Untitled - Rizzoli Libri

Transcript

Untitled - Rizzoli Libri
Jennifer Steil
Perla del deserto
Traduzione di Manuela Francescon
Proprietà letteraria riservata
© 2015 by Jennifer Steil
Published by arrangement by the author,
c/o BAROR INTERNATIONAL INC., Armonk, New York, U.S.A.
© 2015 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 978-88-17-08383-6
Titolo originale dell’opera:
THE AMBASSADOR’S WIFE
Prima edizione: gennaio 2016
Realizzazione editoriale: Librofficina, Roma
Perla del deserto
A Tim e Theadora, la mia casa
17 SETTEMBRE 2010
Mentre si accoccola in posizione fetale intorno al corpicino esile
della figlia di una sconosciuta, tenendole con le mani il piccolo viso,
Miranda è colta improvvisamente dal ricordo di un quadro. C’è
una donna che dorme su una barca tra le braccia del suo compagno,
con un bimbo addormentato accanto. I tre sono avvolti da una luce
tenue, benedicente. Attorno a loro si agita un’acqua scura e una terra ancora più scura si profila all’orizzonte. La donna dorme serena,
del tutto abbandonata al suo destino. Sul lato opposto della barca,
di fronte alla famiglia di dormienti, Fortuna e Cupido manovrano i
remi. C’è qualcosa in quell’immagine – il fatto che la famiglia abbia
rinunciato al controllo del proprio destino – che riempie Miranda
di terrore. Vanno alla deriva nel buio, sognando beati. Svegliatevi,
vorrebbe gridare loro. Svegliatevi e prendete i remi. Non c’è da
fidarsi di Fortuna e Cupido. La bambina cerca il seno e Miranda
la guarda assente, tentando di ricordare il titolo del quadro. Il sogno della felicitˆ. Ecco come si intitola. Il sogno della felicitˆ, di
Constance Mayer. Lei che di felicità ne aveva conosciuta così poca
nella sua vita. Quando pensa al poco tempo che ha avuto con Cressida
e Finn, è quella l’immagine che Miranda continua a vedere. Un
momento fugace di sublime incoscienza, e poi di nuovo il buio.
9
Parte prima
9 AGOSTO 2010
Miranda
Miranda osserva la propria mano sinistra indugiare sul blocco
da schizzi, incerta su cosa fare. Poi la vede partire di scatto dal
basso verso l’alto e tracciare una linea color fuliggine sulla spessa
carta bianca. Un’altra linea a destra, poi di nuovo in basso, poi a
sinistra. Una cornice. La matita si stacca un momento dal foglio
e resta sospesa a mezz’aria mentre Miranda si volta a guardare la finestra. L’alba è un evento repentino in Mazrooq, il cielo
passa dal nero al colore dell’oro nell’arco di tempo che Miranda
impiega per versarsi una tazza di caffè. Il giardino è già tutto
dorato: il vasto prato che brilla dell’ultima rugiada notturna, le
linde aiuole di fiori che si aprono al sole. Lungo il perimetro della proprietà corre una fila di alberi ritorti chini come sentinelle
sulle punte di lancia della cancellata. La buganvillea si arrampica incontenibile sull’inferriata intrufolando i fiori tra le sbarre.
Oltre il prato c’è la piscina, per il momento non increspata da
nuotatori mattinieri. Il cielo, come sempre a quell’ora, è di un
azzurro puro e implacabile.
Dal punto in cui si trova Miranda questo paradiso, questa
oasi in mezzo al deserto, appare tagliato dalle sbarre di ferro
13
battuto in otto strisce verticali identiche. Dipinte di bianco, le
sbarre formano una specie di ricamo contro la finestra. Il ricco
ornato metallico si sforza con scarso successo di nasconderne la
funzione pratica.
La mano si è rimessa all’opera. Le sbarre di ferro cominciano
a prendere forma sul foglio, ma viste dall’esterno. Perché oltre le
sbarre non c’è il giardino, ma una donna. Una donna vivisezionata: la testa in un riquadro del reticolo, il cuore in un altro. Qui
le mani, lì la bocca. Quando disegna, Miranda si sente spesso
come un’adolescente che gioca con la tavola Ouija e si domanda
se per caso non sia lei a controllare inconsciamente i movimenti
dell’indicatore. Creatrice e al tempo stesso mero tramite, di rado
riesce a prevedere esattamente cosa ne verrà fuori.
È talmente assorta a comporre i pezzi di quella figura che in
un primo momento non sente nemmeno la sveglia. Quando ha
cominciato a suonare? Non ha ancora toccato la tazza di caffè sul
tavolo, né ha preparato il tè per Finn. Scalza, attraversa di corsa
il corridoio fino alla camera da letto, e lì si allunga per spegnere
la sveglia sul comodino di Finn. Perché poi l’ha messa? Hanno
una figlia piccola. Non gli serve certo una sveglia. Poi le viene
in mente il perché: gli agenti. Sono ancora lì. Deve sbrigarsi a
vestirsi per la colazione.
Resta un momento sul letto, in ascolto. Nessun suono, Cressida dorme tranquilla. «Tesoro.» Scuote lievemente la spalla di
Finn, gli dà un bacio sulle palpebre.
«Sono sveglio» biascica lui.
«Non direi proprio.»
«Sono sveglissimo.» Lo dice senza muoversi, senza nemmeno
aprire gli occhi. Finn non è un tipo mattiniero. Durante la settimana si sveglia alle sei e mezza per fare colazione e uscire entro
le sette e mezza per andare in ambasciata. Ma nel fine settimana,
se non è lei a svegliarlo, è capace di dormire tutto il giorno.
14
«Vado a prenderti il tè.» Nel cucinotto privato tra la loro camera e quella di Cressida, dove trascorre la prima ora della mattina in compagnia del suo blocco da schizzi, Miranda prepara
una tazza di Earl Grey. A Finn non piace il caffè che beve lei:
lo trova troppo forte. Dopo avergli lasciato il tè sul comodino,
accanto alla testa ancora immobile, torna in cucina alla propria
tazza.
Nei giorni buoni le è concessa un’ora di beata solitudine, ma
oggi ha solo trenta minuti prima di doversi mettere qualcosa addosso e andare di sotto. Il lusso di un’intera mattinata per conto
suo le capita raramente, una volta abbandonata la relativa privacy
del loro appartamento al primo piano. All’ora in cui Miranda
scende la scala di marmo, la governante etiope, Negasi, è già in
cucina intenta ad affettare manghi e meloni, sbucciare melagrane e preparare il caffè. Desta, mattiniera, ha già cominciato a pulire le stanze da bagno del piano terra. Yonas e Semere strappano
erbacce dalle aiuole e badano all’orto. Miranda non credeva che
qualcosa potesse davvero attecchire nel terreno spaccato di quella città brulla, ma loro riescono a far crescere rigogliosi fichi, lattuga, broccoli, pomodori e rabarbaro. Quando Miranda e Finn
finiscono il loro muesli con la frutta, inghiottono l’ultimo sorso
di caffè o tè e si puliscono la bocca con i loro tovaglioli multicolore, Teru è già in cucina a sfogliare lentamente il ricettario e a
stilare la lista della spesa.
Sebbene le manchi un po’ di solitudine, Miranda è inebriata
da tutto quel lusso. Non deve cucinare. Non deve fare il bucato.
E soprattutto non deve uscire di casa a meno che non lo desideri
espressamente. Può passare tutto il giorno a dipingere. O a giocare con sua figlia. O a guardare fuori dalla finestra, sognando a
occhi aperti.
Oggi però non c’è tempo per sognare. Miranda finisce il caffè
e va in bagno a lavarsi i denti. Ci sono due lavelli, due bicchie15