Appunti Talamonesi - Istituto Comprensivo "Giovanni Gavazzeni" di

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Appunti Talamonesi - Istituto Comprensivo "Giovanni Gavazzeni" di
A PROPOSITO DI... TALAMONA
Quattro chiacchiere sul nostro paese senza la pretesa di fare storia, ma di andarci vicino
Ricerca storica della classe II^B a.s. 2011-2012
Ciao a tutti, sono Talamona, un paese della Bassa Valtellina, uno come tanti... apparentemente. Invece
nascondo piccole curiosità che fanno di me un territorio particolare. E ve le voglio raccontare.
Prima di tutto, sono nata su un conoide di
deiezione - quello della Roncaiola 1 -, ma
sull'unghia e non sull'apice, e il mio territorio
è caratterizzato dalla presenza di ben 5 corsi
d'acqua2. Non credo sia un caso che il mio
nome, secondo l'esperto don Giacinto
Turazza, significhi "luogo elevato dalle
acque".
La leggenda vuole che siano stati gli
etruschi a fondarmi: la presenza del Comune
di Talamone in Toscana, l'effettiva presenza
sull'arco alpino di questo antico e misterioso
popolo3 potrebbero provarlo.
Più probabilmente, comunque, devono essere
stati i miei pascoli a fare la differenza e a
C'era una volta... Talamona come non l'abbiamo mai vista
permettere la costruzione di nuclei abitati,
prima stagionali e poi stabili. Sì, ho detto
nuclei, perchè – altra cosa strana – non sono sorta a partire da un centro, bensì sparsa qua e là... un po' su e
un po' giù tra prati, campi e boschi, occupando fin dall'inizio della mia storia una porzione di circa 3 kmq,
così tanti perchè comprendevo anche la zona di Tartano 4.
La mia posizione, non certo predominante rispetto al resto della provincia, mi ha permesso comunque di
rivestire un ruolo di una certa importanza: studi dell'ultima ora dicono che segnavo il limite tra il territorio
controllato dai romani e quello dei barbari, una specie di confine, rilevante per gli scambi commerciali e
il controllo militare con tanto di zone fortificate: la località Turascia5 potrebbe essere una di queste.
Per quanto riguarda il periodo romano, andiamo sul sicuro: gli scavi archielogici tra il 1881 e il 1913 hanno
permesso di rinvenire anfore, vasi, armi, frecce e monete.
Già dal VII sec d.C. mi ero trasformata in una Corte; niente re, principesse e cavalieri, ma un aggregato di
poderi con chiesa annessa e castello: non rimane forse il toponimo di Castel su dalle parti di S. Giorgio?
Gli abitanti di questa antica Corte si insediarono nelle zone alte6 – Premiana, Civo e Val Tartano - dove si
esercitava la pastorizia e l'estrazione del ferro, per poi scendere a valle dove risultava possibile coltivare vite,
mais e gelso, colture introdotte dai benedettini. Così vuole la tradizione che parla anche di paludi. È vero, di
zone inospitali bonificate col tempo ce n'erano, ma il confronto tra i vari gisoi ancora presenti sui maggenghi
e quelli più antichi di alcune contrade portano a pensare che il territorio chiamato Arbosto7 fosse stato
abitato prima di quanto si creda.
Sono rimasta un punto di sosta e scambio per lungo tempo, quindi erano presenti anche nella zona bassa
luoghi adatti al baratto e stazioni di posta dove i viaggiatori e i mercanti potevano riposare e trovare animali
freschi per proseguire i loro viaggi. Infatti, nel medioevo, ero famosa per l'allevamento di equini e non tanto
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La Roncaiola: per essere precisi, il nome va messo al maschile, ma la popolazione talamonese chiama il suo torrente principale al
femminile... per affetto?
Tartano, Malasca, Roncaiola, Ranciga, Civasca e Adda
Si trattava dei Reti, che poi han dato nome alle Alpi Retiche
L'unione con la valle del Tartano è continuata fino al 1850
La Torraccia, il toponimo richiama la presenza di una torre
Qui risiedevano le famiglie più in vista: Camozzi, Lindorgi e Massizi. Da esse derivano i cognomi doc di Talamona
Grosso modo da Coseggio alla via Erbosta
di bovini: servivano per il trasporto del metallo lungo la mulattiera che scendeva da Tartano e che si
immetteva sulla strada per l'alta valle o il lago.
L'importanza della lavorazione del ferro era tale che ancora oggi rimane il toponimo Cà di Feree, zona de la
dent de la Runcaiola dove, probabilmente, vivevano i proprietari delle miniere del Monte Porcile (Tartano).
E tanto per smentire che sono il paese del formaggio, tengo a precisare che allora non mancava nemmeno il
pesce: lungo i corsi d'acqua erano presenti le peschiere per l'allevamento delle trote.
Ai tempi della Corte ero divisa in colondelli – suddivisioni
amministrative più grandi delle contrade – e governata da
un Capitano con pieni poteri che rendeva servi i lavoratori
dei fondi, cioè campi, pascoli e boschi. Le persone che
vivevano sul mio territorio - per legge - non potevano
allontanarsi, pagavano canoni sulle terre che coltivavano,
ma erano comunque libere e, grazie ai risparmi che
potevano accumulare, alle volte erano in condizione di
acquistare fondi e diventare piccoli proprietari. Si trattava di
appezzamenti roncati8 lungo i fianchi dei torrenti,
un'attività regolata persino sugli Statuti del '500 che
stabilivano di donare la terra bonificata a chi ci aveva
lavorato gratuitamente per toglirere dai prati i massi
trasportati dai fiumi durante le inondazioni.
S.Giorgio in Premiana
In pieno medioevo sono addirittura diventata sede del Podestà che da Cosio, l'allora capoluogo della Bassa
Valtellina – aveva preferito trasferirsi in Coseggio - il nome della contrada ricorda l'evento - perchè luogo
più salubre.
Divento, poi, feudo dei vescovi di Como, una posizione favorevole dal punto di vista fiscale perchè, rispetto
ad altre comunità, le tasse da versare erano inferiori. Ci penseranno in seguito i milanesi ad alzare questo
modesto censo quando la Valtellina diverrà loro dominio.
Ma andiamo con ordine e torniamo a prendere in mano documenti: il primo a riportare chiaramente il mio
nome risale al 1029: è l'atto di compravendita della Torre 9, quella di ...via Torre, l'unica rimasta. E pensare
che in quel periodo mi potevate chiamare "il paese delle torri" da tante che ce n'erano. Però se avete l'occhio
attento potreste notare che alcune vecchie stalle hanno ancora oggi quella tipica forma di parallelepipedo con
il tetto ad un solo spiovente.
Tutte queste fortificazioni sorgono nel periodo in cui termina il controllo feudale del vescovo di Como - a
metà XIII - e divento un libero Comune, anzi, permettetemi di vantarmene: ero la Magnifica Comunità di
Talamona! Suona bene.
È allora che vengono edificate le maggiori fortificazione, i castelli come quello che già c'era a S. Giorgio dai
tempi di Carlo Magno - sede di un giudice - e quello più piccolo di Faedo.
Che fine hanno fatto? Sono stati danneggiati dai Milanesi e poi distrutti dai Grigioni (1526) quando
conquistarono la Valtellina.
È adesso, tra XIV e XV, che si intensifica l'allevamento dei bovini e, dal punto di vista economico posso dire
di aver vissuto un buon periodo. Ottimo anche per quanto riguarda l'aspetto culturale: le famiglie Mazzoni e
Spini mi abbelliscono con i loro palazzi, e nelle contrade sorgono le principali chiese oltre ai gisoi. Niente
male, un paese da cartolina.
Ma la mia prosperità termina con l'arrivo della dominazione grigiona: un periodaccio se pensiamo che è stato
segnato dal Sacro Macello – 1620 – e, in generale, dai dissidi tra cattolici e protestanti. Tanto per cambiate,
ho fatto la differenza: prima di tutto entro i miei confini tutti erano cattolici... va bene, c'era il medico
protestante, Ettore Guarinoni, ma era di origini morbegnesi, quindi non contava. E poi, nessun talamonese ha
partecipato ai fatti – fattacci del Sacro Macello.
Non mancano i monenti curiosi: e chi se lo dimentica il processo alle Gatte Pelose10?
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È proprio dal termine roncare che deriva il nome della Roncaiola. I sassi venivano poi ammucchiati ai bordi dei prati e ne
diventavano le muracche, i muri di divisione.
9 Sol documento si legge che i coniugi Redaldo e Cesaria hanno venduto al Vescovo di Milano per 300 lire il loro castello con
torre, alcune case, una cappella, dei mulini, alcune vigne e delle selve di castagni.
10 Le gattane, dei bruchi, avevavno infestato campi e prati distruggendo i raccolti. Per debellarle venne istituito un processo e, una
volta condannati, gli animaletti vennero invitati a lasciare Talamona passando su comode passerelle appositamente costruite per
Da quei momenti, si fa più stretto il legame tra i talamonesi e la religione, tanto che anche le idee della
Rivoluzione francese stentano a diffondersi. Questo è il commento del Turazza a proposito di quanti
parteciparono a quell'importante evento:"... avidi ciarloni [ che ] con il vessillo dei Diritti dell'uomo
[passano] sul sangue fraterno e sulle distruzioni". Morale della favola, da noi scoppiò una sommossa
antigiacobina sedata con la violenza, una fucilazione e condanne ai lavori forzati (1798).
Di quei momenti ci rimane, comunque, una traccia. Era inverno e faceva freddo; dei soldati di Napoleone si
trovavano nei pressi della chiesa dell'Assunta a Morbegno e, per scaldarsi, stavano per bruciare una statua
della Madonna. Caso volle che passasse da quelle parti un talamonese che barattò un carro di legna con la
preziosa scultura che ora possiamo ammirare nella chiesa parrocchiale: la Madonna di legno!
Ed è stato anche il momento di Francesca Scanagatta. Una furesta, direte voi. Certo, era milanese, ma
sposò Celestino Spini. Che centra? Di curioso c'è che il loro matrimonio finì sui giornali col titolo "Il
matrimonio di due tenenti". Sveliamo il gossip: Francesca, al posto del fratello, frequentò una scuola militare
austriaca e divenne tenente. Combattè nell'esercito asburgico contro Napoleone fino a quando venne scoperto
– spifferata di suo papà – che era una donna.
Il marito. invece, fu l'ultimo della famiglia nobiliare Spini a risiedere qui, era ufficiale dell'esercito
napoleonico... che dire, un intreccio degno di un romanzo.
Ma torniamo un attimo alla gente comune: come si tirava a campare nei secoli passati?
Per centinaia d'anni si è continuato a vivere perpetrando gli stessi ritmi e gli stessi lavori legati alla terra,
l'allevamento bovino e la vita d'alpeggio in particolare.
A quei tempi, però, bisognava arrangiarsi e saper fare di tutto; così si diffuse la gelsibachicoltura, un
parolone per dire "allevamento dei cavaler e diffusione della pianta di murun 11", attività tradizionale avviata
grazie alla precedente usanza di coltivare, filare e tessere la canapa (XVIII).
Ogni angolo libero di territorio si riempì di gelsi perchè i nostri avi dicevano che l'ombra del gelso era ombra
di oro: era sicura fonte di guadagno, per contadini e imprenditori.
Le foglie di questa pianta erano l'unico cibo per il baco da seta, animaletto allevato in ogni casa che, quando
diventava bosul12 veniva portato nelle filande dove iniziava la lavorazione del suo prezioso filo.
A partire da metà Ottocento qui da noi, a Morbegno e Sondrio vennero costruite le prime filande moderne,
precisamente: nel 1861 la filanda Valenti; a inizio '900 le filande in Coseggio e presso le Orsoline. Vi
lavoravano soprattutto le bambine e funzionarono fino agli anni '30 del secolo scorso. Da ultimo, la vendita
della seta grezza sul mercato comasco aiutò la raccolta fondi per la costruzione della nuova chiesa
parrocchiale
Altre piante, nei secoli, fecero la differenza... tra lo stomaco
vuoto e qualcosa nel piatto. Il castagno prima di tutto, basta
vedere lo stemma comunale.
Non è mancato l'olivo piantato presso le gere del Tartano,
Nibabia, Fossato Gande, Serterio, Malasca, Prato dell'Acqua
e Ranciga; l'olio non finiva sulle tavole di chi lo produceva,
ma serviva per alimentare la lampada del Santissimo.
Col tempo le piantagioni scomparirono gradatamente a causa
delle alluvioni.
E qui veniamo ad un tasto dolente: i disastri che
modificarono
il
mio
territorio:
a
turno,
o
contemporaneamente, esondavano i fiumi e i torrenti – gli
stessi che avevano favorito la mia formazione. Le alluvioni
furono frequenti, spesso accompagnate da pestilenze e
Il Solt della Ranciga: Talamona beach anni '50
carestie, danni alle coltivazioni e all'allevamento. Le notizie
più antiche in proposito risalgono al 1450 e proseguono fino ad oggi 13. Una chicca: pare che a metà del
secolo scorso, il reverendo don Vincenzo abbia bendetto la Tremenda – una delle campane della chiesa di S.
Giorgio – conferendole il potere di allontanare le tempeste. Quindi, quando vedete avvicinarsi i nuvoloni,
correte a suonarla: cielo limpido garantito!
Altro momento di crisi: nel 1815 fanno le valige i Grigioni e la Valtellina entra a far parte dell'Impero
far loro raggiungere la zona del Tartano.
11 Bachi da seta e gelsi
12 Bozzolo
13 Nel XVII sec. La popolazione si era addirittura dimezzata e i superstiti dovettero supplicare il vescovo di Como affinchè aiutasse
a far fronte ai debiti. Un'altra alluvione particolarmente disastrosa fu quella del 1911 che spazzò via la chiesa di san bernardo nei
pressi del Tartano
austriaco con la parola d'ordine "modernizzazione". E in effetti la Valle viene spinta verso una nuova
gestione del territorio, ma a pagare sono i Comuni costretti a vendere i beni demaniali e a ricorrere alla
vendita del legname per pagare le tasse e i progetti delle strade Stelvio - Sluga. Per quanto mi riguarda, sono
andati persi ettari dei miei boschi, quindi niente combustibile per i talamonesi e rischio altissimo di alluvioni.
Inoltre, dal 1816 è un continuo susseguirsi di cattive annate; risultato: raccolti scarsi e cinghia tirata per la
maggior parte della gente alla quale, come al solito, non restava che votarsi a qualche santo del Paradiso.
Ecco perchè ancora oggi potete ammirare un numero elevato di dipinti sacri per le vie.
Oppure, in alternativa, bisognava emigrare... e gente di Talamona in giro per il mondo ce n'è stata e ce n'è
parecchia, tutti però partivano con il pallino di ritornare e di comprarsi almeno "una crosta al sole" 14.
Con l'unificazione d'Italia la musica cambia, soprattutto perchè c'è gente che si rimbocca le maniche e sa
che per migliorare le cose bisogna partecipare. Così, posso vantarmi di avere tra le fila dei miei abitanti altre
due figure di spicco. Due giovanotti, che negli anni '40 dell'Ottocento sono vicini di casa e diventano amici
per la pelle: Giovanni e Clemente, il Gavazzeni e il Valenti. Il pittore e l'ingegnere.
Tutti e due – da bravi studentelli scappati da scuola all'insaputa dei genitori - parteciparono alle Guerre
d'Indipendenza, Gavazzeni nel 1859 e Valenti nel 1866.
Tutti e due si diedero da fare; il primo si distinse come ritrattista, pittore sacro e difensore della buona arte, e
non disdegnò di affrescare baite e gisoi anche a persone che per compenso potevano offrirgli solo un piatto di
polenta.
C'era 2 volte... Talamona
Cà di Risc
Al secondo si deve la mia ripresa economica e sociale: l'istituzione di asilo e scuole serali, biblioteca
ambulante, banda, cassa di risparmio e latteria... tutto ha preso vita grazie al suo intervento. E per quanto
riguarda la latteria Valenti – ai tempi si chiamava Latteria Sociale di Talamona - merita di essere ricordato
che è stata la prima in Valtellina, è stata la sede della seconda scuola superiore di caseificio a livello
nazionale. I suoi prodotto sono finiti sulle tavole di tutt'Italia, in Francia, in Egitto e ai concorsi caseari a cui
ha partecipato si è sempre piazzata ai primi posti.
Correndo, correndo, siamo arrivati alla fine del XIX. Sul mio territorio risultano presenti importanti
istituzioni come: cassa rurale, cooperativa agricola e società operaia, Monte di Pietà e forme varie di
assistenza sociale. Non manca nemmeno una sezione sportiva: l'Aquila. Il merito? Ovviamente, è dello
spirito talamonese. Magari un po' rustico e pratico, ma d'effetto. Un esempio: l'inaugurazione del palazzo
scolastico nel 1908, giornata memorabile per la scazzottata con quelli di Morbegno – acerrimi nemici – che
avevano la pretesa di decidere i brani da far eseguire alla banda durante i festeggiamenti pomeridiani.
E poi? Poi ci sarebbe la mia storia recente, quella del XX sec., quella delle guerre e del boom dell'area industriale,
quella che per l'ennesima volta mi ha fatto cambiare volto. Ma io mi fermo qui. Raccontatemela voi. Frugate nei
cassetti e nella vostra memoria, così ritroveremo le pagine di quegli avvenimenti che non hanno ancora trovato
posto sui libri ... soltanto perchè non sono ancora stati scritti.
A presto, Talamona
14 Dalle nostre interviste il motivo principale che spingeva i Talamonesi a emigrare era la ricerca di un lavoro per mantenere la
famiglia. I periodi in cui si emigrava di più sono gli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale e quelli che seguono la Seconda. Le
mete raggiunte erano soprattutto le Americhe (Argentina in testa e Stati Uniti); seguivano Svizzera, Francia e Africa. All’inizio
partivano solo gli uomini, poi le donne. Alcuni ritornavano dopo 5 o 6 anni senza essere riusciti a guadagnare molto. Le occupazioni
principali svolte dai Talamonesi erano: boscaiolo, muratore, falegname, capo mandria, coltivatore e costruttore di pali della luce.