutte le
aree del Mezzogiorno e, pertanto, alcuni territori hanno proposto
politiche di sviluppo più efficaci di altri.
L’obiettivo del paragrafo è, quindi, individuare la categoria che
include il territorio di Pisticci e, a tale scopo, si utilizzerà, quale
indicatore economico, il Valore Aggiunto (VA), che rappresenta
quantitativamente la ricchezza prodotta dal sistema economico di un
determinato territorio a livello provinciale, mentre il Prodotto Interno
Lordo (PIL), che comprende il Valore Aggiunto, l’IVA e le imposte
indirette nette sulla produzione interna e le importazioni, risulta essere
più significativo se misurato a livello nazionale o quantomeno
regionale.
Il Valore Aggiunto è la differenza fra il valore della produzione di
beni e servizi e i costi sostenuti da parte delle singole unità produttive
per l’acquisto di input produttivi a essa necessari, presso altre aziende.
Rappresenta, quindi, il valore che i fattori produttivi utilizzati
dall’impresa, capitale e lavoro, hanno aggiunto agli input acquistati
dall’esterno, in modo da ottenere una data produzione 154. Questo
indicatore, rapportato alla popolazione di un dato territorio (Valore
Aggiunto pro-capite), consente di delineare la tendenza dell’andamento
dell’economia in quello stesso territorio, nonché di confrontarla con
quella di altri territori. Non rientra tra gli obiettivi di questo lavoro la
154
Cfr. Dizionario di Economia e Finanze Treccani. Visibile al sito web http://www. treccani. it/
enciclopedia/valore-aggiunto_%28Dizionario_di_Economia_e_ Finanza%29/. Visita del 14 gennaio 2015.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 139
predisposizione di modelli per il calcolo disaggregato del Valore
Aggiunto a livello comunale e nemmeno quello per l’individuazione dei
coefficienti, diversi per ciascun anno, per calcolare il valore ai prezzi
base dal valore a prezzi di mercato. Quest’ultimo è solitamente
utilizzato per il calcolo del Prodotto Interno Lordo. Verranno utilizzate,
quindi, le proiezioni sul valore aggiunto fornite dall’Osservatorio
Regionale Banche – Imprese di Economia e Finanza 155. Il rapporto
dell’Osservatorio segnala una chiara regressione dell’economia del
Mezzogiorno, in misura maggiore rispetto a quella del resto dell’Italia,
accentuando ulteriormente il divario economico tra le due aree. Il
rapporto continua evidenziando le difficoltà sistemiche del Sud, che
rischiano di annullare gli effetti prodotti da quelle aree di eccellenza e
che connotano la caratteristica macchia di leopardo dell’economia
meridionale. Il Mezzogiorno non è, quindi, un’unica area uniforme per
cui può essere implementata un’unica azione politica di sviluppo,
bensì un’area in cui situazioni di significativo benessere economico
convivono con zone di vera e propria povertà. L’eterogeneità che il
rapporto
dell’Osservatorio
individua
rappresenta
il
paradosso
dell’economia meridionale: un punto di forza e, contemporaneamente,
di debolezza. Il punto di forza è rappresentato da quelle zone di
eccellenza che fronteggiano adeguatamente gli eventi di crisi, mentre la
debolezza è causata dalla mancanza di connessioni territoriali ed
economiche tra le diverse aree del Mezzogiorno.
Un altro capitolo del rapporto dell’Osservatorio riguarda più
specificatamente il Valore Aggiunto pro-capite nei Comuni del Mezzogiorno. Il divario con il resto d’Italia rimane ancora incolmabile tanto
che solo il 4% dei residenti nel Sud supera il reddito medio nazionale,
155
Il rapporto “Il valore aggiunto dei comuni del Mezzogiorno. Stime 1995 – 2012 e previsione 2013 – 2016”, è
stato presentato a Roma il 14 marzo 2013 ed è visibile sul sito web http://www.bancheimprese.it
/it/component/phocadownload/category/6-il-valore-ag giunto-dei-comuni-del-mezzogiorno.html. Visita del 10
novembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 140
evidenziando la vera problematica di quest’area: il basso livello di
produzione per abitante. La bassa produzione ed i bassi livelli di
occupazione, ben al di sotto della media nazionale, continuano a
generare alti tassi di evasione di consumi, perché i beni ed i servizi
sono importati da altre regioni, spesso quelle del Nord, o dall’estero.
Mappa 3.2: Valore Aggiunto 2012
Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza
La tendenza alla contrazione degli indicatori macroeconomici
evidenziata nel rapporto segue l’andamento degli anni precedenti,
eppure,
sostiene
l’Osservatorio,
né
il
sistema
imprenditoriale
meridionale, né i policy makers hanno manifestato una qualche
significativa reazione.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 141
Per il Mezzogiorno, quindi, la crisi non è affatto finita, anzi, il
divario con il resto del paese aumenta sempre di più. Mentre in diverse
aree del paese l’efficientamento della Pubblica Amministrazione sta
generando effetti benefici sull’economia locale, al Sud continuano a
prevalere logiche clientelari che, nella maggior parte dei casi, portano
ad un utilizzo inefficiente ed irrazionale di risorse umane, con evidente
aggravio sulla spesa pubblica. In altre aree del Centro o del Nord Italia
sono stati già sperimentati con successo processi di collegamento ed
integrazione tra sistemi economici locali; nel Mezzogiorno prevalgono
gli interventi a pioggia, piuttosto che l’ennesimo aumento della spesa
pubblica per opere di dubbia utilità economica e sociale.
Mappa 3.3: Valore Aggiunto previsioni 2013 – 2016
Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 142
I processi di innovazione della Pubblica Amministrazione, che
altrove manifestano già effetti positivi, per il Sud provocheranno, nei
prossimi
anni,
maggiore
contrazione
del
reddito
prodotto.
L’Osservatorio ha stimato che per portare l’incidenza del settore
pubblico dal 30% al 27% in dieci anni, per affievolire il divario con il
resto d’Italia, il reddito prodotto dalle regioni meridionali dovrà ridursi
dello
0,7%
all’anno.
La
decrescita
del
pubblico
dovrà
essere
compensata dalla crescita di altri settori economici, altrimenti il divario
resterà incolmabile.
Mappa 3.4: Valore Aggiunto pro-capite anno 2012
Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza
Non v’è un solo Mezzogiorno, ma vi sono più “Mezzogiorni”;
questa è l’evidenza fondante del rapporto. All’interno del Mezzogiorno,
la Basilicata è tra le regioni più penalizzate. Nell’anno 2012
l’Osservatorio ha stimato un Valore Aggiunto pro-capite da € 14.500
ad € 21.500 per tutti i Comuni della Basilicata e, quindi, anche per
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 143
Pisticci. E’ già apprezzabile che all’interno della regione non vi sono
vere e proprie sacche di maggior povertà con valori al di sotto di €
14.500, ma non vi sono nemmeno aree più virtuose con un Valore
superiore ad € 21.500.
Ben più grigie sono le prospettive stimate dall’Osservatorio per il
quadriennio 2013 – 2016. L’economia di Pisticci segue le sorti della
regione, facendo segnalare una variazione media annua del Valore
Aggiunto pro-capite minore dell’1%. Certo, c’è di che consolarsi, perché
aree con variazione media annua inferiore all’1% ve ne sono in gran
parte del meridione, nelle due isole, in Liguria, in Toscana, nel Lazio e
nella Lombardia. Ma, smentendo il detto popolare, il mal comune non
è mezzo gaudio, è solo un male più diffuso che non giova a nessuno.
Tra l’altro, la Basilicata ha una caratteristica particolare nella
previsione 2013 – 2016 dell’Osservatorio: la scarsa rilevanza della
crescita è assolutamente diffusa in tutti i 131 comuni.
Mappa 3.5: Valore Aggiunto previsioni 2013 – 2016
Fonte: Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e finanza
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 144
Il modello dell’Osservatorio consente di rilevare anche dati più
nel dettaglio dei territori delle regioni meridionali. Relativamente al
Valore Aggiunto pro-capite nel 2012 (euro 2005), il territorio di Pisticci
è all’interno di “una mezza luna ad alto valore tra lo Jonio ed il basso
Adriatico”, con una stima maggiore di € 13.250. Meno performanti
sono le prospettive di variazioni della media del Valore Aggiunto tra il
2013 ed il 2016; per il territorio di Pisticci è stimata una variazione tra
lo 0,25% e lo 0,75%, che farà registrare una sostanziale situazione di
stagnazione.
E’ interessante concludere quest’analisi secondaria sui dati
forniti dall’ Osservatorio Regionale Banche – Imprese di Economia e
Finanza con una considerazione in merito alla formula del successo
dei sistemi produttivi comunali. In sintesi – sostiene l’Osservatorio – i
sistemi più performanti sono quelli che hanno risparmiato territorio,
con espansione del settore agricolo e contrazione di quello industriale e
delle costruzioni. Hanno puntato sui servizi ed hanno mantenuto una
dimensione demografica intermedia, assicurando ai propri abitanti un
reddito sufficiente, ma non troppo elevato e debellando posizioni di
rendita.
Non v’è eccessiva meraviglia nel constatare che quest’ultima
rilevazione
dell’Osservatorio
ricalca
i
cardini
del
progetto
“Territorialista”. Insistere su concetti quali la riduzione dell’erosione di
territorio agricolo e la limitazione delle costruzioni, la crescita della
stessa agricoltura, specie se di qualità e non intensiva, l’abbandono
dell’industrializzazione quale essenza sia del paradigma della teoria
della modernizzazione 156 che di quello della teoria della dipendenza 157,
156
Cfr. A. SALENTO e G. PESARE, Analisi sociologica dei processi di sviluppo, Dispensa per il corso a cura
di, Università del Salento, a.a. 2012/2013. Questa teoria sociologica sostiene che la “modernizzazione” dei paesi
arretrati equivale sostanzialmente alla riproduzione del modello di sviluppo dei paesi occidentali.
157
Op. cit. Secondo questa teoria, le aree sviluppate e quelle arretrate fanno parte di un unico sistema economico
nel quale lo sviluppo delle prime è possibile attraverso lo sfruttamento e la spoliazione di risorse dalle seconde.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 145
per approdare a comunità che sappiano farsi carico dello sviluppo
autosostenibile del proprio territorio, è la mission propria dei
Territorialisti, così come è stata esplicitata nel primo Capitolo di questo
lavoro. “E’ necessario rivitalizzare l’humus locale”, è la proposta di
Serge Latouche per un crescita conviviale, con delle alternative
concrete localmente 158.
I bacini d’utenza
Dopo aver analizzato la struttura della popolazione residente nel
Comune di Pisticci e dopo aver definito l’ordine di grandezza del peso
della popolazione presente, ma non residente sul territorio comunale,
al fine di determinare la presunta ampiezza del mercato potenziale
della domanda di beni e servizi commerciali rivolta alla rete
distributiva
comunale,
occorre
circoscrivere
il
probabile
bacino
d’utenza.
Il bacino d’utenza costituisce un parametro di valutazione della
potenzialità economica di un’area basato su tre indicatori: demografico, geografico e temporale. A partire da un punto geografico, che
costituisce il baricentro del bacino, si individuano le aree raggiungibili
nell’arco di un tempo prefissato e si calcola la popolazione che vi
risiede.
E’ del tutto evidente che l’individuazione delle aree non può
essere costituita da cerchi concentrici, poiché la mera distanza tra i
vari centri urbani ricompresi ed il baricentro del bacino non è un
elemento sufficiente a determinarle.
Il bacino d’utenza che costituisce un mercato potenziale è
solitamente
158
definito
attraverso
le
isocrone.
Queste
individuano,
SERGE LATOUCHE, Uscire dallo sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino, 2005, p. 106.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 146
nell’ambito della stessa area, tutti quei centri urbani dai quali, a parità
di tempo, si raggiunge il baricentro. La presenza di assi stradali veloci
incide notevolmente sulle distanze percorse e, quindi, sull’inclusione o
meno di un centro abitato nell’area del bacino. Anche barriere naturali,
quali montagne, laghi, fiumi, ecc., incidono sulla definizione del
bacino, proprio perché determinano il percorso della rete viaria.
Una delle principali caratteristiche della rete distributiva del
Comune di Pisticci, come si vedrà più dettagliatamente nel Capitolo
successivo, è la distribuzione della sua localizzazione tra il centro
storico di Pistici e l’abitato di Marconia. Entrambi questi centri urbani
mostrano una felice collocazione geografica sotto il profilo della
viabilità. Sono, infatti, a distanze che oscillano tra i 5 ed i 10
chilometri sia dalla Strada Statale 106 Jonica, che dalla Strada Statale
407 Basentana. Attraverso queste due importati assi viarie è possibile
raggiungere, in tempi ragionevolmente brevi, innumerevoli Comuni
dell’area metapontina, della collina materana, della parte sud della
Valle del Sinni, la parte nord del Cosentino in Calabria ed il territorio
di Ginosa in Puglia. E’ proprio la posizione strategica che potrebbe
costituire un elemento di forza per la programmazione della rete
distributiva comunale di beni e servizi commerciali.
La
successiva
Mappa
3.6
individua
i
centri
abitati
che,
potenzialmente, potrebbero rientrare nelle varie aree del bacino
d’utenza che propone il territorio di Pisticci quale baricentro.
L’insieme, quindi, del parametro geografico, di quello demografico
e di quello temporale definisce il bacino d’utenza, per cui sono stati
calcolati i tempi medi di percorrenza, secondo la viabilità esistente,
affinché un potenziale utente possa raggiungere il baricentro del
bacino.
La definizione del bacino d’utenza mediante il metodo delle
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 147
isocrone può essere rappresentata graficamente disegnando le aree che
ricomprendono tutti quei centri abitati raggiungibili nell’arco dello
stesso intervallo di tempo.
Utilizzato il parametro geografico e quello temporale per definire
le varie aree di interesse, successivamente si considera quello
demografico e si calcola il totale dei cittadini residenti nei Comuni il
cui centro abitato è incluso in quelle aree.
Mappa 3.6: centri abitati dell’area con Pisticci baricentro
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 148
A differenza di quanto avviene nell’utilizzo di questo metodo
nell’ambito imprenditoriale, per individuare l’area dei potenziali
acquirenti, che considera una sola area corrispondente ai criteri
prefissati nel piano di investimento d’Impresa, l’obiettivo definitorio di
questo lavoro è precipuamente pubblico e, pertanto, appare più
opportuno individuare più aree fissando diversi termini temporali da
cui,
evidentemente,
scaturiranno
diversi
parametri
demografici.
Saranno, quindi, definiti tre bacini d’utenza composti da tre aree
geografiche e fissando tre diversi parametri temporali: fino ad un
tempo di 15 minuti di percorrenza viaria; da 15 a 30 minuti di
percorrenza; da 30 a 60 minuti di percorrenza per raggiungere il
baricentro.
La scelta di individuare ben tre aree bacino è sostenuta dalle
seguenti argomentazioni:
• l’ampiezza dell’area sulla quale si sviluppano sensibili fenomeni di
attrazione è variabile ed è influenzata dalla struttura dell’offerta.
Proprio questa struttura pone dei limiti all’ampiezza, oltre i quali,
sia i fenomeni di attrazione delle domanda che quelli di evasione dei
consumi,
sono
del
tutto
trascurabili.
Il
consumatore,
per
massimizzare i propri benefici, tenderà a proporre la sua domanda
di beni e servizi commerciali alla rete di vendita più vicina alla
propria residenza, a meno di poter usufruire di beni e servizi
migliori in reti localizzate in aree più distanti;
• la frequenza di utilizzo dei servizi commerciali diminuisce con
l’aumento della distanza che separa il consumatore del luogo
dell’offerta degli stessi servizi. Il numero delle famiglie che
costituiscono
il
mercato
potenziale
dell’offerta
di
una
rete
distributiva non è un mero parametro demografico: man mano che
aumentano le distanze incidono altri fattori a determinarlo, quali la
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 149
disponibilità di tempo per gli spostamenti, il costo degli stessi
spostamenti, le difficoltà di spostamento e, quindi, la presenza o
meno di un efficiente servizio di trasporto pubblico locale, ecc.;
• l’utilizzo dell’offerta di una rete è fortemente influenzato dalla
presenza di reti distributive concorrenti localizzate presso Comuni
attigui o comunque vicini. Appare evidente che la presenza di una
rete fortemente competitiva e maggiormente attrattiva in un
Comune vicino annulla del tutto le potenzialità del bacino d’utenza,
creando fenomeni di evasione di consumi, anziché quelli di
attrazione di domanda.
Il modello proposto genera, quindi, aree geografiche omogenee
sotto il profilo temporale che, però, forniscono una rappresentazione
dei flussi di domanda di beni e servizi commerciali fortemente
condizionata dalla struttura della rete distributiva del luogo baricentro.
Condizione che, come detto innanzi, non è illimitata ma è, a sua volta,
influenzata
da
fattori
esogeni
alla
stessa
struttura
della
rete
distributiva.
Con tutti gli accorgimenti analitici testé annotati, il modello ci
permette di definire le tre aree principali che compongono i bacini
d’utenza della rete distributiva localizzata sul territorio del Comune di
Pisticci. Per il primo bacino è stato considerato un tempo di accesso al
baricentro inferiore ai 15 minuti e comprende, oltre allo stesso
Comune di Pisticci, anche i Comuni di Bernalda e Scanzano Jonico. In
questa area v’è una popolazione residente di oltre 37.000 abitanti.
L’individuazione del secondo bacino prevede un tempo di percorrenza
compreso tra i 15 ed i 30 minuti e comprende, oltre i Comuni del
primo bacino, quelli di Montalbano Jonico, Craco, Policoro, Ferrandina
e Ginosa. La popolazione residente in quest’area ammonta a circa
94.000 abitanti. Il terzo bacino considerato è definito per un tempo di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 150
percorrenza oltre i 30 minuti e fino a 60 minuti e l’area include, oltre i
precedenti, i Comuni di Nova Siri, Montescaglioso, Tursi, Miglionico,
Rocca Imperiale, Pomarico, Rotondella, Salandra, Valsinni, Colobraro e
Stigliano. In questo terzo e più ampio bacino risiedono 139.000
abitanti. Nell’Appendice 2 è riportata la tabella con il calcolo della
popolazione residente nelle aree dei tre bacini d’utenza.
Mappa 3.7: aree geografiche dei tre bacini d’utenza
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 151
Nella Mappa 3.7 sottostante sono evidenziate le tre aree
geografiche dei bacini d’utenza calcolati in base al parametro
temporale. Come si può notare, le aree sono delle figure amorfe più che
dei cerchi concentrici. Il sistema viario ed altri fattori hanno
determinato l’inclusione o l’esclusione di Comuni che avrebbero avuto
diversa collocazione se fosse stata considerata la mera distanza
geografica.
I bacini d’utenza con Pisticci baricentro sono di notevole rilievo:
con 19 Comuni e 139.000 residenti, rappresentano la zona di influenza
da un punto di vista prettamente geografico. Quanto questa influenza
potrà tradursi in vere e proprie opportunità di intercettare quote di
domanda per le imprese operanti nell’ambito della rete distributiva di
Pisticci, è una problematica che riguarda sia gli obiettivi di marketing e
sviluppo delle stesse imprese, sia il più generale obiettivo della
programmazione pubblica, in quanto può essere iscritta nel tema del
marketing territoriale. E’ da considerare, infatti, che, tra le componenti
di un sistema territoriale, le attività in esso svolte caratterizzano lo
stesso territorio, sia per la natura che per il modo in cui le stesse
attività sono realizzate 159.
I bacini d’utenza rappresentano l’ambito in cui immediatamente
e maggiormente si sviluppa la capacità competitiva di un sistema
territoriale. Quest’ultima affermazione implica due precisazioni. La
prima: gli avverbi utilizzati immediatamente e maggiormente hanno un
peso rilevante se il punto di vista delle imprese è quello distributivocommerciale e quello pubblico riguarda la programmazione della rete
distributiva commerciale; se, ad esempio, si dovesse argomentare un
programma di sviluppo turistico, la capacità competitiva che si esplica
nei tre bacini d’utenza individuati non sarebbe né immediata, né
159
MATTEO G. CAROLI, Il marketing territoriale – Strategie per la competitività sostenibile del territorio,
FRANCO ANGELI, Milano, 2006, p. 24.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 152
maggiore rispetto a quella di altre parti del globo. La seconda: il
concetto di competitività, nel caso di un sistema territoriale, non può
essere frutto di una mera traslazione dal significato che lo stesso
concetto ha per un’impresa 160. La competitività di un’area non può
essere il frutto di meccanismi deterministici proprio perché i diversi
attori del territorio manifestano percezioni diverse, pur nell’alveo della
medesima coscienza di luogo. V’è di più. La competitività tra territori
non è un gioco a somma zero. “Con una metafora sportiva, la
competizione
tra
territori
può
essere
considerata
analoga
alla
competizione tra due giocatori di golf, mentre quella tra due imprese è
più simile a quella tra due giocatori di tennis. Nel golf, un buon colpo
messo a segno da un concorrente non ha alcun impatto sulle
possibilità dell’avversario di giocare a sua volta una buona palla; nel
tennis, è esattamente il contrario. In entrambi gli sport, alla fine della
gara, i partecipanti sono comunque classificati in un ordine che ne
definisce la posizione relativa” 161.
Nella specificità di un intervento di programmazione commerciale
i diversi bacini d’utenza costituiscono, quindi, l’habitat naturale in cui
sia il sistema distributivo che il sistema territorio possono esplicare
fattori di attrattività. Diversi, però, rimangono sia gli obiettivi che gli
stessi fattori utilizzati dai due sistemi.
160
161
Op. cit., p. 39.
Op. cit., p. 41, nota 12.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 153
Capitolo 4°
La rete distributiva commerciale insediata sul
territorio comunale
In questo Capitolo verrà effettuata un'analisi quantitativa e
qualitativa della rete distributiva di beni e servizi commerciali del
Comune di Pisticci. L’analisi è finalizzata a fornire elementi utili per una
valutazione dell'offerta commerciale del Comune. I dati di base utilizzati
corrispondono ai provvedimenti abilitativi rilasciati dal competente
Servizio Comunale per l’esercizio dell’attività commerciale.
L’elaborazione di questi dati ha permesso di definire un archivio
omogeneo sotto il profilo temporale 162 e coerente rispetto alle classi
tipologiche e dimensionali previste dal D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo
1998163 e riproposte dalla legislazione regionale.
In particolare, le unità di base della rilevazione sono state
classificate in due classi tipologiche e, all’interno di ognuna classe, sono
state ulteriormente suddivise, rispettivamente, in sub-classi dimensionali
ed in base alla modalità di svolgimento dell’esercizio. Le due classi
tipologiche sono: commercio su aree private e commercio su aree
pubbliche. Il discrimine risiede unicamente nella finalità pubblica
dell’area e, quindi, nella sua natura giuridica, prescindendo da qualsiasi
altra caratteristica, quale l’essere coperta o scoperta, al chiuso o
all’aperto, di proprietà pubblica o privata. E’ ascrivibile, per esempio, al
commercio su aree private l’attività di vendita di un supermercato o
quella di vendita di automobili all’aperto su un’area privata, mentre è da
considerare commercio su aree pubbliche il chiosco di gelati ubicato nei
giardini pubblici, piuttosto che prospiciente al mare sull’area demaniale.
La classe tipizzata dalla natura privata dell’area su cui viene svolta
162
163
I dati sono aggiornati al 31 dicembre 2014.
E’ la cosiddetta Riforma Bersani della quale si è parlato ampiamente nel Capitolo 2°.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 154
l’attività è suddivisa in più sub-classi classi dimensionali164:
• esercizi di vicinato: fino a 150 metri quadrati di superficie di vendita
nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e fino a 250
metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con popolazione
superiore a 10.000 abitanti;
• medie strutture di vendita: fino a 1.500 metri quadrati di superficie di
vendita nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e fino
a 2.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con
popolazione superiore a 10.000 abitanti;
• grandi strutture di vendita: oltre i 1.500 metri quadrati di superficie
di vendita nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti ed
oltre i 2.500 metri quadrati di superficie di vendita nei Comuni con
popolazione superiore a 10.000 abitanti.
La classe tipologica che esercita su area pubblica è suddivisa in
due sottoclassi differenziate dalla modalità di esercizio dell’attività165:
• su un posteggio localizzato su area pubblica e dato in concessione
pluriennale;
• su qualsiasi area pubblica, purché in forma itinerante.
Sono proprio queste ultime due sub-classi che, probabilmente,
richiamano alla memoria la più romantica forma di commercio. La prima
sub-classe, quella dei mercati, ha un antenato illustre nelle fiere del
basso medioevo, che sono state i più antichi luoghi economici nei quali si
effettuavano scambi di beni tra mercanti locali e quelli venuti da
lontano166. La seconda, quella della sub-classe ambulante, è certamente
la forma più antica di commercio: dopo la caccia e l’agricoltura, affonda
le sue radici nella notte dei tempi167.
164
Cfr. l’art. 4 del D.Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i.
Cfr. art. 28 del D.Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i.
166
LUCIO TUFANO, Genio e genesi del commercio: gli ambulanti, la città e la modernizzazione, STES,
Potenza, 2008, p. 15.
167
Op. cit., p. 11.
165
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 155
L’ordinamento giuridico che disciplina queste attività economiche
prevede, inoltre, un’ulteriore distinzione che percorre trasversalmente
tutte le classi e le sub-classi: il settore merceologico alimentare e quello
non alimentare.
Sulla scorta di queste differenzazioni, nei prossimi paragrafi sarà
proposta un’analisi strutturale della rete distributiva commerciale
insediata sul territorio del Comune di Pisticci.
Il commercio su aree private
Per analizzare la rete distributiva di beni e servizi commerciali
insediata su aree private nel territorio del Comune di Pisticci si farà
riferimento alle Unità Locali attive, desumibili dall’archivio del Servizio
Attività Produttive dello stesso Comune. L’Unità Locale è un luogo
fisico nel quale l’Impresa esercita stabilmente l’attività di vendita 168.
Tranne che in pochissimi casi, in cui può essere localizzata su un
luogo all’aperto, comunque su area di natura giuridica privata, le
Unità Locali sono ubicate in locali al chiuso.
L’attività di vendita o, con definizione più tecnica, il commercio al
dettaglio, è “l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista
merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede
fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al
consumatore finale” 169.
Sul territorio del Comune di Pisticci, alla data del 31 dicembre
2014, risultano attive 269 Unità Locali a carattere permanente e 40
Unità Locali ad esercizio stagionale. Queste ultime sono tutte ubicate
nei villaggi turistici localizzati lungo la fascia di costa jonica del
168
169
Nel gergo comune, l’Unità Locale può essere considerato il negozio, ovvero il punto vendita.
Cfr. lettera b) del 1° comma dell’art. 4 del D.Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 156
territorio comunale e sono attive esclusivamente nel periodo estivo,
quando la presenza turistica propone un incremento della domanda di
beni e servizi commerciali. Il periodo di apertura di queste attività
segue
pedissequamente
la
stagionalità
del
turismo
tipicamente
balneare, con una durata media di circa novanta giorni all’anno.
Rimandando a fine paragrafo l’analisi più nel dettaglio delle
attività stagionali, con il successivo Grafico 4.1 vengono rappresentate,
in valori assoluti ed in percentuale, le Unità Locali a carattere
permanente ubicate sul territorio di Pisticci, ripartite per settore
merceologico.
Grafico 4.1: Unità Locali attive
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
269
69,52%
187
30,48%
82
A
NA
TOT
Tra le 269 Unità Locali dell’intera rete, 187 commercializzano
prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare e
costituiscono il 69,52% del totale, mentre sono in tutto 82 quelle che
appartengono al settore merceologico alimentare e rappresentano il
30,48%. Nel settore merceologico alimentare sono compresi anche gli
esercizi a settore misto, in quanto la loro rilevanza sulla rete ha maggiore
incidenza nell’ambito del settore alimentare.
Anche in termini di superficie di vendita, il rapporto tra le Unità
Locali dei due settori merceologici permane di due terzi ad un terzo. Il
successivo Grafico 4.2 riporta, appunto, quest’ultima annotazione.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 157
Dallo stesso Grafico si rileva che la rete distributiva, nel complesso
delle Unità Locali a carattere permanente, si sviluppa su una
superficie di vendita di circa ventunomila metri quadrati, di cui 14.135
metri quadrati per il settore merceologico non alimentare e 6.546 per
quello alimentare.
Grafico 4.2 superficie di vendita delle Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
20.981
68,80%
14.435
31,20%
6.546
A
NA
TOT
Il Grafico 4.3 mostra, invece, l’anzianità di esercizio delle Unità
Locali attive. Il numero per ciascun anno è stato considerato al netto
delle chiusure avvenute nel corso degli anni successivi.
Grafico 4.3: anzianità delle Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
25
21 21
18
13
11
13
7 7
6
2014
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
3
1998
1996
1995
2
4
9
8
7
1997
5
2
1994
1992
1
1993
4
1991
2
1990
1989
1 1
1988
3
1987
1986
2
1985
1
1984
1983
2 2
1982
1
1981
1980
0 0
1979
1978
2 2
1977
0
1976
1
1975
1974
3
4
6
11
20
18
La serie storica mostra che le attività in esercizio più anziane
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 158
sono state aperte nel 1974. Il maggiore addensamento negli ultimi anni
della serie può essere considerato un segno di vitalità per l’economia
del settore e per un ricambio generazionale tra gli imprenditori.
Tuttavia, considerare positivo che solo il 23% della rete ha origini nel
secolo scorso, non può far trascurare i numeri contenuti relativi alle
aperture per gli anni 2007, 2008 e 2012. Il saldo, ancorché positivo,
tra le aperture e chiusure in questi tre anni è molto più basso di quello
degli altri anni dell’ultimo decennio.
I successivi Grafici 4.4 e 4.5 mostrano la tipologia delle Imprese
titolari delle Unità Locali attive. Per l’elaborazione di questo dato sulla
tipologia dell’Impresa sono stati considerati solo due aggregati: quelle
Individuali e le Società. In queste ultime sono ricomprese sia le
Società 170 che le Cooperative ed altri tipi di sodalizi giuridicamente
riconosciuti.
Grafico 4.4: tipologia delle Imprese titolari delle Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
269
76,21%
205
23,79%
64
Impresa Individuale
Impresa società
TOT
Ben 205 attività, il 76,21% dell’intera rete, sono appannaggio di
Imprese Individuali, mentre 64 esercizi, il 23,79%, risultano gestiti da
Società. Il dato misurato in termini di superficie di vendita riduce la
differenza tra le due forme giuridiche. Infatti, a fronte di oltre 8.000
170
S.r.l., s.r.l. semplificata, s.a.s., s.p.a., s.n.c., ecc.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 159
metri quadrati gestiti da Società, ne corrispondono quasi 13.000
intestate alle Imprese Individuali. La superficie media delle Unità
Locali intestate ad Imprese Individuali è di circa 64 metri quadrati,
mentre quella delle Unità Locali gestite da Società e di oltre 125 metri
quadrati. Questi ultimi dati suggeriscono che gli esercizi con maggiore
superficie di vendita sono intestati ad Imprese con forma giuridica di
Società.
Grafico 4.5: tipologia Imprese e superficie di vendita delle
Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
20.981
61,67%
12.940
38,33%
8.041
Impresa Individuale
Impresa società
TOT
Il successivo Grafico 4.6 mostra la sede legale delle Imprese
titolari delle attività commerciali localizzate sul territorio del Comune.
Il dato esaminato è stato disaggregato per settore merceologico e,
inoltre, la categoria “Extracomune” è considerata contrastiva rispetto a
Pisticci. Il 90,33% delle Imprese ha sede legale a Pisticci ed è titolare di
ben 243 Unità Locali. Oltre nove imprenditori su dieci sono pisticcesi
o, comunque, hanno scelto Pisticci quale sede legale della loro attività
economica. Il dato ricavato rivela, inoltre, che quand’anche vi siano dei
marchi di esercizi che lavorano a catena, nella stragrande maggioranza
dei casi le Unità Locali pisticcesi sono gestite da Imprese autoctone.
Con i successivi grafici l’analisi delle rete di vendita esamina i
suoi caratteri strutturali.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 160
Grafico 4.6: sede legale delle Imprese titolari delle Unità
Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
243
174
69
A
NA
90,33%
13
13
26
%
A
NA
TOT
TOT
Comune Pisticci
9,67%
%
Extracomune
Il Grafico 4.7 ripartisce le Unità Locali secondo le sub-classi
dimensionali previste nel Decreto Bersani 171.
Grafico 4.7: Unità Locali per sub-classi dimensionali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
97,77%
263
Esercizio di
Vicinato
269
2,23%
0,00%
6
0
Medie
strutture di
vendita
Grandi
strutture di
vendita
TOT
La quasi totalità della rete di vendita è costituita da esercizi di
vicinato: il 97,77%. Sono solo 6 le medie strutture di vendita e, sul
territorio del Comune, non è localizzata alcuna grande struttura di
vendita.
I successivi Grafici 4.8, 4.9, 4.10 e 4.11 mostrano il dettaglio
strutturale degli esercizi di vicinato e delle medie strutture di vendita.
171
Il Decreto Bersani è il D. Lgs. nr. 114 del 31 marzo 1998 e s.m.i. Della ripartizione in sub-classi tipologiche
si è parlato all’inizio di questo Capitolo.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 161
Le risultanze dei grafici rivelano che a Pisticci vi sono solo tre
supermercati di media distribuzione che, nel complesso, esercitano su
poco più di 1.000 metri quadrati di superficie di vendita.
Grafico 4.8: settore merceologico
degli esercizi di vicinato
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
263
69,96%
184
30,04%
79
A
NA
TOT
Grafico 4.9: superficie di vendita dei settori merceologici
degli esercizi di vicinato
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
70,08%
18.505
12.969
29,92%
5.536
A
NA
TOT
Nel complesso della rete, le medie strutture di vendita, sia
alimentari che non alimentari, assorbono una superficie davvero
esigua: meno di 2.500 metri quadrati, a fronte dei 18.505 metri
quadrati degli esercizi di vicinato.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 162
Grafico 4.10: settore merceologico delle medie strutture di
vendita
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
6
50,00%
50,00%
3
3
A
NA
TOT
Grafico 4.11: superficie di vendita dei settori merceologici
delle medie strutture di vendita
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
2.476
59,21%
40,79%
1.466
1.010
A
NA
TOT
Questi ultimi dati evidenziati costituiscono un palese sintomo di
elevata frammentazione della rete, che, nel complesso, annovera Unità
Locali con una superficie media di solo 78 metri quadrati. La superficie
media degli esercizi di vicinato è di 70 metri quadrati, ben al di sotto
del limite della sub-classe dimensionale, fissato a 250 metri quadrati,
mentre quella delle medie strutture di vendita e di soli 413 metri
quadrati e, anche in questo caso, è molto al di sotto del limite della
sub-classe dimensionale, stabilito in 2.500 metri quadrati.
I successivi Grafici 4.12 e 4.13 mostrano i dati relativi ad
Imprese che, nel territorio di Pisticci, risultano titolari di più Unità
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 163
Locali. Vi sono 2 Imprese titolari di 3 Unità Locali ciascuna e 17
Imprese che ne contano 2 per ognuna.
Grafico 4.12: Imprese con più Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
17
9
2
8
2
0
A
NA
Imprese con 3 U L
TOT
Imprese con 2 U L
Grafico 4.13: quota di superficie di vendita delle Imprese con
più Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
20,47%
13,95%
6,52%
A
NA
TOT
Come traspare dal Grafico 4.13, le Imprese che hanno più Unità
Locali esercitano su una superficie di vendita pari a circa un quinto del
totale. Due terzi di questa superficie è dedicata al settore merceologico
alimentare e solo un terzo a quello non alimentare.
La ripartizione della localizzazione delle Unità Locali è la variabile
analizzata nei successivi Grafici 4.14, 4.15, 4,16 e 4.17. In questi
ultimi la rete distributiva è ripartita per localizzazione nell’ambito dei
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 164
centri urbani individuati all’interno del territorio comunale: Pisticci,
Pisticci scalo, Tinchi – Centro Agricolo e Marconia, mentre nell’Agro
sono localizzati esclusivamente gli esercizi stagionali che saranno
analizzati più avanti.
Grafico 4.14: localizzazione delle Unità Locali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
50,19%
41,26%
Pisticci
2,60%
4,46%
Pisticci scalo
Tinchi-Centro
Agricolo
1,49%
Marconia
Agro
Grafico 4.15: localizzazione Unità Locali e tasso di presenza
dei settori merceologici
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
75,00%
64,86%
35,14%
57,14%
42,86%
25,93%
25,00%
Pisticci
75,00%
74,07%
Pisticci scalo
Tinchi-Centro Agricolo
A
Marconia
25,00%
Agro
NA
Nell’ambito di ognuno dei centri urbani, i dati sono aggregati per
settori merceologici e sub-classi dimensionali degli esercizi di vendita.
Come evidenziano i Grafici 4.16 e 4.17, nel centro urbano di
Marconia è localizzata la metà della rete distributiva comunale per
entrambe le sub-classi dimensionali e, tuttavia, alquanto significative
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 165
sono le presenze nel centro urbano di Pisticci. Nell’agglomerato urbano
di Tinchi – Centro Agricolo è localizzata una media struttura di vendita
del settore merceologico alimentare.
Grafico 4.16: localizzazione delle medie
strutture di vendita
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
50,00%
33,33%
16,67%
0,00%
Pisticci
Pisticci scalo
Tinchi-Centro Agricolo
Marconia
Grafico 4.17: localizzazione degli esercizi
di vicinato
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
50,19%
41,44%
Pisticci
2,66%
4,18%
Pisticci scalo
Tinchi-Centro Agricolo
1,52%
Marconia
Agro
Nei prossimi tre grafici l’analisi si trasferisce sulla struttura per
classi di età degli Imprenditori titolari delle Unità Locali. Il Grafico 4.18
ripartisce le Unità Locali del Comune nelle cinque fasce di età: fino a
30 anni, da 30 a 40 anni, da 40 a 50 anni, da 50 a 60 anni ed oltre i
60 anni.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 166
Grafico 4.18: numero Unità Locali e fasce di età degli
Imprenditori
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
33
oltre 60 anni
69
da 51 a 60 anni
88
da 41 a 50 anni
58
da 31 a 40 anni
21
fino a 30 anni
Grafico 4.19: numero Unità Locali ripartite
per settore merceologico
e fasce d'età degli Imprenditori
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
26
oltre 60 anni
7
43
da 51 a 60 anni
26
61
da 41 a 50 anni
27
42
da 31 a 40 anni
fino a 30 anni
16
15
6
NA
I
dati
ricavati
mostrano
A
che
vi
sono
più
imprenditori
ultrasessantenni rispetto a quelli under trenta e sono proprio gli
imprenditori compresi nelle fasce di età intermedie che gestiscono la
maggior parte degli esercizi commerciali di Pisticci. Il dato segnala che
il ricambio generazionale non è poi così frequente e significativo.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 167
Grafico 4.20: superficie di vendita delle Unità Locali ripartite
per fasce d'età degli Imprenditori
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
oltre 60 anni
2.790
da 51 a 60 anni
6.351
da 41 a 50 anni
6.460
da 31 a 40 anni
4.103
fino a 30 anni
1.277
Come si evince sia dal Grafico 4.19 che dal 4.20 la fascia di età
fino a 30 anni mostra i numeri più bassi di entrambe le serie, mentre
le fasce di età da 41 a 50 anni e da 51 a 60 anni gestiscono la parte
più consistente della rete distributiva.
Grafico 4.21: numero Unità Locali
per 1000 abitanti
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
19
Pisticci
13
13
Pisticci scalo
Tinchi-Centro Agricolo
15
15
Marconia
TOT
Il Grafico 4.21 mostra la misura dell’indice di dotazione 172 per
l’intero Comune e per i quattro centri abitati considerati. Nel
complesso del territorio comunale è calcolato un indice pari a 15,
perfettamente in linea con quello della provincia di Matera e dell’intera
172
L’indice di dotazione calcola il numero delle Unità Locali per ogni mille abitanti. L’indice è direttamente
proporzionale al numero delle Unità Locali attive.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 168
Regione Basilicata.
Nell’ambito degli agglomerati urbani nei quali è stato suddiviso il
Comune, solo Marconia misura lo stesso indice di dotazione dei
maggiori aggregati; Pisticci ne segnala uno più alto in ragione del
maggior numero di Unità Locali rispetto ai residenti. Pisticci scalo e
Tinchi – Centro Agricolo mostrano, invece, un indice più basso di
quello comunale e, comunque, un numero di esercizi, in valore
assoluto, minore dell’indice di presenza, in quanto nessuno di questi
centri abitati raggiunge i 1.000 abitanti. L’indice più alto registrato a
Pisticci potrebbe indurre ad una lettura nella quale la rete distributiva
localizzata in questo abitato evidenzia forti elementi di attrazione, salvo
poi verificare, nel dettaglio, che vi sono localizzate solo due medie
strutture di vendita, una del settore merceologico alimentare e l’altra
non alimentare ed entrambe con superficie di vendita appena
superiore a quella minima del limite dimensionale. Una lettura più
attenta dei dati suggerisce che la motivazione per un alto indice di
presenza è una maggiore frammentazione della rete, con una riduzione
della superficie media per esercizio.
Per l’aggregato di Tinchi – Centro Agricolo si registra il fenomeno
inverso: un basso indice di presenza e la localizzazione di una media
struttura di vendita del settore merceologico alimentare che, da sola, è
sovradimensionata rispetto ai residenti del centro urbano. Un’analisi
più in dettaglio rivela che, pur con un basso indice, la rete distributiva
localizzata in quest’ultimo aggregato urbano manifesta fenomeni di
attrazione
ben
dimostrazione
oltre
di
gli
come
stessi
gli
indici
confini
comunali.
statistici
Un’ulteriore
assumano
maggior
pregnanza se corroborati da altri dati, sia di natura quantitativa che
qualitativa, nonché da osservazioni dirette o indirette compatibili con i
fenomeni da rilevare.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 169
All’inizio del paragrafo è stato evidenziato che sul territorio di
Pisticci, oltre i punti vendita tradizionali a carattere permanente, vi
sono insediate 40 Unità Locali a carattere stagionale, localizzate
nell’area dei lidi all’interno dei villaggi turistici, che seguono il periodo
dei maggiori flussi turistici, con un’apertura media annua di circa 90
giorni.
Grafico 4.22: Unità Locali stagionali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
77,50%
40
31
22,50%
9
A
NA
TOT
Il Grafico 4.22 mostra la ripartizione per settore merceologico
delle Unità Locali stagionali. Tutti i 40 esercizi appartengono alla
classe dimensionale degli esercizi di vicinato e denotano una superficie
di vendita media pari a circa 58 metri quadrati, ben al di sotto del
limite massimo della stessa sub-classe dimensionale di appartenenza,
fissato a 250 metri quadrati dal Decreto Bersani.
Nel successivo Grafico 4.23 vengono evidenziate le quote di
superficie di vendita delle Unità Locali di ciascuno dei settori
merceologici. Gli esercizi del settore merceologico alimentare, pur
essendo di minor consistenza numerica, hanno una superficie media
doppia rispetto a quella dei punti vendita non alimentari: 94 metri
quadrati per quelli alimentari e 47 metri quadrati per i non alimentari.
V’è da aggiungere che è fuori dall’offerta della rete stagionale tutta
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 170
quella domanda
potenziale
degli ospiti delle
strutture
ricettive
alberghiere che non usufruiscono di beni e servizi commerciali di tipo
alimentare.
L’ultimo Grafico della serie, il 4.24, suggerisce la provenienza
delle Imprese che avviano Unità Locali stagionali nel territorio di
Pisticci.
Grafico 4.23: superficie di vendita
delle Unità Locali stagionali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
2.305
63,34%
1.460
36,66%
845
A
NA
TOT
Grafico 4.24: sede legale delle Imprese titolari della Unità
Locali stagionali
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
67,50%
27
32,50%
13
Extracomune
Comune Pisticci
Oltre due terzi di questi esercizi sono intestati ad Imprese
extracomunali. Tra l’altro, una osservazione più nel dettaglio delle
localizzazioni delle stesse Unità Locali evidenzia che la maggior parte di
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 171
quelle intestate a Imprese di Pisticci sono ubicate nel villaggio
denominato Borgo San Basilio. Questo Borgo è stato il primo
insediamento ad essere realizzato nella zona dei lidi ed al suo interno,
nei mesi estivi, vi risiedono parecchi pisticcesi che qui hanno
acquistato una seconda casa. Le Imprese di Pisticci avviano Unità
Locali nei villaggi turistici maggiormente frequentati da turisti
pisticcesi, mentre, negli altri villaggi, la provenienza delle Imprese che
aprono punti vendita è, in molti casi, la stessa dei flussi turistici.
Rimane un ultimo indicatore da considerare nell’analisi della rete
distributiva di beni e servizi commerciali di Pisticci: l’indice di
addensamento.
Questo
misura
la
percentuale
di
Unità
Locali
localizzate in particolari zone del territorio puntualmente circoscritte.
Nell’ambito
dei
centri
abitati
del
Comune
di
Pisticci
saranno
individuate due zone: una per Marconia e l’altra per Pisticci. Gli altri
aggregati urbani non esprimono numeri per rendere significativo
l’indice di addensamento e altrettanto non significativo è l’indice per i
punti vendita stagionali localizzati all’interno dei villaggi turistici,
perché la struttura urbanistica degli stessi villaggi tende ad elevarlo
senza
che
vi
corrisponda
un
particolare
significato
di
scelta
ubicazionale da parte dell’imprenditore.
La zona di interesse per Pisticci è composta da due strade che
percorrono
trasversalmente
l’abitato:
Corso
Metaponto
e
Corso
Margherita. In queste due vie vi sono ubicate 49 Unità Locali con un
indice di addensamento pari al 44,14%, quasi la metà dei punti
vendita di Pisticci centro.
Per
il
centro
abitato
di
Marconia
la
zona
di
maggior
addensamento può essere circoscritta tra Via San Giovanni Bosco, Via
Sicilia, Corso Italia, Piazza Bologna, Piazza Elettra e Via Firenze.
Nell’area di queste vie e piazze vi sono ubicati 54 esercizi commerciali
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 172
che segnalano un indice di addensamento pari al 40%, un quinto
dell’intera rete del centro abitato.
Nelle successive Mappe 4.1 e 4.2 vengono indicate le zone di
maggior addensamento, con un indice pari e superio al 40%.
Mappa 4.1: zona di addensamento a Pisticci
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 173
Mappa 4.2: zona di addensamento a Marconia
L’indice di addensamento ci suggerisce che oltre 4 imprenditori
su 10 scelgono di localizzare in quelle zone le Unità Locali, pur
dovendo sopportare maggiori oneri fissi causati proprio dalla più
intensa richiesta di immobili a carattere commerciale. E’ un dato,
quest’ultimo, da non trascurare, sia in ambito di pianificazione
urbanistica che in quello di programmazione commerciale e questo
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 174
sottolinea, ancora una volta, la rilevanza di quello stretto connubio di
cui si è parlato nel Capitolo 2°.
Il commercio su aree pubbliche: i mercati comunali
Nella mitologia romana Mercurio era il dio del profitto, del
mercato e del commercio; il suo nome latino probabilmente deriva dal
termine merx o mercator, che significa mercante. Il suo omologo greco
era Ermes, astuto e veloce protettore dei mercanti ed anche dei ladri. A
Mercurio “erano intitolate alcune vie dell’antica Roma, lungo le quali i
commercianti, per lo più ambulanti,
collocavano le loro merci sui
banchi di vendita” 173.
Il
mercante
ambulante
è
la
forma
più
ancestrale
del
commerciante ed è connessa a forme di socialità ormai vive solo nei
ricordi dei più anziani della comunità. L’ambulante, fornito di “solide
gambe e di buona ugola, percorreva in lungo ed in largo la città per la
vendita al minuto, spesso di oggetti più strani e più impensati ed a
prezzi anche inferiori rispetto a quelli praticati dai venditori di
bottega” 174.
Fino agli anni Settanta del secolo scorso il commercio ambulante
ha avuto un ruolo primario nella quotidianità della vita di molti paesi
della Lucania. Mercati, fiere e sagre paesane, spesso collegate alla
celebrazione delle festività per i Santi Patroni, hanno costituito il
principale canale di approvvigionamento per comunità oltremodo
stanziali. Il cosiddetto “frustjer” 175 era il venditore ambulante che
portava merci assolutamente introvabili in quelle poche botteghe di
173
LUCIO TUFANO, Genio e genesi del commercio. Gli ambulanti, la città e la modernizzazione, STES s.r.l.,
Potenza, 2008, p. 23
174
Op. cit., p. 27.
175
Forestiero. Nel gergo dialettale pisticcese, “frustjer” è un non nativo di Pisticci.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 175
paese. Ma era anche qualcosa di più. Era una sorta di canale di
accesso ad un mondo quasi sconosciuto, un fornitore di fiducia dei
ricercati prodotti di quel mondo altro rispetto alla limitata quotidianità
di paese ed uno strumento per una sorta di globalizzazione ante
litteram.
Sono passati solo pochi decenni e quel mondo si è radicalmente
trasformato fino al punto che spesso si smarrisce la vera essenza dei
fatti e degli atti sociali, trasformandoli in una ritualità insignificante.
Ma questo è altro rispetto alla tematica che si sta affrontando e
l’approfondirlo porterebbe davvero lontano. Per ora accontentiamoci di
definirlo così: la modernità (o, meglio, alcuni effetti delle modernità) ha
imposto una sorta di cambiamento del paradigma socio-economico che
si accompagna a questa particolare tipologia di commercio.
Il Comune di Pisticci, sensibile a questo cambiamento e,
soprattutto, per implementare
le funzioni attribuite
dal nuovo
ordinamento normativo 176, ha approvato, già nel 2002 ed adeguato nel
2014, il regolamento comunale per l’esercizio del commercio su aree
pubbliche nelle sue due forme: ambulante e presso i mercati.
L’obiettivo
precipuo
di
questi
provvedimenti
amministrativi
è
sostanzialmente finalizzato ad un processo di ammodernamento e
ristrutturazione dell’intero impianto dei mercati che si svolgono
nell’ambito del territorio comunale. Al commercio itinerante, quello che
una volta era definitivo ambulante in senso stretto, è, invece, attribuito
un ruolo residuale, quasi marginale e privo di qualsivoglia funzione sia
sociale che economica, circoscritto in spazi e tempi notevolmente
contenuti.
La tematica della riqualificazione dei mercati comunali è stata
maggiormente affrontata e sviluppata sia per favorire il miglioramento
176
D. Lgs. nr. 114/1998: Riforma del commercio, nota come Riforma Bersani; L.R. nr. 19/99: Disciplina del
commercio al dettaglio su aree private in sede fissa e su aree pubbliche.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 176
dell’offerta, sia per una più funzionale integrazione con la rete
distributiva di beni e servizi commerciali su aree private. La
programmazione ha cercato di conservare alcuni aspetti tradizionali
dei mercati e, per contribuire a mantenere vivo il legame tra commercio
e tessuto urbano, ha conservato i luoghi classici di localizzazione, pur
se questo limita il processo di ammodernamento delle strutture a
causa della particolare conformazione urbanistica, soprattutto del
centro storico di Pisticci.
In ossequio ai principi dell’ordinamento giuridico nazionale e
regionale, nonché alle disposizioni regolamentari del Comune, sono
stati rilevati alcuni indicatori che connotano la rete distributiva
comunale del commercio su aree pubbliche. I dati sono stati aggregati
in due categorie: la prima riguarda le Imprese operanti nel settore, la
seconda i mercati comunali. E’ opportuno precisare subito che le
categorie non sono sovrapponibili, in quanto gran parte delle Imprese
operano in più mercati ed in più Comuni.
Il Grafico 4.25 rappresenta, in valori assoluti ed in percentuale,
la ripartizione della tipologia delle Imprese, Individuale e Società,
dedite al commercio su aree pubbliche nel territorio di Pisticci. La
forma giuridica prevalente indica un’Impresa caratterizzata dalla
presenza del solo titolare che si occupa direttamente dell’esercizio
dell’attività.
Il successivo Grafico 4.26 mostra le sedi legali delle Imprese
differenziandole in due categorie: Comune di Pisticci ed Extracomune.
Quelle pisticcesi sono preponderanti nel settore con quasi il 20% in più
rispetto a quelle extracomunali. Questo dato comprende anche quelle
dedite al commercio itinerante che, come è stato specificato innanzi, è
considerato residuale.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 177
Nei prossimi grafici questi dati saranno disaggregati e la quota di
Imprese pisticcesi assumerà diverso valore.
Grafico 4.25: tipologia Imprese
(valori assoluti e percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
320
341
93,84%
21
Impresa individuale
6,16%
Società
totale
Grafico 4.26: sede legale delle Imprese
(percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
58,65%
41,35%
Pisticci
Programmazione attività commerciale: relazione
Extracomune
Pagina | 178
Grafico 4.27: nazionalità dei titolari
delle Imprese
(percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
67,74%
32,26%
Comunitari
Extracomunitari
Grafico 4.28: nazionalità dei titolari delle Imprese con sede
legale a Pisticci
(percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
52,00%
48,00%
Comunitari
Extracomunitari
Grafico 4.29: nazionalalità dei titolari delle Imprese con sede
legale extracomune
(percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
95,74%
4,26%
Comunitari
Programmazione attività commerciale: relazione
Extracomunitari
Pagina | 179
Nel Grafico 4.27 la variabile evidenziata è la nazionalità dei
titolari delle Imprese che esercitano a Pisticci: solo un terzo è
extracomunitaria. Anche per questo grafico è opportuno annotare che i
dati sono aggregati tra l’attività svolta nei mercati e quella in forma
itinerante. Risultati diversi, come vedremo, si otterranno con dati
disaggregati.
Il Grafico 4.28, infatti, annota le differenze percentuali della
nazionalità dei titolari delle Imprese che hanno sede legale nel Comune
di Pisticci. La misura delle variabili è in controtendenza rispetto a
quella del grafico precedente che, però, è compensata dalla misura
della variabile evidenziata nel Grafico 4.29 che mostra la nazionalità
dei titolari delle Imprese che hanno sede legale non nel Comune di
Pisticci.
Non v’è contraddizione nelle misure rilevate e ciò viene chiarito
dai dati dei prossimi grafici. Per una puntuale lettura degli stessi
occorre tenere presente due annotazioni di carattere normativo. La
prima: alla data di rilascio del provvedimento abilitativo all’esercizio del
commercio su aree pubbliche in forma itinerante veniva applicata la
previgente disposizione legislativa: il Comune competente al rilascio
dell’autorizzazione era quello nel quale l’Impresa ha sede legale,
mentre quello per svolgere l’attività nei mercati è rilasciato dal Comune
dove è localizzato il mercato e prescinde dalla sede legale della stessa
Impresa 177. Tutte le Imprese ad attività itinerante rilevate nell’archivio
comunale e computate nei grafici, hanno, quindi, sede legale a Pisticci
e questo, evidentemente, incrementa notevolmente le percentuali del
Grafico 4.26. La seconda: per i cittadini extracomunitari l’ottenimento
177
Cfr. comma 3° e 4° dell’art. 28 del D. Lgs. nr. 114/1998 e s.m.i. Il comma 4° è stato novellato dal 2° comma
dell’art. 70 del D.Lgs. nr. 59/2010 (cosiddetta direttiva Bolkestein) che attribuisce la competenza al rilascio del
titolo abilitativo per l’esercizio dell’attività nella forma itinerante, al Comune nel quale l’Impresa intende
esercitare la stessa attività. Quasi tutte le imprese oggetto della presente analisi hanno un titolo abilitativo
rilasciato con la previgente normativa.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 180
di un provvedimento abilitativo per l’esercizio di un’Impresa costituisce
una motivazione giuridica sufficiente per il rinnovo del permesso di
soggiorno. L’impresa più facile da realizzare, senza l’ausilio di alcun
capitale, è proprio quella del commercio ambulante.
Queste annotazioni spiegano la maggior percentuale di titolari
extracomunitari tra le Imprese che hanno sede a Pisticci, così come
evidenziato nel Grafico 4.28, nonché l’irrilevante percentuale misurata
nel Grafico 4.29 di extracomunitari titolari di Imprese con sede legale
fuori dal Comune di Pisticci. In quest’ultimo caso le Imprese con
titolare extracomunitario vengono iscritte nell’archivio comunale solo
se concessionarie di posteggio nei mercati comunali e questo è un po’
più difficile, perché richiede l’investimento di maggiori capitali.
In sintesi, questi primi dati annotati suggeriscono di leggere le
rilevazioni secondo le due modalità in cui è svolto l’esercizio
dell’attività.
Grafico 4.30: forma itinerante - ripartizione per settore
merceologico
(valori assoluti e percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
156
14
91,76%
170
8,24%
A
NA
TOT
Il Grafico 4.30 ripartisce le Imprese che svolgono la forma
itinerante secondo la variabile del settore merceologico: alimentare e
non alimentare. Il dato evidente, che conferma quanto sostenuto nelle
precedenti annotazioni, è la preponderanza del commercio itinerante
non alimentare, praticato da oltre 9 Imprese su 10. Anche per questa
circostanza è da rilevare che l’attività svolta da titolari extracomunitari
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 181
è totalmente ascrivibile al settore non alimentare. Per l’esercizio del
commercio di prodotti alimentari è prescritto il possesso di requisiti
professionali difficili da ottenere per un extracomunitario, che spesso
non conosce bene la lingua italiana.
Grafico 4.31: forma itinerante - nazionalità dei titolari delle
Imprese
(percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
55,29%
44,71%
Comunitari
Extracomunitari
Gtafico 4.32: sede legale Imprese
concessionarie di posteggi
(valori percentuali)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
77,78%
22,22%
Pisticci
Extracomune
Quanto evidenziato dai Grafici 4.31 e 4.32 completa il quadro
degli indicatori afferenti alle Imprese del commercio su aree pubbliche.
Quelle il cui titolare è extracomunitario sono maggiormente dedite al
commercio sotto forma itinerante, mentre la sede legale delle Imprese
concessionarie dei posteggi nei vari mercati comunali è quasi del tutto
extracomunale.
Possiamo, quindi, annotare due prime considerazione rivenienti
dalla lettura dei dati testé illustrati. La prima riguarda l’esercizio
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 182
dell’attività itinerante. Questa, per le ragioni cui si è fatto breve cenno
innanzi, è quasi del tutto prerogativa di Imprese i cui titolari sono
extracomunitari. La seconda considerazione attiene alla forma di
esercizio dell’attività nei posteggi dei mercati. Questi ultimi sono in
stragrande maggioranza (quasi 8 su 10) in concessione ad Imprese che
hanno sede legale extracomunale. Le Imprese pisticcesi sono, quindi,
presenti nella forma itinerante, anche se per lo più intestate ad
extracomunitari e sono anche minoritarie nella forma di attività a
posteggio presso i mercati. I numeri annotati nei grafici misurano la
consistenza del tessuto imprenditoriale pisticcese in questo settore.
Come preannunciato nell’introduzione a questo paragrafo, la
seconda parte dell’analisi della rete distributiva del commercio su aree
pubbliche riguarderà la categoria dei mercati comunali. Il Grafico 4.33
rileva, infatti, il numero di posteggi per ciascun mercato comunale. I
275 posteggi sono ripartiti con proporzione inversa rispetto alla
frequenza dei mercati. I mercati si svolgono nelle seguenti giornate:
• mercato coperto di Marconia, mercato giornaliero di Marconia e
mercato giornaliero di Pisticci: tutti i giorni feriali;
• mercato settimanale di Marconia: tutti i sabato del mese;
• mercato mensile di Marconia: ogni secondo sabato del mese;
• mercato quindicinale di Pisticci: il primo ed il terzo sabato di ogni
mese;
• mercato mensile di Pisticci: ultimo martedì di ogni mese;
• mercato turistico-balneare: ogni giorno dal 15 giugno al 15
settembre;
• posteggi sparsi: alcuni tutti i giorni nelle ore serali, altri i giorni
festivi, altri ancora anche i prefestivi.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 183
Gtafico 4.33: distribuzione dei posteggi
nei mercati comunali
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
100
80
14
15
30
5
15
11
5
I mercati mensili contano un maggior numero di posteggi rispetto
a quelli con frequenza giornaliera. Il mercato con più posteggi è quello
mensile di Pisticci, mentre quello in cui, di fatto, esercitano più banchi
di vendita è quello mensile di Marconia, in quanto è concomitante con
quello settimanale.
Nei successivi Grafici 4.34, 4.35, 4.36, 4.37, 4.38, 4.39, 4.40,
4.41 e 4.42 viene mostrata la configurazione dei posteggi per ogni
singolo
mercato
secondo
due
variabili:
settore
merceologico
e
concessione del posteggio. In ognuno dei grafici viene evidenziato il
numero dei posteggi, ripartito per settore merceologico, nonché il
numero dei posteggi, non ancora in concessione, che vengono utilizzati
temporaneamente da altri operatori aventi titolo.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 184
Grafico 4.34: mercato coperto di Marconia
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attvità Produttive del Comune
14
11
3
0
Box in concessione settore A
Box in concessione settore N A
Box da concedere
TOT
Grafico 4.35: mercato giornaliero di Marconia
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
15
10
4
1
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
Grafico 4.36: mercato settimanale di Marconia
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
30
26
1
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Programmazione attività commerciale: relazione
3
Posteggi da concedere
TOT
Pagina | 185
Grafici 4.37: mercato mensile di Marconia
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
80
78
2
0
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
Grafico 4.38: mercato giornaliero di Pisticci
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
5
3
2
0
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
Grafico 4.39: mercato quindicinale di Pisticci
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
15
7
8
0
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Programmazione attività commerciale: relazione
Posteggi da concedere
TOT
Pagina | 186
Grafico 4.40: mercato mensile di Pisticci
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
100
92
5
3
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
Grafico 4.41: mercato turistico-balneare
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
11
0
11
0
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
Grafico 4.42: posteggi sparsi
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
5
3
2
0
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Programmazione attività commerciale: relazione
Posteggi da concedere
TOT
Pagina | 187
Grafico 4.43: ripilogo posteggi
nei mercati comuanli
(valori assoluti)
Fonte: elaborazione su dati Servizio Attività Produttive del Comune
275
220
30
25
Posteggi in concessione settore Posteggi in concessione settore
A
NA
Posteggi da concedere
TOT
L’ultimo Grafico della serie, il 4.43, raffigura il riepilogo dei
posteggi che costituiscono la dotazione dei mercati comunali. Vi sono
ben 30 posteggi da concedere che, allo stato, vengono utilizzati
temporaneamente con assegnazione giornaliera ad Imprese abilitate
all’attività itinerante. Di questi posteggi, 12 sono destinati all’attività di
vendita di prodotti del settore merceologico alimentare e 18 di quello
non alimentare, per cui, nel complesso, i posteggi risultano essere 238
destinati alla vendita di prodotti non alimentari e 37 per i prodotti
alimentari.
Come per l’analisi delle Imprese del settore, si propongono delle
considerazioni scaturenti dalla misura delle variabili utilizzate per
definire la struttura dei mercati comunali. Anche in questo caso le
considerazioni riguardano la mera lettura dei dati senza che vengano
suggerite argomentazioni conclusive.
Il
primo
e
più
saliente
dato
che
appare
evidente
è
la
preponderanza di posteggi utilizzati per la commercializzazione di
prodotti non alimentari. Analizzando altri documenti dell’archivio
comunale 178
si
individuano
anche
le
merceologie
dei
prodotti
commercializzati e quella preminente attiene alla categoria cosiddetta
178
I documenti esaminati sono: istanze di concessione, visure camerali, codici della partita I.V.A., ecc.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 188
“TAC” 179. Persiste, quindi, l’antica vocazione del commercio ambulante,
che sin dai primi decenni del dopoguerra approvvigionava le campagne
ed i paesi isolati dell’entroterra con beni di prima necessità costituiti
da stoffe, vestiti e calzature che non potevano essere prodotti in loco.
Il secondo dato che merita un approfondimento riguarda l’elevata
quota, circa un terzo del totale, di posteggi non in concessione
destinati alla vendita di prodotti alimentari. Con un’osservazione
diretta dei banchi vendita del mercato si scopre che la merceologia
alimentare più carente è l’ortofrutta. Quest’ultimo dato è confermato
da un’ulteriore analisi della documentazione dell’archivio comunale,
dalla quale si evince che le Imprese del settore che segnalano il
maggior tasso di chiusura in questi ultimi anni sono proprio quelle che
commercializzavano prodotti ortofrutticoli. La domanda di questi beni
è, quindi, intercettata da altri canali di offerta che trascendono la
proposta dei mercati.
Il terzo ed ultimo dato che si vuole focalizzare riguarda due
mercati: quello giornaliero di Marconia e quello quindicinale di Pisticci.
Come si evince dai Grafici 4.35 e 4.39, per entrambi questi mercati i
posteggi non in concessione sono in numero superiore rispetto a quelli
concessi, rispettivamente 10 su 15 ed 8 su 15. Anche in questo caso
l’osservazione diretta dei mercati ha rivelato che spesso questi posteggi
non sono utilizzati nemmeno per le concessioni temporanee. In questi
mercati v’è, quindi, una caduta dell’offerta provocata probabilmente da
una contrazione della domanda. Se nel mercato giornaliero di
Marconia i posteggi inutilizzati riguardano per lo più la vendita di
prodotti ortofrutticoli che, come già constatato, soffrono un diverso
posizionamento della domanda, nel mercato quindicinale di Pisticci i
posteggi non utilizzati riguardano proprio la categoria merceologica del
179
La categoria merceologica “TAC” riguarda i prodotti tessili, abbigliamento e calzature.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 189
“TAC”, per la quale, negli altri mercati, non si registra alcun calo della
domanda. Alla luce delle variabili fin qui misurate non appare possibile
determinare le cause di quest’ultimo fenomeno, per cui occorrerebbero
altri indicatori che possano sostenere argomentazioni plausibili per
comprenderle.
L’indagine sui mercati comunali
La diversa natura giuridica dell’area su cui viene svolto l’esercizio
dell’attività di vendita non fonda solo su mere categorie analitiche, ma
giustifica anche le differenze nella valenza pubblica delle due tipologie
di commercio. Se l’attività esercitata su aree private è alquanto libera
da vincoli di natura amministrativa, perché può essere pienamente
ascritta alla libera iniziativa economica privata garantita dal dettato
costituzionale 180, quella esercitata su area pubblica è maggiormente
dipendente dall’intervento del soggetto pubblico, proprio perché
avviene su spazi pubblici dei quali è la collettività a stabilire le finalità
d’uso. Riprendendo le categorie semantiche annotate nella parte
introduttiva di questo lavoro, per il commercio su aree pubbliche
potremmo quasi intravedere più un percorso di pianificazione che
quello di programmazione. Pianificare è proprio di un sistema di
natura collettivista che, oltre a definire i fini, determina anche le
strategie per raggiungerli. Non si vuole certo rivendicare un ruolo
principale del soggetto pubblico in questo settore economico, tuttavia
gli interessi collettivi devono essere maggiormente salvaguardati e
180
Cfr. l’articolo 41 della Costituzione della Repubblica Italiana. “L'iniziativa economica privata è libera. Non
può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata
possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 190
considerati preponderanti rispetto a quelli privati delle Imprese. La
finalità dei mercati è, quindi, pubblica e pertanto è il soggetto pubblico
che dovrà farsi carico degli interessi pubblici primari della collettività,
anche a costo di far affievolire quelli privati connessi all’iniziativa
economica d’impresa.
La natura pubblica di questo segmento del settore del commercio
può
essere
anche
vista
sotto
un’altra
angolazione:
l’iniziativa
economica è privata e quindi anche l’esercizio dell’attività commerciale
è privato; la stessa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e
la domanda di beni e servizi commerciali esprime un bisogno che, a
pieno titolo, è iscritto nel concetto di utilità sociale e, quindi, laddove
l’iniziativa privata non riuscisse a soddisfarla pienamente, l’intervento
misto privato-pubblico, che si configura nei mercati, sopperisce, o
dovrebbe sopperire, alla quota di mancata soddisfazione del bisogno da
parte dell’iniziativa esclusivamente privata.
Il limite di questo ragionamento quasi sillogistico è proprio nel
suo eccessivo schematismo che, evidentemente, si presta a diverse
critiche, tra le quali la più immediata riguarda la debolezza dello stesso
ragionamento, perché non dimostra che l’intervento del pubblico, sia
pur in collaborazione con il privato, raggiunga i fini preposti. Un’altra
critica può essere formulata in merito alla stessa idea di intervento
pubblico nell’economia: la storia del meridione d’Italia è stata
fortemente influenzata dall’intervento pubblico, specie nel settore
industriale, eppure segnali di sottosviluppo permangono tuttora.
Ben consapevoli di questi e di altri limiti che risiedono nel
ragionamento formulato, occorre, comunque, dare una motivazione
plausibile e razionale che giustifichi l’intervento da parte dell’Ente
Pubblico in questo settore economico.
Come si diceva innanzi, l’intervento pubblico ha un carattere più
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 191
collettivista, riguarda contemporaneamente e compiutamente fini e
strategie e si occupa degli elementi fondanti entrambe le categorie: la
verificabilità e il mandato sociale. La prima è la possibilità di accertare
la realtà dei fini da parte di tutti gli attori coinvolti, mentre il secondo
consiste nella capacità di legare saldamente il fine, socialmente
desiderabile, alla domanda sociale.
Da queste ultime considerazioni scaturiscono delle domande
meno scontate di quanto appaiono. Qual è il fine dell’intervento
pubblico nell’allestire, regolamentare e gestire un mercato? Come
misurare la rispondenza di questo fine alla domanda sociale? In un
settore economico fortemente connotato da elementi di tecnologia e
globalizzazione, quale senso attribuire all’intervento pubblico e, quindi,
alla spesa di risorse pubbliche a sostegno di un intervento locale
costituito dall’esercizio di un mercato?
La
completa
portata
di
queste
domande
meriterebbe
un
autonomo lavoro di approfondimento, tuttavia per cercare elementi
utili per tentare di rispondere si è utilizzato lo strumento analitico
dell’inchiesta. Attraverso due questionari è stata condotta un’inchiesta
conoscitiva sugli acquirenti ed una sugli operatori dei mercati
comunali. L’indagine è stata condotta nel mercato mensile di Marconia
il giorno 13 dicembre 2014 ed in quello mensile di Pisticci il giorno 30
dicembre 2014.
Entrambi i questionari, con le tabelle che riportano le percentuali
delle risposte ottenute, sono riportati nell’Appendice 3 al presente
lavoro. Nelle brevi note metodologiche che seguono vengono individuati
anche gli obiettivi di ciascuna inchiesta.
Per la prima inchiesta, quella rivolta agli acquirenti, sono stati
fissati i seguenti obiettivi:
• tratteggiare un profilo dell’acquirente tipo del mercato;
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 192
• definire il comportamento di acquisto e tentare di individuare la
tipologia ed il posizionamento della domanda;
• descrivere il gradimento e la rilevanza dei mercati da parte degli
acquirenti.
Per individuare il campione cui somministrare il questionario,
non essendo in possesso di alcuna lista della popolazione che
frequenta il mercato, il campionamento sistematico è stato ritenuto
quello probabilistico più idoneo alla rilevazione.
Questo tipo di
campionamento è equivalente a quello casuale e può essere applicato a
popolazioni di cui non si conosce la lista ed il numero, per le quali è
attendibile supporre che non presentino alcuna periodicità e/o
ricorrenza non casuale. Il disegno di campionamento non prevede
l’estrazione, come avviene per il campionamento casuale, bensì la
selezione sistematica di un soggetto da inserire nel campione, ogni
dato intervallo, indicato convenzionalmente con la lettera K. Nel nostro
caso, il campionamento è stato effettuato scegliendo i soggetti da
inserire nel campione, uno ogni intervallo di tempo K, tra coloro che
escono dall’area in cui si svolge il mercato, durante l’intero periodo di
tempo in cui si effettuano le operazioni di vendita. Entrambi i mercati
oggetti dell’indagine sono svolti su sede impropria, una strada
pubblica che per l’occasione è interdetta al traffico, ed entrambe le
aree di mercato hanno la caratteristica di presentare quasi un unico
principale accesso naturale. E’ verosimile supporre che le persone
scelte non presentino alcuna periodicità, né alcuna stratificazione
particolare, per cui si può considerare rispettato il requisito della
casualità e, quindi, è lecito sostenere che tutti i frequentatori del
mercato abbiano la medesima probabilità di essere intervistati. La
garanzia di casualità del campione scaturisce, quindi, dal rispetto dei
seguenti assunti:
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 193
• le persone che frequentano il mercato compaiono in ordine casuale
rispetto alle caratteristiche che si intendono rilevare 181;
• nel corso del periodo di tempo prefissato compariranno un numero
di persone sufficienti per completare il campionamento 182;
• tutte le unità hanno la stessa probabilità di essere incluse nel
campione 183:
l’estrazione
riguarda
l’intera
popolazione,
dall’apertura alla chiusura del mercato;
• rigida applicazione del fattore K 184.
Lo strumento analitico dell’inchiesta è finalizzato a misurare
alcune variabili nel campione ed inferire la loro stima all’intera
popolazione. L’ampiezza del campione dovrà essere, quindi, rapportata
al livello di fiducia che si ritiene accettabile per la stima ed all’errore
che si è disposti ad accettare. Il questionario proposto nell’inchiesta
sui mercati, pur presentando item misurabili quantitativamente, non
ha tra gli obiettivi la definizione di valori numerici (media, devianza,
ecc.). E’ finalizzato, invece, a rilevare il profilo dell’acquirente tipo e
dell’operatore tipo dei due mercati, nonché i comportamenti di
acquisto e di vendita ed i giudizi sulla particolare forma di
distribuzione commerciale. Queste rilevazioni non hanno la necessità
di essere sorrette da rigide deduzioni matematiche, bensì da dati che
esprimano la tendenzialità delle variabili, dei comportamenti e degli
atteggiamenti. Pertanto, si ritiene di non dover applicare alcun
procedimento di calcolo che, per la definizione del campione, tenga
conto dell’intervallo di confidenza per la correttezza della stima e degli
errori di campionamento. Si ritiene attendibile, per una rilevazione
sufficiente a descrivere e spiegare la tendenzialità degli indicatori,
181
KENNETH D. BAILEY, Metodi della ricerca sociale. II L’inchiesta, IL MULINO, Bologna, 2006, p.19.
Op. cit. p.19;
183
PIERGIORGIO CORBETTA, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, IL MULINO, Bologna, 1999, p.
328.
184
Op. cit. p. 328.
182
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 194
fissare ad un numero tra 50 e 55 il campione per il mercato di
Marconia, che conta più banchi vendita, essendo composto da due
mercati concomitanti (il mensile ed il settimanale). Per il mercato di
Pisticci il numero delle interviste può essere fissato tra 30 e 35.
Fissare la grandezza del fattore K è alquanto difficile, non
conoscendo l’ampiezza della popolazione. Tuttavia, per la stima di K
occorre tenere presente un elemento contingente. Nell’ipotesi di ricerca
il
questionario
deve
essere
somministrato
direttamente
dagli
intervistatori, tre per ogni mercato ed ogni intervista richiede un tempo
tra i 15 ed i 20 minuti per compilare l’intero questionario, per cui la
scelta del soggetto da inserire nel campione dovrà avvenire almeno
ogni 25 - 30 minuti, considerato che i mercati sono in esercizio per
circa 6 ore, dalle 8,00 alle 14,00. L’intervallo K, quindi, può essere
fissato in 25 - 30 minuti e ognuno degli intervistatori dovrà
somministrare un numero di questionari compreso tra 15 e 18 per il
mercato di Marconia e tra 10 e 15 per il mercato di Pisticci.
Per l’inchiesta sugli operatori dei mercati sono stati individuati i
seguenti obiettivi:
• tratteggiare un profilo dell’operatore tipo del mercato;
• definire il comportamento di vendita e tentare di individuare la
tipologia ed il posizionamento dell’offerta;
• descrivere il giudizio e la rilevanza dei mercati per gli operatori
commercianti.
Per la definizione del metodo di campionamento valgono le stesse
considerazioni effettuate per il questionario indirizzato agli acquirenti
dei mercati. Il campionamento prescelto è, anche in questo caso,
quello
sistematico,
con
una
rilevante
annotazione
migliorativa,
costituita dalla conoscenza dell’ampiezza della popolazione. E’ noto il
numero dei posteggi e, pertanto, può essere utilizzato per la definizione
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 195
dell’ampiezza del campione e dell’intervallo K. Anche in questo caso,
quindi, si ritiene di non dover applicare alcun procedimento di calcolo
che, per la definizione del campione, tenga conto dell’intervallo di
confidenza
per
la
correttezza
della
stima
e
degli
errori
di
campionamento. In considerazione dell’ampiezza della popolazione, più
banchi vendita per Marconia che per Pisticci, si ritiene attendibile, per
una rilevazione sufficiente a descrivere e spiegare la tendenzialità dei
fenomeni da indagare, stabilire tra 25 e 30 il numero del campione per
il mercato di Marconia e tra 15 e 20 il numero del campione per quello
di Pisticci. A questo punto, fissare la grandezza del fattore K è alquanto
agevole, considerato che la distribuzione degli operatori nei posteggi è
del tutto casuale. L’intervallo K può essere fissato contando gli stalli ed
intervistando un operatore ogni 4 a Marconia ed uno ogni 5 a Pisticci.
Ad altri tre intervistatori sono stati affidati i questionari per gli
operatori.
Ai sei intervistatori, tutte di sesso femminile, di età compresa tra
i 30 ed i 40 anni e con un titolo di studio di scuola media superiore,
sono state ampiamente spiegate le finalità dell’inchiesta ed è stato
affrontato sia il tema della speciale interazione sociale che si configura
durante l’intervista, sia quello relativo alle modalità di conduzione
dell’intervista stessa 185.
L’implementazione dell’inchiesta, nelle due giornate di
svolgimento dei mercati, ha restituito i seguenti questionari:
• intervista agli acquirenti del mercato di Marconia:
52 questionari;
• intervista agli acquirenti del mercato di Pisticci:
31 questionari;
• intervista agli operatori del mercato di Marconia:
32 questionari;
• intervista agli operatori del mercato di Pisticci:
18 questionari.
185
Per affrontare i temi de “l’intervista come interazione sociale” e “la conduzione dell’intervista”, si è fatto
riferimento a KENNETH D. BAILEY, Metodi della ricerca sociale – II. L’inchiesta, IL MULINO, Bologna,
2006, pp. 118 – 132.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 196
Una prima lettura dei risultati dell’inchiesta è finalizzata a
definire il profilo dell’acquirente e dell’operatore per ognuno dei mercati
indagati. In questa prima fase, quindi, le maggiori percentuali
misurate sosterranno i tratti salienti dei protagonisti dell’attività dei
mercati.
Il profilo dell’acquirente del mercato che si svolge a Marconia
delinea una donna di età compresa tra i 26 ed i 40 anni che vive nella
stessa Marconia ed è disoccupata. Svolge le mansioni di casalinga ed
ha un titolo di studio di licenza media inferiore. Il mercato si svolge
nella parte centrale della cittadina ed è facilmente accessibile da tutte
le zone del centro abitato, per cui l’acquirente si reca a piedi tra le ore
10,00 e le ore 13,00. Acquista prevalentemente prodotti “TAC” e, pur
frequentando
i
centri
commerciali,
completa
i
suoi
acquisti
prevalentemente nei negozi tradizionali. Tende a fidelizzare il rapporto
con gli operatori del mercato, perché vi sono dei banchi vendita in cui
effettua più acquisti rispetto ad altri. Frequenta il mercato tutti i mesi
dell’anno anche se ha una particolare predilezione per i mesi invernali.
E’ molto soddisfatta delle giornate in cui si svolge il mercato e, tuttavia,
non le dispiacerebbe se fosse svolto di domenica anziché di sabato.
Anche gli orari di mercato la soddisfano e non avrebbe particolari
problemi a frequentarlo se fosse svolto nel pomeriggio. Ritiene ottimo
l’assortimento della merce in vendita e, comunque, gradirebbe una
maggiore consistenza di prodotti “TAC”. La qualità dei prodotti è
ritenuta buona e con prezzi adeguati. Gli operatori commercianti sono
considerati molto capaci professionalmente. Non ritiene del tutto
idoneo il luogo in cui si svolge il mercato e mostra una predilezione per
la vecchia sede in cui era localizzato fino all’estate del 2012: Viale
Gramsci. I servizi di mercato wc, parcheggi, ecc., non sono ritenuti
idonei. E’ abbastanza soddisfatta del numero di banchi vendita del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 197
mercato, ma non le dispiacerebbe se venissero incrementati. Non la
convince l’idea che la presenza di operatori di altri Comuni possa
arrecare danni al commercio locale. Considera il mercato anche una
forma di svago e di incontri sociali, infatti spesso lo frequenta senza
effettuare acquisti. Per una maggiore efficienza del mercato richiede un
intervento pubblico per migliorare i servizi ed i parcheggi e, nel
contempo, vorrebbe prezzi più bassi per aumentarne l’efficacia. L’ecommerce è uno strumento alquanto conosciuto tanto che la maggior
parte dei suoi amici e conoscenti lo utilizzano per i loro acquisti e,
tuttavia,
considera
intramontabile
il
mercato
quale
forma
di
distribuzione di beni e servizi commerciali.
Anche per il mercato di Pisticci l’acquirente tipo è una donna tra
i 26 ed i 50 anni che vive nello stesso ambito urbano. Il suo titolo di
studio è la licenza media inferiore, è disoccupata e, nel contempo,
casalinga. Raggiunge il mercato a piedi in orari più mattutini rispetto a
quelli di Marconia: tra ore 8,00 e le ore 10,00. Anche a Pisticci gli
acquisti riguardano prevalentemente prodotti “TAC” e per gli altri
prodotti l’approvvigionamento avviene sia presso i centri commerciali
che dai negozi tradizionali. La fidelizzazione è più marcata di quella di
Marconia e la frequenza del mercato avviene in tutti i mesi dell’anno,
con una particolare predilezione per i mesi estivi, anziché quelli
invernali come si registra a Marconia. E’ alquanto soddisfatta delle
giornate e degli orari di svolgimento delle operazioni di vendita e,
tuttavia, non disdegnerebbe i mercati domenicali con apertura
pomeridiana. Le merci vendute nel mercato soddisfano la sua
domanda di acquisto e sarebbe gradito anche un incremento dei
prodotti “TAC”. La qualità dei prodotti è soddisfacente, così come i
prezzi praticati sono ritenuti congrui. La capacità professionale degli
operatori è molto considerata, mentre il luogo in cui si volge il mercato
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 198
riceve un’approvazione poco superiore alla sufficienza e vengono
invocati “spazi più aperti”. I servizi igienici ed i parcheggi sono
considerati assolutamente insufficienti mentre la consistenza dei
banchi vendita è ritenuta appropriata. Come per l’acquirente del
mercato di Marconia, anche per quella pisticcese la presenza di
operatori di altri Comuni non pregiudica l’attività degli operatori locali.
Spesso frequenta il mercato senza fare acquisti e ritiene che le
operazioni commerciali potrebbero essere incrementate se i prezzi
diventassero più bassi di quelli dei negozi tradizionali e la qualità dei
prodotti venisse migliorata. Ben 8 su 10 tra parenti, amici e
conoscenti, acquistano tramite e-commerce. Ritiene intramontabile la
forma di commercio praticata nei mercati, anche se fortemente erosa
da internet che, nel giro di qualche anno, potrebbe notevolmente
limitarla.
Il profilo dell’operatore commerciante che frequenta il mercato di
Marconia è quello di un maschio di età compresa tra i 41 ed i 65 anni.
Non risiede a Pisticci ed è in possesso di un titolo di studio di licenza
media inferiore. Effettua più operazioni di vendita con un’acquirente
donna tra le ore 10,00 e le ore 13,00 e commercializza prodotti “TAC”. I
suoi clienti sono alquanto fidelizzati e lo seguono anche in altri
mercati. Esercita nel mercato in forza di un atto di concessione
pluriennale del posteggio ed è piuttosto soddisfatto della giornata di
svolgimento delle operazioni di vendita, anche se accetterebbe anche
un mercato in giorno di domenica. Anche gli orari di mercato lo
soddisfano e, come per gli acquirenti, non avrebbe preclusioni per orari
pomeridiani. E’ convinto della congruità della frequenza di svolgimento
e, tuttavia, ritiene che si possano sperimentare anche mercati
straordinari in giornate festive. L’idoneità del luogo in cui si svolge il
mercato non ottiene un giudizio sufficiente e, anche in questo caso,
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 199
viene invocato il ripristino nella vecchia sede di Viale Gramsci. I servizi
di mercato sono considerati assolutamente inidonei, mentre è congruo
il numero dei banchi vendita che, al più, dovrebbe essere diminuito.
Non intende sostenere spese per iniziative promozionali o pubblicitarie
per il mercato ed un eventuale consorzio costituito tra gli operatori
avrebbe il mero scopo di combattere l’abusivismo commerciale.
Internet e l’e-commerce non debelleranno questa forma di distribuzione
commerciale, né nel breve che nel lungo tempo. Le maggiori criticità
sono ascrivibili alla presenza di operatori abusivi ed alla mancanza di
controlli efficaci da parte degli organi preposti, mentre la presenza
differenziata degli operatori e l’idoneità del sito rappresentano gli
elementi di maggiore attrazione del mercato.
L’operatore del mercato di Pisticci è un po’ più giovane di quello
di Marconia, tra i 26 ed i 40 anni, è un maschio e non vive a Pisticci. Il
titolo di studio è la licenza di scuola media inferiore ed effettua la quasi
totalità delle vendite tra le ore 10,00 e le ore 13,00, commercializzando
prodotti “TAC”. Prevalentemente i suoi clienti sono donne che lo
seguono anche in altri mercati con un elevato tasso di fidelizzazione. E’
concessionario pluriennale del posteggio su cui opera ed è soddisfatto
sia delle giornate che degli orari di svolgimento del mercato e non ha
preclusioni per orari pomeridiani e per la giornata di sabato,
considerato che attualmente il mercato si tiene il martedì. Non sarebbe
totalmente contrario ad un incremento dei banchi vendita, anche se li
ritiene sufficienti e sarebbe favorevole a mercati straordinari nelle
giornate festive. Non considera adeguati i servizi igienici ed i parcheggi,
anche se ritiene idoneo il sito su cui si svolge il mercato. Non vuol
sentire parlare di investire in spese di promozione e pubblicità e ritiene
che un consorzio tra commercianti sia utile per avere maggiore forza
negoziale
nei
confronti
dell’Ente
Programmazione attività commerciale: relazione
pubblico
e
per
combattere
Pagina | 200
l’abusivismo. Considera la maggiore criticità del mercato proprio la
forte presenza di operatori non in regola, mentre ritiene la presenza
differenziata degli operatori commerciali l’elemento di maggior forza del
mercato.
Come già si palesa da queste brevi note ed è ancora più evidente
dalle tabelle dei risultati dell’inchiesta, il profilo degli acquirenti e degli
operatori dei due mercati è contraddittorio in più elementi, tra i quali
vanno senz’altro annotati la varietà dell’offerta ed il numero dei banchi
vendita, l’abusivismo, gli orari di frequenza, i prezzi praticati e
l’idoneità del luogo di svolgimento dello stesso mercato. Probabilmente
il profilo dei soggetti in esame è tutt’altro che unico e si presta, quindi,
a diverse letture, tuttavia in questa fase potremmo ritenerlo sufficiente
per
focalizzare
l’attenzione
sulla
cultura
dell’acquirente
tipo
e
dell’operatore tipo che l’inchiesta rivela. Attraverso alcuni degli
atteggiamenti 186 che l’inchiesta ha messo in luce, si cercherà di
individuare una sorta di spazio culturale nel quale iscrivere il modello
di comportamento dei due protagonisti del sistema distribuito in
esame. Per ognuno dei questionari saranno scelti due concetti ritenuti
più rappresentativi degli atteggiamenti evidenziati dalle risposte; ogni
concetto dovrà essere collocato lungo un continuum incluso tra due
aggettivi che ne definiscono gli estremi. La rappresentazione grafica dei
due concetti è effettuata su un piano compreso tra due assi ortogonali
alle cui estremità vengono posizionati i due aggettivi che qualificano il
concetto stesso 187. Dei cerchi all’interno dello spazio definito dagli assi
rappresentano i cluster dei comportamenti ascrivibili agli atteggiamenti
prescelti. Il posizionamento dei cerchi all’interno dello spazio definito
186
Si fa riferimento alla concezione tripartita per cui l’atteggiamento è un costrutto psicologico costituito da tre
componenti di natura diversa: una componente cognitiva, una affettiva ed una comportamentale. Cfr. A.
PALMONARI, N. CAVAZZA, M. RUBINI, Psicologia sociale, IL MULINO, Bologna, 2002, p. 44.
187
Il modello di rappresentazione delle spazio culturale è un adattamento del modello di rappresentazione grafica
degli Indicatori di Sviluppo Organizzativo, tratto da R. CARLI e R. M. PANICCIA, Psicologia della formazione,
IL MULINO, Bologna, 1999, pp. 156 e segg.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 201
dagli assi indica la pregnanza dei comportamenti. Anche per questa
interpretazione dei dati raccolti si è voluto scindere Marconia da
Pisticci e, come si vedrà, lo spazio culturale risulta tutt’altro che
sovrapponibile. Pertanto, i cluster dei comportamenti afferenti agli
attori del mercato di Marconia sono contraddistinti con un cerchio che
circoscrive la lettera “M”, mentre, per quelli di Pisticci, il cerchio
circoscrive la lettera “P”.
E’ del tutto evidente che gli atteggiamenti che traspaiono dal
questionario, con i relativi comportamenti, sono ben più di quelli che
in prosieguo saranno esaminati. In questa sede, però, l’argomentazione
sarà piuttosto circoscritta e riservata a quegli atteggiamenti che si
ritengono più interessanti per le argomentazioni a sostegno di un
intervento pubblico, lasciando ad una eventuale analisi successiva
l’approfondimento degli altri indicatori di atteggiamento rilevati.
Dall’esame delle risposte ottenute dalle interviste somministrate
agli acquirenti possono essere isolati i seguenti atteggiamenti da porre,
rispettivamente,
partecipazione
sull’asse
al
mercato;
orizzontale
la
e
modalità
sull’asse
di
fare
verticale:
la
shopping.
La
partecipazione al mercato può essere passiva oppure attiva, mentre si
può fare shopping nel modo tradizionale o più moderno.
Gli atteggiamenti individuati nelle risposte al questionario per gli
operatori sono sintetizzati dai seguenti concetti: la cooperazione tra gli
imprenditori; la potenzialità dell’offerta del mercato. Alle estremità
degli assi vengono, quindi, posizionati i concetti di cooperazione utile e
di cooperazione inutile, di potenzialità idonea e di potenzialità
insufficiente.
Le Figure 4.1 e 4.2 costituiscono la rappresentazione grafica dello
spazio culturale, rispettivamente, degli acquirenti e degli operatori. Il
concetto di partecipazione è stato dedotto dalla domanda 23 del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 202
questionario:
frequenta
il
mercato
senza
fare
acquisti?
La
partecipazione è stata considerata attiva dal punto di vista economico
e, quindi, collegata al comportamento di effettuare degli acquisti. La
tradizionalità o meno del fare shopping è, invece, rintracciabile
nell’item 26 dello stesso questionario. Si è attribuito agli acquisti
effettuati nei mercati il carattere di shopping tradizionale, mentre al
pensiero che sorregge il giudizio circa l’incapacità dei mercati di
sopravvivere nell’era di internet è stata attribuito la connotazione di
modernità dello shopping.
Per definire lo spazio culturale degli operatori, gli item del
questionario interessati sono i numeri 16 e 18. Il concetto estrapolato
dal numero 16 riguarda la potenzialità dell’offerta presente nel mercato
ed ai due estremi dell’asse v’è quella idonea e quella insufficiente. Per il
concetto di cooperazione si è utilizzata la domanda 18 inerente la
possibilità di costituzione di un consorzio tra gli operatori. Tra le sette
possibili risposte previste, una ha una valenza negativa e, pertanto,
l’averla prescelta è considerato un atteggiamento che denota la non
utilità del sodalizio. Infatti, la risposta “combattere l’abusivismo”
costituisce una motivazione di cooperazione per nulla propositiva ed al
di fuori di qualunque possibile oggetto sociale. La cooperazione contro
è uno dei tanti effetti nefasti della crisi economica, ma certamente non
può essere utile in un contesto di programmazione pubblica e,
pertanto, la percentuale di questa risposta andrà sommata a quella
che non ritiene utile l’associazionismo tra operatori.
Gli acquirenti di Marconia mostrano, nel complesso, una
partecipazione passiva, con una propensione del 59,62% a non
effettuare acquisti nel mercato. Il
67,31% di loro considera che la
forma di shopping tradizionale costituita dal mercato non sarà
soppiantata dalla tecnologia. Lo spazio culturale di tali soggetti è
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 203
individuato nel quadrante in basso a sinistra e circoscritto dai semiassi “partecipazione passiva al mercato” e “fare shopping tradizionale”.
La posizione culturale dell’acquirente tipo di Marconia non è però
estrema poiché gli aspetti cognitivi contenuti nell’atteggiamento
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 204
emerso, sono già in discussione: oltre il 30% degli acquirenti si ritrova
su posizioni opposte.
Diversa è la collocazione culturale dell’acquirente tipo del
mercato di Pisticci. E’ più propenso ad uno shopping di tipo moderno
per il 70,97%, mentre permane una partecipazione passiva per il
54,84%. Lo spazio culturale è collocato nel quadrante in alto a sinistra
tra i semi-assi “fare shopping moderno” e “partecipazione passiva” e,
anche in questo caso, le posizioni non sono estreme.
Lo spazio culturale dei due acquirenti è accomunato dalla stessa
tendenza alla partecipazione passiva al mercato, mentre è differenziato
dall’idea di persistenza del mercato quale forma di distribuzione di
beni e servizi commerciali.
Anche tra lo spazio culturale degli operatori di Pisticci e Marconia
v’è divergenza: il primo è posizionato nel quadrante in alto a destra tra
i semi-assi “potenzialità idonea dell’offerta del mercato” e “cooperazione
utile tra gli operatori”; il secondo si trova nel quadrante in alto a
sinistra, tra i semi-assi “potenzialità idonea dell’offerta del mercato” e
“cooperazione inutile tra gli operatori”. Entrambi ritengono buona la
potenzialità del mercato, anche se con pregnanza del concetto
notevolmente
diversa.
E’
buona
al
100,00%
per
la
cultura
dell’operatore del mercato di Pisticci, mentre raggiunge solo il 56,25%
per quella dell’operatore di Marconia. Maggiori divergenze culturali si
evidenziano sul concetto di cooperazione: l’operatore pisticcese appare
più propenso ed esprime una percentuale di risposte del 61,11%,
mentre il 71,88% degli operatori di Marconia ritiene inutile cooperare.
Tutte le posizioni culturali espresse, tranne quella relativa alla
potenzialità dell’offerta, ritenuta completamente idonea dall’operatore
Pisticcese, tendono ad addensarsi verso il punto di incrocio degli assi
ed a non evidenziare posizioni estreme. V’è diversità, dunque, ma con
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 205
posizioni tutt’altro che inconciliabili, perlomeno sui concetti che sono
stati focalizzati per definire lo spazio culturale.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 206
Capitolo 5°
La programmazione della rete distributiva
commerciale
Nei due Capitoli precedenti è stata sviluppata una visione del
territorio di Pisticci che può essere iscritta in un percorso di analisi
socio-economica in una prospettiva geografica. Si è cercato, attraverso
una rilevante quantità di dati, di focalizzare degli indicatori utili per la
conoscenza di alcuni aspetti della vita della comunità pisticcese. Dalla
lettura di questi indicatori emerge una rappresentazione della realtà
socio-economica di Pisticci sorretta anche dalle considerazioni che
sono state esposte man mano che venivano indicate le misure degli
indicatori. Certamente non è l’unica rappresentazione che può essere
costruita utilizzando gli stessi dati, tuttavia si ritiene che la
verificabilità
della
rappresentazione
proposta
consista
proprio
nell’attendibilità del percorso effettuato, cioè nella possibilità di
riprodurre risultati similari ripercorrendo le varie tappe della ricerca.
Questa ricerca, però, ha la pretesa di costituire il substrato per
un percorso di sviluppo locale nel quale “il territorio è sostanzialmente
pensato come una porzione di spazio socialmente prodotta, le cui
peculiarità dipendono dalla propria storia e dalla propria geografia. Si
è cominciata a radicare l’idea che perfino la concettualizzazione dello
spazio risenta della varietà di percezioni e rappresentazioni individuali
che possono scaturire dalle diversità culturali delle comunità di
appartenenza” 188. Vi sono, o vi possono essere, quindi, diverse
rappresentazioni
e
l’aver
guadato
le
paludi
brulicanti
di
dati
demografici ed economici, l’aver costruito un modello di cultura locale,
188
DE RUBERTIS STEFANO, Appunti per il corso di “Analisi economica del territorio”, Dipartimento di
Scienze Economiche e Matematico-statistiche dell’Università del Salento, a.a. 2011/2012, p. 3.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 207
non è garanzia per una condivisione sociale della rappresentazione
prodotta. Mancano altre tessere alla composizione del puzzle, costituite
dalla varietà di percezione e rappresentazioni degli individui della
comunità pisticcese. In altre parole, si sta cercando di dire che alla
rappresentazione proposta manca
ancora la condivisione ed il
consenso di tutti i soggetti coinvolti nel progetto di programmazione
avviato. Occorre, quindi, intraprendere un percorso che potremmo
ascrivere
nell’alveo
deliberativa
o
nel
più
generale
concetto
di
dell’habermasiana
autosostenibilità
democrazia
proposto
dai
territorialisti.
In questo Capitolo vengono delineati gli obiettivi e gli strumenti
affinché l’analisi venga resa ibrida dalle rappresentazioni degli
stakeholders coinvolti e, come si apprende dagli etologi, il processo di
ibridazione migliora e fortifica e garantisce un miglior adattamento
all’ambiente. V’è di più. Nei Capitoli precedenti volutamente non sono
stati inseriti molti elementi di sintesi, limitando l’argomentare a brevi
considerazioni sull’evidenza
dei dati rilevati,
proprio perché
la
programmazione è un processo corale e vi concorrono molteplici
rappresentazioni della realtà. Per usare una metafora, potremmo dire
che finora il quadro è stato solo tratteggiato nei suoi aspetti salienti,
ora occorre che tutti i soggetti coinvolti nel processo dipingano i colori
delle percezioni e rappresentazioni individuali che costituiscono il
caleidoscopio della vita socio-economica della comunità di Pisticci.
La swot analysis a supporto della programmazione
pubblica
Lo strumento che viene proposto a supporto di un processo di
programmazione pubblica, in cui la partecipazione degli stakeholders
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 208
non rimane una mera intenzione, è la swot analysis. E’ una
metodologia che risale agli anni Cinquanta ed all’inizio veniva utilizzata
prevalentemente in un ambito di marketing aziendale. Swot è un
acronimo
e
deriva
dai
termini
inglesi
Strengths,
Weaknesses,
Opportunities, Threats, che possiamo tradurre in punti di forza, punti di
debolezza, opportunità e minacce. I punti di forza e di debolezza fanno
riferimento a fattori interni all’azienda, mentre le opportunità e le
minacce afferiscono a fattori esterni. L’analisi di entrambe le categorie
di fattori definiscono il posizionamento dell’azienda al fine di elaborare
una strategia competitiva 189. A partire dagli anni Ottanta, l’analisi swot
viene anche utilizzata a supporto della programmazione pubblica, per
le diagnosi territoriali, per l’analisi delle capacità concorrenziali dei
territori e per l’individuazione di possibili direttici di sviluppo.
La swot è un’analisi che, in ambito di programmazione pubblica,
può essere applicata ad un contesto settoriale o territoriale. E’ un
procedimento di tipo logico per rendere fruibili dati e informazioni su
un determinato tema e sul contesto territoriale. E’ un processo
collettivo che utilizza le informazioni rese disponibili per definire gli
obiettivi di sviluppo da perseguire e le linee strategiche di intervento. Il
procedimento analitico consente di distinguere fattori endogeni e
fattori esogeni: i punti di forza (Strengths) ed i punti di debolezza
(Weaknesses) sono considerati endogeni, mentre le opportunità
(Opportunities) e le minacce (Threats) sono esogeni. Tutti i fattori
rilevabili all’interno del sistema sono, quindi, di natura endogena e
rappresentano le variabili interne che ne caratterizzano la forza, ovvero
la debolezza, mentre tutte le variabili esterne al sistema sono ascrivibili
ai fattori esogeni e costituiscono le opportunità o le minacce del
189
Per le considerazione sulla swot analysis è stato utilizzato il saggio di ROSSELLA PANDARESE, Analisi
SWOT, in DE RUBERTIS STEFANO, “Appunti per il corso di Analisi economica del territori”o, Dipartimento
di Scienze Economiche e Matematico-statistiche dell’Università del Salento, a.a. 2011/2012.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 209
contesto. Già da questa breve descrizione traspare una prima difficoltà
nell’applicare questo tipo di analisi ad un contesto territoriale. E’
evidente, infatti, che nel caso dell’azienda, stabilire quali fattori
possono essere annoverati tra quelli endogeni e quali tra gli esogeni
non rappresenta un’operazione particolarmente complessa perché, in
genere, i confini di un’organizzazione economica sono quasi sempre
ben delineati, anzi proprio la chiarezza dei confini può essere
annoverata tra i punti di forza, perché distinguere tra noi e loro aiuta a
sviluppare un maggior senso di appartenenza all’organizzazione. Nel
caso di un territorio o di un settore economico come quello della
distribuzione commerciale, che è simbiotico al territorio sul quale è
insediato,
delineare
il
confine
tra
l’endogeno
e
l’esogeno
è
un’operazione alquanto complessa. Tuttavia, complessità non è
sinonimo di impossibilità, pertanto, ricordando l’etimo della parola
complesso, dovrà essere disfatta la tela e ripercorsi tutti i fili che la
compongono,
ovvero,
fuori
metafora,
si
dovranno
analizzare
singolarmente tutte le componenti del sistema commerciale e gli
elementi costitutivi del territorio per ascriverli all’una o all’altra
categoria. Per esempio, dove ascrivere le ridotte dimensioni delle
Imprese dedite all’attività commerciale? Questo fattore, infatti, può
essere un punto di debolezza endogeno della rete distributiva, ma può
anche essere una opportunità esogena poiché le ridotte dimensioni le
rendono più dinamiche nel ricollocarsi in altri segmenti della
domanda, ma può anche costituire una minaccia esogena perché
risultano più complicati i processi di ristrutturazione aziendale. Nel
caso di un sistema economico, come nel caso di un territorio, lo stesso
fattore può avere valenze multiple e può essere annoverato sia
all’interno che all’esterno del sistema ed è solo la logica del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 210
procedimento
di
sistematizzazione
che
discrimina
la
loro
categorizzazione.
L’altro aspetto molto importante di questo strumento è costituito
dal metodo attraverso cui vengono individuati i fattori esogeni e quelli
endogeni. Preliminarmente si distinguono due momenti: desk e
partecipato.
Nel momento desk vengono raccolti e sistematizzati i dati del
contesto e viene formulato un primo scenario. Per riprendere la
metafora cui si è fatto cenno innanzi potremmo dire che, in questo
momento, il quadro viene tratteggiato nei suoi aspetti salienti. E’ un
lavoro quasi del tutto solitario condotto dall’analista, anche se i
caratteri della verificabilità e dell’attendibilità devono essere ben
evidenziati in tutto il percorso.
Nel secondo momento, quello partecipato, l’analisi congiunta tra
esperti e stakeholders è finalizzata alla previsione di scenari condivisi.
E’ anche il momento in cui la raccolta e la sistematizzazione dei dati
vengono
integrati
da
diverse
osservazioni
ed
assumono
una
connotazione più compiuta rispetto al momento desk. Nella metafora
citata questo momento rappresenta il tratteggio dei vari colori e delle
sfumature che danno profondità al dipinto.
L’implementazione del procedimento analitico avviene attraverso
sei fasi:
• 1^ fase: costruzione condivisa della rappresentazione del contesto
settoriale;
•
2^ fase: individuazione degli obiettivi e delle possibili strategie
scaturenti dalla rappresentazione condivisa;
• 3^
fase:
analisi
dei fattori esogeni ed
individuazione
delle
opportunità e delle minacce. In questa fase la complessità del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 211
territorio dovrà essere sfilata ed ogni filo dovrà essere analizzato
compiutamente, senza perdere lo sguardo d’insieme della tela;
• 4^ fase: analisi dei fattori endogeni ed individuazione dei punti di
forza sui quali fondare l’implementazione delle strategie condivise e
delle criticità che possono ostacolarla;
• 5^ fase: definizione delle linee guida delle azioni strategiche per
raggiungere gli obiettivi prefissati;
• 6^ fase: verifica della rilevanza delle azioni strategiche, ovvero della
rilevanza degli interventi previsti nella programmazione rispetto agli
elementi del contesto settoriale e territoriale.
La
validità
completezza
dello
dell’analisi
strumento è
preliminare
strettamente
sia
dello
connessa
specifico
alla
settore
economico che del contesto territoriale. Una rilevazione analitica
soggettiva, ovvero troppo semplicistica, inficia l’intero percorso,
facendolo approdare ad obiettivi irrealistici o a strategie inattuabili. La
forza dello strumento è nel momento partecipato, perché scongiura il
rischio di scollamento tra il piano scientifico e quello politico.
La flessibilità e la verificabilità sono i maggiori vantaggi
dell’analisi swot: la prima è insita nello stesso strumento che, dalla
prima
all’ultima
fase,
consente
diverse
curvature
analitiche
e
strategiche; la seconda è insita nel percorso partecipato e consiste
nell’aver fatto coincidere autori e destinatari della programmazione,
con conseguente verifica continua della corrispondenza tra i bisogni
espressi, gli obiettivi stabiliti e le strategie implementate.
L’analisi swot necessita di una rappresentazione grafica nella
quale l’insieme dei fattori caratterizzanti il settore economico ed il
contesto territoriale vengono sintetizzati in una matrice. E’ proprio lo
sforzo della sintesi che costringe ad individuare puntualmente i fattori
dominanti interni ed esterni. Il procedimento aumenta l’informazione
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 212
strettamente pertinente e riduce l’ambiguità della mera elencazione dei
dati. Diversi sono i sistemi di rappresentazione della matrice swot e
tuttavia tutti devono garantire un sistematico collegamento delle
variabili con le quali vengono rilevati i vari fattori.
Per il percorso analitico che si sta conducendo il metodo che si
ritiene più idoneo per una corretta e veritiera rappresentazione dei
fattori esogeni ed endogeni, nonché maggiormente in grado di
focalizzare le connessioni intercorrenti tra gli stessi, è la matrice swot
dinamica o relazionale. La matrice dinamica o relazione si costruisce
su
un
confronto
tra
i
fattori
che
scaturiscono
dall’analisi,
indipendentemente dalla categoria di appartenenza. I fattori vengono
riportati sia sulle intestazioni delle righe, sia su quelle delle colonne di
una tabella a doppia entrata. Ogni fattore di riga viene confrontato con
quello di colonna e per ogni confronto viene attribuito un valore
compreso tra:
• - 2 (meno due) se gli effetti del fattore di riga sono fortemente
ostacolati o annullati da quello di colonna;
• - 1 (meno uno) se gli effetti del fattore di riga sono ostacolati da
quello di colonna, ma riesce comunque a produrne;
• 0 (zero) se i fattori sono tra loro indipendenti;
• 1 (uno) se gli effetti del fattore di riga sono incrementi da quello di
colonna;
• 2 (due) se gli effetti del fattore di riga sono incrementati fortemente
dal fattore di colonna.
Punteggi positivi indicano, quindi, che l’effetto del fattore indicato
in riga è incrementato da quello indicato in colonna, mentre punteggi
negativi indicano che i primi sono ostacolati dai secondi.
La matrice ha una chiave di lettura per riga ed una per colonna. I
vettori di riga indicano l’importanza di ogni fattore della matrice,
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 213
mentre i vettori di colonna esprimono la forza con cui i singoli fattori
influenzano gli altri, sia in senso positivo che negativo. Le somme per
riga esprimono il tasso di importanza di ogni singolo fattore, mentre le
somme di colonna esprimono il peso dell’influenza esercitata. I fattori
che hanno ottenuto maggiori punteggi di riga sono quelli su cui agire
per valorizzare strategicamente i punti di forza e le opportunità, mentre
un alto punteggio di colonna indica fattori di forte influenza e, quindi,
elementi che bisogna prevenire e limitare, ovvero esaltare e valorizzare.
La forza di questo metodo è nel confronto relazionale tra i vari
fattori esogeni ed endogeni, mentre il suo punto di debolezza consiste
nella necessità di dover limitare il numero degli stessi fattori da
inserire nella matrice. E’ evidente, infatti, che aumentando il numero
dei fattori aumentano in modo quadratico le dimensioni della matrice
fino a renderla ingestibile e con il rischio concreto di vanificare
l’attendibilità del confronto.
La Figura 5.1 mostra un esempio di matrice swot dinamica o
relazionale. E’ stata costruita con solo 8 fattori e si sviluppa su 64
caselle, oltre alle 16 dei totali.
La
swot
analysis
è
uno
strumento
poco
utilizzato
nella
programmazione pubblica, perché richiede l’applicazione di regole
precise e, soprattutto, la presenza di figure professionali in grado di
gestire l’intero procedimento. Tuttavia la veridicità e l’attendibilità
dell’analisi costituiscono il substrato necessario sia per fissare obiettivi
efficaci per i bisogni espressi, sia per implementare strategie efficienti.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 214
La programmazione pubblica: con chi, come e
perché?
Nel capolavoro di Eduardo De Filippo Napoli milionaria vi sono
due dialoghi alquanto interessanti per affrontare il tema della
programmazione pubblica.
La commedia narra le vicende della famiglia Jovine durante il
secondo conflitto mondiale. Il marito Gennaro è dovuto partire per la
guerra e, nel frattempo, la moglie Amalia ha organizzato un fiorente
commercio clandestino. Le figure dei tre figli, Amedeo, Maria R. e
Rituccia, sono alquanto emblematiche ed ognuna rappresenta uno
spaccato dell’Italia che cerca di riemergere dalle macerie della guerra.
Il primo dialogo avviene nel secondo atto e contrappone la madre
Amalia alla figlia Maria R. sull’eterno tema del rapporto genitori e figli.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 215
Amalia:
Nun c'è cchiu rimedio? Parla, ch'he' fatto?
Maria R.: L'avìvev' 'a vede' primma! E quann'io 'a sera ascevo cu 'e cumpagne meie, invece 'e ve fa piacere,
accussì putiveve fa' 'o còmmedo vuosto, v'avìvev' 'a sta attienta... Invece 'e penza' agli affari, a 'e
denare... penzàveve a me!
Amalia:
E tu puo' dicere ca nun aggio penzato a te ? Io me so' fatt' accidere p' 'e figlie, p' 'a casa...
Maria R: Vuie? Ma pecché teniveve 'o tiempo 'e penza' a me? E a Settebellizze chi ce penzava? Io?
Amalia:
Uh, guardate?... E io mo t' 'o spiego n'ata vota... Settebellizze e io teniamo una società di accattare
e vénnere... E so' affare ca nun te riguardano! E me l'aggi' 'a vede' io, he' capito? Ma tu, parla...
Fatte asci' 'o spireto. Quanno... Addo'? 190
All’inizio del terzo atto Gennaro, il protagonista della commedia,
scopre il traffico di commercio clandestino che ha organizzato la moglie
Amalia in sua assenza e quanto quest’attività l’abbia arricchita. Alla
fine dello stesso atto v’è un breve dialogo tra Gennaro e ‘O miezo
Prèvete, l’uomo di fatica di casa Jovine. Aspettando che passi la
nottata, tra i due emerge un clima confidenziale nel raccontarsi le
peripezie vissute.
Gennaro:
E tu? Affare nun n'he' fatte, tu? Quanta meliune tiene?
'O Miezo Prèvete: Eh... tenevo 'e meliune. Io quanno m'aggio magnato na pummarola
ppane me sento nu rre! Sì, ho tentato qualche cosa, qualche
aggia avut' 'a rinunzia'... Na vota, io e Pascalino
chile 'e ficusecche. Dicette: prezzo e' 'e
vvennimmo».
mmiez'
'o
affare pur'io, ma ce
'o pittore, accattàieme cinquanta
«Facimmo passa' nu poco 'e tiempo: quanno aumentano 'e
-
Don
Gennaro
mio,
'e
ttruvaieme
vierme:abbremmecute. 'E sciacquàieme tuttu quante, 'e mmettettemo
mmità, s' 'e mmagnaieno e surice e 'o riesto ietteno 'a
chiene
'asciutta':
'e
na
perimma. Certo ci sarebbe da
fare... Ma chi m' 'o ffa fa'? Specialmente mo. Muglierema murette sott' 'a nu
bumbardamento... […] Pirciò ve dico: sto ssulo, me metto a ffa' 'o cummercio? 191
Da questa breve digressione
scaturiscono delle considerazioni
che ci conducono al cuore della tematica che si vuole affrontare.
Preliminarmente focalizziamo i tre personaggi più salienti. Il primo è
Amalia che, con scaltrezza e senza tanti scrupoli, trae la sua fonte di
ricchezza dalla borsa clandestina, affamando e mandando sul lastrico
ogni malcapitato. Il secondo è ‘O miezo Prèvete che è un uomo di poche
190
191
EDUARDO DE FILIPPO, Napoli milionaria, EINAUDI EDITORE S.P.A., Torino, 1979, pp. 61 e 62
Op. cit., pp. 95 e 96.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 216
pretese e piuttosto ignorante. Infatti, ignora che conservare fichi secchi
senza le dovute accortezze li esponga ad attacchi di agenti patogeni. Ha
tentato di fare il commercio, ma non gli è andata bene. Il terzo è
Gennaro e rappresenta il cauto ottimismo di chi, pur tra mille difficoltà
quotidiane, rimane ancorato ai valori tradizionali della famiglia e della
patria e spera in un futuro migliore. Ha da passà a nuttata: in questa
speranza è racchiuso l’ottimismo di Gennaro.
I tre personaggi sono l’emblema delle tre considerazioni che si
vogliono proporre e che scaturiscono dal lavoro eduardiano.
La prima considerazione si fonda su una domanda: a chi serve la
programmazione pubblica nel settore del commercio? Non certo al
personaggio di Amalia, che la considererebbe una limitazione alla sua
attività ed alla possibilità di lauto guadagno. “Meno regole e più
guadagni”, potrebbe essere questo il motto di ogni commerciante. Il
commercio senza regole, che riesce a condizionare totalmente la
domanda, agendo unicamente sull’offerta, è il sogno nel cassetto di
molti
commercianti.
Infatti,
basta
scambiare
poche
battute
sull’argomento con qualcuno di loro per sentirsi dire che le regole
servono unicamente per limitare la concorrenza. E’ chiaro che non si
vuole ridurre la programmazione ad un mero corpus di regole anche se,
per
molti,
quello
delle
regole
è
l’unico
aspetto
rilevante.
La
programmazione commerciale è, in primis, uno strumento a tutela
della collettività, affinché, nel rispetto del dettato costituzionale,
l’iniziativa economica privata si svolga secondo criteri di utilità sociale
e nel rispetto della dignità umana. Il fine sociale dell’iniziativa
economica è, quindi, un principio costituzionalmente garantito e la
programmazione
pubblica
costituisce
lo
strumento
per
rendere
concreta tale garanzia. Occorrerà tenere presente questa prima
considerazione quando si implementerà il processo di programmazione
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 217
pubblica, perché, come è evidente, gli interessi risiedono su posizioni
alquanto divergenti.
La seconda considerazione che propone il testo di De Filippo
riguarda la cultura del tessuto imprenditoriale dedito al commercio.
L’emblema di questo tema è ‘O miezo Prèvete che, senza arte né parte,
si improvvisa commerciante e naufraga in un fallimento, salvo poi
rendersi conto di non essere portato per quell’attività e dovere limitare
gli obiettivi di vita. Si potrebbe obiettare che questa è finzione scenica e
nella realtà non si verificano simili situazioni. Obiezione respinta
perché spesso si incappa in imprenditori improvvisati che, come ultima
spiaggia, tentano di avviare un’attività commerciale. Molti di loro
hanno partecipato inutilmente a diversi concorsi pubblici e, dopo una
lunga ricerca di un lavoro dipendente, hanno ripiegato sull’apertura di
una propria attività commerciale e, senza un’adeguata cultura, i
naufragi non tardano ad arrivare. Il tasso di scolarizzazione non è
certamente l’unico indicatore per misurare la cultura di una categoria,
specialmente di quella tecnico-specialistica, tuttavia è alquanto
indicativo perché denota il substrato di conoscenze sul quale far
crescere il sapere esperto proprio della categoria. L’inchiesta sui
mercati, di cui si è parlato nel Capitolo precedente, ci ha restituito un
operatore con il titolo di studio di licenza media inferiore. La situazione
per gli operatori di commercio su aree private non è tanto diversa,
giacché moltissimi di loro, per acquisire l’abilitazione alla vendita di
prodotti alimentari, debbono frequentare un corso di formazione
professionale, non necessario per coloro che hanno un titolo di studio
di diploma di scuola media superiore o di laurea 192. Questa seconda
considerazione ci restituisce un altro elemento da non trascurare in un
percorso di programmazione pubblica: la cultura degli attori della
192
Tra i titoli non abilitanti vi sono solo i licei e la laurea in materie umanistiche.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 218
programmazione in generale e quella degli imprenditori commercianti
in particolare.
L’emblema della terza considerazione è Gennaro che, nonostante
lo stravolgimento che ha trovato nella sua comunità e nella sua
famiglia, continua ad aver fiducia nel domani e con pazienza aspetta
che passi la nottata. Ma quanto dura la nottata e come sarà il domani?
Gennaro non lo dice, anzi nell’attesa si rifugia nei valori classici della
famiglia che hanno guidato la categorizzazione del suo mondo fino
all’oggi. Gennaro non sa come sarà il domani. In tanti talk show politici
ed economici e su tanti giornali e riviste specializzate di economia
abbiamo sentito o letto che “dopo questa crisi economica nulla sarà
come prima”. Già, ma come sarà? Non ce lo dice nessuno perché
nessuno lo sa. C’è un difetto di logica in tutto questo. Dire che non
sarà più in un modo, necessita di un termine di paragone che è
proprio costituito dal come sarà. Valga un esempio. Possiamo
affermare che non ci saranno più industrie inquinanti se sappiamo
come costruire quelle ecologiche. Non basta sapere che le prime non
saranno più realizzate perché, se non sappiamo come costruire le
seconde, nulla garantisce che quelle che saranno effettivamente
realizzate non siano inquinanti. Non basta dire che la grande
distribuzione commerciale omologa ed espande i consumi che erodono
sempre più risorse, se non sappiamo come realizzare un commercio
sostenibile.
Dopo
questa
crisi
forse
ci
saranno
meno
centri
commerciali, ma tuttora non sappiamo come realizzare reti distributive
autosostenibili. L’affermazione “nulla sarà come prima” ha solo un
mero senso storico-statistico: nulla è stato come prima dopo la crisi del
Ventinove, così come nulla è stato come prima dopo il secondo conflitto
mondiale o dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta. Sapere come è
stato dopo questi eventi non ci è di nessun aiuto per sapere come sarà
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 219
dopo la crisi attuale. Il fulcro di questa considerazione si trova, quindi,
nell’impossibilità della previsione con le attuali categorie di lettura del
mondo e dell’economia. Occorrono nuove e diverse categorie nelle quali
il globale ed il locale sono solo gli estremi dello stesso concetto, ma
queste nuove categorie, allo stato attuale, sono alquanto sconosciute.
A questo punto appare importante riepilogare gli elementi emersi
dalle considerazioni condotte finora. Le possiamo racchiudere in tre
domande: A chi è finalizzata la programmazione pubblica? Con quali
strumenti può essere realizzata? Quali sono gli obiettivi di un percorso
di programmazione?
Alle prime due domande è già stata data una risposta, sia pur
temporanea ed in attesa di nuovi approfondimenti, che dovranno
scaturire dal processo negoziale di programmazione. Rimane insoluta
la terza domanda. Se ci fidiamo dei precedenti storici, possiamo
supporre che, probabilmente, i nuovi obiettivi si discosteranno da
quelli fissati prima della crisi e niente altro. L’aleatorietà della
previsione si commenta da sola e non è di nessun aiuto per rispondere
alla domanda che ci siamo posti.
Accantoniamo per un momento il quesito insoluto e focalizziamo
l’attenzione su un altro elemento caratterizzante: gli attori della
programmazione pubblica. Farne un elenco può sembrare agevole, ma,
nei fatti, risulta ben più difficile e, inoltre, ancora più complesso è
circoscrivere il ruolo di ognuno di loro. Provo a spiegarmi meglio. La
programmazione di cui ci stiamo occupando riguarda lo specifico
settore economico della distribuzione di beni e servizi commerciali e,
quindi, viene immediato pensare ad un tavolo negoziale intorno al
quale la Pubblica Amministrazione riunisce le categorie professionali
degli operatori commercianti, i sindacati di categoria, le organizzazioni
rappresentanti dei consumatori, i gruppi di animazione territoriale (ivi
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 220
comprese le organizzazioni ambientaliste locali) e le forze politiche. Se
ripercorressimo quanto sostenuto nei primi due Capitoli di questo
lavoro ci accorgeremmo subito che l’elenco proposto è deficitario di
altri attori.
Immediatamente risalta l’assenza degli urbanisti e, dopo tanto
parlare di stretto connubio tra i due ambiti, se non siederanno allo
stesso tavolo, ognuno continuerà a coltivarsi il proprio orto senza mai
oltrepassarne i confini.
V’è anche l’assenza del mondo agricolo, come se la stragrande
maggioranza dei prodotti alimentari venduti non provenissero dalle
coltivazioni agrarie. Infatti, al posto delle fattorie che, ad esempio,
allevano tacchini, la grande distribuzione ha scelto l’allevamento
industriale di tipo fordista, nel quale anche il ciclo giorno – notte viene
creato artificialmente per produrre quantità sempre maggiori di articoli
omologati.
Allora
perché
convocare
gli
agricoltori
approvvigionamenti sono di tipo industriale?
se
tutti
gli
Se nulla sarà come
prima, allora al tavolo della programmazione dovremmo convocare
anche gli operatori agricoli perché è proprio la produzione industriale
di stampo fordista che trascura il locale a vantaggio esclusivo del
globale ed ignora ogni carattere di ausostenibilità di un sistema
produttivo.
Vi sono ancora altri attori da convocare: i poveri. Questi, per la
società dei consumi, sono dei consumatori avariati, dei reietti sociali
perché si accontentano solo di ciò di cui credono di aver bisogno e si
sforzano di realizzare quello e nulla più 193. Ma l’obiettivo della
programmazione pubblica non è certamente la società dei consumi e,
quindi, tutte le organizzazioni filantropiche, laiche e confessionali,
dovranno sedere a quel tavolo, che diventa sempre più cospicuo, e
193
ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p. 28.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 221
rappresentare i poveri.
Vi sono ancora da considerare i rappresentanti del settore del
turismo. Questo settore è spesso considerato un fermo-immagine del
tempo, una sorta di sospensione della quotidianità per il meritato
periodo di riposo, che non riesce a svincolarsi dalla complementarietà
e dalla improvvisazione. Il turismo per i pisticcese è solo questo. Quello
serio, che produce fatturato ed assorbe forza lavoro, lo facciamo fare
agli altri, ai grossi gruppi che predano risorse ambientali e non creano
nessun legame con l’entroterra, fatta salva manodopera di bassa
categoria, perché è a buon mercato.
Tralascerei il sistema industriale pisticcese perché in questo
periodo ha il carattere della colonizzazione. Estraggono risorse del
sottosuolo, spostando altrove la lavorazione e, quindi, il maggior valore
aggiunto, smaltiscono reflui di dubbia natura al solo fine di mantenere
in piedi un’area industriale, altrimenti assolutamente deficitaria, per
dare senso al fiume di denaro pubblico investito nel corso dei decenni.
Industrializzazione coloniale da una parte e, dall’altra, incentivi
pubblici per perpetuare il sottosviluppo. E’ un’industrializzazione
assolutamente avulsa dal territorio, considerato solo una risorsa da
sfruttare inserita nella parte “spesa” del bilancio aziendale.
Infine,
occorre
dare
spazio
alla
collettività,
perché
la
rappresentatività, attraverso la componente politica, non è più
sufficiente ad esprimere i bisogni e gli interessi della comunità o di una
parte di essa. Come sostiene Bauman, “per il momento, non esiste un
metodo alternativo alla democrazia ed alla partecipazione democratica
e in ogni caso il mercato e i movimenti dei consumatori non possono
sostituirli perché sono essi stessi i sintomi della caduta dell’impegno
politico e della fiducia nell’azione politica e nell’autorità dello Stato
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 222
nella vita pubblica. Sono un segno di resa da parte dei cittadini” 194.
Potremmo fermarci qui? Probabilmente la risposta è affermativa
per il contesto sociale, economico e territoriale di Pisticci, ma l’elenco
non è affatto esaustivo, perché, in altre realtà territoriali ed in un altro
periodo storico, l’elenco dei partecipanti alla programmazione pubblica
potrebbe essere del tutto diverso. Quello che conta è il principio che è
stato utilizzato per individuare i vari soggetti: il commercio, così come
altri settori economici, sono parte integrante di un territorio e
quest’ultimo è un sistema olistico in ogni suo aspetto. Non è pensabile
che il dinamismo di alcuni suoi elementi non incida sulla quotidianità
degli altri, perfino di quell’industrializzazione da sottosviluppo così
cara al meridionalismo liberale della modernizzazione che si affermò
all’indomani del secondo conflitto mondiale.
Per rimanere nella metafora teatrale, dopo aver individuati gli
attori, resta da scegliere il copione per definire il ruolo di ogni
personaggio. E’ difficile sostenere che nel processo di programmazione
pubblica vi siano partiture già scritte ed il ruolo di ognuno degli attori
sia ben definito in tutte le sue battute. Siamo in presenza di una mera
recita a soggetto, nella quale nemmeno il susseguirsi degli accadimenti
è stato già previsto. Fuori metafora, v’è da sottolineare che è del tutto
evidente che, al tavolo della programmazione, ognuno degli attori sarà
portatore di interessi e bisogni di parte e difficilmente sarà interessato
al punto di vista complessivo del tema. Infatti, innumerevoli percorsi di
democrazia
deliberativa
naufragano
proprio
a
questo
stadio.
Emergono, infatti, quelle problematiche di cui si è fatto cenno
nell’introduzione che attengono alle difficoltà di far dialogare i diversi
livelli della conoscenza: il sapere esperto ed il senso comune. V’è di
più. V’è anche la difficoltà per il cosiddetto sapere esperto di
194
Op. cit., p. 42.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 223
confrontarsi con il sapere locale di cui sono portatori tutti gli attori
locali.
Come
supplire
a
queste
difficoltà?
Il
processo
di
programmazione non si autogenera e non mostra alcun carattere di
resilienza una volta avviato. E’ un processo che necessita della
presenza di una sorta di mediatore che sappia far scaturire una
capacità euristica dall’interazione fra i vari partecipanti al tavolo della
programmazione.
Ognuno
dei
partecipanti,
se
opportunamente
stimolato al confronto, riuscirà più facilmente ad esprimere le proprie
idee ed a narrare le proprie esperienze, a far emergere il lato più
nascosto e creativo del proprio pensiero, arricchendo la quantità e la
qualità delle informazioni condivise 195. E’ di fondamentale importanza,
quindi, la figura del mediatore che, con le opportune tecniche, sollecita
il gruppo a dar vita ad una sorta di mente sovraindividuale, che è
qualcosa di più della somma delle menti dei singoli individui 196. Lo
strumento fondamentale del mediatore è la difficile arte del dialogo ed
“implica che i partners della conversazione vi si impegnino con
l’intenzione di chiarificare le questioni congiuntamente, invece che
prevalere nella discussione e segnare punti a proprio favore; di
moltiplicare le voci, anziché ridurre il loro numero; di ampliare il
ventaglio dei possibili seguiti, anziché denigrare ed escludere tutte le
altre opzioni; e quindi perseguire insieme la comprensione, anziché
cercare di sconfiggere i punti di vista alternativi - insomma, di essere
animati da un desiderio di far proseguire la conversazione, anziché da
un desiderio di arrestarla in fretta”197.
E’ rimasto sospeso uno degli interrogativi posti innanzi: quali
sono
gli
obiettivi
della
programmazione
pubblica?
Possiamo
riformularlo in modo più sociologico: quali sono le nuove categorie
195
ANTONIO DE LILLO, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Novara, 2010, p. 106.
Op. cit., p. 106.
197
ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014, pp.
114 e 114.
196
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 224
semantiche, valoriali, economiche, ecc. che ci permetteranno di leggere
il mondo post crisi e renderanno intellegibile il nostro agire?
E’ impensabile trovare una risposta di tale portata in queste
pagine, perché va cercata unicamente in un processo collettivo
improntato al principio di democrazia deliberativa, quale può essere un
contesto di programmazione pubblica. Fissare degli obiettivi che
incidono
sulla
quotidianità
di
un’intera
comunità
non
è
mai
un’operazione individuale. E’, invece, il frutto di un lungo e complesso
lavoro negoziale nel quale ogni attore rinuncia a recitare un pezzetto
della sua parte per cederla ad altri, in un contesto cooperativo. E’ un
lavoro lungo e faticoso, fatto di conquiste e sconfitte, ma è,
probabilmente, l’unico che possa fornirci strumenti criteriologici per
orientarci “oggi, in un tempo di interregno […] [e] non sappiamo ancora
quale delle forme e degli assetti ancora esistenti dovranno essere
liquefatti e rimpiazzati benché nessuno di essi sembra immune alle
critiche e ciascuno, o quasi ciascuno di essi, sia stato candidato alla
sostituzione prima o dopo” 198.
Linee di sviluppo e proposte di intervento
Qualche anno fa abbiamo partecipato ad un gruppo di lavoro
incaricato di redigere il Regolamento Urbanistico ed il documento di
programmazione commerciale per un Comune lucano. Un docente di
urbanistica era incaricato della pianificazione territoriale, mentre io mi
occupavo degli aspetti relativi alla distribuzione commerciale. All’inizio
il rapporto non era ottimale e il professore aveva, in più circostanze,
manifestato l’idea che la professionalità degli ingegneri o degli
198
Op. cit., p. 104.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 225
architetti, e lui era l’uno e l’altro, è condizione essenziale per
qualunque percorso di pianificazione o programmazione. Per seguirlo
su questo terreno e cercare di migliorare l’interazione, nel gruppo di
lavoro avevo inserito due tecnici, un ingegnere ed un architetto, con
una consolidata esperienza nel settore. Arriviamo, tra alti e bassi, al
fatidico incontro con tutta la Giunta Comunale ed i Capo-gruppi
consiliari, nel quale dovevano essere definiti gli obiettivi della
programmazione commerciale. L’urbanista, con il piglio da professore,
esordisce
decantando
la
funzionalità
del
progetto
del
parco
commerciale realizzato a Serravalle Scrivia 199, sia da un punto di vista
urbanistico, che da quello commerciale. Tutti i rappresentanti
dell’Amministrazione presenti all’incontro annuivano esterrefatti al
racconto del professore. Noi ci siamo guardati sbigottiti, perché
pensavamo di dare un diverso contributo all’incontro. Compresa
l’antifona, l’architetto, componente del mio gruppo di lavoro, aggiunse
semplicemente che lui era stato uno dei progettisti del parco
commerciale di Serravalle Scrivia. L’entusiasmo dei presenti salì
bruscamente di quota e l’astio tra i due gruppi improvvisamente svanì.
Finalmente anche il Comune di […] avrebbe avuto il suo bel progetto di
parco commerciale come quello della cittadina piemontese.
Questa ulteriore digressione è alquanto illuminante, perché
focalizza un’idea di programmazione che per decenni ha attraversato
l’Italia in lungo ed in largo. L’idea è più o meno questa: se un
programma, un progetto o un intervento funziona a Cuneo, perché non
dovrebbe
funzionare
ad
Agrigento?
Questo
pensiero
anima
i
professionisti della programmazione e della pianificazione che, con la
loro valigetta nera, sono sempre pronti a tirar fuori progetti
preconfezionati che si adattano a qualunque luogo ed in ogni tempo.
199
A Serravalle Scrivia, cittadina piemontese nella provincia di Alessandria, situata lungo l’autostrada A7
“Milano Genova”, è stato realizzato un parco commerciale con i primi outlet in Italia.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 226
Nel Capitolo 1° si è già parlato di questa categoria, qui si vuole
sottolineare, ancora una volta, questo rischio per la programmazione
pubblica.
La programmazione pubblica di cui si parla in questo lavoro è,
però, tutt’altro, perché è mirata a sostenere la valenza della rete
distributiva
di
beni
e
servizi
commerciali
nel
processo
di
autosostenibilità dello sviluppo locale. Gli insediamenti commerciali,
organicamente programmati, possono contribuire a conferire una
precisa identità agli spazi urbani, preservandoli dal trasformarsi nei
cosiddetti “nuovi spazi urbani, orgogliosamente pubblicizzati e sempre
più
imitati,
[…]
trincerati
progettati
in
modo
da
intercettare,
scoraggiare o filtrare l’accesso. La […] funzione [di questi ultimi] è di
dividere, escludere e segregare, non di costruire ponti, passaggi e
luoghi di incontro per favorire la comunicazione tra gli abitanti” 200.
L’apparente contraddizione fra la rete distributiva e le altre funzioni del
territorio affievolirà fino a scomparire del tutto e, con il suo
plurisecolare radicamento, il commercio diverrà una sorta di bene
culturale meritevole di tutela, salvaguardia e valorizzazione.
L’autosostenibilità della rete distributiva di beni e servizi
commerciali può essere ricercata attorno a tre linee di intervento.
Queste ultime hanno il mero scopo di fissare la traccia di lavoro per la
programmazione pubblica e rappresentano, quindi, una sorta di
cornice cognitiva che, lungi dall’essere un rigido ed insormontabile
confine tematico, può essere smontata e rimontata o può essere del
tutto sostituita.
La prima linea ha il fulcro nella rivalutazione e riqualificazione
della funzione commerciale all’interno del tessuto urbano dei centri
abitati del Comune di Pisticci. Per ognuno di questi centri occorrerà
200
ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p. 64.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 227
individuare precisi criteri di compatibilità in relazione alla vocazione
dei diversi luoghi ed alle molteplici funzioni insediate, quali residenza,
direzionalità, cultura, aggregazione, artigianato, pubblici esercizi, ecc.
L'ambizione di questa linea di intervento è quella di ritrovare un nesso
diretto
tra
assetto
ambientale,
immagine
urbana
e
risonanze
imprenditoriali. È evidente che le condizioni favorevoli possono essere
più agevolmente conseguite attraverso una progettazione contestuale,
integrata e complementare della presenza delle attività commerciali,
delle infrastrutture e delle opere di arredo urbano.
La definizione dei criteri per l’insediamento di medie strutture di
vendita costituisce la seconda linea di sviluppo autosostenibile.
L’obiettivo di questo intervento deve essere finalizzato a promuovere la
crescita delle forme di aggregazione quali, ad esempio, i gruppi di
acquisto e le unioni volontarie, nonché a favorire il ricorso, nell’ambito
della
media
distribuzione,
ad
investimenti
finalizzati
alla
ristrutturazione ed all’ampliamento degli esercizi esistenti. Il sistema
distributivo del Comune di Pisticci deve recuperare un ritardo
nell’attuazione del processo di modernizzazione per cui occorre una
maggiore intensità di azione per proporre nuove modalità e nuovi
strumenti che rafforzino il rapporto tra soggetti pubblici e privati e
definiscano situazioni di equilibrio tra commercio tradizionale e medie
strutture di vendita. La rete distributiva di Pisticci deve diventare
significativa all’interno di tutti e tre i bacini d’utenza individuati. La
strada da percorrere è, quindi, individuata nella riqualificazione ed
adeguamento della rete esistente e, anche in questo caso, nel rispetto
delle peculiarità ambientali dei vari ambiti territoriali di localizzazione.
La terza linea di intervento è incentrata sul ruolo del commercio
su
aree
pubbliche.
I
mercati
e
le
fiere
rivestono
un
ruolo
complementare rispetto ad altre forme distributive. Tuttavia, se
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 228
opportunamente pianificati, possono contribuire a valorizzare e a
rivitalizzare gli spazi urbani nei quali si svolgono e, quindi, esercitare
un ruolo positivo di promozione e di attrazione per tutte le forme di
commercio. Un mercato riesce ad ampliare i flussi del bacino d’utenza
in modo più consistente rispetto a quanto non faccia la rete
distributiva su aree private. Affinché questa relazione sinergica si
concretizzi è necessario, però, realizzare e rispettare un adeguato
equilibrio tra le diverse forme distributive, nonché programmare
mercati nei quali, per i temi merceologici trattati, per gli orari e le
giornate di svolgimento, venga ripristinata la funzione originaria,
sociale ed economica, di questa tipologia di commercio.
Fissate le tre linee guida dell’intervento che, come già accennato,
costituiscono una mera cornice cognitiva suscettibile di essere
modificata, integrata o radicalmente trasformata dal tavolo della
programmazione,
occorre
introdurre
una
ulteriore
disposizione
normativa che assume una significativa valenza nell’argomentazione
dei temi che si stanno affrontando.
Il 1° comma dell’art. 3
del D.L. nr. 223 del 4 luglio 2006,
convertito nella Legge nr. 248 del 4 agosto 2006, ha stabilito che “ai
sensi
delle
disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di
tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed
al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari
opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato […]
le attività commerciali, come individuate dal D. Lgs. 31 marzo 1998,
nr. 114, […] sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: […] d) il
rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul
volume delle vendite a livello territoriale sub-regionale; […] 201.
La disposizione, lungi dal bandire sic et simpliciter l’ammissibilità
201
Il testo del decreto è visibile su www.normattiva.it
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 229
di qualunque atto di programmazione, ha sostanzialmente escluso
quelle basate sulla determinazione di volumi di vendite o di quote
massime di mercato riferite ad ambiti territoriali ben definiti. Il
legislatore ha mandato in soffitta i vecchi criteri di insediamento basati
su elementi di carattere economico e di densità commerciale che, tra
l’altro, erano omologanti per qualunque contesto e per ogni tempo. La
programmazione urbanistico-commerciale mira, invece, allo sviluppo
di tutti gli elementi tipici di un luogo nell’ottica dell’autosostenibilità,
attraverso processi di insediamento delle strutture commerciali, in
termini di verifica degli standard urbanistici: analisi della viabilità e dei
parcheggi;
densità
distribuzione
demografica;
spaziale
bilancio
degli
insediamenti
urbanistico;
economia
residenziali;
insediata;
rilevanza paesaggistica ed architettonica; eventuali vincoli o rischi
geologici; ecc. Non è un caso che tra le analisi economiche annotate
nel Capitolo 3° non è stata considerata la spesa delle famiglie,
fondamentale indicatore per stabilire le quote di mercato in base ai
quali fissare i volumi massimi di vendita per ogni singola area subregionale. Occorre, quindi, volgere lo sguardo altrove per cercare
elementi che possano guidare la programmazione commerciale: un
altrove che risiede in quel connubio di cui si è parlato nel Capitolo 2°.
Gli
obiettivi
enunciati
nell’incipit
della
Legge
Urbanistica
Regionale 202, quali “la tutela e la valorizzazione delle risorse e dei beni
territoriali, la tutela dell’integrità fisica e storico-culturale”, esplicitati
negli strumenti operativi della pianificazione territoriale ed urbanistica,
rappresentano
la
traccia
per
la
programmazione
in
ambito
commerciale. Sono, quindi, di carattere specificatamente urbanistico i
criteri che costituiscono il fil rouge per l’insediamento delle attività
202
L.R. nr. 23/1999, articoli 1, comma 2°. Visibile al sito web http://db.formez.it/ fontinor.nsf/
00d6ec61a75a11efc1256cd2005aa5f8/02799216E99AE8CBC1256E940034B628/$file/Basilicata%20LR%2023
_99.pdf. Visita del 7 gennaio 2015.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 230
commerciali, nel rispetto ed in rapporto olistico con i regimi d’uso delle
singole aree del territorio, le cui vocazioni e finalità vengono espresse
attraverso la pianificazione urbanistica. Qualunque altro diverso
programma di localizzazione delle strutture commerciali risulterebbe
discordante
e
dissonate
rispetto
all’impianto
generale
della
pianificazione per l’uso e la valorizzazione del territorio.
Il principio di simbiosi tra la pianificazione territoriale e la
programmazione commerciale è ripreso dalla normativa regionale in
materia di commercio. Quest’ultima disposizione legislativa prevede,
infatti, che il primo documento della programmazione commerciale sia
proprio l’adeguamento dello strumento urbanistico 203, nel quale viene
definita
l’individuazione
delle
aree
idonee
all’insediamento
o
all’interdizione delle strutture di vendita. Infatti, le previsioni del
programma
di
insediamento
per
divenire
efficaci,
dovranno
necessariamente essere suffragate dall’adeguamento delle Norme
Tecniche di Attuazione del Regolamento Urbanistico, ovvero da una
vera e propria variante urbanistica. In mancanza, il generico regime
d’uso produttivo consente solo l’insediamento di esercizi di vicinato.
Acclarata la fonte dalla quale promanano le linee guida
dell’intervento di programmazione, nel prosieguo di questo paragrafo
verranno fornite alcune proposte di intervento. Anche in questo caso si
tratta
di
mere
tracce
per
stimolare
il
lavoro
del
gruppo
di
programmazione, volutamente prive di compiutezza ed esaustività.
L’attenzione sarà focalizzata preliminarmente sui due maggiori centri
abitati, Pisticci e Marconia, per i quali è essenziale proporre interventi
simbiotici
con
le
proprie
caratterizzazioni
paesaggistiche
ed
architettoniche.
203
Cfr. art. 8 L.R. n. 19/99, m. ed i. dalla L.R. nr. 23/2008.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 231
Il centro storico di Pisticci: il rione Dirupo.
La riqualificazione dei paesi e delle città ha acquisito un
significato peculiare, soprattutto nel centro storico, in funzione della
densità e della concentrazione del patrimonio storico, artistico e
culturale accumulato nel corso dei secoli. Questo patrimonio è
rappresentativo delle principali fasi storiche attraversate dalla città.
Per decenni è stato percepito solo il valore museografico di questi
luoghi, ora si inizia a comprendere anche la funzione economica in un
processo di riqualificazione unitario.
Ultimamente si è assistito ad un'evoluzione, anche in senso
culturale, del dibattito sviluppato sull’argomento. Ad esempio, il
concetto della pedonalizzazione è ormai acquisito in tante realtà e
rappresenta
uno
degli
elementi
strategici
su
cui
fondare
la
salvaguardia di questo luogo. La politica di intervento per queste aree
impone l’individuazione dei fattori di compatibilità per un ambiente da
salvaguardare e per lo svolgimento di molteplici funzioni antropiche. Le
ragioni di una scelta che presenti il cuore del paese quale centro
integrato polivalente vanno ricercate nel vissuto di ognuno. La
presenza di una chiesa, di un campanile, di una determinata piazza
costituiscono elementi di riconoscibilità di uno specifico ambiente
storico, impossibile da ritrovare in altri luoghi che, pur se frutto di
mirabile progettualità, non possono che essere percepiti come non
storici, anonimi, indifferenti. Il centro storico offre, invece, una
vivibilità irriproducibile altrove; in ogni angolo, in ogni via, in ogni
immagine ed in ogni elemento architettonico è possibile riconoscerne le
origini, le tradizioni e la storia di ognuno degli abitanti.
Il tema è, quindi, comprendere come innestare nuovi elementi di
riqualificazione in un tessuto urbano già tanto ricco di storia e,
conseguentemente, quali strumenti utilizzare e come inserire in questo
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 232
processo di rivitalizzazione il commercio e le attività economiche in
genere. E’ una sorta di triangolazione dei cardini del processo: da un
lato occorre innescare un percorso di riqualificazione urbana; dall’altro
garantire la presenza di un’offerta di servizi, non solo commerciali,
adeguata alle esigenze ed alle aspettative dei potenziali fruitori ed in
sintonia con l’immagine dei luoghi; dal terzo lato diviene indispensabile
motivare l’abitante ed il frequentatore dell’abitato storico del Comune. I
protagonisti principali di questo processo di riqualificazione sono,
quindi, individuabili nell’Ente Locale, negli operatori economici e nei
cittadini residenti del centro storico. A questi potranno aggiungersi
altri soggetti, la cui individuazione scaturirà della specificità degli
interventi da realizzare.
Il Comune dovrà, comunque, essere il fulcro dell’intervento ed
avrà più ruoli da assolvere per stimolare e promuovere le iniziative,
coordinare i diversi momenti progettuali, realizzare o sovrintendere alla
realizzazione delle parti pubbliche del progetto attuativo. In ogni caso,
il disegno generale, che definisce gli obiettivi ed i metodi della
riqualificazione, deve essere governato in sede istituzionale dall’Ente
Locale. L’abdicare a questo ruolo ed a questa funzione da parte
dell’Ente Locale produrrebbe interventi settoriali, frammentati e senza
l’organicità che richiede un progetto di riqualificazione.
Gran parte del centro storico di Pisticci è costituito dal rione
Dirupo. Dalla notte di Sant’Apollonia del 1688, questo rione è stato,
nel bene e nel male, il fulcro delle sorti dell’abitato di Pisticci. Dopo la
tragica frana del XVII secolo, insieme all’adiacente rione Croci, il
Dirupo è stato teatro di altri innumerevoli fenomeni di smottamenti
geologici negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. In seguito a
questi eventi, con due
successivi Decreti del Presidente della
Repubblica, il primo del 1960 ed il secondo del 1968, per i due rioni è
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 233
stato disposto il trasferimento dell’abitato. Evidentemente non sempre
basta un norma a modificare la vita quotidiana di un popolo. Infatti,
pur essendo in vigore il provvedimento di trasferimento, l’intero abitato
di entrambi i rioni ha continuato ad essere popolato. Ancora una volta
la tenacia dei pisticcesi ha prevalso e, di recente, è stato pubblicato il
Decreto del Presidente della Giunta Regionale di Basilicata con il quale
viene revocato il trasferimento degli abitati 204. Di recente, il Comune di
Pisticci con deliberazione di Consiglio Comunale nr. 22 del 10 agosto
2015 ha modificato le Norme Tecniche di Attuazione del vigente
strumento urbanistico al fine di consentire, pur con precise limitazioni,
l’attività edilizia in detto rione.
Il
rione
Dirupo,
con
un’elevata
densità
abitativa
ed
un’architettura spontanea di notevole pregio, è considerato una delle
cento meraviglie dell’Italia ed è, certamente, un sistema da proteggere
e valorizzare.
Già da qualche anno, utilizzando fondi comunitari e nell’ambito
del P.I.T. Metapontino 205, il Comune di Pisticci ha realizzato uno studio
di fattibilità per l’utilizzazione turistica del Rione Dirupo. Lo studio
denota la volontà di avviare interventi organici coinvolgendo molteplici
soggetti e competenze e, soprattutto, mirando ad un rapporto di
cooperazione tra i cittadini, gli operatori economici e la Pubblica
Amministrazione. L’inter-vento proposto si sviluppa in cinque piani
progetto: il piano di azione per candidare il rione a sito dell’UNESCO; il
piano di recupero edilizio ed il piano colore; il piano di intervento
sull’edilizia privata; il piano di intervento per la riqualificazione degli
spazi pubblici; il piano di marketing turistico.
Nell’ambito di queste proposte progettuali possono inserirsi a
204 D.P.G.R. nr. 306 del 22 ottobre 2014.
205
I Progetti Integrati Territoriali, presenti nel Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) della Commissione
Europea, costituiscono un intervento multisettoriale per lo sviluppo del territorio.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 234
pieno
titolo
le
attività
commerciali
sostenute
dalla
Pubblica
Amministrazione con un’iniziativa di incentivo finanziario. Non si
tratta, evidentemente, né di incentivi a pioggia, né di riduzione o sgravi
di tasse e tributi che violerebbero normative comunitarie. L’incentivo
finanziario che si propone di mettere in campo dovrà essere
intimamente connesso con la capacità innovativa degli imprenditori di
avviare circuiti virtuosi di ristrutturazione delle proprie attività o,
meglio, degli immobili in cui sono collocate. Si vorrebbe incentivare la
capacità di sviluppare idee progettuali armonizzate con il contesto
urbano e sociale. L’intervento pubblico, quindi, unito al capitale
privato, può produrre interventi di recupero edilizio di immobili nel
centro storico, per adibirli ad attività commerciali, artigianali e di
servizio. Il sostegno potrebbe essere individuato in un contributo in
conto interessi corrisposto dal Comune, in convenzione con un istituto
di credito, sui mutui accesi dai privati per il finanziamento dei progetti
di recupero edilizio. Il contributo dovrà essere erogato sulla base di un
bando pubblico che qualifica i migliori progetti. I proprietari sarebbero
stimolati a cantierizzare gli interventi perché il costo del denaro
sarebbe
del
tutto
irrisorio.
Il
capitale
pubblico
da
investire
nell’iniziativa, reperibile in più annualità di bilancio, avvierebbe una
serie di iniziative economiche che coinvolgerebbero l’artigianato di
servizio e di produzione, le attività distributive, gli studi professionali,
ecc., e queste costituirebbero il ritorno sull’investimento.
Il centro abitato di Marconia
L’intervento
che
si
propone
riguarda
un
progetto
di
riqualificazione e valorizzazione urbanistica, edilizia e commerciale di
un’area ubicata in Marconia, Piazza della Vittoria e Piazzale del
Mercato Coperto, che, per la sua collocazione privilegiata nel cuore del
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 235
centro abitato, può costituire non solo un elemento qualitativamente
connotante
l’assetto
urbano
del
nucleo
abitato,
ma
anche
il
completamento dell’area di aggregazione della comunità. Il progetto
rappresenta, quindi, una risorsa efficace per intervenire su un’area
urbana centrale, anche allo scopo di promuovere fenomeni di
riqualificazione della rete distributiva di beni e servizi commerciali.
L’idea progettuale dovrà prevedere una pluralità di funzioni
economiche e sociali contestuali, finalizzate a:
• promuovere
lo
sviluppo
e
la
riqualificazione
commerciale,
riconoscendole un ruolo privilegiato nella vita economica cittadina;
• favorire l'organizzazione e l'associazionismo degli operatori, al fine
di aumentare la forza di attrazione dell’area;
• favorire la riorganizzazione urbanistica, mediante l'indicazione di
opportunità commerciali;
• favorire la miglior fruizione del servizio da parte dell'utenza,
mediante la riorganizzazione commerciale e dei servizi connessi, tra
cui quelli di parcheggio e del trasporto pubblico locale;
• favorire la più ampia concorrenzialità tra le diverse forme di
impresa,
incentivando
la
vitalità
commerciale
e
proponendo
ulteriori possibilità di sviluppo agli operatori esistenti.
L’area sulla quale localizzare il progetto è attualmente in gran parte
libera, non qualificata e destinata a parcheggio, con una parte
occupata dalla vecchia e poco funzionale struttura del Mercato
Coperto. Il progetto potrà essere implementato ricorrendo al project
financing, basato su una serie di elementi imprescindibili:
• l’individuazione di una soglia minima di interesse pubblico;
• l’obbligo di coinvolgere l’imprenditoria locale;
• l’obbligo di attenersi ad uno schema progettuale che si caratterizzi
per la riqualificazione urbana dell’area e la realizzazione delle
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 236
infrastrutture.
L’apporto all’autosostebilità del commercio su aree pubbliche
Nelle pagine precedenti già si è argomentato ampiamente sul
ruolo e sulla funzione del commercio su aree pubbliche. Si è chiarito,
infatti, che i mercati e le fiere, se opportunamente programmati e
organizzati, possono contribuire a valorizzare e a rivitalizzare gli spazi
urbani su cui si svolgono e, quindi, a migliorare la convivialità nel
quartiere. Certo la condicio sine qua non affinché questo accada è
creare una stretta connessione tra gli spazi urbani ed i mercati.
L’intervento che si propone potrebbe essere denominato “adotta
un quartiere” e consiste in una sorta di nuovo uso civico dello spazio
pubblico, un consorzio tra i commercianti di un mercato che
usufruiscono dell’area pubblica per la loro attività e, nel contempo, si
fanno
carico
della
manutenzione,
dell’arredo
urbano,
dell’illuminazione, della raccolta differenziata, ecc., del quartiere in cui
si svolge il mercato; un contratto di concessione dell’area sottoscritto
dal Comune, dai commercianti riuniti in consorzio e dai cittadini
residenti nello stesso quartiere. Sono proprio questi ultimi a fungere
da garanti affinché vengano rispettati gli impegni assunti e ridotto il
fenomeno del free rider. V’è di più. Gli abitanti del quartiere
otterrebbero una sorta di risarcimento dai disagi provocati dalla
presenza del mercato. Innanzitutto sarebbero gravati da minori
imposte comunali a causa della minor spesa sostenuta dall’Ente per la
gestione degli spazi pubblici del quartiere; inoltre, godrebbero dell’uso
collettivo di spazi pubblici di maggiore qualità, perché, proprio
quest’ultima, creerebbe vantaggi anche per i commercianti che
finanziano gli interventi.
La
forza
dell’intervento
consiste,
Programmazione attività commerciale: relazione
quindi,
nell’avvicinare
e
Pagina | 237
sovrapporre la figura dei fruitori dello spazio urbano con quella di
coloro che ne finanziano la gestione e la manutenzione.
Occorre, evidentemente, superare le remore dei commercianti a
cooperare in un sodalizio, così come è stato evidenziato nella
rappresentazione
dello
spazio
culturale
effettuata
nel
Capitolo
precedente. In questo caso, però, si tratta di una cooperazione fondata
non sull’altruismo o sullo spirito collettivo, bensì sull’utilitarismo, sulla
brama dei commercianti ad incrementare il loro profitto e questo può
costituire una motivazione sufficiente ad innescare processi di
acculturazione.
Il piano del trasporto pubblico locale
L’obiettivo di questa proposta di intervento è la realizzazione di
una rete di trasporto pubblico locale che si sviluppa su un duplice
livello di intervento.
Il primo livello ha come finalità la riduzione delle distanze tra
tutti gli agglomerati urbani del Comune. Il modello da realizzare è
quello del trasporto urbano con autobus che collegano i vari quartieri
della stessa città. Non è da trascurare, infatti, il colore degli autobus:
arancione come i bus urbani e non azzurro come gli extraurbani.
Il secondo livello di intervento dovrà mirare a sviluppare una
sorta di nodo intermodale a Pisticci scalo. Non si tratta, evidentemente,
di un nodo inserito in un sistema complesso di trasporto pubblico, ma
di semplice interscambio con linee di trasporto locale che interessano
gli altri comuni limitrofi.
Il piano dovrà essere sviluppato con elementi di flessibilità
strutturale: il numero e gli orari delle corse dovranno essere collegati
alle
differenzazioni
stagionali
dell’utenza,
alla
realizzazione
di
particolari iniziative, alla presenza turistica, ecc.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 238
La diminuzione delle distanze, in termini di tempi di percorrenza,
costituisce un elemento non trascurabile nel processo di sviluppo
locale.
La formazione degli imprenditori
Un ulteriore compito di cui la Pubblica Amministrazione dovrà
farsi carico attiene all’organizzazione di percorsi formativi per gli
imprenditori
economici
e,
in
particolare,
per
gli
imprenditori
commerciali. Come è emerso dall’inchiesta sui mercati comunali e
dall’analisi documentale dell’archivio comunale di Pisticci, il tessuto
imprenditoriale dedito al commercio è composto da figure eterogenee:
giovani ragazzi attratti dall’illusione di un lavoro facile, disoccupati di
lunga data, cinquantenni licenziati da aziende che chiudono, familiari
di operai cassaintegrati e, per fortuna, qualche operatore qualificato.
Non si propone una selezione degli imprenditori, bensì di avviare
processi formativi attraverso i quali offrire possibilità di crescita
professionale e culturale. Viene proposto di apprendere e continuare
ad apprendere lungo tutto il corso della propria vita professionale. In
molti
hanno
sottolineato
gli
aspetti
più
salienti
della
società
contemporanea come learning society: società della conoscenza, della
riflessività e dell’apprendimento. Una società in cui imparare è la
condizione per vivere, per lavorare, per essere individui capaci di
progettualità,
responsabilità,
autonomia 206.
Il
concetto
di
apprendimento può essere espresso anche come empowerment, cioè
come quel processo di apertura ad una nuova possibilità che aumenta
le chances che sono percorribili da una persona. Quest’ultima
prospettiva non si verifica di sua sponte, ma richiede la presenza di
206
AURELIANA ALBERICI, Imparare sempre nella società della conoscenza, BRUNO MONDADORI
EDITORI, Milano, 2002, p. 9
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 239
politiche attive da parte di tutti i soggetti pubblici. Occorre rilevare che
maggiori sono i bisogni formativi e minore è la domanda esplicita per
soddisfarli. Paradossalmente, un analfabeta chiede tutto in modo
esplicito, tranne che di uscire dalla sua condizione di analfabetismo 207.
Forse non basta più nemmeno l’apprendimento continuo durante
tutto il corso della vita. La Commissione Europea, a supporto del suo
programma di Lifelong Learning, cita un antico proverbio cinese
dell’epoca pre-moderna: “Quando pianti per un anno, pianti grano.
Quando pianti per un decennio, pianti alberi. Quando pianti per la
vita, coltiva ed educa persone. E’ solo con l’ingresso nei tempi liquidomoderni che l’antica saggezza ha perso il suo valore pragmatico e
coloro che erano alle prese con l’apprendimento e la promozione
dell’apprendimento noto con il nome di educazione hanno dovuto
spostare la loro attenzione” 208 verso “un equipaggiamento di natura
alquanto generalista o non impegnata, non focalizzata su alcuna
specifica categoria di obiettivi, e neppure apertamente programmata
per il raggiungimento di un particolare tipo di bersaglio” 209. Un passo
oltre il Lifelong Learnig v’è la “capacità di imparare e di imparare
rapidamente” 210 apprendendo durante il percorso.
Un ulteriore canale di formazione, che non dovrebbe essere
trascurato,
è
costituito
dall’integrazione
sociale
degli
operatori
commercianti extracomunitari. I processi di integrazione economica
non sembrano essere facili da intraprendere senza l’ausilio di leve
sociali e, soprattutto, culturali.
207
Op.cit., p. 49
ZYGMUNT BAUMAN, Conversazioni sull’educazione, ERIKSON, Trento, 2012, p. 28.
209
Op. cit., p. 27.
210
Op. cit., p. 27.
208
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 240
Le iniziative di animazione economico-territoriale
Questa proposta di intervento intende suggerire un reticolo di
iniziative, sostenute da efficaci interventi promozionali, nelle quali le
attività commerciali potranno avere un ruolo catalizzatore di altre
attività non economiche o produttive, ma più strettamente connesse
alla convivialità, al tempo libero, al bene comune.
Le feste patronali. Tra le tante che si svolgono nel territorio di
Pisticci, la più importante è certamente quella del Santo Patrono San
Rocco. Si svolge in pieno agosto nei giorni 15, 16 e 17 ed è corredata
da innumerevoli manifestazioni che durano tutto il mese. Anche
l’abitato di Marconia ha la sua importante festa patronale. La Festa
della Madonne delle Grazie si celebra la seconda domenica di
settembre. In tutti gli ambiti urbani del territorio comunale vi sono
festeggiamenti in onore di qualche santo protettore, da San Giuseppe
lavoratore a Pisticci scalo, alla Modanna del Carmine per Tinchi, a
Sant’Anna per il borgo agricolo di Casinello.
Le iniziative di enogastronomia. Frantoi aperti per la degustazione
di olio novello e dei prodotti tipici nel periodo di raccolta delle olive.
Formaggi
in
piazza
mediante
l’allestimento
di
stand
per
la
dimostrazione, a scopo didattico e turistico, della preparazione dei
prodotti lattiero-caseari. Salumi nei vicoli con l’allestimento, in locali
tipici, di laboratori per la preparazione dei salumi e di tutte le altre
specialità gastronomiche. Cantine aperte mediante la ristrutturazione
delle vecchie lammie 211 del centro storico, non solo come locali di
vendita o consumo del vino, ma veri e propri locali nei quali trascorrere
serate allietate da musica folkloristica ed aforismi di saggezza
popolare.
211
La lammia è l’abitazione tipica del centro storico di Pisticci.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 241
Le giornate del cibo e territorio. L’iniziativa mira a ricreare un
collegamento tematico tra i piatti tipici e il territorio o, più
precisamente, le zone del territorio da cui traggono origine. Una
passeggiata nelle contrade di campagna per la ricerca delle spezie o
degli ortaggi tipici necessari per la preparazioni di piatti tradizionali. Le
attività agrituristiche potrebbero essere le artefici principali di queste
iniziative.
La fiera dell’antiquariato e dell’usato. L’allestimento di una fiera
tematica sull’antiquariato e sui mobili ed oggetti usati. Il tema
dell’antiquariato potrebbe coinvolgere anche gli operatori commercianti
extracomunitari che potrebbero partecipare proponendo oggetti tipici
della loro etnia e questo sarebbe un segno tangibile di una cultura che
dialoga con l’allogeno.
Criteri di regolamentazione
Le risposte al questionario dell’inchiesta sui mercati comunali
hanno, tra l’altro, evidenziato la problematica dell’abusivismo. Qualche
giorno fa, in un colloquio con un gruppo di ambulanti dei mercati,
come accade spesso, i temi affrontati oscillavano tra “la mancanza di
regole e di ordine nel mercato” e “l’incapacità della Polizia Locale di
effettuare controlli efficaci”. La logica binaria del loro ragionamento è
fin troppo eloquente. “Da sempre abbiamo tollerato la presenza di
operatori non in regola pur se la loro presenza ha limitato i nostri
guadagni. In passato, prima della crisi, facevamo buoni fatturati e,
pertanto, perdere il 5% o il 10% della domanda non era così
preoccupante. Attualmente, in piena recessione, perdere il 10%
significa annullare i nostri margini di guadagno”. Concludono il
ragionamento asserendo: “noi paghiamo le tasse e, quindi, la Pubblica
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 242
Amministrazione ha il dovere di ripristinare l’ordine nel mercato e di
salvaguardare il nostro lavoro con una ferrea lotta a coloro che non
sono in regola”.
Ordine, regole e lotta sono i tre concetti necessari per raccontare
gli aspetti della società che non vanno, “per farla diventare così come
dovrebbe essere attraverso la separazione, l’amputazione, l’escissione,
l’espurgazione
e
l’esclusione” 212.
Evidentemente
il
racconto
è
autobiografico perché evidenzia esclusivamente il proprio punto di
vista. V’è sotteso al concetto di ordine quello di esclusione del suo
opposto: il disordine. Coloro che non rientrano in ciò che noi riteniamo
ordine vengono esclusi, escissi ed amputati ed il sistema viene
espurgato dal disordine. E qual è lo strumento più efficace per
garantire il proprio modello di ordine? E’ la regola, che si assume
l’onere di stabilire e discernere l’ordine dal disordine. V’è di più. La
regola “è l’effetto del’internalizzazione dell’ordine, cioè della volontà di
comportarsi nel modo richiesto da un determinato modello di
ordine”213. Infrangere la regola oltrepassa il confine dell’ordine e
costituisce una colpa per gli esclusi e gli escissi. “L’esclusione diventa
un atto etico, un atto di giustizia. Così coloro che lo compiono si
sentono nobili e giusti e si credono difensori della legge e dell’ordine e
guardiani della morale” 214.
La lotta contro chi vìola le regole è la crociata che in tempo di
recessione si trasforma in una guerra giusta e necessaria per il
ripristino dell’ordine e l’escissione del colpevole. “La guerra ha bisogno
[…] di un consenso sempre più ampio e diffuso che la riconosca giusta
e necessaria, quale mezzo di difesa nei confronti del pericolo crescente
212
ZYGMUNT BAUMAN, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012, p.54. Nel testo di Bauman si parla di
norma. Pur nella consapevolezza che i due concetti non sono sovrapponibili, qui il termine regola è utilizzato
come sinonimo ed inteso come un dispositivo che vincola a fare o non fare qualcosa.
213
Op. cit., p. 55.
214
Op. cit. p. 55.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 243
rappresentato dall’altro e come mezzo per far valere i diritti della
propria identità, della propria differenza” 215. L’altro è il colpevole che
ha infranto le regole ed è anche il diverso, l’extracomunitario o, a volte,
l’extracomunale che usurpa i diritti della nostra identità di cittadini ed
imprenditori in regola e pienamente nell’ordine.
Per fortuna nell’universo regna un ordine al di fuori della logica
binaria di questo pensiero dicotomico del dentro o fuori, purtroppo
ampiamente diffuso in noi terrestri. Tutto quanto innanzi, però, è utile
per chiarire un equivoco che spesso confonde gli obiettivi e le finalità di
un provvedimento amministrativo di regolamentazione. Il regolamento
non è tout court la regola intesa come strumento per discernere l’ordine
dal disordine, per separare i giusti dai colpevoli e per rimarcare un
confine, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, tra il noi ed il loro.
Proviamo, allora, a definire cos’è un regolamento comunale.
La fonte della regolamentazione comunale è l’articolo 7 del D.Lgs.
nr. 268 del 18 agosto 2000 216 che così dispone: “Nel rispetto dei
principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia
adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in
particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e
degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e
degli uffici e per l'esercizio delle funzioni”.
Innanzitutto v’è l’esplicito richiamo del rispetto ai principi fissati
dalle leggi e dallo statuto, che costituiscono la cornice dell’attività di
regolamentazione del Comune. I regolamenti non possono, quindi,
perseguire princìpi in contrasto con quelli stabiliti nelle leggi e nello
statuto dell’Ente. Una prima ambiguità si palesa: il contrasto tra i
princìpi. L’assunto è molto facile a dirsi ed alquanto complesso a farsi:
215
AUGUSTO PONZIO, Da dove verso dove. L’altra parola nella comunicazione globale, GUERRA
EDIZIONI, Perugia, 2009, p.23.
216
Il testo del decreto è visibile su www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 244
il principio della tutela della concorrenza e quello della salvaguardia
del diritto alla cooperazione tra imprese ne costituisce un esplicito
esempio.
V’è
poi
una
puntuale
indicazione
dell’oggetto
della
regolamentazione comunale, con l’esplicito richiamo alle materie di
propria competenza. Anche in questo caso la sottolineatura può
sembrare
banale,
ma
lo
è
molto
meno
nei
provvedimenti
di
regolamentazione adottati da innumerevoli Enti Locali. Un regolamento
comunale che disponga norme per la tutela della concorrenza o per
l’accesso ad una determinata attività è certamente illegittimo per
incompetenza,
in
quanto
entrambe
le
materie
rientrano
nella
competenza dello Stato. Le disposizioni legislative definiscono con
chiarezza le materie di competenza degli Enti locali. Meno chiare sono,
però, le implicazioni trasversali tra le materie. Ad esempio, disposizioni
limitanti l’accesso nei mercati agli operatori temporanei o prescrizioni
di altri requisiti soggettivi o oggettivi oltre quelli previsti per legge,
costituiscono un chiaro esempio di regolamentazione viziata da
incompetenza, pur se intervenuta nell’alveo di materie pienamente
ascrivibili alla competenza dell’Ente Locale: attività produttive e
procedure amministrative.
Considerati i limiti ed i vincoli viene da chiedere qual è il senso
della regolamentazione comunale?
Il regolamento comunale è essenzialmente uno strumento di
semplificazione che, come fonte secondaria del diritto, si inserisce negli
interstizi tralasciati dalle fonti primarie, per disciplinare in modo
autonomo le proprie funzioni. In quest’ottica, il regolamento comunale
può essere considerato l’interfaccia del rapporto tra l’Ente Locale ed i
cittadini. Infatti, attraverso questo strumento, si dà trasparenza e
certezza dei tempi ai procedimenti amministrativi, si adegua, si
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 245
aggiorna e si semplifica il linguaggio tecnico-giuridico proprio della
legge
e,
soprattutto,
si
stabiliscono
tempi
e
termini
per
la
partecipazione degli stakehoders nel processo di governo della cosa
pubblica.
In quest’ottica il regolamento comunale ha una valenza storicosociale. E’ storica perché impregnata dalle contingenze del periodo in
cui esplica i suoi effetti; è sociale perché figlio naturale delle società e
del suo graduale sviluppo 217. E’, quindi, uno strumento di notevole
flessibilità ed è frutto del processo di democrazia deliberativa. La
verifica dell’efficacia di questo strumento è demandata all’insieme dei
soggetti coinvolti nel processo. E’ una verifica propositiva che si
sviluppa in tre momenti: ex ante, in itinere ed ex post. Il primo si fa
carico di prefigurarsi tutti gli scenari possibili
che scaturiranno dal
provvedimento di regolamentazione e, nel contempo, verifica la
rispondenza agli interessi ed ai bisogni che lo strumento vuole
garantire e soddisfare. Il secondo momento attiene alla verifica di
liceità del procedimento di formazione ed approvazione del regolamento
stesso. Il terzo, quello ex post, rappresenta la vera forza propositiva
dello strumento di regolamentazione. Infatti, quest’ultima verifica ha
l’onere di misurare l’efficacia del provvedimento nella quotidianità della
vita dei cittadini, curvandone il percorso qualora presenti uno
scostamento rispetto agli interessi e bisogni che l’hanno generato. E’,
quindi, uno strumento sperimentale, nel senso che è in continuo
riaggiustamento ed adeguamento, sulla scorta del feedback riveniente
dall’efficacia dell’implementazione.
Per redigere un regolamento che disciplini l’insediamento della
rete distributiva di beni e servizi commerciali occorre porre al centro gli
interessi ed i bisogni del territorio quale punto focale dell’economia
217
Cfr. la concezione del diritto di Eugen Ehrlich, padre della sociologia del diritto, in ALBERTO FEBBRAJO,
Sociologia del diritto, IL MULINO, Bologna, 2009, p. 30.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 246
auto-sostenibile 218 e focalizzare l’obiettivo su quattro macro tematiche:
definizione e semplificazione; trasparenza procedimentale; partecipazione; verifica dell’efficacia.
Il primo tema riguarda la semplificazione dei procedimenti
amministrativi
evitando di gravarli di
sub-procedimenti,
atti e
documenti che garantiscano solo l’adempimento a discapito del
risultato. Un segno tangibile della semplificazione è la traduzione del
linguaggio: da quello tecnico-giuridico cosiddetto burocratico, a quello
comprensibile per tutte le categorie dei cittadini utenti.
La trasparenza dell’attività amministrativa è il secondo tema che
il regolamento dovrà affrontare. Si tratta, innanzitutto, di stabilire
termini e modalità del procedimento amministrativo, nonché tutti i
casi di sospensione ed interruzione. E’ un lavoro alquanto complesso
perché, per definizione, il procedimento è un processo dall’esito incerto
e, quindi, si tratta di dare certezze in un percorso incerto. La
trasparenza è, però, qualcosa di più della mera certezza dei termini e
tempi procedimentali. E’ la possibilità per il cittadino utente di
conoscere tutte le fasi del procedimento attraverso un continuo
monitoraggio del processo. L’utilizzo della tecnologia è un forte
sostegno
per
l’efficacia
dei
princìpi
di
trasparenza
dell’azione
amministrativa.
La terza tematica su cui focalizzare la regolamentazione riguarda
la partecipazione. Questo tema è stato già affrontato nelle pagine
precedenti di questo lavoro, nelle quali il modello di democrazia
deliberativa è stato individuato come l’unico antidoto efficace alla crisi
della democrazia rappresentativa. Il regolamento ha un approccio
pragmatico su questo tema e, infatti, ha l’obiettivo di fissare termini,
modalità e tempi della partecipazione che, altrimenti, rimarrebbero
218
Il riferimento è all’approccio territorialista.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 247
una pura intenzione dell’organo deliberante, la cui attuazione sarebbe
rimessa all’umore del politico di turno.
L’ultima della quattro aree tematiche individuate attiene alla
verifica
dell’efficacia
dello
strumento
di
regolamentazione.
In
precedenza sono state introdotte le finalità ed i tempi per l’azione di
verifica. L’articolato del regolamento ha il compito di stabilire, più nel
dettaglio, i termini, le modalità ed i tempi per la misurazione
dell’efficacia e per un eventuale intervento di adeguamento degli
obiettivi e riaggiustamento del percorso. Si tratta di tradurre il concetto
di efficacia in più indicatori e questi ultimi in variabili rilevabili e
misurabili. Si tratta anche si individuare il soggetto cui attribuire la
responsabilità della verifica e, ove necessita, della ridefinizione
dell’obiettivo rivelatosi inefficace e del ridisegno del tratto di percorso
inadeguato.
Per la Pubblica Amministrazione l’attività di regolamentazione
effettuata seguendo il fil rouge delle quattro aree tematiche individuate,
lungi dall’essere una mera risposta ad un disposto legislativo, può
trasformarsi in un’efficace azione politica per il governo del territorio o
di un particolare settore della vita di una comunità.
E’ certamente
qualcosa di molto diverso dal coacervo di regole e vincoli che spesso
mostrano tanti documenti dell’Amministrazione Pubblica.
Infine, è importante sottolineare che il punto focale dei criteri di
regolamentazione che si è cercato di esplicitare è totalmente al di fuori
dell’annosa
e
pleonastica
discussione
tra
i
fautori
della
regolamentazione e quelli della deregolamentazione. Oltre questa
discussione c’è il terreno fertile delle finalità, dell’efficacia e delle liceità
della norma regolamentare.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 248
Conclusioni
Nel Capitolo precedente sono stati definiti gli strumento con cui
la Pubblica Amministrazione dovrà procedere per approvare la
programmazione della rete distributiva al dettaglio di beni e servizi
commerciali. Più nel dettaglio, vengono individuati due percorsi: il
primo riguarda i criteri di localizzazione delle medie strutture di
vendita
ed
il
conseguente
adeguamento
dello
strumento
di
pianificazione territoriale; il secondo attiene all’esercizio dell’attività di
commercio su aree pubbliche. Il coinvolgimento degli stakeholders
dovrà riguardare, sia pure con modalità diverse, tutta la fase di
implementazione
programmazione.
stakeholders
dei
processi
di
approvazione
Nell’implementazione
saranno
coinvolti
nella
del
degli
atti
della
primo
percorso
gli
procedura
pubblica
di
adeguamento urbanistico, ovvero nel procedimento di approvazione del
Regolamento Urbanistico e, in seguito, in quello di approvazione Piano
Strutturale Comunale, così come voluti dalla L.U.R. nr. 23/2008 e
s.m.i. Per il secondo percorso lo strumento è stato individuato nella
swot analysis perché ritenuto adatto ad innescare veri e propri
processi di democrazia deliberativa.
Si è più volte espresso il concetto che le linee guida, le proposte
di intervento, le finalità della regolamentazione e tutti i “punti di
riferimento
che
sembrano
attendibili
oggi,
saranno
con
ogni
verosimiglianza smontati domani e definiti fuorvianti e non più degni
di fiducia” 219. Viviamo in un tempo di interregno ed il modo di fare le
cose oggi, diverso da quello di ieri, si mostrerà inadatto domani.
Occorre apprendere in fretta nuovi modus pensandi, modus operandi e
modus vivendi e mettere da parte le vecchie abilità, pur se acquisite
219
ZYGMUNT BAUMAN, Conversazioni sull’educazione, ERIKSON, Trento, 2012, p. 39.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 249
con tanta fatica. Occorre “fornire un orientamento in un mondo che
innegabilmente si trasforma. […] a patto di localizzare i cambiamenti e
le loro conseguenze e di vagliare le strategie di vita adeguate […]” 220.
Dopo l’ebbrezza provocata dalla crescita infinita dei centri
commerciali negli anni Novanta del Novecento e dei primi anni di
questo nuovo secolo, occorre riorientare il sistema distributivo per
inserirlo a pieno titolo in un sistema di sviluppo locale autosostenibile.
Nel negoziare questo riorientamento la Pubblica Amministrazione si
gioca tutte le sue chance di organo utile alla polis. Ma per negoziare il
riorientamento occorre localizzare i cambiamenti. Non v’è alternativa a
questo. Per esemplificare quest’ultimo aspetto si impone un’ultima
digressione.
Un’antica pratica di caccia alla volpe, soprattutto nei paesi
anglosassoni, prevede l’uso di una muta di cani. La caccia si effettua
in aperta campagna ed i cani si lanciano all’inseguimento della volpe
incitati dai cacciatori a cavallo. La volpe è in fuga ed i cani ed i
cacciatori possono percorre anche diversi chilometri prima di ritrovare
le tracce. Ad un certo punto l’intera muta di cani intensifica il furioso
abbaiare e questo è il segnale che la volpe è stata avvistata. I cani
ululano tutti ed anche chi sta più indietro degli altri rafforza il suo
abbaiare. Ma quanti di loro hanno visto la volpe o sentito il suo odore?
Solo uno o due dei cani hanno realmente visto la volpe ed hanno
incominciato ad abbaiare e questo ha contagiato tutta la muta che ha
risposto ringhiando ed abbaiando ancora più forsennatamente.
Qual è il senso di questa digressione? Tutti i cani ringhiano ed
abbaiano, ma solo pochi hanno effettivamente visto la volpe. La
stragrande maggioranza abbaia perché contagiata dal verso degli altri
cani, non perché abbia davvero visto la preda.
220
ZYGMUNT BAUMAN, La scienza della liberta. A cosa serve la sociologia?, EROKSON, Trento, 2014, pp.
71 e 72.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 250
Fuori dalla metafora ritornano le localizzazioni dei nuovi
riorientamenti che questo periodo di interregno impone per ogni
aspetto della vita, ivi compreso il settore economico della distribuzione
commerciale. Occorre, però, effettivamente vedere o sentire le nuove
localizzazioni verso cui riorientare la comunità e gli imprenditori,
altrimenti si rischia di seguire solo il latrare di qualche imbonitore
politico più preoccupato di garantire il permanere dello status quo, che
di proporre soluzioni innovative a problemi inediti.
Occorre, quindi, vedere e sentire le nuove localizzazioni che
appartengono al nostro mondo. Se questo ha un senso, allora
necessita pure di stabilire una relazione, anch’essa nuova, che
costituisce un sistema integrato ecologico di coscienza-mondo che
possa garantire che quello che percepiamo e conosciamo sia ancora il
nostro mondo 221.
E qual è il valore di questa relazione? Per rispondere a questa
domanda si farà appello al concetto di serendipità.
Il neologismo
venne introdotto verso la fine del XVIII secolo dallo scrittore inglese
Horace Walpole, parafrasando il testo della fiaba The three princes of
Serendip. La serendipità indica la capacità di trovare soluzioni per caso
e per sagacia. Riflettendo sulla definizione scopriamo che il caso è un
avvenimento fortuito, accidentale, imprevisto, spesso senza l’intervento
della volontà, mentre la sagacia è l’intelligente e perspicace prontezza
nell'intuire e valutare una situazione e nel trarre una conclusione.
Proviamo, allora, a riformulare il concetto di serendipità seguendo il
filo della riflessione. La serendipità è, quindi, la capacità di reazione
intelligente, perspicace e pronta nell’intuire e valutare avvenimenti
fortuiti, accidentali ed imprevisti. Si può anche andare oltre. E’ la
capacità di saper reagire con creatività al continuo cambiamento di
221
SALVATORE COLAZZO, Insegnare ed apprendere in rete, AMALTEA EDIZIONI, Castrignano dei Greci
(LE), 2005, p. 12.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 251
questo periodo di interregno. La creatività è, quindi, il cuore della
serendipità. Ma cos’è la creatività? L’opinione comune la ritiene
qualcosa di immateriale, associata ad una dimensione artistica. Oltre
la comune apparenza, essere creativi significa dare una particolare
forma all’azione, una forma non casuale, bensì contestualizzata alle
contingenze della situazione. Spesso la creatività non è riconosciuta
come valore perché è insofferente alle regole. Infatti, nel processo
creativo, che difficilmente può essere circoscritto entro rigidi modelli
comportamentali, dominano l’incertezza ed il rischio: la prima è lo
spazio entro il quale si insinua il secondo. Tutto ciò implica una
conseguenza: il processo creativo richiede una disponibilità al rischio
insito in ogni cambiamento. Una delle componenti fondamentali della
creatività è la capacità di innovazione, cioè di trovare soluzioni nuove
rispetto all’esistente, ovvero riproporre qualcosa di esistente, purché
con apporti di novità. Non è mai né imitazione pura, né mero gusto per
la novità, per cui la capacità di innovare si misura con la percezione
del problema e con la ricerca di risposte coerenti. Il presupposto
insostituibile per stimolare il processo creativo è la conoscenza e su
questa si fonda l’intuizione. Quest’ultima, lungi dall’essere un talento
misterioso ed innato, è il risultato delle esperienze accumulate.
Proviamo a riepilogare questi ultimi concetti. La creatività è
l’utensile cognitivo attraverso cui è possibile fronteggiare il rischio e
l’incertezza e si fonda su tre pilastri: l’intuizione, la conoscenza e
l’innovazione.
Il futuro dell’ambiente, della città, dell’economia e dell’uomo
stesso dipende dalla capacità di riorientarsi in questo tempo di
interregno e l’intuizione, la conoscenza e l’innovazione costituiscono gli
unici strumenti a disposizione.
Valorizzare il sistema distributivo commerciale, in armonia con i
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 252
princìpi di governo e tutela del territorio, è una delle tessere del puzzle
più complessa dello sviluppo locale autosostenibile, ma è anche il
terreno di coltura in cui la creatività potrà esprimere la sua valenza.
Tutto ciò può avere il sapore fantasmatico dell’utopia. Forse, ma
l’utopia esprime anche il coraggio della perseveranza. Quella stessa
perseveranza che ha sorretto, giorno dopo giorno, mese dopo mese ed
anno dopo anno, quel lento risalire verso casa dell’anziano omino con
la fascina sulle spalle.
Noi Lucani, come sostiene De Rita 222, mostriamo spesso la rabbia
del rimpianto per le tante occasioni perdute, ma siamo capaci anche di
tanta perseveranza, come gli abitanti di Pisticci, che hanno ricostruito
interamente il rione Dirupo dopo solo due anni dalla frana della notte
di Sant’Apollonia e non l’hanno abbandonato nemmeno quando è stato
disposto, per decreto, il trasferimento coatto dell’abitato.
Vorremmo ancora esprimere la perseveranza nel ricercare e
trovare ciò di cui oggi necessita ogni comunità: uno sviluppo locale
fondato su un accordo ed una coesistenza tra la solidarietà, la
convivialità e la prosperità economica.
222
Vedi la prima parte dell’Introduzione.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 253
Appendice 1: popolazione presente sul
territorio
Metodo di calcolo della popolazione presente sul territorio comunale rilevata
attraverso la produzione di rifiuti solidi urbani.
Inizialmente è stata calcolata la produzione media di rifiuti nei mesi di gennaio,
febbraio, marzo, aprile, maggio, ottobre, novembre e dicembre, nei quali si presume
trascurabile la presenza turistica sul territorio comunale. Sono stati utilizzati dati
acquisiti dal Servizio Ecologia del Comune.
Si è proceduto poi, al calcolo della popolazione media mensile residente sul
territorio comunale. I dati utilizzati sono quelli resi noti dall’ISTAT.
Si è proceduto, al calcolo della popolazione presente sul territorio comunale in
ciascun mese dell’anno, mediante la seguente proporzione:
Pp : pMr = Pr : prmr
dove:
Pp: popolazione mensile presente sul territorio comunale;
pMr: produzione media mensile di rifiuti;
Pr: popolazione media mensile residente;
prmr: produzione reale mensile rifiuti.
da cui:
pMr * Pr
Pp = -------------Prmr
Infine, è stato effettuato il calcolo della popolazione presente nell’anno quale media
della popolazione di ciascun mese:
Popolazione presente nell’anno = Σ Ppi / 12
per “i” che va da 1 a 12.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 254
Appendice 2: bacino d’utenza
Tabella per la definizione della popolazione residente nei Comuni delle tre
aree dei bacini d’utenza.
Popolazione residente
Deniminazione del
Comune
Tempo
necessario per
l'accesso
(in minuti)
Distanza dal
Baricentro
(Km.)
Popolazione residente
nel Comune
(al 1° gennaio 2014)
0
0
17.266
Scanzano Jonico
14,10
13
7.396
Bernalda
13,80
14
12.483
Montalbano Jonico
22,80
21
7.382
Craco
23,00
21
768
Policoro
21,50
24
17.022
Ginosa
25,90
24
22.823
Ferrandina
32,50
30
8.857
Nova Siri
31,20
34
6.701
Montescaglioso
40,70
39
10.078
Tursi
40,10
41
5.138
Miglionico
39,50
41
2.519
Rocca Imperiale
38,60
41
3.349
Pomarico
42,40
44
4.226
Rotondella
42,60
44
2.708
Salandra
48,30
45
2.858
Valsinni
49,80
52
1.592
Colobraro
51,30
53
1.314
Stigliano
56,40
57
4.557
Pisticci
Programmazione attività commerciale: relazione
1° bacino
d'utenza
2° bacino
d'utenza
3° bacino
d'utenza
37.145
93.997
139.037
Pagina | 255
Appendice 3: inchiesta sui mercati di Pisticci
Questionario per inchiesta sugli acquirenti dei mercati
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 256
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 257
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 258
Questionario per inchiesta sugli operatori dei mercati
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 259
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 260
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 261
Bibliografia
Alberici Aureliana, Imparare sempre nella società della conoscenza, BRUNO MONDA-DORI EDITORE,
Milano, 2002.
Baert P. e Carreira Da Silva F., La teoria sociale contemporanea, IL MULINO, Bologna, 2010.
Banfield Edward C., Una comunità del Mezzogiorno, IL MULINO, Bologna, 1967.
Barnard Claude, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, PICCIN, Padova, 1994.
Bauman Zygmunt, Conversazioni sull'educazione, ERIKSON, Trento, 2012.
Bauman Zygmunt, Homo consumens, ERIKSON, Trento, 2012.
Bauman Zygmunt, La scienza della libertà. A cosa serve la sociologia?, ERIKSON, Trento, 2014.
Becattini Giacomo e Magnaghi Alberto, Intervista realizzata in data 11 ottobre 2010. Visibile sul sito web
https://www.youtube.com/watch?v=RUfI6Al6GcM. Visita del 6 dicembre 2014.
Bin R. e Falcon G., Diritto Regionale, IL MULINO, Bologna, 2012.
Bitetti
Franco, a cura di, Il consuntivo del turismo lucano nel 2013,
http://www.sistan.it/
fileadmin/redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_1_2014.pdf. Visita dell’8 gennaio 2015.
Bochiccio Franco, Gli esperti della Formazione, AMALTEA EDIZIONI, Lecce, 2006.
Boudon Raymond, A che serve la sociologia?, PENSA MULTIMEDIA EDITORE, Lecce, 2012.
Carli R. e Paniccia R. M., Psicologia della formazione, IL MULINO, Bologna, 1999.
Caroli Matteo G., Il marketing territoriale – Strategie per la competitività sostenibile del territorio, FRANCO
ANGELI, Milano, 2006.
Cassano Franco, Il teorema democristiano: la mediazione della DC nella società e nel sistema politico italiano,
DE DONATO, Bari, 1979.
Coetzee John Maxwell, Diario di un anno difficile, EINADI, Torino, 2007.
Colazzo Salvatore, Insegnare ed apprendere in rete, AMALTEA EDIZIONI, Castrignano dei Greci (LE).
Coniglio G. e Giannone C., Il Pittore di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 2012.
Coniglio Giuseppe, Il brigantaggio a Pisticci, EDIZIONI METAPONTINE, Pisticci, 1997.
Coniglio Giuseppe, La Chiesa Madre di Pisticci, EDIZIONI PRO-LOCO, Pisticci, 1997.
Corbetta Piergiorgio, Metodologie e tecniche della ricerca sociale, IL MULINO, Bologna, 1999.
Cunnigham, Cunnigham e Saigo, Fondamenti di ecologia, McGRAW HILL, New York, 2004.
De Filippo Eduardo, Napoli milionaria, EINAUDI EDITORE S.P.A., Torino , 1979.
De Rubertis Stefano, Appunti per il corso di “Analisi economica del territorio”, Università del Salento,
a.a.2011/2012.
Del
Punta
Verniero,
Pianificazione
e
programmazione,
Visibile
al
sito
www.treccani.it/enciclopedia/pianificazione-e-programmazione_%28Enciclopedia_
sociali% 29/. Visita del 27 novembre 2014.
web
http://
delle_scienze_
De Lillo Antonio, a cura di, Il mondo della ricerca qualitativa, UTET, Novara, 2010.
Febbrajo Alberto, Sociologia del diritto, IL MULINO, Bologna, 2009.
ISTAT,
I
consumi
delle
famiglie,
Anno
1993.
Visibile
al
sito
web
lipari.istat.it/
digibib/sonsumi%20famiglie/anno%201993%20.%20I%20Consumi%20delle%20famiglie.PDF. Visita
dell'8 dicembre 2014
Kenneth D. Bailey, Metodi della ricerca sociale. II L'inchiesta, IL MULINO, Bologna, 2006.
Latouche Serge, Uscire dallo sviluppo, BOLLATI BORINGHIERI, Torino, 2005.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 262
Magnaghi Alberto, Il progetto locale – verso la coscienza di luogo, BOLLATI BORIN-GHIERI, Trento, 2010.
Magnaghi Alberto, La società dei territorialisti. Visibile al sito web
Visita del 6 dicembre 2014.
http://www.societadei territorialisti.it.
Magnaghi
Alberto,
Partecipazione
e
governo
del
territorio.
Visibile
https://www.youtube.com/watch?v=Oth1aQfScBI. Visita del 7 dicembre 2014.
al
sito
web
Mannarini Terri, Comunità e partecipazione, FRANCO ANGELI, Milano, 2004.
Osservatorio Banche - Imprese di Economia e Finanze, Valore aggiunto nei Comune del Mezzogiorno. Visibile
al sito web http://www.bancheimprese.it/it/component/pho cadownload/category/6-il-valore-aggiuntodei-comuni-del-mezzogiorno.html. Visita del 10 novembre 2014.
Palmonari A., Cavazza N. e Rubini M., Psicologia sociale, IL MULINO, Bologna, 2002.
Paradisi Daniela, Atti della 5^ edizione Convegno Nazionale in tema di Commercio ed Attività Produttive,
Bologna 8 novembre 2006.
Pazzagli Rossano, Dal Globale al locale. Riflessioni sul progetto territorialista. Visibile al sito web
http://www.societadeiterritorialisti.it/images/DOCUMENTI/articoli_recen
sioni/glocale%20territorialisti.pdf. Visita dell’8 dicembre 2014.
Perri Giampiero, Il turismo salverà la Basilicata, Il quotidiano di Basilicata. Visibile al sito web
http://www.ilquotidianodellabasilicata.it/news/cronache/723149/Il-turismo-sal vera-la-Basilicata-.html.
Visita del 7 gennaio 2015.
Piccinni Marco, Percorsi educativi e neotelevisione, PENSA MULTIMEDIA, Lecce, 2002.
Ponzio Augusto, Da dove verso dove. L’altra parola nella comunicazione globale, GUERRA EDIZIONI,
Perugia, 2009.
Racconto dell'elefante. Visibile al sito web http://www.riflessioni.it/semplici_curiosi/ racconto_elefante.htm.
Visita dell’8 dicembre 2014.
Salento A., Barone M., Fanelli V., Fatone V., Marsano P. e Trani L., Idee di sviluppo e semantiche del territorio:
un’analisi quali-quantitativa sui quotidiani del Salento. Visibile al sito web http://www.sinergiejournal
.it/rivista/index.php/XXIV/article/ view/693/47. Visita del 29 novembre 2014.
Salento Angelo e Pesare Giuseppe, a cura di, Dispensa per il corso di “Analisi sociologica dei processi di
sviluppo”, Università del Salento, a.a. 2012/2013.
Salomone Francesco Saverio, Il brigantaggio nel circondario di Matera, EDIZIONI LA SPIGA, Pisticci, 2001.
Summa Aldo, La percezione sociale del paesaggio: le mappe di comunità. Intervento alla XII Conferenza
nazionale
degli
urbanisti,
Bari
19-20
febbraio
2009.
Visibile
al
sito
web
siu.bedita.net/download/summaa_papersiu2009-pdf. Visita dell'8 dicembre 2014.
Tufano Lucio, Genio e genesi del commercio: gli ambulanti, la città e la modernizzazione, STES, Potenza, 2008.
UnionCamere di Basilicata, a cura di, Imprese ed occupazione, Progetto SMAIL. Visibile sito web
http://www.smailweb.net/. Visita del 9 dicembre 2014.
UnionCamere di Basilicata, La performance del turismo. Visibile al sito web http://www.
sistan.it/fileadmin/redazioni/basilicata/Basilicata_Congiuntura_1_2014.pdf. Visita dell’8 gennaio 2015.
Weber Max, La scienza come professione. La politica come professione, OSCAR MONDADORI EDITORE
S.P.A, Milano, 2006.
Widmar Bruno, Introduzione alla filosofia della scienza, LEVANTE EDITORE, Bari, 1993.
Zanotelli Alex, La speranza viene dal basso. Visibile
watch?v=KIuFecAWvME. Visita dell’8 dicembre 2014.
Programmazione attività commerciale: relazione
al
sito
web
https://www.youtube.com/
Pagina | 263
Sitografia
Dizionario di Economia e Finanze Treccani. Visibile al sito web http://www.treccani.it/ enciclopedia/valoreaggiunto_%28Dizionario_di_Economia_e_Finanza%29/. Visita del 14 gennaio 2015.
Giurisprudenza Amministrativa. Visibile al sito web http://www.giustizia-amministrativa.it.
Legislazione Regionale. Visibile al sito web http://www.consiglio.basilicata.it/.
Legislazione Statale. Visibile al sito web http://www.normattiva.it.
Programmazione attività commerciale: relazione
Pagina | 264