Affettività .qxd - Comune di Scandicci
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Centro Risorse Educative Didattiche “LE CORBINAIE” Comune di Scandicci Maria Teresa Martini, Rossana Mecatti, Silvia Perissi, Laura Pierattini, Mariella Pratesi, Wilma Speranzini, Renata Ugori EDUCAZIONE DELL’AFFETTIVITÀ Percorsi ed esperienze per la Scuola Primaria a cura di Nicoletta Cherubini INDICE Premessa pag. 7 Presentazione pag. 9 Istruzioni per l’uso pag. 19 Riconoscere, agire e gestire emozioni negative: Un percorso sulla rabbia. Esperienza dei bambini di una classe IVa (Silvia Perissi e Laura Pierattini) pag. 21 La “Scatola della rabbia”. Esperienza dei bambini di una classe IIa e IIIa (Maria Teresa Martini) pag. 33 Le “Scenette della rabbia”. Esperienza dei bambini di una classe IIa (Rossana Mecatti) pag. 37 Imparare ad ascoltare e ad essere ascoltati: Il “Bastone parlante”. Esperienza dei bambini di una classe IIa (Rossana Mecatti) pag. 45 Evocare per sentire emozioni e sensazioni “Il Fiore di loto”. Esperienza dei bambini di una classe IIIa (Rossana Mecatti) pag. 49 Sviluppare e accrescere l’autostima Il “Portfolio dell’unicità”. Esperienza dei bambini di due classi IVe (Mariella Pratesi, Wilma Speranzini, Renata Ugori) pag. 54 Premessa La premessa metodologica essenziale del lavoro che abbiamo svolto con le insegnanti si riassume globalmente in una visione esperienziale degli apprendimenti. Tale visione si è realizzata nella disponibilità personale delle Insegnanti ad abbandonare le aspettative consuete per mettersi in gioco, sentire, evocare e percepire, ponendosi su di un piano interiore di curiosità e apertura e nel contempo conducendo attivamente la riflessione nel gruppo, concedendo vero ascolto alle altre partecipanti e caldeggiando l’allargamento dell’esperienza formativa ai genitori. In tal senso, si è trattato per tutte noi di un’esperienza piuttosto profonda, spesso straordinaria e, a momenti, “magica”, nella sua essenza trasformativa e rituale. Si è cioè costituito una sorta di porto protetto dove era possibile raccontare le proprie (dis)avventure in totale assenza di giudizio, dove i problemi reali e quotidiani della comunicazione conflittuale a scuola venivano affrontati in maniera strutturata, ma con flessibilità rispetto ai bisogni reali che via via emergevano, e soprattutto con la serenità e leggerezza necessarie per favorire il distacco dopo la partecipazione cognitiva ed emotiva, per realizzare la rimessa a fuoco dopo l’immersione nelle radici, nei risvolti e nelle conseguenze problema, e infine per attuare una ricognizione razionale fra le opzioni e soluzioni possibili dopo l’emersione introspettiva. Non ci sono quindi “formulette” e rimedi facili da applicare, a meno che le strategie non siano state prima assimilate dall’insegnante, che poi le trasmuta in veri e propri life skills, “strumenti di sopravvivenza” che vanno a costituire il suo bagaglio di educatore e di essere sociale. 7 Pertanto il successo di un percorso di questo genere è ascrivibile a due fattori: in primo luogo il lavoro ha coinvolto la volontà delle Insegnanti di esplorare dapprima in se stesse i nodi di crescita coinvolti nei percorsi che poi avrebbero trasmesso ai loro alunni; in secondo luogo ha fatto appello all’abilità pedagogica di porsi “domande legittime” e di accogliere, per quanto esse costituissero una sfida, le risposte. Nicoletta Cherubini 8 Presentazione Alfabetizzazione emotiva: un processo evolutivo con obiettivi comuni per destinatari diversi L’obiettivo minimo di questo Quaderno è di offrire un contributo alla diffusione della cultura dell’alfabetizzazione emotiva a scuola, attraverso la valorizzazione del lavoro svolto da un gruppo di insegnanti, dai loro alunni e da gruppi di genitori, che durante un arco formativo di tre anni hanno esplorato alcuni fra i temi di fondo più rilevanti della risoluzione dei conflitti e dello sviluppo della competenza comunicativa fra adulti e ragazzi. Il percorso è tuttora virtualmente in corso, ma è già sufficientemente avanzato da permetterci di condividere i primi risultati, facendo parlare in prima persona la voce degli insegnanti e la freschezza espressiva dei ragazzi che vi hanno preso parte. Vorremmo cioè mettere queste esperienze positive al servizio di altri insegnanti e ragazzi che, pur non avendo ancora acquisito conoscenze e competenze specifiche, si riconoscano nelle situazioni disfunzionali descritte nei vari “Diari dell’Insegnante” del Quaderno e siano alla ricerca di idee e di semplici percorsi collaudati da sperimentare in classe, per generare una maggiore capacità di espressione delle emozioni, per gestire meglio i conflitti e per migliorare il clima emotivo a scuola. Tutte le prove a cui sono sottoposti gli insegnanti e i genitori di oggi –rifiuto della disciplina e della regola, rifiuto dell’apprendimento lineare, comportamenti inaccettabili, pro- 9 blemi linguistici nelle classi interculturali, difficoltà di apprendimento– si presentano in tutte le fasce d’età, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, e spesso creano incomprensioni su come la scuola, la famiglia o i singoli dovrebbero affrontarle. È quindi più che mai vitale per l’adulto non solo evitare etichettature frettolose e saper dare un senso a manifestazioni di aggressività e a comportamenti inaccettabili nei ragazzi, ma anche riuscire a capire come si stia evolvendo il proprio ruolo di educatore dentro e fuori dalla scuola, riconoscendo che ormai i compartimenti stagni non funzionano più in questo mondo estremamente instabile, un mondo che per secoli è stato dominato da fattori di forza, dominio, controllo e aggressione. Il nostro è un piano di esistenza dove qualità come intuito, compassione, non violenza e la capacità di dare nutrimento ai propri simili sono state sottovalutate o sminuite, spesso identificandole come segni di debolezza. “Alfabetizzazione emotiva” sta qui a significare non tanto l’ABC delle emozioni, quanto un insieme di conoscenze, competenze e strumenti che ci insegnano ciò che nessuno fino ad oggi ci aveva mai spiegato: come diventare buoni comunicatori. In tal senso si fonda il lavoro sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva come l’abbiamo inteso con i docenti del 2° Circolo didattico di Scandicci di Firenze, con i loro alunni e i genitori a partire dall’a.s. 2001-2002. Queste abilità trovano oggi una collocazione in quello che i nuovi ordinamenti scolastici italiani definiscono come il quadro dell’Educazione dell’affettività. Il termine di “alfabetizzazione emotiva” è un calco linguistico tratto da quel concetto di emotional literacy di cui ormai si parla diffusamente fin dalla pubblicazione, nel 1995, 10 di Emotional Intelligence, l’“intelligenza emotiva” studiata da Daniel Goleman, un concetto che ha cambiato la cultura delle emozioni nei sistemi scolastici (e non solo) di tutto il mondo occidentale. Grazie all’immensa ricaduta positiva del lavoro di Goleman e alle molte altre ricerche e sperimentazioni scaturite da questo filone di sviluppo del potenziale umano, da tempo in ambito anglosassone si è cominciato a includere materie non-disciplinari, quali l’Educazione dell’affettività e l’Educazione alla salute, in un quadro allargato di crescita dell’apprendente. Si è così rivelata la grande utilità socio-educativa dello sviluppo nei ragazzi e negli adulti della capacità di comunicare, di ascoltare e di gestire consapevolmente le emozioni. Oggi anche da noi, grazie a crescenti sperimentazioni nelle scuole italiane, diventa sempre più reale l’osservazione secondo cui fanno parte dell’educazione scolastica anche i rapporti interpersonali, quali il saper ascoltare, saper porre domande, saper distinguere tra ciò che qualcuno fa o dice e le proprie reazioni e pregiudizi, il saper essere sicuri di sé invece di arrabbiarsi o restare passivi, ed anche imparare l’arte di negoziare i compromessi, di collaborare, di risolvere i conflitti (Goleman 1995). Poiché l’alfabetizzazione emotiva sta alla base di tali processi, essa ne permette la contestualizzazione, ne facilita la gestione da parte di quegli insegnanti e genitori che, avendo sviluppato competenze cognitive e strumentali in materia di competenza emotiva, le trasmettano ai ragazzi affinché essi, a loro volta, le diffondano oggi nel loro vivere sociale e domani nella realtà socio-professionale in cui si muoveranno. A differenza della parola literacy, che in inglese è usata in molti contesti, nella nostra lingua la parola “alfabetizzazione” suona un po’ cattedratica e fuorviante, quasi che chi 11 seguisse lezioni di alfabetizzazione emotiva fosse “ignorante” in fatto di emozioni… In realtà, proprio qui sta il punto: siamo tutti grandi esperti di emotività, visto che la vita umana ne è costellata fin dai primi vagiti e forse anche fin dal grembo materno, quindi ci si potrebbe chiedere: Che utilità può avere andare “a scuola di emozioni”? Per preparare un buon pasto bastano un po’ di senso comune e l’esperienza acquisita osservando gli altri cucinare e non c’è bisogno di iscriversi a un corso di alta cucina; così per le emozioni, per “sentire” basta essere vivi e stare in mezzo agli altri. Esatto, ma il senso della parola “alfabetizzare”, qui è un altro: non si tratta tanto di “imparare a cucinare” per togliersi la fame, quanto di “imparare a scegliere e a gestire la propria alimentazione”, per vivere meglio. Alfabetizzarsi emotivamente, quindi, significa non tanto “imparare a sentire”, quanto saper riconoscere le proprie e le altrui emozioni, verificare l’opportunità di scegliere fra varie opzioni possibili di comportamento, o imparare a gestire consapevolmente la propria comunicazione durante un conflitto. Se, infatti, è vero che tutti sanno “sentire”, è anche vero che la scuola non ci ha mai insegnato formalmente a capire cosa sono e come funzionano le emozioni negative, quali emozioni abbiamo nel momento in cui le proviamo, cosa ci fanno quando le proviamo, o come e perché alcune dinamiche negative sono “evitabili”. Molte delle dispute grandi e piccole che ci affliggono sono spesso eludibili, ma non ce ne accorgiamo, proprio perché ci manca un patrimonio di conoscenze e di strumenti comunicativi socialmente condivisi per capirlo e rimediare. C’è poi un’altra questione: il ruolo della tradizione, del retaggio familiare nella gestione delle emozioni: ad esempio, quando si nasce in una famiglia in cui si vive fin da piccoli 12 la sensazione che esprimere la rabbia è disdicevole e che facendolo si viene puniti col rifiuto affettivo, spesso non si fa altro che continuare a educare se stessi nel tempo, anche dopo essere usciti dalla famiglia d’origine, a non manifestare i sentimenti, alimentando così un circolo vizioso. Che accadrebbe se volessimo rompere il circolo vizioso del conflitto? Tutto sommato, fare alfabetizzazione emotiva è un po’come smetterla di mangiare sempre al ristorante: si comincia ad andare di persona al mercato, per gironzolare e vedere cosa c’è, per scegliersi da soli i cibi più graditi, per rispettare le proprie intolleranze alimentari evitando gli ingredienti meno indicati e, soprattutto, per scoprire anche nuove e insospettate opzioni alternative. Certo, bisogna poi “cucinarseli”, ma del resto, come dicono i linguisti anglosassoni, non basta l’abilità (the skill), ci vuole anche la volontà (the will) di comunicare… Tre componenti che stanno a monte di questo Quaderno A. Laboratorio di Mediazione dei conflitti per alunni Può essere interessante notare che il corso di alfabetizzazione emotiva da cui sono scaturite le esperienze del Quaderno ha preso le mosse da un nostro Laboratorio di Mediazione dei conflitti, svolto per/con le insegnanti di una singola classe avente dei comportamenti problematici. Il laboratorio ha rappresentato per quella classe l’inizio di un percorso di educazione alla risoluzione dei conflitti che si è concretizzato nel tempo in un uso sempre più consapevole dei linguaggi e delle tecniche di mediazione. La competenza emotiva acquisita è stata poi applicata dagli alunni in nuove situazioni comunicative che la richiedevano, mettendoli in grado 13 di sviluppare empatia, di accrescere l’autostima svolgendo in prima persona il ruolo di mediatori e di contribuire, sotto la guida delle loro insegnanti, al miglioramento generale della competenza emotiva in classe. B. Corso di Alfabetizzazione emotiva destinato agli insegnanti Successivamente ci è stata affidata la programmazione di un corso destinato agli insegnanti, incentrato su concetti e strategie di alfabetizzazione emotiva, intesa come componente dell’apprendimento/insegnamento efficace. Si è immediatamente costituito un gruppo affiatato, con il quale abbiamo esplorato il duplice ricorso all’alfabetizzazione emotiva, sia per permettere il riconoscimento, la contestualizzazione e la gestione consapevole dei processi di educazione al conflitto nei singoli partecipanti e nei loro alunni, sia in vista di facilitare la successiva diffusione delle tematiche nella vita scolastica dell’istituto. Gli insegnanti hanno portato nel gruppo problematiche reali, incontrate quotidianamente nella gestione della classe, dinamiche segnate da un crescendo di comportamenti inaccettabili degli alunni, da episodi di ‘bullismo’, dal calo generalizzato dei livelli di attenzione –secondo una tendenza sottolineata anche a livello internazionale dalla presenza sempre più marcata di alunni a cui sono stati diagnosticati iperattività e disturbi dell’apprendimento. I partecipanti hanno riflettuto, condiviso, elaborato e applicato quanto emergeva via via dal lavoro, ciascuno secondo i propri ritmi, interessi e bisogni, anche lavorando in équipe e in modalità di ricerca azione. Infine abbiamo effettuato la stesura delle esperienze risultate più convincenti, offrendole alla riflessione dei colleghi attraverso questo Quaderno di esperienze. 14 Fin dal primo anno siamo partiti dal presupposto che per essere buoni comunicatori, sia a livello personale, sia nella relazione educativa, è necessario passare per quattro fasi, a ciascuna delle quali è corrisposto un dato “sigillo” di impostazione del lavoro: a) a.s. 2001-2002 Consapevolezza del problema (C’è qualcosa che non va, ho un problema). Nel primo corso il gruppo ha allargato la propria capacità di lettura e interpretazione delle problematiche comunicative riscontrate in classe e ha aumentato la capacità di comprensione e valutazione delle interazioni correlate al conflitto e alla sua gestione. b) a.s. 2002-2003Presa in carico del problema (Voglio procurarmi strumenti e conoscenze per risolverlo). Nel secondo corso i docenti hanno perfezionato strumenti e conoscenze utili alla gestione dei conflitti, all’espressione delle emozioni e al potenziamento dell’autostima negli alunni, con cui hanno esplorato le competenze comunicative individuali ed hanno sperimentato strumenti didattici. c) a.s. 2003-2004 Cambiamento personale (Ora che mi conosco di più so meglio cosa fare). Il terzo corso ha inteso facilitare la fase del cambiamento personale, riferito alla comunicazione in generale e alla relazione educativa in particolare, grazie ad attività di esplorazione delle potenzialità individuali e a sperimentazioni nei rispettivi gruppi-classe di competenze, conoscenze e materiali utili a contestualizzare le nuove competenze. d) a.s 2004-2005 Cambiamento dell’ambiente circostante. Questa fase di diffusione delle nuove competenze è stata 15 portata avanti dai singoli insegnanti e dai loro alunni in maniera spontanea, attraverso l’esempio e il modeling delle competenze acquisite, ma potrà eventualmente evolversi con un progetto concertato, finalizzato al cambiamento della cultura del conflitto in tutta la scuola. Anche il presente Quaderno rientra in questa fase di diffusione delle esperienze. Seguendo il criterio metodologico della circolarità didattica, i nodi formativi del corso hanno di volta in volta ripreso, approfondito e sviluppato modularmente i temi affrontati. La riflessione si è svolta sulla base di strumenti di matrice glottodidattica, psicolinguistica, neurolinguistica e sociolinguistica. In questo lavoro, dunque, non v’è spazio per l’improvvisazione; vi sono cioè dei passaggi che non è possibile saltare, dei giri di boa obbligati, primo fra tutti quello del lavoro su di sé; e poiché “non si può cambiare ciò che non si conosce”, è stato importante partire proprio dallo sviluppo della consapevolezza per giungere a risultati duraturi, capaci di lasciare una traccia significativa nei comportamenti e nelle aspettative degli apprendenti, come testimoniano le esperienze narrate dalle insegnanti nei loro Diari. C. Laboratori per i genitori Durante il secondo e il terzo anno di corso, il 2° Circolo Didattico ha ritenuto di affidarci prallelamente anche il Progetto “Cielo Sereno”, una serie di laboratori di alfabetizzazione emotiva destinati ai genitori. L’iniziativa ha inteso includere i genitori nel processo di educazione dell’intelligenza emotiva, in quanto non è pensabile agire su un solo fronte, quello degli insegnanti e degli alunni, senza incorrere 16 poi in contraddizioni. I genitori hanno esplorato punti di riferimento comuni rispetto a quelli affrontati con gli insegnanti, per favorire l’aggregarsi di un linguaggio e di un agire comuni che permettano la trasmissione di messaggi coerenti ai bambini da parte della scuola e della famiglia. I gruppi hanno messo in evidenza il bisogno di riflettere insieme per rafforzarsi su questi temi e la sete di strumenti comunicativi utili a gestire i rapporti, grazie ai quali i genitori hanno tratto stimoli per rivedere il rapporto con i figli. La maggioranza ha sottolineato che saper ascoltare è difficile perché non siamo abituati a farlo, e che l’ascolto e l’assertività sono abilità determinanti per agevolare il dialogo con i figli. Hanno inoltre rilevato che il saper individuare le proprie modalità di percezione, interpretazione e gestione del conflitto rappresenta un aiuto concreto nei rapporti interpersonali in genere. La validità pratica dei contenuti di alfabetizzazione emotiva emersa dai commenti dei genitori conferma la necessità di allargare la propria competenza comunicativa per convivere meglio con i figli e la necessità del mondo familiare di coordinarsi col mondo della scuola per raggiungere risultati migliori. La struttura del Quaderno Fra i moltissimi materiali e strumenti che gli insegnanti hanno agito personalmente durante il corso, ne hanno prescelti alcuni che ritenevano particolarmente adatti alla sperimentazione coi loro alunni e che in seguito sono andati a costituire il corpus di questo Quaderno. Gli insegnanti si sono messi in gioco in prima persona, provando modalità comunicative nuove o diverse con la clas- 17 se e coi singoli alunni, trovando le vie più efficaci per favorire nei ragazzi l’empatia, la cooperazione, la fiducia nel gruppo, l’autostima, l’espressione consapevole di sé e delle proprie emozioni e la gestione di sentimenti che normalmente sarebbero stati percepiti come un ostacolo, anziché un’opportunità capace di esprimere una forte carica educativa. Il Quaderno propone una serie di percorsi e di microlaboratori, inseriti in un formato omogeneo, studiato per offrire a chi legge una buona traccia operativa e per avvicinarsi all’esperienza attraverso i commenti dei colleghi e le risposte degli alunni che l’hanno già svolta. Sul modello della ricerca-azione, si leggeranno passi tratti dal Diario tenuto da ogni insegnante, che riferisce le situazioni problematiche che hanno motivato la proposta dell’attività agli alunni, segnala eventuali difficoltà e suggerisce come evitarle, riflette sulle proprie sensazioni, emozioni e intuizioni durante lo svolgimento delle attività, condivide osservazioni, aneddoti e annotazioni sulla motivazione dei ragazzi e sul loro gradimento dell’attività, e infine descrive la ricaduta educativa dell’esperienza. I percorsi di apprendimento spesso includono una importante sezione denominata Documento, in cui ascoltiamo direttamente la voce degli alunni –che in questa nostra prospettiva sono non solo destinatari, ma anche co-apprendenti e co-insegnanti!– nell’atto di documentare il processo educativo di quel particolare gruppo, svelando convinzioni e pensieri, disarmanti riflessioni, delicate confessioni, risposte intuitive e, spesso, tanta saggezza interiore. Buona lettura e buona sperimentazione! La Docente Nicoletta Cherubini 18 ISTRUZIONI PER L’USO Regole per il buon funzionamento del gioco di ruolo Il gioco di ruolo è un ottimo strumento per permettere agli alunni di confrontarsi con le proprie idee, per acquisire consapevolezza e per gestire meglio i propri atteggiamenti e comportamenti. Il gioco di ruolo funziona a piccoli gruppi oppure con un solo gruppetto che parla davanti alla classe. Ecco alcune regole generali per condurre una sessione con successo: siate chiari su quale obiettivo volete raggiungere attraverso il gioco di ruolo, specificando anche la situazione e chi sono i personaggi. Importante: assegnare dei nomi ai personaggi, in modo da evitare che si pensi che gli alunni stiano rappresentando se stessi. L’insegnante generalmente è il facilitatore dell’attività: assegna i ruoli, descrive chiaramente al pubblico e agli attori la scena da rappresentare e, se un personaggio ha bisogno di sostegno, l’insegnante interrompe l’azione per darlo premurandosi di spiegare alla classe ciò che sta facendo. Quando il gioco di ruolo è stato sviluppato fino a dare un senso della situazione, “congelare” l’azione e discuterla prima con gli attori (facendoli restare nel personaggio per un momento), e poi con la classe. Fare domande “aperte” (che non presuppongono una risposta sì/no) che tocchino la sfera del pensare, del fare, e del sentire, ad es.: Cosa stava succedendo? - Cosa ha detto “X” a “Y”? - Che emozioni avete provato? - Che pensate di ciò che avete visto? 19 Se possibile, fare una ripetizione della scenetta incorporando i suggerimenti della classe e poi discutere il nuovo risultato facendo domande aperte: - Che cosa avete pensato questa volta? - Che sensazioni avete provato? Finito il gioco di ruolo di una scena -che non dovrebbe mai durare più di un quarto d’ora, inclusa l’interruzione dell’azione, le domande alla classe, e l’eventuale ripetizione- è necessario far uscire gli attori dal personaggio. Per cancellare la loro identità fittizia è utile fare domande personali del tipo: - Che cosa hai provato nel ruolo del tuo personaggio? - Se fossi stato al suo posto avresti fatto qualcosa di diverso? - Che cosa hai pensato di questa attività? Ti piacerebbe rifarla? “Riflettere” Il termine si riferisce alla tecnica del “riflettere” i sentimenti espressi dall’emittente, che nell’ascolto attivo accompagna e completa quella del parafrasare le parole dette dal ricevente del messaggio. “Passo…” È buona prassi avvertire chi non prende la parola quando è il suo turno che si tornerà a ridargli/le questa opportunità alla fine del giro. Normalmente il bambino la seconda volta parla, perché spesso ha solo bisogno di ascoltare e riflettere prima di esprimersi, magari in modo non del tutto originale, anche facendo propri concetti detti dai compagni. Infatti ai fini dello sviluppo dell’autostima, spesso più che il contenuto è importante la presa di parola, affinché la voce di tutti si manifesti e venga ascoltata. 20 Un percorso sulla rabbia. Esperienza dei bambini di una classe IIIa e IVa Silvia Perissi e Laura Pierattini …dal Diario dell’insegnante… Fin dalla prima elementare la nostra classe a tempo pieno con venticinque alunni ha presentato problematiche comportamentali per la presenza di un numero elevato di bambini con difficoltà di autoregolazione e rispetto delle regole. In particolare un bambino, fin dai primi giorni di scuola, appariva antisociale, oppositivo, aggressivo e con difficoltà a rispondere alla disciplina. All’inizio della classe seconda l’abbandono per trasferimento di una delle due insegnanti, seguito da un’alternanza di più figure, è stata poi una delle cause che hanno favorito l’innescarsi di forti dinamiche di aggressività e conflittualità durante le quali il bambino in questione presentava reazioni pressoché ingestibili di violenza fisica e di ossessività contro le regole. Nella terza classe l’inserimento della seconda figura stabile ha accentuato sia le problematiche di opposizione e conflitto all’interno del gruppo classe, sempre più oppositivo, sia quelle del bambino nei confronti della nuova figura. La frequenza dei conflitti interpersonali e l’intensità delle reazioni del bambino hanno reso molto difficile la gestione della classe e ci hanno motivate a concordare e mettere in atto, in modo sistematico e condiviso da entrambe le insegnanti, delle strategie educative mirate al superamento di problematiche comportamentali. Abbiamo attuato sia strategie individualizzate —“contratti” insegnante-alunno in cui venivano specificati com- 21 portamenti-obiettivo da far acquisire o da rafforzare attraverso il ricorso a tabelle di registrazione e a riflessioni scritte degli alunni, facenti seguito alla messa in atto di comportamenti negativi— sia progettazioni di percorsi tesi a fornire abilità sociali per una più efficace comunicazione e gestione della conflittualità. La ricaduta educativa in classe terza è stata positiva. Grazie alla ripetuta pratica in classe dell’ascolto attivo e della negoziazione senza perdenti, alla sperimentazione della tecnica di mediazione per la risoluzione dei conflitti, e allo svolgimento di una serie di unità didattiche sul bullismo in copresenza di entrambe le insegnanti, abbiamo rilevato un netto miglioramento delle relazioni insegnante-alunno e alunno-alunno. Sono visibilmente diminuiti sia i conflitti fra i pari sia l’intensità delle reazioni emotive del bambino che presentava comportamenti inaccettabili. Parallelamente, si sono affinate in tutti i bambini le abilità di risoluzione del conflitto. Nella classe quarta è stato svolto un percorso di alfabetizzazione emotiva sulla rabbia, per favorire nei bambini la consapevolezza e la gestione delle emozioni che entrano in gioco quando si è in un conflitto. Ci siamo poste come obiettivi di tale percorso: Obiettivi sviluppare la consapevolezza del significato lessicale ed emotivo della parola “rabbia” favorire l’individuazione delle cause scatenanti la propria rabbia e le emozioni correlate esplorare l’espressione non verbale della rabbia 22 Perché La frequenza dei conflitti fra alunni e l’intensità dei comportamenti inaccettabili di uno di loro in passato avevano reso molto difficile la gestione della classe e hanno fornito alle insegnanti la motivazione a lavorare insieme per individuare e mettere in atto sistematicamente delle strategie educative mirate al superamento di problematiche comportamentali. Quando Il percorso è stato svolto in modo sistematico una volta la settimana durante la compresenza delle insegnanti. Cosa e come 1. La busta della rabbia 2. La rete della rabbia 3. Il significato della parola “rabbia” 4. La scatola della rabbia 5. Se la rabbia fosse… 6. Se la rabbia fosse un gesto e un suono A noi insegnanti questo percorso sulla rabbia è servito per conoscere più approfonditamente le emozioni dei bambini della classe, per comprenderli ed accettarli, per acquisire strumenti efficaci per prevenire o gestire le conflittualità o le tensioni nelle relazioni. È stato anche importante creare qualcosa con loro e che parlasse di loro. 23 1. La busta della rabbia Iniziamo chiedendo a ciascun bambino di scrivere su un foglio la propria definizione di “rabbia” e di metterlo nella busta che abbiamo preparato. Le definizioni vengono lette ad alta voce da un’insegnante mentre l’altra le rappresenta in un grafico a sole, raggruppandole per punti di vista simili e sintetizzandole con una parola chiave. Documento Alcune definizioni date dai bambini: Serntirsi nervosi con se stessi e provare dolore, tristezza Bisogno di vendicarsi verso chi ti ha fatto qualcosa, come prenderti in giro o farti dispetti, comportandosi nello stesso modo Sentirsi offesa, fuori dal gruppo “rabbia” Farsi giustizia, picchiando, offendendo GRRR... Provare un sentimento negativo per una personaquando si è contradetti, criticati ingiustamente 24 2. La rete della rabbia Alcune parole chiave del grafico a sole basate sulle definizioni date dai bambini: …dal Diario dell’insegnante… I bambini erano tutti motivati e hanno partecipato con interesse. Noi insegnanti abbiamo riflettuto sulla rispondenza delle definizioni date da alcuni bambini con difficoltà autoregolative (tra cui anche il bambino che le possedeva in misura più accentuata) ai loro temperamenti e abbiamo verificato una buona consapevolezza del significato di “rabbia” da parte della maggioranza di loro. I bambini si sono mostrati molto motivati ed hanno svolto la riflessione con buon impegno ascoltando e condividendo le emozioni dei loro compagni. Attraverso le loro descrizioni abbiamo compreso maggiormente i sentimenti responsabili di alcune loro reazioni di rabbia avvenute in classe soprattutto durante i momenti ricreativi. 25 3. Il significato della parola “rabbia” Abbiamo chiesto ai bambini di cercare a casa sul vocabolario e trascrivere su un foglietto i significati della parola rabbia. Le definizioni sono state poi lette a scuola, trascritte alla lavagna e commentate. Documento Disappunto violento turbamento dell’animo collera stizza violenza sfrenata Forti delusioni che spesso si manifestano con reazioni incontrollate, di intolleranza ira furore avidità, accanimento 26 4. La scatola della rabbia Abbiamo chiesto a ciascun bambino di completare su un foglio la frase: A me fa veramente arrabbiare quando... ed io mi sento... I foglietti sono stati messi nella scatola, poi pescati e letti al gruppo, che li ha commentati. Documento F.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi prendono in giro, perché inizio a vergognarmi, mi arrabbio con me stessa e mi sfogo sugli altri con le botte. Io mi sento , dopo, arrabbiata e triste: quando non controllo la mia forza mi dispiace." M.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi prendono in giro chiamandomi ciccione solo perché sono un po' più robusto di loro io mi sento offeso e perdo il controllo." S.: A me fa veramente arrabbiare quando qualcuno mi accusa di qualcosa che non ho fatto e insiste per avere ragione. Io mi sento imbestialita, non mi rie- 27 sce tollerare il fatto che non mi diano fiducia." A.: " A me fa veramente arrabbiare quando qualcuno prende in giro la mia famiglia, perché loro è come se fossero una parte di me ed io mi sento offeso dentro al cuore." E.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi chiamano stecchino e stuzzicadenti , io mi sento offesa e provo rabbia." I.:"A me fa veramente arrabbiare quando mi prendono in giro dicendomi che non so fare niente, io mi sento addolorata." 28 5. Se la rabbia fosse… Disponendosi in cerchio si invitano i bambini a fare giochi analogici sulla rabbia: Se la rabbia fosse... sarebbe... I loro interventi vengono rappresentati graficamente, per poterli poi rileggere. Abbiamo associato la rabbia all’odore, al sapore, a un oggetto, a una materia, a una stanza, a una pianta, a un animale, a una persona, a un suono e a un gesto, realizzando quest’ultimo nello spazio. Documento Alcune associazioni proposte dagli alunni: ODORE: … di bruciato, di carbone, del ribollire della terra quando è piovuto, di morto, di sangue… SAPORE: … di caffè amaro, di arancia aspra, di sangria, di pesce, di acido, di acqua e limone… OGGETTO: … un siluro, un bazzuca, un lancia missili, un pallone da calcio, un meteorite… MATERIA: … polvere da sparo, filo spinato, acciaio, dinamite, olio… STANZA: … uno sgabuzzino, la sala dei morti, la sala dei conflitti, una stanza di prigione, 29 la camera da letto, uno spogliatoio… … una pianta carnivora, un ulivo, un’ortica, una bacca selvatica, un finocchio selvatico... ANIMALE: … un toro, un leone, un ghepardo, un gatto nero, un pidocchio, un drago, un pitone… PERSONA: … un killer, Billaden, Frankestein, la mamma, Paperino, uno zombi, un ladro… SUONO: … il pianto di un bambino, un ruggito, un fulmine, uno sparo, un fischio, un ululio … PIANTA : 30 6. Se la rabbia fosse un gesto e un suono Restando in cerchio, ciascun bambino pensa al suo gesto e al suo suono, lo rappresenta, muovendosi nello spazio, poi tutti insieme gli altri bambini ripetono quel gesto e quel suono. A gruppetti di tre, poi di sei, i bambini creano sequenze di gesti e suoni da rappresentare agli altri compagni. Alla fine si commenta l’esperienza. …dal Diario dell’insegnante... I bambini si muovevano nello spazio inizialmente con una certa insicurezza e vergogna, poi si sono sempre più rilassati e sentiti liberi di esprimersi anche con il linguaggio del corpo. Sono stati anche capaci di associare i loro gesti e suoni, collaborando e creando un’ intesa reciproca sempre più forte. Abbiamo poi realizzato con la collaborazione di un’attrice uno spettacolo teatrale dove i bambini hanno rappresentato la rabbia e le emozioni legate ad essa con i vari linguaggi, verbali e non verbali. Il lavoro è stato abbastanza impegnativo, non sempre i ragazzi sono riusciti ad autoregolarsi rispettando le pause ed i tempi di entrata ed uscita, più volte è stato necessario da parte nostra farli riflettere sull’unicità dei loro contributi e sull’obiettivo di costruire “qualcosa” insieme. Alla fine, infatti, è stata rappresentata la diversità individuale composta come coralità di gruppo. La rassegna teatrale, alla quale hanno assistito anche genitori e bambini di altre classi, ha rappresentato per loro e per noi insegnanti la gratificazione dell’impegno e della fatica e la possibilità di esprimere qualcosa di autentico e non precostituito. La chiusura del percorso è stata fatta attraverso una 31 riflessione sulle emozioni provate dai bambini. Documento S: “Con questa esperienza ciascuno di noi ha potuto esprimere che cosa è la rabbia, un sentimento che usiamo spesso verso noi stessi e verso gli altri.” D.: “Quando finalmente ho detto a tutti che cosa mi fa arrabbiare, sono stata orgogliosa di me.” S.: “Mi sono sentito bravo quando ho espresso con il gesto la mia rabbia.” C.: “Mi sono sentito libero di esprimere la mia definizione di rabbia.” E: “Ho potuto comprendere meglio la rabbia interiore che una persona ha dentro di sé.” M.: “Una cosa molto importante per me è stata la compattezza del gruppo che ha lavorato insieme per fare qualcosa di grande ed importante.” F.: “Ho potuto capire che cosa fa arrabbiare i miei compagni e soprattutto che cosa fa arrabbiare me.” S.: “Con questo lavoro ho capito che la rabbia è un sentimento molto forte, a volte può essere pericoloso, quando è manifestato in modo violento. S.: “Questa esperienza, secondo me, ha migliorato l’amicizia nella classe e mi ha fatto capire che gli altri vanno rispettati e non presi in giro. 32 La “Scatola della rabbia” Esperienza dei bambini di una classe IIa e IIIa Maria Teresa Martini …dal Diario dell’insegnante… La mia era una classe di 25 alunni di terza elementare formata in modo abbastanza omogeneo da maschi e femmine. All’interno del gruppo non c’erano grosse conflittualità, ma battibecchi, prepotenze e competizioni quotidiane, sì. Ero costretta a sedare, a chiarire e a cercare di mediare situazioni di piccole prepotenze che si ripetevano all’infinito. Abbiamo pensato di mettere per iscritto e quindi raccontare e dare un valore tangibile a certi sentimenti che i bambini provavano sia nel momento del conflitto sia nel momento successivo, quando dentro resta una sensazione di rabbia e di delusione che porta a determinare piccole e grandi frustrazioni. Questi scritti abbiamo deciso di metterli in una sorta di ‘salvadanaio’ della rabbia e così è iniziata la costruzione della nostra scatola contenitore di piccoli e grandi sfoghi. I bambini sono stati subito molto interessati e puntualmente riempivano la scatola sollecitando una pronta lettura del suo contenuto. Sono emersi bisogni, confronti, dispiaceri, frustrazioni, che sarebbero passati più o meno inosservati se il bambino non avesse avuto la possibilità di spiegarsi, ribadendo il torto subito fino ad una possibile chiarificazione. A distanza di un anno la scatola continua ad essere protagonista assoluta di incomprensioni, offese e rivalità. L’acquisto di una lenta, ma progressiva consapevolezza aiuta a favorire un rapporto più sereno e di condivisione nella mia classe. 33 Questa attività non ha avuto il potere di risolvere i conflitti che ogni giorno affliggono i bambini, ma ha sicuramente costruito piano piano una certa consapevolezza e soprattutto ha portato ad una maggiore riflessione su come ci si può sentire, cercando di mettersi nei panni dell’altro, quando veniamo offesi o messi da parte. Obiettivi risolvere piccoli conflitti capire che bisogna rispettare la sfera emotiva dell’altro sedare la rabbia con la discussione e il confronto Perché Per creare in classe un clima collaborativo e il più possibile costruttivo. Quando L’ attività è stata svolta nell’arco scolastico di due anni. Cosa e come Abbiamo costruito una scatolona di cartone (cm 30 x 30 x 20), poi ci siamo messi d’accordo sul colore da darle. Dopo varie proposte è risultato che il nero e il rosso erano i preferiti, ma alla fine la maggioranza ha scelto di colorarla di nero. Sui lati del parallelepipedo sono stati applicati disegni giudicati significativi dai bambini: serpenti, fulmini, saette, punti interrogativi ed esclamativi. Una volta completata, la scatola è stata messa a disposizione di tutti i messaggi che i bambini intendevano affidarle. Abbiamo notato che in una settimana due terzi dei bam- 34 bini avevano contribuito a riempire la scatola. Abbiamo fissato che la lettura dei messaggi fosse fatta una volta ogni due settimane. I messaggi potevano essere anonimi o firmati e se l’insegnante avesse trovato il nome del bambino avrebbe detto l’appartenenza della missiva. Alla fine della lettura concordata si discuteva sulle dinamiche emerse riproponendo lo stato d’animo che aveva spinto il bambino a ricorrere a questo sfogo. Documento Alcune frasi che si sentono spesso nella mia classe: Quando si leggono i bigliettini??? Esco più tardi in giardino, devo scrivere un biglietto della rabbia!” Vorrei della carta per fare il mio biglietto della rabbia!! Documento Esempi di bigliettini prodotti dai bambini: C.: Mi sono sentito umiliato quando Giovanni mi ha detto: “Stai zitto, piccolino!” L.: Mi sento delusa quando la maestra va via e i bambini urlano! 35 A.: Mi sono sentita triste quando Luca mi ha tenuta lontano dal gioco che faceva insieme a Maria e Cristina. M.: Stamani odio mia sorella perché mi fa sempre troppi dispetti! 36 Le “Scenette della rabbia” Esperienza dei bambini di una classe IIa Rossana Mecatti …dal Diario dell’insegnante… In classe molto spesso esplodono conflitti che hanno come conseguenza pianti, temporanee rotture di amicizia, ecc. I bambini richiedono sempre o spesso l’intervento dell’adulto per risolverli; in particolare, due bambine, che chiameremo Sonia e Caterina, sono spessissimo in conflitto fra loro e con gli altri. La frequenza dei conflitti e l’intensità delle reazioni emotive dei bambini coinvolti ci hanno convinte che valesse la pena tentare la realizzazione di un’attività di roleplay con l’intera classe, che portasse ad una riflessione su quante e quali sono le emozioni che entrano in gioco quando si è in conflitto e sui possibili modi di evitare o risolvere un conflitto. L’attività di seguito descritta ci è sembrata adeguata all’età degli alunni in questione. Obiettivi raccontare ed agire esperienze in cui si è sperimentata l’emozione della rabbia riflettere sulle emozioni che entrano in gioco quando si è in conflitto riflettere sui possibili modi di evitare o di risolvere un conflitto 37 Perché Frequenti conflitti in classe e intensità delle reazioni emotive dei bambini coinvolti. Quando Abbiamo impiegato in totale quattro ore suddivise in due giorni consecutivi. Cosa e come 1. Condividere emozioni 2. Agire i sentimenti 3. Allargare il bagaglio lessicale sulla rabbia 38 1. Condividere emozioni Vengono formati gruppi all’interno dei quali i bambini raccontano e parlano fra loro di avvenimenti che li hanno fatti arrabbiare (accaduti in classe o fuori). Quella volta che mi sono arrabbiata è successo che... Documento Esempi riferiti dai bambini: Caterina: “Io l’altro giorno mi sono arrabbiata tanto perché sono andata a chiamare la Federica perché volevo giocare con lei, ma a casa sua, quando ho suonato il campanello, non c’era nessuno e ci sono rimasta malissimo.” Giovanni: “Un po’ di tempo fa io avevo dei gattini e un signore vicino di casa li ha ammazzati perché andavano sulla sua terrazza e non li voleva. Io ci sono proprio rimasto male e mi sono arrabbiato tanto perché ha ucciso dei gattini piccoli.” 39 2. Agire i sentimenti Abbiamo deciso di svolgere l’attività che segue alla presenza di entrambe le insegnanti che operavano nella classe in modo da esserci davvero tutti. Abbiamo diviso i bambini in gruppi all’interno dei quali c’erano coppie spesso in conflitto. Ad ogni gruppo abbiamo in seguito richiesto di scegliere una delle esperienze raccontate in condivisione per rappresentarla davanti alla classe, organizzandosi in modo autonomo per ciò che riguarda i personaggi, gli “attori”, il testo, la mimica, ecc.. Alla fine di ogni scenetta, ai bambini che avevano assistito sono state poste domande tipo: Qualcosa del genere è mai successo a qualcuno di voi? Come vi sentivate mentre osservavate la scenetta? Come pensate che si sentissero i vari personaggi? Ci sono altre cose che le persone in quella situazione avrebbero potuto fare? …dal Diario dell’insegnante… Il primo giorno, fin dall’inizio dell’attività S. tendeva a tergiversare (ha chiesto più volte di andare in bagno, parlava di altro, sistemava i libri in cartella…). Solo quando io mi sono avvicinata al suo gruppo e l’ho incoraggiata, ha raccontato una scena. Non ha voluto però partecipare alla drammatizzzione dell’episodio scelto dal gruppo e ha provato in tutti i modi ad ostacolare il lavoro. C., invece, ha raccontato per prima un episodio in cui aveva provato rabbia, diverso parecchio nelle dinamiche da ciò che mostrava in classe, ma neanche lei ha voluto partecipare alla rappresen- 40 tazione. Inizialmente mi sono sentita scoraggiata, perché il lavoro era stato organizzato soprattutto per quelle due bambine e mi sembrava di aver commesso un errore a collocarle nello stesso gruppo, visto che insieme riuscivano ad ostacolare l’attività dei compagni. Però ad un certo punto la situazione si è sbloccata: gli altri bambini del gruppo hanno deciso di rappresentare un episodio di rabbia in famiglia interessante e gli altri gruppi intanto andavano avanti. Si era dato il tempo ai bambini di organizzarsi e provare e quando venivano recitate le scenette (per qualcuno con un po’ di imbarazzo) tutti ascoltavano e facevano osservazioni o trovavano soluzioni interessanti. Io però ho avuto l’impressione di parlare troppo al fine di “riflettere” le loro opinioni e/o di fare domande per chiarire i loro interventi. Non tutti i gruppi avevano rappresentato le scenette il primo giorno per mancanza di tempo. Il giorno dopo i bambini di un gruppo che doveva ancora recitare, appena arrivati hanno manifestato la loro preoccupazione per una bambina assente che aveva una parte importante: è stata decisa velocemente la sua sostituzione sentendo la disponibilità delle altre femmine. Hanno deciso poi di provare fra loro la scena in un ritaglio di tempo, rinunciando così a giocare durante la ricreazione e si sono procurati anche gli oggetti adatti. L’interpretazione è risultata efficace (gli “attori” hanno recitato usando bene la voce e la gestualità) anche se non proprio aderente alla realtà, come è risultato dai commenti successivi di compagni che avevano assistito alla scena reale. A un certo punto il gruppo di C. e S. si è di nuovo incagliato perché C. e S., appunto, non volevano fare nessuna parte. C. alla fine ha accettato, ma forse per timidezza ha 41 parlato a voce molto bassa. S. ha rifiutato, poi ha accettato per svariate volte. Alla fine ha recitato e la sua interpretazione non è stata efficace. Anche in questo secondo giorno le osservazioni dei bambini successive alle scenette sono state interessanti. Documento Dagli interventi dei bambini è emerso che: Le persone che offendono si possono sentire tristi, in colpa, forti, o soddisfatte. Le persone che vengono offese si possono sentire deboli, arrabbiate, sole, in colpa. 42 3. Allargare il bagaglio lessicale sulla rabbia Si conclude il percorso disegnando sulla lavagna un grafico a sole: ad ogni raggio corrisponde una parola che a un bambino viene in mente sulla rabbia. Infine, per sapere come la classe si è sentita durante questo lavoro, si chiede ad ognuno un giudizio sull’attività. Documento …dal Diario dell’insegnante… L’attività è stata sicuramente e comunque gradita ai bambini, perché hanno potuto esprimere un loro vissuto in modo ampio e nuovo rispetto alle altre attività scolastiche ed hanno avuto la possibilità di riflettere su alcune dinamiche dei conflitti e sulle possibilità di prevenirli. Personalmente, come insegnante ho potuto apprezzare la profondità delle valutazioni e dei suggerimenti di alcuni bambini, in alcuni casi inaspettate. Guardando con occhio critico il mio atteggiamento, mi sono accorta di quanto influenziamo e guidiamo le loro 43 risposte nelle attività. I bambini hanno dimostrato, in seguito a questa attività, una maggior consapevolezza sulle dinamiche che scatenano i conflitti. Ho notato che nelle drammatizzazioni il disagio, l’imbarazzo e talvolta l’incapacità di esprimersi era dovuta al fatto che i bambini non erano abituati a fare drammatizzazione o a lavorare col corpo di fronte agli altri. Probabilmente l’attività avrebbe avuto un esito migliore se i bambini avessero già fatto esperienze di espressività mimica o corporea. La loro difficoltà a parlare d alta voce di fronte agli altri ha infatti creato difficoltà nel tenere alta l’attenzione. 44 Il “Bastone parlante” Esperienza dei bambini di una classe IIa Rossana Mecatti …dal Diario dell’insegnante… I bambini a casa e a scuola dimostrano un grande desiderio di raccontare le proprie esperienze agli altri, ma a casa i genitori che lavorano, la sera quando la famiglia si ritrova, hanno molte cose da fare e talvolta la stanchezza della giornata può avere la meglio sulla voglia di ascoltare i propri figli. A scuola i bambini sono tanti, le attività programmate incalzano e manca l’occasione e il tempo di ascoltarli tutti e/o per intero. Loro tendono a compensare, in genere, questo loro desiderio, interrompendo, anche in momenti poco opportuni, l’adulto che parla o intervenendo nelle discussioni degli altri (adulti o bamabini che siano) anche a sproposito. È stata quindi proposta questa attività, chiamata “Il Bastone parlante”. Obiettivi comunicare agli altri esperienze che si ritengono importanti, senza essere interrotti e con la consapevolezza di avere diritto ad un tempo determinato per farlo saper ascoltare in silenzio le esperienze altrui, aspettando il momento predeterminato per commentare o chiedere chiarimenti Perché Per dare ai bambini l’opportunità di parlare di un avveni- 45 mento che è stato per loro importante e di condividerlo con tutta la classe. Quando L’attività è stata svolta nell’arco di una settimana, al rientro dalla ricreazione dopo il pranzo. Hanno parlato quattro o cinque bambini ogni giorno. Cosa e come La consegna è: Parla di una cosa, un avvenimento o altro che ti è accaduto e che ti ha fatto provare un’emozione Ogni bambino può parlare alla classe per 3 minuti (stabiliti da un timer) stando in piedi dentro un cerchio tracciato sul pavimento, il “Cerchio dei parlanti” (che delimita il luogo protetto del suo intervento), di fronte agli altri e tenendo un bastone simbolico in mano, alla maniera degli indiani d’America. Nessuno può interromperlo o fargli domande fino alla fine, quando si può aprire eventualmente anche una breve discussione. I bambini vengono dentro al cerchio seguendo un ordine dato dal loro desiderio di parlare. …dal Diario dell’insegnante… Io faccio in modo di stabilire un’atmosfera di silenzio e accoglienza, cercando di non intervenire nel loro racconto, come, invece, spesso nel mio ruolo di insegnante, sono abi- 46 tuata a fare. Quando però il racconto è troppo breve o l’emozione non trapela o non viene espressa, non posso fare a meno di intervenire per stimolare altri particolari che facciano capire meglio. Le volte che invece sono riuscita a stare in silenzio ascoltando anche il silenzio e aspettando (ho avuto l’impressione di essere un pescatore sul mare), i bambini hanno continuato da soli a parlare, senza essere influenzati dal mio suggerimento. Documento Un bambino che chiameremo Luca, che si trova in un momento familiare burrascoso, in un momento di silenzio ha detto: “Mi sento triste perché mi sta morendo un gattino e mi sento solo… E poi mi sento triste perché mio fratello va sempre dagli amici; la mamma prima non lavorava e ora lavora, il babbo anche, e io sono sempre solo. Se ci fosse il mio fratello a casa, giocherei con lui”. Documento I bambini hanno condiviso i seguenti argomenti: 4 3 2 2 2 1 felicità per una gita felicità di stare insieme agli amici felicità per un viaggio a Disneyland Paris paura tristezza per la morte di un criceto contrasto di emozioni - nello stesso giorno era morto un conoscente ed era nato un bambino 47 1 durante l’ora di religione aveva capito che se fosse stato cattivo sarebbe successo qualcosa in cielo e aveva capito (lo ha ripetuto tante volte) che doveva comportarsi bene 1 sorpresa per un episodio che era avvenuto in casa 1 felicità per una bambola comprata a sorpresa 1 felicità per le vacanze all’Elba dalla zia 1 felicità quando gioca con la sorellina 1 nostalgia per il paese d’origine, la Croazia, dove aveva tanti amici 1 tristezza per esser stata “lasciata” da un “fidanzato” 1 felicità al suo compleanno …dal Diario dell’insegnante… Quando anche adesso facciamo una conversazione su qualche fatto avvenuto in classe, o iniziamo un giro di opinioni su un certo argomento, ogni bambino si sofferma spontaneamente, nel suo intervento, su “ciò che ha provato” o “come si è sentito” e perché. Inoltre c’è un grande rispetto, manifestato col silenzio e l’ascolto, per gli interventi e per le condivisioni di stati emotivi degli altri. In genere ogni racconto nel “cerchio dei parlanti” ha avuto una sua originalità. A distanza di un anno Luca chiede spesso di rifare l’attività. 48 “Evocazione del Fiore di loto” Esperienza dei bambini di una classe IIIa Rossana Mecatti …dal Diario dell’insegnante… Durante il corso di formazione siamo state sollecitate a riflettere sulla importanza dell’evocazione nell’apprendimento: ricordare un concetto, una spiegazione, una regola, una tabellina ecc., significa richiamare un’esperienza da un luogo e/o un tempo passato al presente, “evocarla”. Abbiamo quindi proposto ai bambini questa evocazione guidata. L’attività si è inserita in un lavoro già avviato di “animazione della lettura”, che la classe fa una volta alla settimana dall’inizio dell’anno scolastico. In genere svolgiamo questo particolare tipo di lettura nella biblioteca scolastica: disponiamo i banchi di lato per poterci sedere in cerchio, facciamo calare le tende finché non diventa quasi buio, sistemiamo una luce adatta (una lampada, un mappamondo illuminato o altro) in mezzo al cerchio e respiriamo profondamente in contemporanea per facilitare la concentrazione; sappiamo tutti che se vogliamo far venir fuori la magia da una storia letta o raccontata, deve esserci silenzio e disposizione all’ascolto. Si comincia a leggere con calma solo quando l’atmosfera è pronta. In genere viene letta una storia, questa volta viene detto ai bambini che la lettura sarà affiancata da un’altra attività. Obiettivi Sviluppare e allenare nel bambinola capacità di: evocare immagini, suoni, gusti, odori, sensazioni tattili ecc., e averne consapevolezza 49 comunicare al gruppo di appartenenza le sensazioni evocate con la mente e condividerle distinguere quali evocazioni (visive, uditive,ecc.) hanno avuto la precedenza nella propria mente durante l’esperienza Perché Per abbinare alla lettura collettiva ad alta voce dell’insegnante un’attività di introspezione evocativa Quando Un pomeriggio per 1 ora e 30 minuti. Cosa e come La lettura e i cinque sensi Scriviamo tutti sui polpastrelli delle dita (abbiamo portato tutti una penna) le iniziali dei 5 sensi con i quali percepiamo la realtà. Nel mezzo del palmo, disegniamo un cuore, perché oltre che con i sensi, percepiamo le cose che ci circondano con le emozioni. I bambini sono poi invitati a chiudere gli occhi (ma pochi lo hanno fatto) e ad ascoltare la lettura sul fiore di loto, dopo aver brevemente parlato insieme del fiore. Alla fine della lettura i bambini vengono invitati ad esprimere, se vogliono, ciò che avevano immaginato con la vista, ecc. Si procede in cerchio e chi non ha niente da dire può passare il turno al compagno successivo. 50 Poi i bambini sono stati invitati a dire che cosa, nell’immaginarsi il fiore, avevano colto prima: un’immagine, un odore, dei suoni, una sensazione tattile o gustativa. Materiali IL LOTO Il loto affonda le sue radici nel fango, nelle acque torbide e putride esso cresce attirato irresistibilmente da quella luce che esso ignora, ma di cui ha il presentimento e che lo tira e lo attira, lo solleva e lo costringe a salire e che, all’improvviso, incontra quando, arrivato alla superficie, la raggiunge. Allora, glorioso, si apre, si espande e, accecato, abbaglia ognuno col suo indicibile splendore. (Anonimo indiano) 51 Documento Alcune evocazioni condivise dai bambini: VISTA: la terra bagnata, l’acqua putrida, sotto l’acqua, il cielo, la luce, il fiore, sono un folletto dentro al fiore e ho visto il fiore da dentro, uno squalo che arrivava da sott’acqua e io ho combattuto… UDITO: la brezza, un venticello, l’acqua sciacquettare, le onde, il vento, un tornado, i dinosauri che si avvicinavano, un tonfo… ODORATO: un profumo di vaniglia, l’odore del fiore, il puzzo dell’acqua, il puzzo del fiore, il sudore del fiore, il puzzo dei dinosauri che arrivavano… TATTO: la terra, l’acqua viscida, il velluto, petali vellutati, l’acqua, la pelle del dinosauro… GUSTO: dolce, di vaniglia, di terra, ho mangiato lo squalo, lo squalo mi inseguiva., io sono stato mangiato dal fiore e mentre ero dentro ho visto il suo cuore, che era bellissimo ed era insieme al cervello e io mi sono mangiato il cuore… EMOZIONI: dolcezza, bello 52 …dal Diario dell’insegnante… Le risposte sono state quasi tutte diverse, eccetto quelle sui dinosauri e sugli squali che, mentre il cerchio proseguiva, venivano date da un bambino ed altri lo seguivano (tutti maschi). Solo una bambina non ha mai voluto esprimersi su quello che aveva sentito: è albanese e ha ancora difficoltà ad usare la lingua di fronte agli altri. Quando i bambini sono stati invitati a dire che cosa, nell’immaginarsi il fiore, avevano colto prima: un’immagine, un odore, dei suoni ecc., non tutti sono stati in grado di dirlo: la maggior parte di quelli che lo hanno fatto ha detto di aver colto prima un’immagine. Il giorno successivo ho chiesto se l’esperienza era piaciuta: hanno detto di sì, ma la maggior parte ha sostenuto che aveva preferito altre storie divertenti lette altri giovedì pomeriggio. Forse è perché le storie lette in passato erano più lunghe e loro amano molto il momento della lettura più che il momento della cosiddetta restituzione, inoltre il brano era molto breve. Come insegnante ho trovato questa attività molto emozionante e ho sentito la partecipazione emotiva profonda dei bambini sia mentre leggevo loro il testo sia mentre dicevano le loro sensazioni. 53 Il “Portfolio dell’unicità” Esperienza dei bambini di due classi IVe Mariella Pratesi, Wilma Speranzini, Renata Ugori …dal Diario dell’insegnante… Questo progetto sui “talenti compensativi” è stato realizzato separatamente in due classi: IVA (tempo pieno con 20 alunni) e IVB (tempo modulare con 18 alunni) durante l’anno scolastico 2001-2002. Nelle due classi erano presenti delle dinamiche relazionali disfunzionali, dovute soprattutto alla mancanza di autostima. Nel corso del tempo si erano evidenziati negli alunni atteggiamenti di insofferenza, da cui scaturivano talora anche reazioni offensive e violente. Tutto questo ci ha portate ad osservare con più attenzione i loro comportamenti in modo da capire quale fosse l’origine di tale malessere. Si è osservato che nel gruppo si era anche creato una specie di linguaggio mimico-gestuale finalizzato a evidenziare, commentare, giudicare e denigrare non solo il rendimento scolastico, ma anche l’aspetto fisico, l’abbigliamento e il comportamento degli altri. Tutto questo si concretizzava con: offendere la mamma del compagno o della compagna; escludere dal gioco; definire “mani di burro” un compagno che sbaglia un’azione di gioco durante una partita; fare apprezzamenti su presunti “difetti fisici” (tanto da costringere l’offeso a non mangiare /mangiare a mensa per accontentare i compagni); dire malignità sulla carnagione più scura del compagno; definire “puzzola” una bambina, ecc. L’obiettivo di questa attività era finalizzato, innanzitutto, a comprendere meglio la percezione che i ragazzi avevano di sé e ad aiutarli a sviluppare l’autostima. Era importante che 54 ogni alunno acquisisse la consapevolezza “di essere unico” e “di avere qualcosa di speciale”, di avere in definitiva delle qualità che lo rendessero capace di fare qualcosa che nessun altro poteva fare meglio. Obiettivi capire e sviluppare il concetto della “percezione di sé” sviluppare l’autostima scoprendo i propri talenti personali Perché Per fare il punto sul ruolo che la percezione di sé dei ragazzi aveva nelle situazioni conflittuali osservate in classe. Quando L’attività si è svolta per circa due mesi a cadenza settimanale di 2 ore per ogni sessione. Cosa e come 1. Le parole fanno male 2. Riflessioni preliminari 3. Cos’è per voi il talento? 4. Il cartellone dei talenti 5. Visualizzare con la musica 6. Rappresentare con il colore 55 1. Le parole fanno male Prima di realizzare il progetto sui “talenti compensativi”, in una classe dove durante le attività libere si manifestavano tra i ragazzi comportamenti denigratori e conflittuali, che creavano competizione e frustrazione, le insegnanti hanno ritenuto opportuno, mediante una specifica attività [si vedano “La busta della rabbia” e “La scatola della rabbia” in questa pubblicazione] far prendere coscienza di questo disagio a tutti i ragazzi. Ognuno di loro doveva scrivere anonimamente su un foglietto le frasi denigratorie che si sentivano dire e che provocavano in loro grande sofferenza. Queste frasi poi sono state lette e commentate insieme, in modo da far capire il peso psicologico che talune considerazioni possono avere sugli altri, e quanto esse contribuiscano a modificare le relazioni fra gli individui. 2 . Riflessioni preliminari La palestra è stato il primo luogo dove è iniziata la prima fase del progetto; qui, in un ambiente più tranquillo e rilassante, gli alunni sono stati invitati a riflettere sui “talenti “ di alcuni personaggi famosi: attori, calciatori, sportivi in genere, personaggi di cartoni animati, cantanti ecc. I nomi di questi personaggi erano stati scritti su un cartellone e ogni alunno doveva mettere in evidenza la qualità in cui essi eccellevano, ma individuare anche un eventuale “difetto”, che però veniva annullato dal talento. La consegna 56 era di completare la frase: Documento Alcuni esempi prodotti dai bambini sui loro eroi preferiti: Harry Potter: può non essere bello, ma è un bravo mago. Schumacker: può non essere simpatico ma è un bravo pilota. Paperino: può non essere fortunato, ma è simpatico. 3. Cos’è per voi il talento? In una seconda fase le insegnanti si sono prestate per far capire ai ragazzi il significato della parola “talento”. In questo contesto nella consegna si è utilizzata la formula: A questo punto gli alunni, divisi a coppie, seduti o distesi sul pavimento della palestra, si sono vicendevolmente aiutati a cercare dentro di loro la risposta alla formula sopra indi- 57 cata, che poi hanno scritto su un foglietto. Documento Alcuni esempi prodotti dai bambini: Io posso non essere brava in ortografia,ma sono una brava ballerina. Io posso essere lenta a leggere, ma sono brava a chitarra e una brava arrampicatrice. Io posso non essere alto, ma ho dei bellissimi occhi azzurri. Posso non essere brava a matematica, ma sono veloce nella corsa. Posso non essere bravo in italiano, ma sono bravo a cantare e suonare. Posso non essere veloce, ma sono brava a scrivere poesie. Posso non essere bravo a storia, ma sono bravo a giocare a pallavolo. 4. Il cartellone dei talenti Successivamente su un cartellone appeso alla parete della palestra è stato indicato, accanto al loro nome, il talento compensativo di ciascuno. Alcuni esempi: Documento Julia: 58 brava suonatrice di chitarra e arrampicatrice Elia: bravo ballerino Antonio: bravo pescatore Irene: brava disegnatrice Francesco: bravo percussionista 5. Visualizzare con la musica La fase successiva ha richiesto l’aiuto della musica, per far sì che, sempre in palestra, ciascuno con il rilassamento riuscisse a “visualizzare” il colore che percepiva del proprio talento. Poi, mantenendo il silenzio, si è lasciata la palestra per tornare in classe. 6. Rappresentare con il colore In classe, dove erano stati predisposti i banchi e preparati vari materiali, abbiamo proseguito l’attività, sempre con la musica. Qui ognuno doveva esprimere con il colore degli acquerelli le proprie emozioni relative al talento personale. Il foglio colorato con l’acquerello è stato poi tagliato a forma di petalo su cui ognuno ha scritto il proprio nome e il talento. Ogni petalo è stato poi incollato intorno ad un cerchio su cui era scritta la parola “Unicità”, in modo da formare la corolla di un grande fiore che rappresentava “I nostri talenti”: 59 Documento …dal Diario dell’insegnante… L’esperienza, fin dall’inizio, ha trovato il gradimento dei ragazzi, perché ha permesso loro di ricercare dentro se stessi delle “positività” che non credevano di avere. L’obiettivo è stato raggiunto grazie anche alle modalità di attuazione dell’esperienza; infatti la libertà di postura e di rilassamento in uno spazio libero (la palestra) hanno consentito il raggiungimento di una buona interiorizzazione e attenzione, che ha permesso a tutti di esprimersi spontaneamente. Questa attività, di conseguenza, ha dato modo agli inse- 60 gnanti di riflettere e di cogliere il “positivo” di ciascun alunno. Tale positività è stata poi utilizzata dagli insegnanti nell’azione educativa per valorizzare e stimolare la personalità di ognuno di loro. La ricaduta educativa dell’esperienza è stata efficace soprattutto nell’evoluzione delle relazioni coi coetanei e con gli adulti ed ha ulteriormente inciso nelle attività educative libere e organizzate. finito di stampare nel mese di agosto 2005 presso “Le Corbinaie” Centro Risorde Educative Didattiche “LE CORBINAIE” Comune di Scandicci via Rialdoli, 126 50018 Scandicci tel. 055 75.589.60 fax 055 75.589.69 e-mail [email protected]