Relazione finale sullo studio dei dati acquisiti.
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Relazione finale sullo studio dei dati acquisiti.
INTRODUZIONE La capacità di osservare è un presupposto essenziale, se non il più importante, per valutare sia gli atleti che gli studenti a scuola; (Madella e altri 1997). J.Rodrigues e altri (1993) nel loro studio sul sistema di osservazioni degli allenatori e degli atleti (SOTA) hanno notato che per quanto riguarda la pallavolo nella funzione pedagogica dell’istruzione, gli insegnanti e/o allenatori spendono la maggior parte del loro tempo a fornire istruzioni ed a correggere errori perciò a fornire feedback verbali e visivi, attraverso la dimostrazione, all’atleta sulla base delle proprie osservazioni. Nell’ambito sportivo il feedback visivo appartiene a quelli di tipo estrinseco relativi alla prestazione (Mantovani 2004). Le informazioni visive che possono essere acquisite attraverso dimostrazioni, disegni, fotografie, filmati e videoregistrazioni sono efficaci per trasmettere con immediatezza aspetti importanti dell'azione globale o dei suoi dettagli (M. Piéron 1989, Winfrey and Weeks 1993). I vantaggi di questo tipo di informazione sono: • globalità del messaggio; • analisi in contemporanea o in successione di molti parametri del movimento; • i canali attentivi di altro tipo come quelli uditivi non sono saturati; Gli svantaggi sono: • l'allievo inesperto non riesce a focalizzare i punti chiave del movimento; • la percezione è globale, possono essere perse informazioni dettagliate; • è necessaria la correttezza della rappresentazione (gli allievi copiano ciò che vedono); La pallavolo è uno sport con caratteristiche tecniche dove la precisione relativa al “tocco” del pallone risulta essere l’aspetto più importante per quanto riguarda la realizzazione di un’azione vincente. Brunetti afferma che un feedback visivo di tipo immediato è molto importante nell’acquisire nuove abilità; questo è facile da realizzare grazie all’utilizzo di nuove tecnologie informatiche e optoelettroniche. L’autore sostiene che tali strumenti possano essere usati negli ambienti educativi perché di uso più comune rispetto alle altre modalità di comunicazione da parte degli studenti. Si otterranno risultati positivi se tali strumenti verranno inseriti nel contesto didattico e integrati nella progettazione educativa con precisi obiettivi. Zetou e altri (2008) citando uno studio di Tzetzis e altri (1999) affermano che i risultati migliori si ottengono fornendo ai soggetti un feedback immediato relativo ai loro movimenti insieme all’osservazione di atleti esperti. L’uso del feedback è generalmente considerato (Madella e altri 1994) fondamentale per il successo dell’insegnamento, anche se spesso tra istruttori e ricercatori non c’è accordo sulle modalità concrete con cui deve essere proposto: per l’istruttore il feedback è solo la risposta informativa ai comportamenti motori utilizzati dai soggetti. Il feedback visivo può essere uno dei mezzi migliori per attuare le correzioni, e per dare le informazioni utili per il miglioramento della prestazione. Nella teoria rappresentativo-simbolica di Sheffield citato da R. Hager e collaboratori (2004), il processo di modellizzazione è centrale nell’apprendimento delle abilità motorie, ma solo se combinato con attività pratica. Anche l'osservazione di un soggetto inesperto in fase di apprendimento si è rivelata efficace per migliorare l'apprendimento dei principianti. Con i giovani è quindi vantaggioso stimolare attività a coppie con osservazione del compagno, valutazione reciproca dei comportamenti tecnici e tattici, analisi delle difficoltà e dei progressi (M. Piéron 1989). Diversi studi hanno rimarcato l’importanza del feedback (generale e visivo) nello sport. Udo Hanke e Katja Schmit (1999), analizzando l’aspettativa di frequenza del feedback e quella ottenuta dai praticanti di atletica leggera e ginnastica ritmica hanno evidenziato come gli atleti cerchino frequentemente feedback ad elevato contenuto, come ad esempio un filmato video. S. Bannon, T. Rowling e K. Baker, in un loro saggio sul sito internet riportato in bibliografia, sottolineano l’importanza dell’apprendimento per mediazione, cioè una tecnica per apprendere nuove abilità o correggere gli errori per mezzo di strumenti che fungono da mediatori. Questi studiosi hanno utilizzato la tecnologia video per mostrare, anche più volte contemporaneamente, le immagini di gesti eseguiti prima e dopo la correzione, ottenendo miglioramenti significativi delle abilità tecniche. Nell’ambito specifico della pallavolo esistono degli studi con e senza l’utilizzo del video. Wilkinson (1992), nello studio sugli effetti della discriminazione visiva nella pallavolo, analizza i miglioramenti di un gruppo di ragazzi che per nove lezioni sono stati sottoposti ad una attività comprendente anche fasi di allenamento visivo. Sebbene gli effetti degli allenamenti di analisi visiva siano descritti dal punto di vista qualitativo, i risultati finali non riportano dati quantitativi che permettano delle considerazioni su basi statistiche. Gli studenti osservati da Wilkinson che utilizzavano informazioni visive in fase di apprendimento correggevano prima i loro errori rispetto ai soggetti di controllo che non usavano il feedback. I 58 studenti dell’esperimento sono stati divisi in due classi. Il primo gruppo sperimentale (20 studenti), oltre che alle normali sedute in palestra, osservava i filmati che comprendevano azioni corrette e sbagliate dei fondamentali studiati (bagher, palleggio e battuta dall’alto). Le azioni erano accompagnate da un commento verbale, e sono stati utilizzati anche libri di teoria riguardanti gli stessi fondamentali, per un totale di venti interventi della durata di quindici minuti l’uno riguardanti i fondamentali sopra citati. Al gruppo di controllo è stato proposto invece esclusivamente una preparazione tradizionale, attraverso la dimostrazione dell’istruttore e la proposta di esercitazioni analitiche e sintetiche da ripetere nell’allenamento pratico. Entrambi i gruppi disponevano di allenatori qualificati. Wilkinson per valutare i risultati ha utilizzato un protocollo di esercizi con prove valutative per ogni fondamentale. I test sono stati somministrati all’inizio ed alla fine dell’esperimento, quando i 17 studenti rimasti hanno dimostrato il livello da loro raggiunto. Dopo un anno, i 17 studenti rimasti a far parte del programma educativo sono stati sottoposti a test di abilità. Di questi studenti, 9 erano del gruppo sperimentale e 8 del gruppo di controllo. I risultati finali di questi test sono stati i seguenti: • nessuna differenza per quanto riguarda il fondamentale del bagher; • il gruppo sperimentale presentava risultati migliori nel palleggio e nella battuta dall’alto. Il risultato finale di questo esperimento supporta quindi la tesi dei ricercatori in base alla quale l’allenamento con l’aggiunta di feedback visivo migliora le abilità e corregge più rapidamente gli errori degli studenti. Inoltre il primo gruppo era maggiormente in grado di riconoscere un errore rispetto al secondo gruppo. Altri studi, citati da Zetou e altri (2002), sostengono che ai fini dell’apprendimento sia più giusto utilizzare un video con un modello corretto, mentre altri studi citati dallo stesso autore (Rothstein 1976) propongono video con soggetti in fase di apprendimento solo se legati a spiegazioni verbali. Per risolvere questo problema Zetou e altri (2002), nelle loro ricerche sperimentali hanno voluto testare due modelli di apprendimento di due fondamentali della pallavolo (battuta e palleggio), utilizzando ragazzi di 12 anni appartenenti ad un gruppo sportivo. Uno di questi modelli comprendeva la visione di un giocatore professionista su videocassetta, mentre il secondo modello di apprendimento comprendeva la visione di registrazioni degli stessi soggetti mentre eseguivano i loro allenamenti. Lo scopo era individuare il modello di apprendimento migliore. Il gruppo che aveva seguito il modello tecnico evoluto aveva migliorato la tecnica e l’efficacia nel battere e palleggiare, mentre l’altro gruppo aveva migliorato soltanto l’esecuzione tecnica. Proseguendo questo filone di ricerca lo studio proposto ha l’obbiettivo di verificare se un periodo di insegnamento utilizzando il feedback visivo determina un miglioramento della performance tecnica a livello scolastico, in modo diverso rispetto all’insegnamento tradizionale. E’ stato scelto il palleggio come tecnica da perfezionare perché è considerata il fondamentale più importante nelle prime fasi di apprendimento della pallavolo. Metodi L’esperienza è stata proposta in due scuole secondarie di primo grado della provincia di Bologna coinvolgendo due classi di ragazzi frequentanti la seconda. Una classe di 18 alunni (11 femmine 7 maschi) ha svolto il ruolo di gruppo di controllo. Il gruppo sperimentale era composto da una classe 2.0 (classe sperimentale ad alto contenuto tecnologico) di 22 alunni (13 femmine 9 maschi). Nel gruppo di controllo erano presenti due ragazze con una esperienza scolastica di pallavolo come pure nel gruppo sperimentale. Le due classi hanno svolto un programma di 6 lezioni di un ora, strutturate nel seguente modo: - nella prima lezione dopo opportuno riscaldamento è stato eseguito un test di ingresso. - Le lezioni dalla seconda alla quinta prevedevano una medesima tipologia: un breve riscaldamento senza palla e una parte centrale in cui la classe svolgeva alternativamente una partita a pallavolo e un allenamento tecnico diverso ogni seduta. Durante l’allenamento tecnico, nel gruppo sperimentale a differenza del gruppo di controllo era previsto l’uso del sistema Simi-Vidback; il gruppo di controllo prevedeva invece solo un feedback verbale da parte dell’insegnante. Il sistema Simi-Vidback permette di vedere con ritardo (di circa 30 sec.) per mezzo di un apposito software, l’azione di ogni soggetto ripresa da una telecamera collegata con un PC. Gli esercizi che componevano la parte centrale delle lezioni sono stati svolti in una progressione dal semplice al complesso. La seconda lezione consisteva nel palleggiare la palla da seduti contro il muro ad una distanza di circa 50 cm, cercando di fare almeno dieci palleggi in circa 5 minuti. La terza lezione seguiva lo stesso principio ma il palleggio veniva svolto da in piedi. La quarta lezione consisteva nel palleggiare una palla con l’istruttore cercando di fare almeno otto ripetizioni consecutive. La quinta lezione prevedeva il palleggio di una palla lanciata dall’istruttore con obbiettivo centrare un canestro partendo dalla linea del tiro libero, venivano eseguiti 10 palleggi. Dopo ogni azione in ogni esercizio gli allievi del gruppo sperimentale avevano la possibilità di rivedere l’azione precedente grazie al sistema Simi-Vidback, mentre gli allievi del gruppo di controllo ricevevano solamente un feedback verbale da parte dell’istruttore. - Nella sesta lezione dopo opportuno riscaldamento è stato eseguito un test di uscita. Per poter valutare nella maniera migliore l’abilità tecnica del palleggio è stato utilizzato un nuovo test ottenuto da una combinazione di tre test riportati in letteratura (Liba e altri 1963, D. Chamberlain 1969, Bartlett 1991,). Il primo test preso in considerazione ed in seguito modificato è quello originale di Bartlett utilizzato anche da Zetou che prevedeva un punteggio variante da 0 a 5 a seconda della zona raggiunta dalla palla, questa doveva passare sopra la rete diversa come altezza per i due generi (vedi fig.1). L’equipaggiamento utilizzato prevedeva una rete da pallavolo standard, dei materassini per segnare l’obiettivo da raggiungere con il palleggio, due pali con la rete alta circa 3 metri per i maschi e 2,74 metri per le femmine. In fig. 1 si possono vedere le disposizioni degli attrezzi, dell’allievo e dell’istruttore e le zone di punteggio da raggiungere oltre la rete. 1,82 Sogg. 2,5 m palo 2,4 m. 0,9 m. 0,6 m. ISTRUT. 4 m. 4 m. 3 m. Figura 1 Il secondo test dal quale si è preso spunto adattandolo alle procedure utilizzate è il, Liba-Stauff volleyball pass test (1963), che prevedeva rispetto al test precedente due variazioni importanti: il punteggio variava da 1-8, con il massimo nella parte centrale ed inoltre il soggetto lanciava da solo la palla per eseguire il palleggio. Il terzo test Brumbach volleyball service test (1969) prevedeva rispetto al test precedente dei bersagli circolari e l’istruttore posizionato di fronte al soggetto. Sulla base di queste proposte si è deciso di apportare alcune modifiche, tenendo conto anche di problemi logistici. Si è mantenuto il punteggio e l’angolazione di lancio della palla da parte dell’istruttore proposta nel primo test variando i criteri di punteggio ed il bersaglio (vedi fig.2). Per semplificare il test in ambiente scolastico è stata utilizzata la normale rete da pallavolo con una altezza a 2,35 m. sia per i maschi che per le femmine, perciò rispetto al test proposto da Zetou l’altezza era uguale nei due generi per motivi organizzativi. Si è cercato di risolvere il problema della forza richiesta per raggiungere i bersagli prefissati che nei test proposti in letteratura risultavano troppo distanti per alcuni soggetti. Per questo motivo sono state modificate le distanze e la zona bersaglio. Tenendo conto che l’obbiettivo principale del test è la precisione si è pensato di ridurre la distanza del centro del bersaglio rispetto alla rete ed al palleggiatore. Per semplificare la costruzione del bersaglio sono stati utilizzati dei quadrati disegnati per terra con il gesso, al posto dei cerchi proposti da Brumbach (1969). Il risultato della combinazione di questi tre test che è stata utilizzata nello studio si può vedere nella figura 2 1 2 3 70 cm 4 insegnante 1,5 m. 5 70 cm. allievi 2 m. Figura 2 Il quadrato centrale che determinava il punteggio maggiore aveva 70 cm di lato, mentre il lato degli altri quadrati aumenta di 70 cm per ogni quadrato (il quadrato con punteggio 1 pertanto aveva un lato di 3,5 metri.) Il protocollo del test prevedeva che il primo allievo della fila si posizionasse all’interno del rettangolo, l’insegnante dalla posizione indicata in figura lanciava la palla in alto all’interno del rettangolo dove si trova l’allievo. Da questa posizione il soggetto palleggiava cercando di ottenere il punteggio più alto possibile centrando il bersaglio di fig. 2. Veniva assegnato il punteggio 0 se la palla finiva fuori dai rettangoli oppure nel caso in cui tocchi il bordo superiore della rete o non veniva utilizzata la tecnica del palleggio. Nel caso in cui si colpiva il bersaglio venivano assegnati i punti riportati nei rettangoli concentrici di fig.2. Sulla base di questo protocollo si procedeva nella seguente maniera: 1. la classe veniva divisa in due gruppi composti di un ugual numero di persone. Il primo gruppo svolgeva attivamente il test posizionandosi in fila dietro al quadrato previsto per gli allievi in fig. 2. Alcuni allievi del secondo gruppo svolgevano assistenza raccogliendo i palloni, altri registravano su un apposito modulo il risultato dei test, controllando il punto in cui cadeva il pallone ad ogni palleggio. 2. L’insegnante posizionato vicino a rete con un numero sufficiente di palloni eseguiva un lancio a due mani ad un’altezza di circa due metri in modo più standardizzato possibile. I test di entrata ed uscita eseguiti prima e dopo il periodo di attività sopra descritto sono stati svolti nelle stesse condizioni, chiamando gli allievi sempre con la stessa progressione alfabetica. Raccolta ed elaborazione dati Delle dieci prove realizzate nei due test (di ingresso e di uscita) sono state scartate sia le due prove migliori, in quanto potrebbero essere frutto di un evento fortuito, sia le tre prove peggiori, in quanto potrebbero essere frutto di un incidente. Calcolando quindi la media e le deviazioni standard delle cinque prove rimanenti è stato realizzato questo grafico. Come si può vedere il gruppo di controllo ha un calo della prestazione tra il test iniziale (prima) ed il test finale (dopo) più accentuata per quanto riguarda i maschi. Si può notare come nei due generi la deviazione standard risulta essere molto alta ciò deriva dalla notevole eterogeneità dei soggetti riscontrata soprattutto nel gruppo di controllo. Il gruppo sperimentale migliora la prestazione tra il test iniziale (prima) ed il test finale (dopo) in modo più evidente nei maschi. Conclusioni La pallavolo è uno sport molto tecnico in cui occorre raggiungere un buon controllo nei fondamentali ed in particolare nel palleggio. La verifica dell’apprendimento di questo tipo di gesti è importante per l’insegnante e l’allievo, in modo da fornire le opportune informazioni relative al perfezionamento del gesto e motivare l’allievo con un rinforzo positivo. In questo ambito il feedback visivo è risultato un metodo di insegnamento che ha creato molto interesse da parte degli allievi, grazie al continuo scambio di informazioni tra insegnante e allievo relativamente all’utilizzo dell’immagine visiva. L’utilizzo di queste nuove tecnologie nella lezione di educazione fisica può portare sicuramente ad un aumento dell’interesse e della partecipazione degli alunni. In ambito scolastico si trovano già da qualche anno, anche nei programmi ministeriali, proposte di utilizzo di tecnologie multimediali come la lavagna LIM presente nelle classi a coadiuvare le normali lezioni frontali. Dall’anno scolastico 2009-2010 con bando del MIUR di aprile 2009 sono state attive su tutto il territorio nazionale alcune classi chiamate 2.0 in cui si impiegano tecnologie informatiche per l’insegnamento delle varie materie. In questo contesto è stata inserita questa sperimentazione con la classe che ha potuto utilizzare il feedback visivo con il sistema Simi-vedback. In letteratura si trovano diverse proposte di utilizzo dei sistemi multimediali anche in palestra nelle lezioni di educazione fisica. N.Vernadakis (2006) propone l’utilizzo di nuove tecnologie per fornire informazioni preliminari sull’esecuzione di gesti tecnici corretti eseguiti da atleti di buon livello e osservati dagli allievi nelle lezioni scolastiche. I risultati degli studi di questo autore dimostrano come il loro utilizzo, completato dalle istruzioni verbali comunemente usate, porta a risultati migliori rispetto alle sole istruzioni verbali, o al utilizzo delle tecnologie visive senza feedback verbale. L’applicazione delle tecnologie utilizzate in questa esperienza in ambito scolastico richiede delle competenze specifiche riguardo l’uso dell’hardware e del software. Per questo motivo è necessario un periodo di training da parte degli insegnanti e degli allievi per ottenere i migliori risultati. In letteratura le esperienze riportate (Zetou 2002-2008) prendono in considerazione studi effettuati con ragazzi in età scolastica ma con una attività proposta in un club sportivo, mentre (Wilkinson 1992) ha lavorato in un ambito scolastico ma con studenti di età superiore (scuola secondaria di secondo grado). In ambito extrascolastico normalmente la figura del capo-allenatore si può avvalere di un aiutoallenatore che collabora e si può occupare attivamente di una parte del gruppo mentre l’altra lavora sul feedback visivo. In ambito scolastico invece l’insegnante non ha a disposizione collaboratori, e spesso si trova ad avere gruppi classe più numerosi rispetto a quelli di una squadra sportiva. Applicare queste metodologie nell’ambito scolastico comporta che l’insegnante sviluppi l’interesse per queste tecnologie. Inoltre deve organizzare il lavoro in gruppi in modo che, in caso di necessità gli allievi siano abituati ad avere soltanto il feedback visivo. Soltanto nel caso in cui gli esercizi siano effettuabili autonomamente l’insegnante può commentare i filmati in presenza dell’allievo. In questo esperimento è stato applicato solamente un feedback immediato ma si può ipotizzare l’utilizzo di un feedback alla fine della lezione con osservazione degli errori più frequenti e delle azioni svolte in maniera corretta dai diversi allievi. I ragazzi nell’età scolare normalmente sono molto attratti dalle nuove metodologie e spesso hanno una abilità operativa superiore a quella degli adulti, per cui non è difficile stimolare l’interesse per queste tecnologie ed il loro utilizzo. I risultati ottenuti dal gruppo sperimentale dimostrano come con poche lezioni si è avuto un miglioramento delle prestazioni in termine di precisione. Per quanto riguarda il gruppo di controllo il decadimento della prestazione tra il primo test ed il secondo potrebbe essere dipeso da un calo di interesse, attenzione e motivazione che grazie alle nuove tecnologie sono rimaste invece immutate nel gruppo sperimentale. L’utilizzare poche lezioni per questo tipo di esperienze è frequente in ambito scolastico se nell’arco dell’anno si cerca di variare il più possibile le attività da proporre ai ragazzi per coinvolgerli ed interessarli con un’attività multilaterale. Per rimarcare i problemi relativi all’interesse bisogna sottolineare che solamente quattro alunni (due in ogni gruppo) svolgevano un attività di pallavolo extrascolastica. Il miglioramento della prestazione tra il test di ingresso e quello di uscita per quanto riguarda il gruppo sperimentale è sicuramente frutto quindi anche dell’interesse e della motivazione allo svolgimento dei test da parte del gruppo sperimentale. In alcune realtà scolastiche in cui è più difficile trovare interessi e motivazioni l’utilizzo di tecnologie innovative potrebbe migliorare l’apprendimento. Confrontando questa esperienza con quelle riportate in letteratura risulta evidente la differenza metodologica che si ha quando si lavora con dei gruppi di ragazzi della medesima età (circa 12 anni) ma in ambienti diversi (scolastico-extrascolastico). Negli esperimenti con soggetti di club, Zetou ha trovato miglioramenti evidenti sia nel gruppo di controllo che in quello sperimentale dopo otto sedute di allenamento per il palleggio. Perciò tale studio sembra confermare che con soggetti motivati è facile avere successo indipendentemente dalle metodologie utilizzate. Wilkinson invece ha lavorato con soggetti più grandi in un ambito scolastico per nove lezioni riguardanti il palleggio ottenendo nel gruppo sperimentale una capacità di analisi visiva del gesto e degli errori decisamente migliore rispetto al gruppo di controllo. Tutti questi studi confermano che il feedback visivo può risultare una metodologia innovativa nell’insegnamento dei fondamentali della pallavolo che porta a risultati positivi. I lavori di R. Horn sul calcio, R. Hager nel tennis, Winfrey nella ginnastica artistica, Udo Hanke e Katja Schmit nell’atletica leggera e nella ginnastica ritmica, dimostrano come queste metodologie possono essere applicate nell’apprendimento di gesti sportivi diversi. L’applicazione di queste tecnologie probabilmente potrebbe dare risultati maggiori negli sport definiti come closed skill. Negli open skill dove i gesti sono molto variabili e poco standardizzati è più difficile l’applicazione di questi metodi. Bisogna tener presente che nell’apprendimento dei fondamentali con dei principianti gli errori sono molto frequenti e grossolani, aumentare il feedback di informazione visiva degli allievi può diventare un elemento importante per il miglioramento in tempi brevi anche negli sport di situazione. Se si vogliono utilizzare queste tecnologie è importante individuare il fondamentale, l’esecuzione tecnica da migliorare e l’organizzazione dell’allenamento e del rilevamento, tenendo conto delle caratteristiche tecnologiche dei sistemi di feedback visivo. L’utilizzo di queste nuove tecnologie non deve comunque fa passare in secondo piano il ruolo centrale dell’insegnante. La possibilità di programmare queste attività all’interno di un triennio scolastico, nel caso della scuola secondaria di primo grado, permette di poter introdurre ragazzi di tale età all’utilizzo di queste nuove tecnologie. In questo modo i ragazzi possono divenire più autonomi nell’autovalutazione ed il loro interesse viene sempre mantenuto vivo durante la lezione. La scelta degli esercizi da utilizzare, la loro progressione, come pure la scelta del posizionamento delle telecamere è molto importante in esperienze di questo tipo. In questo contesto l’utilizzo del feedback immediato permette addirittura di poter utilizzare contemporaneamente due correzioni diverse, quella delle immagini video che possono essere osservate anche dai compagni e quella verbale dell’insegnante che può controllare aspetti diversi da quelli osservati tramite telecamera. In ambito scolastico dove l’insegnante è da solo queste metodologie sono sicuramente di grande aiuto e possono coinvolgere tutti gli allievi anche quelli che non svolgono l’attività motoria. Altro aspetto importante in un contesto scolastico è il fatto che mostrare gli errori compiuti permette di imparare a sopportare i propri errori e quelli dei compagni. A livello scolastico saper “sopportare” gli errori e saperne valutare la “gravità” è importante per una crescita sociale. BIBLIOGRAFIA Articoli, Libri e Riviste J.Bartlett, L. Smith, K. Davis, J. 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Rawlins, K. Baker ; The use of video analysis for Mediational Learning (Old Way / New Way) : New technology meets a new approach to skill correction and maintenance in elite sport. – South Australian Sport Institute www.rechsport.sa.gov.au