scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 17 luglio 2015
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
17/07/2015 Corriere della Sera - Milano
Nuova frattura tra Lega e FI su polo pediatrico e agenzie
5
17/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Il chirurgo finito sotto inchiesta per i lifting fatti alla Palermo bene
6
17/07/2015 La Repubblica - Nazionale
"I weekend romantici di Daccò con Formigoni e mio marito"
8
17/07/2015 La Repubblica - Bologna
Pronto soccorso, Venturi rilancia le Case della salute
9
17/07/2015 La Repubblica - Roma
Rivolta delle toghe condizionatori ko
10
17/07/2015 La Repubblica - Palermo
Pioggia di telefonate all'ex assessore: "Lucia, siamo al tuo fianco"
11
17/07/2015 La Repubblica - Roma
Cura del cancro col bicarbonato due medici sotto processo
12
17/07/2015 Il Messaggero - Roma
Bicarbonato contro il cancro medico abusivo a processo
13
17/07/2015 Il Fatto Quotidiano
Rosario e Matteo, il patto di ferro tra il presidente e il chirurgo dei vip
14
17/07/2015 QN - Il Giorno - Milano
Riforma della sanità, via al dialogoOggi il tavolo con l'opposizione
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17/07/2015 Libero - Nazionale
Tutino, chirurgo estetico dei vip siciliani che ha fatto carriera con le liposuzioni
16
17/07/2015 Libero - Nazionale
Una rete territoriale di ambulatori specialistici
18
17/07/2015 Libero - Nazionale
Comfort e cure personalizzate Nasce l'ospedale del futuro
19
17/07/2015 Il Foglio
Se i farmaci biotech si vedono col binocolo
20
17/07/2015 Il Foglio
Una tassa sull'innovazione allarma l'industria farmaceutica
21
17/07/2015 L'Unità - Nazionale
La battaglia di Alessia per il diritto dei malati a soffrire di meno
23
17/07/2015 L'Espresso
Assalto al business del bimbo in provetta
25
17/07/2015 L'Espresso
La parola ai malati
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
18 articoli
17/07/2015
Pag. 1 Ed. Milano
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LA RIFORMA DELLA SANITÀ IN REGIONE
Nuova frattura tra Lega e FI su polo pediatrico e agenzie
Simona Ravizza
Sulla riforma della Sanità, in Regione è di nuovo spaccatura tra Lega-Ncd e Forza Italia. Intanto il
governatore Roberto Maroni e il presidente del consiglio Raffaele Cattaneo tentano di riaprire il dialogo con le
opposizioni. a pagina 2
Per definire il clima surreale che si è creato sulla riforma della Sanità, considerata la più importante della
legislatura, un esponente di spicco del centrodestra, riunito ieri in un vertice di maggioranza non stop, alla
buvette del Pirellone si lascia andare: «Qui ci vorrebbe uno psichiatra». È il testo delle polemiche. Mentre il
governatore Roberto Maroni, con l'aiuto del presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo, è riuscito
ad aprire uno spiraglio di dialogo con le opposizioni, Forza Italia continua a litigare con Lega e Nuovo
Centrodestra.
In gioco c'è la tenuta stessa della giunta: e nessuno ha interesse a fare finire tutti a casa. Un accordo,
dunque, nei prossimi dieci giorni dovrà essere trovato. Ma per ora la situazione è esplosiva. Forza Italia vuole
a tutti i costi l'ospedale dei bambini, da creare con l'unione tra Fatebenefratelli, Macedonio Melloni e Buzzi. È
una richiesta che però si scontra con l'idea del leader della Lega, Matteo Salvini, che sulla riforma della
Sanità ha dato una sola indicazione: «Il Buzzi deve unirsi al Sacco». Così un problema di fusione tra ospedali
si è trasformato in una grossa grana politica. L'altro fronte di scontro è sulle Agenzie di tutela della Salute
(Ats) destinate a sostituire le Asl e con compiti di programmazione socio-sanitaria: il testo Lega-Ncd ne
prevede otto, ma Forza Italia ne vuole una sola, anche per tagliare più poltrone manageriali e risparmiare
soldi pubblici: il partito di Silvio Berlusconi su questo punto potrebbe avere i voti delle minoranze, ma a che
prezzo? Con la votazione palese voluta da Maroni è difficile pensare a imboscate dell'ultima ora. E Forza
Italia deve gestire anche il contraccolpo che arriverà dalla creazione del super-assessorato che riunirà Sanità
e Welfare: che cosa avrà in cambio di una possibile uscita di scena di Mario Mantovani, attuale assessore
alla Sanità e recordman di voti del partito?
Nel frattempo sono scattate le prove di dialogo con l'opposizione. Nella riunione di ieri con i capigruppo di
minoranza in Consiglio regionale Enrico Brambilla, Dario Violi e Lucia Castellano, Pd, Movimento 5 Stelle e
Patto Civico hanno messo sul tavolo le loro richieste: la progressività dei ticket in base al reddito, il
rafforzamento e l'indipendenza del sistema dei controlli e una diversa modalità di selezione dei manager
sanitari. Già stamattina, nell'ennesimo incontro tra le forze politiche, si capirà la possibilità di un accordo.
Simona Ravizza
@SimonaRavizza
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Il personaggio/ Matteo Tutino, il giorno dell'arresto, telefonò all'amico governatore: "Rosario, qui ci sono i
carabinieri"
Il chirurgo finito sotto inchiesta per i lifting fatti alla Palermo bene
Avrebbero fatto interventi non consentiti in un ospedale pubblico
ALESSANDRA ZINITI
PALERMO. L'inchiesta racconta che, nella sala operatoria di Villa Sofia, di domenica, avrebbe dovuto essere
operato persino il presidente: un intervento di lipoaspirazione addominale da far passare come un intervento
funzionale con una diagnosi di obesità per giustificare l'utilizzo di una sala operatoria di un ospedale pubblico,
ma i rilievi fatti da un medico alla direzione del nosocomio fecero saltare tutto. E alla fine Crocetta optò per
una clinica privata pagando 3800 euro nonostante le rassicurazioni del suo medico, quel Matteo Tutino, suo
medico personale diventato da due anni primario di chirurgia plastica a Villa Sofia tra le contestazioni e i
ricorsi di tutti i colleghi.
Stando all'inchiesta condotta dai carabinieri del Nas, Tutino aveva trasformato quello che era stato ormai
tristemente ribattezzato il reparto "dei veleni" in una sorta di sua clinica privata dove operava, naturalmente
con i costi a carico del servizio sanitario nazionale, suoi pazienti privati a cui rifaceva il naso o il seno,
mascherando evidenti interventi di chirurgia estetica in interventi funzionali. Accuse pesantissime che, dopo
due anni di una guerra a colpi di esposti e denunce con i suoi colleghi di reparto, il 29 giugno scorso hanno
portato Matteo Tutino agli arresti domiciliari con le accuse di truffa, peculato e falso. Quando diciannove
giorni fa, all'alba, i carabinieri sono andati a bussare nella sua casa di Carini notificandogli quell'ordinanza di
custodia cautelare che ha messo fine alla sua carriera e assestato un brutto colpo all'immagine del
governatore, è stato proprio Crocetta la prima persona che Tutino ha chiamato: "Rosario, ci sono i carabinieri,
mi stanno arrestando", ha detto a quel presidente della Regione che lo aveva portato con sé a Palazzo
d'Orleans nel giorno del suo insediamento, che lo aveva sempre difeso a fronte degli attacchi dei colleghi
medici che gli imputavano una malagestione del reparto che aveva portato ad un crollo di prestazioni e
fatturato, che in qualche occasione gli sedeva persino accanto in conferenze stampa convocate da Tutino per
illustrare interventi chirurgici di alto livello da lui eseguiti in ospedale.
Era il medico di tanti vip questo Matteo Tutino che nel suo sito professionale non esitava a esibire il suo
fisico da culturista in un costume succinto. Amico di Crocetta ma anche di Cuffaro a cui aveva applicato il
sondino per dimagrire, aveva spesso in ore serali davanti il portone del suo studio privato in via Sammartino
nel centro di Palermo molte macchine blindate. C'erano anche diversi magistrati tra gli assidui frequentatori
del suo studio dove, il giorno del suo arresto, ha fatto irruzione anche la Guardia di finanza che sta portando
avanti un altro filone d'indagine, per calunnia, nato dallo scambio di accuse senza esclusione di colpi tra i
medici del reparto. Accuse che avevano finito con il mettere Tutino all'angolo tanto che, nelle ultime
settimane, il medico andava raccontando in giro di aver paura per la sua incolumità e diceva a tutti di aver
subito diverse minacce di morte. Alcuni dicono persino che andava dicendo in giro che lo stavano arrestando.
Certo è che le accuse rivolte da Tutino ai colleghi, e in particolare al suo predecessore Dario Sajeva su
presunti rimborsi gonfiati in reparto, erano finite nel nulla.
Anzi, proprio dal decreto di archiviazione firmato dal gip Lorenzo Matassa qualche mese fa che bollava le
denunce di Tutino come "strampalate e infondate", si evincevano alcune circostanze che qualche mese dopo
avrebbero poi trovato conferma nell'inchiesta dei Nas sugli interventi di chirurgia estetica fatti passare per
interventi funzionali nella sala operatoria di quell'ospedale dove Tutino terrorizzava tutti per imporre la sua
"legge". Anche molti di quei pazienti che Tutino ha poi "deviato" dal suo studio alla sala operatoria di Villa
Sofia hanno finito con l'ammettere che era proprio il medico a proporre loro quegli interventi che sarebbero
poi stati contrabbandati per interventi funzionali: non un naso da rifare ma un setto nasale da deviare per
consentire al paziente di tornare a respirare bene. Di telefonate con il presidente della Regione i carabinieri
del Nas ne hanno intercettate parecchie. Telefonate dalle quali si evince una grande confidenza e una
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frequentazione abituale e nelle quali, in più di un'occasione, Tutino avrebbe espresso giudizi poco lusinghieri
( ma niente a che vedere con il tenore dell'intercettazione diffusa da L'Espresso) nei confronti dell'operato,
come assessore, di Lucia Borsellino. Telefonate giudicate dai pm non utili all'inchiesta e non inserite
nell'ordinanza di custodia cautelare. Ma quel che è venuto fuori è bastato a Lucia Borsellino per sentirsi non
piu tutelata da Crocetta e portarla alle dimissioni.
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LA TESTIMONIANZA DELLA MOGLIE DI ANTONIO SIMONE AL PROCESSO
"I weekend romantici di Daccò con Formigoni e mio marito"
SANDRO DE RICCARDIS
MILANO. È stata una delle poche voci fuori dal coro tra gli imputati nel processo sui fondi neri della clinica
Maugeri. Carla Vites, moglie dell'ex assessore lombardo alla Sanità, Antonio Simone, accusata di riciclaggio
per l'acquisto di un appartamento considerato dall'accusa provento di reato, racconta in aula quello che ha
visto e sa, dopo trent'anni di frequentazione, sui rapporti tra l'ex presidente della Regione Lombardia, Roberto
Formigoni e Pierangelo Daccò, il faccendiere considerato il gestore delle tangenti al politico. «Formigoni,
Daccò e Simone facevano weekend "romantici" in Sardegna, e mio marito non mi portava. Daccò trascinava
in vacanza gente che aveva fatto voto di castità, povertà e obbedienza, facendoli ballare come bambini
deficienti».
Vites ha parlato delle vacanze in Sardegna a cui ha partecipato col marito e gli altri due imputati. Quelle
vacanze che, per i pm Laura Pedio e Antonio Pastore, sarebbero state pagate da Daccò con i soldi pagati
dalla Maugeri per ottenere delibere favorevoli. Per l'accusa, dalle casse della clinica sarebbero usciti circa 61
milioni di euro, 8 dei quali finiti a Formigoni in viaggi, voli aerei, immobili come la villa in Sardegna, acquistata
con un mega sconto.
Alle vacanze, continua Vites in aula, partecipava anche «il gruppo dei Memores Domini che viveva con
Formigoni». Il politico «frequentava la casa di Daccò e tutti partecipavano le sue "cene eleganti"». La donna
ribadisce di conosce Formigoni da oltre 30 anni. «Nell'82 ha fatto da padrino al nostro primo figlio: ogni volta
che mi sedevo vicino a lui, però, arrivava mio marito e non riuscivo a parlargli.
Non avevamo molti argomenti in comune». Lungo e consolidato anche il rapporto con il faccendiere Daccò.
«Entrò per la prima volta nella vita della nostra famiglia nel 1994. E con il tempo, mio marito sviluppò una
"Daccò-dipendenza", non faceva più niente senza di lui. Ho cominciato a preoccuparmi quando ha comprato
una villa in Sardegna per usarla solo 20 giorni all'anno - ha proseguito - e quando, anche per organizzare una
cena con amici, si rivolgeva al servizio catering di Daccò». Poi l'inchiesta.
«L'arresto di Daccò - ha concluso la donna - ha dimostrato che non ero una visionaria, e che la mia
diffidenza nei suoi confronti era fondata».
Foto: EX GOVERNATORE Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, a processo per lo
scandalo sanità
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Pag. 9 Ed. Bologna
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La sanità
Pronto soccorso, Venturi rilancia le Case della salute
L'assessore sugli accessi considerati inutili "Ora i medici devono uscire dagli ospedali" "Entro l'anno
presenteremo il piano di riforma" "Così si potranno anche ridurre le liste di attesa"
ROSARIO DI RAIMONDO
«C'È UNA responsabilità del sistema e dobbiamo intervenire. Entro fine anno vogliamo completare il progetto
delle Case della salute. I medici devono uscire dagli ospedali e collaborare con quelli di famiglia, superando
le diffidenze reciproche». Sergio Venturi, assessore regionale alla Sanità, commenta i dati che riguardano i
pronto soccorso dell'Emilia-Romagna: nel 2014, su quasi due milioni di accessi in tutta la Regione, uno su
quattro è stato giudicato «inappropriato» dagli esperti di viale Aldo Moro. Significa che ben 460mila ingressi
potevano essere evitati, alleggerendo le attese. A Bologna il problema è ancora più sentito: le visite inutili
arrivano al 36%, con picchi altissimi sull'assistenza pediatrica. Un problema che naturalmente riguarda la
sanità di mezzo mondo, e che Venturi immagina di affrontare partendo dall'assistenza territoriale. In altre
parole: quando è possibile, i pazienti vanno curati prima che arrivino - spesso inutilmente - al pronto
soccorso. «Serve una rete efficace tra i medici degli ospedali e quelli del territorio: questo è un elemento
centrale. Bisogna superare le diffidenze reciproche, le differenze culturali che ancora si fa fatica a mettere da
parte». Tutto ruota attorno alle Case della salute. Cosa sono? Più di semplici ambulatori, meno di complessi
ospedali. Luoghi intermedi dove sarà possibile fare una visita o un esame, e dove poter parlare col proprio
camice bianco di fiducia: «I medici devono uscire dagli ospedali ed entrare in queste strutture, lavorando a
fianco dei medici di famiglia. Perché anche qui ci sarà bisogno di fare esami specialistici o di visitare pazienti.
Però manca ancora un modello regionale, oggi gli esempi sono diversi ma a macchia di leopardo. Entro fine
anno vogliamo costruire un progetto, decidere cosa mettere dentro queste case per dare risposte concrete ai
cittadini».
E per quanto riguarda gli accessi inappropriati? «Capisco le percentuali molto alte sui bambini (al
Sant'Orsola il 60% degli accessi al pronto soccorso pediatrico è evitabile, ndr ): i figli piccoli possono
generare ansia, magari nel weekend non c'è il pediatra e il bimbo ha la febbre, è normale essere proeccupati
- dice Venturi -. Comprendo anche i dati sugli stranieri (dove l'inappropriatezza supera il 40%, ndr ): spesso
non sono abituati ad avere una rete territoriale e cercano subito il luogo dove sanno che i problemi possono
essere risolti».
Ma l'affollamento dei pronto soccorso è legato a un altro tema, quello delle liste d'attesa: «Invece di
aspettare quattro mesi per una visita, a volte si preferisce pagare il ticket e andare al pronto soccorso. Per
questo il tema delle code è in cima alla nostra agenda. Lunedì porterò il piano in giunta, entro fine mese lo
presenteremo ai cittadini».
www.saluter.it www.ausl.bo.it PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: IN OSPEDALE In alto l'ingresso di un pronto soccorso. A sinistra, l'assessore regionale alla Sanità ed
ex direttore del Sant'Orsola Sergio Venturi
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Pag. 1 Ed. Roma
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Rivolta delle toghe condizionatori ko
GIUSEPPE SCARPA
CALDO torrido, aria irrespirabile e condizionatori ko al tribunale di Roma: i dipendenti non ci stanno più a
lavorare in queste condizioni e hanno deciso di denunciare l'Asl. Non se la passano certo meglio medici e
infermieri dell'Ospedale San Camillo, costretti anche loro, causa climatizzatori mal funzionanti, ad operare in
condizioni di caldo estremo.
Nel frattempo è atteso a Roma un altro weekend afoso, da "bollino rosso" secondo quanto comunicato dal
ministero della Salute. SE in tribunale avvocati e giudici si sono levati la toga per il caldo afoso, al San
Camillo i pazienti ricoverati, per una botta di calore, non se la passano meglio. Questo perché all'ospedale,
come a piazzale Clodio, denuncia la fp Cgil c'è un problema di climatizzazione: «Molti servizi dell'ospedale
sono diventati impraticabili per il caldo, soprattutto il pronto soccorso e le camere operatorie senza efficiente
condizionamento dell'aria». In tribunale, la condizione è ormai al limite da tempo. In alcune aule i
condizionatori funzionano, in altre no. Ma a preoccupare giudici, pm, avvocati e cancellieri è l'impianto
centrale al collasso, con tre motori su quattro ko, che quindi non riescono a mantenere una temperature
accettabile nella struttura. Tanto che i corridoi sono dei forni e le uniche aule climatizzate rappresentano
un'oasi in mezzo alla canicola dei tre palazzi che compongono il tribunale. I prossimi giorni non promettono
niente di buono anche perché su Roma si abbatterà un caldo afoso. "Bollino rosso" scrive il ministero della
salute che ha inserito Roma, oggi e domani, tra le 22 città più calde della penisola. «Dal 27 giugno il caldo è
ininterrotto giorno e notte con massime superiori ai 30° e minime altissime», spiega Franca Mangianti
dell'Osservatorio Meteorologico del Collegio Romano.
«Siamo 5-6 gradi sopra la media delle temperature del periodo - prosegue Mangianti - e se a questo si
aggiunge il tasso d'umidità molto alto, la temperatura percepita raggiunge anche i 40 gradi. Fino a domenica
ci attendono giornate ancora molto afose, come oggi o con qualche grado in più. Nonostante il termometro al
di sopra della norma, le temperature non hanno ancora neppure sfiorato i giorni di caldo record registrati nel
luglio 2003 quando il 22 luglio si toccarono i 36,9°». Canicola infernale che ieri ha messo a dura prova
persino i turisti ai piedi del Colosseo, dove la piazza liberata dai camion bar, li ha lasciati assetati. Tanto che
è dovuta intervenire la protezione civile. E i volontari si sono precipitati a distribuire bottiglie d'acqua,
gratuitamente al pubblico dell'archeologia. Un aiuto gradito ai turisti e ai romani, per questo il comune ha
disposto tre presidi a piazza Risorgimento, via di San Gregorio presso l'Arco di Tito e via San Pietro in
Carcere angolo via dei Fori Imperiali.
Foto: AL COLOSSEO La Protezione civile distribuisce le bottigliette d'acqua al Colosseo
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IN TRIBUNALE
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Pag. 4 Ed. Palermo
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Pioggia di telefonate all'ex assessore: "Lucia, siamo al tuo fianco"
Il presidente di Libera: "Si è messa al servizio della Sicilia con lo stile del padre" La moglie del caposcorta di
Falcone: "Stop alle carriere sulla pelle dei nostri morti"
GIORGIO RUTA
Mentre il governatore Rosario Crocetta è sotto il fuoco incrociato, il telefono di Lucia Borsellino squilla in
continuazione. La chiamano le più alte cariche dello Stato, esponenti di tutti i partiti, rappresentanti delle
associazioni. Stima e vicinanza, indignazione e vergogna, in una lunga sfilza di comunicati di solidarietà all'ex
assessore regionale alla Sanità. Don Luigi Ciotti, il presidente di Libera, spende parole di apprezzamento per
la figlia del magistrato ucciso dalla mafia nel 1992: «Provo sdegno e vergogna. Non solo per quel terribile
augurio di morte, ma per la persona a cui è indirizzato. Lucia Borsellino ha messo la sua competenza e
passione civile al servizio della Sicilia in un settore delicato come quello della Sanità. E lo ha fatto nello stile
del padre: con dignità, scrupolo, e trasparenza assoluta». Poi una stoccata a Crocetta: «Resta l'inquietudine
per l'ennesima conferma di come a vari livelli, e non solo in Sicilia - continua il sacerdote - la gestione del
bene comune si relazioni a figure incompatibili con un'etica pubblica e arroganti al punto da offendere chi a
quell'etica ha sacrificato la vita».
Le frasi riportate da L'Espresso non passano di certo inosservate. E non lasciano indifferente neanche il
fondatore di Emergency, Gino Strada, che parla di «indignazione e preoccupazione per le minacce di morte»,
prima di esprimere solidarietà alla famiglia Borsellino. Indignazione è la parola ricorrente: la sottolinea il
presidente dell'Anci Sicilia, Leoluca Orlando, la fa sua Tina Martinez, vedova del caposcorta del giudice
Falcone, Antonio Montinaro: «Provo schifo per le notizie di oggi, basta con le medagliette da sfoggiare nelle
passerelle antimafia, basta con le carriere facili fatte sulla pelle dei nostri morti». E i poliziotti rappresentati dal
sindacato Consap annunciano che non parteciperanno alle cerimonie del 19 luglio e dichiarano: «Vogliamo
essere tutti fatti fuori insieme alla Borsellino».
Le dichiarazioni del mondo politico vanno avanti per tutta la giornata: un mix tra attacchi e solidarietà. Ci
sono pezzi del Pd che prendono le distanze da Crocetta e "abbracciano" la figlia del magistrato: intervengono
Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, ma anche la presidente della commissione Affari costituzionali del
Senato, Anna Finocchiaro, e i deputati siciliani Magda Culotta, Antonino Moscatt e Franco Ribaudo.
Gli attestati di stima per l'ex assessore alla Sanità si rincorrono per tutto il giorno, ma si fanno più cauti dopo
la smentita, nel pomeriggio, del procuratore Lo Voi. Lei, Lucia Borsellino, misura le parole, si dice
«intimamente offesa».
Il mondo della Sanità le si stringe attorno, dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin ai colleghi farmacisti.
«Tutta la professione esprime la massima solidarietà alla collega che è stata oggetto di frasi indegne, che
ben qualificano chi le ha pronunciate svilendo oltretutto la memoria di uno dei più leali servitori dello Stato,
Paolo Borsellino», dice il segretario dell'Ordine dei farmacisti, Maurizio Pace.
Il telefono continua a squillare, i messaggi di stima a Lucia Borsellino aumentano di ora in ora: l'unica
certezza di una giornata confusa.
Foto: SACERDOTE Don Luigi Ciotti presidente dell'associazione Libera che è stato tra i primi a esprimere
solidarietà e sostegno a Lucia Borsellino per le parole attribuite a Tutino
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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LE REAZIONI / DA DON CIOTTI A GINO STRADA, DA ORLANDO ALLA VEDOVA MONTINARO, DAL
MINISTRO LORENZIN AI FARMACISTI: TUTTI SOLIDALI CON LA FIGLIA DEL GIUDICE
17/07/2015
Pag. 15 Ed. Roma
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"Causarono la morte di un 27enne" Un camice bianco già radiato
FRANCESCO SALVATORE
PROSPETTAVA una cura miracolosa, a base di bicarbonato, per guarire dal tumore. La somministrazione
della sostanza, però, ha provocato la morte di un giovane di 27 anni. Tullio Simoncini, medico già radiato
dall'ordine dei medici, è stato rinviato a giudizio dal gup Maddalena Cipriani per omicidio colposo ed esercizio
abusivo della professione. Secondo il pm Attilio Pisani Simoncini è responsabile della morte di Luca Olivotto,
un ragazzo catanese che si era messo nelle sue mani dopo che gli avevano diagnosticato un cancro al
cervello. Il decesso del giovane, per «arresto cardiocircolatorio» a seguito di «gravissima alcalosi
metabolica», è avvenuto il 16 ottobre del 2012 in un ospedale di Tirana, dopo il trasferimento da una clinica
privata dove Simoncini stava praticando la sua terapia medica anticancro. A giudizio per omicidio colposo
anche un suo collaboratore, il radiologo Roberto Gandini.
Nel giugno 2012 la vittima scopre di avere una neoplasia al cervello e si affida a Simoncini. Il medico fa una
diagnosi possibilista: «Avrebbe il 70 per cento di probabilità di guarigione a fronte di controindicazioni e rischi
minimi». Il trattamento, però, non è consentito in Italia e va fatto in una clinica privata in Albania. Il 16 ottobre,
dopo le prime somministrazioni, Luca si sente male. Due giorni dopo è trasferito d'urgenza in un vicino
ospedale vicino, dove morirà. www.ptvonline.it www.roma.repubblica.it PER SAPERNE DI PIÙ
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Cura del cancro col bicarbonato due medici sotto processo
17/07/2015
Pag. 46 Ed. Roma
diffusione:210842
tiratura:295190
Bicarbonato contro il cancro medico abusivo a processo
Michela Allegri
Gli aveva proposto una cura alternativa, in grado di guarirlo dal cancro. E Luca Olivotto, 27 anni, affetto da un
tumore al cervello, si era fidato: accompagnato dai genitori era partito per l'Albania e si era sottoposto alla
terapia studiata dall' ex medico Tullio Simoncini, che sosteneva di poter debellare il male con una serie di
infiltrazioni a base di bicarbonato. Dopo l'inizio del trattamento, però, Luca è morto. Secondo il pm Attilio
Pisani, la causa non sarebbe stata la malattia che lo affliggeva, ma la dose massiccia di sodio iniettata nelle
sue vene. Ora, con l'accusa di omicidio colposo, Simoncini e un suo collaboratore sono stati rinviati a
giudizio. Il medico è a processo anche per esercizio abusivo della professione: era stato radiato dall' Ordine
nel 2003, e per questo si era trasferito a Tirana, ma avrebbe visitato Luca a Roma. Nel giugno 2012 a
Olivotto viene diagnosticato il cancro. Curiosando su internet, il ragazzo scopre la terapia di Simoncini, che
offre una speranza che sembra concreta. L'ex medico sostiene che il tumore sia un fungo, contrastabile con
la somministrazione per endovenosa di una soluzione di bicarbonato. Il 16 ottobre Luca viene ricoverato all'
Universal Hospital Group di Tirana. Simoncini avvia il trattamento aiutato da un anestesista italiano, ora sul
banco degli imputati con lui. La terapia viene interrotta: Luca si sente male, le sue condizioni precipitano e lui
muore in due giorni. Per la Procura il decesso fu causato da un arresto cardiorespiratorio conseguente a una
grave alcalosi metabolica da somministrazione endoarteriosa di bicarbonato.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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IL CASO
17/07/2015
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tiratura:100000
Rosario e Matteo, il patto di ferro tra il presidente e il chirurgo dei vip
Lo strano e stretto rapporto tra Crocetta e il chirurgo Matteo Tutino stava per finire lo scorso anno su Striscia
la noti zi a : le telecamere stavano per essere allertate da uno dei sindacati di Villa Sofia che aveva scoperto
che il governatore stava per essere operato di liposuzione all ' addome, ingrossato dallo stress e dal cibo
disordinato, dal suo medico di fiducia, in un regime totalmente illegale. Ma la notizia arrivò al direttore
generale Giacomo Sampieri, che convinse Tutino a dirottare l ' ope razione in una clinica privata, dove poi
effettivamente avvenne. Unico caso in cui lo strapotere del primario subì una battuta d ' arresto. Per i medici,
gli infermieri e il personale di Villa Sofia, Tutino era l ' uomo del governatore Crocetta e lo stesso medico non
faceva nulla per nasconderlo: " Il presidente non permetterà che ci separino " , diceva a Sampieri in una
telefonata intercettata. Sampieri rispondeva: " C ' è in gioco troppo, e lo sappiamo, lo sappiamo " . LUI E
CROCETTA si erano conosciuti a Caltanissetta, dove Tutino esercitava la professione all ' ospedale Sant '
Elia, con un occhio rivolto al privato diventando presto " medico di vip " ,e per questo aveva rischiato un
procedimento disciplinare, mai aperto. " Non ce ne siamo accorti " , dirà poi Sampieri, allora direttore dell '
Asp nissena ex fedelissimo di Cuffaro, poi promosso da Raffaele Lombardo al ruolo di manager. È proprio
Sampieri, su indicazione di Crocetta, a portare con se a Villa Sofia il chirurgo del Presidente, specializzato nel
1992 a Catania in chirurgia maxillo-facciale e spedito prima in una clinica di Città del Messico e poi a New
York, all ' istituto Albert Einstein. Peccato che il Miur non riconoscerà mai quella specializzazione, indicata nel
curriculum che il chirurgo presenta per partecipare al concorso di primario all ' ospedale di Villa Sofia. Siamo
nel 2013 e c ' è il blocco delle assunzioni, ma la burocrazia regionale supera il problema, riconoscendo la
chirurgia maxillo-facciale come branca " d ' e m er g e n za " . Concetto che Tutino intepreta a modo suo,
istituendo la " short week " , che consente a medici e infermieri di restare al lavoro solo fino al venerdi sera e
dirottando, con una circolare, all ' ospedale Civico tutti i pazienti pediatrici. In corsia i malumori salgono,
alimentati dalle denunce continue che il medico presenta in procura, accusando di volta in volta medici e
amministrativi di truffe sul budget, di traffico di farmaci e persino di un omicidio colposo. " Vicende s tr am p al
at e " , scriverà il gip Lorenzo Matassa nel suo decreto di archiviazione. GLB
Foto: Matteo Tutino Ansa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Camici e poltrone Dalla promozione a Villa Sofia fino all ' intervento di liposuzione LA STORIA Pa l e r m o
17/07/2015
Pag. 13 Ed. Milano
diffusione:69063
tiratura:107480
Riforma della sanità, via al dialogoOggi il tavolo con l'opposizione
MILANO IL GIORNO quattro della riforma della sanità al Pirellone, oggi, è quello del dialogo tra maggioranza
e opposizione. Prove iniziate mercoledì e proseguite ieri, con la mediazione del presidente del consiglio
regionale Raffaele Cattaneo, per portare il dibattito «dal Vietnam annunciato alla discussione», per arrivare al
ritiro di emendamenti e ordini del giorno non di merito. In aula, in una decina d'ore, sono stati illustrati 65 odg
su 24.190 depositati, oltre a circa cinquemila emendamenti. Ma l'ostruzionismo ora è oggetto di trattativa. E il
responso sull'ammissibilità degli odg, al vaglio degli uffici, è congelato; così come i relatori della legge non
intendono, per ora, usare un maxi-sub-emendamento che riscriverebbe un'altra volta il testo, spazzando
anche i 2.597 subemendamenti. Il «canguro» estremo, che il centrodestra vuole evitare perché sa di non aver
permesso il confronto in commissione, pur di arrivare in aula nei tempi stabiliti. IERI il vertice di minoranza in
preparazione al tavolo di lavoro che si apre oggi è durato un'ora e mezza. I capigruppo e i consiglieri in
commissione Sanità di Pd, 5 Stelle e Patto civico hanno concordato una piattaforma comune: Agenzia di
controllo più forte e indipendente dalla Giunta, sistema di valutazione del merito per selezionare i manager,
coinvolgimento dei sindaci (chiesto anche dall'Anci e dalle Conferenze delle tre Asl milanesi) nella
programmazione e dei cittadini nella valutazione del sistema. E un impegno, per la seconda parte della
riforma, sulla modulazione dei ticket in base al reddito, con esenzione per quelli più bassi. «Dalle proposte
della maggioranza saranno valutate le sue reali intenzioni». Appuntamento oggi alle 10, con gli uominiriforma Fabio Rizzi della Lega e Angelo Capelli del Ncd e, per la Giunta, il sottosegretario Ugo Parolo.
Cattaneo, il mediatore, confida in un'intesa entro la prossima seduta sulla riforma, il 30 luglio. Intanto Maroni
tratta su un altro tavolo, parallelo e tutto politico, con i suoi alleati di Forza Italia, che pure attendono proposte
sulle deleghe che offre in cambio di un assessore tecnico al Welfare. Giulia Bonezzi
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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AL PIRELLONE SI TRATTA PER FERMARE L'OSTRUZIONISMO
17/07/2015
Pag. 3
diffusione:125215
tiratura:224026
Tutino, chirurgo estetico dei vip siciliani che ha fatto carriera con le
liposuzioni
CRISTIANA LODI
Lucia Borsellino «va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Parola di Matteo Tutino, chirurgo 53enne fresco
di arresto e amico simbiotico di Rosario Crocetta. Se è vero, come conferma L'Espresso , che
l'intercettazione telefonica col presidente esiste ed è secretata nel fascicolo di uno dei tre filoni d'inchiesta
sull'ospedale Villa Sofia di Palermo, vuol dire che il proseguo giudiziario porterà presto soprese per il dottore
siciliano. E aiuterà a comprendere meglio chi è questo «mago dell'estetica» che si dipingeva come «il
migliore della Sicilia» nel settore rughe, occhiaie, adipe, piccoli e grandi difetti estetici. Compresi quelli che
comporterebbe uno scadere troppo in basso, per essere descritti. Fino a un momento prima di essere
arrestato, Matteo Tutino, aveva davvero un rimedio per tutto. Peccato che i suoi interventi miracolosi e privati,
secondo l'accusa, venissero praticati su pazienti (che pagavano) direttamente nell'ospedale pubblico (Villa
Sofia) mettendo però a carico del Servizio sanitario nazionale. Ossia del contribuente. Truffa, falso, peculato:
le accuse per Tutino. E se la frase pronunciata al telefono col governatore Crocetta (degna di un boss più che
di un primario), che alla Procura di Palermo tuttavia non risulta trascritta come dice il capo Francesco Lo Voi,
è ipotizzabile che per il medico siano pronti altri guai giudiziari. Arrivato da Caltanissetta alla guida del maxillo
facciale di Villa Sofia, era lui a tempestare di messaggini i cronisti siciliani per raccontare loro della sua
«primeggiante bravura» e della sua specilità in chirugia plastica guadagnata in una non ben identificata
università statunitense. Sempre lui era finito nelle grazie di chissà quali centri di potere politico-economici e di
lobby di medici per l'opera di risanamento dei conti del reparto che era stato incaricato a dirigere nel 2013.
Per volontà di chi? Del governatore Rosario Corcetta: l'amico e grande sponsor, il paziente in cima a tutti i
pazienti, l'uomo che Matteo chiama per primo quando viene arrestato e il destinatario (neanche troppo
presunto secondo L'Espresso ) della telefonata incriminata: Lucia Borsellino «va fermata, va fatta fuori. Come
suo padre». E il governatore sarebbe rimasto zitto, al telefono. «Non ho sentito quelle parole, altrimenti l'avrei
massacrato», replica adesso Crocetta. Però annuncia l'autosospensione «immediata» e indica Baldo
Gucciardi Pd (e neo assessore alla Sanità subentrato a Lucia Borsellino che ha lasciato) come l'uomo adatto
a cui affidare l'interim per la guida della Regione. E non fa un passo indietro, neanche quando la Procura
(ieri) con una nota ufficiale comunica che la telefonata intercettata e resa pubblica dall'Espresso «non risulta
nelle trascrizioni, come conferma anche il Nas dei carabinieri». È un appeal speciale quello che Matteo Tutino
esercita nei confronti del governatore, e lui non lo nasconde: «Ha avuto cura della mia persona, mi ha
ritoccato qua e là e mi ha fatto dimagrire come volevo. Il mio unico ramarrico? Non certo Tutino, ma l'avere
rivelato la mia omosessualità, non lo rifarei». Politici e vip, come il presidente, erano abbagliati dal "Bodyjet"
del primario, quella macchina innovativa da 56 mila euro che aspira cellule adipose e staminali e che fa tutto:
liposuzioni, rinoplastiche, ginecomastie. Davanti al suo studio di via Sammartino (dove la custodiva prima di
cederla in comodato d'uso a Villa Sofia) quasi ogni giorno stazionavano auto con i lampeggianti. Anzi, ogni
sera, perché di solito gli amici vip Tutino li riceveva quando gli altri pazienti erano ormai andati via. Totò
Cuffaro, ad esempio, si lasciò convincere a provare a perdere i chili di troppo con il metodo del sondino.
Antonio Ingroia, grandi amici da molti anni, era tra i frequentatori più assidui di quello studio nel quale,
naturalmente, era di casa anche Rosario Crocetta. Il giorno dell'insediamento a Palazzo d'Orleans: novembre
2012, al suo seguito era presente anche Tutino: l'abbronzatissimo Matteo, nominato sul campo «medico
personale» del governatore. E in quanto tale compare anche alla Leopolda di Palermo. Passa qualche mese
ed ecco la nomina a primario del reparto di chirugia plastica, che scatena una guerra. Da Villa Sofia partono
esposti sulla sua gestione del reparto, che il venerdi chiude e dimette i pazienti ricoverati per dicono le
denunce - aprire le sale operatorie a interventi privati. Tutino, sempre affiancato e protetto da Crocetta,
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Arrestato per i rimborsi truffa al Sistema sanitario
17/07/2015
Pag. 3
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tiratura:224026
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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intanto magnifica i suoi interventi. Fino all'arresto del 29 giugno. Che le cose stessero mettendosi male,
Tutino lo aveva capito bene e Crocetta anche: «Trovati un bravo avvocato», era stata la risposta del
governatore quando Matteo lo chiamò per dirglielo. «Non ho sentito quelle parole su Lucia Borsellino,
altrimenti l'avrei massacrato», è l'ultima presa di distanza del governatore. Ormai ex.
17/07/2015
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diffusione:125215
tiratura:224026
Una rete territoriale di ambulatori specialistici
Centri ultramoderni e assistenza domiciliare. Un polo di riabilitazione motoria occuperà gli spazi dell'ex
ospedale
D. BON.
Non ci sono solo le attività ospedaliere. Il ruolo giocato dalla Clinica San Carlo nel sistema sanitario e
assistenziale del territorio è infatti molto più ampio. Ci sono gli ambulatori polispecialistici in sede e territoriali:
a Calderara, Senago, Novate Milanese e Milano. E ci sono il servizio di Assistenza domiciliare integrata (Adi)
e il servizio di Cure palliative domiciliari. Dal 1993 opera poi la Fondazione Emilio Bernardelli, nata per volere
della figlia Patrizia, presidente della Clinica San Carlo, in memoria del padre. La fondazione, senza fini di
lucro, ha come obiettivo la promozione e organizzazione di centri studio e di ricerca nell'ambito della
prevenzione e delle cura delle patologie acute e croniche dell'anziano. Sempre rivolta agli anziani, e
caratterizzata da alti standard qualitativi è poi la Residenza sanitaria assistenziale per anziani che sorge a
Paderno Dugnano all'interno del parco e che è collegata al complesso ospedaliero della clinica. Qui è stato
adottato un modello che rivolge l'attenzione non solo agli ospiti, ma anche ai loro famigliari, considerati
interlocutori indispensabili per il benessere degli ospiti. Presso la Residenza è attivo il servizio di "Rsa
aperta": equipe di professionisti seguono, sempre al domicilio, persone in condizioni di fragilità e in particolare
affette da demenza o Parkinson. Un'offerta completa di prestazioni, quindi, per una Clinica che impiega circa
800 addetti tra dipendenti e liberi professionisti e che rappresenta anche uno dei principali datori di lavoro del
territorio. Non basta. L'apertura del nuovo ospedale, che è già operativo ma la cui inaugurazione ufficiale è in
programma dopo l'estate, consentirà di sviluppare altri servizi negli spazi che sono stati liberati all'interno
della sede storica. Tra questi un centro di riabilitazione motoria nel quale i pazienti con gravi lesioni motorie
possano venire aiutati a reinserirsi nell'ambiente lavorativo mediante l'ausilio di strumenti costruiti ad hoc.
Negli ambienti rimasti liberi la direzione intende poi dare la propria disponibilità per i servizi amministrativi del
Distretto socio-sanitario dell'Asl nel Comune di Paderno Dugnano come ad esempio la scelta del medico, sia
quelli ambulatoriali, a partire dalle vaccinazioni. Un passaggio che semplificherà ulteriormente la vita ai
pazienti, e che andrà a comporre un ulteriore tassello del quel polo sanitario che è di fatto già nato intorno
alla clinica.
::: I SERVIZI CLINICA SAN CARLO Il nuovo ospedale, operativo dal 29 giugno, ha una superificie di 18 mila
metri quadri distribuiti su 5 piani. Duecento sono i posti letto RESIDENZA SANITARIA Collegata al
complesso sanitario della Clinica San Carlo, la Residenza per anziani ha adottato un modello che rivolge
l'attenzione anche ai familiari considerati interlocutori indispensabili per il benessere degli ospiti DISTRETTO
SOCIO-SANITARIO La clinica San Carlo ha dato la sua disponibilità alla Asl di Paderno di usare la vecchia
sede per alcuni servizi amministrativi regionali
Foto: Un'immagine dell'interno della nuova clinica [Ftg]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Le sedi della Clinica San Carlo
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Pag. 18
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Comfort e cure personalizzate Nasce l'ospedale del futuro
"La Clinica San Carlo apre la nuova sede: 5 piani, 200 posti letto e sale operatorie raddoppiate Pronto
soccorso rinnovato e strumenti all'avanguardia per la diagnosi di tumori e ischemie
DINO BONDAVALLI
Più di mezzo secolo di storia alle spalle. E una crescita costante con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Si
potrebbe riassumere così il percorso della Clinica San Carlo di Paderno Dugnano, comune di oltre 50mila
abitanti nell'hinterland milanese. Fondata nel 1963 dal professor Emilio Bernardelli, ispirato dal principio che
in un Paese democratico l'impegno dell'imprenditoria privata nell'ambito della sanità, rappresenti un
importante e valido contributo che garantisce ai cittadini la libertà e l'alternativa di scelta, la clinica è cresciuta
passo dopo passo fino a diventare un centro di riferimento non solo per Paderno, ma per un bacino di utenza
molto più ampio. Al fine di rispondere adeguatamente alle esigenze sanitarie, seguendo le linee di
programmazione della Regione Lombardia, grazie a un'organizzazione sempre più strutturata e collaborando
con l'Università degli Studi di Milano, l'Università Campus Bio-Medico di Roma e l'Università degli Studi di
Milano Bicocca, la Clinica San Carlo copre una gamma molto ampia di specialità cliniche, alle quali è
possibile accedere sia tramite il Sistema sanitario nazionale sia in regime privatistico. Oggi la Clinica San
Carlo ha realizzato un nuovo ospedale, operativo da lunedì 29 giugno. A pochi metri di distanza dalla sede
storica, la struttura, 18 mila metri quadrati di superficie distribuiti su cinque piani, risponde alla duplice
esigenza di avere spazi tecnici più ampi, in linea con le esigenze attuali, e di "umanizzazione" degli ambienti
in cui i pazientivengono accolti e curati. Realizzata con criteri e impianti innovativi dispone di aree tecniche e
alberghiere più ampie e moderne che rispondono in modo più adeguato alla evoluzione delle cure,
dell'accoglienza e del comfort. Il cambiamento più evidente è quello che ha interessato il Dipartimento di
emergenza: un pronto soccorso non solo più spazioso, ma anche collegato direttamente con terapia intensiva
- rianimazione, terapia intensiva cardiologica ed emodinamica interventistica, dotata di apparecchiature
all'avanguardia, secondo un modello che garantisce la massima rapidità di intervento. Dalle sale operatorie, il
cui numero è raddoppiato rispetto alla vecchia struttura, agli spazi dedicati al day surgery, fino alle nuove
apparecchiature diagnostiche, tutto è studiato per garantire il massimo comfort e la sicurezza igienicosanitaria dei pazienti. Nel Dipartimento chirurgico accanto alla chirurgia generale e oncologica, la struttura
garantisce interventi di chirurgia vascolare, ortopedia e la traumatologia, toracica, maxillo facciale e plastica.
Ma anche oculistica e ginecologia. Fanno invece parte del Dipartimento medico-riabilitativo le specialità di
medicina interna, cardiologia, oncologia e la fisiatria-riabilitazione specialistica e geriatrica. Anche questa
area è dotata di day hospital. Tra i fiori all'occhiello del nuovo ospedale, che conta circa 200 posti letto, una
nuova Tac all'avanguardia sia per il basso dosaggio di radiazioni che per la velocità di esecuzione dell'esame
tale da consentire anche esami dettagliati del cuore e delle coronarie. «Grazie a questa apparecchiatura in
alcuni casi non sarà più necessario sottoporre il paziente all'angiografia coronarica, come accadeva finora,
perché il dettaglio delle coronarie si avrà semplicemente con la Tac, senza quindi necessità di ricorrere ad
esami più indaginosi», spiega la dottoressa Patrizia Bernardelli, presidente della Clinica San Carlo. La novità
consentirà di aumentare ulteriormente l'efficienza del centro, che fa già parte della Rete di emodinamica e di
chirurgia vascolare della Regione Lombardia, e rientra tra i numerosi benefici garantiti al territorio dalla nuova
struttura. Tra le novità anche il "Mammotome", apparecchiatura radiologica che permette di effettuare biopsie
mammarie multiple e mirate, necessario per l'organizzazione e l'attività della breast unit e lo screening del
tumore mammario. Nell'ambito delle emergenze, infine, tra le nuove attrezzature un sofisticato sistema
elettrocardiografico permette la rilevazione precoce di ischemie cardiache che in alcuni casi non sarebbero
riconosciute. Grazie alla nuova Tac in alcuni casi non sarà più necessario sottoporre il paziente
all'angiografia coronarica, perché si avrà subito il dettaglio delle coronarie INNOVAZIONE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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La struttura di Paderno Dugnano (Mi)
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Roma. Nel settore manifatturiero nazionale, il comparto farmaceutico è il terzo per valore in ricerca e
sviluppo, dopo meccanica e trasporti, con 1,3 miliardi investiti nel 2014. Secondo Farmindustria, la lobby del
farmaco, nei prossimi anni il comparto delle biotecnologie (sviluppo di farmaci a base di cellule, materiale
genetico modificato, tessuti ingegnerizzati e altro) avrà uno sviluppo esponenziale rispetto ai tradizionali
farmaci da sintesi chimica: nei prossimi anni su 7 mila nuovi farmaci in arrivo, 303 saranno biotecnologici,
dice il presidente dell'Associazione, Massimo Scaccabarozzi. Tuttavia secondo gli esponenti di aziende
farmaceutiche, ricercatori, funzionari dell'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) che fissa i prezzi delle medicine,
intervenuti alla presentazione del Rapporto sulle biotecnologie del settore farmaceutico prodotto dalla società
di consulenza EY (ex Ernst & Young), solo in Italia il difficoltoso percorso di accesso a nuove cure cui i
cittadini devono sottoporsi rischia alla lunga di fiaccare anche le attività di ricerca e sviluppo e con la
conseguenza indesiderabile di ridurre i pur finora elevati investimenti (il farmaco biotech sul totale
dell'industria farmaceutica rappresenta il 44 per cento dell'attività di ricerca, il 26 per cento del valore della
produzione). Sergio Pecorelli, presidente Aifa, durante la conferenza tenutasi mercoledì a Roma, s'è lanciato
in un'invettiva verso del legislatore che non migliora un sistema regolatorio castrante per l'uso in terapia di
nuovi farmaci che, in alcuni casi, sono capaci di cronicizzare malattie altrimenti incurabili. Ciò accade per via
di vincoli burocratici stringenti esercitati da parte da ciascuna regione secondo criteri peculiari. Analizzando i
dati sulle vendite dei farmaci, il Rapporto rivela che, dopo l'approvazione europea dell'agenzia European
medicines agency, sono necessari due anni per l'accesso nazionale e regionale, dopodiché una serie di
vincoli limitano l'uso terapeutico. A condizionare l'accesso alle cure, dice l'associazione Cittadinanza attiva,
c'è anche la compressione della spesa per l'assistenza farmaceutica ospedaliera che viene usata come fonte
di risparmio, quando invece sulle strutture ospedaliere - spesso ipertrofiche - si risparmia ben poco. (a.bram.)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Se i farmaci biotech si vedono col binocolo
17/07/2015
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IL "PAY BACK" FRENA L'INGRESSO DI NUOVI FARMACI NEGLI OSPEDALI, SPAVENTA GLI
INVESTITORI E PUÒ GONFIARE LA SPESA C'è un mostro burocratico creato da Monti che, oltre a
penalizzare le aziende, non fa nemmeno gli interessi della finanza pubblica, tra perdita di gettito e costi per
una maggiore ospedalizzazione. Starà a Renzi toglierlo di mezzo, se vuole continuare la luna di miele iniziata
con i Big Pharma
In quello che fu un incontro senza precedenti nella storia dei tanti governi italiani degli ultimi decenni, il 6
ottobre del 2014 il preseidente del Consiglio, Matteo Renzi, riunì a Palazzo Chigi i ceo mondiali di molte delle
principali aziende multinazionali del farmaco, dalle americane Bms, Eli Lilly, Johnson&Johnson alle europee
Bayer, Merck Serono, Novartis e Roche. Un segno di attenzione del presidente del Consiglio verso l'industria
farmaceutica - ossia per il settore dove si spende di più in ricerca e sviluppo in rapporto al fatturato a livello
mondiale e il primo comparto in Italia per investimenti esteri. Ma anche, in direzione opposta, una
testimonianza dell'appeal dell'Italia e, di riflesso, del suo nuovo premier. Peccato che, da allora in avanti, le
notizie che sono arrivate dall'Italia ai quartieri generali di Big Pharma siano state più negative che positive. Se
i recenti tagli per 2,35 miliardi di euro, approvati dalla Conferenza stato-regioni, non hanno fatto stappare
bottiglie di champagne a New York e neppure a Basilea (se non altro perché, ad anno ampiamente iniziato,
automaticamente comprimono la spesa farmaceutica), la vera bomba che potrebbe scoppiare da un
momento all'altro si chiama "pay back" sulla spesa farmaceutica ospedaliera, alla quale ICom, l'Istituto per la
competitività, ha appena dedicato uno studio presentato ieri alla Camera. Il sistema, mutuato dalla spesa
farmaceutica territoriale - che passa attraverso le farmacie e che ha risentito di sforamenti modesti o nulli prevede che le aziende contribuiscano al 50 per cento dello sfondamento del tetto alla spesa farmaceutica
ospedaliera. Il tetto di spesa (fissato dalla stessa legge al 3,5 per cento del finanziamento pubblico del
Sistema sanitario nazionale, mentre quello della territoriale è l'11,35 per cento) viene suddiviso per ciascuna
azienda, alla quale viene assegnato un determinato budget. In questo modo, si ripartisce a livello aziendale lo
sforamento realizzato su base nazionale. Il ripiano è stato introdotto con una legge del 2012 (la n. 135) ma i
suoi effetti sono stati avvertiti dalle imprese solo dalla seconda metà del 2014, quando l'Agenzia italiana del
farmaco (Aifa) ha comunicato l'ammontare dello sforamento sul budget assegnato a ciascuna per il 2013. Da
allora sono partiti una serie di ricorsi amministrativi contro la stessa Agenzia, che le aziende stanno vincendo.
Non si sta parlando di pochi soldi. Nel 2013 lo sfondamento del tetto di spesa farmaceutica ospedaliera è
stato di 737 milioni di euro (di cui, come detto, il 50 per cento a carico delle aziende). Nel frattempo lo
sforamento sta salendo. Nel 2014 è ammontato a 1.050 milioni di euro e potrebbe arrivare a 1.360 milioni nel
2015 (dunque quasi un raddoppio nel giro di soli due anni). Facile quindi prevedere che negli anni successivi
la situazione possa solo peggiorare ulteriormente, visto l'arrivo di molti farmaci innovativi. Già oggi (stime sul
2014), il pay back sulla spesa farmaceutica ospedaliera vale da solo il 117 per cento della somma di Ires e
Irap pagata dalle aziende. E' come se si stesse parlando di un combinato disposto di un'addizionale Ires del
32 per cento e di un'addizionale Irap del 4,6. Un mostro senza precedenti a livello di settore e di paese. Per
molto meno (la demagogica Robin Tax di tremontiana memoria, che imponeva alle aziende energetiche
un'addizionale Ires del 6,5 per cento), si è discusso per anni fino alla sentenza di febbraio della Corte
Costituzionale che ha dato ragione alle aziende (sia pure in maniera un po' pilatesca). Tra l'altro, l'aspetto
paradossale della vicenda è che ad essere penalizzati dal meccanismo, in misura più che doppia rispetto ai
farmaci esistenti, sono le nuove molecole, quelle più costo-efficaci, che devono restituire nei primi due anni di
vendita il 50 per cento del fatturato allo stato. Dunque, l'Italia è riuscita nel capolavoro di introdurre una
doppia imposta sull'innovazione. Che da un lato tassa le aziende che investono di più in ricerca e
innovazione (anche in Italia) e, nel loro portafoglio di prodotti, sceglie di colpire maggiormente i nuovi farmaci.
Con il risultato da un lato di scoraggiare la ricerca in Italia (già oggi più bassa che nel resto d'Europa, a
differenza della produzione), dall'altro di mettere seriamente a rischio il lancio di nuove molecole. Privando i
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Una tassa sull'innovazione allarma l'industria farmaceutica
17/07/2015
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pazienti italiani di farmaci salvavita o comunque di forte valore terapeutico disponibili negli altri paesi. E con
una buona probabilità di non realizzare neppure gli interessi di finanza pubblica del paese, tra perdita di
gettito da imposte derivante dalle aziende che operano in Italia (l'industria farmaceutica versa all'erario circa
4,4 miliardi di euro l'anno) e maggiori costi di ospedalizzazione correlati a un minore impiego di terapie
innovative (che guariscono più velocemente i pazienti). Di questa situazione non è responsabile l'attuale
presidente del Consiglio - al tempo c'era Mario Monti - ma a lui tocca risolverla se vuole fare dell'Italia il
principale hub europeo dell'industria farmaceutica, come ha promesso il 6 ottobre scorso ai ceo delle
multinazionali del farmaco. E non passare, come nel peggiore dei stereotipi nazionali, nella parte del solito
italiano che non sa mantenere gli impegni presi. *presidente di I-Com
17/07/2015
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L'Unità
diffusione:54625
tiratura:359000
# Così la Toscana è riuscita a varare la prima legge italiana per semplificare l'uso dei cannabinoidi Ancora
oggi sono migliaia lepersone che ricorrono al mercato illegale dei farmaci
: Enzo Brogi
Ballini, Brogi. Accanto, nei ban| chi del Consiglio regionale della Toscana, per l'ordine alfabetico. Di Alessia
Ballini sapevo già abbastanza. Lei, come me, erasta' ta sindaco di uno dei piccoli grandi comuni "rossi" della
Toscana, io a Cavriglia lei a San Piero a Sieve. Mi piaceva esserle seduto accanto, curioso di poterla
conoscere meglio e attratto da lei soprattutto dopo che aveva scritto su un quotidiano locale: "Da quando la
mia vita ha svoltato e mi hanno consegnato una nuova carta d'identità, quella che ognuno di noi ha in tasca e
che chi è fortunato non dovrà mai tirare fuori, ho capito il significato impagabile, incomparabile di una sanità
pubblica efficiente ed universale. L'istituzione che si fa carico di te, quando tu non puoi. Lo Stato che ti
affianca, che ti sorregge, quando ne hai bisogno. Che tu sia ricco o povero. Comunitario o extra. Uomo
donna. Religioso o ateo. Questo è lo Stato che voglio. Che non mi invade, non mi prevarica. Che ha cura di
me. Che mi rispetta. Che mi lascia libera. Che lascia libera la mia coscienza di decidere per me, per la mia
vita.". Alessia era stata aggredita, probabilmente in modo incurabile, dal cancro, e con la malattia era
cresciuta in lei la convinzione che lo Stato o qualsiasi altra Istituzione non possa decidere al posto del
cittadino. "La persona è sovrana per nascita, lo Stato solo per delega" mi ripeteva. La conobbi così, devastata
dalla chirurgia e dalle terapie. Spesso durante le sedute del Consiglio, mi raccontava della sua battaglia
contro la belva che la divorava, ma anche degli insopportabili effetti collaterali come il dolore, il vomito e la
disappetenza che, in particolare le abbondanti chemio, le provocavano. Per trovare sollievo a queste
sofferenze aveva iniziato ad assumere cannabis. Certo, era stata indotta dal decreto del 2007 con cui l'allora
Ministro della salute Livia Turco aveva riconosciuto l'efficacia terapeutica del The (il principale principio attivo
e naturale della cannabis), ma da allora poco era stato fatto. Lunghissimo e farraginoso il sistema per essere
inseriti tra i pazienti che ne potevano fruire. Prima la prescrizione dello specialista, poi la farmacia
ospedaliera, poi ancora l'Ufficio nazionale stupefacenti. Nelle condizioni più favorevoli dalla prescrizione
all'ottenimento del farmaco, se va bene, passavano (e passano ancora) almeno tre mesi. Troppi per chi
soffre. Finito il farmaco si riparte con la giostra. Ancora oggi gli ammalati di Sia, di distrofia muscolare, di
cancro, i pazienti che in tutto il Paese sono inseriti nel piano sanitario, previsto dal decreto Turco, sono
appena un centinaio. Migliaia, si ipotizza, quelli che ricorrono al mercato illegale, un mercato orribile che ti
offe un prodotto non controllato nelle specificità e percentuali del The, dalle preoccupanti condizioni igieniche,
e che alimenta criminalità di strada e mafie. Con Alessia cominciammo a lavorare alla stesura di una legge
che permettesse, in Toscana, un accesso più rapido al farmaco e una sua maggiore divulgazione. Nei mesi in
cui si scrivevano e correggevano gli articoli di legge non fui mollato mai da numerose mail e telefonate da
parte di malati che, da ogni dove, ci sollecitavano ad andare avanti e a fare presto. Storie stanche e invisibili,
che reclamavano il diritto ad allievare la loro sofferenza. Che non avendo più risorse e tempo, si arrendevano
al mercato "illegale" mostrando prima di tutto una profonda ferita nella loro dignità. Ce l'abbiamo fatta, la
Toscana ha avuto la prima legge italiana per semplificare l'uso di farmaci cannabinoidi. La legge ed il suo
regolamento adesso sono operativi. Alessia no, lei non ce l'ha fatta. Ma lo spazio che la Toscana ha aperto,
adesso assieme ad altre Regioni come la Puglia, potrà essere una grande opportunità per approfondire la
ricerca ed il confronto scientifico. Serve una legge nazionale, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La
cannabis, utilizzata come rimedio medico dai tempi più antichi, si è persa nel tunnel del proibizionismo
fermando per anni la ricerca scientifica sull'uso terapeutico. Un tabù che non si è curato di chi ogni giorno
combatte un dolore incomprensibile, a cui deve aggiungere l'umiliazione di non vedere riconosciuto e
supportato dalle istituzioni il diritto a soffrire meno. Il mio non è un auspicio o una fantasia, è una realtà che in
altri Paesi sta già prendendo forma e generando frutti importanti. Alessia ce l'ha fatta. Ce l'ha fatta a farci
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La battaglia di Alessia per il diritto dei malati a soffrire di meno
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L'Unità
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capire che c'erano altre direzioni. Sulle quali non saremmo stati soli.
Foto: Richieste. Striscione davanti al Parlamento dell'Associazione Coscioni. FOTO: ANSA
Foto: Ileannabinoidepiù importante èiltetraidrocannabinolo (The) principio attivo deila marijuana
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Pag. 80 N.29 - 23 luglio 2015
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Assalto al business del bimbo in provetta
Avere un fglio con i gameti di un uomo o di una donna fertili. Oggi si può anche in Italia. Ma mancano
donatori, regole e tempi certi. Così rischiamo il Far West
Letizia Gabaglio
DO IT VIKING!" . È il cartello in mano a un ragazzo alto, biondo, dagli occhi chiari, vestito come uno dei suoi
avi, con tanto di spada in mano e cappello con le corna in testa. Insom ma, un vero vichingo, pubblicità
vivente per una banca di sperma. E a "farlo vichingo" sono in tanti: Cryos International è una delle realtà più
longeve in questo campo e nel 2013 il seme partito dalla sua sede in Danimarca ha prodotto circa 35mila
gravidanze in tutta Europa. «La domanda è in continuo aumento, le donne che si rivolgono a noi sono per la
maggior parte sopra i 35 anni e con un titolo di studio superiore, e sempre di più chiedono informazioni sullo
stato sociale e di salute del donatore», ci spiega Ole Shou, fondatore di Cryos International: «Ma la cosa che
ci impressiona di più è vedere come sia cambiata la domanda: quando abbiamo iniziato i nostri clienti erano
solo cliniche o ospedali. Oggi, invece, l'80 per cento di chi acquista sperma sono privati cittadini». È il fai da
te dell'inseminazione: si sceglie il donatore, si comprano una o più fale di sperma, dopo massimo 48 ore si
ricevono a casa e seguendo alcune facili istruzioni si procede con l'insemi nazione. Il costo varia dai 40 ai
1000 euro, a seconda che si tratti di un donatore anonimo o no, delle sue caratteristiche fsiche e degli esami
a cui si vuole venga sottoposto lui e il suo sperma. Roba da fantascienza? Niente affatto, anzi proprio in Italia,
dove la legge 40 vieta il ricorso alle tecniche di procreazione assistita alle coppie dello stesso sesso e ai
single, questo è un modo lecito di bypassare l'ostacolo. «L'Italia è uno dei paesi dove effettuia mo le nostre
consegne», prosegue Shou. «A singoli cittadini. D'altronde, nell'ambito della libera circolazione dei beni e
delle merci che vige in Euro pa, le nostre fale possono essere spedite e ricevute». Come Cryos anche molte
banche statunitensi vendono direttamente ai pazienti. E c'è da giurarci: il business è destinato a crescere. La
fecondazione eterologa è da pochi giorni contemplata nelle disposizioni del ministero della Salute in materia
di procreazione medicalmente assistita, ma nel nostro paese la donazione dei gameti è ancora al palo. Non
tanto per quel che riguarda il seme maschile, anche se la libera circolazione dei campioni pone dei problemi
di controllo: come è possibile tenere conto di quanti bambini nascono da ogni singolo donatore? Per
scongiurare possibili incroci fra fratelli o sorelle inconsapevoli, alcune nazioni hanno posto un limite massimo
di fgli per donatore, ma in altri questa soglia non c'è. In Italia il limite è 10, in Danimarca c'è solo una specie di
av vertenza dopo 25, tanto per fare un esempio. La donazione di sperma sembra comunque assai semplice
se paragonata a quella di ovociti, i gameti di cui c'è di gran lunga maggior bisogno, in Italia come in Europa. E
che sono ottenibili solo a patto di sottoporre le donatrici a procedure abbastanza invasive. Ma le cifre parlano
chiaro e suggeriscono che sarebbe meglio cercare di normare al meglio la donazione di ovuli e di farlo nella
maniera più omogenea possibile, almeno all'interno dei confni europei. I numeri sono quelli presentati al
congresso della Società europea di ri produzione umana (Eshre), chiuso nei giorni scorsi a Lisbona, da Marta
Devesa dell'Ospedale universitario Quiron-Dexeus di Barcellona: dopo i 40 anni le chance di avere un
bambino con i propri ovuli sono progressivamente sempre più basse tanto che i medici dovrebbero
consigliare alle donne che fanno procreazione assistita di ricorre re a ovociti donati. Cifre alla mano, i medici
hanno calcolato infatti che le donne di 38-39 anni hanno il 23,6 per cento di probabilità di avere un fglio con
un ciclo di Pma, percentuale che scende al 6,3 a 42 anni, e addirittura all'1,3 oltre i 44 anni. «Abbiamo
analizzato più di 5800 cicli condotti su oltre 4100 donne nel nostro istituto, dati che ci hanno con sentito di
elaborare un modello predittivo sulla base del quale possiamo affermare, per esempio, che alle donne sopra i
44 anni dovrebbe essere scon sigliato intraprendere la fecondazione assistita con i propri ovuli, e che
neanche la possibilità di congelare ovuli o embrioni aiuta», ha spiegato Devesa: «Il dilemma per i medici
inizia a 38 anni, è quella l'età in cui la percentua le di successo comincia a scendere vertiginosamente». Ma il
fatto è che le percentuali da sole non convincono le pazienti, la cui prima preoccupazione è piuttosto quella
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 17/07/2015
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Fecondazione assistita
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dell'invasività delle cure, della pesantezza delle stimolazio ni. Lo racconta Andrea Borini, presidente della
Società Italiana di Fertilità e Sterilità: «Piuttosto di accettare fn dall'inizio di non riuscire con i propri gameti
preferiscono provarci anche se le probabilità sono scarsissime. Poi dopo il primo fallimento valutano l'i dea
dell'eterologa». Che oggi, fnalmente, è una possibilità anche in Italia. Almeno teorica. Perché a 15 mesi dalla
sentenza della Corte costituzio nale - che ha abbattuto il divieto di ricorrere a gameti esterni - sono poche le
donne che sono riuscite effettivamente a rimanere incinte grazie a un ovulo di una donatrice. Nel marzo
scorso a Roma sono nati i primi due bambini ottenuti grazie all'eterologa, e secondo Ovobank, una delle
banche spagnole che fornisce gameti femminili ai centri italiani, sono almeno 10 le gravidanze in corso. Ben
poca cosa rispetto alle 2-3 mila donne che ogni anno provano un'insemina zione eterologa, andando
all'estero. «Le pazienti vanno all'estero anche oggi, sebbene non si tratti più di una pratica vietata, perché lì
hanno la cer tezza dei tempi. Chi va all'estero, poi, non deve neanche preoccuparsi della questione del
rimborso, che in Italia non è ammesso ma che invece negli altri paesi è una prassi normata», spie ga ancora
Borini. Secondo la legge spagnola, per esempio, alla donatrice è riconosciuto un rimborso spese, in ragione
del tempo impiegato e delle terapie a cui si deve sottoporre, al mas simo di mille euro. Proprio l'assenza di
chiarezza legislativa nel nostro paese è il motivo per cui Clinic Ava Peter, una banca di ovuli di San
Pietroburgo, ha preferito non entrare ancora sul mer cato italiano. La soluzione l'hanno trovata alcune cliniche
spagnole che stanno aprendo fliali in Italia, per venire a prendersi le coppie direttamente dove sono. In
primavera era toccato a l'Institut Mar ques di Barcellona sbarcato a Milano, mentre ora la clinica Eugin ha
annunciato una prossima apertura a Modena. Il clou dell'offerta è l'ovodonazione che anche in questo caso
aggira il problema del rimborso. Dimostrando ancora una volta l'incapacità dei legislatori italiani di
confrontarsi con il mondo della procreazione assistita. Foto: T. Fredberg - Spl / Contrasto
Foto: La banca dello sperma della danese Cryos International, che ha fornito 35 mila gravidanze
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Pag. 83 N.29 - 23 luglio 2015
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La parola ai malati
LUPUS La parola ai malati Dolori osteoarticolari e disagi nella vita quotidiana, spesso diffcili da riferire al
medico e quindi sottostimati. Sono i problemi maggiori per chi soffre di lupus, emersi da due ricerche
presentate al congresso Eular di Roma. Secondo l'Associazione pazienti Les, che ha promosso uno degli
studi, i risultati dimostrano la necessità di un maggiore sostegno psicologico per i malati, e quindi di uno
psicologo dedicato all'interno delle équipe mediche e di un miglior dialogo tra gli specialisti. Come avviene
nelle Lupus Clinic, un modello di cura integrato però ancora poco diffuso nel nostro paese. S. Val .
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