Generation Three - Transformers Generation 3

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Generation Three - Transformers Generation 3
Transformers
Generation Three
by mentre83
Volume XX – La Liberazione
00 - Prologo
Per la prima volta da milioni di megacicli, Scorponok era sorpreso.
In tutto questo tempo infatti, il nemico giurato della sua gente, quello che stava combattendo da
tempo immemorabile coi pochi compagni rimasti, non aveva mai deviato dalla sua rotta,
persistendo a muoversi di pianeta in pianeta, devastandoli uno dopo l'altro; una volta preso ciò di
cui necessitava da uno, iniziava a muoversi verso il successivo, lentamente ma inesorabilmente, e
niente di tutto ciò che Scorponok e i suoi avevano tentato finora era servito a cambiare le cose.
Oggi invece, mentre avanzava verso il successivo sistema, all'improvviso si era fermato. Scorponok
non fece in tempo a chiedersene il motivo che il nemico era già ripartito, ma l'aveva fatto seguendo
una rotta completamente diversa dalla precedente.
Prima di lanciarsi all'inseguimento, Scorponok decise di sottoporre la nuova traiettoria al potente
computer della sua astronave, nel tentativo di capire cosa ci fosse di tanto importante in quella
direzione. Di una sola cosa era certo: il pianeta Quintessa non era più a rischio, e certamente i suoi
più recenti alleati avrebbero accolto la notizia con sollievo.
In quel preciso istante suonò l'avviso di una chiamata in arrivo: la trasmissione proveniva da
Cybertron e, una volta instaurata la connessione, sullo schermo comparve il volto scavato di un
Quintessenziano, distorto in un'espressione d'ira.
“Lord Vashik!” esclamò il Triple Changer, “Stavo giusto per mettermi in contatto con voi.”
Il Quintessenziano rispose con un raglio:
“Sono Lord Kledji!”
Scorponok si scusò: ancora non riusciva a cogliere le differenze tra i vari membri della corte di
Alpha Quintesson, finendo quasi sempre per confonderne i membri, con loro grande disappunto;
sperava tuttavia che le novità che recava gli valessero il perdono dell'alieno.
“Dovete sapere che...” iniziò, ma venne bruscamente interrotto dalle urla dell'altro.
“Siamo sotto attacco!” disse Lord Kledji, “Cybertron è stato invaso, Sixshot non riesce a respingere
il nemico... inoltre pare che gli Autobots stiano approfittando dell'attacco per liberare i loro
compagni imprigionati!”
Sugli schermi adiacenti apparvero alcune immagini della battaglia: Horrorcons e Decepticons
stavano affrontando degli strani esseri meccanici, dall'aspetto deforme ma dotati di una forza
incredibile.
In quel momento, una spia sulla postazione davanti a lui avvertì Scorponok che il computer aveva
terminato di elaborare le possibili località d'interesse lungo la nuova rotta del nemico. Fingendo di
prestare attenzione alle parole del Quintessenziano, il Triple Changer scorse rapidamente i risultati:
non appena vide un certo nome sulla lista, Scorponok non ebbe dubbi sulla destinazione finale del
suo avversario di sempre.
“Sto arrivando.” disse, in modo da poter chiudere la comunicazione con l'alieno; tuttavia Scorponok
non aveva la benché minima intenzione di rispondere alla richiesta d'aiuto dei suoi alleati.
Per quanto gli dispiacesse abbandonare Apeface e Octane al loro destino, ora non poteva
permettersi di perdere tempo a causa dei Quintessenziani. Aveva fornito loro armi e tecnologie,
arrivando persino a prestare l'aiuto dei suoi guerrieri affinché potessero riconquistare Cybertron, il
tutto in cambio delle informazioni riguardanti la Matrice e del loro aiuto nel recuperarla. Scorponok
aveva onorato pienamente la sua parte dell'accordo, mentre i suoi soci in quest'impresa non avevano
conseguito ancora nessun risultato: l'unica informazione utile che avevano ottenuto era che la
Matrice si trovava sul pianeta chiamato Terra, ed era proprio là che Scorponok si sarebbe diretto
adesso. Mentre i motori della sua astronave raggiungevano la piena potenza, Scorponok decise che
sarebbe andato fino in fondo: oramai era troppo vicino alla ragione della sua stessa esistenza per
gettare via tutto... a prescindere da ciò che avrebbe dovuto fare per conseguire il suo scopo.
01 – Battaglia decisiva
Una volta immobilizzato Ghyrik, il drone incontrato nelle prigioni, Prowl e la sua squadra
iniziarono ad aprire le celle e a liberare i Cybertroniani che vi erano rinchiusi; ben presto tuttavia
Streetwise notò che c'era qualcosa che non andava.
“Non vedo Autobots.” disse.
Prowl dovette dare ragione al compagno: finora avevano liberato solamente civili che, se veramente
avevano intenzione di iniziare una rivolta e riprendersi il pianeta, sarebbero stati di ben poca utilità.
“Probabilmente tengono i nostri compagni in un livello più basso.” concluse Prowl.
Il Transformer tuttavia si rimproverava di non essersene accorto subito, puntando immediatamente
ai piani inferiori; ormai però che avevano iniziato a liberare i prigionieri, non se la sentiva di
deludere quelli ancora in gabbia e passare semplicemente oltre, per quanto fosse la cosa più logica
da fare. Ordinò così a Sideswipe, Windcharger, Sunstreaker e Tailgate di finire il lavoro, mentre lui
e gli altri sarebbero andati oltre, alla ricerca degli Autobots.
“Non preoccuparti, capo!” esclamò Sunstreaker sollevando un pollice, “Appena terminato qui vi
raggiungeremo.”
Poco distante, in una via deserta di Iacon, due robots si affrontavano in un duello violentissimo che,
non fosse stato per il frastuono generato dalla battaglia tra i Junkions e i Decepticons, sarebbe stato
possibile udire sin dall'altra parte della città.
I due contendenti erano Grimlock e Sixshot: il primo era tornato su Cybertron insieme agli
Autobots, per aiutarli a liberare i loro compagni e nel contempo chiarire le cose coi vecchi
commilitoni; l'altro invece era stato avvisato da Ghyrik dell'infiltrazione degli Autobots nelle
carceri, ed era stato bloccato dal suo avversario proprio mentre si recava sul posto per risolvere la
situazione.
Sixshot non aveva tempo da perdere, così combatteva come una furia, impiegando tutta la sua
velocità e le sue sei trasformazioni per liberarsi dell'avversario, la cui possente mole sembrava però
in grado di sopportare tutto ciò che tentava.
Lo scontro era in una fase di stallo, con Grimlock che incrociava la spada incandescente di Energon
con gli artigli di Sixshot, in una vera e propria prova di forza e determinazione.
“Tutto questo non essere necessario.” disse Grimlock, “Se i Decepticons arrendere, gli Autobots
potere aiutare noi contro...”
“Sembra che tu abbia dimenticato qualcosa.” lo interruppe il Six Changer, “Io non servo Scorponok
come i tuoi compagni, il mio unico signore è Alpha Quintesson. Da quando abbiamo conquistato
Cybertron, la vostra guerra non è più la nostra: a noi non interessa la Matrice, ci basta questo
pianeta. Certo, sarà fonte di indicibili sofferenze assistere alla distruzione di Quintessa, tuttavia
finché noi Quintessenziani saremo vivi, qui, al sicuro, non ci importa nulla di voi e della vostra
crociata.”
Grimlock si accorse che il suo avversario era talmente preso dalle sue stesse convinzioni che ormai
parlava come un vero Quintessenziano: in quanto tale, non avrebbe mai accettato di arrendersi,
perché ciò avrebbe significato abbandonare nuovamente il pianeta da cui erano già stati scacciati
una volta. Se Grimlock voleva tentare di porre fine a quella guerra nella maniera meno violenta
possibile, avrebbe dovuto parlare con Scorponok e i suoi compagni: tuttavia per farlo avrebbe prima
dovuto concludere quel duello.
02 – Sorprese
Apeface aveva fatto come chiesto da Sixshot e comunicato a Octane che avrebbe dovuto prendere le
redini della battaglia, tuttavia il Triple Changer ancora non si vedeva.
Apeface faceva del suo meglio per arginare l'invasione dell'orda di robot deformi – che alcuni dei
Decepticons avevano riconosciuto come gli abitanti del pianeta Junk – tuttavia essi parevano
inarrestabili. Ne aveva abbattuto uno dall'alto, bersagliandolo coi suoi laser, ma questi si era
rialzato, incurante del buco che gli attraversava il torace; allora Apeface si era trasformato in gorilla
meccanico ed era sceso a terra, afferrando il Junkion per le braccia e le gambe, separandolo
letteralmente in due parti: per quanto incredibile, il nemico si muoveva ancora, trascinandosi con le
braccia fino alle sue gambe, iniziando a riattaccarsele come niente fosse.
Apeface era al colmo della frustrazione: ruggendo, gliele strappò via mentre non erano ancora ben
fissate, scagliandole a centinaia di metri di distanza con la sua forza incredibile.
“Ora come la mettiamo?!?” sbuffò, ma il Junkion non sembrava affatto preoccupato: prese
semplicemente a camminare nuovamente sulle mani, arrancando in direzione dei suoi arti inferiori
come fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Furibondo, Apeface avrebbe voluto polverizzarlo, ma fu costretto a tornare in aria dall'assalto
repentino di altri due Junkions, che si accanirono su di lui tentando di strappargli un braccio.
“C'è mancato poco...” esclamò il Triple Changer, ormai in volo, “Fortuna che sembrano non
saper...”
Ma quelle parole gli morirono in gola.
La coppia di Junkions che aveva attaccato Apeface sfoggiava infatti dei grossi reattori sulla schiena,
probabilmente frutto della recente demolizione di qualche Rapticon, e immediatamente li
utilizzarono per proiettarsi in aria, rischiando di investire Apeface col loro slancio.
“Dannazione!!!” esclamò il Triple Changer, scansandosi per un soffio; provò poi a colpirli col laser,
ma i due volavano in maniera troppo imprevedibile e finì per mancare il bersaglio.
Apeface allora si trasformò in caccia e si mise in coda a uno dei nemici, riuscendo infine ad
abbatterlo; purtroppo per lui però, l'altro Junkion gli fu subito addosso, aggrappandosi alla sua
fusoliera e tentando di trascinarlo a terra, dove una mezza dozzina di suoi compagni lo attendeva a
braccia aperte.
Apeface aveva ormai perso il controllo, inoltre la morsa in cui il nemico lo stringeva gli impediva di
trasformarsi; la sua mente era alla disperata ricerca di un sistema per uscire da quella brutta
situazione, anche se l'istinto gli diceva che non c'era più nulla da fare.
All'improvviso, il Junkion che aveva addosso venne sbalzato via da una potente scarica di laser.
Apeface riuscì appena in tempo a risollevarsi ed evitare lo schianto, affiancandosi poi al B-2 Spirit
nero e viola che lo aveva salvato comparendo letteralmente dal nulla.
“Grazie Skywarp.” disse, ma l'altro Decepticon non rispose, limitandosi a virare e a sparire
nuovamente nell'aria.
Prima che Apeface potesse formulare un solo pensiero al riguardo, gli giunse il segnale di una
chiamata in arrivo da Octane.
“A tutti i Decepticons,” disse il Triple Changer, “abbandonate immediatamente l'area e ritiratevi
verso il centro di Iacon.”
Apeface era sul punto di chiamare il compagno e domandargli il motivo di quella richiesta, ma capì
tutto dal ruggito improvviso che riecheggiò sulla città, coprendo completamente il fragore dello
scontro.
“Adesso la vedrete, maledetti rottami ambulanti!” esclamò ritrasformandosi in robot e agitando il
pugno all'indirizzo dei Junkions sotto di lui, “Vedremo come ve la caverete quando vi troverete
davanti Trypticon!”
Frattanto nelle carceri di Cybertron, Prowl, Streetwise, Silverbolt e Powerglide stavano scendendo
ai livelli di detenzione inferiori sfruttando le scale di emergenza.
Ormai probabilmente il nemico sapeva della loro presenza e avevano perduto il fattore sorpresa,
perciò non restava altra scelta che raggiungere il più in fretta possibile il piano più basso, nella
speranza che i loro compagni fossero rinchiusi laggiù.
Giunti alla porta d'accesso, Prowl chiese al suo Minicon di assumere la configurazione da battaglia,
trasformandosi in una sorta di futuristico fucile a pompa, per poi fare irruzione nel locale con l'arma
in pugno: fortunatamente non sembravano esserci sentinelle.
Prowl passò allora ad analizzare le celle: erano vuote. Solo da una di esse, in fondo al corridoio,
proveniva una fioca luce, generata dall'Energon che scorreva attraverso le sbarre.
“Vado a controllare.” disse a Silverbolt e Powerglide, indicando in direzione del bagliore, per poi
avanzare cautamente verso di esso.
Prowl poteva udire solo il rumore metallico dei propri passi, eppure non era affatto tranquillo.
Sentiva che qualcuno o qualcosa lo stava osservando, rimanendo in attesa nell'oscurità, pronto a
balzargli addosso da un istante all'altro. Si arrestò un momento per assicurarsi che i compagni dietro
di lui fossero all'erta: avevano i fucili in pugno ed erano pronti a intervenire al minimo problema.
Un po' rassicurato da quella vista, riprese ad avanzare, arrivando finalmente in vista della cella
attiva.
Al suo interno non si trovava un prigioniero, bensì una grossa capsula nera, un contenitore non
dissimile da quello in cui era contenuto Optimus Prime.
Subito Prowl realizzò che al suo interno con ogni probabilità poteva trovarsi Ultra Magnus, e la sua
Scintilla si accese di speranza: Ratchet e First Aid gli avevano accennato che ritrovare il
Transformer disperso avrebbe potuto essere l'unico sistema per comprendere la condizione di
Optimus Prime e salvarlo, così si affrettò a disattivare il circuito che pompava Energon nelle sbarre
e ad aprire la cella, precipitandosi verso la capsula per aprirla.
Era troppo buio perché Prowl potesse scorgere il volto di chi era contenuto all'interno, tuttavia dalla
stazza gli pareva un Transformer. Mentre il contenitore si apriva liberando una sottile nebbiolina
allo schiudersi dei sigilli, Prowl si sporse in avanti per controllare, trovandosi di fronte un volto che
non era affatto quello che si aspettava.
“Salve!” esclamò Motormaster, “Dalla tua espressione capisco di non essere chi stavi cercando...
peccato!”
Così dicendo, il Decepticon fece fuoco col fucile che aveva in pugno, centrando Prowl in pieno
torace.
03 – Arrivi
Finalmente l'aereo da trasporto A 400 M in cui si era trasformato Sixgun emerse dal portale spaziale
più vicino a Cybertron: il Minicon non poteva assolutamente competere con le astronavi di Junk,
tuttavia il desiderio di combattere per riconquistare la propria casa gli aveva fornito la
determinazione per giungere fin lì.
Al suo interno, Hound e la squadra sotto il suo comando cercavano di entrare in contatto con Prowl
e i suoi per avere un quadro della situazione e capire come avrebbero potuto fare la differenza
nonostante il loro numero esiguo; inoltre a bordo si trovava anche il re dei Junkions Wreck-Gar,
impaziente di entrare in azione dopo essersi ricordato di essere stato un Autobot.
“Prowl non risponde.” disse infine Hubcap, riponendo la sua trasmittente, “Probabilmente si trova
fuori del raggio d'azione del segnale, oppure...”
“Forse è semplicemente impegnato.” tagliò corto Gears, “Dato che non ci sono astronavi dei
Decepticons in orbita, propongo di fare una ricognizione e buttarci nella mischia dove ci sono le
esplosioni più grandi.”
In quell'istante, il Minicon rosso e blu venne colpito alla nuca dalla pesante mano del suo compagno
Trailbreaker.
“Già,” disse il Transformer, “così non dureresti due nanoclick. Lascia che sia Hound a decidere: in
fondo ha lui il comando.”
Gears borbottò qualcosa, ma nessuno vi fece caso: erano tutti in attesa della decisione di Hound,
rimasto in silenzio per la quasi totalità del viaggio.
“Direi che il piano di Gears è da scartare,” disse infine, con una punta di ironia, “tuttavia l'idea della
ricognizione è buona: Sixgun?”
Il colossale Minicon, che aveva seguito la discussione attraverso i microfoni all'interno del suo
scafo, rispose iniziando la discesa nell'atmosfera del pianeta, sfruttando appieno la portata dei suoi
sensori per fornire ai compagni quante più informazioni poteva.
Tutto l'equipaggio, con la sola eccezione di Wreck-Gar, intento a correre in giro mentre Skyfire lo
teneva d'occhio, si interfacciò ai sistemi di Sixgun, in modo da scaricare i dati raccolti e capire quel
che accadeva su Cybertron.
A nessuno passò ovviamente inosservata la scia di distruzione lasciata dai Junkions, ma quello che
sconvolse tutti fu la vista del gigantesco Trypticon e del suo compagno Full-Tilt, che facevano
piazza pulita dei bizzarri robot alieni, calpestandoli o spazzandoli via con potenti laser.
“Dobbiamo aiutarli!” esclamò Smokescreen chiudendo il collegamento.
“Silenzio!” lo ammonì Huffer, “Oppure Wreck-Gar ti sentirà e...”
Ma era troppo tardi: il re dei Junkions era già di fronte a Hound, con le mani incrociate dietro alla
schiena e la testa inclinata, con un'espressione di curiosità sul volto.
“C'è qualcosa che non va?” chiese con voce squillante.
Secondo il piano originale, i Junkions dovevano essere le classiche pedine sacrificali, da sfruttare
per distrarre il nemico e fare il lavoro sporco mentre Prowl organizzava la rivolta dei prigionieri
liberati; tuttavia, forse in virtù della vecchia amicizia che li legava, Hound non se la sentì di mentire
a Wreck-Gar, così gli disse la verità.
“I tuoi sudditi sono in difficoltà.”
Wreck-Gar cambiò immediatamente espressione, assumendo un'aria seria e determinata, per poi
esclamare:
“Devo aiutarli! Sono il loro re, contano su di me!”
Brawn cercò di farlo ragionare.
“Non possiamo gettarci nella mischia così,” disse, “il nemico è troppo forte: verremmo abbattuti e
renderemmo vano il loro sacrificio...”
Per tutta il risposta il Junkion lo guardò con aria interrogativa.
“E voi cosa centrate?” chiese, “Sono io che devo andare da loro... Fatemi scendere!!!”
Frattanto, lo scontro tra Grimlock e Sixshot continuava senza che nessuno dei due cedesse di un
millimetro.
Il Six Changer provò a confondere il nemico cambiando forma rapidamente e ripetutamente, ma il
suo avversario non si fece distrarre e mandò a segno un potente colpo coi cannoni della sua forma di
carro armato, sbilanciando il nemico e costringendolo ad atterrare sulle ginocchia.
“Meglio se tu arrendere, Sixshot.” disse Grimlock, avanzando lentamente sui cingoli verso l'altro
robot, tenendolo sotto tiro.
Il Six Changer per tutta risposta emise una breve risata sarcastica, scagliandosi nuovamente contro
il nemico nella sua forma di bestia.
Grimlock non si fece spaventare e i suoi cannoni tuonarono ancora, tuttavia Sixshot sbatté le ali,
bloccandosi in aria per un solo istante, sufficiente comunque a evitare il colpo; anche la reazione del
Triple Changer fu rapida e, prima che l'altro gli fosse addosso, riuscì a trasformarsi in
Tyrannosaurus Rex, opponendo le proprie zanne a quelle dell'avversario.
I due contendenti finirono a terra, rotolando per diversi metri avvinghiati l'uno nella morsa
dell'altro, entrambi troppo determinati per lasciare la presa.
Sixshot azzannò la gola metallica del nemico come un vero felino, ma i suoi denti trovarono la
spessa corazza di Grimlock e il tentativo finì in una pioggia di scintille; Grimlock riuscì a sfruttare
la lunga coda per arrestare la loro rotazione e, una volta trovato l'assetto, tentò di investire Sixshot
con una vampata di fuoco dalle fauci. Finalmente il Six Changer balzò indietro per evitare il colpo,
permettendo a Grimlock di trasformarsi nuovamente in robot e rimettersi in piedi.
“Tu non capire che nostra battaglia essere inutile?” urlò Grimlock, all'apice della frustrazione,
“Nostra forza essere troppo simile, quindi nostra battaglia non finire mai...”
Il muso di Sixshot in forma di bestia si contorse in un sorriso.
“Può essere,” rispose, “però io ho qualcosa che tu non hai.”
In quell'istante, una miriade di colpi di laser investirono Grimlock da dietro, facendo urlare di
dolore il Triple Changer e infine cadere a terra con un pesante tonfo.
Grimlock fu così sorpreso da non poter parlare, tuttavia in qualche modo riuscì a girare il collo
abbastanza da vedere un nutrito gruppo di Decepticons, tutti con le armi ancora fumanti in mano.
“Esatto.” disse Sixshot, torreggiando in forma di robot sul Triple Changer, “A differenza di te, io ho
ancora dei compagni.”
04 – Escalation
Silverbolt e Powerglide accorsero immediatamente alla vista di Prowl che cadeva all'indietro col
torace lacerato dal colpo a bruciapelo, urlando tutta la loro rabbia verso il responsabile e
accompagnandola con una raffica di colpi energetici.
“Fatevi sotto, maledetti!” esclamò per tutta risposta Motormaster, appena uscito dalla capsula in cui
si era nascosto.
Streetwise riassunse le sue sembianze normali per prestare soccorso al compagno caduto,
verificando immediatamente che la sua Scintilla non avesse subito danni: per fortuna, a parte lo
stato di Blocco Statico in cui si trovava, Prowl sembrava stare bene.
Sollevato, il Minicon estrasse la pistola e aprì il fuoco contro Motormaster, deciso a vendicare il
compagno ferito.
“Pensi di cavartela contro di noi?” urlò verso il Decepticon, “Forse nella tua idiozia non sai neppure
contare?”
Motormaster rise.
“In effetti...” disse scherzosamente, “Drag Strip, ti dispiace?”
In quell'istante, da una cella buia fuoriuscì qualcosa di enorme, come un grosso blocco di metallo su
ruote, che si frappose tra Motormaster e gli attaccanti; sulla sommità, il compagno Minicon del
Decepticon faceva fuoco contro gli Autobots impugnando una coppia di pistole a raggi.
“E questo cosa sarebbe?” chiese Silverbolt, cessando il fuoco dopo aver visto che il misterioso
oggetto davanti a lui non ne veniva neppure scalfito.
“Oh, vi piacerà!” esclamò Motormaster da dietro a esso, “Sono sicuro che proverete molta
nostalgia, quando lo vedrete in azione... Menasor, attivazione!”
In quel momento, l'enorme blocco metallico si spaccò, dividendosi in una moltitudine di pezzi di
diverse forme e dimensioni che presero a fluttuare verso Motormaster. Poi, uno dopo l'altro, si
saldarono tutti al corpo del Decepticon con un forte clangore metallico, finché gli Autobots non
capirono finalmente di cosa si trattava.
“Il rimorchio di Optimus Prime!” esclamò Powerglide.
“Quasi.” rispose Motormaster, ormai divenuto un gigante davanti ai loro occhi, “L'abbiamo trovato
nel vostro quartier generale e Scrapper ci ha fatto qualche modifica... vero Drag Strip?”
Il Minicon, balzato via non appena il rimorchio aveva iniziato la trasformazione, si era arrampicato
sul dorso del compagno, per poi connettersi a esso ed energizzarlo: gli occhi di Motormaster
brillarono mentre tutti i suoi sistemi venivano percorsi dalla carica di energia, e gli Autobots
capirono immediatamente che l'equilibrio delle forze in campo si era spostato a loro svantaggio in
un solo istante.
“Molto bene.” disse il Decepticon, saggiando la risposta ai comandi della chela sul suo braccio
destro, “dove eravamo rimasti?”
Ai livelli superiori intanto, Sideswipe, Windcharger e Tailgate continuavano a liberare prigionieri,
mentre Sunstreaker stava rinchiudendo al loro posto Ghyrik, in modo da impedirgli di interferire
ancora con la loro missione.
“Là!” esclamò il Transformer giallo, scagliando il drone contro la parete della cella, “Sistemato.”
Mentre attivava le sbarre e tornava dai compagni sbattendo le mani come per liberarle dalla polvere,
Sunstreaker pensò che, per essere una missione oltre le linee nemiche dalla quale sarebbe dipeso il
loro futuro, la faccenda si stava dimostrando piuttosto noiosa. Improvvisamente però ebbe un'idea
per rendere il tutto un po' più interessante.
“Ehi, Sideswipe!” esclamò rivolto al Transformer cremisi, “Che ne diresti di fare una gara a chi
libera più prigionieri?”
Visto lo spirito competitivo che c'era fra i due, inutile dire che il compagno accettò senza pensarci
su neppure un istante.
“D'accordo.” disse, “Ma ormai qui abbiamo quasi finito...”
“E allora scendiamo ai livelli inferiori!” replicò Sunstreaker, “Tra l'altro ne ho abbastanza di questi
civili piagnucolanti, cerchiamo qualche Autobot!”
Sideswipe annuì, poi disse:
“Ma come facciamo coi due musoni laggiù?”
Alludeva ovviamente ai loro Minicons che, non fossero stati troppo impegnati a liberare prigionieri,
li avrebbero sentiti e avrebbero senz'altro cercato di fermarli.
“Cerchiamo di raggiungere l'ascensore senza farci notare.” propose Sunstreaker, “Prima che si
accorgano della nostra sparizione, avremo svuotato tutte le celle di questa dannata prigione.”
Così dicendo, avanzando celati dalla calca di Cybertroniani che avevano appena ritrovato la libertà,
i due Transformers inforcarono la porta dell'elevatore senza essere visti.
Frattanto sulla Terra, Hot Rodimus, Wheelie, Jazz, Groove, Wheeljack e Bumblebee attendevano di
ricevere notizie dal resto dei compagni restando seduti in sala riunioni.
All'improvviso Jazz si alzò di scatto, rompendo il silenzio con un grido di pura frustrazione.
“Non ce la faccio più!” esclamò, “Non posso stare qui senza far niente!”
“Siediti e calmati.” disse Groove, “E se proprio non riesci a stare tranquillo, vai da Ratchet e First
Aid e fatti sparare in circolo un po' di liquido refrigerante.”
Jazz incassò l'ironia del compagno, inarcando la bocca in un leggero sorriso.
“Lo so, lo so...” disse, “Proteggere la Matrice è importante quanto quello che stanno facendo i nostri
amici... però loro non devono starsene seduti attorno a un tavolo ad aspettare!”
Bumblebee scosse la testa sconsolato.
“Invece di ringraziare Primus per non trovarsi in prima linea, almeno per una volta...” mormorò,
subito spalleggiato da Wheeljack.
“Che vuoi farci?” disse il Transformer nero e oro, “Lui è un robot d'azione!”
Tutti risero con la sola eccezione di Hot Rodimus, che restò invece completamente serio.
Wheelie lo notò, così attirò la sua attenzione toccandogli un braccio.
“Che c'è?” chiese, “Si tratta solamente di ansia... o c'è dell'altro?”
Hot Rodimus sospirò.
“Non lo so.” rispose, “Da qualche ora ho una strana sensazione, come di una minaccia
incombente...”
In quel momento gli allarmi della base suonarono all'improvviso, e Bumblebee fu rapidissimo
nell'alzarsi e raggiungere il più vicino terminale, controllando cosa fosse accaduto.
“Che succede?!?” esclamò Hot Rodimus, alzandosi a sua volta.
“Corazzata in ingresso nell'orbita terrestre!” esclamò il Minicon.
“Decepticons?” chiese Wheelie arrivandogli alle spalle.
“Non lo so.” rispose Bumblebee, “Ma sta trasmettendo un messaggio.”
“Sullo schermo!” ordinò Jazz, e sul grande monitor sopra la postazione di Bumblebee comparve un
robot nero e viola, con una visiera calata sul viso che ne celava le fattezze.
“Il mio nome è Scorponok.” disse, “Questo messaggio è rivolto agli Autobots che si nascondono su
questo pianeta: venite fuori e consegnatemi la Matrice.”
Gli Autobots si guardarono tra loro, poi Jazz scrollò le spalle.
“Che idiota.” disse, “Pensa davvero che faremo come dice?”
Quasi avesse udito le parole del Transformer, Scorponok aggiunse:
“Se non seguirete le mie istruzioni, distruggerò tutte le metropoli di questo pianeta, cominciando da
quelle lungo la mia attuale rotta... avete un'ora terrestre per comunicare la vostra decisione.”
Così dicendo, il Triple Changer chiuse la trasmissione. Immediatamente gli sguardi di tutti i
presenti si rivolsero verso Hot Rodimus.
“Che facciamo?” chiese Wheeljack.
Ma Hot Rodimus non rispose, limitandosi invece a mormorare:
“Grimlock aveva ragione... aveva ragione su tutto.”
05 – Un passo indietro
Qualche giorno prima.
Grimlock era appena stato rilasciato, e stava per sparire oltre il portello della sua astronave; Hot
Rodimus tuttavia lo trattenne all'ultimo istante, facendogli una proposta.
“Se in cambio del tuo aiuto,” gli aveva detto, “ti promettessi tutto il supporto necessario per la tua
missione, cosa risponderesti?”
Il Triple Changer scosse la testa.
“Me Grimlock pensare che tu non dovere fare promesse senza conoscere tutta la storia.” rispose.
Hot Rodimus incrociò le braccia.
“Ho tutto il tempo.” disse, “Raccontamela.”
Sulle prime Grimlock pensò che il Transformer si stesse prendendo gioco di lui, ma cambiò idea
non appena incrociò il suo sguardo.
“Bene.” rispose, “Ma me Grimlock volere parlare solo con te.”
Il Decepticon disertore alludeva a Skyfire e Smokescreen, i due Autobots di scorta a Hot Rodimus,
che questi riuscì in qualche modo a convincere a lasciarli soli.
“Saremo nei paraggi.” disse infine Skyfire, “Al minimo segnale di pericolo, non esitare a
chiamare.”
Hot Rodimus e Grimlock si recarono in una piccola stanza vuota, il cui uso ai tempi in cui i
Decepticons occupavano la base era ancora ignoto ai nuovi occupanti.
Grimlock iniziò a parlare non appena la porta si richiuse alle sue spalle.
“Il pianeta di me Grimlock essere stato attaccato molti milioni di megacicli fa.” disse, “La gente di
me Grimlock avere combattuto valorosamente e con onore, ma il nemico essere troppo forte: alla
fine, noi essere costretti ad abbandonare il pianeta.”
“E come si chiamava il vostro pianeta?” lo interruppe Hot Rodimus.
“Zarak.” rispose il Triple Changer, riprendendo poi il suo racconto.
“Molto tempo dopo,” disse, “me Grimlock e i compagni superstiti scoprire l'unica arma in grado di
sconfiggere il nemico, e che questa essere rimasta proprio sul pianeta di me Grimlock e gli altri.”
“Dunque?” chiese Hot Rodimus, “Non potevate semplicemente tornare a prenderla? Forse il nemico
se n'era impossessato?”
Grimlock scosse il capo.
“No, anche il nemico avere subito gravi danni e avere abbandonato il pianeta.” disse, “Ma neppure
la gente di me Grimlock potere fare ritorno, a causa di... no, questo non importare: la cosa che
essere importante è che uno dei compagni di me Grimlock, Scorponok, essere custode dell'arma, ma
lui non avere portato essa con sé al momento di lasciare il pianeta. Per questo Scorponok decidere
di fare tutto il possibile per combattere il nemico e rimediare al suo errore, e me Grimlock e gli altri
decidere di aiutare lui.”
Il Triple Changer voltò le spalle a Hot Rodimus, muovendo alcuni passi verso la parete opposta.
“Il nemico recuperare presto,” proseguì, “e muovere guerra ad altri pianeti: noi avvertire gli
abitanti, organizzare loro e tentare ancora di combattere... ma tutto essere inutile, senza l'arma il
nemico vincere sempre, e alla fine noi potere sempre solo scappare e avvertire mondo successivo...”
Grimlock si voltò di nuovo, stringendo i pugni mentre ricordava la rabbia provata in quei momenti;
poi, una volta calmo proseguì.
“Noi infine arrivare a Quintessa.” disse, “Là noi scoprire che esistere un'altra arma come quella che
noi cercare, e i Quintessenziani offrire di rivelare la sua ubicazione in cambio di aiuto per
riconquistare un pianeta, dove loro si volere trasferire per sfuggire al nostro nemico.”
“Un momento.” lo interruppe Hot Rodimus, “Il pianeta... intendi Cybertron?”
Grimlock annuì.
“Me Grimlock non essere d'accordo con questo.” disse poi, “Me Grimlock tentare di convincere
Scorponok a non accettare, ma ormai lui essere disposto a tutto per ottenere vendetta... e me
Grimlock non essere più nella posizione di discutere, e troppo stanco di combattere: alla fine, anche
me Grimlock dire di sì.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Hot Rodimus chiese:
“Quindi l'arma che vi serve è..?”
Grimlock annuì.
“Esatto,” rispose, “essere la Matrice.”
Ci volle un istante perché Hot Rodimus realizzasse le vere implicazioni di quanto aveva appena
udito: la Matrice, l'artefatto che identificava il leader degli Autobots, l'oggetto che le leggende
vogliono essere stato creato dallo stesso Primus e che, secondo i racconti, ha giocato un ruolo
chiave in numerosi avvenimenti nella storia del pianeta, non è dunque unica in tutto l'universo?
Incurante di ogni precauzione, Hot Rodimus spalancò la piastra toracica per portarla alla luce,
inondando Grimlock e la stanza del suo bagliore.
“Sul tuo pianeta avevate qualcosa come questo?” chiese il Transformer.
Il Triple Changer annuì.
“Me Grimlock la ricordare un po' diversa, ma sì, noi avere una Matrice.” rispose.
Hot Rodimus chiuse nuovamente il suo torace, rendendosi conto solo in quel momento di aver
appena sventagliato davanti a Grimlock l'oggetto che desiderava oltre ogni cosa; per fortuna il
Triple Changer sembrava davvero un guerriero d'onore, e non aveva approfittato della sua
disattenzione.
“E perché vi servirebbe?” chiese il Transformer, “Non è un'arma, è solo... non lo so neppure io.
Serve solo per... che so, accendere Scintille e cose così.”
Grimlock scrollò le spalle.
“Me Grimlock non lo sapere.” rispose, “Me Grimlock sapere solo che essere fondamentale per
sconfiggere il nemico.”
Hot Rodimus realizzò solo allora che per anni aveva protetto un oggetto senza neppure conoscerne
la funzione. La Matrice valeva davvero le Scintille spese per proteggerla, oppure era solo un
simbolo, un oggetto dal valore puramente simbolico? In fondo una Scintilla poteva essere accesa in
molti altri modi, era proprio così importante salvaguardare la Matrice?
In quell'istante prese una decisione.
“Se mi aiuterai a liberare Cybertron, ti darò la Matrice.” disse.
“Tu essere sicuro?” chiese Grimlock, incredulo, “Ma soprattutto, tu potere promettere a me
Grimlock una cosa simile?”
Hot Rodimus annuì.
“Pochi sanno che non è andata perduta,” disse, “inoltre, in fondo la Matrice è soltanto un simbolo:
Cybertron non è nulla, senza i suoi abitanti.”
Ciò detto, Hot Rodimus estrasse nuovamente la Matrice dal suo petto, porgendola a Grimlock, che
però la spinse indietro.
“Tu dare la Matrice a me Grimlock solo a battaglia finita.” disse, e Hot Rodimus apprezzò ancora
una volta la sua onestà.
Il Triple Changer iniziò a spiegare cosa poteva fornire agli Autobots – codici d'accesso, turni delle
ronde e quant'altro – ma Hot Rodimus lo fermò dicendo:
“Non mi hai detto ancora una cosa: chi è il misterioso nemico che avete affrontato?”
Grimlock si fece scuro in volto.
“Me Grimlock te lo dire.” rispose, “Ma me Grimlock essere sicuro che, quando lo sapere, Hot
Rodimus si pentire di questo.”
06 – Arrivi e ritorni
Octane osservava soddisfatto il campo di battaglia dalla sala di controllo del gigantesco Trypticon.
La sua decisione di schierare il colossale dinosauro meccanico e il suo Minicon Full-Tilt per
fronteggiare la minaccia dei Junkions si era dimostrata vincente: per quanto forti e resistenti, i
nemici non erano assolutamente in grado di competere con la mole e la forza dei nuovi arrivati.
“Meraviglioso...” mormorò Road Hauler, a fianco di Octane: l'ingegnere e il suo Minicon avevano
fatto pressione sul Triple Changer per salire a bordo di Trypticon non appena saputo della sua
attivazione, in modo da potersi allontanare dal campo di battaglia il più presto possibile. Per riuscire
nel loro intento, i due non avevano esitato a ricordare a Octane il loro contributo alle indagini per
scoprire il reale assassino di Cyclonus, grazie alle quali Octane era riuscito a liberarsi della scomoda
presenza di Grimlock.
Road Hauler osservava i Junkions fuggire nella più completa disorganizzazione davanti a
Trypticon, il quale sembrava apprezzare a sua volta quel confronto impari ed emetteva grugniti di
soddisfazione ogni volta che il suo enorme piede calpestava un nemico o il suo raggio lo riduceva a
una pozzanghera di metallo fumante; Full-Tilt, dal canto suo, preferiva colpire violentemente il
terreno con dei calci e osservare i nemici venire sbalzati via dal contraccolpo.
Octane ripensò a quando Apeface l'aveva contattato per comunicargli le istruzioni di Sixshot:
l'aveva interrotto proprio mentre assisteva al compiersi della sua vendetta su Inferno, tuttavia lo
spettacolo che aveva davanti ai sensori ottici in quel momento lo ripagava ampiamente di ciò a cui
aveva dovuto rinunciare.
Il Triple Changer si concesse un istante per ripensare all'ex Autobot e alla punizione che aveva
deciso per lui in seguito all'ennesimo tentativo fallito di trasformarlo in un Decepticon. Si chiese se
la sua volontà era tanto forte da resistere a un terzo trattamento, e soprattutto se sarebbe
sopravvissuto: in fondo, con lui lì a coordinare le operazioni dal ponte di comando di Trypticon,
non era rimasto più nessuno con Inferno che potesse spegnere la macchina per la
riprogrammazione.
Fu il suono della voce di Scrapper a impedirgli di trovare una risposta al quesito; il Minicon, seduto
alla postazione del radar, improvvisamente si voltò verso i due compagni e urlò:
“Nemico in avvicinamento dall'alto!”
Immediatamente Octane ordinò a Trypticon di sollevare lo sguardo, in modo da identificare la
minaccia: si trattava di un grosso aereo di provenienza terrestre, che Road Hauler identificò
immediatamente.
“Sixgun!” esclamò, “Gli Autobots sono qui!”
Octane sorrise: allora c'erano veramente loro dietro a quell'improvvisa invasione, e con ogni
probabilità insieme a essi era giunto sul pianeta anche Grimlock... forse avrebbe avuto modo di
chiudere i conti con lui una volta per tutte.
Venne strappato ai suoi progetti di vendetta dalle parole di Scrapper.
“Qualcosa...” disse, “C'è qualcosa sopra di lui... come un Transformer, ma... per Primus!!!”
“Che succede?” chiese Road Hauler, allarmato.
“Niente, è...” rispose il Minicon, “È saltato giù!”
Ignorando le proteste degli Autobots, Wreck-Gar con la sua incredibile forza aveva aperto il
portellone dell'aereo in cui si era tramutato Sixgun, uscendo all'esterno. I suoi sensori tattili
percepivano il fortissimo vento che minacciava a ogni istante di sbalzarlo via dalla fusoliera dell'A
400 M, tuttavia era determinato a non cedere e a salvare la sua gente.
Si concesse un istante per osservare il paesaggio: pur non serbando quasi più alcun ricordo della sua
vita come Wreckage, non poté fare a meno di provare una sorta di nostalgia nell'ammirare le guglie
di Iacon, che venne però subito sostituita da una profonda rabbia non appena notò i due colossi
nemici che facevano piazza pulita dei suoi sudditi.
Senza rifletterci un istante, il re dei Junkions si lanciò da Sixgun, incurante dell'altezza e della
velocità, atterrando proprio sulla testa di Trypticon con un sonoro tonfo, ma senza un graffio.
“Smetti di attaccare la mia gente!” urlò percuotendo il cranio metallico del Decepticon con i suoi
potenti pugni, ma il nemico non si accorse neppure della sua presenza; Wreck-Gar non ci mise
molto a realizzare che i suoi colpi non stavano suscitando il minimo effetto, così si sedette a gambe
e braccia incrociate lì dove si trovava, in modo da escogitare un piano d'azione.
Frattanto Grimlock giaceva ancora supino sotto lo sguardo di Sixshot, il quale stava pregustando la
fine dell'avversario.
“A lungo sei stato una spina nel fianco, Grimlock.” disse il Six Changer, “Ti tolleravo solo in virtù
della tua forza e dell'alta considerazione che Scorponok aveva nei tuoi confronti. Quante volte ti sei
opposto alle mie strategie e ho tentato di scendere a patti con te... quante volte hai ignorato i miei
tentativi di venirti incontro e hai continuato a mettermi i bastoni fra le ruote, in nome di un superato
senso dell'onore...”
Sixshot fece una pausa, avvicinando il volto al ricettore audio di Grimlock e sussurrando:
“Lascia che ti dica una cosa: l'onore non serve a un guerriero, ciò che importa sono il potere e il
rispetto. E tu avevi il mio, almeno finché non hai deciso di tradirci... e ora ne pagherai le
conseguenze.”
Così dicendo, il leader dei Decepticons si voltò verso i soldati giunti in suo aiuto, tra i quali
spiccavano molti membri dell'élite quali Devastator, Scavenger, Onslaught, Blast Off, Dead End e
Overkill; questi ultimi in particolare parevano molto eccitati all'idea dell'esecuzione in programma,
e non distoglievano lo sguardo da Grimlock neppure per un istante.
“Miei guerrieri,” disse Sixshot, allargando le braccia come per abbracciarli tutti, “osservate la fine
che spetta ai traditori, ma non temete: se ci sarete fedeli, noi Quintessenziani sapremo
ricompensarvi come meritate.”
Così dicendo, Sixshot tornò a rivolgere la sua attenzione a Grimlock e sguainò gli artigli.
“Addio.” disse, “Hai qualcosa da dire, prima della fine?”
Erano tante le cose che Grimlock avrebbe voluto dire a Sixshot: che senza onore non ci si poteva
considerare guerrieri, che le sue promesse erano vane e che lui non era, e non sarebbe mai stato, un
Quintessenziano. Tuttavia durante il discorso del Six Changer aveva visto qualcosa di estremamente
interessante, che lo fece decidere sulle parole da rivolgere al nemico.
“Sì.” disse il Triple Changer con voce roca e sofferente, “Me Grimlock... avere... nuovi compagni.”
Sixshot non ebbe neppure il tempo di realizzare il significato delle parole di Grimlock che venne
investito da una pioggia di raggi laser provenienti da tutto intorno. L'impatto fu violentissimo e lo
fece balzare in aria e atterrare malamente tra le fila dei suoi seguaci, che osservarono la scena
troppo stupiti per reagire.
Poi, da un vicolo male illuminato ai margini della strada fecero la loro comparsa alcuni
Cybertroniani, guidati da un Transformer cremisi con un'arma di grosso calibro in pugno.
“Già,” confermò Ironhide, “Proprio vero.”
07 – I salvatori
La comparsa di Ironhide a fianco di un gruppo di guerriglieri Autobot sfuggiti finora alla cattura
capovolse in un istante la situazione disperata in cui si trovava Grimlock.
Mentre i nuovi arrivati tenevano a bada i Decepticons, il Triple Changer venne avvicinato da
Mirage, giunto sin lì inosservato grazie al suo dispositivo di camuffamento, il quale riuscì – non
senza fatica – a rimetterlo in piedi e ad aiutarlo a raggiungere un posto più sicuro.
Grimlock venne fatto sdraiare nell'atrio di un edificio ormai abbandonato, dove trovò ad attenderlo
anche Kup, Blurr, Bluestreak e Searchlight, gli ultimi due impegnati a difendere l'ingresso dal fuoco
nemico.
“Sei fortunato che abbiamo sentito il fracasso che stavate facendo tu e quel dannato Sixshot.” disse
Kup, “Credo che tu ci debba un favore grosso come... beh, almeno quanto te!”
“Ma se non volevi neppure fermarti ad aiutarlo!” intervenne Blurr, “Non fosse stato per Ironhide
non...”
Il Minicon azzurro venne zittito da un sonoro pugno in testa da parte dell'anziano Cybertroniano.
“Te l'ho già detto: parli troppo.” sentenziò Kup, incurante delle lamentele ad altissima velocità del
compagno, che si tastava il capo alla ricerca di eventuali ammaccature.
La voce stridula di Blurr venne ben presto soffocata da quella di Mirage, che disse:
“Anche noi siamo stati fortunati a imbatterci in Ironhide così presto... ancor più considerando che
era insieme a quel gruppo di ribelli: dubito l'avremmo rintracciato tanto facilmente, se non fossero
usciti allo scoperto per unirsi alla battaglia contro i Decepticons, attratti dal frastuono.”
“Tipico di Ironhide,” replicò Kup, “per trovarlo, basta guardare dove c'è più confusione.”
Il dialogo venne interrotto dall'improvvisa trasformazione di Grimlock, il quale era tornato in forma
di robot e stava tentando di alzarsi in piedi.
“Ehi!” esclamò Kup, scostandosi per non essere accidentalmente colpito dall'imponente mole del
Triple Changer, “Sei funzionante per miracolo, dove pensi di andare?”
Ma Grimlock lo ignorò, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
“Me Grimlock avere una faccenda in sospeso.” disse semplicemente; la determinazione che gli si
leggeva in volto era tale che Bluestreak e Searchlight lo fecero passare senza proferire parola.
Prima di uscire e gettarsi nella mischia, il Triple Changer si fermò un istante sulla soglia e disse:
“Me Grimlock ringraziare per l'aiuto.”
Ciò detto, il colossale guerriero sparì nel mezzo dello scontro.
“Prego...” mormorò Kup, ma ormai il Triple Changer non poteva più sentirlo.
Frattanto nelle prigioni la situazione stava precipitando.
Potenziato dal vecchio rimorchio di Optimus Prime, Motormaster era pressoché inarrestabile. Come
se non bastassero la pesante corazza e le numerose armi presenti sul suo corpo, gli Autobots non
riuscivano a mettere a segno quasi nessun colpo a causa dell'incredibile velocità conferita al loro
avversario dai potenti jet sulla schiena. Inoltre Motormaster non si faceva problemi a giocare
sporco, tentando di colpire l'ancora fuori gioco Prowl ogni volta che i suoi compagni lo lasciavano
scoperto, anche solo per un istante.
“Powerglide!” urlò Silverbolt, “Proviamo a colpirlo col lanciamissili!”
Il Minicon cremisi rispose trasformandosi nella sua configurazione di arma, con la quale il
compagno fece immediatamente fuoco: il colpo andò a segno, ma tutto ciò che i due Autobots
ottennero fu di far infuriare Motormaster ancora di più.
“Maledetti rottami!” urlò il Decepticon, “Adesso vedrete!”
Con velocità incredibile per la sua mole, Motormaster balzò in avanti, afferrando Silverbolt con la
chela del braccio destro e inchiodandolo al suolo; sul braccio sinistro del Decepticon, dove un
tempo si trovava il laser ad alta potenza di una Omega Sentinel, c'era invece una trivella che iniziò
una velocissima rotazione, per poi affondare nella spalla destra di Silverbolt. L'Autobot urlò mentre
i collegamenti del braccio saltavano uno ad uno e le giunture venivano ridotte in briciole, per poi
cadere in blocco statico lasciando andare la presa su Powerglide.
Il Minicon rosso fu rapido nel riassumere le sue normali fattezze e rimettersi in piedi, per poi saltare
sul dorso di Motormaster nel tentativo disperato di separarlo dal compagno. Tuttavia il piccolo
Cybertroniano era poco più di una seccatura per il Decepticon, che si liberò di lui accendendo i suoi
jet, il cui calore fu tale da liquefare le gambe di Powerglide fino alle ginocchia.
Streetwise osservò il compagno cadere a terra mentre Motormaster si ergeva in tutta la sua altezza
abbandonando Silverbolt a terra; il Minicon pensò che, a meno di un miracolo, presto avrebbe fatto
la fine dei suoi amici, e si stupì molto quando le sue preghiere vennero esaudite in una maniera a dir
poco bizzarra, con l'improvvisa apertura delle porte dell'ascensore e la comparsa di due volti
familiari.
“Che diavolo è successo qui?” chiese Sunstreaker, osservando la scena davanti a lui.
Tuttavia nessuno ebbe modo di rispondergli. Sideswipe era infatti già passato all'azione, facendo
fuoco con l'arma sulla spalla all'indirizzo di Motormaster che, preso completamente alla sprovvista,
sembrò finalmente accusare il colpo; Streetwise intanto si precipitò in avanti per trascinare al sicuro
Powerglide, incapace di rialzarsi per i danni subiti, riuscendo per un pelo a evitare che questi
venisse calpestato dal cieco barcollare del Decepticon, accecato dal fumo dell'esplosione.
Finalmente anche Sunstreaker si gettò nella mischia, compiendo un'elegante evoluzione a mezz'aria
e aprendo il fuoco su Motormaster, impedendogli di riacquistare l'equilibrio.
Una volta abbandonato Powerglide in una cella vuota, Streetwise ebbe modo di osservare i due
Autobots gemelli combattere insieme per la prima volta: le voci erano vere, erano una squadra
perfetta. Riuscivano l'uno a intuire istintivamente i tempi dell'altro, sfruttando le aperture che si
fornivano reciprocamente senza bisogno di coordinarsi a parole. Non lasciavano al nemico il
minimo respiro, il loro lavoro di squadra era veramente da manuale... un vero peccato che
normalmente passassero la maggior parte del tempo a competere e litigare fra loro.
Tuttavia anche loro difettavano della potenza necessaria ad assestare un colpo decisivo al nemico, il
quale, pur mancando di eleganza, aveva dalla sua un arsenale di tutto rispetto.
Motormaster fece scattare un piccolo cannone a doppia canna sul suo petto, dal quale fece partire
una breve scarica di colpi all'indirizzo di Sunstreaker, che la ricevette in pieno volto: pur non
subendo gravi danni, il Transformer perse il suo slancio, permettendo al nemico di afferrarlo.
“Adesso andrai a fare compagnia al tuo amico laggiù!” urlò Motormaster, alludendo a Silverbolt: il
Decepticon aveva appena sbattuto Sunstreaker contro il muro, mentre la trivella sul braccio sinistro
iniziava a girare sempre più forte.
“Sunstreaker!!!” urlò disperato Sideswipe, ma il Transformer cremisi era conscio che non avrebbe
mai potuto intervenire in tempo.
All'improvviso, una feroce scarica di colpi d'arma da fuoco investì Motormaster, che fu costretto a
indietreggiare e a lasciar cadere il suo prigioniero; guardando nella direzione da cui proveniva
l'attacco, gli Autobots videro Tailgate e Windcharger in piedi davanti alla porta delle scale, con alle
spalle un nutrito gruppo di Autobots dall'aria piuttosto seccata, tra i quali spiccavano Roadbuster,
Twin Twist, Whirl e Topspin.
“Siete sempre i soliti!” esclamò Tailgate, rivolto a Sideswipe e al compagno, “Meno male che
mentre voi perdevate tempo, noi ci siamo dati da fare e abbiamo trovato qualche amico.”
La frase non era ancora terminata che gli Autobots appena sopraggiunti si lanciarono all'attacco,
desiderosi di mostrare al Decepticon quanto avessero apprezzato il lungo periodo di prigionia cui
erano stati costretti.
08 – Il ritorno del re
Poco distante, Trypticon continuava la sua opera di distruzione, costringendo i Junkions ad
arretrare. Il dinosauro meccanico grugniva di piacere alla vista dei nemici in fuga... vista che, a un
certo punto, gli venne però improvvisamente negata.
Il Decepticon, divenuto tutto a un tratto completamente cieco, lanciò un ruggito di rabbia mista a
stupore rivolgendo il muso al cielo; tentò di portare le zampe anteriori all'occhio, ma erano troppo
corte e così, ancor più frustrato, iniziò a scalciare e agitare la coda, con la quale finì per investire e
atterrare l'ignaro Full-Tilt.
Frattanto all'interno di Trypticon, Road Hauler e Scrapper facevano tutto il possibile per scoprire la
causa dell'improvvisa interruzione delle immagini sui loro schermi.
“Che succede?!?” chiese Octane, “Fate qualcosa!”
Ma i due ingegneri non sapevano davvero cosa: per quanto assurdo potesse sembrare, era come se
all'improvviso Trypticon non possedesse più un sensore ottico.
I Decepticons non erano troppo lontani dalla verità tuttavia, per conoscerla appieno, avrebbero
dovuto scorgere la piccola sagoma in piedi sul muso del dinosauro meccanico mentre giocherellava
con un grosso oggetto di forma tondeggiante: gli faceva compiere brevi evoluzioni in aria,
passandoselo da una mano all'altra e talvolta facendolo rimbalzare sul proprio capo; si trattava
ovviamente di Wreck-Gar, e la sfera che aveva in mano era proprio il sensore ottico di Trypticon.
“Bene.” disse il Junkion fermandosi un momento, “Adesso ho la tua attenzione?!”
Non appena si riprese dal colpo subito dal compagno, Full-Tilt ci mise poco a individuare la causa
dei problemi di Trypticon.
“Come diavolo è finita lassù una di quelle mostruosità?” si domandò il Minicon rialzandosi.
Fece per avvicinarsi al partner per aiutarlo, ma il colossale Transformer continuava ad agitarsi,
impedendogli di raggiungerlo.
“Trypticon!” urlò allora il Minicon, ma anche così non riuscì a catturare la sua attenzione.
Full-Tilt si fece coraggio e si avvicinò ancora un poco, sfuggendo per un pelo a un nuovo colpo di
coda del compagno, per poi gridare ancora più forte:
“Trypticon!!!”
Stavolta il dinosauro meccanico lo udì, voltandosi in direzione della sua voce.
“Calmati, Trypticon!” disse ancora Full-Tilt, “Uno di quegli esseri ti è salito sulla testa e ti ha tolto
il sensore visivo. Adesso stai fermo: ci penso io a sistemarlo, poi Road Hauler ti rimetterà subito in
sesto.”
Trypticon fece come gli veniva detto, abbassando il muso per permettere al compagno di arrivarci
più facilmente; tuttavia, prima che Full-Tilt potesse allungare la mano e catturare Wreck-Gar, il
braccio del Minicon venne afferrato con forza da dietro.
“Chi..?” fece per domandare mentre si voltava, ricevendo per tutta risposta un sonoro pugno al volto
da Sixgun.
Mentre il Decepticon cadeva ancora una volta al suolo, stavolta in Blocco Statico, Trypticon era
rimasto immobile, sempre in attesa dell'intervento di Full-Tilt; Sixgun decise di cogliere l'occasione
che gli veniva servita su un piatto d'argento e si avvicinò al dinosauro, facendo cenno a Wreck-Gar
di salirgli sulla mano e adagiandolo poi al suolo fra i suoi. In seguito il Minicon spiccò il volo,
giungendo in breve tempo ai limiti dell'atmosfera, per poi iniziare una velocissima picchiata verso il
Decepticon. Il corpo di Sixgun brillava per l'attrito generato dal rientro quando investì le fauci di
Trypticon con la violenza di una piccola meteora, letteralmente schiacciando il nemico al suolo
nonostante la differenza di stazza.
Benché la manovra avesse lasciato Sixgun stordito, gli effetti sull'avversario furono ben peggiori: il
suo muso era terribilmente deformato, rendendolo incapace di aprire bocca e usare il suo potente
laser; inoltre alcune giunture del collo e della schiena avevano ceduto per la violenza dell'impatto,
per cui adesso rialzarsi era per lui un compito estremamente difficoltoso, che ben presto gli sarebbe
addirittura divenuto impossibile.
Wreck-Gar infatti, dopo aver raggiunto i suoi sudditi, li aveva organizzati e lanciati nuovamente
all'attacco.
“Nessuno può ignorarmi così!” esclamò, “Miei sudditi, seguitemi!”
Sciamando come cavallette, i Junkions si arrampicarono sul corpo supino di Trypticon, infilandosi
fra le giunture della sua gamba sinistra.
Wreck-Gar invece era nuovamente salito sul muso del mostro metallico, dicendo:
“Tutti devono inginocchiarsi davanti a un re: farò in modo che tu non lo possa più dimenticare.”
In quel mentre, si udì il tonfo sordo della gamba sinistra di Trypticon che si staccava dal resto del
suo corpo, rovinando al suolo.
“Ben fatto!” esclamò Wreck-Gar, rivolto ai suoi sudditi, “E adesso l'altra!”
Frattanto, all'interno del corpo del dinosauro regnava il panico.
“Hanno staccato una gamba!” esclamò Road Hauler, controllando il programma diagnostico su un
monitor.
“Cosa?” chiese Octane, incredulo, “Com'è possibile?”
Gli rispose Scrapper:
“Devono aver smontato le giunture pezzo per pezzo, usando le...”
“Non ho chiesto una lezione di ingegneria!” sbraitò Octane, “Road Hauler, quali opzioni ci
restano?”
L'ingegnere si fece scuro in volto.
“Se fanno lo stesso all'altra, perderemo tutti i sistemi di propulsione spaziale.” disse, “Il mio
consiglio è di andarcene... e in fretta.”
Octane strinse i pugni. Non avrebbe voluto fuggire davanti al nemico, ma se fosse rimasto per lui
era finita. Gli dispiaceva abbandonare Scorponok e la sua causa, tuttavia nessuna crociata, per
quanto nobile, valeva il prezzo della sua Scintilla.
“Ordina a Trypticon di decollare.” disse infine, rivolto a Road Hauler, “Portaci lontano da questo
maledetto pianeta e da quelle mostruosità.”
Nel frattempo, nei cieli della Terra, Scorponok osservò rammaricato il display indicante il conto alla
rovescia col tempo concesso agli Autobots per consegnare la Matrice: aveva ormai raggiunto lo
zero. Come previsto, non aveva ricevuto alcuna risposta da parte loro, tuttavia Scorponok si disse
che doveva almeno provarci: avrebbe preferito non coinvolgere i Terrestri in una questione che non
li riguardava, tuttavia a questo punto non aveva altra scelta che tener fede alla parola data e
distruggere una delle loro metropoli.
Al momento la sua astronave verde e viola stava sorvolando un vasto tratto di mare, che il computer
gli comunicò essere chiamato dagli indigeni “Oceano Pacifico”... un nome che ben presto, si disse,
non avrebbe più significato molto.
Procedendo verso occidente a piena potenza, incontrò una cintura di isole di origine vulcanica, al
centro delle quali, sempre stando al computer della nave, si trovava una delle principali metropoli
del pianeta.
“Mi spiace,” disse Scorponok, “ma per dimostrare che faccio sul serio, Tokyo dev'essere distrutta.”
09 – Rivolta
Nelle carceri di Cybertron, lo scontro si era riacceso con una violenza incredibile: una ventina di
Autobots attaccò Motormaster all'unisono e, di fronte a un assalto di tale portata, persino il
Decepticon potenziato dall'armatura che fu di Optimus Prime dovette indietreggiare. Tuttavia
l'attacco, guidato da Roadbuster e Twin Twist, per quanto feroce, non sembrava ancora in grado di
danneggiare in maniera decisiva l'avversario.
Approfittando della confusione, Whirl e Topspin raggiunsero Streetwise e il gruppo di Autobots
feriti vicino a lui, in modo da essere aggiornati sulla situazione.
Il Minicon del team terrestre fece in modo da essere il più coinciso possibile nel raccontare gli
ultimi avvenimenti agli ammiragli della flotta, tappando i buchi fra le voci che erano giunte loro fin
lì nelle celle.
Al termine del resoconto, Whirl chiese:
“Scamper è morto?”
Streetwise annuì: si era completamente dimenticato di menzionare il sacrificio dello stratega nella
sua sintesi, e se ne vergognò; in fondo era stato anche grazie a lui se adesso avevano la possibilità di
riconquistare il loro pianeta natale, anche se molti, lui per primo, sembravano averlo scordato.
“E tutto questo perché?!?” esclamò Topspin, furibondo, “Per la Matrice?!? Davvero vale le Scintille
di Scamper e tutti gli altri Autobots caduti per difenderla?”
Whirl, con la calma che lo contraddistingueva sempre, disse:
“A proposito della Matrice... avete notato?”
Tuttavia nessuno degli altri due Cybertroniani capì a cosa si riferisse, così attesero ulteriori
spiegazioni.
“Il nostro nemico!” esclamò il Transformer, “Indossa l'armatura che i Terrestri hanno creato tempo
fa per Optimus Prime... ma come fa ad alimentarla, senza l'energia aggiuntiva della Matrice?”
Se Whirl non lo avesse fatto notare, Streetwise non ci avrebbe mai pensato. Eppure era vero, il loro
amico terrestre Chip aveva attinto proprio al potente artefatto Cybertroniano per fornire energia
all'armatura: anche se Motormaster era la copia di Optimus Prime – potendo quindi interfacciarsi
con essa senza problemi – come poteva sfruttarla, dato che la Matrice si trovava sulla Terra?
“Guardate,” aggiunse poi Whirl, “anche se molti armamenti sono stati aggiornati, il laser sul braccio
sinistro non c'è più: evidentemente il sistema che hanno trovato per alimentare la corazza non era
sufficientemente potente per utilizzarlo.”
In quell'istante, Streetwise ricordò cos'era successo subito dopo che Motormaster si era assemblato
con il rimorchio.
“Drag Strip!” esclamò, “Dev'essere la connessione col suo Minicon a fornire la potenza necessaria...
ho visto Motormaster fondersi con lui prima dell'attacco!”
L'unico occhio di Whirl prese a osservare l'avversario, finché non gli parve di scorgere una piccola
massa gialla e viola sul suo dorso, il che sembrava confermare le parole di Streetwise.
Senza perdere tempo, Whirl si alzò in piedi e urlò:
“Roadbuster! Devi impedirgli di muoversi, anche solo per qualche secondo!”
Il generale supremo, che era momentaneamente arretrato per riorganizzare l'assalto, si voltò verso il
compagno.
“La fai facile tu!” esclamò, “Ma vedrò di fare del mio meglio... Twin Twist?”
Il Minicon semplicemente annuì, per poi trasformarsi e fondersi alla schiena del compagno per
concedergli la sua energia. Pervaso da un'ondata di incredibile potere, Roadbuster scattò in avanti,
eseguendo un violentissimo placcaggio, che contro un avversario convenzionale avrebbe avuto esiti
devastanti; tuttavia Motormaster non indietreggiò che di qualche passo, usando poi i suoi reattori
per controbilanciare la spinta del nemico.
“Ah!” rise il Decepticon, “Saresti dunque tu il potente generale supremo degli Autobots? Neppure
tu puoi sconfiggermi in uno scontro a viso aperto!”
Con tutti i motori del suo poderoso corpo che spingevano al massimo, Roadbuster rispose con un
grugnito:
“Lo so benissimo... tuttavia, a proposito di visi, dovevo fare in modo che il tuo brutto muso fosse
concentrato solo su di me e non vedesse il mio amico alle tue spalle.”
Prima che Motormaster potesse realizzare il significato delle parole di Roadbuster, un potente colpo
di fucile lo colpì sul dorso, facendo immediatamente venir meno le sue forze.
“Drag Strip!” urlò comprendendo cos'era accaduto, ma per il Minicon era già troppo tardi: il colpo
esploso da Whirl utilizzando la configurazione di arma di Streetwise lo aveva centrato in pieno,
spezzando in due il suo esile corpo; Drag Strip non fece neppure in tempo a riavviarsi dopo la
disconnessione forzata che la sua Scintilla si era già spenta.
“Questo è per ciò che avete fatto a Prowl e ai miei compagni.” sentenziò Streetwise, riassumendo la
forma di robot; Motormaster tuttavia non lo udì nemmeno.
“Drag Striiiip!!!” urlò, in preda alla furia più cieca, tentando di sollevare le braccia per colpire
Roadbuster e gli Autobots attorno a lui per eliminarli; tuttavia senza il compagno non disponeva più
dell'energia necessaria per sfruttare le armi o muoversi con l'armatura.
Il generale Autobot sentì immediatamente la spinta dell'avversario scemare e, provando una sorta di
pietà per l'avversario, decise di farla finita in fretta colpendo Motormaster con un potente pugno al
volto, mandandolo in Blocco Statico.
Il Decepticon si accasciò come una marionetta cui erano stati tagliati i fili, mentre sul campo di
battaglia scendeva improvvisamente il silenzio.
Quell'istante di quiete assoluta venne rotto dalla voce di Streetwise.
“Avete liberato tutti?” chiese, rivolto a Tailgate e Windcharger.
“Tutti quelli che abbiamo trovato.” rispose il Minicon rosso, “Ma non c'è traccia di Ultra Magnus.”
Nel mentre a Tokyo, sulla Terra, la vita scorreva con la consueta frenesia. Era pomeriggio, le scuole
erano appena terminate e le strade stracolme di gente, quando improvvisamente il sole venne
oscurato da qualcosa che non era affatto la classica nube passeggera.
L'astronave di Scorponok si fermò poche centinaia di metri sopra il centro della grande metropoli, i
cui abitanti osservavano increduli l'immenso oggetto metallico sospeso sulle loro teste, il cui scafo
rovinato testimoniava le mille e più battaglie cui aveva preso parte.
Anche se nelle settimane precedenti erano giunte voci riguardanti lo scontro fra Autobots e
Decepticons in Europa, nessuno sembrava intuire la provenienza del vascello, né cosa potesse
significare la sua presenza in quel luogo.
Fu solo quando partì la prima scarica di proiettili diretti verso il suolo che si scatenò il panico: un
intero quartiere del centro città era semplicemente sparito, distrutto da un fascio di luce viola che ne
polverizzò gli edifici e ne sventrò le strade.
Scorponok osservò rammaricato quella distruzione, tuttavia si disse che non c'era altro modo: gli
Autobots dovevano capire che era disposto a tutto. Avrebbero dovuto consegnagli subito la Matrice,
e il Triple Changer sperava che quello di Tokyo fosse l'unico sacrificio necessario a convincerli;
tuttavia non si sarebbe fermato finché non avesse ottenuto ciò che desiderava.
Scorponok si preparò a far partire una nuova salva di colpi verso gli edifici del centro cittadino,
quando la sua astronave venne colpita in modo terribilmente violento a un fianco. Controllò subito
l'ammontare dei danni: niente di irreparabile, tuttavia uno stabilizzatore era completamente andato.
“Chi scoria è stato?” domandò ad alta voce, eseguendo le manovre per l'atterraggio; la risposta
giunse sotto forma di una voce possente, che risuonò per tutta Tokyo:
“Questa città è sotto la mia protezione, mon ami.”
10 – Battaglia sulla Terra
Qualche minuto prima.
Nella base terrestre degli Autobots, Hot Rodimus discuteva animatamente con i compagni riguardo
il da farsi: mancava pochissimo allo scadere dell'ultimatum dato da Scorponok, e il Transformer
non intendeva sacrificare degli innocenti per difendere la Matrice... ma non tutti erano d'accordo
con lui.
“Hai dimenticato quante Scintille sono andate perdute per difenderla?” esclamò Wheelie, “Non
possiamo cedere proprio adesso: una volta che ci saremo ripresi Cybertron, noi...”
“Ma quali garanzie abbiamo di riuscirci?” lo interruppe il compagno, “Nessuna delle nostre due
squadre ha ancora fatto rapporto: per quel che ne sappiamo, potrebbero anche essere già stati tutti
catturati, o peggio; per questo vorrei salvare più vite possibili, avendone la possibilità.”
Jazz incrociò le braccia.
“Non ti capisco.” disse, “L'hai tenuta nascosta per megacicli – la Matrice intendo – e ora te ne vuoi
liberare così facilmente? Neanch'io sono entusiasta di lasciar morire tutte quelle persone, tuttavia
chissà cosa farebbe questo Scorponok, una volta entratone in possesso!”
“Non è questo il problema.” rispose Hot Rodimus, “Che ce l'abbiamo noi oppure lui, non importa!
Lui... noi...”
In quel mentre il Transformer si bloccò. Si era reso conto di essere sul punto di rivelare alcune cose
che gli aveva raccontato Grimlock, delle quali si era ripromesso di non parlare fino a crisi conclusa.
Tuttavia ormai il danno era fatto, e i suoi amici premevano per saperne di più.
“C'è qualcosa che non ci hai detto?” chiese Bumblebee.
Hot Rodimus osservò in volto i compagni, rassegnandosi a raccontare la verità.
“La Matrice è un'arma,” disse, “apparentemente l'unica in grado di sconfiggere il nemico
responsabile dello sterminio della razza cui appartengono Grimlock, Scorponok e gli altri Triple
Changers. L'hanno cercata per milioni di megacicli prima di trovarla, quindi ora Scorponok non si
fermerà davanti a niente pur di ottenerla: secondo Grimlock, ormai per lui il fine giustifica ogni
mezzo... per quanto terribile possa essere.”
Gli altri Autobots ammutolirono davanti a quelle rivelazioni, restando in attesa del seguito.
“Per questo,” proseguì il Transformer, “se possibile vorrei non consegnare la Matrice a Scorponok,
anche perché, qualora il nemico della sua gente attaccasse Cybertron, ci priveremmo dell'unica
difesa efficace; tuttavia non posso permettere il sacrificio degli abitanti di questo pianeta in virtù di
una semplice possibilità... non quando c'è la speranza che Scorponok, ottenuta la Matrice, la utilizzi
per debellare definitivamente la minaccia incombente.”
“Ma allora,” chiese Wheeljack, “ perché Scorponok non ha semplicemente chiesto il nostro aiuto?”
Hot Rodimus scosse la testa.
“È una lunga storia,” disse, “ma adesso non abbiamo tempo: contatterò Scorponok, dichiarando la
nostra resa.”
Mentre Hot Rodimus si avvicinava alla trasmittente, questa si mise in funzione da sola, indicando
una chiamata in arrivo. Sorpreso, il caposquadra rispose, vedendo comparire sul monitor sopra la
console le fattezze di un Minicon che ben conosceva.
“Qui Slammer,” disse lo stratega, “non azzardatevi a contattare quel Decepticon: pensiamo noi a
lui.”
Adesso.
In piedi al centro del ponte di comando di Metroplex, Slammer ringraziò Primus di essere arrivato
in tempo per impedire la completa distruzione di Tokyo. Purtroppo la risalita del fiume Sumida si
era dimostrata più difficoltosa del previsto a causa della stazza della loro nave, permettendo così al
nemico di distruggere un intero quartiere; Slammer promise a se stesso che avrebbe onorato
personalmente tutte le vittime dell'attacco, assumendosi la piena responsabilità delle loro morti,
tuttavia ora l'importante era impedire a questo misterioso Scorponok di fare ulteriori danni.
L'astronave nemica effettuò un atterraggio di fortuna nell'area distrutta dal suo attacco di poco
prima: aveva un fianco squarciato, penetrato dalla prua di un'imbarcazione terrestre di media stazza
che Metroplex le aveva scagliato addosso poco prima. Il colosso bianco invece era pronto a scattare
al minimo segnale da parte di Slammer, il quale attendeva una mossa del nemico per decidere il da
farsi.
“Andiamo..!” mormorò il Minicon, “Arrenditi, non puoi più volare...”
Scorponok però era ben lungi dal ritenersi sconfitto.
“Fast Track!” esclamò e, da una delle pareti del ponte di comando, uscì un drone grigio scuro e
arancione privo di gambe, che avanzava velocemente su tre paia di ruote.
“Comandi?” chiese questi, con voce del tutto inespressiva.
“Occupati dei danni allo stabilizzatore,” ordinò Scorponok, “nel mentre io procederò con la
fusione.”
Il drone annuì, iniziando il suo compito, intanto Scorponok premette un pulsante sulla console
antistante la sua postazione e il sedile su cui era seduto sprofondò nel pavimento, percorrendo un
lungo tunnel verticale illuminato da neon rossi, terminante in un ampio locale dalla forma di una
sfera perfetta.
Giunto lì, Scorponok scese dalla sedia, che tornò immediatamente da dove era venuta e chiuse la via
dietro di sé; al suo posto comparve dal soffitto un fascio di cavi, che il Triple Changer afferrò con le
possenti chele che aveva al posto delle mani per poi collegarli alla sua nuca.
Gli occhi di Scorponok brillarono di una luce cremisi da sotto la visiera calata sul volto, poi, mentre
la sua coscienza si espandeva, esclamò:
“Adesso giocheremo ad armi pari.”
Su Cybertron intanto, Hound e la sua squadra attendevano che Cosmos e Hubcap terminassero di
calibrare la trasmittente per inviare il loro rapporto ai compagni in attesa sulla Terra. Il caposquadra
fremeva d'impazienza mentre ogni fibra del suo essere spingeva per gettarsi in battaglia come aveva
fatto Wreck-Gar, tuttavia il suo attuale ruolo e la fiducia accordatagli dai suoi superiori gli
imponevano di mantenere la calma, attenendosi agli ordini ricevuti. Tuttavia non si sentiva affatto
tranquillo, poiché anche se Sixgun li aveva lasciati in una zona a una certa distanza dall'epicentro
del conflitto, c'erano ancora molti Decepticons in giro e, per ottimizzare la ricezione, al momento si
trovavano allo scoperto. Ma Hound non era l'unico a essere inquieto: il suo compagno Brawn
scrutava i dintorni con fare circospetto, mentre Trailbreaker e Gears avevano tenuto le armi in
pugno da quando erano sbarcati.
Finalmente la comunicazione venne stabilita.
“Qui Bumblebee.” rispose una voce leggermente disturbata da scariche.
Hound si avvicinò al trasmettitore e disse:
“Qui Hound. Siamo su Cybertron, finora tutto liscio: i Junkions stanno tenendo impegnato il
nemico... notizie da Prowl?”
“Nessuna.” gli rispose il Minicon all'altro capo della galassia, “Ma anche qui ci sono stati degli
sviluppi...”
Bumblebee riassunse brevemente gli ultimi avvenimenti, dall'arrivo di Scorponok all'attacco a
Tokyo, fino al tempestivo intervento di Slammer e Metroplex.
“Sembra che Metroplex abbia tutto sotto controllo,” concluse il Minicon, “adesso sta... No!!!”
Allarmato, Hound esclamò:
“Bumblebee! Che succede?!?”
Il suo interlocutore tacque qualche istante, dando modo al Transformer di udire le voci confuse
degli altri Autobots sulla Terra in sottofondo.
“Bumblebee!!!” esclamò ancora.
“L'astronave...” balbettò infine il Minicon, “L'astronave si è trasformata!”
11 – Scontri
A mano a mano che il processo di fusione procedeva, Scorponok aveva la sensazione di non
possedere più un solo corpo, bensì due: era da troppo tempo che non la provava più, precisamente
dalla feroce battaglia combattuta su Zarak. Dapprima sentì di avere un nuovo paio di braccia, sorte
dalla prua della sua astronave, poi fu la volta di un ulteriore paio di gambe, in cui si era appena
trasformata la poppa del vascello: era una strana sensazione, come se i suoi piedi fossero lì,
all'interno della camera di fusione, e contemporaneamente fuori, appoggiati sul suolo del pianeta
Terra.
Percepì poi la brezza soffiare contro un nuovo, possente torace, mentre una seconda testa veniva
alla luce da un vano nascosto fra le spalle. Fu allora che provò lo shock più forte, quando la sua
stessa vista parve sdoppiarsi e si ritrovò a osservare contemporaneamente una parziale oscurità coi
suoi veri sensori ottici e un'intensa luce con il visore del suo secondo volto, protetto da un pesante
elmo munito di corna.
Istintivamente Scorponok mosse una delle sue chele, e il colosso in cui si era trasformata la sua
astronave fece immediatamente altrettanto; fu allora che il Triple Changer capì di non essere più
abituato alla fusione: non doveva compiere un gesto per comandare l'astronave, bastava solamente
pensarlo.
Poiché tuttavia era stata progettata per essere sfruttata in battaglia, gli scienziati che avevano ideato
la tecnologia Brainmaster avevano deciso di costruire una camera di fusione sufficientemente
spaziosa, in modo che, nel caso di un errore durante le fasi più concitate di uno scontro, il pilota non
causasse inavvertitamente danni al sistema.
Tuttavia non era quello il momento per simili pensieri, così Scorponok si concentrò sulla situazione
esterna: attraverso i suoi nuovi sensori, percepiva la presenza di Metroplex a poche centinaia di
metri da lui, pronto al combattimento.
Il Triple Changer decise di accontentarlo, inviando un impulso alle armi a sua disposizione per
attivarle, in modo da fornire un assaggio della sua potenza all'avversario: presto avrebbe capito
perché la sua astronave portava il nome del suo pianeta natale, e la potenza della Mega Zarak era
temuta persino tra le fila delle armate contro cui combatteva da un'esistenza intera.
Slammer aveva commesso un errore, tuttavia sapeva che non c'era tempo per compiangersi.
Vedendo l'astronave nemica rimanere a terra, aveva ipotizzato che fosse ormai inoffensiva, così
aveva ordinato alle squadre Autobot a bordo di Metroplex di scendere a terra e prestare soccorso ai
terrestri; fu proprio mentre stavano terminando le operazioni di sbarco che il vascello nemico iniziò
la sua stupefacente trasformazione, ma non poteva fare nulla per impedirla: se Metroplex si fosse
mosso, avrebbe finito per calpestare i suoi stessi alleati; inoltre senza Sixgun era praticamente
disarmato e incapace di attaccare il nemico da lontano.
Quando finalmente il colosso bianco ebbe via libera, era ormai troppo tardi: un robot perfino più
imponente di lui gli si stagliava davanti, con un volto imperturbabile che non tradiva la minima
emozione. D'improvviso, la coppia di cannoni sulle spalle dell'avversario ruotarono verso
Metroplex e aprirono il fuoco: il colpo era potentissimo, tuttavia l'Autobot non avrebbe avuto
problemi a scansarlo. Era già a metà della manovra evasiva che tuttavia la voce di Slammer risuonò
violenta nel suo cervello elettronico.
“No!!!” esclamò il Minicon, “Non muoverti!”
Il gigante obbedì, finendo così per farsi colpire di striscio da una delle scariche; immediatamente
fece per chiedere il motivo di quell'ordine apparentemente insensato, tuttavia capì non appena udì il
rombo alle sue spalle: un'altra porzione di città era appena stata distrutta.
Metroplex imprecò: non era quello il luogo adatto a un combattimento di quella scala. Sia lui che
Slammer avrebbero voluto ridurre al minimo l'entità dei danni a Tokyo, ma con un simile handicap
il colosso bianco non era affatto sicuro di riuscire a vincere la battaglia; in ogni caso, la strategia
migliore era quella di ridurre la distanza col nemico, in modo da impedirgli di sparare.
Metroplex balzò in avanti, scatenando un vero e proprio terremoto che venne percepito in tutta la
città, portandosi faccia a faccia con l'avversario. Questi sollevò le braccia per contrastare la sua
spinta, e in breve i due si trovarono impegnati in una vera e propria prova di forza, il cui esito
sembrava di parità; tuttavia Scorponok aveva ancora un asso nella manica.
“Forse questi Cybertroniani hanno dimenticato con chi hanno a che fare.” disse, inviando un nuovo
comando al sistema d'interfaccia.
Mentre le chele di Mega Zarak afferravano saldamente gli avambracci di Metroplex, l'astronave di
Scorponok iniziò una nuova, stupefacente trasformazione: le gambe si ritrassero, mentre una
miriade di piccole zampe sorsero dai fianchi e il volto sparì attraverso una specie di celata; la vera
sorpresa tuttavia fu la comparsa di una lunga coda, staccatasi dalla schiena del robot gigante, al
termine della quale si trovava un minaccioso aculeo.
“Il mio nome è Scorponok,” disse il Triple Changer, assaporando lo stupore del suo avversario,
“attento al mio pungiglione.”
Mentre proferiva queste parole, la coda del gigantesco scorpione meccanico in cui si era tramutata
la sua astronave trafisse Metroplex in pieno torace.
Su Cybertron, un'altra battaglia stava giungendo al suo apice.
Grimlock, danneggiato e malfunzionante, si era trascinato nel bel mezzo dello scontro tra i ribelli
capitanati da Ironhide e i Decepticons, con l'intenzione di trovare Sixshot e porre fine al loro duello;
anche il Six Changer era piuttosto malmesso dopo l'attacco a sorpresa degli Autobots, faticando a
rimettersi in piedi.
“Sixshot!” urlò Grimlock, il cui grido raggiunse in qualche modo il destinatario.
Il leader dei Decepticons si voltò verso di lui, lo sguardo acceso d'ira: non vedeva neppure lo
scontro che li circondava, ormai c'erano solo lui e Grimlock sul campo di battaglia.
Deciso a farla finita, Sixshot si trasformò in auto, prendendo a viaggiare a tutta velocità verso
Grimlock, il quale cambiò forma a sua volta, assumendo la configurazione di dinosauro; a pochi
metri dal nemico, Sixshot si tramutò in bestia a sua volta, spiccando un balzo e avventandosi sul
Triple Changer: ci fu un un urto violentissimo, un cozzare di denti e artigli e, alla fine, solo uno dei
due contendenti rimase in piedi.
12 – La speranza si rinnova
Da quando Trypticon era decollato, abbandonando la battaglia, i Junkions stavano lentamente
riguadagnando il terreno perduto, mentre i Decepticons guardavano ad Apeface per una via d'uscita
da quella brutta situazione. Il Triple Changer tuttavia non sapeva che fare: essere stato abbandonato
al proprio destino da Octane in quel modo l'aveva privato di ogni iniziativa, per cui si limitava a
dare ordini poco convinti e confusi, spingendo molti dei suoi sottoposti a defilarsi e abbandonare la
battaglia a loro volta.
Nei cieli sopra il centro di Iacon, dove risiedeva la corte Quintessenziana, Thundercracker aveva
appena abbattuto un Junkion che aveva spiccato il volo rubando a un avversario un paio d'ali e di
reattori; il Decepticon, alla ricerca del suo prossimo bersaglio, venne improvvisamente avvicinato
alle spalle da qualcuno.
Voltandosi di scatto, i cannoni su entrambe le braccia pronti al fuoco, Thundercracker vide che si
trattava dei suoi compagni Skywarp e Buzzsaw, appena usciti allo scoperto disattivando il
dispositivo criptante del Transformer.
“Tutto ok?” chiese Thundercracker, visto che gli altri due non parlavano.
Skywarp fece cenno di no con la testa.
“Questa non è la nostra battaglia,” disse, “ce ne andiamo. Tu e Frenzy venite con noi?”
L'altro Transformer non poteva credere ai suoi sensori audio.
“Vorresti fuggire?!?” esclamò, “Sei pazzo?”
Skywarp scosse nuovamente il capo.
“È stata una pazzia non accorgersene prima.” rispose, “Sixshot, per quanto potente, non è
Megatron: i loro ideali non potrebbero essere più diversi. Prima eravamo liberi, al di sopra di ogni
legge, adesso siamo solo gli schiavi dei Quintessenziani... per questo ce ne andiamo, e vorremmo
che veniste insieme a noi.”
Stavolta fu il Transformer azzurro a scuotere la testa.
“Spiacente,” rispose, “ma non fuggo davanti al nemico, a prescindere dalle circostanze. E poi, in
tutta questa confusione, non saprei neppure dire dove si trova Frenzy, e senza di lui non partirei
mai; comunque non vi fermerò e, se Primus lo vorrà, un giorno ci incontreremo di nuovo.”
I tre si strinsero le mani in segno di saluto, poi Skywarp e Buzzsaw si trasformarono, pronti a
sfrecciare via; prima di andarsene però, il Minicon volle dare un ultimo suggerimento al compagno.
“Abbiamo visto un gruppetto di Autobots dirigersi verso il carcere.” disse, “Probabilmente vogliono
organizzare una rivolta insieme ai prigionieri... se fossi in te, farei in modo di bloccarli prima che
possano unirsi ai Junkions.”
Ciò detto, i due Decepticons sparirono nel nulla, senza lasciare a Thundercracker il tempo di
ringraziarli. Tuttavia, se quanto appreso corrispondeva a verità, avrebbe dovuto agire subito: aveva
già un piano e, se tutto fosse andato bene e avessero vinto la battaglia, certamente il suo contributo
sarebbe stato ricordato.
Frattanto nelle prigioni, Roadbuster e Twin Twist stavano organizzando i Cybertroniani ancora in
grado di combattere, in modo da marciare alla volta di Iacon e riprendersi il centro della città; Whirl
e Topspin invece coordinavano le operazioni di evacuazione dei civili imprigionati,
supervisionando anche l'operato di alcuni Autobots con conoscenze mediche di base, i quali stavano
prestando il primo soccorso ai feriti nello scontro appena concluso.
Streetwise, Sideswipe, Windcharger e Tailgate erano al fianco dei compagni di squadra danneggiati
quando improvvisamente la porta dell'ascensore si aprì, e Hound e la sua squadra fecero la loro
comparsa sulla scena.
“Hound!” esclamò Streetwise, “Che ci fate qui?”
Il Transformer verde osservò i numerosi feriti stesi a terra accanto al Minicon, rimanendo in
silenzio per un istante, dando così modo a Roadbuster di avvicinarsi per sentire le notizie giunte coi
nuovi arrivati.
“Sulla Terra sono nei guai.” esordì Hound, “Il leader dei Triple Changers – Scorponok mi pare si
chiami – è andato fin là per prendersi la Matrice. Possiede un'astronave trasformabile potentissima...
Metroplex la sta affrontando, ma le cose non vanno affatto bene.”
L'espressione di Roadbuster si fece più seria che mai.
“Whirl!” gridò, rivolto verso l'altra parte del locale, “Meglio che tu venga qui e senta questa cosa!”
Hound ripeté il resoconto a beneficio dell'ammiraglio supremo della flotta, il quale al termine di
esso si immerse nelle sue riflessioni.
“Non possiamo inviare la flotta ad aiutarli?” chiese Roadbuster, ma il Transformer azzurro scosse il
capo.
“Negativo.” rispose, “Tutte le nostre navi hanno lasciato Cybertron per l'evacuazione iniziale.
Presumo che le poche sopravvissute alla caccia spietata dei Decepticons siano state assorbite nella
loro flotta... che peraltro mi pare sia stata annientata dall'arrivo dei Junkions, privandoci anche
dell'opzione di impadronirci di alcuni loro vascelli.”
“Ma allora..?” fece per domandare Roadbuster, il quale venne inaspettatamente interrotto da Hound.
“Chiedo scusa,” disse il Transformer verde, “ma se permettete avrei un'idea molto più semplice:
dov'è Ultra Magnus?”
Gli rispose Streetwise:
“Purtroppo pare non sia qui. Speravamo di trovarlo anche noi per salvare Optimus Prime, tuttavia,
quando pensavamo di averlo trovato in una capsula di stasi, ad aspettarci al suo interno c'era invece
Motormaster.”
“Dannazione!” esclamò Hound, “Speravo che, vista la potenza mostrata dalla loro unione durante
l'ultima battaglia con Megatron, avere Optimus Prime e Ultra Magnus dalla nostra fosse un
deterrente sufficiente a far desistere il nemico... ma se le cose stanno così...”
“Ma come contavi di portare Ultra Magnus sulla Terra?” chiese Whirl, “So che c'è la navicella
Decepticon con cui è giunto qui il team di Prowl, tuttavia, nel tempo necessario ad arrivare al
portale spaziale e alla Terra stessa, la battaglia...”
“Avevo un piano al riguardo,” tagliò corto Hound, incurante del grado di colui a cui si stava
rivolgendo, “tuttavia a questo punto direi che non importa più.”
In quel momento, Huffer si allontanò dal gruppo con fare circospetto, come se avesse visto
qualcosa.
“Che c'è?” chiese Streetwise.
“Guardate laggiù.” rispose l'altro, indicando il luogo dove si trovava la capsula di stasi.
Sulle prime nessuno dei presenti capì dove volesse arrivare il Minicon, poi all'improvviso
Roadbuster esclamò:
“Primus benedetto!”
Il generale Autobot corse verso la cella, sollevando senza problemi la capsula; a quel punto, tutti
poterono scorgere quel che lui e Huffer avevano visto.
Accasciato in un angolo, col corpo gravemente danneggiato, si trovava Ultra Magnus,
completamente immobile e apparentemente privo di funzioni; immediatamente tutti i suoi vecchi
compagni accorsero da lui per accertarsi delle sue reali condizioni.
“La Scintilla è accesa.” disse Brawn, emettendo una sorta di sospiro di sollievo, “Ma le pulsazioni
d'onda sono sempre più deboli.”
“Dev'essere colpa di Motormaster.” concluse Whirl, “Probabilmente Ultra Magnus era davvero
all'interno della capsula, ma l'ha estratto per tendere il suo agguato: senza supporto vitale, temo che
il nostro compagno non ce la farà.”
“Non possiamo semplicemente rimetterlo dentro?” chiese Streetwise, ma Whirl scosse la testa.
“Ormai si trova all'esterno da troppo tempo,” rispose l'ammiraglio, “ha bisogno di cure immediate
da parte di un esperto.”
Tutti si misero a vagliare le opzioni disponibili: purtroppo nessuno dei presenti aveva le conoscenze
necessarie, né le attrezzature; l'unica speranza potevano essere i droni del centro di comando, ma
Ultra Magnus non avrebbe resistito abbastanza da attendere la riconquista del centro di Iacon.
All'improvviso intervenne Hound.
“Se permettete,” disse, “io ne conosco uno bravissimo.”
13 – Piano di fuga
Dopo aver lasciato Roadbuster e Twin Twist a terminare i preparativi per l'attacco e badare ai feriti,
Hound condusse il resto dei suoi compagni verso la superficie, spiegando nel frattempo il suo piano
a Whirl e Topspin.
“Possiamo prendere la navicella di Grimlock e raggiungere Junk.” spiegò il Transformer verde, “Là
ho chiesto ad alcuni amici di assemblare un Ponte Spaziale, col quale possiamo trasferirci
istantaneamente sulla Terra e affidare Ultra Magnus alle cure di Ratchet e First Aid. In realtà
avrebbe dovuto servire come via di fuga se le cose fossero andate male, ma date le circostanze...”
“Semplicemente geniale.” commentò Topspin, intanto il gruppo era ormai giunto al livello più
elevato delle prigioni, a un passo dall'esterno.
Appena fuori, Streetwise guidò il gruppo verso il luogo in cui avevano abbandonato la navicella,
raggiungendola in pochi istanti.
“Eccola là!” esclamò Tailgate indicandola, ma quelle parole gli morirono in gola.
Una violenta esplosione squarciò l'aria, mentre l'astronave di Grimlock andava in frantumi davanti
ai sensori ottici degli Autobots. Un tremito scosse il terreno, e il responsabile di quell'atto spuntò da
dietro gli edifici circostanti emettendo una crudele risata.
“Ah!” esclamò Full-Tilt. “E adesso come la mettiamo, cari i miei Autobots?”
Thundercracker osservava la scena dall'alto, soddisfatto.
Dopo che Skywarp e Buzzsaw l'avevano avvertito della presenza di Autobots liberi nei pressi delle
carceri, aveva raggiunto Full-Tilt ed era riuscito a farlo riprendere. Il colossale Minicon non aveva
preso bene il fatto di essere stato abbandonato da Trypticon, tuttavia Thundercracker l'aveva
convinto a seguirlo e si erano diretti insieme verso le prigioni. Erano arrivati lì da pochi istanti
quando videro gli Autobots dirigersi verso l'astronave, che il colossale Minicon abbatté subito senza
bisogno di ricevere ordini, e adesso i cosiddetti difensori di Cybertron si stavano organizzando per
tentare una reazione: tuttavia stavano solo rimandando l'inevitabile, nessuno di loro sarebbe
sopravvissuto.
Con questi pensieri in mente, Thundercracker si trasformò in un A-10 Thunderbolt II azzurro e si
precipitò in picchiata verso il centro dello scontro.
Non appena Full-Tilt comparve davanti agli Autobots, Whirl iniziò immediatamente a urlare ordini.
“Topspin!” disse, “Prendi con te Springer, Skyfire e Cosmos e tenta di distrarlo! Trailbreaker e
Gears, voi in prima linea: voglio un campo di forza che copra i nostri tiratori! Smokescreen, riporta
Ultra Magnus all'interno! Gli altri colpiscano il nemico con tutto ciò che hanno!”
Ognuno fece come ordinato, tuttavia Thundercracker comparve dal nulla sulla scena, abbattendo
Skyfire al primo passaggio; purtroppo nessuno degli Autobots volanti rimasti era sufficientemente
veloce da poter stare dietro al Decepticon, senza contare che Full-Tilt faceva di tutto per disturbare
il loro inseguimento agitando le braccia.
“Ferraglia!” esclamò Whirl; poi, estraendo il comunicatore, disse:
“Roadbuster, abbiamo bisogno di aiuto qua fuori!”
L'ammiraglio fece un breve resoconto della situazione all'amico, il quale diede ordine alle sue
truppe di uscire per dare manforte ai compagni.
Whirl cercò con lo sguardo Hound.
“Roadbuster sta arrivando,” gli disse, “vado ad aiutare gli altri in aria, nel frattempo prendi tu il
comando!”
Così dicendo, il Transformer azzurro si trasformò in un futuristico elicottero e spiccò il volo.
Dal canto suo, Hound non sapeva più che fare: aveva visto la loro ultima possibilità di salvare gli
amici sulla Terra svanire davanti ai suoi sensori ottici, e adesso era preda dello sconforto.
“Ci basterebbe un'astronave!” mormorò tra i denti d'acciaio, “Anche solo una scialuppa!”
All'improvviso, sentì una voce familiare chiamarlo nel comunicatore:
“Hound, sono Sixgun. Scusate, sono rimasto offline più del dovuto... adesso ci penso io a quel
maledetto!”
Il Transformer verde sollevò lo sguardo, vedendo in lontananza la sagoma di un aereo da trasporto
terrestre dirigersi verso di loro a tutta velocità.
Sentendo la speranza riaccendersi, Hound esclamò:
“Negativo! Dobbiamo portare Ultra Magnus sulla Terra: questo ha priorità assoluta! Devi
trasportarlo fino a Junk e usare il Ponte Spaziale: in questo modo impiegherete pochi click.”
Tuttavia il piano non era così semplice come credeva Hound, infatti Sixgun disse:
“Non posso atterrare finché Full-Tilt si trova così vicino a voi, inoltre dubito che, anche se ci
riuscissi, poi mi lascerebbe decollare...”
Hound non sapeva cosa rispondere, tuttavia in quel momento intervenne Sideswipe, che aveva
seguito la conversazione via radio.
“Lasciate fare a me!” disse, “Posso farcela, davvero! Portate qui Ultra Magnus!”
Hound decise di dare fiducia al giovane Autobots, così urlò nel comunicatore:
“Smokescreen? Porta qui il tuo grosso posteriore e consegna Ultra Magnus a Sideswipe... e che
Primus ci aiuti!”
Senza perdere tempo, il grosso Transformer arancione raggiunse Sideswipe affidandogli il
compagno inerte, per poi gettarsi nella mischia; in quello stesso istante Windcharger si recò dal
partner, intuendo ciò che voleva fare.
“Vedi di non strafare come al solito.” disse il Minicon, trasformandosi poi in un jetpack che si fissò
alla schiena del Transformer.
Sideswipe strinse la presa sul corpo di Ultra Magnus, poi contattò Sixgun via radio.
“Esegui un passaggio sopra le mie coordinate tra sedici nanoclick esatti.” disse, “E vedi di aprire il
portellone, o diventeremo una macchia sulla tua fiancata!”
Così dicendo, il Transformer cremisi accese i reattori, trovandosi catapultato in aria a velocità
incredibile; il suo corpo vibrava per lo sforzo dell'accelerazione, tuttavia non poteva fare a meno di
provare una sensazione inebriante per ciò che stava facendo.
“Se Sunstreaker potesse vedermi adesso...” pensava, mentre superava in altezza la testa di Full-Tilt,
procedendo in rotta d'intercettazione con Sixgun.
Tuttavia la sua azione non passò inosservata a Thundercracker che, pur non comprendendone lo
scopo, era deciso più che mai a mettergli i bastoni fra le ruote.
“Te ne vai già, Autobot?” disse, mentre il suo sistema di puntamento inquadrava Sideswipe in
rapida ascesa; era ormai pronto al fuoco quando la sua ala destra venne tranciata di netto, facendolo
precipitare in avvitamento e poi schiantare violentemente al suolo.
Negli ultimi istanti di coscienza prima del Blocco Statico, Thundercracker vide troneggiare su di lui
l'imponente figura di Smokescreen, con Huffer trasformato in mortaio fissato al braccio della gru
sulla spalla del Transformer.
“Questo è quello che succede a chi se la prende coi miei amici.” disse il gigante arancione, mentre il
Decepticon finiva finalmente offline.
14 – Contro il tempo
L'improvvisa ulteriore trasformazione dell'astronave di Scorponok aveva completamente preso alla
sprovvista Metroplex, che non aveva mai affrontato un Triple Changer. Il danno causato dall'aculeo
del gigantesco scorpione meccanico era grave, tuttavia il colosso bianco era ancora in grado di
combattere.
Il gigantesco Autobot sferrò una potente ginocchiata al ventre della bestia, riuscendo in qualche
modo a far allentare la presa delle chele sulle sue braccia e a liberarsi; Metroplex sollevò poi la
gamba per tentare di calpestare la testa dell'aracnide metallico, tuttavia dovette desistere e schivare
invece un nuovo assalto da parte del pungiglione, sbilanciandosi e rischiando di cadere a terra.
Quella coda era l'arma più pericolosa del suo avversario, tuttavia sembrava che potesse colpire solo
in avanti: Metroplex tentò allora di scattare lateralmente per prendere il nemico su un fianco, ma
questi ruotò rapidamente sulle sue piccole zampe, vanificando gli sforzi dell'Autobot.
Lo scontro aveva fatto spostare i due contendenti parecchio lontano dal fiume, nei pressi di un
piccolo parco, al centro del quale svettava la Tokyo Tower. Metroplex verificò coi suoi sensori che
fosse deserta poi, scusandosi mentalmente coi terrestri, l'afferrò e la sradicò dal suolo: gli
dispiaceva fare ciò, tuttavia necessitava di un'arma per contrastare il pungiglione del nemico.
All'interno della Mega Zarak, Scorponok rise al tentativo di Metroplex di combatterlo con quella
specie di stuzzicadenti: inviò un impulso deciso alla coda dell'astronave, che scattò in avanti a tutta
velocità; sorprendentemente, Metroplex riuscì a deviare il colpo agitando la torre d'acciaio rossa e
bianca che aveva in mano, per poi usarla come una clava nel tentativo di colpire la testa del nemico.
Sfortunatamente, neppure il suo attacco andò a segno: la Mega Zarak afferrò la Tokyo Tower con
entrambe le chele, facendo forza per strapparla dalle mani dell'Autobot, che però non cedeva.
A quel punto, Scorponok decise che era il momento di farla finita: fece sollevare nuovamente la
coda, dalla quale stavolta spuntarono quattro bocche da fuoco, con cui intendeva sparare su
Metroplex. Il gigante avversario non avrebbe mai fatto in tempo a evitare la scarica, tuttavia
all'ultimo istante qualcosa colpì la coda dello scorpione, facendo esplodere il colpo all'interno
dell'arma, mandandola così in mille pezzi.
“Chi osa?!?” chiese Scorponok furibondo, gli occhi accesi dall'ira; per tutta risposta, uno stormo di
caccia Mitsubishi F-2 del Kōkū Jieitai sfrecciò sopra di lui, pronto a eseguire un nuovo passaggio.
“Merci.” mormorò Metroplex, lasciando andare la Tokyo Tower e allontanandosi dal nemico; a
quanto sembrava, i Terrestri non erano più intenzionati a osservare passivamente lo scontro e
avevano deciso di aiutarlo a salvare la loro città.
Nel frattempo, Sixgun aveva accolto Sideswipe, Windcharger e Ultra Magnus nella sua stiva,
dirigendosi poi al massimo della potenza verso il portale spaziale dei Quintessenziani. In pochissimi
minuti il Minicon lo attraversò, riemergendo da un altro identico nei pressi del sistema cui
apparteneva Junk. Sixgun eseguì un rapidissimo ingresso nell'atmosfera, del tutto incurante dei
rischi dovuti all'attrito, atterrando poi in tutta fretta davanti al bunker degli ultimi Autobots presenti
sul pianeta che aveva lasciato solo poco tempo prima.
Subito Sideswipe sbarcò portando in spalla l'esanime Ultra Magnus, trovando ad accoglierlo
Detritus e Outback, accorsi all'ingresso udendo il rombo dei motori dell'aereo in arrivo.
“E voi chi siete?” chiese Detritus che, pur avendo riconosciuto il mezzo di trasporto, preferiva non
correre rischi.
“Amici di Hound!” esclamò Windcharger, sbarcando a sua volta, “Presto! Portateci al Ponte
Spaziale!”
Outback fece loro strada e preparò la macchina, mentre Detritus chiedeva notizie dello scontro su
Cybertron.
“Ora non c'è tempo!” tagliò corto Sideswipe, “Sixgun ha tutti i dettagli, chiedete a lui... noi
dobbiamo tornare sulla Terra al più presto!”
Outback aveva avvertito Hound che il caotico etere di Junk avrebbe potuto rendere estremamente
rischioso un salto col Ponte Spaziale, tuttavia il Minicon ritenne che agli Autobots giunti poc'anzi
non sarebbe potuto importare di meno; si limitò a impostare le coordinate sulla console di comando
e l'anello metallico che costituiva il cuore dell'apparecchio prese a brillare, mentre il portale si
spalancava davanti a loro.
Sideswipe vi si gettò subito dentro insieme a Ultra Magnus, senza neppure salutare i due
Cybertroniani che li avevano aiutati; Windcharger si scusò per lui e raggiunse poi il compagno, e
insieme ricomparvero un istante dopo ad anni luce di distanza, nella base sottomarina degli
Autobots.
“Un tipo sbrigativo, vero?” scherzò Outback spegnendo l'apparecchio, ma Detritus lo ignorò,
dirigendosi verso l'esterno; il Minicon lo raggiunse, incalzandolo con una domanda.
“Sei preoccupato per Hound e Brawn?” chiese.
“No.” replicò seccamente il Transformer... ma i suoi pensieri dicevano l'esatto opposto delle sue
parole.
Al loro arrivo, Sideswipe e Windcharger vennero subito raggiunti da Wheeljack e Bumblebee, che
li aiutarono a trasportare Ultra Magnus in infermeria.
Hot Rodimus, Wheelie, Jazz e Groove erano già lì, intenti a osservare Ratchet e First Aid che
preparavano la sala per le riparazioni.
Ratchet sottopose Ultra Magnus alle medesime analisi di Optimus Prime, capendo di aver sempre
avuto ragione: entrambe le loro Scintille erano state alterate dalla fusione.
Mentre i dottori eseguivano i calcoli necessari a correggere le oscillazioni anomale, Hot Rodimus e
gli altri interrogavano Sideswipe e Windcharger circa l'andamento delle cose su Cybertron, con in
sottofondo il ronzio e lo sferruzzare dei droni infermieri che nel frattempo riparavano i danni alla
corazza di Ultra Magnus.
I due Autobots giunti da Cybertron terminarono in breve il loro racconto, apprestandosi a chiedere
notizie di Scorponok, quando Ratchet e First Aid si alzarono in piedi, pronti a iniziare l'intervento.
“Ce la potete fare?” chiese Hot Rodimus.
“No.” replicò il Transformer medico, “Ce la dobbiamo fare.”
Frattanto su Cybertron, Full-Tilt era finalmente stato sconfitto dal gran numero di Autobots appena
evasi dalle prigioni, i quali si stavano ora dirigendo verso il centro di Iacon, pronti a dare manforte
alle forze dei Junkions; poco distante, il gruppo di guerriglieri capitanato da Ironhide si stava invece
recando all'ex centro di comando degli Autobots, nel tentativo di togliere di mezzo i leader
Quintessenziani.
L'Ape 50 Cross Piaggio in cui si era trasformato Kup si affiancò al Volkswagen Eurovan T5 cremisi
che guidava l'eterogenea carovana di veicoli, chiedendo poi via radio al compagno:
“Credi davvero che possiamo farcela con così pochi elementi?”
“Non lo so,” rispose Ironhide, “ma non sarei in pace con me stesso se non facessi almeno un
tentativo: in fondo, è solo grazie a Grimlock se siamo giunti fin qui.”
I pensieri di entrambi andarono al Triple Changer, ma prima che uno dei due potesse aggiungere
qualcosa, la marcia del convoglio venne interrotta da un potente colpo d'arma da fuoco che esplose
al centro della strada.
Ironhide inchiodò di colpo, andando quasi in testacoda, tuttavia non subì alcun danno; dietro di lui, i
componenti del suo gruppo di fermarono e si trasformarono un dopo l'altro, pronti a fronteggiare la
nuova minaccia.
“Maledetto idiota!” tuonò una voce dall'alto, “Hai sparato troppo presto!”
“Chiedo scusa, capo.” rispose una figura su uno dei tetti circostanti: si trattava di Breakdown, che
reggeva in mano una specie di bazooka, mentre al suo fianco si trovava il Minicon Wildrider con
alcune munizioni.
“Non importa,” replicò la prima voce, il cui proprietario comparve improvvisamente scendendo dal
cielo, atterrando proprio davanti a Ironhide e i suoi.
“Apeface!” esclamò il Transformer rosso, trasformandosi in robot.
“Proprio io.” rispose il Triple Changer, “Blades, gli Horrorcons!”
In quell'istante, uno stormo di Rapticons atterrò sulla sommità degli edifici vicini, insieme a un Bell
407 Helitack che assunse ben presto le fattezze dell'ex Autobot compagno di Inferno.
“Come vedete, siete completamente circondati.” disse Apeface, indicando i grifoni meccanici sopra
di loro.
Tuttavia Ironhide non si fece scoraggiare, anzi: mosse qualche passo verso il Triple Changer, poi
disse:
“Speravo proprio di incontrarti... in fondo noi due abbiamo ancora un conto in sospeso.”
15 – Dal passato
Furono attimi interminabili quelli in cui First Aid fece accomodare fuori Hot Rodimus e il resto dei
presenti mentre lui e Ratchet operavano su Optimus Prime e Ultra Magnus: anche in circostanze
normali, intervenire su una Scintilla non era cosa da poco, stavolta si trattava anche di un caso mai
riscontrato prima di parziale sovrapposizione delle pulsazioni. Per non dover restare con le mani in
mano, Wheeljack e Bumblebee decisero di tornare a monitorare la situazione in Giappone, seguiti di
lì a poco anche da Sideswipe e Windcharger. Jazz stava per andare in escandescenze a causa della
tensione, tuttavia in quel momento la porta dell'infermeria si aprì, e il Transformer si precipitò
dentro insieme a Groove, Hot Rodimus e Wheelie, tutti impazienti di conoscere gli esiti
dell'operazione.
Optimus Prime e Ultra Magnus erano ancora distesi sui rispettivi tavoli operatori, mentre i due
dottori osservavano preoccupati gli schermi a fianco a loro.
“Allora?” chiese Wheelie.
“L'operazione è riuscita.” rispose Ratchet.
I quattro Autobots appena arrivati non poterono trattenere un grido di gioia, che però fu subito
messo a tacere da First Aid.
“Aspettate a festeggiare,” disse infatti il Minicon, “perché c'è altro che dovreste sapere.”
Una volta che anche Wheeljack, Bumblebee, Sideswipe e Windcharger furono tornati, Ratchet
iniziò a esporre ai compagni i risultati dell'intervento.
“Sono riuscito a stabilizzare le loro Scintille,” disse, “che quindi non corrono più il pericolo di
estinguersi. Tuttavia manca ancora qualcosa... un'armonica che non sono riuscito a individuare
precisamente, ma senza la quale, purtroppo, temo di non essere in grado di risvegliare i nostri
compagni.”
Ratchet e First Aid si prodigarono poi in dettagli troppo tecnici perché gli altri potessero capire,
tuttavia il loro discorso fece ricordare a Hot Rodimus gli ultimi momenti passati con Optimus Prime
su Cybertron, prima di affrontare Megatron per l'ultima volta.
Tre anni fa.
Optimus Prime si era appena risvegliato dopo essere finito in Blocco Statico a causa della sua
inaspettata fusione con Ultra Magnus, grazie alla quale Hot Rodimus e tutti gli altri Cybertroniani
presenti nel bunker dove si trovavano avevano avuto salva la vita. Il leader degli Autobots aveva
chiesto al suo successore alla guida del team terrestre di seguirlo, conducendolo in una piccola
stanza deserta dove nessuno avrebbe potuto ascoltarli.
“Hai visto cosa è successo?” chiese Optimus Prime al compagno.
“Certamente!” esclamò Hot Rodimus, “È stato... incredibile. Ma come..?”
“Non lo so,” rispose l'altro, “è successo e basta. Ma prima dell'unione... ho sentito una voce che mi
parlava.”
Hot Rodimus non capiva.
“In che senso?” chiese, “Magari uno di noi ha...”
“No.” replicò Optimus Prime scuotendo il capo, “Intendo una voce interiore... e familiare.”
L'altro Autobot non sapeva cosa rispondere, così il Transformer rosso e blu continuò dicendo:
“Nel momento in cui Ultra Magnus stava per cedere, questa strana voce mi ha suggerito cosa fare,
addirittura cosa sentire: è stato quando ho fatto come diceva che la mia piastra pettorale si è
spalancata e l'energia...”
“Ho capito!” esclamò Hot Rodimus, “Si trattava del potere della Matrice! Per Primus, allora è vero:
essa ha davvero illuminato la nostra ora più buia!”
L'entusiasmo di Hot Rodimus venne presto frenato dalle parole di Optimus Prime.
“Invece no.” disse, “Quell'energia, la forza che ha consentito quell'unione... non saprei spiegarlo,
ma ho sentito che proveniva dalla mia Scintilla. Ma visto che hai menzionato la Matrice...”
Così dicendo, il leader degli Autobots spalancò nuovamente la sua piastra toracica, portando alla
luce il misterioso artefatto e consegnandolo nelle mani di Hot Rodimus.
“Tienila al sicuro per me.” disse Optimus Prime, “Non possiamo permettere che vada perduta in
questa battaglia: come hai detto tu, essa dovrà portare la speranza nella nostra ora più buia.”
La mente di Hot Rodimus tornò al presente, evitando di ricordare gli inutili tentativi di convincere
Optimus Prime a tornare sulle sue decisioni. Il Transformer si accorse così che Ratchet stava ancora
tentando di spiegare a lui e ai compagni le cause dell'esito negativo del suo intervento, tuttavia in
quel momento Hot Rodimus realizzò che c'era come un'altra voce in sottofondo... dapprima debole,
ma diveniva sempre più forte. Si guardò intorno, ma nessuno all'infuori di lui sembrava percepirla;
poi, all'improvviso, i suoi sensori ottici vennero investiti da una violentissima luce, mentre il suo
corpo perdeva energia e cadeva all'indietro come una marionetta cui vengono tagliati i fili. In un
istante Ratchet, First Aid e gli altri gli furono sopra per soccorrerlo, tuttavia Hot Rodimus non
riusciva più a vederli, udendoli a malapena: davanti a lui infatti scorgeva solo la figura di un
Minicon, le cui fattezze, dopo un istante di incertezza, gli risultarono immediatamente familiari.
“Alpha Trion?” chiese.
“Sì,” rispose la figura evanescente, “sono proprio io.”
16 – Nella Matrice
I sensori di Hot Rodimus erano quasi impazziti, nel tentativo di dare un senso al bizzarro spazio nel
quale il Transformer si trovava in quel momento: un tunnel cilindrico di energia vorticante dai
colori cangianti, oltre il quale si scorgeva un punto luminoso posto a distanza infinita. Il
Cybertroniano si trovava come sospeso nell'occhio di uno strano ciclone orizzontale, il suo corpo
come privo di peso e sostanza, con davanti l'immagine spettrale di Alpha Trion, il Minicon che per
milioni di megacicli aveva guidato gli Autobots... e ucciso da Megatron circa tre anni prima.
“Com'è possibile?” chiese Hot Rodimus, “Dove siamo?”
Il Minicon gli rivolse un sorriso quasi paterno.
“È bello rivederti, Hot Rodimus.” rispose, “So che avrai moltissime domande, tuttavia il nostro
tempo è pochissimo: perciò ascolta questo vecchio Cybertroniano con attenzione, perché non avrò il
tempo di ripetermi.”
Hot Rodimus tacque, segno che aveva capito l'urgenza dell'altro, così Alpha Trion iniziò il suo
racconto.
“Ho vissuto a lungo,” disse, “tuttavia temo non abbastanza: non lo dico per compiangermi,
solamente adesso avrei voluto avere più tempo a mia disposizione, in modo da terminare tutte le
faccende che avevo in sospeso. Tra tutte, ce n'era una che mi premeva in modo particolare, così,
quando ebbi il presentimento che la mia esistenza stesse per finire, cercai di fare tutto il possibile
per tramandare il segreto che mi portavo dentro da tempo immemorabile... Pensai di affidarlo a
Ultra Magnus, che stavo cercando disperatamente di completare nei miei ultimi istanti, tuttavia
Megatron giunse troppo presto, interrompendo la mia opera prima che fosse completa.”
Alpha Trion fece una breve pausa, poi proseguì:
“Ero danneggiato in modo terminale, senza possibilità di riprendermi. Avevo una sola possibilità,
ma si trattava di un azzardo: se le mie impressioni si fossero rivelate errate, forse avrei
semplicemente contribuito a complicare ulteriormente l'esistenza di uno dei miei figli...”
Alpha Trion comprese dall'espressione di Hot Rodimus di aver confuso il suo interlocutore, così
fece un passo indietro e si spiegò meglio.
“Per centinaia di megacicli, la Matrice è stata custodita da Sentinel Prime,” disse, “prima che con la
sua tragica morte ne ereditassi il possesso insieme alla leadership degli Autobots. Col tempo, iniziai
a provare una strana sensazione... Alcune razze credono che lo spirito – l'equivalente organico della
Scintilla – dei loro defunti rimanga per sempre al loro fianco: ebbene, anch'io iniziai a sentire
qualcosa di molto simile. In momenti di grave difficoltà, quando la mia posizione richiedeva di
compiere scelte particolarmente difficili, sentivo la presenza di Sentinel Prime al mio fianco che mi
consigliava e guidava la mia mano; poi un giorno, pochi cicli prima dell'attacco Decepticon in cui
persi la mia Scintilla, il mio vecchio compagno mi apparve, esattamente come io sto facendo con te
in questo momento, per avvertirmi del pericolo incombente.”
Hot Rodimus ascoltava a bocca aperta, ancora incredulo nonostante stesse provando quella
medesima esperienza in prima persona. Alpha Trion capì che sarebbe servita un'ulteriore prova per
convincerlo, così decise di fornirgliela.
“Credo che col passare del tempo, parte della Scintilla del custode della Matrice arrivi a fondersi
con essa.” spiegò, “Essendo stato il suo guardiano più a lungo di ogni altro, la mia impronta su di
essa è molto forte: per questo sono riuscito a portare la tua coscienza qui, al suo interno, e parlarti in
maniera tanto semplice. Ma ora osserva ciò che si trova alle mie spalle: non noti nulla?”
Hot Rodimus guardò, ma a parte lo sconfinato vortice e la luce oltre esso, non riusciva a distinguere
nulla. Poi però si rese conto che dietro Alpha Trion c'era un'altra sagoma, molto meno definita e
consistente della sua. Ne riconobbe infine le fattezze: era senza ombra di dubbio Sentinel Prime, il
primo, storico leader degli Autobots.
Istintivamente, Hot Rodimus si toccò il torace e chiese:
“Questo vuol dire che..?”
“Esatto.” rispose Alpha Trion, “Anche tu hai portato la Matrice per qualche tempo, una minuscola
parte di te si trova qui... e anche un frammento della coscienza di qualcun altro a noi molto vicino.”
Hot Rodimus comprese immediatamente.
“Optimus Prime!” esclamò.
Alpha Trion annuì compiaciuto.
“Vedo che Optimus Prime ha scelto bene, consegnando a te la Matrice.” disse poi, “Anche io presi
la giusta decisione, affidandola a lui: si è dimostrato un grande leader, che si è sacrificato senza
indugio per il bene della sua gente e di tutte le creature viventi della galassia... ne siamo tutti molto
fieri.”
Il Minicon fece una breve pausa, poi proseguì:
“Devo confessarti che, in circostanze normali, non avrei scelto lui per il ruolo di mio successore:
c'erano Autobots molto più esperti, tuttavia farlo entrare in possesso della Matrice poteva essere la
mia ultima chance di riferirgli un importantissimo messaggio che lo riguarda.”
In quell'istante, la figura di Alpha Trion si fece meno definita, come se fosse attraversata dallo
sfarfallio di un monitor; il Minicon se ne accorse, facendosi impaziente e preoccupato.
“C'è poco tempo.” disse, “Adesso ti restituirò il tuo corpo: non appena sarai operativo inserisci la
Matrice nel corpo di Optimus Prime, al resto penseremo noi tre.”
Mentre si sentiva svanire da quella strana dimensione, Hot Rodimus fece in tempo a fare un'ultima
domanda:
“Tre?”
Alpha Trion sorrise, e indicò la luce in fondo al vortice.
“Sì, figliolo.” disse, “Sentinel Prime, io... e Primus.”
Con l'eco di queste parole in mente, Hot Rodimus sparì.
Un istante dopo, Hot Rodimus si ritrovò sul pavimento dell'infermeria della base terrestre, coi
compagni chini su di lui nel tentativo di risvegliarlo da quella specie di stasi in cui era caduto
all'improvviso.
“Tutto a posto?” chiese Ratchet, che lo stava esaminando con uno dei suoi apparecchi di
diagnostica, ma il Transformer cremisi non gli rispose, alzandosi in tutta fretta e recandosi al
capezzale di Optimus Prime.
“Hot Rodimus?” chiese First Aid, confuso dal gesto, ma il caposquadra ignorò anche il Minicon,
aprendo il vano sul proprio torace ed esponendo la Matrice.
Fu solo quando prese ad armeggiare con il corpo di Optimus Prime, spalancando anche la sua
piastra toracica, che entrambi i medici entrarono in azione, scattando in avanti nel tentativo di
fermarlo, qualunque cosa stesse facendo.
“Fermati!” gli intimò Ratchet, “Lo shock di ricevere la Matrice potrebbe destabilizzare
definitivamente la Scintilla e...”
Ma era ormai troppo tardi.
Hot Rodimus aveva già estratto l'artefatto luminoso dal suo corpo, inserendolo in quello inerte di
Optimus Prime. Quando Ratchet riuscì a immobilizzare Hot Rodimus e a costringerlo ad
allontanarsi dall'altro Transformer, il torace di Optimus Prime si stava già richiudendo, accogliendo
al suo interno la potente fonte di energia; un istante dopo, i sensori ottici di Optimus Prime
brillarono d'azzurro, mentre il suo corpo veniva scosso da spasmi simili a convulsioni.
“Dobbiamo estrarla!” esclamò First Aid, tentando di immobilizzare Optimus Prime, ma il suo esile
corpo venne improvvisamente scagliato all'indietro dal materializzarsi di un accecante bagliore
bianco, che lo scaraventò addosso al resto dei suoi compagni, anch'essi incapaci di avvicinarsi.
Ratchet afferrò Hot Rodimus per le spalle, facendolo voltare per guardarlo in viso.
“Che cos'hai fatto?!?” chiese.
Ma il caposquadra sembrava incapace di rispondere.
“Alpha Trion...” mormorava, “Ho fatto come ha detto Alpha Trion...”
17 – Risveglio
Su Cybertron, il gruppo di Ironhide si trovava in una situazione decisamente pericolosa. Ovunque si
voltasse, il Transformer rosso non vedeva altro che Rapticons pronti all'attacco, mentre davanti a lui
si trovava Apeface, la cui piastra facciale celava un ghigno di soddisfazione per l'apparentemente
facile vittoria che lo aspettava.
“Arrendetevi, Autobots!” intimò il Triple Changer, “Vi assicuro che se lo farete avrete un equo
processo prima di essere giudicati.”
“Ho già provato sulla mia corazza l'idea di giustizia dei Quintessenziani,” rispose Ironhide, “e non
mi è affatto piaciuta: preferisco morire che divenire il balocco di quei maledetti alieni pieni di
facce.”
Apeface scosse il capo.
“Mi spiace che la pensi così,” disse, “vuol dire che non mi lasci scelta. Rapticons, attaccate!”
Su comando del Triple Changer, le decine di grifoni metallici appollaiate sui tetti circostanti si
lanciarono in picchiata sul piccolo gruppo di Autobots, i quali si apprestavano a reagire consci che
la loro battaglia era senza speranza.
Lo stesso sole di Cybertron venne oscurato mentre gli Horrorcons riempivano l'aria... ma solo in un
secondo momento gli Autobots si resero conto che, a privarli della luce, non erano stati loro, bensì
un immenso oggetto metallico che stava precipitando in mezzo a loro.
“Fate largo a re Wreck-Gar!!!” udirono all'improvviso tutti i presenti, mentre con uno schianto a dir
poco spaventoso una delle gambe di Trypticon atterrò nel bel mezzo del campo di battaglia,
schiacciando tutti i Rapticons abbastanza sfortunati da trovarsi sotto di essa.
“I Junkions?!?” esclamò Kup, più sorpreso degli stessi Decepticons.
Evidentemente Wreck-Gar e i suoi avevano in qualche modo rimesso in piedi l'arto staccato a
Trypticon poco prima, facendolo procedere un balzo dopo l'altro in direzione del centro di Iacon. La
fortuna li fece giungere lì proprio in quel momento, salvando Ironhide e i suoi da una fine certa.
Tutti i Junkions a bordo del bizzarro mezzo di trasporto si gettarono immediatamente sugli
Horrorcons, ribaltando in un istante la disperata situazione; i Decepticons invece erano in preda al
panico, al punto che lo stesso Apeface faticava a capacitarsi dell'accaduto.
“Impossibile...” mormorava, osservando la gamba di Trypticon che torreggiava su di lui in
equilibrio precario; il Triple Changer venne infine scosso dal suo stato di trance da un grido.
“Non dovresti distrarti in mezzo a una battaglia,” urlò Ironhide, “o finirai per farti male!”
Così dicendo, il Transformer cremisi mollò un sonoro colpo al volto del Triple Changer col calcio
del fucile, facendolo cadere all'indietro. Prima che il Decepticon potesse riprendersi, Ironhide gli fu
addosso, inchiodandolo al suolo col proprio peso e vuotandogli un intero caricatore in pieno petto.
Al termine del trattamento, Apeface era finito in Blocco Statico, la sua mascherina attraversata da
una vistosa ammaccatura e il suo torace fumante e pieno di fori; soddisfatto, Ironhide ricaricò l'arma
e si mise alla ricerca del suo prossimo bersaglio.
Il suo entusiasmo venne però frenato da Kup.
“Lasciamo che ci pensino i Junkions qui,” disse il Minicon, trattenendo il compagno per una gamba,
“approfittiamo della confusione per dirigerci verso il centro di comando!”
Sebbene a malincuore, Ironhide dovette ammettere che la proposta di Kup era la cosa più sensata da
fare. Fece cenno ai compagni più vicini di seguirlo, poi si trasformò e fece rotta a tutta velocità
verso il centro di Iacon.
Quando la luce cessò, nessuno dei presenti poteva credere ai suoi sensori ottici.
In piedi davanti a loro, al centro dell'infermeria, si trovava Optimus Prime, tornato apparentemente
nel pieno delle sue funzionalità.
E c'era di più: il suo aspetto era radicalmente cambiato, quasi si fosse sottoposto a una
riformattazione senza l'ausilio di un apparecchio esterno.
I suoi avambracci erano ora completamente blu, dal ventre era scomparso il muso del camion in cui
si tramutava, i cristalli sul torace e sulle spalle avevano cambiato forma, assumendone una più
irregolare. Anche la testa era diversa, priva delle parti cromate ai lati, con le appendici che la
circondavano più appuntite.
Inizialmente tutti i suoi compagni erano troppo attoniti per proferire parola, fu così che il primo a
dire qualcosa fu lo stesso Optimus Prime, il quale semplicemente esclamò:
“Salve a tutti.”
Il primo a scuotersi dal torpore fu Jazz.
“Prime?” chiese.
“Certo,” rispose l'altro, “chi altri dovrei essere?”
Fu solo allora che parve accorgersi di quanto fosse cambiato, prendendo a osservare le sue mani e le
sue braccia.
“In effetti c'è stato qualche cambiamento.” disse; poi, guardando gli altri, aggiunse:
“Ma a quanto vedo, non sono stato l'unico.”
Il suo sguardo si fermò su Hot Rodimus, al quale poi disse:
“Alpha Trion mi ha chiesto di ringraziarti.”
L'altro Transformer rimase ancora un momento in silenzio, poi chiese:
“L'hai visto anche tu? Cosa ti ha detto?”
Optimus Prime si fece serio.
“Molte cose.” disse, “Mi ha parlato di un grande pericolo e del motivo per cui ha lasciato a me la
Matrice... ma soprattutto mi ha rivelato che né io, né Ultra Magnus, proveniamo da Cybertron. Oh,
a questo proposito...”
Prima che chiunque potesse approfondire la questione delle origini, Optimus Prime si voltò verso il
compagno appena menzionato, ancora inerte alle sue spalle; avvicinandosi, il leader degli Autobots
spalancò la sua piastra toracica, portando ancora una volta alla luce la Matrice.
“È giunto il momento di risvegliare anche la tua vera natura, amico mio.” disse, e un istante dopo
lui e Ultra Magnus vennero avvolti da una sfera di luce intensa. Quando questa si dissipò, anche
l'altro Autobot era nuovamente in piedi, anch'egli con un aspetto radicalmente differente dal
precedente.
Il suo corpo era più scuro, meno azzurro e più blu, inoltre le decorazioni sulle sue gambe, la forma
del bacino e del torace erano completamente diverse da prima. Era sparito dalle spalle l'abitacolo
del camion della sua precedente forma alternativa, al suo posto si trovava invece il muso di un
mezzo molto più avveniristico, benché fossero rimaste le protuberanze dalle quali proiettava i suoi
campi di forza. Il volto era lo stesso, tuttavia i suoi sensori ottici avevano assunto un colore giallo,
mentre l'elmo, pur conservando le medesime proporzioni, era ora blu con fregi differenti.
La piastra toracica di Optimus Prime si richiuse, mentre il leader degli Autobots si scambiava uno
sguardo d'intesa col compagno ritrovato.
“Dobbiamo andare.” disse poi, precipitandosi fuori dall'infermeria seguito da Ultra Magnus. I due
giunsero nel corridoio in un istante, e solo allora Optimus Prime si rese conto di non avere idea di
dove si trovasse.
“Da questa parte!” esclamò Ultra Magnus, svoltando a destra, “Non so perché, ma a quanto sembra
ci troviamo nella vecchia base dei Decepticons... pare che ci siamo persi un bel po' di cose, durante
la nostra stasi.”
Così dicendo, i due sparirono in direzione dell'elevatore per la superficie.
18 – Una spaventosa potenza
A mezzo mondo di distanza, Metroplex era ancora impegnato nella lotta contro la stupefacente e
apparentemente inarrestabile astronave di Scorponok.
Nonostante l'intervento delle forze militari giapponesi, il Triple Changer sembrava ancora essere in
vantaggio, nonostante Slammer prestasse le sue conoscenze tattiche coordinando le azioni del
gigante Autobot con quelle dei terrestri.
Per Scorponok, l'inconveniente della distruzione del suo pungiglione era poco più di una seccatura:
aveva ancora molte armi a sua disposizione, come ben presto i suoi nemici avrebbero imparato a
loro spese.
Inviò attraverso l'interfaccia il comando di trasformazione, facendo assumere alla Mega Zarak le
sue fattezze di robot, per poi portare il braccio destro alla gamba: su di essa si aprì un'enorme
paratia, all'interno della quale si trovava un gigantesco fucile. Immediatamente mise Metroplex
sotto tiro e aprì il fuoco: il colpo andò a segno, liquefacendo il lato sinistro della testa del colosso
bianco e parte della spalla.
“Ferraille!” esclamò l'Autobot: i danni subiti in precedenza l'avevano reso lento, impedendogli di
evitare completamente il colpo.
Deciso a non concedere al nemico un secondo tentativo, Metroplex scattò in avanti, menando un
montante col quale intendeva disarmare il nemico. Con sua grande sorpresa, fu lo stesso Scorponok
a gettare il fucile: con una mossa fulminea, la chela sinistra di Mega Zarak si serrò attorno alla gola
dell'avversario, mentre con la destra cercò qualcosa sulla schiena. Quando la riportò in avanti, essa
reggeva una grosso scudo di forma esagonale terminante in una tenaglia, le cui estremità brillavano
per l'ingente quantitativo di Energon che le attraversava.
“Addio, Autobot!” esclamò Scorponok, e così dicendo si preparò ad assestare il colpo di grazia
all'avversario.
Frattanto, in pieno Oceano Atlantico, Optimus Prime e Ultra Magnus si trovavano in cima alla torre
ascensore dalla quale un tempo i Decepticons decollavano per compiere i loro raid ai danni degli
esseri umani.
“Sei pronto?” chiese Optimus Prime al compagno, il quale annuì.
Un istante dopo, il corpo di Ultra Magnus parve esplodere, dividendosi in una miriade di pezzi che
si assemblarono poi su quello di Optimus Prime, in guisa di un'armatura.
Gli avambracci di Ultra Magnus divennero una coppia di bracciali, mentre le spalle di Optimus
Prime vennero coperte dal torace diviso in due del compagno; le spalle di Ultra Magnus si
ricongiunsero per proteggere il petto di Optimus Prime, mentre gambe e bacino divennero
rispettivamente gli schinieri e una protezione per il basso ventre. Sulla schiena del leader degli
Autobots comparve una coppia di pseudo ali inclinate di quarantacinque gradi verso l'alto, mentre il
volto di Ultra Magnus sparì nell'elmo, che si saldò alla testa dell'altro, il cui viso venne coperto da
una piastra facciale cremisi.
L'unione dei due stavolta era perfetta: non provavano il minimo dolore, inoltre si sentivano in grado
di fare qualsiasi cosa.
“Andiamo.” dissero le voci dei due Autobots all'unisono, mentre saggiavano il campo magnetico
terrestre e imparavano a plasmarlo secondo il loro volere; un istante dopo, il robot in cui si erano
fusi si librò in volo sfruttando il fenomeno della repulsione, per poi sparire all'orizzonte verso
occidente a tutta velocità.
Un istante prima che Scorponok trafiggesse Metroplex, il Triple Changer ricevette l'avviso di un
messaggio in arrivo.
“Proprio all'ultimo istante, eh Autobots?” pensò, mentre deviava la comunicazione direttamente al
proprio cervello elettronico: finalmente i suoi avversari dovevano essersi decisi a consegnargli la
Matrice.
Quando udì la voce di Hot Rodimus nella propria testa, Scorponok pensò che la sua previsione
fosse corretta; tuttavia, non appena sentì cosa aveva da dirgli il caposquadra Autobot, il Triple
Changer andò su tutte le furie.
“È finita, Scorponok.” disse il Transformer cremisi, “Optimus Prime e Ultra Magnus sono
finalmente usciti dalla stasi, stanno venendo lì da te... sai bene cosa significa tutto questo, vero?”
Ovviamente il Triple Changer era a conoscenza della straordinaria potenza mostrata dalla loro
unione, tuttavia non poteva credere che le parole dell'Autobot corrispondessero a verità: per Zarak,
non poteva essere stato tutto inutile, doveva trattarsi solo di un espediente per guadagnare tempo.
Scorponok chiuse la comunicazione, tornando a concentrarsi su Metroplex. I patetici tentativi
dell'aviazione giapponese di impedire l'esecuzione del gigante bianco lo infastidivano a malapena:
strinse la presa sul collo dell'avversario, portando indietro il braccio con cui reggeva l'arma
potenziata dall'Energon e infine affondò.
Sentì il violento impatto della tenaglia percorrere l'arto con cui aveva vibrato il colpo, eppure gli
sembrò che non fosse giunto in profondità come avrebbe dovuto...
Fu allora che percepì come una forza invisibile bloccargli il braccio, un tenue bagliore che aveva
arrestato la corsa del suo attacco a pochi metri dal bersaglio.
In quell'istante, una piccola figura rossa e blu scese elegantemente dal cielo, frapponendosi tra la
Mega Zarak e Metroplex, sospesa a mezz'aria tra i due colossi in campo.
“Basta così, Scorponok.” disse Omega Prime, come venne poi battezzata l'unione definitiva tra
Optimus Prime e Ultra Magnus, “Questa battaglia – anzi, questa guerra – ha fine in questo preciso
momento.”
La comparsa di Omega Prime fu sufficiente a far perdere a Scorponok parte della sua
determinazione: nonostante la differenza di stazza, sapeva che si trattava di un nemico formidabile.
Provò ancora una volta ad affondare per infliggere a Metroplex il colpo di grazia, ma invano.
Omega Prime invece fece un gesto con la mano destra, rivolgendola verso il braccio con cui la
Mega Zarak aveva serrato il collo di Metroplex, e Scorponok sentì la presa scivolargli via, mentre la
chela si apriva contro la sua volontà e il Transformer bianco si liberava dalla sua morsa.
Scorponok decise di indietreggiare di un passo, non rendendosi conto che anche il suo corpo reale
lo stava facendo: tale era lo sgomento che provava di fronte al nuovo avversario che perse la sua
concentrazione, indispensabile per utilizzare correttamente l'interfaccia Brainmaster.
Il pensiero di essere ormai a un passo dalla Matrice risvegliò tuttavia il suo orgoglio di guerriero: se
avesse abbattuto anche quell'ostacolo, nient'altro l'avrebbe diviso dall'oggetto dei suoi desideri.
Decise di credere nella propria forza e in quella della sua astronave, che non a caso era stata
progettata per il confronto col nemico della sua intera esistenza, ripetendosi che poteva farcela.
Scorponok serrò la guardia proteggendosi con lo scudo, pronto all'assalto. Scattò in avanti col suo
passo pesante, che scosse le fondamenta stesse della città di Tokyo, mentre il suo pugno scendeva
come un gigantesco maglio contro l'esile figura di Omega Prime, del tutto immobile di fronte a lui.
Nonostante tutto il colpo nuovamente non andò a segno, bloccato da un potentissimo campo di
forza che arrestò la sua corsa, appena pochi centimetri sopra il capo del suo avversario.
Lo sguardo di Omega Prime si fece mortalmente serio e deciso.
“Ho detto che questa guerra è finita!!!” sentenziò, e così dicendo portò in avanti entrambe le
braccia, con le mani aperte e i dorsi di queste ultime uno contro l'altro; quando li separò aprendo
lentamente le braccia, il torace stesso della Mega Zarak si lacerò come carta, diviso da un potente
campo d'energia a forma di cuneo e in continua espansione.
Lo shock fu tale che Scorponok dovette separarsi dall'interfaccia per il feedback.
“Maledizione!” esclamò, “Maledizione!!!”
Ma il suono del suo urlo venne coperto dal rumore dell'esplosione dell'astronave.
19 – Fine della guerra
La colonna di fuoco che si sprigionò alla distruzione della Mega Zarak fu visibile anche dalla
periferia di Tokyo. Omega Prime sfruttò il suo controllo sui campi magnetici per far sì che l'onda
d'urto si scaricasse verso l'alto senza provocare ulteriori danni alla città, che ne aveva subiti già fin
troppi. Le squadre di Slammer comunque erano già al lavoro, prestando il loro aiuto a chi si trovava
in difficoltà e sgombrando le strade dai detriti per permettere l'arrivo dei mezzi di soccorso terrestri.
Chi non ebbe bisogno di assistenza per liberarsi dalle macerie che l'avevano sepolto invece fu
Scorponok. Il Triple Changer era infatti riuscito a utilizzare l'espulsione d'emergenza per sfuggire
all'esplosione della sua astronave, precipitando però fra i detriti di un edificio abbattuto durante lo
scontro; trasformandosi in un futuristico mezzo escavatore riuscì tuttavia a trarsi infine d'impiccio,
tornando in breve a vedere la luce del sole.
Ad attenderlo in superficie si trovavano però due figure che, nonostante alcune differenze rispetto a
quanto ricordava, riconobbe immediatamente come Optimus Prime e Ultra Magnus.
Istintivamente, Scorponok si trasformò in uno scorpione metallico e attaccò, menando un letale
fendente verso il torace del leader Autobot con la coda acuminata: ancora una volta fu tutto inutile,
poiché Ultra Magnus intercettò l'assalto, rinchiudendo Scorponok in una bolla d'energia dalla quale
non aveva speranza di fuggire.
Optimus Prime, rimasto immobile fino a quel momento, mosse un passo verso Scorponok.
“Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.” disse, “Adesso contatterai i tuoi alleati su Cybertron,
ordinando loro di arrendersi.”
Scorponok riassunse le sue normali fattezze di robot, gettando un'occhiata di sfida a Prime.
“E se mi rifiutassi?” chiese.
Il leader degli Autobots si voltò verso Ultra Magnus, il quale rispose con un cenno del capo:
immediatamente, la bolla in cui era rinchiuso Scorponok si fece più piccola, al punto che il Triple
Changer ne avvertì la pressione sul suo corpo.
“Questa non è una richiesta, Scorponok.” sentenziò Optimus Prime, “Farai semplicemente ciò che ti
dico.”
Su Cybertron, la battaglia era giunta alle porte della residenza della corte Quintessenziana, nell'ex
centro di comando Autobot di Iacon.
Nonostante la quasi totale insonorizzazione delle sue stanze, Alpha Quintesson percepì le vibrazioni
generate dallo scontro durante il suo riposo, affrettandosi a chiamare i suoi attendenti.
“Vashik!” esclamò, ma non ottenne risposta.
“Kledji! Rexian! Sevax!” ancora una volta nulla.
“Ghyrik... qualcuno!”
Poiché nessuno sembrava accorrere alla sua chiamata, Alpha Quintesson si scollegò da solo
dall'apparecchio che monitorava le sue funzioni vitali attraverso il guscio contenente il suo corpo
vecchio e stanco, uscendo dalle sue stanze. Non appena l'alieno fu in corridoio, il boato della
battaglia lo investì con tutta la sua violenza.
“Per i miei cinque volti!” esclamò con voce tremante, “Che sta succedendo qui?”
Così dicendo, si diresse strisciando verso la sala del trono, sobbalzando ogniqualvolta un colpo di
mortaio cadeva troppo vicino alla fortezza.
Il piccolo gruppo di Ironhide si era ricongiunto col grosso delle forze capitanate da Roadbuster e
Twin Twist, mentre Whirl e Topspin si occupavano della retroguardia. Wreck-Gar e un manipolo di
Junkions avevano deciso di seguire gli Autobots fino al centro di Iacon, desiderosi di vedere la fine
di quella storia.
L'ultimo ostacolo per ottenere l'accesso al vecchio centro di comando Autobot era costituito da un
manipolo di droni Quintessenziani, le cui fruste elettrificate erano ben poca cosa di fronte alla
rabbia troppo a lungo repressa degli assalitori. In breve il portone venne sfondato, gli Autobots
sciamarono all'interno dell'edificio, abbattendo tutte le difese automatiche e i droni di sicurezza che
incontravano e facendo prigioniero ogni Quintessenziano.
Posti di fronte alla sconfitta, i membri della corte di Alpha Quintesson decisero di optare per la
ritirata: scortati dalla loro guardia personale, iniziarono a dirigersi il più in fretta e discretamente
possibile verso le loro astronavi personali, ancorate nel cortile posteriore dell'edificio; molti altri
Quintessenziani, appartenenti però a caste inferiori, li supplicarono di portarli via con loro, offrendo
le loro ricchezze in cambio della salvezza, ma ogni volta che uno di essi si avvicinava, un drone
della scorta li allontanava, colpendoli ripetutamente e senza pietà con la frusta.
Solo per puro caso che la loro fuga non riuscì. Wreck-Gar incappò nel loro gruppo mentre vagava
nei meandri del palazzo spinto dalla sua insaziabile curiosità, accompagnato da un Junkion cui
aveva donato l'occhio di Trypticon: il malcapitato l'aveva collegato in maniera rudimentale al
proprio sensore ottico, trasportandolo date le dimensioni con entrambe le braccia e ruotandolo con
esse per guardarsi intorno.
Non appena i due vennero individuato dai droni di scorta, questi ultimi attaccarono
immediatamente, ma resistettero meno di un minuto di fronte alla spaventosa potenza del re dei
Junkions.
“Inchinatevi di fronte a Wreck-Gar!” intimò l'ex Autobot ai quattro alieni.
Non possedendo ulteriori difese, Lord Rexian decise di tentare di stringere un accordo con il
Junkion, nella speranza di convincerlo a lasciarli andare.
“Salute a te, nobile Wreck-Gar!” disse, mostrando il volto sormontato da una grossa corona verde
scuro.
Wreck-Gar lo scrutò interessato.
“Sei forse tu Alpha Quintesson?” chiese.
Rexian comprese che, malgrado la sua forza, il suo interlocutore pareva possedere una mente
semplice, così decise di tentare di raggirarlo.
“Purtroppo no,” rispose, “ma se ce lo permetterai, andremo a chiamarlo e lo porteremo qui da te.”
Dopo aver pronunciato queste parole, Rexian cambiò volto, passando a quello rubicondo, nella
speranza di accattivarsi le simpatie del Junkion. Questi invece si chinò verso di lui e, con sguardo
interrogativo, domandò:
“E tu chi sei? Forse Alpha Quintesson?”
Rexian rimase un momento interdetto, poi disse:
“No, ho detto che non sono io. Ma se me lo permetterai...”
“E quando l'hai detto?” incalzò Wreck-Gar.
Rexian stava per perdere la pazienza, così passò al volto scavato dall'espressione truce.
“Poco fa!” esclamò, ma Wreck-Gar invece di capire era sempre più confuso.
“Poco fa cosa?” chiese, “E tu chi sei? E dove sono i due di prima?”
Rexian all'apice della furia iniziò a urlare una serie di improperi, ma venne ben presto zittito da
Lord Sevax che, memore del destino cui erano andati incontro i droni, non desiderava affatto
suscitare le ire del Junkion.
“Suvvia...” disse, “Adesso smettiamola di litigare e comportiamoci come si conviene: o potente
Wreck-Gar, lascerai che andiamo a chiamare Alpha Quintesson per te?”
Il re dei Junkions stava per accettare la proposta del Quintessenziano, quando sulla scena
comparvero Bluestreak e Searchlight, accompagnati da alcuni altri Autobots.
“Eccoli qua!” esclamò il Transformer azzurro, “Ottimo lavoro Wreck-Gar, non fosse stato per te, i
membri della corte ci sarebbero sfuggiti!”
Pur non comprendendo l'accaduto, Wreck-Gar accettò i complimenti e, mentre gli Autobots
scortavano gli alieni nel luogo in cui erano radunati i loro compagni, li seguì ridendo e gongolando.
I Quintessenziani vennero così portati nella sala del trono, dove gli Autobots trattenevano sotto
stretta sorveglianza molti dei loro simili. Tuttavia con c'era ancora nessuna traccia del loro leader:
fu solamente dopo che Vashik, Rexian, Kledji e Sevax furono messi a loro volta agli arresti che
Alpha Quintesson fece finalmente il suo ingresso da una delle entrate secondarie.
“Che succede qui?” chiese con voce tremante, “Che ci fanno qui tutti questi Cybertroniani?”
Alpha Quintesson in realtà capiva benissimo cosa stava accadendo: ancora una volta, lui e la sua
razza erano stati sconfitti dai loro stessi figli. Tuttavia non poteva credere ai suoi occhi, così si
aggrappò all'ultima speranza che le cose non fossero realmente come sembravano.
“Dov'è Sixshot?” chiese, disperato.
Per tutta risposta, il corpo in stasi del Six Changer venne lanciato come una bambola di pezza verso
di lui, atterrando a poca distanza con un violento tonfo, che per poco non fece finire a terra anche il
vecchio Quintessenziano.
“Lui non potere più sentire te.” disse Grimlock, avanzando verso il centro della sala; il corpo del
Triple Changer presentava un'infinità di danni e ferite, anche gravi, tuttavia non quanto quelle
dell'avversario ora ai suoi piedi: non appena Grimlock lo aveva messo fuori gioco, il resto dei
Decepticons si era arreso o dato alla fuga, permettendo agli Autobots di avanzare più agevolmente.
Alpha Quintesson strisciò più rapidamente che poté verso Sixshot, afferrandone il capo con le
quattro braccia nella speranza di farlo ridestare, mormorando il suo nome come un mantra.
Roadbuster mosse alcuni passi verso l'alieno, poi disse:
“Alpha Quintesson, a nome di tutta Cybertron, chiedo a te e a tutta la tua gente di arrendersi.”
Ma il Quintessenziano non rispondeva, incapace nella sua disperazione di comprendere le parole
che gli venivano rivolte.
Una voce si levò invece dal gruppo di Quintessenziani prigionieri: era Lord Kledji.
“Quando Scorponok sarà qui, vedremo chi dovrà arrendersi!” esclamò, usando il volto adorno di
spuntoni neri e gialli.
Roadbuster lanciò un'occhiata di sfida all'alieno.
“Ma davvero?” disse beffardo, “Lo stesso Scorponok che vi ha abbandonato per recarsi sulla
Terra?”
Lord Kledji tacque: in effetti gli sembrava strano che il loro alleato non fosse ancora lì, tuttavia non
volle perdere la speranza e si rifugiò in un dubbioso silenzio; a distruggere le sue aspettative, si fece
avanti un Autobot con un comunicatore, segnalando una chiamata proveniente proprio dalla Terra.
Roadbuster diede disposizioni affinché la trasmissione venisse deviata sul monitor principale della
stanza e, quando finalmente comparì l'immagine, ogni speranza residua dei Quintessenziani venne
distrutta: Scorponok era in ginocchio, le braccia legate da ceppi, guardato a vista dai redivivi
Optimus Prime e Ultra Magnus.
Mentre la disperazione si impadroniva degli alieni, i Cybertroniani esplosero in un boato di grida di
gioia e festeggiamenti: la guerra era davvero finita, erano nuovamente liberi e il loro amato leader
era tornato.
20 – Una nuova minaccia
Scorponok osservò la felicità dei Cybertroniani attraverso il piccolo monitor del dispositivo di
comunicazione che gli era stato posto davanti; in teoria avrebbe dovuto servire per fargli chiedere la
resa dei Quintessenziani su Cybertron, tuttavia a quanto sembrava gli Autobots erano riusciti a
ottenere la vittoria anche senza.
Non provava alcun dispiacere per i suoi alleati, tuttavia la bruciante umiliazione subita nell'essere
stato sconfitto così facilmente lo spinse a proiettare fuori tutta la sua rabbia, urlando una serie di
insulti verso i Cybertroniani a un universo di distanza.
“Siete solo dei poveri ammassi di rottami senza cervello!” gridò, “Godetevi questa vittoria, perché
sarà per poco: presto andrete incontro alla totale distruzione!”
Quasi tutti pensarono ai vaneggiamenti di un pazzo, alle maledizioni di un nemico troppo
orgoglioso per ammettere la sconfitta, ma non Alpha Quintesson.
Nell'udire quelle parole, abbandonò il capezzale di Sixshot e strisciò verso lo schermo, sollevando il
capo protetto dalla celata.
“Vuoi dire che sta venendo qui?” chiese, “Che ha già distrutto Quintessa e adesso...”
“No,“ lo interruppe Scorponok, “Quintessa è salva. Ma... sì, il nemico ha cambiato rotta per la
prima volta dall'inizio della mia guerra contro di esso: ora è Cybertron a essere sulla sua strada.”
Pur non comprendendo appieno quella discussione, la maggior parte dei Cybertroniani ammutolì,
mentre un fioco ottimismo iniziò a pervadere i Quintessenziani.
“Ah!” rise Lord Sevax, adottando il volto rubicondo, “A quanto pare saremo noi gli ultimi a ridere,
Autobots... ora è il vostro mondo a essere condannato!”
Ironhide, che non poteva sopportare oltre la voce dell'alieno, intervenne dicendo:
“Forse ci prenderemo semplicemente il vostro pianeta, lasciandovi qui.”
Sevax e il resto dei Quintessenziani ammutolirono, mentre Kup fece cenno a Ironhide di imitarli e
di non intromettersi nella questione.
Si fece avanti Roadbuster, che esclamò:
“Si può sapere chi è questo nemico che temete così tanto? Basta misteri, adesso sono stufo!”
Scorponok, a un universo di distanza, iniziò a ridere.
“Davvero Grimlock non vi ha detto nulla?” chiese, “Eppure non è da lui avere dei segreti... forse
temeva che l'avreste lasciato a combattere da solo?”
Il Triple Changer chiamato in causa si fece avanti a sua volta, poi disse rivolto a Scorponok:
“Ora noi avere la Matrice. Noi potere vincere, stavolta.”
“Ma sai davvero come usarla?” chiese Scorponok, “Buon per te, perché io, che ne ho custodito una
su Zarak per tanto tempo, non ne ho davvero idea... potremmo persino aver perso tempo dietro a
una leggenda, per quanto ne sappiamo.”
Ultra Magnus scosse il Triple Changer prigioniero da dietro.
“Abbiamo visto la Matrice compiere un miracolo oggi stesso.” disse, “Quando verrà il momento,
sono certo che lo farà nuovamente.”
“Inoltre non hai ancora risposto alla mia domanda.” intervenne Roadbuster, “Chi è questo
misterioso nemico che minaccia Cybertron?”
Scorponok chinò il capo. Il solo pronunciare quel nome generava in lui un profondo disgusto e, se
avesse posseduto fluidi corporei come gli esseri organici, avrebbe certamente sputato su quel nome.
“Unicron.” disse infine, “Alcuni lo chiamano il Latore di Caos, altri il Divoratore di Mondi... forse
ne avrete già sentito parlare in alcune storie che si tramandano i vagabondi dello spazio, coloro che
a causa sua non hanno più un pianeta sul quale tornare.”
Nell'assordante silenzio che pervase la sala del trono, si levò all'improvviso la voce di Mirage, che
con lo sguardo cercò Kup.
“Ma come?!?” esclamò, “Credevo che Unicron fosse stato sconfitto megacicli fa, quando
Megatron...”
Le sue parole vennero interrotte dall'inaspettata risata di Alpha Quintesson.
“Siete solo dei poveri sciocchi...” disse, “Il tempo in cui siete stati separati dalla nostra razza non vi
ha certo giovato...”
Alpha Quintesson emise un suono simile a un colpo di tosse poi, improvvisamente, la celata che
copriva il suo volto emise uno sbuffo di vapore, mentre faticosamente e con un sinistro cigolio si
sollevava, rivelando per la prima volta le fattezze che si nascondevano sotto di essa.
Non è certo se sia stato a causa delle parole che l'alieno pronunciò dopo, oppure dal sentirle
provenire da un volto tanto familiare, fatto sta che improvvisamente tutti i presenti provarono un
brivido che scosse le loro stesse Scintille.
“Poveri pazzi,” disse l'alieno, il cui volto, benché decorato in rosso e nero, era identico a quello di
Alpha Trion, “credete davvero che ci saremmo presi la briga di tornare qui, se quello che avete
sconfitto tre megacicli fa fosse stato realmente Unicron?”
Epilogo
Se il resto degli Autobots provò una sensazione sgradevole nell'apprendere le ultime rivelazioni,
Optimus Prime era invece preda della più profonda disperazione.
Per tutto il tempo aveva ascoltato in silenzio, unico fra tutti i presenti a conoscere un particolare
che, se fosse stato reso noto, avrebbe certamente fatto perdere la speranza a tutti i Cybertroniani.
Si portò una mano al torace e pensò:
“Nessuno deve sapere.”
Adesso avrebbe dovuto risolvere la questione coi Quintessenziani, poi avrebbe interrogato
Scorponok e i suoi per ottenere più dettagli possibili sulla minaccia incombente, infine avrebbe
dovuto preparare le difese del pianeta per tentare di respingerla.
Tuttavia temeva che non ci sarebbe stata speranza, che stavolta Cybertron, già provato da
quest'ultimo conflitto, non sarebbe scampato alla distruzione.
Si chiese se il suo ritorno alla vita fosse valso il prezzo pagato per ottenerlo...
Si chiese, senza ottenere risposta, che cosa avrebbero fatto, ora che l'energia della Matrice era
completamente esaurita.
Fine della seconda stagione