Sentenza sezione V penale, 17 ottobre 2012, n. 5652

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Sentenza sezione V penale, 17 ottobre 2012, n. 5652
Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Penale
ESTREMI
Autorità: Cassazione penale sez. V
Data udienza: 17 ottobre 2012
Numero: n. 5652
INTESTAZIONE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI
Alfredo
- Presidente
Dott. BEVERE
Antonio
- Consigliere Dott. DE BERARDINIS Silvana
- Consigliere Dott. SETTEMBRE
Antonio
- Consigliere Dott. GUARDIANO
Alfredo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.D., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza pronunciata dalla corte di appello di Salerno il
27.3.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. VOLPE Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
FATTO
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27.3.2012 la corte di appello di Salerno confermava la sentenza con cui, in data
19.10.2010, il tribunale di Salerno in composizione monocratica aveva condannato M.D., imputato
dei reati di cui all'art. 612 c.p., comma 2; artt. 582, 585, c.p., commessi in danno di G.C.T., alla pena
ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti dal reato in favore della costituita parte
civile, da liquidarsi in separato giudizio.
Avverso tale sentenza, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestiva impugnazione, a mezzo
del suo difensore di fiducia, l'imputato, articolando due motivi di ricorso.
Con il primo il ricorrente eccepisce il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), per inosservanza
di norma processuale stabilita a pena di nullità o di inutilizzabilità, in relazione all'art. 512 c.p.p., alla L. n. 848 del 1955, art. 6, comma 3, lett. d), e art. 111 Cost., commi 3 e 4, fondandosi l'affermazione
di responsabilità dell'imputato sul contenuto della querela della persona offesa, di cui è stata data lettura, con conseguente acquisizione al fascicolo per il dibattimento, ai sensi del menzionato art.
512 c.p.p., per irreperibilità della persona offesa, senza, tuttavia, che ne sussistessero le condizioni, in quanto le ricerche di quest'ultima sono consistite esclusivamente in reiterati accessi presso
l'indirizzo della suo ultima residenza dichiarata e nell'accertamento della sua cancellazione
dall'anagrafe del comune di ultima residenza, senza esperire altre strade, pure praticabili tenuto
conto che la persona offesa era dotata di regolare permesso di soggiorno in Italia; dimorava, come
si evince dal verbale di ricezione di querela, in luogo diverso da quello della residenza dichiarata; si
è costituita parte civile conferendo procura speciale al difensore, circostanza quest'ultima che evidenzia come il querelante, scegliendo di non comparire nel processo in relazione al quale era
stato citato come teste, si è volontariamente sottratto al confronto dibattimentale, facendo venir meno il requisito pure indispensabile della involontarietà della irreperibilità.
Con il secondo motivo il ricorrente, da un lato lamenta sempre il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma
1, lett. c), per inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità o di inutilizzabilità, questa volta in relazione all'art. 526 c.p.p., comma 1 bis, in quanto la persona offesa si è volontariamente sottratta al confronto dibattimentale, con conseguente inidoneità delle dichiarazioni dalla stessa formalizzate nell'atto di querela a fondare l'affermazione di responsabilità dell'imputato, perchè utilizzate dal giudice procedente in assenza di contraddicono sul punto,
dall'altro eccepisce l'omessa motivazione in ordine alle censure specificamente sottoposte
all'attenzione della corte di appello in ordine alla volontarietà della sottrazione all'esame dibattimentale da parte del dichiarante ed all'idoneità delle dichiarazioni rese senza contraddittorio a fondare l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, essendosi limitata la corte territoriale, sul punto a richiamare per relationem il contenuto della sentenza di primo grado.
DIRITTO
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto.
Innanzitutto va rilevato che perchè si possa procedere alla lettura degli atti indicati dall'art. 512 c.p.p., comma 1, (tra cui va senza dubbio ricompreso il contenuto della querela ricevuta dalla polizia
giudiziaria o dall'autorità giudiziaria: cfr. Cass., sez. 2, 06/11/2007, n. 9168, S. e altro, rv 239804) è indispensabile, stante il chiaro tenore della disposizione normativa in questione, che si tratti di atti
di cui, per fatti o circostanze imprevedibili, sia divenuta impossibile la ripetizione.
Nel delimitare l'ambito di operatività della menzionata disposizione normativa, si è affermato nella giurisprudenza di legittimità il principio, condiviso dal Collegio, che l'acquisizione in dibattimento dei verbali di dichiarazioni per sopravvenuta impossibilità di ripetizione è subordinata al rigoroso accertamento sia dell'irreperibilità del testimone (soggetto processuale al quale è equiparabile la persona offesa chiamata a deporre sulle circostanze del fatto-reato commesso in suo danno), previo
espletamento di accurate ricerche, sia dell'imprevedibilità durante la fase delle indagini preliminari dell'irripetibilità dibattimentale, sulla base del criterio della prognosi postuma, sia infine dell'estraneità dell'irreperibilità ad una volontaria e libera scelta del testimone di sottrarsi all'esame in contraddittorio (cfr. Cass., sez. 2, 18/10/2007, n. 43331, P.) Ai fini dell'utilizzabilità, mediante lettura, delle dichiarazioni rese in sede predibattimentale dal testimone divenuto irreperibile non
può ritenersi sufficiente, peraltro, come pure è stato affermato, l'infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall'art. 159 c.p.p., ma è altresì necessario che il giudice compia tutti gli accertamenti congrui alla peculiare situazione personale dello stesso, quale risultante dagli atti,
dalle deduzioni specifiche eventualmente effettuate dalle parti, nonchè dall'esito dell'istruttoria svolta nel corso del giudizio ovvero dia conto, con motivazione non apparente e non
manifestamente illogica o contraddittoria, dell'apprezzamento compiuto sulla ragionevole
impossibilità di svolgere ulteriori ed efficaci ricerche del dichiarante (cfr. Cass., sez. 2, 02/02/2012, n. lettura, delle dichiarazioni rese in sede predibattimentale dal testimone divenuto irreperibile non
può ritenersi sufficiente, peraltro, come pure è stato affermato, l'infruttuoso espletamento delle ricerche previste dall'art. 159 c.p.p., ma è altresì necessario che il giudice compia tutti gli accertamenti congrui alla peculiare situazione personale dello stesso, quale risultante dagli atti,
dalle deduzioni specifiche eventualmente effettuate dalle parti, nonchè dall'esito dell'istruttoria svolta nel corso del giudizio ovvero dia conto, con motivazione non apparente e non
manifestamente illogica o contraddittoria, dell'apprezzamento compiuto sulla ragionevole
impossibilità di svolgere ulteriori ed efficaci ricerche del dichiarante (cfr. Cass., sez. 2, 02/02/2012, n. 4702, B.C., con cui è stata annullata, nella specie, la sentenza della corte di appello che aveva desunto l'irreperibilità solo dall'esito infruttuoso dell'accompagnamento coattivo, senza effettuare nessun altra ricerca, neanche presso l'amministrazione carceraria o presso l'associazione ove la
persona offesa solo una settimana prima aveva ricevuto una regolare notifica). Inoltre la
sopravvenuta irreperibilità di colui che abbia reso dichiarazioni predibattimentali non presuppone necessariamente la volontarietà del suo allontanamento, che deve invece essere oggetto di autonoma valutazione ai fini del riconoscimento della situazione di sopravvenuta impossibilità di ripetizione in grado di giustificare la lettura delle precedenti dichiarazioni (cfr. Cass., sez. 5,
14/12/2011, n. 10445, P. e altro).
Orbene di tali accertamenti e di tale valutazione non vi è traccia nel giudizio di primo grado e nella relativa sentenza del tribunale di Salerno, cui si riporta per relationem la sentenza della corte
territoriale, essendosi limitato il giudice di primo grado a disporre, all'udienza del 9.2.2010,
l'acquisizione della querela presentata dalla persona offesa, con conseguente lettura del suo
contenuto, sulla base della ritenuta irreperibilità di quest'ultima risultante dal verbale di vane ricerche redatto il 4.11.2009 dalla polizia municipale del comune di (OMISSIS) (luogo di residenza
indicato da G.C.T. nell'atto di costituzione di parte civile), disattendendo sul punto l'opposizione
relativa alla dedotta prevedibilità dell'irreperibilità dibattimentale della persona offesa, formulata al riguardo, nel corso della medesima udienza, dal difensore dell'imputato (cfr. il verbale dell'udienza
del 9.2.2010; il verbale di ricezione di querela orale del 22.2.2005 ed atto di costituzione di parte
civile, tutti allegati al ricorso).
Si tratta di un'omissione particolarmente rilevante (e sicuramente ingiustificata, non fosse altro per
la circostanza che nel verbale di ricezione di querela sporta oralmente da G.C.T. il 22.2.2005 presso
gli uffici della Questura di Salerno veniva indicato come luogo di residenza (OMISSIS) e come luogo
di domicilio (OMISSIS), presso i quali avrebbero potuto essere orientate ulteriori ricerche), che si
pone in contrasto con il rispetto delle regole fissate in tema di utilizzabilità delle prove ai fini della decisione.
Ed invero l'art. 526 c.p.p., comma 1 bis, introdotto dalla L. 10 marzo 2001, n. 63 (sul "giusto
processo"), secondo cui la colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore, non opera nel caso in cui l'utilizzazione delle dichiarazioni rese
nelle indagini preliminari avvenga in forza di legittima applicazione dell'art. 512 c.p.p., per
l'irreperibilità sopravvenuta del teste, in quanto tale situazione configura un'ipotesi di oggettiva impossibilità di formazione della prova in contraddittorio prevista dall'art. 111 Cost., comma 5. La sopravvenuta ed imprevedibile irreperibilità del testimone, quindi, configura un'ipotesi di irripetibilità dell'atto di indagine che giustifica la lettura ex art. 512 c.p.p. delle dichiarazioni rese in fase di
indagine.
A tal fine, la valutazione della imprevedibilità dell'evento, che rende impossibile la ripetizione dell'atto precedentemente assunto e ne legittima la lettura, è demandata in via esclusiva al giudice di merito, il quale deve formulare in proposito una "prognosi postuma" (con riguardo al tempo in cui
l'atto è stato assunto e tenuto conto della concreta situazione esistente in tale momento), che deve essere sorretta da motivazione adeguata e conforme alle regole della logica, in questo caso, come
si è detto, del tutto mancante (cfr. Cass., sez. 4, 13/04/2007, n. 24863, in cui la Corte di Cassazione ha ritenuto corretto il percorso argomentativo seguito dal giudice di merito, il quale aveva
evidenziato che all'epoca dell'escussione da parte della polizia giudiziaria la dichiarante aveva il
permesso di soggiorno e viveva stabilmente con un italiano in Italia, così che non poteva ritenersi plausibile che si sarebbe poi resa irreperibile, solo perchè si trattava di una prostituta di nazionalità straniera).
Alle considerazioni già svolte se ne aggiunge un'ultima decisiva ed assorbente. Come è stato affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza del 25 novembre 2010 n.
27918, rv. 250199, in tema di utilizzazione delle dichiarazioni acquisite, sia pure legittimamente, ai
sensi dell'art. 512 c.p.p., il giudice di merito deve in ogni caso tenere conto della regola fissata
dall'art. 526 c.p.p., comma 1 bis, che sancisce una inutilizzabilità soggettivamente orientata, cioè limitata alla posizione dell'imputato, e oggettivamente delimitata, qualora costituisca l'unica prova di
colpevolezza, e ai sensi dell'art. 6 della CEDU. Le Sezioni Unite, in particolare, evidenziano che è necessario dare alle norme nazionali una interpretazione adeguatrice che le renda conformi alla
CEDU e che per questo l'art. 526 c.p.p., comma 1, è una norma di chiusura che impone una regola di valutazione della prova sempre applicabile anche con riguardo a dichiarazioni, sottratte al
contraddittorio ma regolarmente acquisite al dibattimento, con la conseguenza che le stesse sono
inidonee a fondare da sole in misura significativa la colpevolezza di un imputato. Si tratta di una
interpretazione che consente alla giurisprudenza di adeguarsi a quella europea della Corte di
Strasburgo (caso Ogaristi contro Italia del 18 maggio 2010) e che evita di incrementare la lunga
collezione di condanne da parte della medesima Corte. L'art. 6 della CEDU, infatti, è una norma a contenuto specifico sulla base di una dettagliata giurisprudenza europea e quindi è di immediata applicazione da parte del giudice italiano.
Secondo le Sezioni Unite non vi è alcuna incompatibilità tra tale norma e i principi costituzionali del giusto processo stabiliti dall'art. 111 Cost., che consentirebbero comunque di utilizzare tali
dichiarazioni quando risulta impossibile il rispetto del contraddittorio, in quanto mentre la norma
costituzionale detta regole sulla acquisizione della prova, la norma CEDU detta regole sulla
valutazione della prova acquisita. Ne consegue che è conforme all'intero sistema costituzionale ritenere che la necessità di esaminare le dichiarazioni acquisite ai sensi dell'art. 512 c.p.p. congiuntamente ad altri elementi di riscontro, operi obbligatoriamente quando l'imputato non ha mai
avuto la possibilità di ascoltare nel contraddittorio il dichiarante.
Se ne ricava, dunque, il principio di diritto cui il Collegio intende uniformarsi, secondo cui le
dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio, ancorchè legittimamente acquisite ai sensi dell'art. 512 c.p.p., non possono, conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza
europea, in applicazione dell'art. 6 Cedu, fondare in modo esclusivo o significativo l'affermazione
della responsabilità penale (cfr., nello stesso senso, Cass., sez. 1, 04/04/2012, n. 14807, V., rv 252269).
Nel caso, in esame, la sentenza di condanna di primo grado si fonda obiettivamente sulla
ricostruzione dei fatti contenuta nella querela presentata dalla persona offesa, di cui è stata data lettura ai sensi dell'art. 512 c.p.p. (cfr. p. 5 della sentenza del tribunale di Salerno), senza che i
giudici di merito, di primo e di secondo grado, abbiano verificato se la responsabilità dell'imputato si basi o meno in misura significativa, determinante o esclusiva su queste dichiarazioni, esame che
deve essere per prima cosa essere compiuto dal giudice di merito e poi, eventualmente, essere
sottoposto al vaglio di legittimità.
Sulla base delle svolte considerazioni, dunque, il ricorso proposto nell'interesse di M.D. va accolto e,
di conseguenza, ai sensi dell'art. 623 c.p.p., lett. c), l'impugnata sentenza va annullata con rinvio
alla corte di appello di Napoli per nuovo esame nel corso del quale i giudici di rinvio si atterrano ai
principi di diritto enunciati nella presente motivazione.
P.Q.M.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2013
Cassazione penale sez. V, 17 ottobre 2012 (udienza) , n. 5652
Utente: CAB CENTRO ATENEO PER BIBLIOTECHE cabce6412
annulla la sentenza impugnata con rinvio alla corte di appello di Napoli per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2013
Cassazione penale sez. V, 17 ottobre 2012 (udienza) , n. 5652
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