Affettività .qxd - Comune di Scandicci

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Affettività .qxd - Comune di Scandicci
Centro Risorse Educative Didattiche
“LE CORBINAIE”
Comune di Scandicci
Maria Teresa Martini, Rossana Mecatti,
Silvia Perissi, Laura Pierattini, Mariella Pratesi,
Wilma Speranzini, Renata Ugori
EDUCAZIONE DELL’AFFETTIVITÀ
Percorsi ed esperienze per la Scuola Primaria
a cura di Nicoletta Cherubini
INDICE
Premessa
pag. 7
Presentazione
pag. 9
Istruzioni per l’uso
pag. 19
Riconoscere, agire e gestire emozioni negative:
Un percorso sulla rabbia. Esperienza dei
bambini di una classe IVa
(Silvia Perissi e Laura Pierattini)
pag. 21
La “Scatola della rabbia”. Esperienza dei
bambini di una classe IIa e IIIa
(Maria Teresa Martini)
pag. 33
Le “Scenette della rabbia”. Esperienza dei
bambini di una classe IIa (Rossana Mecatti)
pag. 37
Imparare ad ascoltare e ad essere ascoltati:
Il “Bastone parlante”. Esperienza dei
bambini di una classe IIa (Rossana Mecatti)
pag. 45
Evocare per sentire emozioni e sensazioni
“Il Fiore di loto”. Esperienza dei bambini di
una classe IIIa (Rossana Mecatti)
pag. 49
Sviluppare e accrescere l’autostima
Il “Portfolio dell’unicità”. Esperienza dei
bambini di due classi IVe (Mariella Pratesi,
Wilma Speranzini, Renata Ugori)
pag. 54
Premessa
La premessa metodologica essenziale del lavoro che
abbiamo svolto con le insegnanti si riassume globalmente in
una visione esperienziale degli apprendimenti.
Tale visione si è realizzata nella disponibilità personale
delle Insegnanti ad abbandonare le aspettative consuete per
mettersi in gioco, sentire, evocare e percepire, ponendosi su
di un piano interiore di curiosità e apertura e nel contempo
conducendo attivamente la riflessione nel gruppo, concedendo vero ascolto alle altre partecipanti e caldeggiando l’allargamento dell’esperienza formativa ai genitori. In tal
senso, si è trattato per tutte noi di un’esperienza piuttosto
profonda, spesso straordinaria e, a momenti, “magica”,
nella sua essenza trasformativa e rituale.
Si è cioè costituito una sorta di porto protetto dove era
possibile raccontare le proprie (dis)avventure in totale
assenza di giudizio, dove i problemi reali e quotidiani della
comunicazione conflittuale a scuola venivano affrontati in
maniera strutturata, ma con flessibilità rispetto ai bisogni
reali che via via emergevano, e soprattutto con la serenità e
leggerezza necessarie per favorire il distacco dopo la partecipazione cognitiva ed emotiva, per realizzare la rimessa a
fuoco dopo l’immersione nelle radici, nei risvolti e nelle conseguenze problema, e infine per attuare una ricognizione
razionale fra le opzioni e soluzioni possibili dopo l’emersione introspettiva.
Non ci sono quindi “formulette” e rimedi facili da applicare, a meno che le strategie non siano state prima assimilate dall’insegnante, che poi le trasmuta in veri e propri life
skills, “strumenti di sopravvivenza” che vanno a costituire il
suo bagaglio di educatore e di essere sociale.
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Pertanto il successo di un percorso di questo genere è
ascrivibile a due fattori: in primo luogo il lavoro ha coinvolto la volontà delle Insegnanti di esplorare dapprima in se
stesse i nodi di crescita coinvolti nei percorsi che poi avrebbero trasmesso ai loro alunni; in secondo luogo ha fatto
appello all’abilità pedagogica di porsi “domande legittime”
e di accogliere, per quanto esse costituissero una sfida, le
risposte.
Nicoletta Cherubini
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Presentazione
Alfabetizzazione emotiva: un processo evolutivo con
obiettivi comuni per destinatari diversi
L’obiettivo minimo di questo Quaderno è di offrire un
contributo alla diffusione della cultura dell’alfabetizzazione
emotiva a scuola, attraverso la valorizzazione del lavoro
svolto da un gruppo di insegnanti, dai loro alunni e da gruppi di genitori, che durante un arco formativo di tre anni
hanno esplorato alcuni fra i temi di fondo più rilevanti della
risoluzione dei conflitti e dello sviluppo della competenza
comunicativa fra adulti e ragazzi.
Il percorso è tuttora virtualmente in corso, ma è già sufficientemente avanzato da permetterci di condividere i primi
risultati, facendo parlare in prima persona la voce degli
insegnanti e la freschezza espressiva dei ragazzi che vi
hanno preso parte.
Vorremmo cioè mettere queste esperienze positive al servizio di altri insegnanti e ragazzi che, pur non avendo ancora acquisito conoscenze e competenze specifiche, si riconoscano nelle situazioni disfunzionali descritte nei vari “Diari
dell’Insegnante” del Quaderno e siano alla ricerca di idee e
di semplici percorsi collaudati da sperimentare in classe, per
generare una maggiore capacità di espressione delle emozioni, per gestire meglio i conflitti e per migliorare il clima
emotivo a scuola.
Tutte le prove a cui sono sottoposti gli insegnanti e i genitori di oggi –rifiuto della disciplina e della regola, rifiuto dell’apprendimento lineare, comportamenti inaccettabili, pro-
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blemi linguistici nelle classi interculturali, difficoltà di
apprendimento– si presentano in tutte le fasce d’età, dalla
scuola dell’infanzia alle superiori, e spesso creano incomprensioni su come la scuola, la famiglia o i singoli dovrebbero affrontarle.
È quindi più che mai vitale per l’adulto non solo evitare
etichettature frettolose e saper dare un senso a manifestazioni di aggressività e a comportamenti inaccettabili nei ragazzi, ma anche riuscire a capire come si stia evolvendo il proprio ruolo di educatore dentro e fuori dalla scuola, riconoscendo che ormai i compartimenti stagni non funzionano più
in questo mondo estremamente instabile, un mondo che per
secoli è stato dominato da fattori di forza, dominio, controllo e aggressione. Il nostro è un piano di esistenza dove qualità come intuito, compassione, non violenza e la capacità di
dare nutrimento ai propri simili sono state sottovalutate o
sminuite, spesso identificandole come segni di debolezza.
“Alfabetizzazione emotiva” sta qui a significare non
tanto l’ABC delle emozioni, quanto un insieme di conoscenze, competenze e strumenti che ci insegnano ciò che nessuno
fino ad oggi ci aveva mai spiegato: come diventare buoni
comunicatori.
In tal senso si fonda il lavoro sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva come l’abbiamo inteso con i docenti del 2°
Circolo didattico di Scandicci di Firenze, con i loro alunni e
i genitori a partire dall’a.s. 2001-2002. Queste abilità trovano oggi una collocazione in quello che i nuovi ordinamenti
scolastici italiani definiscono come il quadro dell’Educazione dell’affettività.
Il termine di “alfabetizzazione emotiva” è un calco linguistico tratto da quel concetto di emotional literacy di cui
ormai si parla diffusamente fin dalla pubblicazione, nel 1995,
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di Emotional Intelligence, l’“intelligenza emotiva” studiata
da Daniel Goleman, un concetto che ha cambiato la cultura
delle emozioni nei sistemi scolastici (e non solo) di tutto il
mondo occidentale. Grazie all’immensa ricaduta positiva del
lavoro di Goleman e alle molte altre ricerche e sperimentazioni scaturite da questo filone di sviluppo del potenziale
umano, da tempo in ambito anglosassone si è cominciato a
includere materie non-disciplinari, quali l’Educazione dell’affettività e l’Educazione alla salute, in un quadro allargato
di crescita dell’apprendente. Si è così rivelata la grande utilità socio-educativa dello sviluppo nei ragazzi e negli adulti
della capacità di comunicare, di ascoltare e di gestire consapevolmente le emozioni.
Oggi anche da noi, grazie a crescenti sperimentazioni
nelle scuole italiane, diventa sempre più reale l’osservazione
secondo cui fanno parte dell’educazione scolastica anche i
rapporti interpersonali, quali il saper ascoltare, saper porre
domande, saper distinguere tra ciò che qualcuno fa o dice e
le proprie reazioni e pregiudizi, il saper essere sicuri di sé
invece di arrabbiarsi o restare passivi, ed anche imparare
l’arte di negoziare i compromessi, di collaborare, di risolvere i conflitti (Goleman 1995).
Poiché l’alfabetizzazione emotiva sta alla base di tali processi, essa ne permette la contestualizzazione, ne facilita la
gestione da parte di quegli insegnanti e genitori che, avendo
sviluppato competenze cognitive e strumentali in materia di
competenza emotiva, le trasmettano ai ragazzi affinché essi, a
loro volta, le diffondano oggi nel loro vivere sociale e domani nella realtà socio-professionale in cui si muoveranno.
A differenza della parola literacy, che in inglese è usata in
molti contesti, nella nostra lingua la parola “alfabetizzazione” suona un po’ cattedratica e fuorviante, quasi che chi
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seguisse lezioni di alfabetizzazione emotiva fosse “ignorante” in fatto di emozioni… In realtà, proprio qui sta il punto:
siamo tutti grandi esperti di emotività, visto che la vita
umana ne è costellata fin dai primi vagiti e forse anche fin dal
grembo materno, quindi ci si potrebbe chiedere: Che utilità
può avere andare “a scuola di emozioni”? Per preparare un
buon pasto bastano un po’ di senso comune e l’esperienza
acquisita osservando gli altri cucinare e non c’è bisogno di
iscriversi a un corso di alta cucina; così per le emozioni, per
“sentire” basta essere vivi e stare in mezzo agli altri. Esatto,
ma il senso della parola “alfabetizzare”, qui è un altro: non si
tratta tanto di “imparare a cucinare” per togliersi la fame,
quanto di “imparare a scegliere e a gestire la propria alimentazione”, per vivere meglio.
Alfabetizzarsi emotivamente, quindi, significa non tanto
“imparare a sentire”, quanto saper riconoscere le proprie e le
altrui emozioni, verificare l’opportunità di scegliere fra varie
opzioni possibili di comportamento, o imparare a gestire
consapevolmente la propria comunicazione durante un conflitto. Se, infatti, è vero che tutti sanno “sentire”, è anche
vero che la scuola non ci ha mai insegnato formalmente a
capire cosa sono e come funzionano le emozioni negative,
quali emozioni abbiamo nel momento in cui le proviamo,
cosa ci fanno quando le proviamo, o come e perché alcune
dinamiche negative sono “evitabili”. Molte delle dispute
grandi e piccole che ci affliggono sono spesso eludibili, ma
non ce ne accorgiamo, proprio perché ci manca un patrimonio di conoscenze e di strumenti comunicativi socialmente
condivisi per capirlo e rimediare.
C’è poi un’altra questione: il ruolo della tradizione, del
retaggio familiare nella gestione delle emozioni: ad esempio,
quando si nasce in una famiglia in cui si vive fin da piccoli
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la sensazione che esprimere la rabbia è disdicevole e che
facendolo si viene puniti col rifiuto affettivo, spesso non si fa
altro che continuare a educare se stessi nel tempo, anche
dopo essere usciti dalla famiglia d’origine, a non manifestare i sentimenti, alimentando così un circolo vizioso. Che
accadrebbe se volessimo rompere il circolo vizioso del conflitto? Tutto sommato, fare alfabetizzazione emotiva è un
po’come smetterla di mangiare sempre al ristorante: si
comincia ad andare di persona al mercato, per gironzolare e
vedere cosa c’è, per scegliersi da soli i cibi più graditi, per
rispettare le proprie intolleranze alimentari evitando gli
ingredienti meno indicati e, soprattutto, per scoprire anche
nuove e insospettate opzioni alternative. Certo, bisogna poi
“cucinarseli”, ma del resto, come dicono i linguisti anglosassoni, non basta l’abilità (the skill), ci vuole anche la volontà
(the will) di comunicare…
Tre componenti che stanno a monte di questo Quaderno
A. Laboratorio di Mediazione dei conflitti per alunni
Può essere interessante notare che il corso di alfabetizzazione emotiva da cui sono scaturite le esperienze del Quaderno ha preso le mosse da un nostro Laboratorio di Mediazione dei conflitti, svolto per/con le insegnanti di una singola classe avente dei comportamenti problematici. Il laboratorio ha rappresentato per quella classe l’inizio di un percorso
di educazione alla risoluzione dei conflitti che si è concretizzato nel tempo in un uso sempre più consapevole dei linguaggi e delle tecniche di mediazione. La competenza emotiva acquisita è stata poi applicata dagli alunni in nuove situazioni comunicative che la richiedevano, mettendoli in grado
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di sviluppare empatia, di accrescere l’autostima svolgendo in
prima persona il ruolo di mediatori e di contribuire, sotto la
guida delle loro insegnanti, al miglioramento generale della
competenza emotiva in classe.
B. Corso di Alfabetizzazione emotiva destinato
agli insegnanti
Successivamente ci è stata affidata la programmazione di
un corso destinato agli insegnanti, incentrato su concetti e
strategie di alfabetizzazione emotiva, intesa come componente dell’apprendimento/insegnamento efficace. Si è immediatamente costituito un gruppo affiatato, con il quale abbiamo esplorato il duplice ricorso all’alfabetizzazione emotiva,
sia per permettere il riconoscimento, la contestualizzazione e
la gestione consapevole dei processi di educazione al conflitto nei singoli partecipanti e nei loro alunni, sia in vista di
facilitare la successiva diffusione delle tematiche nella vita
scolastica dell’istituto.
Gli insegnanti hanno portato nel gruppo problematiche
reali, incontrate quotidianamente nella gestione della classe,
dinamiche segnate da un crescendo di comportamenti inaccettabili degli alunni, da episodi di ‘bullismo’, dal calo generalizzato dei livelli di attenzione –secondo una tendenza sottolineata anche a livello internazionale dalla presenza sempre
più marcata di alunni a cui sono stati diagnosticati iperattività
e disturbi dell’apprendimento. I partecipanti hanno riflettuto,
condiviso, elaborato e applicato quanto emergeva via via dal
lavoro, ciascuno secondo i propri ritmi, interessi e bisogni,
anche lavorando in équipe e in modalità di ricerca azione.
Infine abbiamo effettuato la stesura delle esperienze risultate
più convincenti, offrendole alla riflessione dei colleghi attraverso questo Quaderno di esperienze.
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Fin dal primo anno siamo partiti dal presupposto che per
essere buoni comunicatori, sia a livello personale, sia nella
relazione educativa, è necessario passare per quattro fasi, a
ciascuna delle quali è corrisposto un dato “sigillo” di impostazione del lavoro:
a) a.s. 2001-2002 Consapevolezza del problema (C’è
qualcosa che non va, ho un problema). Nel primo corso il
gruppo ha allargato la propria capacità di lettura e interpretazione delle problematiche comunicative riscontrate in classe
e ha aumentato la capacità di comprensione e valutazione
delle interazioni correlate al conflitto e alla sua gestione.
b) a.s. 2002-2003Presa in carico del problema (Voglio
procurarmi strumenti e conoscenze per risolverlo). Nel
secondo corso i docenti hanno perfezionato strumenti e
conoscenze utili alla gestione dei conflitti, all’espressione
delle emozioni e al potenziamento dell’autostima negli alunni, con cui hanno esplorato le competenze comunicative individuali ed hanno sperimentato strumenti didattici.
c) a.s. 2003-2004 Cambiamento personale (Ora che mi
conosco di più so meglio cosa fare). Il terzo corso ha inteso
facilitare la fase del cambiamento personale, riferito alla
comunicazione in generale e alla relazione educativa in particolare, grazie ad attività di esplorazione delle potenzialità
individuali e a sperimentazioni nei rispettivi gruppi-classe di
competenze, conoscenze e materiali utili a contestualizzare
le nuove competenze.
d) a.s 2004-2005 Cambiamento dell’ambiente circostante. Questa fase di diffusione delle nuove competenze è stata
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portata avanti dai singoli insegnanti e dai loro alunni in
maniera spontanea, attraverso l’esempio e il modeling delle
competenze acquisite, ma potrà eventualmente evolversi con
un progetto concertato, finalizzato al cambiamento della cultura del conflitto in tutta la scuola. Anche il presente Quaderno rientra in questa fase di diffusione delle esperienze.
Seguendo il criterio metodologico della circolarità didattica, i nodi formativi del corso hanno di volta in volta ripreso, approfondito e sviluppato modularmente i temi affrontati. La riflessione si è svolta sulla base di strumenti di matrice
glottodidattica, psicolinguistica, neurolinguistica e sociolinguistica.
In questo lavoro, dunque, non v’è spazio per l’improvvisazione; vi sono cioè dei passaggi che non è possibile saltare, dei giri di boa obbligati, primo fra tutti quello del lavoro
su di sé; e poiché “non si può cambiare ciò che non si conosce”, è stato importante partire proprio dallo sviluppo della
consapevolezza per giungere a risultati duraturi, capaci di
lasciare una traccia significativa nei comportamenti e nelle
aspettative degli apprendenti, come testimoniano le esperienze narrate dalle insegnanti nei loro Diari.
C. Laboratori per i genitori
Durante il secondo e il terzo anno di corso, il 2° Circolo
Didattico ha ritenuto di affidarci prallelamente anche il Progetto “Cielo Sereno”, una serie di laboratori di alfabetizzazione emotiva destinati ai genitori. L’iniziativa ha inteso
includere i genitori nel processo di educazione dell’intelligenza emotiva, in quanto non è pensabile agire su un solo
fronte, quello degli insegnanti e degli alunni, senza incorrere
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poi in contraddizioni. I genitori hanno esplorato punti di riferimento comuni rispetto a quelli affrontati con gli insegnanti, per favorire l’aggregarsi di un linguaggio e di un agire
comuni che permettano la trasmissione di messaggi coerenti
ai bambini da parte della scuola e della famiglia.
I gruppi hanno messo in evidenza il bisogno di riflettere
insieme per rafforzarsi su questi temi e la sete di strumenti
comunicativi utili a gestire i rapporti, grazie ai quali i genitori hanno tratto stimoli per rivedere il rapporto con i figli. La
maggioranza ha sottolineato che saper ascoltare è difficile
perché non siamo abituati a farlo, e che l’ascolto e l’assertività sono abilità determinanti per agevolare il dialogo con i
figli. Hanno inoltre rilevato che il saper individuare le proprie modalità di percezione, interpretazione e gestione del
conflitto rappresenta un aiuto concreto nei rapporti interpersonali in genere. La validità pratica dei contenuti di alfabetizzazione emotiva emersa dai commenti dei genitori conferma la necessità di allargare la propria competenza comunicativa per convivere meglio con i figli e la necessità del mondo
familiare di coordinarsi col mondo della scuola per raggiungere risultati migliori.
La struttura del Quaderno
Fra i moltissimi materiali e strumenti che gli insegnanti
hanno agito personalmente durante il corso, ne hanno prescelti alcuni che ritenevano particolarmente adatti alla sperimentazione coi loro alunni e che in seguito sono andati a
costituire il corpus di questo Quaderno.
Gli insegnanti si sono messi in gioco in prima persona,
provando modalità comunicative nuove o diverse con la clas-
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se e coi singoli alunni, trovando le vie più efficaci per favorire nei ragazzi l’empatia, la cooperazione, la fiducia nel
gruppo, l’autostima, l’espressione consapevole di sé e delle
proprie emozioni e la gestione di sentimenti che normalmente sarebbero stati percepiti come un ostacolo, anziché un’opportunità capace di esprimere una forte carica educativa.
Il Quaderno propone una serie di percorsi e di microlaboratori, inseriti in un formato omogeneo, studiato per
offrire a chi legge una buona traccia operativa e per avvicinarsi all’esperienza attraverso i commenti dei colleghi e le
risposte degli alunni che l’hanno già svolta. Sul modello
della ricerca-azione, si leggeranno passi tratti dal Diario
tenuto da ogni insegnante, che riferisce le situazioni problematiche che hanno motivato la proposta dell’attività agli
alunni, segnala eventuali difficoltà e suggerisce come evitarle, riflette sulle proprie sensazioni, emozioni e intuizioni
durante lo svolgimento delle attività, condivide osservazioni,
aneddoti e annotazioni sulla motivazione dei ragazzi e sul
loro gradimento dell’attività, e infine descrive la ricaduta
educativa dell’esperienza.
I percorsi di apprendimento spesso includono una importante sezione denominata Documento, in cui ascoltiamo
direttamente la voce degli alunni –che in questa nostra prospettiva sono non solo destinatari, ma anche co-apprendenti
e co-insegnanti!– nell’atto di documentare il processo educativo di quel particolare gruppo, svelando convinzioni e pensieri, disarmanti riflessioni, delicate confessioni, risposte
intuitive e, spesso, tanta saggezza interiore.
Buona lettura e buona sperimentazione!
La Docente
Nicoletta Cherubini
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ISTRUZIONI PER L’USO
Regole per il buon funzionamento del gioco di ruolo
Il gioco di ruolo è un ottimo strumento per permettere agli
alunni di confrontarsi con le proprie idee, per acquisire consapevolezza e per gestire meglio i propri atteggiamenti e
comportamenti. Il gioco di ruolo funziona a piccoli gruppi
oppure con un solo gruppetto che parla davanti alla classe.
Ecco alcune regole generali per condurre una sessione
con successo:
siate chiari su quale obiettivo volete raggiungere attraverso il gioco di ruolo, specificando anche la situazione e chi
sono i personaggi. Importante:
assegnare dei nomi ai personaggi, in modo da evitare che
si pensi che gli alunni stiano rappresentando se stessi.
L’insegnante generalmente è il facilitatore dell’attività:
assegna i ruoli, descrive chiaramente al pubblico e agli
attori la scena da rappresentare e, se un personaggio ha
bisogno di sostegno, l’insegnante interrompe l’azione per
darlo premurandosi di spiegare alla classe ciò che sta
facendo.
Quando il gioco di ruolo è stato sviluppato fino a dare un
senso della situazione, “congelare” l’azione e discuterla
prima con gli attori (facendoli restare nel personaggio per
un momento), e poi con la classe. Fare domande “aperte”
(che non presuppongono una risposta sì/no) che tocchino
la sfera del pensare, del fare, e del sentire, ad es.:
Cosa stava succedendo?
- Cosa ha detto “X” a “Y”?
- Che emozioni avete provato?
- Che pensate di ciò che avete visto?
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Se possibile, fare una ripetizione della scenetta incorporando i suggerimenti della classe e poi discutere il nuovo
risultato facendo domande aperte:
- Che cosa avete pensato questa volta?
- Che sensazioni avete provato?
Finito il gioco di ruolo di una scena -che non dovrebbe
mai durare più di un quarto d’ora, inclusa l’interruzione
dell’azione, le domande alla classe, e l’eventuale ripetizione- è necessario far uscire gli attori dal personaggio.
Per cancellare la loro identità fittizia è utile fare domande personali del tipo:
- Che cosa hai provato nel ruolo del tuo personaggio?
- Se fossi stato al suo posto avresti fatto qualcosa di
diverso?
- Che cosa hai pensato di questa attività? Ti piacerebbe rifarla?
“Riflettere”
Il termine si riferisce alla tecnica del “riflettere” i sentimenti espressi dall’emittente, che nell’ascolto attivo accompagna e completa quella del parafrasare le parole dette dal
ricevente del messaggio.
“Passo…”
È buona prassi avvertire chi non prende la parola quando
è il suo turno che si tornerà a ridargli/le questa opportunità
alla fine del giro. Normalmente il bambino la seconda volta
parla, perché spesso ha solo bisogno di ascoltare e riflettere
prima di esprimersi, magari in modo non del tutto originale,
anche facendo propri concetti detti dai compagni. Infatti ai
fini dello sviluppo dell’autostima, spesso più che il contenuto è importante la presa di parola, affinché la voce di tutti si
manifesti e venga ascoltata.
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Un percorso sulla rabbia.
Esperienza dei bambini di una classe IIIa e IVa
Silvia Perissi e Laura Pierattini
…dal Diario dell’insegnante…
Fin dalla prima elementare la nostra classe a tempo pieno
con venticinque alunni ha presentato problematiche comportamentali per la presenza di un numero elevato di bambini
con difficoltà di autoregolazione e rispetto delle regole.
In particolare un bambino, fin dai primi giorni di scuola,
appariva antisociale, oppositivo, aggressivo e con difficoltà
a rispondere alla disciplina. All’inizio della classe seconda
l’abbandono per trasferimento di una delle due insegnanti,
seguito da un’alternanza di più figure, è stata poi una delle
cause che hanno favorito l’innescarsi di forti dinamiche di
aggressività e conflittualità durante le quali il bambino in
questione presentava reazioni pressoché ingestibili di violenza fisica e di ossessività contro le regole.
Nella terza classe l’inserimento della seconda figura stabile ha accentuato sia le problematiche di opposizione e conflitto all’interno del gruppo classe, sempre più oppositivo,
sia quelle del bambino nei confronti della nuova figura. La
frequenza dei conflitti interpersonali e l’intensità delle reazioni del bambino hanno reso molto difficile la gestione della
classe e ci hanno motivate a concordare e mettere in atto, in
modo sistematico e condiviso da entrambe le insegnanti,
delle strategie educative mirate al superamento di problematiche comportamentali.
Abbiamo attuato sia strategie individualizzate —“contratti” insegnante-alunno in cui venivano specificati com-
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portamenti-obiettivo da far acquisire o da rafforzare attraverso il ricorso a tabelle di registrazione e a riflessioni scritte degli alunni, facenti seguito alla messa in atto di comportamenti negativi— sia progettazioni di percorsi tesi a fornire
abilità sociali per una più efficace comunicazione e gestione
della conflittualità.
La ricaduta educativa in classe terza è stata positiva.
Grazie alla ripetuta pratica in classe dell’ascolto attivo e
della negoziazione senza perdenti, alla sperimentazione
della tecnica di mediazione per la risoluzione dei conflitti, e
allo svolgimento di una serie di unità didattiche sul bullismo
in copresenza di entrambe le insegnanti, abbiamo rilevato un
netto miglioramento delle relazioni insegnante-alunno e
alunno-alunno. Sono visibilmente diminuiti sia i conflitti fra
i pari sia l’intensità delle reazioni emotive del bambino che
presentava comportamenti inaccettabili. Parallelamente, si
sono affinate in tutti i bambini le abilità di risoluzione del
conflitto.
Nella classe quarta è stato svolto un percorso di alfabetizzazione emotiva sulla rabbia, per favorire nei bambini la
consapevolezza e la gestione delle emozioni che entrano in
gioco quando si è in un conflitto. Ci siamo poste come
obiettivi di tale percorso:
Obiettivi
sviluppare la consapevolezza del significato lessicale ed
emotivo della parola “rabbia”
favorire l’individuazione delle cause scatenanti la propria
rabbia e le emozioni correlate
esplorare l’espressione non verbale della rabbia
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Perché
La frequenza dei conflitti fra alunni e l’intensità dei comportamenti inaccettabili di uno di loro in passato avevano
reso molto difficile la gestione della classe e hanno fornito
alle insegnanti la motivazione a lavorare insieme per individuare e mettere in atto sistematicamente delle strategie educative mirate al superamento di problematiche comportamentali.
Quando
Il percorso è stato svolto in modo sistematico una volta
la settimana durante la compresenza delle insegnanti.
Cosa e come
1. La busta della rabbia
2. La rete della rabbia
3. Il significato della parola “rabbia”
4. La scatola della rabbia
5. Se la rabbia fosse…
6. Se la rabbia fosse un gesto e un suono
A noi insegnanti questo percorso sulla rabbia è servito
per conoscere più approfonditamente le emozioni dei bambini della classe, per comprenderli ed accettarli, per acquisire
strumenti efficaci per prevenire o gestire le conflittualità o le
tensioni nelle relazioni.
È stato anche importante creare qualcosa con loro e che
parlasse di loro.
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1. La busta della rabbia
Iniziamo chiedendo a ciascun bambino di scrivere su un
foglio la propria definizione di “rabbia” e di metterlo nella
busta che abbiamo preparato.
Le definizioni vengono lette ad alta voce da un’insegnante mentre l’altra le rappresenta in un grafico a sole, raggruppandole per punti di vista simili e sintetizzandole con una
parola chiave.
Documento
Alcune definizioni date dai bambini:
Serntirsi nervosi con
se stessi e provare
dolore, tristezza
Bisogno di vendicarsi
verso chi ti ha fatto
qualcosa, come prenderti in giro o farti
dispetti, comportandosi
nello stesso modo
Sentirsi offesa, fuori
dal gruppo
“rabbia”
Farsi giustizia,
picchiando,
offendendo
GRRR...
Provare un sentimento
negativo per una
personaquando si è
contradetti, criticati
ingiustamente
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2. La rete della rabbia
Alcune parole chiave del grafico a sole basate sulle definizioni date dai bambini:
…dal Diario dell’insegnante…
I bambini erano tutti motivati e hanno partecipato con
interesse. Noi insegnanti abbiamo riflettuto sulla rispondenza delle definizioni date da alcuni bambini con difficoltà
autoregolative (tra cui anche il bambino che le possedeva in
misura più accentuata) ai loro temperamenti e abbiamo verificato una buona consapevolezza del significato di “rabbia”
da parte della maggioranza di loro.
I bambini si sono mostrati molto motivati ed hanno svolto la riflessione con buon impegno ascoltando e condividendo le emozioni dei loro compagni. Attraverso le loro descrizioni abbiamo compreso maggiormente i sentimenti responsabili di alcune loro reazioni di rabbia avvenute in classe
soprattutto durante i momenti ricreativi.
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3. Il significato della parola “rabbia”
Abbiamo chiesto ai bambini di cercare a casa sul vocabolario e trascrivere su un foglietto i significati della parola
rabbia. Le definizioni sono state poi lette a scuola, trascritte
alla lavagna e commentate.
Documento
Disappunto
violento turbamento
dell’animo
collera
stizza
violenza
sfrenata
Forti delusioni che
spesso si manifestano
con reazioni incontrollate, di intolleranza
ira
furore
avidità,
accanimento
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4. La scatola della rabbia
Abbiamo chiesto a ciascun bambino di completare su un
foglio la frase:
A me fa veramente arrabbiare
quando...
ed io mi sento...
I foglietti sono stati messi nella scatola, poi pescati e letti
al gruppo, che li ha commentati.
Documento
F.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi
prendono in giro, perché inizio a vergognarmi, mi
arrabbio con me stessa e mi sfogo sugli altri con le
botte. Io mi sento , dopo, arrabbiata e triste: quando
non controllo la mia forza mi dispiace."
M.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi
prendono in giro chiamandomi ciccione solo perché
sono un po' più robusto di loro io mi sento offeso e
perdo il controllo."
S.: A me fa veramente arrabbiare quando qualcuno mi accusa di qualcosa che non ho fatto e insiste
per avere ragione. Io mi sento imbestialita, non mi rie-
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sce tollerare il fatto che non mi diano fiducia."
A.: " A me fa veramente arrabbiare quando qualcuno prende in giro la mia famiglia, perché loro è
come se fossero una parte di me ed io mi sento offeso dentro al cuore."
E.: "A me fa veramente arrabbiare quando mi chiamano stecchino e stuzzicadenti , io mi sento offesa
e provo rabbia."
I.:"A me fa veramente arrabbiare quando mi prendono in giro dicendomi che non so fare niente, io mi
sento addolorata."
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5. Se la rabbia fosse…
Disponendosi in cerchio si invitano i bambini a fare giochi analogici sulla rabbia:
Se la rabbia fosse...
sarebbe...
I loro interventi vengono rappresentati graficamente, per
poterli poi rileggere. Abbiamo associato la rabbia all’odore,
al sapore, a un oggetto, a una materia, a una stanza, a una
pianta, a un animale, a una persona, a un suono e a un gesto,
realizzando quest’ultimo nello spazio.
Documento
Alcune associazioni proposte dagli alunni:
ODORE:
… di bruciato, di carbone, del ribollire
della terra quando è piovuto, di morto, di
sangue…
SAPORE: … di caffè amaro, di arancia aspra, di
sangria, di pesce, di acido, di acqua e
limone…
OGGETTO: … un siluro, un bazzuca, un lancia missili,
un pallone da calcio, un meteorite…
MATERIA: … polvere da sparo, filo spinato, acciaio,
dinamite, olio…
STANZA: … uno sgabuzzino, la sala dei morti, la
sala dei conflitti, una stanza di prigione,
29
la camera da letto, uno spogliatoio…
… una pianta carnivora, un ulivo, un’ortica, una bacca selvatica, un finocchio
selvatico...
ANIMALE: … un toro, un leone, un ghepardo, un
gatto nero, un pidocchio, un drago, un
pitone…
PERSONA: … un killer, Billaden, Frankestein, la
mamma, Paperino, uno zombi, un ladro…
SUONO:
… il pianto di un bambino, un ruggito, un
fulmine, uno sparo, un fischio, un ululio …
PIANTA :
30
6. Se la rabbia fosse un gesto e un suono
Restando in cerchio, ciascun bambino pensa al suo gesto
e al suo suono, lo rappresenta, muovendosi nello spazio, poi
tutti insieme gli altri bambini ripetono quel gesto e quel
suono. A gruppetti di tre, poi di sei, i bambini creano sequenze di gesti e suoni da rappresentare agli altri compagni. Alla
fine si commenta l’esperienza.
…dal Diario dell’insegnante...
I bambini si muovevano nello spazio inizialmente con una
certa insicurezza e vergogna, poi si sono sempre più rilassati e sentiti liberi di esprimersi anche con il linguaggio del
corpo. Sono stati anche capaci di associare i loro gesti e
suoni, collaborando e creando un’ intesa reciproca sempre
più forte.
Abbiamo poi realizzato con la collaborazione di un’attrice uno spettacolo teatrale dove i bambini hanno rappresentato la rabbia e le emozioni legate ad essa con i vari linguaggi, verbali e non verbali. Il lavoro è stato abbastanza
impegnativo, non sempre i ragazzi sono riusciti ad autoregolarsi rispettando le pause ed i tempi di entrata ed uscita, più
volte è stato necessario da parte nostra farli riflettere sull’unicità dei loro contributi e sull’obiettivo di costruire “qualcosa” insieme. Alla fine, infatti, è stata rappresentata la
diversità individuale composta come coralità di gruppo. La
rassegna teatrale, alla quale hanno assistito anche genitori
e bambini di altre classi, ha rappresentato per loro e per noi
insegnanti la gratificazione dell’impegno e della fatica e la
possibilità di esprimere qualcosa di autentico e non precostituito.
La chiusura del percorso è stata fatta attraverso una
31
riflessione sulle emozioni provate dai bambini.
Documento
S: “Con questa esperienza ciascuno di noi ha
potuto esprimere che cosa è la rabbia, un sentimento che usiamo spesso verso noi stessi e verso gli
altri.”
D.: “Quando finalmente ho detto a tutti che cosa
mi fa arrabbiare, sono stata orgogliosa di me.”
S.: “Mi sono sentito bravo quando ho espresso
con il gesto la mia rabbia.”
C.: “Mi sono sentito libero di esprimere la mia definizione di rabbia.”
E: “Ho potuto comprendere meglio la rabbia interiore che una persona ha dentro di sé.”
M.: “Una cosa molto importante per me è stata la
compattezza del gruppo che ha lavorato insieme
per fare qualcosa di grande ed importante.”
F.: “Ho potuto capire che cosa fa arrabbiare i
miei compagni e soprattutto che cosa fa arrabbiare me.”
S.: “Con questo lavoro ho capito che la rabbia è
un sentimento molto forte, a volte può essere pericoloso, quando è manifestato in modo violento.
S.: “Questa esperienza, secondo me, ha migliorato l’amicizia nella classe e mi ha fatto capire che gli
altri vanno rispettati e non presi in giro.
32
La “Scatola della rabbia”
Esperienza dei bambini di una classe IIa e IIIa
Maria Teresa Martini
…dal Diario dell’insegnante…
La mia era una classe di 25 alunni di terza elementare
formata in modo abbastanza omogeneo da maschi e femmine. All’interno del gruppo non c’erano grosse conflittualità,
ma battibecchi, prepotenze e competizioni quotidiane, sì. Ero
costretta a sedare, a chiarire e a cercare di mediare situazioni di piccole prepotenze che si ripetevano all’infinito.
Abbiamo pensato di mettere per iscritto e quindi raccontare e dare un valore tangibile a certi sentimenti che i bambini provavano sia nel momento del conflitto sia nel momento
successivo, quando dentro resta una sensazione di rabbia e di
delusione che porta a determinare piccole e grandi frustrazioni. Questi scritti abbiamo deciso di metterli in una sorta di
‘salvadanaio’ della rabbia e così è iniziata la costruzione
della nostra scatola contenitore di piccoli e grandi sfoghi.
I bambini sono stati subito molto interessati e puntualmente riempivano la scatola sollecitando una pronta lettura
del suo contenuto. Sono emersi bisogni, confronti, dispiaceri,
frustrazioni, che sarebbero passati più o meno inosservati se
il bambino non avesse avuto la possibilità di spiegarsi, ribadendo il torto subito fino ad una possibile chiarificazione.
A distanza di un anno la scatola continua ad essere protagonista assoluta di incomprensioni, offese e rivalità. L’acquisto di una lenta, ma progressiva consapevolezza aiuta a
favorire un rapporto più sereno e di condivisione nella mia
classe.
33
Questa attività non ha avuto il potere di risolvere i conflitti che ogni giorno affliggono i bambini, ma ha sicuramente costruito piano piano una certa consapevolezza e soprattutto ha portato ad una maggiore riflessione su come ci si
può sentire, cercando di mettersi nei panni dell’altro, quando veniamo offesi o messi da parte.
Obiettivi
risolvere piccoli conflitti
capire che bisogna rispettare la sfera emotiva dell’altro
sedare la rabbia con la discussione e il confronto
Perché
Per creare in classe un clima collaborativo e il più possibile costruttivo.
Quando
L’ attività è stata svolta nell’arco scolastico di due anni.
Cosa e come
Abbiamo costruito una scatolona di cartone (cm 30 x 30
x 20), poi ci siamo messi d’accordo sul colore da darle. Dopo
varie proposte è risultato che il nero e il rosso erano i preferiti, ma alla fine la maggioranza ha scelto di colorarla di nero.
Sui lati del parallelepipedo sono stati applicati disegni
giudicati significativi dai bambini: serpenti, fulmini, saette,
punti interrogativi ed esclamativi. Una volta completata, la
scatola è stata messa a disposizione di tutti i messaggi che i
bambini intendevano affidarle.
Abbiamo notato che in una settimana due terzi dei bam-
34
bini avevano contribuito a riempire la scatola. Abbiamo fissato che la lettura dei messaggi fosse fatta una volta ogni due
settimane. I messaggi potevano essere anonimi o firmati e se
l’insegnante avesse trovato il nome del bambino avrebbe
detto l’appartenenza della missiva.
Alla fine della lettura concordata si discuteva sulle dinamiche emerse riproponendo lo stato d’animo che aveva spinto il bambino a ricorrere a questo sfogo.
Documento
Alcune frasi che si sentono spesso nella mia classe:
Quando si leggono i
bigliettini???
Esco più tardi in
giardino, devo scrivere un biglietto della
rabbia!”
Vorrei della carta per
fare il mio biglietto
della rabbia!!
Documento
Esempi di bigliettini prodotti dai bambini:
C.: Mi sono sentito umiliato quando Giovanni mi
ha detto: “Stai zitto, piccolino!”
L.: Mi sento delusa quando la maestra va via e i
bambini urlano!
35
A.: Mi sono sentita triste quando Luca mi ha
tenuta lontano dal gioco che faceva insieme a
Maria e Cristina.
M.: Stamani odio mia sorella perché mi fa sempre troppi dispetti!
36
Le “Scenette della rabbia”
Esperienza dei bambini di una classe IIa
Rossana Mecatti
…dal Diario dell’insegnante…
In classe molto spesso esplodono conflitti che hanno
come conseguenza pianti, temporanee rotture di amicizia,
ecc. I bambini richiedono sempre o spesso l’intervento dell’adulto per risolverli; in particolare, due bambine, che chiameremo Sonia e Caterina, sono spessissimo in conflitto fra
loro e con gli altri. La frequenza dei conflitti e l’intensità
delle reazioni emotive dei bambini coinvolti ci hanno convinte che valesse la pena tentare la realizzazione di un’attività di roleplay con l’intera classe, che portasse ad una
riflessione su quante e quali sono le emozioni che entrano in
gioco quando si è in conflitto e sui possibili modi di evitare
o risolvere un conflitto.
L’attività di seguito descritta ci è sembrata adeguata
all’età degli alunni in questione.
Obiettivi
raccontare ed agire esperienze in cui si è sperimentata l’emozione della rabbia
riflettere sulle emozioni che entrano in gioco quando si è
in conflitto
riflettere sui possibili modi di evitare o di risolvere un
conflitto
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Perché
Frequenti conflitti in classe e intensità delle reazioni
emotive dei bambini coinvolti.
Quando
Abbiamo impiegato in totale quattro ore suddivise in
due giorni consecutivi.
Cosa e come
1. Condividere emozioni
2. Agire i sentimenti
3. Allargare il bagaglio lessicale sulla rabbia
38
1. Condividere emozioni
Vengono formati gruppi all’interno dei quali i bambini
raccontano e parlano fra loro di avvenimenti che li hanno
fatti arrabbiare (accaduti in classe o fuori).
Quella volta che mi sono arrabbiata
è successo che...
Documento
Esempi riferiti dai bambini:
Caterina: “Io l’altro giorno mi sono arrabbiata
tanto perché sono andata a chiamare la Federica
perché volevo giocare con lei, ma a casa sua, quando ho suonato il campanello, non c’era nessuno e ci
sono rimasta malissimo.”
Giovanni: “Un po’ di tempo fa io avevo dei gattini e
un signore vicino di casa li ha ammazzati perché
andavano sulla sua terrazza e non li voleva. Io ci
sono proprio rimasto male e mi sono arrabbiato
tanto perché ha ucciso dei gattini piccoli.”
39
2. Agire i sentimenti
Abbiamo deciso di svolgere l’attività che segue alla presenza di entrambe le insegnanti che operavano nella classe in
modo da esserci davvero tutti. Abbiamo diviso i bambini in
gruppi all’interno dei quali c’erano coppie spesso in conflitto. Ad ogni gruppo abbiamo in seguito richiesto di scegliere
una delle esperienze raccontate in condivisione per rappresentarla davanti alla classe, organizzandosi in modo autonomo per ciò che riguarda i personaggi, gli “attori”, il testo, la
mimica, ecc.. Alla fine di ogni scenetta, ai bambini che avevano assistito sono state poste domande tipo:
Qualcosa del genere è mai successo a qualcuno di voi?
Come vi sentivate mentre osservavate la scenetta?
Come pensate che si sentissero i vari personaggi?
Ci sono altre cose che le persone in quella situazione
avrebbero potuto fare?
…dal Diario dell’insegnante…
Il primo giorno, fin dall’inizio dell’attività S. tendeva a
tergiversare (ha chiesto più volte di andare in bagno, parlava di altro, sistemava i libri in cartella…). Solo quando io mi
sono avvicinata al suo gruppo e l’ho incoraggiata, ha raccontato una scena. Non ha voluto però partecipare alla
drammatizzzione dell’episodio scelto dal gruppo e ha provato in tutti i modi ad ostacolare il lavoro. C., invece, ha raccontato per prima un episodio in cui aveva provato rabbia,
diverso parecchio nelle dinamiche da ciò che mostrava in
classe, ma neanche lei ha voluto partecipare alla rappresen-
40
tazione.
Inizialmente mi sono sentita scoraggiata, perché il lavoro
era stato organizzato soprattutto per quelle due bambine e
mi sembrava di aver commesso un errore a collocarle nello
stesso gruppo, visto che insieme riuscivano ad ostacolare
l’attività dei compagni. Però ad un certo punto la situazione
si è sbloccata: gli altri bambini del gruppo hanno deciso di
rappresentare un episodio di rabbia in famiglia interessante
e gli altri gruppi intanto andavano avanti.
Si era dato il tempo ai bambini di organizzarsi e provare
e quando venivano recitate le scenette (per qualcuno con un
po’ di imbarazzo) tutti ascoltavano e facevano osservazioni o
trovavano soluzioni interessanti. Io però ho avuto l’impressione di parlare troppo al fine di “riflettere” le loro opinioni e/o di fare domande per chiarire i loro interventi.
Non tutti i gruppi avevano rappresentato le scenette il
primo giorno per mancanza di tempo. Il giorno dopo i bambini di un gruppo che doveva ancora recitare, appena arrivati hanno manifestato la loro preoccupazione per una bambina assente che aveva una parte importante: è stata decisa
velocemente la sua sostituzione sentendo la disponibilità
delle altre femmine. Hanno deciso poi di provare fra loro la
scena in un ritaglio di tempo, rinunciando così a giocare
durante la ricreazione e si sono procurati anche gli oggetti
adatti. L’interpretazione è risultata efficace (gli “attori”
hanno recitato usando bene la voce e la gestualità) anche se
non proprio aderente alla realtà, come è risultato dai commenti successivi di compagni che avevano assistito alla
scena reale.
A un certo punto il gruppo di C. e S. si è di nuovo incagliato perché C. e S., appunto, non volevano fare nessuna
parte. C. alla fine ha accettato, ma forse per timidezza ha
41
parlato a voce molto bassa. S. ha rifiutato, poi ha accettato
per svariate volte. Alla fine ha recitato e la sua interpretazione non è stata efficace. Anche in questo secondo giorno le
osservazioni dei bambini successive alle scenette sono state
interessanti.
Documento
Dagli interventi dei bambini è emerso che:
Le persone che offendono si possono sentire tristi,
in colpa, forti, o soddisfatte.
Le persone che vengono offese si possono sentire
deboli, arrabbiate, sole, in colpa.
42
3. Allargare il bagaglio lessicale sulla rabbia
Si conclude il percorso disegnando sulla lavagna un grafico a sole: ad ogni raggio corrisponde una parola che a un
bambino viene in mente sulla rabbia. Infine, per sapere
come la classe si è sentita durante questo lavoro, si chiede
ad ognuno un giudizio sull’attività.
Documento
…dal Diario dell’insegnante…
L’attività è stata sicuramente e comunque gradita ai bambini, perché hanno potuto esprimere un loro vissuto in modo
ampio e nuovo rispetto alle altre attività scolastiche ed
hanno avuto la possibilità di riflettere su alcune dinamiche
dei conflitti e sulle possibilità di prevenirli.
Personalmente, come insegnante ho potuto apprezzare la
profondità delle valutazioni e dei suggerimenti di alcuni
bambini, in alcuni casi inaspettate.
Guardando con occhio critico il mio atteggiamento, mi
sono accorta di quanto influenziamo e guidiamo le loro
43
risposte nelle attività. I bambini hanno dimostrato, in seguito a questa attività, una maggior consapevolezza sulle dinamiche che scatenano i conflitti.
Ho notato che nelle drammatizzazioni il disagio, l’imbarazzo e talvolta l’incapacità di esprimersi era dovuta al fatto
che i bambini non erano abituati a fare drammatizzazione o
a lavorare col corpo di fronte agli altri. Probabilmente l’attività avrebbe avuto un esito migliore se i bambini avessero
già fatto esperienze di espressività mimica o corporea. La
loro difficoltà a parlare d alta voce di fronte agli altri ha
infatti creato difficoltà nel tenere alta l’attenzione.
44
Il “Bastone parlante”
Esperienza dei bambini di una classe IIa
Rossana Mecatti
…dal Diario dell’insegnante…
I bambini a casa e a scuola dimostrano un grande desiderio di raccontare le proprie esperienze agli altri, ma a
casa i genitori che lavorano, la sera quando la famiglia si
ritrova, hanno molte cose da fare e talvolta la stanchezza
della giornata può avere la meglio sulla voglia di ascoltare i
propri figli.
A scuola i bambini sono tanti, le attività programmate
incalzano e manca l’occasione e il tempo di ascoltarli tutti
e/o per intero. Loro tendono a compensare, in genere, questo
loro desiderio, interrompendo, anche in momenti poco
opportuni, l’adulto che parla o intervenendo nelle discussioni degli altri (adulti o bamabini che siano) anche a sproposito.
È stata quindi proposta questa attività, chiamata “Il
Bastone parlante”.
Obiettivi
comunicare agli altri esperienze che si ritengono importanti, senza essere interrotti e con la consapevolezza di
avere diritto ad un tempo determinato per farlo
saper ascoltare in silenzio le esperienze altrui, aspettando
il momento predeterminato per commentare o chiedere
chiarimenti
Perché
Per dare ai bambini l’opportunità di parlare di un avveni-
45
mento che è stato per loro importante e di condividerlo con
tutta la classe.
Quando
L’attività è stata svolta nell’arco di una settimana, al
rientro dalla ricreazione dopo il pranzo. Hanno parlato quattro o cinque bambini ogni giorno.
Cosa e come
La consegna è:
Parla di una cosa, un avvenimento o
altro che ti è accaduto e che ti ha fatto provare un’emozione
Ogni bambino può parlare alla classe per 3 minuti (stabiliti da un timer) stando in piedi dentro un cerchio tracciato
sul pavimento, il “Cerchio dei parlanti” (che delimita il luogo
protetto del suo intervento), di fronte agli altri e tenendo un
bastone simbolico in mano, alla maniera degli indiani d’America. Nessuno può interromperlo o fargli domande fino
alla fine, quando si può aprire eventualmente anche una
breve discussione.
I bambini vengono dentro al cerchio seguendo un ordine
dato dal loro desiderio di parlare.
…dal Diario dell’insegnante…
Io faccio in modo di stabilire un’atmosfera di silenzio e
accoglienza, cercando di non intervenire nel loro racconto,
come, invece, spesso nel mio ruolo di insegnante, sono abi-
46
tuata a fare.
Quando però il racconto è troppo breve o l’emozione non
trapela o non viene espressa, non posso fare a meno di intervenire per stimolare altri particolari che facciano capire
meglio.
Le volte che invece sono riuscita a stare in silenzio ascoltando anche il silenzio e aspettando (ho avuto l’impressione
di essere un pescatore sul mare), i bambini hanno continuato da soli a parlare, senza essere influenzati dal mio suggerimento.
Documento
Un bambino che chiameremo Luca, che si trova in un
momento familiare burrascoso, in un momento di silenzio ha
detto:
“Mi sento triste perché mi sta morendo un gattino
e mi sento solo… E poi mi sento triste perché mio fratello va sempre dagli amici; la mamma prima non
lavorava e ora lavora, il babbo anche, e io sono sempre solo. Se ci fosse il mio fratello a casa, giocherei
con lui”.
Documento
I bambini hanno condiviso i seguenti argomenti:
4
3
2
2
2
1
felicità per una gita
felicità di stare insieme agli amici
felicità per un viaggio a Disneyland Paris
paura
tristezza per la morte di un criceto
contrasto di emozioni - nello stesso giorno era
morto un conoscente ed era nato un bambino
47
1 durante l’ora di religione aveva capito che se fosse
stato cattivo sarebbe successo qualcosa in cielo
e aveva capito (lo ha ripetuto tante volte) che
doveva comportarsi bene
1 sorpresa per un episodio che era avvenuto in casa
1 felicità per una bambola comprata a sorpresa
1 felicità per le vacanze all’Elba dalla zia
1 felicità quando gioca con la sorellina
1 nostalgia per il paese d’origine, la Croazia, dove
aveva tanti amici
1 tristezza per esser stata “lasciata” da un “fidanzato”
1 felicità al suo compleanno
…dal Diario dell’insegnante…
Quando anche adesso facciamo una conversazione su
qualche fatto avvenuto in classe, o iniziamo un giro di opinioni su un certo argomento, ogni bambino si sofferma spontaneamente, nel suo intervento, su “ciò che ha provato” o
“come si è sentito” e perché.
Inoltre c’è un grande rispetto, manifestato col silenzio e
l’ascolto, per gli interventi e per le condivisioni di stati emotivi degli altri.
In genere ogni racconto nel “cerchio dei parlanti” ha
avuto una sua originalità. A distanza di un anno Luca chiede spesso di rifare l’attività.
48
“Evocazione del Fiore di loto”
Esperienza dei bambini di una classe IIIa
Rossana Mecatti
…dal Diario dell’insegnante…
Durante il corso di formazione siamo state sollecitate a
riflettere sulla importanza dell’evocazione nell’apprendimento: ricordare un concetto, una spiegazione, una regola,
una tabellina ecc., significa richiamare un’esperienza da un
luogo e/o un tempo passato al presente, “evocarla”.
Abbiamo quindi proposto ai bambini questa evocazione
guidata. L’attività si è inserita in un lavoro già avviato di
“animazione della lettura”, che la classe fa una volta alla
settimana dall’inizio dell’anno scolastico.
In genere svolgiamo questo particolare tipo di lettura
nella biblioteca scolastica: disponiamo i banchi di lato per
poterci sedere in cerchio, facciamo calare le tende finché non
diventa quasi buio, sistemiamo una luce adatta (una lampada, un mappamondo illuminato o altro) in mezzo al cerchio
e respiriamo profondamente in contemporanea per facilitare
la concentrazione; sappiamo tutti che se vogliamo far venir
fuori la magia da una storia letta o raccontata, deve esserci
silenzio e disposizione all’ascolto. Si comincia a leggere con
calma solo quando l’atmosfera è pronta. In genere viene
letta una storia, questa volta viene detto ai bambini che la
lettura sarà affiancata da un’altra attività.
Obiettivi
Sviluppare e allenare nel bambinola capacità di:
evocare immagini, suoni, gusti, odori, sensazioni tattili
ecc., e averne consapevolezza
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comunicare al gruppo di appartenenza le sensazioni evocate con la mente e condividerle
distinguere quali evocazioni (visive, uditive,ecc.) hanno
avuto la precedenza nella propria mente durante l’esperienza
Perché
Per abbinare alla lettura collettiva ad alta voce dell’insegnante un’attività di introspezione evocativa
Quando
Un pomeriggio per 1 ora e 30 minuti.
Cosa e come
La lettura e i cinque sensi
Scriviamo tutti sui polpastrelli delle dita (abbiamo portato tutti una penna) le iniziali dei 5 sensi con i quali percepiamo la realtà. Nel mezzo del palmo, disegniamo un cuore,
perché oltre che con i sensi, percepiamo le cose che ci circondano con le emozioni.
I bambini sono poi invitati a chiudere gli occhi (ma pochi
lo hanno fatto) e ad ascoltare la lettura sul fiore di loto, dopo
aver brevemente parlato insieme del fiore.
Alla fine della lettura i bambini vengono invitati ad esprimere, se vogliono, ciò che avevano immaginato con la vista,
ecc. Si procede in cerchio e chi non ha niente da dire può passare il turno al compagno successivo.
50
Poi i bambini sono stati invitati a dire che cosa, nell’immaginarsi il fiore, avevano colto prima: un’immagine, un
odore, dei suoni, una sensazione tattile o gustativa.
Materiali
IL LOTO
Il loto affonda le sue radici
nel fango,
nelle acque torbide e putride
esso cresce
attirato irresistibilmente
da quella luce che esso ignora,
ma di cui ha il presentimento
e che lo tira e lo attira, lo solleva
e lo costringe a salire
e che, all’improvviso,
incontra
quando, arrivato alla superficie,
la raggiunge.
Allora, glorioso, si apre,
si espande e, accecato,
abbaglia ognuno
col suo indicibile
splendore.
(Anonimo indiano)
51
Documento
Alcune evocazioni condivise dai bambini:
VISTA:
la terra bagnata, l’acqua putrida, sotto
l’acqua, il cielo, la luce, il fiore, sono un
folletto dentro al fiore e ho visto il fiore
da dentro, uno squalo che arrivava da
sott’acqua e io ho combattuto…
UDITO:
la brezza, un venticello, l’acqua sciacquettare, le onde, il vento, un tornado, i
dinosauri che si avvicinavano, un tonfo…
ODORATO: un profumo di vaniglia, l’odore del fiore, il
puzzo dell’acqua, il puzzo del fiore, il
sudore del fiore, il puzzo dei dinosauri
che arrivavano…
TATTO:
la terra, l’acqua viscida, il velluto, petali
vellutati, l’acqua, la pelle del dinosauro…
GUSTO:
dolce, di vaniglia, di terra, ho mangiato lo
squalo, lo squalo mi inseguiva., io sono
stato mangiato dal fiore e mentre ero
dentro ho visto il suo cuore, che era bellissimo ed era insieme al cervello e io mi
sono mangiato il cuore…
EMOZIONI: dolcezza, bello
52
…dal Diario dell’insegnante…
Le risposte sono state quasi tutte diverse, eccetto quelle
sui dinosauri e sugli squali che, mentre il cerchio proseguiva, venivano date da un bambino ed altri lo seguivano (tutti
maschi). Solo una bambina non ha mai voluto esprimersi su
quello che aveva sentito: è albanese e ha ancora difficoltà ad
usare la lingua di fronte agli altri.
Quando i bambini sono stati invitati a dire che cosa, nell’immaginarsi il fiore, avevano colto prima: un’immagine,
un odore, dei suoni ecc., non tutti sono stati in grado di dirlo:
la maggior parte di quelli che lo hanno fatto ha detto di aver
colto prima un’immagine. Il giorno successivo ho chiesto se
l’esperienza era piaciuta: hanno detto di sì, ma la maggior
parte ha sostenuto che aveva preferito altre storie divertenti
lette altri giovedì pomeriggio. Forse è perché le storie lette
in passato erano più lunghe e loro amano molto il momento
della lettura più che il momento della cosiddetta restituzione, inoltre il brano era molto breve.
Come insegnante ho trovato questa attività molto emozionante e ho sentito la partecipazione emotiva profonda dei
bambini sia mentre leggevo loro il testo sia mentre dicevano
le loro sensazioni.
53
Il “Portfolio dell’unicità”
Esperienza dei bambini di due classi IVe
Mariella Pratesi, Wilma Speranzini, Renata Ugori
…dal Diario dell’insegnante…
Questo progetto sui “talenti compensativi” è stato realizzato separatamente in due classi: IVA (tempo pieno con 20
alunni) e IVB (tempo modulare con 18 alunni) durante l’anno scolastico 2001-2002. Nelle due classi erano presenti
delle dinamiche relazionali disfunzionali, dovute soprattutto
alla mancanza di autostima.
Nel corso del tempo si erano evidenziati negli alunni
atteggiamenti di insofferenza, da cui scaturivano talora
anche reazioni offensive e violente. Tutto questo ci ha portate ad osservare con più attenzione i loro comportamenti in
modo da capire quale fosse l’origine di tale malessere. Si è
osservato che nel gruppo si era anche creato una specie di
linguaggio mimico-gestuale finalizzato a evidenziare, commentare, giudicare e denigrare non solo il rendimento scolastico, ma anche l’aspetto fisico, l’abbigliamento e il comportamento degli altri. Tutto questo si concretizzava con:
offendere la mamma del compagno o della compagna; escludere dal gioco; definire “mani di burro” un compagno che
sbaglia un’azione di gioco durante una partita; fare apprezzamenti su presunti “difetti fisici” (tanto da costringere l’offeso a non mangiare /mangiare a mensa per accontentare i
compagni); dire malignità sulla carnagione più scura del
compagno; definire “puzzola” una bambina, ecc.
L’obiettivo di questa attività era finalizzato, innanzitutto,
a comprendere meglio la percezione che i ragazzi avevano di
sé e ad aiutarli a sviluppare l’autostima. Era importante che
54
ogni alunno acquisisse la consapevolezza “di essere unico”
e “di avere qualcosa di speciale”, di avere in definitiva delle
qualità che lo rendessero capace di fare qualcosa che nessun
altro poteva fare meglio.
Obiettivi
capire e sviluppare il concetto della “percezione di sé”
sviluppare l’autostima scoprendo i propri talenti personali
Perché
Per fare il punto sul ruolo che la percezione di sé dei
ragazzi aveva nelle situazioni conflittuali osservate in classe.
Quando
L’attività si è svolta per circa due mesi a cadenza settimanale di 2 ore per ogni sessione.
Cosa e come
1. Le parole fanno male
2. Riflessioni preliminari
3. Cos’è per voi il talento?
4. Il cartellone dei talenti
5. Visualizzare con la musica
6. Rappresentare con il colore
55
1. Le parole fanno male
Prima di realizzare il progetto sui “talenti compensativi”,
in una classe dove durante le attività libere si manifestavano
tra i ragazzi comportamenti denigratori e conflittuali, che
creavano competizione e frustrazione, le insegnanti hanno
ritenuto opportuno, mediante una specifica attività [si vedano “La busta della rabbia” e “La scatola della rabbia” in questa pubblicazione] far prendere coscienza di questo disagio a
tutti i ragazzi.
Ognuno di loro doveva scrivere anonimamente su un
foglietto le frasi denigratorie che si sentivano dire e che provocavano in loro grande sofferenza. Queste frasi poi sono
state lette e commentate insieme, in modo da far capire il
peso psicologico che talune considerazioni possono avere
sugli altri, e quanto esse contribuiscano a modificare le relazioni fra gli individui.
2 . Riflessioni preliminari
La palestra è stato il primo luogo dove è iniziata la prima
fase del progetto; qui, in un ambiente più tranquillo e rilassante, gli alunni sono stati invitati a riflettere sui “talenti “ di
alcuni personaggi famosi: attori, calciatori, sportivi in genere, personaggi di cartoni animati, cantanti ecc.
I nomi di questi personaggi erano stati scritti su un cartellone e ogni alunno doveva mettere in evidenza la qualità in
cui essi eccellevano, ma individuare anche un eventuale
“difetto”, che però veniva annullato dal talento. La consegna
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era di completare la frase:
Documento
Alcuni esempi prodotti dai bambini sui loro eroi preferiti:
Harry Potter: può non essere bello, ma è un bravo
mago.
Schumacker: può non essere simpatico ma è un
bravo pilota.
Paperino:
può non essere fortunato, ma è simpatico.
3. Cos’è per voi il talento?
In una seconda fase le insegnanti si sono prestate per far
capire ai ragazzi il significato della parola “talento”. In questo contesto nella consegna si è utilizzata la formula:
A questo punto gli alunni, divisi a coppie, seduti o distesi
sul pavimento della palestra, si sono vicendevolmente aiutati a cercare dentro di loro la risposta alla formula sopra indi-
57
cata, che poi hanno scritto su un foglietto.
Documento
Alcuni esempi prodotti dai bambini:
Io posso non essere brava in ortografia,ma sono
una brava ballerina.
Io posso essere lenta a leggere, ma sono brava a
chitarra e una brava arrampicatrice.
Io posso non essere alto, ma ho dei bellissimi
occhi azzurri.
Posso non essere brava a matematica, ma sono
veloce nella corsa.
Posso non essere bravo in italiano, ma sono bravo
a cantare e suonare.
Posso non essere veloce, ma sono brava a scrivere poesie.
Posso non essere bravo a storia, ma sono bravo a
giocare a pallavolo.
4. Il cartellone dei talenti
Successivamente su un cartellone appeso alla parete della
palestra è stato indicato, accanto al loro nome, il talento compensativo di ciascuno. Alcuni esempi:
Documento
Julia:
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brava suonatrice di chitarra e arrampicatrice
Elia:
bravo ballerino
Antonio:
bravo pescatore
Irene:
brava disegnatrice
Francesco: bravo percussionista
5. Visualizzare con la musica
La fase successiva ha richiesto l’aiuto della musica, per
far sì che, sempre in palestra, ciascuno con il rilassamento
riuscisse a “visualizzare” il colore che percepiva del proprio
talento. Poi, mantenendo il silenzio, si è lasciata la palestra
per tornare in classe.
6. Rappresentare con il colore
In classe, dove erano stati predisposti i banchi e preparati
vari materiali, abbiamo proseguito l’attività, sempre con la
musica. Qui ognuno doveva esprimere con il colore degli
acquerelli le proprie emozioni relative al talento personale.
Il foglio colorato con l’acquerello è stato poi tagliato a
forma di petalo su cui ognuno ha scritto il proprio nome e il
talento. Ogni petalo è stato poi incollato intorno ad un cerchio su cui era scritta la parola “Unicità”, in modo da formare la corolla di un grande fiore che rappresentava “I nostri
talenti”:
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Documento
…dal Diario dell’insegnante…
L’esperienza, fin dall’inizio, ha trovato il gradimento dei
ragazzi, perché ha permesso loro di ricercare dentro se stessi delle “positività” che non credevano di avere. L’obiettivo
è stato raggiunto grazie anche alle modalità di attuazione
dell’esperienza; infatti la libertà di postura e di rilassamento in uno spazio libero (la palestra) hanno consentito il raggiungimento di una buona interiorizzazione e attenzione, che
ha permesso a tutti di esprimersi spontaneamente.
Questa attività, di conseguenza, ha dato modo agli inse-
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gnanti di riflettere e di cogliere il “positivo” di ciascun alunno. Tale positività è stata poi utilizzata dagli insegnanti nell’azione educativa per valorizzare e stimolare la personalità
di ognuno di loro.
La ricaduta educativa dell’esperienza è stata efficace
soprattutto nell’evoluzione delle relazioni coi coetanei e con
gli adulti ed ha ulteriormente inciso nelle attività educative
libere e organizzate.
finito di stampare
nel mese di agosto 2005
presso “Le Corbinaie”
Centro Risorde Educative Didattiche
“LE CORBINAIE”
Comune di Scandicci
via Rialdoli, 126
50018 Scandicci
tel. 055 75.589.60 fax 055 75.589.69
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