Pitagora e il numero maledetto - Associazione Italiana del Libro

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Pitagora e il numero maledetto - Associazione Italiana del Libro
CHE COSA C’È
IN QUESTO LIBRO
Ci sono io, Pitagora
di Samo, voce narrante.
C’è la mia infanzia
e i miei primi maestri.
Ma c’è anche il ricordo
delle mie… vite precedenti.
Ci sono le mie avventure
in Medio Oriente, in Egitto
e a Babilonia.
Ci sono i miei
contrasti con
il tiranno Policrate.
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C’è la mia scuola a Crotone con i miei mille allievi
“amanti della conoscenza”.
Ci sono le mie
idee sulla
musica, sulla
matematica
e sulla buona
alimentazione.
C’è il famoso teorema
che porta il mio nome
e la scoperta di un
numero maledetto.
E infine c’è
un dizionarietto
di termini…
pitagorici.
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In tutto il mondo Pitagora è considerato l’autore del più famoso
teorema della storia. Non è proprio così, ma Pitagora già nel suo
tempo era un mito, una superstar popolare come un cantante rock.
Su di lui circolavano storie fantastiche e incredibili. Una cosa è
sicura: fu il primo sapiente in Occidente a definirsi “filosofo”, ovvero
“amante della conoscenza”, e fu tra i primi a innalzare la matematica
a regina delle scienze. Amò la musica e le creature viventi. Fu amato
e odiato, accolto e perseguitato. Ebbe molti allievi e tantissimi
ammiratori. Molti suoi insegnamenti erano strani, altri avevano
ragionevoli spiegazioni, alcuni sono tuttora misteriosi.
Ecco la sua vita raccontata da lui stesso, in bilico tra leggenda e
storia vera. Non meravigliatevi per qualche sua esagerazione, come
quando dice di essere la quarta incarnazione di un figlio del dio
Apollo. Pitagora era così: molto più di un dimostratore di teoremi,
molto più di un inventore di tabelline!
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Atene
Crotone
Samo
Mileto
Creta
MAR MEDITERRANEO
Cirene
Alessandria
Tiro
Babilonia
GOLFO
PERSICO
Pitagora nasce intorno al 575 a.C. in un’isola greca del mare
Egeo, poco distante dalla costa dell’attuale Turchia.
La sua vita è in gran parte avvolta nel mistero. È più simile
a quella di un autore di miracoli e di magie che a quella
di un matematico di oggi. Ma Pitagora è effettivamente
vissuto, immerso nella grande storia della sua era, quando
ancora la vita degli uomini si confondeva con quella degli dei.
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1. Io, Pitagora di Samo
Buongiorno a tutti, sono Pitagora,
Pit per gli amici, figlio di mamma
Partenide e di papà Mnesarco.
Benvenuti a Samo, libera isola
della Ionia. Io sono greco
un po’ per caso. Papà è di
origine fenicia, ma è cittadino
onorario di Samo.
Commerciava cereali, soprattutto
frumento. Li trasportava con la sua
nave dalla costa alle isole intorno.
Quando a Samo ci fu una terribile carestia,
papà arrivò con un carico di grano
e da allora tutta la cittadinanza gli
è riconoscente. Samo gli è piaciuta
ed è diventata la sua casa. Così sono
nato e cresciuto qui. Anche a me
quest’isola piace tantissimo.
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Ho due fratelli maggiori: Eunosto e Tirreno. Sono belli e
forti, ma non faranno grandi cose nella vita, a differenza
di me che ho un grande futuro. Lo ha predetto l’oracolo
di Delfi a mia madre quand’ero ancora nella sua pancia.
Ora papà è un ricco mercante che tratta anche gioielli.
Al mattino lo potete incontrare al porto, alla sera sotto
i portici dell’agorà, con l’aristocrazia
di Samo. Papà ci parla spesso della
Fenicia e di Tiro, la sua città
natale. È un luogo che vorrei
visitare e ha promesso che
mi porterà in uno
dei suoi viaggi.
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Per ora esploro la nostra isola, che è in pace con le città
e le nazioni vicine. Corro sulle sue spiagge, risalgo
i torrenti, raggiungo i picchi più alti e lassù mi siedo
ad aspettare il tramonto.
Talvolta osservo la costa del continente oltre il braccio
di mare che la separa da Samo. La si può raggiungere
nuotando, cosa che noi ragazzi facciamo spesso,
sfidandoci tra noi e sfidando le onde e le correnti.
Il più testardo di tutti si chiama Policrate. Vuole
vincere a tutti i costi, anche se è più piccolo di me.
Dice che vuole diventare un grande atleta e vincere
ai giochi di Olimpia. Detto tra noi, è quello
che desidero anch’io.
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A Samo, come in tutta l’antica Grecia, gli atleti sono
rispettati e coccolati. La ginnastica e la cura del corpo sono
considerate importanti fin dalla tenera età. Ogni città,
ogni isola cerca di allenare i suoi migliori giovani
per farli partecipare ai giochi che
si tengono ogni quattro anni
nella città di Olimpia.
Ai vincitori sono riservati
onori e gloria. Ad alcuni sono
persino dedicati poemi e
statue imponenti. È naturale
che il nostro giovanissimo
Pitagora voglia diventare
un grande atleta
e rappresentare la sua città
ai giochi. Ma il suo destino è
di diventare famoso, più di
tutti gli atleti della storia.
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2. Il dio di mio padre
Papà mi ha portato
a Tiro, dove è nato
e dove risiede
ancora parte della
sua famiglia. Vuole
presentarmi al tempio,
secondo la tradizione. Tiro è
una città sulla costa del paese che
oggi chiamate Libano. È stata a lungo assediata dai
Babilonesi e dal re Nabucodonosor in persona. Ora è una
città libera, ma deve ancora pagare tributi a questo re
guerrafondaio. Pensate che ha massacrato un intero
esercito egiziano, fino all’ultimo uomo. Ha raso al suolo
la città di Gerusalemme e ha deportato tutti i suoi
abitanti… insomma, un re terribile. Tiro si è salvata
per un soffio dalla sua ira.
Ma i Babilonesi, dice il mio papà, a Oriente hanno
nemici ancora più potenti: i Persiani.
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Il mio papà sa proprio tante cose. Ovunque facciamo
tappa, è riconosciuto, salutato e ospitato. Al tempio
di Tiro, dedicato al dio Melqart, sembra addirittura
che mi aspettino.
Melqart è simile al nostro Eracle, o Ercole, come lo
chiamano altri popoli. È il dio del coraggio e della forza
fisica e interiore, è protettore degli sport e fondatore
dei giochi olimpici.
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I sacerdoti di Melqart mi mostrano due colonne
che brillano anche al buio: una è rivestita d’oro,
l’altra di pietre preziose. Mi fanno
alcune domande e io per
fortuna conosco le risposte.
Annuiscono.
Poi mi accompagnano oltre
le colonne e mi indicano
l’orizzonte sul mare.
Un giorno capirò,
li sento
mormorare.
La visita a Tiro è stata breve. Papà è soddisfatto di me
e dei suoi affari. Era arrivato con orzo e grano,
ora riparte con alcuni gioielli. Ha comprato anche
un mantello di porpora. È un regalo per me.
Me lo farà indossare quando sarà il momento.
Quando salpiamo per tornare a Samo mi spiace un po’.
“È giusto così”, ha detto papà, “ritornerai qui quando
sarai più grande”.
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La porpora è un pigmento che si ricava
da un mollusco, Haustellum brandaris.
Da ogni mollusco se ne estrae solo
una goccia, per questo è un colorante
per tessuti molto prezioso.
Sono colorati di porpora i veli delle
principesse e i mantelli dei nobili.
I Fenici la commerciano nel mar
Mediterraneo e la esportano nei grandi
imperi del Medio Oriente. La città di
Tiro è il maggior centro di produzione
e smistamento della porpora.
Un mantello di porpora è un regalo
da re.
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3. Lezioni… in spiaggia
Mio padre è un bravo marinaio e commerciante.
Mi ha già insegnato a fare i conti, a misurare gli oggetti
e a pesare le pietre preziose. Ma devo imparare
anche tante altre cose.
Non c’è una vera
e propria scuola
nell’isola di
Samo. Ci sono
invece dei buoni
maestri che
insegnano
nei cortili
delle case dei
ricchi, in piazza
e in riva al mare, dove si può scrivere e disegnare sulla
sabbia. Questi maestri non insegnano a tutti: i poveri
e gli schiavi non hanno bisogno di maestri per rimanere
nel loro stato.
Il mio maestro mi ha insegnato
a leggere e a usare le lettere
dell’alfabeto per rappresentare
i numeri. È piuttosto difficile
fare i conti con queste lettere.
Per esempio non è stato ancora
inventato lo zero e i grandi
numeri ci spaventano un po’.
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Non usiamo solo la sabbia
per i nostri esercizi.
So scrivere anche
sulle tavolette di cera.
Mi piacciono
queste tavolette,
assomigliano
ai vostri...
tablet. Gli errori si possono
cancellare con un dito.
Non ho ancora scritto nulla su un foglio di papiro.
Lo farò quando sarò grande. Il papiro è un materiale
raro e prezioso, non si usa per i compiti di noi ragazzi.
Il maestro vuole che esercitiamo la memoria, dice
che ci sarà utilissima nella vita.
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Ho imparato a recitare le avventure di Ulisse
e degli Achei alla guerra di Troia. Cantiamo i versi
di Omero davanti
al fuoco o all’aperto,
nelle sere d’estate,
anche con il mio
compagno
Policrate.
Ci vengono i brividi pensando alle gesta degli antichi
eroi. Vorremmo essere proprio come loro. E il modo
più semplice per diventarlo è partecipare ai giochi
di Olimpia e vincere per la nostra città.
Anche a questo ci stiamo preparando. E a questo
pensiamo crescendo, giorno dopo giorno.
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I giochi di Olimpia si tengono ogni quattro anni e durano
pochi giorni. Vi possono partecipare solo atleti di lingua
greca. È un evento straordinario. Durante i giochi tutte
le città-stato si impegnano a sospendere ogni forma
di guerra o di ostilità. Ci sono la gara di corsa, la corsa lunga,
la corsa di resistenza, la corsa con le armi, le gare equestri,
il salto in lungo, il lancio del giavellotto e così via. Il nostro
Pitagora si è allenato in tutte le discipline e in una di esse
è veramente bravo. È una specialità abbastanza
curiosa per un futuro filosofo.
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10. Eccomi a Babilonia
Babilonia, o Babele, come la chiamano in molti,
è fantastica! Per i Sumeri era la “Porta degli dei”.
Ora è parte dell’impero persiano, ma è ancora la città più
grande e popolosa del mio tempo. È abitata da centinaia
di migliaia di persone di etnie e lingue diverse.
È attraversata dal fiume Eufrate e da cento canali
artificiali che portano l’acqua fino ai piani più alti dei
palazzi, dove sono coltivati straordinari orti e giardini.
Qui crescono fichi, palme da dattero e frutti
buonissimi che non avevo mai assaggiato.
Sono i mitici giardini pensili di Babilonia.
Quanto a me, non sono prigioniero,
posso muovermi liberamente.
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A Babilonia si incontrano Oriente e Occidente.
Qui convivono e si fondono le conoscenze degli antichi
Sumeri con quelle provenienti dall’India e persino dalla
lontana Cina.
La religione dominante segue le dottrine di Zoroastro,
un grande saggio vissuto sulle rive del mar Caspio,
nell’attuale Azerbaigiàn. È una religione monoteista
che prevede un solo dio e due spiriti primi: il Bene
e il Male, la Verità e la Menzogna.
“Ai seguaci del primo toccherà in sorte la Vita
e la Migliore Esistenza mentre i seguaci del secondo
otterranno la Non-Vita e la Peggiore Esistenza”.
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Ai magi che mi ospitano insegno il greco e le pratiche
alchemiche imparate in Egitto. In cambio mi introducono
alla loro astronomia e alla loro matematica.
Con i magi discuto di geometria e naturalmente delle
straordinarie proprietà del più magico dei triangoli:
il triangolo rettangolo. Sulla sabbia dimostro, a modo
mio, un teorema che conoscono benissimo, suscitando
il loro interesse. Non immagino
lontanamente che questo
teorema prenderà il mio
nome, come se l’avessi
inventato io, e che sarà
studiato da milioni di
giovani di tutto il mondo.
Detto tra noi, mi fa piacere.
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A che cosa serve il teorema di Pitagora?
È un mezzo pratico per calcolare lunghezze e superfici,
sia nel caso di figure geometriche, sia di terreni
o di componenti architettonici. Quando di un triangolo
rettangolo si conoscono due dei tre elementi si può
calcolare il terzo.
c2 = a2 + b2
c = a2 + b2
b = c2 - a2
a2
b2
acb
c2
a = c2 - b2
Tutti i poligoni regolari si possono scomporre in triangoli
rettangoli. Quindi il teorema, applicabile a infiniti casi,
sta alla base della geometria.
Al tempo di Pitagora la cosa sembra anche un po’ magica:
sempre, in ogni luogo e tempo e per qualsiasi triangolo
rettangolo, il quadrato costruito sull’ipotenusa
è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.
La sfida dei sapienti è dimostrarlo in modo elegante,
cosa che è stata fatta in modo diverso in Cina e in India
molto prima di Pitagora.
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