scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 11 marzo 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
09/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
I cinghiali contaminati da Chernobyl
8
09/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Dai campi alla tavola Ecco chi controlla quello che mangiamo
10
09/03/2013 Corriere della Sera - Brescia
Staminali, il Tar rinvia la decisione di 9 mesi e chiede al Civile una relazione sulle
cure
11
09/03/2013 Corriere della Sera - Brescia
La clinica Maugeri risarcirà diciotto medici Più di un milione per lo stipendio
decurtato
12
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Radiologia «vecchio stile» in diversi ospedali italiani
13
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Studi sui Farmaci con Nuove Regole
14
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Quante parti del corpo possono essere sostituite con ricambi bionici
15
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Macchine «badanti» per anziani
17
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
«Trasferimento» di midollo più tollerabile
18
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Chemioterapia meno indispensabile per le leucemie
19
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Mal di pancia, orticaria, asma entro due ore dal pasto
21
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Colazione abbondante e cena leggera per ridurre la pressione
22
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Il consenso espresso all'anagrafe abbatte il tasso di opposizioni
23
10/03/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Laboratorio del «Maggiore» di Milano produrrà la cura della Stamina
25
10/03/2013 Corriere della Sera - Brescia
Staminali, accordo fra Civile e Policlinico «Fate voi le cellule»
26
10/03/2013 Corriere della Sera - Milano
Chirurgie, la «guida» dell'Asl per il taglio dei super-reparti
28
10/03/2013 Corriere della Sera - Milano
I manager della sanità e le pagelle «trasparenti»
29
09/03/2013 Il Sole 24 Ore
Alla Fiat 480 euro in più all'anno
30
09/03/2013 Il Sole 24 Ore
Allarme insalata in Germania
32
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
Per la visione bionica un futuro da ologramma
33
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
SCIENZA
34
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
Una fabbrica personale per costruire i nostri organi
35
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
La banca dati dell'innovazione
36
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
Mappiamoci il cervello
38
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
Marco Paolini alleato delle staminali
40
10/03/2013 Il Sole 24 Ore
Oscurantismo antidiagnostico
42
09/03/2013 La Repubblica - Napoli
"Città della Scienza resta a Bagnoli"
44
09/03/2013 La Repubblica - Roma
Un no della Regione e la clinica resta chiusa Al palo centro d'eccellenza e 100
assunzioni
46
09/03/2013 La Repubblica - Firenze
Asl, sotto inchiesta anche i conti di Firenze
47
09/03/2013 La Repubblica - Milano
Quattro visite in otto mesi ma nessuno dei medici si accorse del tumore
48
09/03/2013 La Repubblica - Palermo
"Il miglior medico non è l'aereo il cancro si batte anche in Sicilia"
49
09/03/2013 La Repubblica - Bologna
OSPEDALI RAVALDONI COI TAGLI ALLA SANITÀ
50
09/03/2013 La Repubblica - Torino
"Pochi addetti, materiali scadenti a rischio le cure dei ricoverati"
51
10/03/2013 La Repubblica - Torino
Metodo Stamina, ok del ministro alla coltivazione delle cellule
52
10/03/2013 La Repubblica - Torino
Malata oncologica e invalida ma l'Inps le toglie l'assegno
53
10/03/2013 La Repubblica - Genova
Pulizie, farmaci e consumi scure della Asl per tredici milioni
54
10/03/2013 La Repubblica - Genova
Il San Raffaele in cambio per salvare Quarto
56
10/03/2013 La Repubblica - Palermo
Partorisce e va in coma, ottiene 2,5 milioni
57
11/03/2013 La Repubblica - Genova
Ladri al Galliera, colpo da 500 mila euro
58
10/03/2013 La Repubblica - Firenze
L'efficacia della nuovissima metodica radiografica
59
09/03/2013 La Stampa - Nazionale
Cinghiali radioattivi, indagine sulle Alpi
60
09/03/2013 La Stampa - Nazionale
"Il consumo saltuario delle loro carni non ha impatti sulla salute"
61
10/03/2013 La Stampa - Nazionale
«I pericoli dello stress unito alla fragilità»
62
11/03/2013 La Stampa - Nazionale
"Basta populismo, la Sanità è al collasso"
63
09/03/2013 Il Messaggero - Nazionale
«Uveite, infiammazione dolorosa. Il ricovero può servire»
64
09/03/2013 Il Messaggero - Nazionale
Ricerca: la gravidanza dopo un tumore La storia di Agnese nata da un sogno
65
09/03/2013 Il Messaggero - Nazionale
Cinghiali al cesio, Balduzzi: nessun rischio
66
10/03/2013 Il Giornale - Nazionale
Radio farmaci per i tumori
67
10/03/2013 Il Giornale - Nazionale
Così la stimolazione cerebrale migliora la qualità di vita dei malati di Parkinson
68
10/03/2013 Il Giornale - Nazionale
Se dopo i problemi alla pelle arriva la depressione
69
10/03/2013 Il Giornale - Nazionale
Esami con ecocardiografi per 3mila bambini di Lusaka
70
10/03/2013 Il Giornale - Nazionale
Il dolore colpisce 5 milioni di italiani
71
10/03/2013 Il Giornale - Genova
Uova di cioccolato contro le leucemie
72
09/03/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
«Cinghiali al cesio, è Chernobyl» Controlli anche sugli altri animali
73
11/03/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
La crisi d'asma si può stroncare sul nascere
74
11/03/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Trappola contro il lupus E i reni sono al sicuro
75
11/03/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
La tomografia e i positroni sentinelle della vita
76
11/03/2013 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Trovato l'antidolorifico che azzera il mal di denti
77
09/03/2013 Avvenire - Milano
Bergamo, l'Associazione Cure palliative al fianco dell'ospedale Giovanni XXIII
78
10/03/2013 Il Gazzettino - Nazionale
Arriva la «badante di condominio»
79
11/03/2013 QN - Il Giorno - Nazionale
Ematologia Monoclonali sottocute per aggredire i linfomi
80
09/03/2013 Il Secolo XIX - Genova
«Dal Cnr 100 studiosi sulla collina degli Erzelli»
81
10/03/2013 Il Secolo XIX - Genova
Nuova cura anti-sclerosi, ma solo per ricchissimi
82
11/03/2013 Corriere Economia
Trent'anni passati in perfetta salute
83
09/03/2013 Milano Finanza - Nazionale
Chapuis (Oddo) pensa alla salute
84
09/03/2013 Milano Finanza - Nazionale
Occhio a questi due settori
85
09/03/2013 Viver Sani e Belli
il tumore si combatte con la cura express
86
09/03/2013 Viver Sani e Belli
La scoperta della Montalcini in un collirio
87
10/03/2013 Prima Pagina
Ospedale al top per chirurgia renale
88
09/03/2013 Nuovo
NON ARRENDERTI ALLA STITICHEZZA CRONICA: COI NUOVI FARMACI LA PUOI
SCONFIGGERE IN UN MESE
89
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
70 articoli
09/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 25
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Valsesia La Procura di Vercelli indaga sugli animali radioattivi: controlli su altre specie e vegetali. Balduzzi:
nessun rischio per la salute
I cinghiali contaminati da Chernobyl
Andrea Pasqualetto
VARALLO (Vercelli) - La nube radioattiva che sale da Chernobyl e, sospinta dai venti di Nord Est, attraversa
minacciosa i cieli dell'Ungheria, dell'Austria e giunge in Italia fino al Monte Rosa e alla Valsesia, dove
fatalmente incrocia alcuni intensi acquazzoni che la dissolvono portando a terra il suo pericolosissimo carico:
cesio, iodio, tutti elementi «nucleari», nocivi.
Il responsabile del dipartimento radiazioni dell'Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) del Piemonte, il
fisico Giovanni d'Amore, spiega così la strana vicenda dei cinghiali contaminati della Valsesia. Un allarme che
ha portato la Procura di Vercelli ad aprire un fascicolo per avvelenamento di acque e sostanze alimentari,
mentre a Torino si riunivano urgentemente i carabinieri dei Nas, dei Noe, i tecnici dell'Arpa, della Regione, del
ministero della Salute e gli assessori competenti. Hanno deciso un ampio monitoraggio della zona, con
prelievi anche su altri animali, sul terreno e sui vegetali e hanno sospeso la caccia di contenimento nei boschi
interessati. Nei tessuti dei 27 capi analizzati dall'Istituto zooprofilattico di Torino le tracce di «Cesio 137» sono
infatti dieci volte superiori al livello di guardia. «E arrivano con ogni probabilità dalla centrale di Chernobyl,
esplosa nell'aprile del 1986», ragguaglia d'Amore.
Domanda: possibile una simile contaminazione a distanza di 27 anni e quasi tremila chilometri dal disastro
nucleare? «Lo iodio 131 non presenta problemi perché decade in sei giorni, il Cesio no: ci vogliono 30 anni.
La radioattività si accumula in varie sostanze come funghi, bacche, radici, e viene assorbita dalla selvaggina.
Il cinghiale si nutre di tutto ciò». Esclude che la causa sia da ricercarsi nella vicinanza dei siti nucleari
dismessi di Trino e Saluggia o nelle nubi radioattive di altri, più vicini, incidenti nucleari, in Francia e Slovenia.
«In questi casi il livello di radioattività è stato trascurabile per l'Italia. Quanto a Trino e Saluggia non ci
risultano rilasci di elementi radioattivi».
Fin qui, la stranezza di Chernobyl sulla Valsesia. Da Roma il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha voluto
rassicurare: «I livelli di contaminazione riscontrati non costituiscono un rischio per la salute pubblica, in
considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di selvaggina». Parole che hanno fatto sobbalzare
più di qualcuno nella Valsesia, terra di cacciatori, di camosci, di cinghiali e di spezzatino. Qui c'è infatti una
cucina che vive di questa carne. Qui c'è il Parco regionale del Fenera che è un po' la patria del quadrupede
dalle setole brune, con i suoi 300 esemplari che finiscono nel mirino delle 600 carabine ogni anno, anche se i
27 cinghiali contaminati sono stati abbattuti un po' più su, nella zona alpina di Alagna, Scopello, Varallo. È lì
che Alberto Vigone, giovane cacciatore, una mattina di novembre ha ucciso uno dei «radioattivi»: «Eh, e l'ho
anche mangiato insieme agli amici. Ricordo di aver fatto una cenetta per dieci dopo aver portato ad
analizzare la lingua della bestia al centro di controllo per escludere la trichinellosi (malattia della selvaggina,
ndr). Questa di Chernobyl è una sorpresa assoluta. Mi ha chiamato ieri il veterinario per dirmi di non
consumare la carne che ho congelato. Speriamo bene». Vigone è nel negozio di «Caccia e Pesca» di Carlo
Gioria, un po' il punto di riferimento delle doppiette della Valsesia. Mentre lui racconta la «battuta» di
novembre, arriva Domenico Beccaglia, presidente dell'Unione Cacciatori Cinghialai: «Vent'anni di analisi e
non è mai emerso nulla». Per Gioria, il negoziante, «questo è un problema perché la contaminazione, se c'è,
non può riguardare solo il cinghiale: e le lepri? E i camosci? E i porcini? E le castagne?».
Da Torino e da Roma, comunque, tranquillizzano: «Non preoccupatevi». Nel negozio di Gioria c'è chi sospira
e c'è chi si chiede per quale ragione si scopra solo oggi la radioattività dei cinghiali.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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09/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 25
(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Foto: Cacciatori Carlo Gioria, al centro, e alla sua destra Domenico Beccaglia, presidente dell'Unione
cacciatori di cinghiali
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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09/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 25
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Dai campi alla tavola Ecco chi controlla quello che mangiamo
Valentina Santarpia
ROMA - «Dal campo alla tavola»: lo slogan comunitario per la tutela della sicurezza alimentare combacia con
la strategia messa in atto in Italia per evitare che i consumatori possano imbattersi in alimenti alterati,
contaminati, se non addirittura nocivi. Il sistema di controlli è talmente fitto e costellato di enti che, se un
punto critico si può rilevare, è proprio nel rischio dispersione. «Ma abbiamo varato un piano per il
coordinamento sulla sicurezza e la qualità alimentare», assicura Silvio Borrello, il direttore generale del
Dipartimento sull'igiene e la sicurezza degli alimenti presso il ministero della Salute. È il dipartimento a cui i
consumatori possono inviare mail di segnalazione, e che coordina tutto il settore dei controlli, che ha vari
livelli. Il primo è il cosiddetto autocontrollo: è l'imprenditore a dover adottare tutti gli strumenti perché sia
garantita la sicurezza di ciò che produce. Il secondo livello è di stretta competenza delle Asl, il braccio del
ministero della Salute, che verificano che siano rispettate le due norme di riferimento sulla materia, e cioè il
regolamento 178 del 2002, e il pacchetto igiene del 2004. È proprio il regolamento 178 a prevedere la
cosiddetta tracciabilità degli alimenti: cioè descrivere il percorso di una materia prima o di un lotto all'interno
della filiera produttiva, raccogliendo dati e descrizioni (cosa che, se serve, permette di ricostruire all'indietro
tutto il percorso - la rintracciabilità). I medici e i veterinari delle aziende sanitarie locali effettuano ispezioni
periodiche nelle aziende, prelevando campioni sia nelle sedi che nella fase di commercializzazione. Se
vengono rilevati rischi per la salute dei consumatori, scatta l'allerta, con il ritiro del prodotto dal mercato e, se
necessario, con l'informazione diretta al consumatore sulla pericolosità dell'alimento. Nel caso in cui la merce
sia stata spedita all'estero, viene informato il Paese destinatario. «Non esistono infatti controlli specifici per gli
alimenti spediti fuori» spiega Borrello. Agecontrol, organo del ministero delle Politiche agricole, fa dei controlli,
ma solo di conformità alle prerogative europee. Ad esempio, per quanto riguarda l'insalata Agecontrol verifica
che non ci siano anomalie visibili, come tracce di colori o residui di terra o di fitofarmaci. Ma di fatto lo
scambio di ortofrutta tra Paesi Ue è libero, e non è sottoposto a comunicazione preventiva, come avviene per
i prodotti a base di carne. Quando intervengono i Nas, i carabinieri per la tutela della salute? Quando il
ministero segnala casi sospetti, se ci sono monitoraggi (come per la carne equina), o su segnalazione dei
consumatori, che possono chiamare il 112 per qualsiasi dubbio, ma anche autonomamente. Diverso il ruolo
dei carabinieri del Noe, che fanno capo al ministero delle Politiche agricole, così come le capitanerie di porto,
il Corpo forestale dello Stato, l'Ispettorato centrale, tutti a tutela della qualità e delle repressioni frodi
nell'agroalimentare. E quando un cibo è sospetto, chi lo analizza? Gli istituti zooprofilattici, che dipendono
dalle Regioni e le Agenzie regionali per l'ambiente. Se il produttore nel mirino contesta le analisi, l'Istituto
superiore di sanità fa un secondo controllo. Anche il ministero dell'Economia è coinvolto in qualche modo nei
controlli sugli alimenti: attraverso la Guardia di finanza e l'Agenzia delle dogane, che lanciano l'allerta in caso
di alimenti sospetti.
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178
Foto: Il regolamento Varato nel 2002 stabilisce i principi di tracciabilità (cioè dai campi alle tavole) e
rintracciabilità (il percorso in senso inverso)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La sicurezza
09/03/2013
Corriere della Sera - Brescia
Pag. 4
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Staminali, il Tar rinvia la decisione di 9 mesi e chiede al Civile una
relazione sulle cure
Che per il caso staminali il Civile rischiasse di andare in tilt lo dicevamo giusto pochi giorni fa. Evidenziando
che il laboratorio di oncoematologia bresciano è l'unica struttura italiana in cui vengono somministrate cellule
preparate con il metodo Stamina Foundation (finito sotto inchiesta) pur occupandosi anche, meglio,
soprattutto, di pazienti affetti da altre patologie. Per questo anche il Civile, come i genitori di tre bambini
aveva fatto ricorso al Tar contro l'ordinanza di Aifa e ministero che aveva sospeso le cure. E congelato
l'attività di un laboratorio ritenuto non idoneo. Cure che, di fatto, restano tali, se non fosse per i decreti
d'urgenza che i giudici di tutta Italia stanno deliberando per garantire le cure «compassionevoli» ai bambini.
Quelle perpetrate grazie alle infusioni di cellule con il metodo Stamina, al Civile, potranno proseguire fino a
novembre. Almeno per chi già ne aveva diritto. A stabilirlo è stata la doppia ordinanza emessa ieri dal Tar di
Brescia che ha aggiornato proprio al 20 novembre l'udienza sui ricorsi presentati in luglio dai genitori di tre
piccoli pazienti e dalla Stamina Foundation da un lato, e dal Civile dall'altra, nei confronti dell'Agenzia del
farmaco che aveva bloccato le terapie. Non solo. Entro il 7 ottobre il responsabile del laboratorio dovrà
depositare al Tar una «puntuale, specifica e chiara relazione che illustri l'efficacia delle cure con le cellule
staminali». Solo allora i giudici potranno fare, almeno, un poco di chiarezza sulla vicenda.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Il caso Garantita la terapia per chi ne aveva già diritto. Prossima udienza il 20 novembre
09/03/2013
Corriere della Sera - Brescia
Pag. 4
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La clinica Maugeri risarcirà diciotto medici Più di un milione per lo
stipendio decurtato
M. Tr.
Alcuni medici hanno accettato un stipendio più basso di quanto previsto dal servizio sanitario, altri 18 hanno
invece avviato una battaglia giudiziaria. E dopo cinque anni l'Istituto Scientifico di Riabilitazione di Lumezzane
è stato condannato a versare ai suoi camici bianchi un milione e 600 mila euro. A tanto ammonta il
risarcimento ottenuto dai dirigenti sanitari iscritti all'Unione Medici Italiani. «L'Irccs di Lumezzane, che fa parte
della Fondazione Maugeri, è un istituto di diritto privato, ma nel suo regolamento - spiega il presidente
dell'Umi, Francesco Falsetti - è previsto che il personale medico sia equiparato a quello del servizio sanitario
nazionale». In base a questo principio 18 dirigenti non hanno sottoscritto il contratto offerto. Nel 2010 il
Tribunale del Lavoro ha dato ragione nel merito ai ricorrenti, ma l'istituto di Lumezzane ha fatto appello. Prima
in secondo grado e, ora, in Cassazione. Nel frattempo il procedimento di risarcimento è proseguito e, nel
dicembre 2012, è arrivata la sentenza. I 18 medici hanno ottenuto indennizzi che variano dai 25 mila ai 180
mila euro.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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All'ospedale di Lumezzane
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Radiologia «vecchio stile» in diversi ospedali italiani
Il «parco tecnologico» delle Radiologie ospedaliere in Italia invecchia: apparecchi ecografici, macchine per i
raggi X e in generale piccole strumentazioni per la diagnosi hanno nel 60 per cento dei casi oltre 10 anni di
età. Va meglio invece per Tac, risonanze magnetiche e altre apparecchiature, che, in oltre la metà dei casi,
hanno meno di 10 anni. Sono i risultati del censimento 2010 della Società italiana di radiologia medica (Sirm),
una fotografia delle dotazioni di apparecchiature e personale di diagnostica per immagini nelle Unità
operative delle strutture sanitarie, che contano oltre 12 mila macchine nel Paese.
I più datati sono gli apparecchi per la radiografia tradizionale (circa il 52 per cento è stato installato prima del
2000).
«La situazione italiana non è rosea ma nemmeno drammatica», spiega Carlo Faletti, presidente della Sirm.
Con importanti differenze regionali. I maggiori investimenti tecnologici sono stati registrati in Valle d'Aosta,
Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Sicilia e Sardegna. Il patrimonio radiologico più obsoleto si trova in
Abruzzo, Basilicata e Calabria. 12 mila Sono le apparecchiature di diagnostica
per immagini, presenti negli ospedali in Italia
in base all'ultimo censimento della Società italiana di radiologia medica Per saperne di più
Società italiana radiologia medica
www.sirm.it
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Il numero
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 39
(diffusione:619980, tiratura:779916)
La Ue introduce criteri aggiornati Ma alcuni aspetti vanno ancora perfezionati
ADRIANA BAZZI
S tanno cambiando, in Europa, le regole per la sperimentazione dei farmaci. Era tempo di rinnovamento per
almeno due ragioni: la prima è che il numero di richieste per studi clinici si è ridotto da 5.000, nel 2007, a
3.800 nel 2011, con conseguenze negative per i pazienti che aspettano cure innovative. La seconda è che i
costi di queste ricerche sono in continuo aumento sia per le industrie private sia per le istituzioni pubbliche
(che gestiscono il 40 % delle sperimentazioni condotte in Europa). Così la vecchia direttiva sui trial clinici,
varata nel 2001 dal Parlamento europeo, sta per essere sostituita con una nuova, che ha il merito di
semplificare, con una considerevole dose di buon senso, le procedure di approvazione degli studi e di avere
reso omogenee le regole nei diversi Stati membri. Non ha mancato, però di suscitare critiche. Eccone alcune.
La nuova direttiva non presta la necessaria attenzione ai criteri di scelta dei partecipanti allo studio, che
dovrebbero essere il più possibile rappresentativi della vita reale, e dei pazienti che saranno poi curati nella
pratica clinica: spesso, per esempio, vengono esclusi gli anziani, soprattutto dalle ricerche sostenute dalle
aziende farmaceutiche, perché sono più suscettibili a eventuali effetti collaterali o perché spesso assumono
più medicine. Inoltre, nei trial, dovrebbero essere più rappresentati donne, giovani e minoranze etniche e i
risultati dovrebbero poi essere analizzati nei diversi sottogruppi in modo da garantire terapie il più possibile
personalizzate. Altro appunto: non si sottolinea a sufficienza l'obbligo di pubblicare tutti i risultati e non solo
quelli favorevoli agli sponsor, come invece hanno preteso alcune aziende in passato. Terza richiesta agli
estensori della direttiva: la necessità di dichiarare tutti gli effetti collaterali delle medicine in sperimentazione e
non soltanto quelli inattesi (per paradosso: se ci si aspetta che una medicina in sperimentazione possa
provocare un infarto e se davvero l'infarto si manifesta, non si dichiara perché appunto «atteso»). Ultima
questione: i risultati di una ricerca devono essere disponibili a tutti i cittadini e non solo a chi ha finanziato il
lavoro. Si vedrà se nei prossimi tempi questi suggerimenti saranno recepiti.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Studi sui Farmaci con Nuove Regole
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 40
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Quante parti del corpo possono essere sostituite con ricambi bionici
Organi creati in laboratorio, arterie sintetiche, protesi meccaniche. Tutto sembra riproducibile. Tranne il
cervello «Roboy» L'umanoide dotato di destrezza nei movimenti e flessibilità quasi umane «Rex» Esposto a
Londra, è un assemblaggio quasi completo, costato un milione di dollari
I l primo è stato l'«uomo da sei milioni di dollari» del telefilm degli anni 70: un astronauta sopravvissuto a un
terribile incidente che aveva acquisito forza, velocità e vista fuori dal comune grazie a protesi bioniche. Ma
quella era fantascienza: oggi la possibilità di sostituire «pezzi» del corpo è una realtà, così come la capacità
degli scienziati di ricreare roboticamente quasi tutte le funzioni del nostro organismo.
Lo dimostra Roboy, umanoide costruito dall'Università di Zurigo e mostrato al pubblico per la prima volta il 9
marzo, il primo robot in cui tutti i movimenti sono coordinati da un sistema di tendini, ossa e muscoli artificiali
che regalano una destrezza e una flessibilità quasi umane.
E lo dimostra ancora di più Rex, l'uomo bionico esposto da poche settimane a Londra, al Museo della
Scienza, in una sezione dall'eloquente titolo «Quanto del tuo corpo può essere sostituito?». La risposta è che
quasi tutto, oggi, si può rimpiazzare: a Rex manca uno stomaco, ma le tante équipe di ricercatori di tutto il
mondo che hanno lavorato al progetto hanno di fatto ricreato il 60-70% di un essere umano.
Ci sono organi artificiali (reni, pancreas, una milza su chip), arterie sintetiche dove scorre un sangue speciale
che riesce perfino a scambiare l'ossigeno nel polmone (artificiale anch'esso), una retina e una coclea
robotiche. Alcuni organi, come il cuore o la trachea, sono gli stessi già impiantati in veri pazienti e lo stesso
vale per le protesi di arti e articolazioni che sono state assemblate in Rex, dalla mano all'anca. Nessuno dei
ricercatori al lavoro su questo «uomo da un milione di dollari» (tanto è costato codesto Frankenstein del l'era
robotica) ha provato anche solo a ipotizzare di creare un cervello sintetico e lo stomaco artificiale è tuttora
troppo grande per essere utilizzabile in un paziente reale, ma colpisce la quantità di «pezzi di ricambio»
meccanici o robotici che esistono già.
Senza contare le «semplici» protesi delle articolazioni d'anca o di ginocchio, ormai diventate comuni (le ultime
stime della Società italiana di ortopedia e traumatologia parlano di oltre un milione di italiani che le portano),
da tempo sono in uso strumenti sostitutivi di funzioni anche molto complesse. «È il caso degli impianti
cocleari per non udenti - interviene l'ingegnere biomedico Giulio Sandini, direttore del Dipartimento di
robotica, scienze cognitive e del cervello dell'Istituto italiano di tecnologia di Genova -. L'aspetto più
interessante è la relativa rozzezza del segnale sonoro veicolato dalla protesi meccanica, assai grossolano
rispetto a quello che proviene dalle cellule sensoriali dell'orecchio: grazie alla sua plasticità, il cervello può
quindi imparare a udire interpretando anche input poco raffinati. Lo stesso principio si sfrutta per le retine
artificiali, per le quali sono già stati condotti sperimentazioni e test clinici su non vedenti: esistono già chip da
impiantare sopra o sotto la retina».
Risale a metà febbraio l'approvazione da parte della Food and Drug Administration statunitense del primo
«occhio bionico» per pazienti con retinite pigmentosa, dopo un'analogo via libera in Europa: una retina
artificiale che attraverso una micro-antenna comunica con una videocamera esterna collegata a un
minicomputer che processa le immagini. I pazienti non recupereranno una vista da falco e neppure potranno
leggere il giornale, ma si spera possano vedere quel tanto che basta a muoversi autonomamente
nell'ambiente.
Ben più efficienti sono invece le protesi per sostituire gli arti, come spiega Gennaro Verni, direttore tecnico del
Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bo): «Consentono una gamma di movimenti simile a quella degli arti
naturali e oggi sono governate da segnali raccolti dai muscoli, ma sono già allo studio protesi neuroelettriche
che possano essere comandate direttamente dai nervi, magari in modo che vengano attivate più articolazioni
allo stesso tempo e non solo una in sequenza all'altra, come ora. In un futuro ancora più lontano potrà essere
direttamente il cervello a farle muovere». Con il pensiero, letteralmente. E senza la grande concentrazione
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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L'uomo-robot Gli scienziati hanno ormai «copiato» il 70% dell'organismo
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 40
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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oggi necessaria, ad esempio, ai disabili che «pilotano» sedie a rotelle robotizzate indossando caschi che
registrano l'attività cerebrale tramite elettrodi esterni, inviando i comandi all'apparecchio.
Ma controllare una protesi con la mente è più facile a dirsi che a farsi: «Dobbiamo capire come far sì che un
elettrodo, impiantato nel cervello per inviare segnali alla protesi, possa funzionare a lungo senza essere
incapsulato dalla reazione dei tessuti a un oggetto estraneo; inoltre, oggi possiamo inserire un centinaio di
elettrodi, ma i neuroni sono miliardi: trovare il punto giusto dove mettere gli elettrodi, nelle aree che
comandano i muscoli o addirittura dove il cervello pensa all'intenzione di fare un movimento, non è affatto
semplice - osserva Sandini -. Manca poi la possibilità di ricevere feedback dalla protesi, segnali pseudosensoriali che il cervello sia in grado di decodificare, ad esempio per avere di nuovo un senso del tatto: le
ricerche sono agli inizi».
Una mano artificiale con sensori per il tatto è stata progettata all'Istituto di robotica della Scuola superiore
Sant'Anna di Pisa e impiantata provvisoriamente nel 2009 a un ragazzo svedese; proprio nel nostro Paese
una versione più completa dovrebbe essere testata per un mese su un paziente entro la fine dell'anno. Ma si
tratta di progetti in embrione, anche se Rich Walker, il direttore del consorzio che ha costruito l'uomo bionico
Rex, ha affermato che il concetto di umano è destinato a evolversi: «Nel giro di 50 anni ciò che consideriamo
"normale" diventerà molto più robotico. Oggi è consuetudine avere sempre con noi un telefonino che invia
email o va sul web, in futuro magari avremo un rene o un cuore artificiale di riserva».
Un traguardo ancora lontano: l'unico organo sostituibile con una macchina è il cuore. In Italia, stando ai dati
diffusi dal Centro nazionale trapianti, i pazienti con un cuore artificiale sono oltre 200. «Sono sempre di più i
casi in cui l'impianto è definitivo e non una scelta temporanea in attesa di un trapianto d'organo: il cuore
artificiale avrà un impatto sempre maggiore sulla cura dei pazienti con insufficienza cardiaca, benché sia più
costoso di un trapianto tradizionale - osserva Alessandro Nanni Costa, direttore del Cnt -. In questo caso lo
strumento sostituisce la funzione specifica e principale di un organo, il cuore, agendo come una pompa;
anche gli apparecchi per la dialisi o la respirazione artificiale possono surrogare una delle attività di reni e
polmoni, ma siamo ancora ben lontani da poter rimpiazzare con una macchina impiantabile questi o altri
organi complessi, che svolgono numerose funzioni biologiche».
Nulla insomma è più versatile e affidabile di un organo vero, per ora, nonostante gli enormi progressi verso
l'uomo bionico. E secondo molti anche in futuro resterà probabilmente più conveniente riparare i pezzi
difettosi, magari con cellule staminali tuttofare, piuttosto che cambiarli con un organo artificiale.
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Ricerca
Sta facendo molti passi avanti la tecnologia sostitutiva
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 41
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Macchine «badanti» per anziani
A che cosa potranno servire i robot androidi? In Giappone si stanno provando negli ospedali, a contatto con i
pazienti, ma senza dubbio uno dei campi in cui si immagina di impiegarli è l'aiuto agli anziani: in una società
che invecchia e non ha molte risorse, una badante-robot può apparire davvero come l'uovo di Colombo. Ma
gli anziani, conservatori per natura, sono pronti a interagire con qualcuno che non sia «reale»? Risponde alla
domanda una ricerca presentata all'ultimo convegno della Human Factors and Ergonomic Society
statunitense, condotta su un gruppo di over 65 a cui sono stati mostrati filmati che illustravano le capacità dei
robot-domestici per poi chiedere loro se, e come, li avrebbero voluti in casa. «Abbiamo verificato in generale
una buona apertura degli anziani nei confronti dell'aiuto robotico: non hanno preconcetti negativi e sarebbero
disposti a ricevere assistenza da una macchina - dice Cory-Ann Smarr, del Georgia Institute of Technology,
che ha coordinato la ricerca -. Tuttavia, non per tutti i compiti la presenza del robot sarebbe ugualmente
gradita: gli anziani vi si affiderebbero senza remore per i lavori domestici, per ricordarsi le medicine o essere
assistiti nelle terapie, perfino come compagni di svago o per praticare un hobby. Ma preferirebbero una
persona in carne e ossa per incombenze più "personali": per mangiare, vestirsi, fare il bagno, telefonare a
familiari o amici l'aiuto di un essere umano sarebbe assai più ben accetto».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Assistenza
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 42
(diffusione:619980, tiratura:779916)
«Trasferimento» di midollo più tollerabile
Il trapianto di midollo è un salvavita per molte forme
di tumore del sangue (come leucemie, mielodisplasie, mieloma e linfomi) che hanno un'incidenza crescente
con l'età: da qui l'importanza dell'intervento anche per persone dopo i 60 anni.
Il trapianto è però difficile
da tollerare per l'elevata tossicità delle cure necessarie. Ma oggi «sono stati fatti molti progressi per
perfezionare le procedure
e renderle meno pesanti - spiega Paolo Corradini, direttore del reparto di Ematologia e Trapianto di Midollo
all'Istituto Tumori di Milano -. Oggi si è raggiunto l'obiettivo, utilizzando chemioterapici meno tossici
o dosi minori, di rendere
la procedura più facile
da sopportare per l'organismo
di un 60-70enne».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Negli anziani
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 42
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Chemioterapia meno indispensabile per le leucemie
Fino ad ora La cura standard per la leucemia promielocitica combina chemio e acido retinoico Esperimento
L'innovazione è l'associazione di acido retinoico e triossido di arsenico
Vera Martinella
F ino a 20 anni fa una leucemia promielocitica non lasciava scampo. È una rara varietà di leucemia acuta (in
Italia un centinaio di nuovi casi all'anno) a decorso aggressivo, talvolta fulminante per frequenti e gravi
emorragie all'esordio della malattia: senza terapie tempestive può avere esito fatale in poche ore o giorni.
Oggi la prognosi si è ribaltata e si può parlare di guarigione per circa l'80 per cento dei casi.
«Non solo abbiamo trovato una cura efficace, ma per la prima volta si può guarire da una forma di leucemia
acuta senza chemioterapia» sottolinea Francesco Lo Coco, ordinario di Ematologia all'Università Tor Vergata
di Roma e primo autore dello studio italo-tedesco che ha ottenuto massima attenzione durante l'ultimo
Congresso della Società Americana di Ematologia. La sperimentazione, a cui hanno partecipato 40 centri
italiani e 27 tedeschi, per un totale di 160 pazienti coinvolti, ha messo a confronto l'attuale cura standard per
la leucemia promielocitica (una combinazione di chemioterapia e acido retinoico, un derivato della vitamina
A), con una nuova strategia: l'associazione di acido retinoico e triossido di arsenico, un composto naturale già
sperimentato in Cina, dove viene usato da secoli per la cura di varie malattie. «Con una sopravvivenza a due
anni del 98 per cento nei pazienti trattati con l'arsenico, contro il 91 per cento dei pazienti che avevano
ricevuto la chemioterapia, abbiamo dimostrato che le due strategie sono almeno di pari efficacia - dice Lo
Coco, che è anche responsabile del gruppo di lavoro sulla leucemia promielocitica per il Gimema (Gruppo
Italiano Malattie Ematologiche dell'Adulto) -. Inoltre l'arsenico è meno tossico e meglio tollerato della
chemioterapia, che ha spesso come effetti collaterali immunosoppressione, infezioni, perdita di capelli,
nausea e vomito. Quindi questi dati suggeriscono un cambiamento nella terapia finora considerata standard
nella cura della malattia». Più in generale, lo studio (sostenuto dall'Ail, Associazione italiana leucemie) apre la
strada alle terapie mirate, più specifiche e dunque meno tossiche, per la cura di questa forma di tumore del
sangue e di altre forme leucemiche. Lo stesso orientamento che si sta seguendo nella cura dei linfomi, con
l'utilizzo degli anticorpi monoclonali (associati a chemioterapia), che puntano a ottenere la massima efficacia
nell'eradicare le cellule maligne riducendo in modo drastico gli effetti dannosi per i pazienti. Sono circa 15
mila gli italiani che ogni anno si ammalano di linfoma e la terapia attuale consente la guarigione circa nel 40
per cento dei casi.
«Ci sono però nuovi farmaci in arrivo - spiega Pierluigi Zinzani, direttore della Scuola di Specializzazione in
Ematologia all'Università di Bologna - che raggiungono ottimi risultati con effetti collaterali minori». Gli
immunomodulatori, ad esempio, agiscono sul microambiente midollare interrompendo la catena vitale che
alimenta il tumore. Gli inibitori del proteosoma hanno invece come bersaglio la degradazione delle proteine
(in pratica mirano a indurre nelle cellule tumorali l'apoptosi, un meccanismo naturale che spinge le cellule
cancerose a morire). Infine, in fase sperimentale conclusiva, c'è un inibitore dell'enzima tirosin-chinasi che
punta a fermare la crescita e la differenziazione delle cellule malate.
«I chemioterapici tradizionali sono ancora in molti casi indispensabili e utilissimi - conclude Zinzani -. Hanno
però una tossicità che oggi conosciamo sempre meglio, come le infezioni o i secondi tumori che possono
insorgere sul lungo periodo. Per questo cerchiamo soluzioni diverse, che funzionino altrettanto bene, ma che
possano essere meno nocive e abbreviare i ricoveri ospedalieri, o magari eliminarli del tutto (alcuni nuovi
farmaci sono in pillole che possono essere prese a casa o possono venire somministrati per infusioni in un
paio d'ore di day hospital), riducendo anche i costi sanitari».
E nell'ambito della ricerca gli ematologi hanno un vantaggio: «Le cellule vitali di sangue e tessuti messi in
provetta proliferano, il che ci ha dato possibilità di studiare meglio e prima i cromosomi e le alterazioni
genetiche - spiega Fabrizio Pane, direttore dell'Unità Ematologia e Trapianti di midollo al Federico II di Napoli
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Lo studio Buoni risultati per una forma della malattia
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 42
(diffusione:619980, tiratura:779916)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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e presidente della Società Italiana di Ematologia -. Così siamo partiti negli anni Novanta dai primi successi
con la polichemioterapia (combinando diversi farmaci abbiamo ottenuto le prime guarigioni nei linfomi di
Hodgkin) per poi sfruttare i bersagli molecolari. Ora puntiamo a medicinali nuovi, sempre meno tossici, e a
guarire più della metà dei pazienti».
RIPRODUZIONE RISERVATA LINFONOMI DI HODGKIN
Oncologia
Nuove strategie fanno ricorso a una sostanza usata da molto tempo in Cina L'esperto risponde alle
domande
dei lettori sui tumori del sangue all'indirizzo Internet forum.corriere.it/ sportello_cancro_ematologia/
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 43
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Mal di pancia, orticaria, asma entro due ore dal pasto
La cura consiste nell'eliminare le uova e gli alimenti che le contengono per poi reinserirli gradualmente
ANTONELLA SPARVOLI
A lle uova sono allergici l'1,5-1,8% dei bambini tra gli 0 e i 2 anni e, a differenza di altre allergie alimentari,
questa può scatenare manifestazioni già al primo contatto con l'uovo. «Talvolta i bambini nascono già
allergici o lo diventano nei primi mesi, quando l'uovo non è stato ancora introdotto nell'alimentazione,
probabilmente perché la sensibilizzazione, cioè l'attivazione della risposta immunitaria contro l'alimento, si è
verificata durante la gravidanza, l'allattamento o addirittura per via aerea» spiega Alessandro Fiocchi,
responsabile dell'Unità di allergologia dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Quali sono i sintomi?
«Vanno dalla dermatite atopica al temibile shock anafilattico, reazione generalizzata che comporta difficoltà
respiratorie crescenti, e che può essere mortale se non si interviene subito. L'aspetto caratteristico di questa
allergia è che i sintomi in genere insorgono poco dopo l'assunzione dell'uovo. Un forte mal di pancia, con
diarrea e vomito, la comparsa di orticaria, il peggioramento della dermatite atopica, così come alcuni disturbi
respiratori (come rinite o asma), dopo aver mangiato uova o cibi che le contengono sono tutti segnali di una
possibile allergia».
Come si cura l'allergia alle uova?
«Di solito scompare da sola con la crescita e dura in media circa 3 anni. La terapia consiste nell'eliminare
dalla dieta l'uovo e gli alimenti che lo contengono, per poi provare a reintrodurlo seguendo tempi e modalità
suggeriti dal pediatra allergologo. Nel caso di forme molto gravi (che possono portare allo shock anafilattico)
che non guariscono entro i 6 anni, può essere considerata la terapia di desensibilizzazione, con
somministrazione di dosi crescenti di uovo,
in ambiente ospedaliero, per 7-10 giorni».
Quanto conta nello sviluppo dell'allergia l'introduzione più o meno precoce dell'uovo?
«Attualmente l'uovo viene introdotto nella dieta
del bambino tra il settimo e l'ottavo mese, partendo
dal tuorlo per poi passare all'albume. Recenti studi indicano che l'introduzione precoce potrebbe favorire
la tolleranza riducendo il rischio di sensibilizzazione allergica, mentre fino a non molto tempo fa si credeva
l'opposto: ovvero che fosse meglio ritardarne l'introduzione. Nell'attesa del risultato di ricerche
in corso, che presto potranno fornirci informazioni
più chiare, conviene introdurre l'uovo nella dieta
del bambino a rischio di allergia alla stessa età a cui lo si introduce al bambino non a rischio. Nei bambini
a rischio perché affetti da dermatite atopica o da altre allergie si preferisce eseguire i prick test (test cutanei
per determinare le allergie ndr) prima di somministrare l'uovo. Un osservazione curiosa che è stata fatta in
tempi recenti è che i bambini allergici all'uovo prima di diventare tolleranti con la crescita, diventano insensibili
all'uovo cotto al forno. Probabilmente perché la cottura a temperature intorno ai 200°C e la complessazione
con le farine, tipica dei prodotti da forno, riduce l'allergenicità delle sue proteine».
RIPRODUZIONE RISERVATA L'esperto risponde alle domande
dei lettori sulle allergie alimentari
nel bambino su forum.corriere.it/
allergie-alimentari-nel-bambino/
Foto: Alessandro Fiocchi
Foto: Responsabile allergologia Ospedale Bambin Gesù, Roma
Foto: ILLUSTRAZIONE DI MIRCO TANGHERLINI
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Mi spieghi dottore Come si manifesta l'allergia all'uovo? Lo specialista
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Colazione abbondante e cena leggera per ridurre la pressione
C.F.
S e si parla di dieta e di ipertensione si pensa subito al sodio (il sale più diffuso, che sarebbe da ridurre a
meno di 2 grammi al giorno secondo le più recenti indicazioni Oms) o al potassio (bisognerebbe introdurne
almeno 3,5 grammi al giorno); molti studi, però, si sono concentrati anche su altri aspetti dell'alimentazione.
Fra questi, uno dei più recenti è quello pubblicato dal Journal of Hypertension che, per la prima volta, ha
focalizzato l'attenzione sugli orari dei pasti. Gli autori dello studio, al lavoro in due centri medici di ricerca di
Cambridge e di Londra, hanno analizzato le abitudini di più di mille persone, arruolate sin dal loro anno di
nascita, il 1946, in un ampio studio di sorveglianza che continua tuttora. I ricercatori hanno osservato che un
basso apporto energetico al mattino e un elevato apporto calorico alla sera erano entrambi associati con un
maggior rischio di ipertensione. Dividendo i partecipanti in cinque gruppi in base alle calorie assunte a
colazione, si è visto che chi apparteneva al gruppo abituato a fare la colazione più energetica in assoluto
aveva, a 43 anni, una probabilità di soffrire di ipertensione del 30% inferiore rispetto a chi faceva la colazione
più leggera. Ma perché queste diverse abitudini potrebbero giocare un ruolo così rilevante nel controllo della
pressione arteriosa?
«Nonostante lo studio si riferisca a una realtà alimentare diversa dalla nostra - risponde Claudio Borghi,
professore di Medicina interna all'Università di Bologna e vicepresidente della Società italiana
dell'ipertensione arteriosa - sembra chiaro che mangiare più cibo al mattino si traduce in un più corretto
utilizzo delle calorie da parte dell'organismo. Un abbondante pasto serale, per contro, è solitamente seguito
dal riposo con conseguente minor consumo delle calorie introdotte e diverso assorbimento delle componenti
del pasto potenzialmente nocive, come sale e grassi. I rallentati ritmi di assorbimento del cibo nella notte prosegue Borghi-, le differenze nella eliminazione renale del sale e la peggiore qualità del sonno dopo un
pasto abbondante sono tutti fattori che possono contribuire a spiegare il peggioramento del profilo di
pressione arteriosa nelle successive 24 ore. Ovviamente un controllo adeguato della pressione non dipende
solo dall'alimentazione e dai suoi ritmi, ma anche da una costante attività fisica e dalla riduzione dello stress
psicologico che può potenziare negativamente i fattori descritti».
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Benefici
Le calorie della sera sono più difficili da smaltire e «fanno danni»
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Scoperte Non conta solo quanto ma anche quando si mangia
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 47
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Il consenso espresso all'anagrafe abbatte il tasso di opposizioni
L'esperienza è partita 11 mesi fa a Perugia e Terni. Poi si è estesa a tutta l'Umbria
Ruggiero Corcella
S ta funzionando bene l'esperienza di consentire di esprimere la volontà (consenso o diniego) alla donazione
di organi e tessuti al momento del rinnovo o del rilascio della carta di identità. Nata dalla collaborazione tra
ministero della Salute, Centro nazionale trapianti e Federsanità Anci, questa esperienza, partita il 23 marzo
2012 come progetto pilota a Perugia e Terni, è stata estesa dalla Regione Umbria a tutti i suoi 90 Comuni. Da
dicembre scorso, poi, Cesena ha accettato di fare da battistrada in Emilia Romagna dove presto sarà seguita
da Bologna.
Ebbene, in 11 mesi sono stati raccolti a Perugia e Terni 4.481 consensi e 204 opposizioni. In pratica, come
fanno osservare dalla Regione, «più della metà delle dichiarazioni inserite in oltre 10 anni dalle Asl umbre e
dal Centro regionale trapianti». A Cesena, sono già stati dichiarati 336 consensi e 9 opposizioni. «Ma
abbiamo ricevuto richieste anche da Toscana, Veneto, Marche e Provincia autonoma di Bolzano, - spiegano
dal Centro Nazionale Trapianti, direttore del Centro nazionale trapianti - tanto che abbiamo portato la
questione in Conferenza unificata perché sia emanata una specifica direttiva valida su tutto il territorio
nazionale». Per capire meglio la novità, occorre spiegare il quadro legislativo in vigore. La donazione è
regolata dalla legge 91 del 1999 sui prelievi e i trapianti di organi e di tessuti. La normativa introduceva il
principio del silenzio-assenso informato: ogni cittadino doveva essere interpellato ed esprimere
obbligatoriamente il proprio assenso o dissenso al prelievo degli organi post mortem, con una notifica dell'Asl.
In caso di mancata risposta, si veniva riconosciuti come donatori. Per una serie di motivi, legati da una parte
a difficoltà organizzative e dall'altra alle remore di bussare alla porta degli italiani su un tema così delicato, la
legge è rimasta in regime transitorio. Nelle more, un decreto successivo ha stabilito il principio del consenso o
dissenso esplicito, per cui a chiunque è data la possibilità (non l'obbligo) di dichiarare validamente la propria
volontà.
Ma come? Oggi è possibile riempire un modulo agli appositi sportelli delle Asl o delle Aziende ospedaliere,
dal proprio medico di famiglia o anche sul sito del Centro nazionale trapianti. Oppure si può scrivere se si
vuole o non si vuole donare su un comune foglio bianco, che riporti nome, cognome, data e luogo di nascita,
data della dichiarazione e firma. O ancora, si può far risultare la propria volontà dalla tessera o da un atto
olografo dell'Aido (l'Associazione italiana donatori organi) o dal cosiddetto «tesserino blu» del ministero della
Salute.
Nel 2008, un decreto aveva esteso ai Comuni la possibilità di ricevere le dichiarazione, previa convenzione
con le Asl, ma di fatto era stato utilizzato molto poco. Nel 2010, il cosiddetto decreto Milleproroghe ha
aggiunto alle modalità già in vigore anche la dichiarazione all'ufficio anagrafe, legata alla carta d'identità. La
soluzione studiata e applicata in Umbria, diventata il modello per tutti, contempla due passaggi: quando un
maggiorenne si rivolge allo sportello anagrafe del Comune per avere il documento di identità, l'impiegato
(appositamente formato) lo informa della possibilità di inserire nel Sistema informativo trapianti (Sit) la
dichiarazione sulla donazione di organi e tessuti. L'impiegato poi trasmetterà la dichiarazione di volontà al Sit.
«Questa strada per noi è importantissima - sottolinea Vincenzo Passarelli, presidente Aido -. Non ci sono
state reazioni negative agli sportelli dell'anagrafe, perché dipende anche dal modo in cui si chiedono certe
cose. Ecco l'importanza della formazione dei dipendenti dell'anagrafe, alla quale contribuiremo anche noi».
In Italia, esiste una percentuale di opposizioni (oggi pari al 26,8%) alla donazione di organi e tessuti,
considerata "fisiologica" dagli esperti. Il Centro nazionale trapianti ritiene tuttavia che si potrebbe recuperare
almeno un ulteriore 20% di consensi alla donazione, così da potere disporre su tutto il territorio nazionale di
un milione in più di potenziali donatori.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Progetto pilota Dichiarazioni di volontà sulla carta d'identità, dati positivi
10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 47
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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10/03/2013
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 21
(diffusione:619980, tiratura:779916)
Laboratorio del «Maggiore» di Milano produrrà la cura della Stamina
«Gli Spedali Civili di Brescia hanno confermato che le procedure sono state tempestivamente e regolarmente
attivate e che l'ospedale Maggiore di Milano, dotato di un laboratorio provvisto delle autorizzazioni
necessarie, ha assicurato la propria disponibilità già da lunedì». A riferirlo è una nota del ministero della
Salute il giorno dopo il provvedimento del Tribunale di Torino che, per il caso di Salvatore Bonavita, ha
ordinato a Brescia di individuare un laboratorio di produzione di cellule staminali regolarmente autorizzato
dall'autorità sanitaria competente e alla Stamina Foundation di fornire a tale laboratorio il proprio know how e
il personale competente a trattare le cellule staminali mesenchimali secondo il proprio metodo.
E questa sera Adriano Celentano interverrà telefonicamente alle «Iene», la trasmissione di Italia 1, sul caso
della piccola Sofia, la bimba di tre anni affetta da una grave malattia degenerativa e le cui cure con staminali
erano state in un primo tempo bloccate perché non sufficientemente sperimentate e poi sbloccate dal ministro
della Salute dopo l'intervento di Celentano sul Corriere di mercoledì scorso.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La decisione del ministero
10/03/2013
Corriere della Sera - Brescia
Pag. 6
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Prodotte a Milano per paziente torinese Vannoni (Stamina): costi e rischi in più
Luca Angelini
La cellule della Stamina Foundation «traslocano» da Brescia a Milano. Ma solo per un paziente. Dopo la
sentenza di un giudice del lavoro di Torino sul caso di Salvatore Bonavita, 39 anni, affetto da sindrome di
Niemann-Pick, domattina ci sarà un primo faccia a faccia fra i sanitari del Civile e quelli del Policlinico di
Milano. Il giudice Mauro Mollo ha infatti imposto che le cellule da somministrare a Bonavita vengano sì
prodotte con il metodo Stamina, ma in un laboratorio che (a differenza di quello bresciano) risponda alle
severe norme europee Gmp.
Il papà di Salvatore, Luigi, dopo la sentenza non aveva nascosto un timore: «Non vorrei - aveva detto - che
nei fatti la sentenza risultasse inapplicabile. Per esempio, se l'ospedale di Brescia si rifiutasse o
semplicemente non trovasse un altro laboratorio idoneo a somministrargli la terapia». Ma non è successa né
l'una, né l'altra cosa. «Gli Spedali Civili di Brescia - ha spiegato ieri in una nota il Ministero della Salute hanno confermato che le procedure sono state tempestivamente e regolarmente attivate e l'Ospedale
Maggiore di Milano, dotato di un laboratorio provvisto delle autorizzazioni necessarie, ha assicurato la propria
disponibilità già da lunedì 11 marzo».
A Brescia, ufficialmente, nessuno lo dice. Ma è probabile che la sentenza sia stata accolta, al Civile, con un
certo sollievo. Dopo il servizio della trasmissione tivù Le iene e l'intervento di Adriano Celentano sul Corriere
circa il caso della piccola Sofia (la bimba toscana di tre anni che ha ricevuto una prima infusione di staminali
al Civile), alla Stamina Foundation sono arrivate, assicura il presidente della onlus Davide Vannoni, 8 mila
richieste di poter usufruire del trattamento. Più che sufficienti per portare al collasso il laboratorio bresciano
(che deve occuparsi anche di pazienti con tutt'altre patologie). È lo stesso ministro Balduzzi ad aggiungere:
«L'attivazione di questo percorso può costituire una concreta opportunità anche per altri casi in cui i giudici
hanno posto come condizione che la produzione di cellule staminali avvenga in laboratori autorizzati».
Tutto bene, dunque? Non a sentire lo stesso Vannoni: «Che un giudice, proprio a Torino (dove la Stamina è
indagata per truffa e somministrazione di farmaci imperfetti, ndr) riconosca l'efficacia della nostra metodica ha
senz'altro un grande valore. Ma la decisione di produrre le cellule a Milano anziché a Brescia, dove dovranno
comunque essere effettuate le infusioni, crea molti più problemi di quanti ne risolva. Solo per citarne un paio:
le cellule vanno iniettate entro due ore o due ore e mezza dalla produzione, altrimenti sono da buttare. E se il
mezzo che le trasporta rimane bloccato dal traffico? Inoltre non passiamo pagare noi il trasporto, che credo
possa costare da 1.500 a 2.000 euro a infusione. Insomma, visto che il protocollo prevede cinque infusioni a
paziente, l'ospedale dovrà sobbarcarsi una spesa non indifferente. E tutto questo per produrre le cellule in un
laboratorio che, di diverso da quello del Civile, ha solo due prese d'aria sul soffitto e due porte in più».
L'alternativa proposta da Vannoni è nota: «Impiantare un laboratorio adatto per produrre prodotti per i
trapianti (come lo è quello degli Spedali Civili). Questo laboratorio rimarrebbe solo in uso alla Stamina che
farebbe lavorare all'interno i propri biologi. Una volta certificato e autorizzato, potrebbe produrre cellule
staminali per curare fino a 20 mila pazienti all'anno». Il costo? Tre milioni e mezzo di euro. «Ma giusto oggi
(ieri per chi legge, ndr) ho avuto una lunga riunione con alcuni investitori stranieri pronti a costruirlo.
All'estero, però» conclude Vannoni.
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Una settimana di interventi 1 Il 3 marzo la trasmissione tivù Le iene torna ad occuparsi del caso staminali,
con un servizio su Sofia, bimba in cura al Civile 2 Il 6 marzo Adriano Celentano interviene sul Corriere sul
caso
di Sofia, difendendo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Staminali, accordo fra Civile e Policlinico «Fate voi le cellule»
10/03/2013
Corriere della Sera - Brescia
Pag. 6
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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la validità
del metodo Stamina 3 Il 7 marzo un giudice di Torino dice sì al metodo Stamina ma dispone che, per il
paziente in causa, le cellule non siano prodotte al Civile
Foto: Divisi il ministro della Salute Renato Balduzzi e, a destra, il presidente della Stamina Foundation Davide
Vannoni
10/03/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 6
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Chirurgie, la «guida» dell'Asl per il taglio dei super-reparti
Posti letto, pazienti e costi: al via l'esame sull'efficienza Le performance Numero minimo di interventi per
cardio e neurochirurgie, chirurgie toraciche e vascolari I risparmi Dalla riorganizzazione della rete ospedaliera
attese risorse per la riduzione dei ticket
Simona Ravizza
È pronta la carta d'identità degli ospedali di Milano. Un documento finora rimasto custodito nei cassetti
dell'Asl che fotografa in modo completo, per la prima volta, il numero dei posti letto, l'attività e le performance
delle cardiochirurgie, neurochirurgie, chirurgie toraciche e vascolari.
Si tratta dello studio propedeutico per stabilire dove calerà - salvo sorprese - la scure dei tagli. Sono i reparti
delle super-specialità chirurgiche che si sono moltiplicati negli anni a dismisura e che adesso rientrano nel
programma di riorganizzazione dell'offerta di cure.
Il riordino della rete ospedaliera ruota intorno a un principio: il tempo in cui tutti gli ospedali offrono qualsiasi
tipo di prestazione è finito. È una questione di soldi, ma anche di affidabilità: i dati scientifici mostrano che,
dove è più alto il numero delle prestazioni effettuate, maggiore è la sicurezza per i malati. È prematuro
ipotizzare se la rivoluzione della rete ospedaliera milanese ricalcherà esattamente la mappa stilata dall'Asl,
guidata dal (leghista) Walter Locatelli.
Al momento non ci sono ancora né il nuovo assessore alla Sanità (in quota Pdl) né il nuovo direttore generale
dell'assessorato (in quota Lega). Ma tre cose sono certe: 1) il riassetto della rete ospedaliera è all'ordine del
giorno del programma del Carroccio; 2) la riorganizzazione del sistema, ormai considerato ipertrofico, si
profila come una voce fondamentale di risparmio per recuperare i sessanta/ottanta milioni di euro necessari
alla pluriannunciata riduzione del ticket farmaceutico/sanitario; 3) Milano si candida ad essere il laboratorio da
cui partire per realizzare il progetto su scala lombarda.
Una sintesi della complessa mappatura degli ospedali è riportata nel grafico in pagina.
Gli indicatori per capire quali sono i reparti a rischio sono principalmente tre: il numero di posti letto, l'attività e
il peso dei Drg (le tariffe di rimborso) che sono anche un parametro della complessità dei casi trattati. Dal mix
dei risultati delle pagelle - che saranno discusse con i vertici degli ospedali interessati - potrà uscire il
(ri)disegno della nuova offerta di cure di Milano.
Per i tecnici dell'Asl è sbagliato parlare di chiusure, si tratta piuttosto di una riconversione dei reparti che
dovranno essere dedicati ad altre attività considerate più utili, come le cure per i malati cronici. La piattaforma
su cui ragionare è pronta, adesso deve intervenire la politica.
La delibera di fine dicembre impone il 30 giugno come termine ultimo per prendere una decisione. E indica
anche tra i parametri un numero minimo di interventi chirurgici (300 per le cardiochirurgie, 200 per la chirurgia
toracica, 200 per quella vascolare al netto delle varici venose, 200 per le neurochirurgie al netto delle ernie al
disco).
Ma la (nuova) partita è appena iniziata. E il neogovernatore, Roberto Maroni, dovrà fare i conti con un dato su
tutti: la spending review toglierà alla sanità 225 milioni di euro per il 2013 e, per la prima volta, ci sarà una
effettiva diminuzione delle risorse rispetto all'anno precedente. Per riuscire a rimodulare i ticket, come
promesso in campagna elettorale, non resterà allora che risparmiare su altri fronti.
[email protected]
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Foto: Direttore Walter Locatelli, direttore dell'Asl di Milano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Riordino Con la riduzione del budget sanitario alcune specialità dovranno essere chiuse o riconvertite
10/03/2013
Corriere della Sera - Milano
Pag. 6
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I manager della sanità e le pagelle «trasparenti»
Niente discrezionalità La complessità dei meccanismi adottati rende impossibile la discrezionalità
Mario Melazzini
Intervengo a proposito dell'articolo «Le pagelle ai manager "macchiate" dalla politica» pubblicato il 7 marzo a
firma di Sergio Harari. Dispiace constatare ancora una volta come questioni tanto delicate, relative alla salute
dei nostri cittadini, prestino fino all'ultimo l'occasione per polemiche francamente ai limiti del banale.
Nell'articolo si fa riferimento ai criteri con cui i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche
vengono valutati con cadenza annuale, secondo la pratica del raggiungimento degli obiettivi consolidata da
decenni in ogni contesto aziendale. Tale pratica è peraltro stabilita per legge dalla normativa nazionale a
partire dal decreto legislativo 502/92. L'autore, commentando le ultime valutazioni ai direttori delle aziende
lombarde, parla di «scarsa meritocrazia», «vecchia politica», «ipocrita patina di pseudo-tecnicismo» e via
dicendo, insinuando criteri di spoils system applicati alle pagelle. Credo utile a questo punto sintetizzare
brevemente i criteri di queste valutazioni, come stabilito dalla delibera regionale 3.058 del 2012, alla quale gli
interessati potranno rivolgersi per approfondire l'argomento. In particolare il punteggio finale deriva dalla
somma di diversi fattori. Il primo è costituito dal punteggio del nucleo di esperti dell'Organismo indipendente
di valutazione, chiamato a esprimersi su una griglia molto complessa di ambiti: rispetto delle regole di
sistema, degli obiettivi fissati in sede di programmazione, dei parametri di bilancio, dei crono-programmi in
materia di edilizia sanitaria e quant'altro. Nell'ultima fase si esprime il comitato ristretto degli assessori, che ha
la facoltà di integrare questi punteggi sia in senso negativo che positivo con una percentuale oscillante tra lo
0 e il 10% del totale conseguito. Il comitato esprime una valutazione di merito in ordine alle priorità
strategiche delle aziende, in relazione anche ad eventi di natura eccezionale, come ad esempio traslochi di
sede, cambiamenti organizzativi e quant'altro. Appare a questo punto evidente come la complessità di tale
meccanismo renda di fatto impossibile l'applicazione di elementi discrezionali, salvo dove espressamente
previsto. Considerazione peraltro che non sfugge a chiunque conosca il sistema sanitario lombardo e presti
una lettura attenta, e non superficiale, alle ultime valutazioni deliberate dalla giunta.
assessore alla Sanità della Regione
L'assessore Melazzini si rassicuri, la lettura degli ultimi anni di sanità regionale non è sfuggita a nessuno.
(S.H.)
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La lettera
09/03/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,15
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Alla Fiat 480 euro in più all'anno
Previsto un incentivo di produttività di 120 euro al mese, riconosciuto da aprile BALZO A PIAZZA AFFARI
Allargamento a tutti gli addetti della copertura del Fondo sanitario integrativo La Borsa premia l'intesa: il titolo
chiude a +5,53%
Filomena Greco
TORINO
Rinnovato per il 2013 il Contratto collettivo specifico di lavoro del Lingotto. A sette mesi dall'avvio della
trattativa, ieri è arrivata la firma dell'accordo da parte dei vertici del Lingotto - la delegazione guidata da Pietro
De Biasi, responsabile relazioni industriali Fiat Group Automobiles, e Vincenzo Retus, per Fiat Industrial - e i
sindacati firmatari, Fim Cisl, Uil, Fismic, Ugl e Associazione Quadri. Un accordo "ponte", per il solo 2013,
come stabilito in sede di trattativa, e valido per gli 86mila addetti del gruppo - Fiat Group Automobiles e Fiat
Industrial - in Italia. Accolto con favore anche dalla Borsa, che ha "premiato" le azioni del Lingotto con un
+5,53% a fine seduta.
I punti del contratto
Il contratto riconosce aumenti per 40 euro mensili, a partire dal primo febbraio - 480 euro all'anno, 25 in più
rispetto agli aumenti nella prima annualità del contratto nazionale dei metalmeccanici - e un incentivo di
produttività sui 120 euro al mese, che sarà riconosciuto a partire da aprile e che prenderà il posto del
"vecchio" premio di competitività da 103 euro. Fisso, quest'ultimo, variabile nella nuova versione. «Per evitare
un'eccessiva variabilizzazione del premio abbiamo operato in due direzioni - spiega il segretario della Fim
Cisl, Ferdinando Uliano - incrementando l'importo complessivo, 1.443 su base annua, ed escludendo dal
computo le assenze per malattie gravi, per ricoveri ospedalieri e prognosi per malattia e infortunio, maternità
e paternità obbligatoria e allattamento».
Il testo sottoscritto da Fiat e sindacati ribadisce «lo sforzo teso a salvaguardare l'intera struttura produttiva
dei gruppi in Italia» e l'intenzione di «proseguire con gli investimenti finalizzati al rilancio e alla valorizzazione
delle prospettive produttive nel paese, con benefici sia sotto il profilo dell'occupazione sia sotto quello della
produttività e della competitività».
Il rinnovo del contratto prevede inoltre l'allargamento a tutti gli addetti della copertura del Fondo sanitario
integrativo, un passaggio sul welfare aziendale che garantisce, come assistenza di base, prestazioni per la
prevenzione cardiovascolare, per la sindrome metabolica e una copertura per la non autosufficienza. Fin qui
quello che si guadagna, mentre resta sul campo l'una tantum da 600 euro riconosciuta l'anno scorso e non
prorogabile quest'anno.
Le prossime tappe della trattativa, come spiega Eros Panicali, della segreteria nazionale Uilm,
«interesseranno il rinnovo della parte normativa del contratto, a partire da aprile, e la contrattazione della
parte economica per il biennio 2014-2015».
Le reazioni
Esprime soddisfazione la delegazione del Lingotto firmataria dell'accordo: «Abbiamo garantito un
riconoscimento economico ai dipendenti Fiat Group e Fiat Industrial in un momento assai difficile per i mercati
internazionali e per il settore dell'auto in Europa». Un buon accordo per i lavoratori, ha commentato Luigi
Angeletti, segretario generale della Uil. «Un segnale positivo per tutto il paese» come sottolinea il segretario
della Cisl Raffaele Bonanni. «Il nuovo contratto - continua - dà maggiori tutele e garanzie economiche ai
lavoratori ma nello stesso tempo mette la Fiat nella condizione di continuare ad investire in Italia. Speriamo
ora che la classe politica, vecchia e nuova, dimostri lo stesso senso di responsabilità». Un'intesa raggiunta
«grazie al senso di responsabilità dei sindacati che hanno la voglia e la capacità di trattare» secondo il
segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella. Una risposta salariale importante in un momento economico
così difficile secondo il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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PIEMONTE Auto/1. Firmato da impresa e sindacati il contratto aziendale che interessa 86mila lavoratori del
gruppo: gli aumenti da febbraio
09/03/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 1,15
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Fuori dal coro la voce di Maurizio Landini, responsabile della Fiom, la sigla dei metalmeccanici della Cgil non
firmatari del contratto aziendale Fiat, che parla di un accordo peggiorativo rispetto a quello fatto un anno fa.
«Ai lavoratori in cassa integrazione - aggiunge - non viene dato nessun riconoscimento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA Fiat Andamento del titolo a Milano 4,6 4,4 4,2 4,0 3,8 36 27 18 9 0 01/03
08/03 Prezzo Volumi in milioni
I punti dell'accordo
GLI STABILIMENTI
Ribadito l'impegno a salvaguardare la struttura produttiva in Italia - 44 gli stabilimenti del Gruppo, Mirafiori,
Pomigliano, Melfi, Cassino e Sevel sono i principali- e gli investimenti finalizzati
LA PRESENZA
44 siti produttivi
WELFARE AZIENDALE
Prevede l'iscrizione di tutti i dipendenti Fiat e Fiat Industrial al fondo sanitario Fasif, con la possibilità di
beneficiare di un'assistenza di base per una serie di prestazioni di prevenzione e per la copertura economica
in casi di non autosufficienza
L'ESTENSIONE
86mila addetti
GLI AUMENTI
L'aumento in busta paga, sui minimi salariali, sarà riconosciuto a tutti gli 86mila dipendenti del gruppo in Italia
a partire dal primo febbraio 2013, per 12 mensilità (gli 11 mesi dell'anno in corso più la tredicesima). Su base
annuale, dunque, l'aumento è pari a 480 euro
L'AMMONTARE ANNUO
480 euro
L'INCENTIVO
Indennità variabile, per garantire i vantaggi fiscali e contributivi previsti dal Dpcm del 22 gennaio 2013 (su
produttività e detassazione). Sarà erogata in base alla presenza. Escluse dal computo le assenze per ricoveri
ospedalieri, malattia, infortunio, maternità e allattamento
L'AMMONTARE
120 euro
Foto: L'intesa. La stretta di mano tra i dirigenti della Fiat (a sinistra) e i sindacati dopo la firma dell'accordo sul
contratto di lavoro del gruppo
09/03/2013
Il Sole 24 Ore
Pag. 16
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Allarme insalata in Germania
Sequestrati a Chioggia molluschi al cadmio - Il ministero della Salute: nessun rischio cinghiale
Massimo Agostini
Dalla carne alle verdure fino ai molluschi, scattano nuovi allarmi alimentari. Ieri dalla Germania la notizia di
una partita di insalata italiana contaminata con veleno per topi. Secondo le autorità tedesche si tratta di un
lotto di 110 cassette di varietà "romana" commercializzato dall'azienda campana «Ortofrutticola La
Trasparenza», e venduta nella regione Reno-Meno. Di queste cassette, 105 sarebbero state distrutte; delle
restanti cinque, una sarebbe stata venduta nel mercatino di Offenbach, le altre quattro da venditori ambulanti.
Tutta la partita sarebbe già stata ritirata.
Il ministero della Salute in Italia ha confermato che una busta di veleno per topi «non integra» è stata trovata
in una cassetta di legno aperta di lattuga. Il dicastero ha specificato che si tratta di «una cassetta su 110
fornite a un grossista tedesco da una ditta campana». La notifica è avvenuta il 7 marzo attraverso il sistema
di allerta della Commissione Ue. Il ministero della Salute ha nel frattempo già «avvisato» l'assessorato della
Regione Campania per l'adozione di eventuali misure cautelari. E in un comunicato ha spiegato di «non poter
escludere che la contaminazione possa essere avvenuta nel magazzino del grossista tedesco, atteso che per
altro il riscontro è stato effettuato in autocontrollo e non in seguito a un controllo ufficiale delle autorità
tedesche. Il ministero della Salute ha anche chiesto alle autorità tedesche di effettuare controlli anche sulla
ditta locale.
Secondo la Coldiretti, «occorre fare immediatamente chiarezza». Gli ortaggi l'anno scorso in Germania
hanno garantito all'Italia un giro d'affari di 380 milioni, pari al 38% del totale esportato. Nei primi 11 mesi del
2012, secondo i dati Istat, l'Italia ha esportato nella Ue 98mila tonnellate di lattughe e cicorie, di cui 40mila in
Germania per un valore di 51 milioni.
«Va perciò tutelato - dice la Coldiretti - il primato della sicurezza alimentare conquistato dalla produzione
ortofrutticola italiana a livello europeo. Bisogna verificare in che punto della filiera è avvenuta realmente la
contaminazione senza dimenticare che proprio la Germania qualche anno fa non aveva esitato a mettere
sotto accusa gli incolpevoli cetrioli italiani».
È allarme anche per il pesce. A Chioggia sono stati trovati molluschi al cadmio, con dieci pescatori
denunciati dai carabinieri. E restano ancora sotto i riflettori i cinghiali radioattivi della Valsesia «contaminati»
da tracce di Cesio 137. Anche se ieri il ministro della Salute, Balduzzi, ha assicurato che «i livelli di
contaminazione non costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di
carne di cinghiale e di selvaggina». Infine, in Francia un topo è stato rinvenuto in un barattolo di fagiolini
venduto a marchio Grand Jury di Carrefour.
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L'INSALATA ITALIANA
700mila
La produzione
Tonnellate di insalate e cicorie prodotte l'anno scorso in Italia
98mila
L'export
In tonnellate l'export nei primi 11 mesi del 2012 nell'Unione europea; 40mila tonnellate di insalate in
Germania
51 milioni
Il business
Giro d'affari dell'insatata italiana in Germania
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Sicurezza alimentare. Stop a una partita italiana con veleno per topi, scattano le indagini in Campania
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Nova
Pag. 10
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Per la visione bionica un futuro da ologramma
Progetto israeliano: forse le immagini olografiche potranno essere usate anche per riparare danni cerebrali
La visione bionica incontra l'olografia. La realizzazione di dispositivi per rendere la vista a chi l'ha perduta,
incentrata finora su sistemi come Argus (la cui ultima versione è stata di recente approvata dalla Food ad
Drug Administration), cioè su una minitelecamera collegata ad elettrodi che vanno a stimolare direttamente il
nervo ottico, potrebbe avvalersi presto anche di un sistema alternativo: la combinazione di ologrammi e
optogenetica. Quest'ultima è utilizzata soprattutto nelle malattie genetiche dell'occhio come la retinite
pigmentosa, e mira a inserire nella retina del paziente cellule fotosensibili, in genere ottenute da organismi
quali alghe o batteri. Ma queste cellule esogene, per lavorare bene, hanno bisogno di ricevere un'opportuna
stimolazione luminosa. Per questo al Techion-Israel Institute of Technology di Haifa
(http://www1.technion.ac.il/en/home) hanno pensato di verificare le potenzialità degli ologrammi come
stimolatori di attività cellulare. In che modo lo ha spiegato su «Nature Communication» il responsabile del
progetto, Shy Shoham.
«Da tempo - ha riferito - diversi gruppi cercano di capire quale possa essere il modo più efficace per indurre
le cellule fotosensibili a lavorare al meglio. L'immagine stimolatrice ideale, infatti, dovrebbe essere
contemporaneamente precisa, intensa e in grado di stimolare più tipi cellulari con una luce brillante, perché le
cellule trapiantate sono meno sensibili rispetto a quelle normali. Noi abbiamo sperimentato le immagini
olografiche generate da un computer, perché gli ologrammi presentano le caratteristiche cercate e sembrano
essere migliori rispetto ad altri mezzi che abbiamo studiato quali i deflettori al laser o i display digitali. L'idea è
quella di ottenere un dispositivo miniaturizzato che generi ologrammi rielaborando le immagini viste e, in
questo modo, attivi le cellule fotosensibili impiantate in base ai dati della visione reale».
Shoham e il suo gruppo hanno già sperimentato con successo la stimolazione olografica di cellule
fotosensibili trapiantate in colture cellulari e nelle retine dei primi topi e dimostrato che la stimolazione c'è,
avviene su diversi tipi cellulari e dura qualche millisecondo.
Anche se la realizzazione di protesi olografiche da indossare è ancora lontana, i dati ottenuti sono stati
giudicati molto interessanti perché dimostrano che le immagini olografiche hanno diverse potenzialità e
potrebbero avere un ruolo importante anche in altri casi in cui si cerca di ottenere una stimolazione cerebrale
tridimensionale quali, per esempio, la riparazione dei danni in alcune aree cerebrali specifiche. (a.cod.)
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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ritrovare la vista
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Nova
Pag. 10
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Francesca Cerati
Sigarette elettroniche
Sono davvero
innocue?
È vietata in Brasile, Israele, Singapore, e in Francia è partita un'inchiesta per valutare se ci sono rischi per la
salute. Sulla sigaretta elettronica serve una riflessione e per il ministro della Salute Renato Balduzzi anche
una "regolamentazione adeguata". «La sua diffusione è contraria agli sforzi di disincentivare il tabagismo - ha
detto - in più possono contenere nicotinoidi». Su questo punto, già nel 2011 l'Agenzia francese di sicurezza
sanitaria aveva raccomandato di non usarle, per il loro contenuto di nicotina in dosi variabili. In questo senso,
la sigaretta elettronica non è diversa da quelle comuni, con l'aggravante che è più difficile controllare la
quantità di nicotina che viene inalata. sistema nervoso
Topi smart
con cellule umane
Più intelligenti e con una capacità di apprendimento migliore. Sono i topi sottoposti
a un trapianto di cellule umane del cervello, precisamente
della glia. Queste assieme ai neuroni costituiscono il sistema nervoso e hanno una funzione nutritiva e di
sostegno per i neuroni. La scoperta è stata messa a segno all'University of Rochester Medical Center di New
York e lo studio è stato pubblicato su «Cell Stem Cell». Un passo importante perché è uno dei primi lavori a
indagare il ruolo delle cellule gliali nello sviluppo delle capacità conoscitive dell'uomo. Un passo che potrebbe
aprire a terapie più mirate per le malattie neurologiche, la schizofrenia e la malattia di Huntington. anoressia
Il pacemaker
cerebrale funziona
La stimolazione cerebrale potrebbe essere utile per trattare l'anoressia. È il risultato di una piccola
sperimentazione clinica svolta in Canada dall'University Health Network su sei pazienti gravemente
anoressiche, e appena pubblicata su Lancet. Alcune delle pazienti a cui è stato impiantato il pacemaker
cerebrale hanno ricominciato a mangiare, hanno preso peso e la qualità della loro vita è migliorata. Il
pacemaker è uno stimolatore che si impianta nel cervello e che è già in uso su pazienti con morbo di
Parkinson, e in sperimentazione per altre patologie (depressione, Alzheimer). Ovviamente si tratta di una
terapia estrema perché implica un intervento chirurgico ma è pur vero che l'anoressia se non curata nei primi
anni dalla diagnosi diviene sempre più difficile da gestire e molte pazienti rischiano la morte.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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SCIENZA
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Nova
Pag. 11
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Una fabbrica personale per costruire i nostri organi
Come è stato per internet, il mercato della stampa «biologica» apre scenari inimmaginabili fino a ieri Grazie a
queste tecniche uno sviluppo più celere dei farmaci e più sicurezza
Francesca Cerati
Stampanti 3D in grado di produrre tutto, ma proprio tutto. E ora che in Scozia, alla Heriot-Watt University,
hanno utilizzato per la prima volta le staminali come bio-inchiostro in una stampante 3D, la speranza di
costruire organi e tessuti artificiali, si fa sempre più concreta. Al punto che un esperto del settore come
Vladimir Mironov, direttore del Musc bioprinting center alla Medical University of South Carolina, ha già stilato
un report dal titolo "How to print organ?", dove spiega nel dettaglio le procedure per rendere possibile questa
nuova scienza. Ma davvero nel prossimo futuro si potrà sostituire questo sistema al tradizionale trapianto
d'organo? Ne abbiamo parlato con Carlos Olguin, Head of the bio/nano/programmable matter group in
Autodesk Research, società attiva nello sviluppo di software 3D anche per la branca della medicina e che ha
appena dato vita a una collaborazione con Organovo, una delle società che insieme a 3D Systems, Stratasys
e Proto Labs sono quotate in Borsa.
«Siamo ancora lontani dal trapianto di organi attraverso le biostampanti in 3D. Ma l'obiettivo finale non è
semplicemente la sostituzione dell'organo. C'è dell'altro lavoro di ricerca interessante. Per esempio si può
accelerare lo sviluppo dei farmaci e aumentarne i livelli di sicurezza testandoli direttamente sui tessuti umani.
E ancora, la biostampa in 3D potrebbe creare nuove economie nel campo della medicina personalizzata.
Pensiamo a uno scenario in cui il paziente è sottoposto a più terapie farmacologiche, molte delle quali
potenzialmente pericolose da sole o in combinazione. Estraendo cellule e tessuto dal paziente, si potrebbero
testare queste terapie farmacologiche ex vivo, senza danni al paziente».
Si tratta dunque di una tecnologia che non ha limiti? «Attualmente, la biostampa in 3D funziona per lo più per
tentativi ed errori e lo stato degli strumenti è equivalente al codice di scrittura del linguaggio macchina e
questo richiede tempo - continua Olguin -. Ma gli strumenti di progettazione svolgono un ruolo fondamentale
nella democratizzazione delle tecnologie di stampa e biostampa in 3D, spostandole al di là degli spazi di
nicchia in cui vivono oggi. Come è accaduto con internet e prima ancora con il pc. La democratizzazione di
queste tecnologie porterà un valore ancora imprevisto nella vita di tutti i giorni e favorirà l'emergenza di nuove
economie e degli ecosistemi». A proposito, qual è la dimensione del mercato della stampa 3D? «Ci sono
numeri interessanti che provengono da diverse fonti - ci risponde Olguin -. Per esempio, Deloitte ha previsto
già nel 2011 che complessivamente le vendite per la stampa 3D nel 2012, compreso il settore delle scienze
biologiche, non sarebbero state superiori ai 200 milioni di dollari. L'analista Terry Wholers ha detto
recentemente che questo mercato nel 2011 era valutato 1,7 miliardi di dollari. Non sono numeri paragonabili
(vendite contro valutazione, ndr), ma rappresentano un fattore interessante dai quali estrapolare e
comprendere la grandezza di questa "nuova rivoluzione industriale"». Olguin chiude citando Chris Anderson,
l'osservatore che prima di tutti ha definito i trend più avanzati della nostra era - dalla coda lunga di internet
alla gratuità della rete - e che nel suo ultimo libro Makers, parla proprio della stampante 3D come artefice
della futura "fabbrica personale".
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Foto: La sesta tecnologia che cambierà il mondo. Nel report "How to print organ? di Vladimir Mironov,
direttore del Musc bioprinting center alla Medical University of South Carolina, lo scienziato spiega nel
dettaglio le procedure per rendere possibile la produzione di organi e tessuti stampati in 3D. La foto è ciò che
otteremo nel futuro
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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bioprinting
10/03/2013
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La banca dati dell'innovazione
Assobiomedica ha realizzato un doppio strumento per facilitare il trasferimento tecnologico e la crescita di
startup per i dispositivi medici
Francesca Cerati
Un brevetto ogni giorno lavorativo. In Italia ogni anno vengano depositati circa 250 brevetti che riguardano i
dispositivi medici, 21 al mese. Per aumentare la probabilità che almeno uno di questi interessi l'industria del
settore o un investitore serve una "vetrina" accessibile in modo facile, rapido e gratuito. «Le startup hanno
bisogno di un ecosistema nel quale università, centri di ricerca e imprese portino le rispettive competenze e le
mettano al servizio del team di lavoro» ha detto qualche giorno fa Carlo Castellano, vicepresidente di
Assobiomedica, annunciando a Milano due nuovi database (consultabili gratuitamente sul sito di
Assobiomedica): uno dedicato alle startup italiane (oltre 200 quelle già censite, il 67% delle quali sono spin off
universitari), l'altro alle innovazioni scientifiche e tecnologiche (sono già oltre 40 quelle pronte a essere
trasferite all'industria medicale). Le schede, con le informazioni di base, sono sia in italiano che inglese.
Il progetto ha la funzione di creare uno strumento che faciliti il trasferimento tecnologico e la crescita delle
start up nel settore dei dispositivi medici, «considerato tra i primi tre al mondo per numero di iniziative
imprenditoriali - aggiunge Castellano -. Le tecnologie per la salute rappresentano infatti un'area di grande
sviluppo a livello mondiale sotto il profilo dell'innovazione scientifica, tecnologica e di mercato. E che può
quindi assolvere un ruolo strategico nel qualificare il nostro Paese, puntando sulla valorizzazione delle
eccellenze e delle novità tecno, oltre a incentivare gli investimenti in R&S e produzione realizzati dalle
aziende sia a capitale italiano che straniero». Il portale nasce anche per promuovere a livello internazionale
l'innovazione che vede la luce in Italia. «Si tratta - continua Castellano - di un tessuto di imprese composto da
quasi 800 produttori diretti, oltre 150 contoterzisti e più di 200 multinazionali a capitale estero che potrebbero
essere interessate a collaborazioni con l'Italia».
Attraverso i database le imprese possono valutare nuovi prodotti per la cura dei pazienti, un mercato da 8,6
miliardi di euro che impiega più di 52mila addetti con un fatturato complessivo di 16,8 miliardi di euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA FONTE: elaborazioni Csa da siti e documenti di Università italiane, Pst,
soggetti incubatori Le start up nel settore dei dispositivi medici. Dati in % I SEGMENTI Note: * con "Attività
intermedie" si indicano le start up a cavallo di più comparti; ** con "Borderline" si indicano comestici,
integratori alimentari, strumenti per l'estetica Attività intermedie* Telemedicina Servizi Elettromedicale
diagnostico Diagnostica in vitro Borderline** Biomedicale strumentale Biomedicale 29 12 59 29 29 42 38 33
29 25 50 25 45 40 15 45 46 9 28 47 25 28 50 22 2001-2006 2007-2009 2010-2012 2001-2006 2007-2009
2010-2012 Dati in % GLI SPIN OFF Spin off non accademici Spin off accademici Altro 39 37 24 29 42 29 57
43 le classifiche Confronto tra la nazionalità degli inventori e dei titolari di brevetti per dispositivi medici. Anni
2000-2009. Quote in % TITOLARI INVENTORI I BREVETTI Stati Uniti Germania Francia Svizzera Canada
Corea Cina Giappone Regno Unito Olanda Svezia Israele Australia Danimarca Italia FONTE: Oecd
Classificato 0 2 4 6 8 10 12 14 45 44 14° 15°
brevetti e prototipi made in italy
Optogauge R-20. È un sensore ottico per l'endoscopia quantitativa di Heos Photonics. Misurare le reali
dimensioni degli organi in maniera non invasiva è una delle sfide dell'imaging. Gli attuali endoscopi
permettono solo un'osservazione diretta e qualitativa degli organi interni. Optogauge R-20 è un innovativo e
non invasivo sensore ottico, che, abbinato all'endoscopio, determina le dimensioni reali degli organi.
Terapia sonodinamica (Sdt). È una terapia antitumorale di nuova concezione con ultrasuoni, sia continui che
pulsati, per innescare l'effetto citotossico di composti chimici, noti come sonosensibilizzanti. Questo approccio
è in grado di focalizzare l'energia sulle aree tumorali profonde all'interno dei tessuti, superando così il
principale inconveniente legato all'uso della terapia fotodinamica.
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biomedicale
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Interfaccia uomo-macchina. L'invenzione di Emanuele Menegatti e Francesco Piccione dell'Università di
Padova è indicata per la riabilitazione dei pazienti paralizzati. Il robot dispone di sensori per rilevare le onde
cerebrali, una telecamera e/o un microfono, adatti a captare segnali visivi e sonori dall'ambiente e a
trasmetterli in tempo reale al paziente, tramite l'interfaccia.
Neurobike. È una piattaforma robotica, già brevettata e testata, sviluppata per il recupero delle abilità motorie
nei pazienti che hanno subito un ictus. Costituita da due manipolatori cardinali simmetrici provvisti di pedane
(che rappresentano l'interfaccia robot-paziente) Neurobike è in grado di riprodurre feedback sensoriali
pseudo-naturali mentre i pazienti compiono gli esercizi.
App per diabetici. L'algoritmo per chi ha il diabete consente una stima preventiva dei carboidrati da
consumare, ma anche un monitoraggio in tempo reale, evitando il rischio di incorrere in una condizione di
ipoglicemia, durante l'attività fisica. La stima viene effettuata per ciascuna specifica attività, sulla base di
intensità e durata dello sforzo e del livello glicemico all'inizio dell'attività stessa.
Ingegneria dei tessuti. La startup dell'Università di Trento, Bio Tools ha realizzato un prototipo di stampante
3D che depone strato dopo strato filamenti micrometrici o gocce di soluzioni polimeriche. A seconda si scelga
di lavorare con o senza cellule, è possibile costruire scaffold 3D per l'ingegneria dei tessuti o un costrutto
cellularizzato che potrà esprimere le funzioni dell'organo desiderato.
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
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Mappiamoci il cervello
In Europa e negli Usa si stanziano miliardi per la ricerca pura sul modello del Progetto genoma. Una ricetta
anticrisi
Gilberto Corbellini
La "Brain Awareness Week" promossa annualmente dalla Dana Foundation in questa occasione si celebra
con ottimismo. Fors'anche con un senso d'eccitazione. Il presidente Usa, Obama ha annunciato l'intento di
caratterizzare scientificamente il suo secondo mandato con il varo di un piano di finanziamenti da 300milioni
di dollari all'anno per dieci anni allo scopo di mappare l'attività del cervello. Cosa voglia dire operativamente
mappare l'attività del cervello non è ancora chiaro, ma l'entroterra e gli obiettivi sì. Si vuole riprodurre l'effetto
economico del "Progetto Genoma Umano", che per ogni dollaro di investimenti pubblici ne ha prodotti 140, e
si vuol dare una spinta anche alla ricerca farmaceutica, che si sta progressivamente ritirando dagli
investimenti nei settori delle malattie del cervello e del comportamento. Insomma, si sta seguendo la via
maestra di stimolare l'economia e lo sviluppo sociale investendo in ricerca di base. Peraltro, l'Unione europea
ha deciso di investire a sua volta un miliardo e mezzo di euro in The Human Brain Project, che punterà
soprattutto sulla realizzazione di piattaforme tecnologico-computazionali per integrare funzionalmente le
conoscenze neuroscientifiche nel loro complesso. Come si può capire facilmente se si segue un po' la
letteratura, gli approcci volti a catturare la logica che governa i processi fisiologici attraverso cui il cervello
concorre a produrre i fenotipi comportamentali appaiono sempre più articolati. E anche competitivi sul piano
teorico. Come racconta Miguel Nicolelis nel bel libro di Bollati Boringhieri, Il cervello universale: Nicolelis è
apparso nei giorni scorsi nei media essendo riuscito a far comunicare, per via elettrica e interfacciandoli con
un computer, due ratti localizzati in Brasile e negli Stati Uniti.
Mentre la ricerca e i temi nell'ambito delle neuroscienze di base si apprestano a diventare ancor più
specialistici, ma con lo sforzo di ricomporre in una comprensione più unitaria e fondata la conoscenza di noi
stessi, l'attenzione è già molto, ma molto alta per le implicazioni degli studi neuroscientifici sulle risposte
comportamentali che hanno rilevanza per la convivenza sociale. Le neuroscienze sociali sono diventate una
costellazione di studi che presenta anche una caratterizzazione geografica piuttosto evidente. Nel senso che
le ricerche condotte nei laboratori nordamericani si sono sviluppare partendo da problemi di psicologia della
salute, cioè studiando gli effetti a livello neuroendocrino di diversi stimoli sociali, quindi dall'identificazione
degli effetti di lesioni neurofunzionali sulla psicologia della propria personalità sociale, fino alla scoperta, con
gli avanzamenti delle tecnologie radiologiche, di risposte automatiche del cervello a fronte di stimoli cognitivi
con valenze sociali, inclusi giudizi morali o le decisioni che implicano fiducia e disponibilità per scambi
economici. Sul fronte europeo gli studi di neuroscienze sociali hanno assunto rilevanza scientifica
internazionale attraverso le ricerche sulle basi neurobiologiche della teoria della mente o mindreading, e con
l'espansione largamente interdisciplinare delle ricadute che ha avuto la scoperta dei neuroni speccho e la
possibilità di caratterizzare le basi neurobiologiche di atteggiamenti socialmente positivi, come l'empatia. Le
figure di spicco delle neuroscienze sociali si domandano spesso quali lezioni si possono ricavare dai risultati
di laboratorio per migliorare proprio la qualità della convivenza civile. Ora, le scoperte salienti tendono a
confermare sul piano dei meccanismi che scatenano le cause prossime o strutture fisiologiche, una serie di
idee sugli universali naturali umani, cioè sulle risposte comportamentali cablate nel nostro fenotipo da cause
remote o evolutive, che sociologi, primatologi, psicologi comparati e antropologici evoluzionisti avevano
rilevato empiricamente da tempo. Per esempio la predisposizione ad attivare, in modo inconsapevole ovvero
sulla base di risposte automatiche messe in atto da strutture cerebrali implicate nella paura e nella fiducia,
per esempio quanto interagiamo con persone di etnie diverse. Ma anche l'automatismo che porta a preferire
chi fa parte del gruppo d'appartenenza. Predisposizioni certamente adattative per gli individui che vivevano in
bande o gruppi relativamente stabili, ma decisamente dannosa e fastidiosa per le società che devono o
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brain awareness week 2013
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vogliono integrare individui con origini etniche e storie culturali molto diverse. Al momento non sembra
manifestarsi grande interesse per i dati scientifici da parte degli studiosi di scienze sociali e degli intellettuali
influenti che invocano strategie per ridurre i danni causati da conflittualità e i favoritismi nell'ambito delle
aggregazioni sociali che si formano su diverse basi di appartenenza culturale. Tuttavia alcuni risultati
meriterebbero una discussione che vada al di là del mero sensazionalismo per le ripetute prove
dell'attivazione automatica di strutture cerebrali e quindi di risposte somatiche che rilevano cambiamenti
emotivi, per esempio di fronte a stimoli sociali come i volti con tratti caratteristici di etnie diverse. Di fronte
all'eccitazione per il fatto che in prima istanza siamo controllati dalle emozioni, come diceva Hume, nulla
induce a pensare, né a livello di studi fatti in laboratorio né a di esperimenti naturali, che se si asseconda
questa predisposizione si ottengono più aperture e disposizioni a cooperare nelle complesse interazioni
sociali che richiede convivere civilmente in un mondo globalizzato. Le emozioni sono essenziali nelle
decisioni, ma per apprezzare i valori della convivenza in società innaturali serve forse soprattutto impadronirsi
di strumenti cognitivi per decidere anche usando regole razionalmente affidabili, perché trasparenti e
controllabili.
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Miguel Nicolelis, Il cervello universale, Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 417, €24,00
a roma e a milano
Tra le iniziative italiane per celebrare la «Brain Awareness Week», il 10 marzo alle 20.30 al Teatro Parenti a
Milano si terrà una tavola rotonda, coordinata da Viviana Kasam, sul tema «Il cervello alla sbarra»
(http://www.unipv-lawtech.eu/files/Locandina-definitiva-cervello- alla-sbarra.pdf). Interverranno i
neuroscienziati Giancarlo Comi e Gabriella Bottini, i magistrati Amedeo Santosuosso e Ines Marini, l'avvocato
Alberto Gullotta e lo storico della medicina Gilberto Corbellini. I temi in discussione riguarderanno soprattutto
l'impatto delle nuove tecnologie per visualizzare l'attività del cervello sul piano dell'attribuzione della capacità
di intendere e volere del reo, anche alla luce del fatto che le emozioni e le attività inconsce del cervello
risultano sempre più importanti nel comportamento, ma anche sul valore delle testimonianze alla luce delle
prove che il cervello non registra i fatti ma li costruisce. Alla Sapienza di Roma e all'Irccs
Santa Lucia dall'11 al 13 marzo
un ciclo di conferenze e discussioni
su «Neuroscienza in Società» pensati da Salvatore Maria Aglioti e
dal Cognitive and Social Neuroscience Laboratory: saranno presentate ricerche d'avanguardia nella
realizzazione di ambiente di realtà virtuale per scopi applicativi in ambiti sanitari e non solo, e sulla possibilità
di usare le conoscenze neuroscientifiche sulle basi emotive delle interazioni sociali per migliorare la
convivenza multietnica (http://www.programmaintegra.it/uploads/c36e9c21-e5f9-d8c4.pdf).
Foto: Illustrazione di Guido Scarabottolo
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
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Marco Paolini alleato delle staminali
Il 15 marzo una giornata di studi che coinvolgerà 15mila studenti: 250 scuole superiori riunite in 34 atenei
italiani e 7 stranieri
Elena Cattaneo e Assunta Viteritti
Ogni scoperta scientifica, prodotta dal lavoro quotidiano degli scienziati (che devono dialogare con le diverse
sfere della società per garantire trasparenza su obiettivi e modi di avanzamento della conoscenza e modalità
di controllo delle applicazioni) si configura come un'opportunità per le società e le generazioni future. Molti
potranno trascorrere la loro esistenza senza accorgersi che questa esiste ma avranno la possibilità di
beneficiarne. Qualcuno la cercherà quando, per esempio, scoprirà che le malattie esistonoanche per lui o che
le tecnologie che potrebbero aiutarlo le hanno gli altri e/o, purtroppo, costano care e non ce la fa. Altri,
faranno di tutto per contrastarne gli sviluppi e ci sarà anche chi avrà timore dei mutamenti che le scoperte
possono comportare e farà di tutto per introdurre, soprattutto se in posizioni di potere (politico o religioso),
impedimenti e correzioni, in nome di etiche assolute e unilaterali. Molti manterranno le erronee credenze di
una scienza buona e una scienza «manipolatrice del genere umano», senza considerare che i Mengele di
turno non sono certo scienziati ma pazzi riconosciuti e usati da sistemi politici ispirati da visioni totalitarie.
La scienza interviene per aprire campi inesplorati, per rendere visibile l'invisibile, per trasformare l'ignoto in
conoscibile, e questo è parte della società e del suo sviluppo. Certo le controversie sono per molti aspetti
ineliminabili ma bisogna sempre cercare alleanze, come indica il sottotitolo del recente saggio Geni a nudo
della sociologa Helga Nowotny, (presidente dello European Research Council) e dello scienziato e bioeticista
italiano, Giuseppe Testa. È con le conoscenze scientifiche e tecnologiche (e con le società che
fortunatamente la sostengono, anche con i loro politici) che si è arrivati sulla luna, a prima vista quanto di più
inutile possa essere stato fatto. Ma da quelle conoscenze sono derivate anche tecnologie per la medicina,
mezzi di comunicazione, strumenti per nuove ricerche, la consapevolezza sociale di poter raggiungere
traguardi impensabili. L'Italia che non investe nella Scienza perde molto anche in termini di ricadute sulla
preparazione specializzata nelle aule universitarie, sullo sviluppo di uno spirito competitivo, in quanto a idee
inespresse, e come esseri umani privati della possibilità di partecipare alla costruzione collettiva della
conoscenza. È da troppi anni che l'Italia ha abbassato i fari della conoscenza e negli ultimi vent'anni è andata
anche peggio. Sappiamo che su 100 diplomati, 21 si iscrivono all'Università e 8 si laureano. Che sono quasi
60mila in meno le matricole universitarie rispetto a 10 anni fa. Il nostro 19% di laureati se la deve vedere con
il 30% della media europea. Una perdita di istruzione specializzata tutta a scapito delle classi sociali meno
abbienti. Un'altra parte della Nazione persa. L'insoddisfacente 1% del Pil investito ogni anno in ricerca colloca
l'Italia al 32esimo posto tra i 37 Paesi dell'area Ocse. Questa è l'eredità del lavoro di Governi poco coraggiosi
e della retorica al ribasso del programma della destra populista volta a sostenere che l'istruzione non risolve
la vita e che da laureato non è detto che si trovi lavoro e poi si può magari guadagnare di più anche senza
studiare. Negli anni, il disprezzo pervasivo per la cultura e la conoscenza ha finito per rendere normale non
studiare, per arrivare a ritenere normale non cercare un lavoro di qualità, per ritenere normale anche
smettere di desiderare.
È per questo che è importante resistere e sostenere la Voglia di Scienza, come ci segnala il titolo di una
bella serie di incontri organizzati dagli studenti di Sinistra Universitaria dell'Università degli Studi di Milano
(http://www.sinistrauniversitaria.net) con scienziati da tutto il mondo giunti per parlare a centinaia di giovani
laureandi italiani, in aule strapiene. Abbiamo tutti bisogno di un Governo in grado di capire che non ci potrà
essere un lavoro migliore se non c'è un'istruzione migliore, non ci saranno medici, matematici, ingegneri,
sociologi migliori ma nemmeno carpentieri, cuochi, infermieri, meccanici e una società più efficiente e
partecipe se non c'è una scuola per tutti e un'università migliore e un Parlamento che vuole questo, sopra
ogni cosa. È la conoscenza a produrre società e la società, nelle sue forme istituzionali e politiche, ha la
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scienza in diretta streaming
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responsabilità etica di sostenere, con tutti i mezzi, lo sviluppo della conoscenza.
A questo si ispira la nuova "Giornata della Scienza sulle cellule staminali" organizzata per il 15 marzo da
UniStem (http://www.unistem.it), il centro di ricerca della Statale di Milano, e dedicata agli studenti delle
scuole superiori. Trentaquattro gli Atenei italiani coinvolti, altri 7 tra Spagna e Regno Unito, 15.000 studenti
da oltre 250 scuole superiori italiane, più di 200 tra ricercatori, clinici, bioeticisti, filosofi, sociologi, storici della
Medicina, tecnici, comunicatori della scienza, amministratori e molti altri ancora, insieme per realizzare il
maggior evento divulgativo sulle cellule staminali a livello Europeo. Un'opportunità in più per ascoltare,
riflettere e discutere su: cosa significa scoprire cose che nessuno ha scoperto prima; come si sviluppa il
coraggio di ricercare le prove, dando valore al dubbio; come si alimenta la gioia di immaginarsi utili agli altri;
come si coltiva la necessità di opporsi a chi ruba dignità e speranza, alimentando l'egoismo sociale. La
giornata avrà una memoria importante, Rita Levi Montalcini. Userà i collegamenti tra gli atenei, Twitter, a cura
degli studenti della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi dell'Università di Milano e Facebook. Dal palco della
Statale, in diretta streaming anche Marco Paolini, attore, regista e autore di narrazioni di forte impatto civile,
sociale e scientifico. Vien da dire: l'alleanza esiste. Che sogno sarebbe un Governo capace di usarla per
crescere.
Elena Cattaneo, docente presso il dipartimento di
Bioscienze Università degli Studi di Milano;
Assunta Viteritti, docente presso il dipartimento di
Scienze Sociali Università Roma La Sapienza
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Giuseppe Testa, Helga Nowotny, Geni a nudo, Codice, Torino, pagg. 184, € 15,00
Foto: ingranaggio|La rete degli atenei italiani che partecipano alla giornata della Scienza sulle cellule
staminali organizzata il 15 marzo dal centro di ricerca della Statale di Milano
10/03/2013
Il Sole 24 Ore - Domenica
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Oscurantismo antidiagnostico
La campagna capeggiata dallo psichiatra Allen Frances, responsabile del Dsm-4, sta raccogliendo consensi.
Anche tra le società italiane
Vittorio Lingiardi
Nei prossimi anni fare diagnosi nel campo delle mental health professions richiederà competenza politica,
oltre che scientifica; ammesso che sia realistico separare i due aspetti. Al mercato delle diagnosi, tra qualche
mese, esattamente in maggio, potremo (non) acquistare il prodotto più atteso: la quinta edizione del Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Dsm-5) dell'American Psychiatric Association (Apa). Ne abbiamo
parlato altre volte su queste pagine, l'ultima il 9 dicembre 2012 a proposito dell'inattesa decisione della task
force sui disturbi di personalità di dare forfait e mantenere le vecchie (è il caso di dirlo: risalgono al 1994)
diagnosi. Dicevo che potremo "non" acquistare il nuovo Manuale perché è in corso una campagna che non
lascia spazio a dubbi: «Boycott Dsm-5».
È presto per tirare le somme. Il mio parere è che se sarà una campagna idiosincratica e genericamente
antidiagnostica, non sarà comunque un buon affare per la comunità scientifica. Che già deve misurarsi con
voci psicoanalitiche isolate, ma non minori (Irwin Hoffman) e comunque rappresentative di sentimenti molto
diffusi, che di recente hanno definito ogni classificazione diagnostica un gesto di «oggettivismo autoritario» e
di «disumanizzazione». Per fortuna rintuzzate da voci autorevoli quali Morris Eagle, Peter Fonagy, Jeremy
Safran (il dibattito è sugli ultimi numeri del «Journal of American Psychoanalytic Association»). Che sia
psicoanalitico o new age, l'oscurantismo antidiagnostico non giova alla clinica e quindi non giova alla ricerca,
la quale si propone di studiare, anche attraverso l'individuazione di gruppi diagnostici, i meccanismi della cura
e di dimostrare l'efficacia dei trattamenti. (A proposito: il prossimo numero della rivista di filosofia aut aut sarà
dedicato interamente alla diagnosi in psichiatria). Se invece sarà una campagna condotta in modo rigoroso e
capace di offrire alternative alle lacune del Dsm-5 sarà un'occasione unica per promuovere una
partecipazione consapevole agli sviluppi delle scienze psichiatriche e psicologiche, mostrando che il GoliaDsm potrebbe essere messo in crisi dal Davide della sensibilità clinica.
Lo psichiatra Allen Frances, capo della task force del Dsm-4, è da tempo impegnato a segnalare i rischi del
Dsm-5. L'ultimo colpo di fionda, lo ha lanciato dalle colonne dell'«Huffington Post», scagliandosi contro il
prezzo di copertina della nuova edizione: 199 dollari (149 per la paperback). Come si spiega un costo così
alto? Magari con il fatto che l'Apa ha investito più di 25 milioni di dollari nel Dsm-5 e vuole recuperarne il più
possibile. Il dato è di Allen Frances, al quale non par vero di ricordare che il "suo" Dsm era costato solo
cinque milioni di dollari. E poiché, dice Frances, l'Apa versa in difficoltà economiche, il nuovo Manuale va
spremuto come un limone. In effetti, se andiamo su www.dsm-5.org ci rendiamo conto che tra maggio e
settembre saremo investiti da un intero mondo di DsMrabilia, tipo: «Dsm-5 Desk Reference», «Dsm-5 Clinical
Cases», «Dsm-Study Guide», «Dsm-5 Guidebook», «Dsm-5 Test Questions», «Handbook of Differential
Diagnosis», «Pocket Guide to Dsm-5 Diagnostic Exam».
La politica dei prezzi sarebbe solo l'ultimo di una lunga serie di calcoli sbagliati. In quattro rapide ragioni
Frances spiega perché gli addetti ai lavori non si lasceranno conquistare dal Dsm-5: 1) le iniziative di
boicottaggio stanno fiorendo ovunque; 2) i codici numerici che accompagnano le diagnosi e servono per le
assicurazioni sono comunque reperibili su internet senza spesa; 3) il volume è scritto in modo così pesante e
farraginoso che nessun docente lo vorrà inserire nei programmi di studio; 4) i clinici non si precipiteranno
certo a comprare un manuale assurdamente costoso e discreditato scientificamente prima ancora di essere
in commercio. Frances è lapidario: «La buona notizia è che le poche vendite e la scarsa credibilità del Dsm-5
limiteranno i danni che potrà fare. Quella cattiva è che non avremo più a disposizione un metodo condiviso
per fare diagnosi in psichiatria».
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il boicottaggio del dsm-5
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Non sarei così sicuro della riuscita del boicottaggio, ma va detto che l'infaticabile campagna di Frances ha
avuto molto seguito. Petizioni e appelli fioriscono in tutto il mondo. Dopo la «Open letter to the Dsm-5» della
Division 32 dell'American Psychological Association, firmata da più di 50 associazioni e arrivata a quasi
15mila firme, proprio in questi giorni la Division 32 ha messo in circolazione un altro documento che dice: «È
di vitale importanza allertare i colleghi, i media e i consumatori circa le forti preoccupazioni che nutriamo nei
confronti della proposta Dsm-5». La quale: a) è il risultato di un processo chiuso, reticente e affrettato che
sembra anteporre i profitti editoriali alla salute pubblica; b) è per molti versi scientificamente incerta e
statisticamente inaffidabile, e non ha ricevuto il dovuto e necessario confronto scientifico con la comunità; c) è
clinicamente rischiosa per via delle tante diagnosi nuove e non collaudate e dell'abbassamento delle soglie
diagnostiche; d) porterà a un etichettamento errato dei disturbi mentali in persone che non hanno alcun
bisogno di una diagnosi psichiatrica; e) condurrà a trattamenti farmacologici inutili e potenzialmente dannosi.
L'adesione dell'Associazione Italiana di Psicologia, presieduta da Roberto Cubelli è già arrivata. Anche
mettendo in conto che psicologi e psichiatri spesso guardano al disturbo mentale con occhi diversi, tanta
preoccupazione non era mai stata espressa. Ed escludo si possa parlare, almeno in questo caso, di
psicologia a cinque stelle.
Cosa ci resta? L'International Classification of Diseases dell'Organizzazione mondiale della sanità, la cui
undicesima revisione (Icd-11) dovrebbe uscire nel 2015. La attendiamo con crescente interesse,
immaginando il sorpasso e forse l'affrancarsi dell'Icd da una strana condizione di sudditanza/rivalità verso il
Dsm. E il Manuale Diagnostico Psicodinamico (Pdm), già tradotto in Italia e avviato a un'edizione revised che
si propone di riunire i due inscindibili aspetti della diagnosi: il nome del disturbo e la persona che ne soffre,
l'etichetta e l'individuo.
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09/03/2013
La Repubblica - Napoli
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"Città della Scienza resta a Bagnoli"
Comune e Regione con Silvestrini. Tra 15 giorni la prima mostra Il ministro Profumo: "Il nostro obbiettivo è
ricostruirla entro diciotto mesi"
TIZIANA COZZI
TRA quindici giorni la prima mostra, tra dieci giorni - il 19 marzo - l'approvazione della prima tranche di
finanziamenti da parte del Cipe, come comunicato in consiglio comunale dal sindaco Luigi de Magistris. Città
della Scienza rialza la testa in tempi record e mostra al mondo intero come si rinasce dalle ceneri. Il ministro
della Ricerca scientifica Francesco Profumo, durante un sopralluogo, garantisce che «l'obiettivo, ambizioso, è
di ricostruire tutto in diciotto mesi». Mentre il presidente della Regione, Stefano Caldoro, fissa i paletti: Città
della Scienza «resta a Bagnoli, nessuno pensa di delocalizzarla in un'altra parte della città». Anche il sindaco
la pensa così e lo ribadisce in consiglio comunale. E il fondatore Vittorio Silvestrini annuncia: «Vogliamo
riaprire a fine 2014. Entro marzo ripristineremo, anche se in modo precario, il Science Center su scala ridotta
per dare il segnale che Città della Scienza non è morta. Sarà un chiaro segnale rivolto a chi vorrebbe che
lasciassimo quell'area e andassimo altrove: ma noi non ce ne andiamo e non venderemo quel terreno».
Ieri, intanto, l'annuncio della mostra programmata tra due settimane negli spazi di Bagnoli risparmiati dal
fuoco. «Sarà una piccola mostra - afferma Carlo Guardascione, responsabile relazioni esterne della
Fondazione - fatta con prestiti e donazioni che istituti scientifici, musei e privati ci hanno promesso dall'Italia e
da tutto il mondo. È grande la solidarietà che abbiamo ricevuto c'è stata una corsa per aiutarci. Il nostro
compito ora è stare qui, presidiare la zona, senza paura». Nascerà un primo laboratorio-museo in una
tensostruttura e si occuperanno di nuovo gli spazi rimasti integri del padiglione Marie Curie. Anche
Guardascione esclude un trasferimento: «Sarà Bagnoli il luogo in cui Città della Scienza rinascerà e dovrà
essere una Bagnoli diversa, finalmente riqualificata. L'idea di un altro luogo non è mai stata avanzata da
nessunoe mai presa in considerazione». La prima mostra dopo il rogo non è l'unica data da ricordare.
L'agenda per la ricostruzione ha tempi serrati. E un primo elenco di fondi. La Regione metterà a disposizione
15 milioni del Pac (Piano di azione e coesione): risorse destinate all'avvio dei lavori di ricostruzione, oltre ad
altre misure per la parte archeologica. Il Provveditorato alle opere pubbliche contribuirà con uno stanziamento
tra i 3 e i 5 milioni. Il ministero dell'Istruzione e della Ricerca scientifica interverrà con un 1 milione e 620 mila
euro della legge 6/2000 disponibili entro la fine di marzo e destinati ai lavoratori. Ci sono poi altri 500 mila
euro del Cts (Comitato tecnico scientifico), «una cifra che - ha precisato il ministro Profumo - si conta di poter
aumentare» e 80 mila euro di quota annuale. Verranno destinati a Città della Scienza anche 1,5/1,6 milioni
recuperati da un finanziamento di 4,7 milioni e 3 milioni di un vecchio accordo di programma. In totale si tratta
di circa 7 milioni complessivi di fonte Miur: solo 4,5 saranno quelli destinati alla Fondazione, gli altri 2,5 sono
per la Spa. Da ultimo - ricorda Caldoro - restano i proventi legati alla copertura assicurativa, l'80% del valore
del bene.
Il sindaco fissa la data del 19 marzo per lo stanziamento del Cipe. In campo, accanto al Comune, tutte le
istituzioni lavorano per riportare in vita la struttura di Coroglio. Ieri sopralluogo della commissione regionale
Innovazione e Ricerca con la presidente Antonia Ruggiero e i consiglieri Luciano Schifone e Angela Cortese.
Una visita alla parte più vicina all'ingresso, quella dell'accesso al museo, la biglietteria e i magazzini. Uno
scenario devastante, come dopo un bombardamento. Lo scheletro dell'edificio in pietra resta in piedi,
assieme agli stipiti delle porte in legno ma all'interno si vedono cumuli di macerie annerite dal fumo. Si
avverte ancora la puzza dei materiali bruciati nel rogo. Sciolti nel fuoco, lo Science Center, primo museo
interattivo italiano con il planetario e l'officina dei piccoli.
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PER SAPERNE DI PIÙ www.cittadellascienza.it www.bagnolifutura.it
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La mobilitazione
09/03/2013
La Repubblica - Napoli
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Foto: Distruzione I capannoni di Città della Scienza distrutti dal rogo doloso: prosegue la mobilitazione per
ricostruire al più presto il complesso scientifico nell'area dell'ex Italsider a Bagnoli Le foto sul nostro sito: "Con
mio figlio", di Giuseppe Spinosa Visita a "Futuro remoto", novembre 2012. Massimiliano Lippolis La scuola
primaria dell'I.c. Fiorelli a Città della Scienza, nel 2006
09/03/2013
La Repubblica - Roma
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Un no della Regione e la clinica resta chiusa Al palo centro d'eccellenza e
100 assunzioni
Tremila metri quadrati con le tecnologie più avanzate. Il Consiglio di Stato dà ragione agli imprenditori
CARLO PICOZZA
QUATTRO sale operatorie, un laboratorio per le analisi sul Dna, sull'immunologia, sulla genetica, tace
risonanza di ultima generazione, un centro per l'ostioporosi, un ambulatorio di cardiologia, nove studi medici:
è il "Saint Peter medical Center", la clinica che non c'è.
Anzi, c'è già da un anno ma, complice «l'orientamento sbagliato» della Regione, resta chiusa. «Potremmo
assumere oltre cento operatori tra medici, infermieri e tecnici», spiega Sergio Di Giacomo, clinicoe
imprenditore sanitario, «e non abbiamo chiesto alcun accreditamento, vorremmo solo esercitare il nostro
diritto di impresa». Ma dalla Regione, hanno risposto picche. L'offerta per soddisfare il fabbisogno di salute
dei cittadini del Lazio, secondo gli uffici della sanità sotto commissariamento, sarebbe soddisfacente. Perché
non vannoa raccontarlo alle migliaia di assistiti che da mesi aspettano una prestazione assistenziale? A due
passi dal Vaticano, in via Sergio I, Porta Cavalleggeri, i tremila metri quadrati della clinica restano sbarrati.
L'ascensore di vetro fermo. Le corsie, che espongono un centinaio di tele DESERTO L'accettazione del Saint
Peter, centro che resta chiuso per il no della Regione. Ma, spiega Giuseppe Casolaro, «così si viola la libera
concorrenza» di Ottone Petrillo, sembrano le pareti di una galleria d'arte deserta. «Come noi», continua Di
Giacomo, «in Italia sono migliaia gli imprenditori sanitari che potrebbero creare occasioni di impiego per
centinaia di migliaia di disoccupati, concorrendo ad abbattere le liste di attesa per le prestazioni sanitarie, con
prezzi spesso più bassi degli stessi ticket regionali e mettendo a disposizione degli assistiti le tecnologie più
avanzate a prezzi contenuti grazie alla libera concorrenza».
Anchea Roma ci sono altre cliniche, hospice, altri ambulatori e laboratori di analisi nelle condizioni del Saint
Peter medical Center. Villa Silvana, per esempio: dopo il diniego della Regione, il ricorso al Tar e al Consiglio
di Stato, il 29 gennaio scorso, una sentenza dei giudici amministrativi di secondo grado (la numero 550) non
lascia adito a dubbi: «Il blocco all'apertura di una nuova struttura sanitaria può essere giustificato solo di
fronte alla richiesta di accreditamento». Se no? «L'autorizzazione deve essere rilasciata».
«La casa di cura Villa Silvana», spiega Giuseppe Casolaro, esperto in legislazione sanitaria, «aveva chiesto
alla Regione il rilascio di un'autorizzazione per l'apertura di un centro con 20 posti, riservato ai malati di
Alzheimer». Ma dopo il parere favorevole della Asl, la Regione ha alzato il disco rosso. E il Tar ha confermato
l'orientamento. «In appello però», continua Casolaro, «i giudici hanno interpretato correttamente l'articolo 8ter del decreto legislativo numero 502 del 1992: la previsione di subordinare le autorizzazioni alla verifica del
fabbisogno va letto alla luce non solo dell'articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute dei
cittadini, ma anche dell'articolo 41 che tutela la libertà di iniziativa dell'impresa». La sentenza richiama anche
le «segnalazioni dell'Autorità garante della Concorrenza che rilevano come il contenimento dell'offerta
sanitaria possa tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che
possono incrementare la loro offertaa discapito dei possibili nuovi entranti». © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Il caso La "Saint Peter" ferma da un anno. La proprietà: "Mai chiesto l'accreditamento". L'esperto: "Così si
viola la concorrenza"
09/03/2013
La Repubblica - Firenze
Pag. 4
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Indagine esplorativa sul ruolo della Regione. Il governatore: ne usciremo bene Per il procuratore di Massa
emergerebbe un quadro generale di bilanci ritoccati
FRANCA SELVATICI
LA PROCURA di Firenze ha aperto un fascicolo esplorativo sui bilanci delle Asl di Firenze e di Empoli e
sull'eventuale ruolo di indirizzo della Regione in materia di contabilità delle aziende sanitarie. Per ora non ci
sono né indagati né ipotesi di reato. Il primo marzo il consigliere regionale Giovanni Donzelli (Fratelli d'Italia)
ha presentato una interrogazione per chiedere se non vi sia stata una regia regionale dietro i bilanci falsificati
della Asl 1 di Massa, ora schiacciata da un buco di 400 milioni, e forse anche di altre Asl toscane. Nei giorni
scorsi il procuratore di Massa Aldo Giubilaro ha scritto ai procuratori toscani per informarli di quanto riferito da
indagati e testimoni: «In pratica - ha spiegato - a noi hanno detto che quello che accadeva alla Asl 1 si è
ripetuto anche altrove, con il medesimo sistema e risultato, ovvero i buchi di bilancio».
L'ex direttore amministrativo della Asl di Massa Ermanno Giannetti, già condannato a 5 anni e mezzo in
abbreviato per peculato (per aver derubato la sua amministrazione di oltre un milione e mezzo), ha sostenuto
che le falsificazioni di bilancio rientravano nel «sistema sanità» della Toscana: «In un certo senso - ha
dichiarato - è il "sistema" che costringe ad operare in un certo modo, se non si vuole esserne
irrimediabilmente esclusi». Giannetti ha detto che ogni anno, al momento di chiudere i bilanci, venivano fatte
riunioni in Regionee la Asl riceveva indicazioni per aggiustare i bilanci. «Intendo specificare - ha dichiarato che si tratta di occultamento di spese già sostenute, trattandosi di bilancio chiuso. Voglio dire che quando mi
veniva detto di contenere le spese non si intendeva dire, ovviamente, di non fare delle nuove spese ma,
posto che queste erano già state sostenute (discutendosi di bilancio non preventivo ma consuntivo), di (in
qualche modo) monetizzarle, nasconderle, attraverso artifici contabili sul bilancio». Giannetti ha detto di aver
discusso di questi problemi con colleghi di altre Asl e afferma che la Regione sollecitava aggiustamenti di
bilancio per «rientrare, con la sua spesa sanitaria complessiva, nel patto di stabilità, e beneficiare del
cosiddetto "bonus" da parte dello Stato, oltre che per ragioni di immagine». Accuse gravi, che sono costate al
presidente toscano ed ex assessore alla salute Enrico Rossi (Pd) un invito a comparire a Massa per falso in
atto pubblico, sebbene sia stato lui a denunciare Giannetti e gli ammanchi alla Asl di Massa. Ieri, dopo aver
appreso che le procure un po' ovunque in Toscana aprono indagini sui bilanci delle Asl, Rossi ha dichiarato:
«Io sono contento perché in questo modo la Toscana, dopo essere stata la prima regione ad adottare i
principi contabili, a certificare i bilanci e, con il suo Presidente, a denunciare in procura i falsi in bilancio
scoperti dalle stesse Asl, si sottoporrà a una ulteriore verifica da parte della Guardia di Finanza e della
magistratura. Noi collaboreremo e sono certo che ne usciremo bene. Mi limito a un'unica richiesta: svolgere le
indagini nel massimo della riservatezza e della rapidità in modo da evitare strumentalizzazioni politiche». ©
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Asl, sotto inchiesta anche i conti di Firenze
09/03/2013
La Repubblica - Milano
Pag. 11
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Accusa di omicidio colposo per la morte di una 36enne Michela Pappalardo aveva un gonfiore al seno ma era
stata tranquillizzata più volte. Quando è arrivata la diagnosi era troppo tardi
SANDRO DE RICCARDIS
QUATTRO visite in ospedale, otto mesi di controlli «tranquillizzanti», un ritardo «nella diagnosi di carcinoma
mammario» che prima la costringe ad asportare il seno e poi la uccide. Per la morte di una donna di 36 anni,
il pubblico ministero Ferdinando Esposito ha chiuso le indagini su quattro medici del pronto soccorso
dell'ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio, accusati tutti di omicidio colposo.
Michela Pappalardo ha 35 anni quando si reca per la prima volta in pronto soccorso a Cernusco, il 29 aprile
2009, dopo un'ecografia in un centro privato. Ha partorito un mese prima e durante la gravidanza ha scoperto
«una tumefazione mammaria al seno destro».
I medici le diagnosticano una cisti e la dimettono con la prescrizione di «ghiaccio locale» per due ore. Torna
in ospedale un mese dopo - poi ancora il 24 luglio - e la diagnosi viene confermata. Solo alla quarta visita, il 3
settembre, viene per la prima volta programmata una visita oncologica. «Voluminosa forma cistica - ribadisce
il referto - si rinvia in day hospital per organizzare ricovero per intervento». La signora è spiazzata dalla
necessità, mai emersa prima, di un'operazione.
Così va al San Raffaele e scopre il tumore, "carcinoma mammario", confermato anche da un'altra visita
all'Humanitas, dove verrà eseguita l'asportazione del seno. Ancor prima dell'intervento, è lei stessa a fare
denuncia. La procura apre un fascicolo per lesioni gravissime: secondo la ricostruzione del pm Esposito,
senza quegli otto mesi di ritardo, la donna avrebbe potuto evitare l'asportazione. Il pm opta per la citazione
diretta a giudizio, ma la paziente muore prima, il 14 novembre 2010. Alla prima udienza, il giudice restituisce
gli atti e chiede che si proceda per omicidio colposo.
Ora, la chiusura delle indagini per i quattro medici. Che «in quanto in servizio al pronto soccorso, avendola
avuta in cura nei giorni 30 aprile, 29 maggio, 24 luglio e 3 settembre 2009, per imperizia e negligenza
consistita nel non aver tempestivamente effettuato l'esame citologico del liquido aspirato dalla mammella»,
«ritardavano di circa 8 mesi la diagnosi precoce di carcinoma mammario». Ritardi che avrebbero provocato
metastasi diffuse e poi la morte. In attesa del processo che definirà le responsabilità, ieri la direzione
dell'Azienda ospedaliera di Melegnano, da cui dipende Cernusco sul Naviglio, non ha fornito una sua
versione dei fatti. Per l'avvocato Paolo Vinci, legale dei medici, all'epoca tra i 53 e i 64 anni, «è ancora tutto
da verificare nel processo, in particolare per quel che riguarda responsabilità che non vanno attribuite ai
sanitari del pronto soccorso».
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Foto: L'OSPEDALE Il pronto soccorso dell'Uboldo di Cernusco dove lavorano i 4 medici sotto accusa
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Quattro visite in otto mesi ma nessuno dei medici si accorse del tumore
09/03/2013
La Repubblica - Palermo
Pag. 8
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Il miglior medico non è l'aereo il cancro si batte anche in Sicilia"
CHE in Sicilia il miglior medico sia l'aereo è una verità alla quale non vuole arrendersi. Nonostante i suoi 88
anni, Umberto Veronesi ha ancora energie da spendere per promuovere «i semi della scienza» - è così che li
chiama - anche nell'Isola dove i viaggi della speranza sono ancora una piaga. E così il luminare della cura
contro i tumori detta l'agenda per promuovere la cultura della ricerca e della divulgazione scientifica anche tra
donne e uomini palermitani. «Impresa dura - dice - ma non impossibile». È per questo che ieri, a Palazzo
Steri, ha battezzato la prima task force siciliana della sua Fondazione, nata nel 2003 dall'iniziativa di un
gruppo di scienziati tra cui 11 premi Nobel.
Professore, i numeri parlano chiaro: nel 2011 sono stati 55.132i siciliani emigrati in altre regioni per farsi
curare. La maggior parte proprio per patologie legate ai tumori.
«È vero, i viaggi della speranza sono un fenomeno ancora molto diffuso al Sud. La maggior parte dei
pazienti provenienti da fuori regione che viene a farsi curare all'Istituto europeo di Oncologia di Milano è
siciliana e pugliese.
Noi li rimandiamo indietro, orientandoli nei centri di riferimento siciliani. Prendiamo in carico solo i casi più
gravi. Eppure in Sicilia esistono ottimi professionisti e ottime strutture».
Quali sono le realtà d'eccellenza? Un buon centro di radiodiagnostica per esempio è Villa Santa Teresa di
Bagheria. Ma ce ne sono altri sparsi in tutta l'isola».
E sul fronte della ricerca scientifica? «Ci sono degli ambiti in cui la Sicilia ha raggiunto buoni livelli.
Mi riferisco alla biologia molecolare o alla senologia».
Di cosa si occuperà la delegazione siciliana della Fondazione Veronesi? «Sarà l'occasione per la Sicilia di
partecipare attivamente alla ricerca scientifica, sviluppando attività di divulgazione e di raccolta fondi. L'attività
sarà coordinata da Vittorio Gebbia, direttore del reparto di Oncologia Medica de La Maddalena e docente
all'università di Palermo. Confido in una buona risposta da parte della popolazione».
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Foto: Il professor Umberto Veronesi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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L'intervista Umberto Veronesi a Palermo inaugura la sede della sua Fondazione allo Steri
09/03/2013
La Repubblica - Bologna
Pag. 21
(diffusione:556325, tiratura:710716)
OSPEDALI RAVALDONI COI TAGLI ALLA SANITÀ
LUIGI LEPRI
CONCLUSE le elezioni arriva la prevista scure sulla sanità e Bologna deve tagliare 50 milioni. Per questo è
stata ingaggiata un'esperta, ribattezzata «Lady mani di forbice»o anche, in dialetto, La sfitladåura
(l'affettatrice).
Dunque, è sempre attuale il verbo Tajèr (tagliare) che si usa in molti casi come Ai tâja lèrghi (le taglia larghe,
cioè le spara grosse), Tajèr di gabanén (fare maldicenze), Tajèr la lâza (fuggire), Aria ch'la tâja (aria gelida),
Tajèrs i marón (agire contro il proprio interesse). Un infermiere del Maggiore, temendo una riduzione dei
servizi, ha detto Al sbdèl al dvintarà un Ravaldån (l'ospedale diventerà un Ravaldoni). Questo Ravaldoni era
un noto raccoglitore di rottami e, come accade spesso, il cognome divenne sostantivo per designare un
oggetto che funziona malamente. Un ottimista ha replicato con le frasi Par brótta ch'la séppa la pgnâta, l'arà
sänpr un quêrc' (per brutta che sia la pentola, avrà sempre un coperchio. Cioè dopo i tagli avremo comunque
strutture efficienti) e L é méi un usèl in man che un tòc drî dala zèda (è meglio un passero in mano che un
tacchino dietro la siepe, cioè preferisco minori costi a un ospedale chiuso). Tajèr è poi riapparso nella
conclusione dell'infermiere: Bisugnarà dèri ed tótt i tâi (bisognerà essere capaci in ogni circostanza). ©
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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DÌ BÄN SÓ FANTÈSMA!
09/03/2013
La Repubblica - Torino
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Città della Salute, i sindacati occupano la direzione Sotto accusa i tagli che costringono a risparmi eccessivi e
le recenti nomine dei nuovi direttori
SARA STRIPPOLI
IFILI di sutura utilizzati in sala operatoria sono fabbricati in Cina e non durano come dovrebbero; i tubi di
drenaggio sono prodotti con silicone scadente che tende a piegarsi; la vitamina C bisogna andare a cercarla
nei reparti vicini; gli elettrodi per gli elettrocardiogrammi scarseggiano; si usano siringhe più grandi e più
costose anche quando sarebbero sufficienti quelle da 10 cc. Che però mancano. Nei giorni scorsi i
rappresentanti sindacali della Città della Salute sono andati nei reparti a raccogliere le lamentele di capisala
medici e chirurghi e ora tornano sul piede di guerra. «In questo modo si finisce inevitabilmente per
penalizzare il servizio ai pazienti», dicono. Così, dopo alcuni mesi di tregua in attesa di verificare i primi effetti
della riorganizzazione che ha riunito i quattro ospedali della super azienda, ieri cento sindacalisti di tutte le
sigle esclusa la Cisl (Cgil, Uil, Nursing up, Fsi, Cobas Fials e Ugl) hanno lasciato l'incontro convocato in Aula
Magna con il direttore generale Angelo Del Favero, hanno occupato l'amministrazione al primo piano e deciso
lo stato di agitazione. In discussione le difficoltà della vita quotidiana in ospedale per infermieri e operatori
sanitari, l'ormai cronica carenza di personale e l'allarme sulla scarsità dei rifornimenti di farmaci e di materiale
sanitario. Ritenuto in alcuni casi troppo scadente: «Il principio è quello di contenere i prezzi. Inoltre le scelte
delle Federazioni sugli acquisti non tengono conto delle esigenze sanitarie specifiche della Città della salute».
L'esito dell'incontro è stato insoddisfacente, spiegano: «Non ci sono state date le risposte che attendevamo».
Sotto accusa anche il metodo utilizzato per le nomine dei direttori di struttura complessa e la decisione della
direzione di assumere un'impiegata amministrativa in arrivo dal Gradenigo in un momento in cui non ci sono
assunzioni di personale infermieristico.
Francesco Cartellà è il rappresentante aziendale della Cgil e chiarisce: «È evidente a tutti che in questo
contesto assumere un'impiegata amministrativa a 4800 euro al mese è assurdo quando gli infermieri sono
pochi ovunque. Per fare un unico esempio, la terapia intensiva è in forte sofferenza a causa della carenza di
infermieri». Forti contestazioni anche per i criteri adottati per le nomine: «La legge prevede che siano i
direttori di struttura complessa ad indicare i nomi dei direttori di dipartimento. Qui invece la procedura è stata
inversa: abbiamo avuto i nomi dei direttori di dipartimento prima che fossero indicati quelli dei responsabili di
struttura complessa».
Le segnalazioni si tradurranno adesso in un volantino che nei prossimi giorni sarà affisso in tutte le bacheche
dei quattro ospedali. Una seconda riunione è convocata per martedì. «Vogliamo che l'atto aziendale sia
rivisto dopo una consultazione con le organizzazioni sindacali e chiediamo che si intervenga al più presto
sulla sofferenza del personale costretto a turni sempre più faticosi. La sicurezza dei pazienti è prioritaria».
Foto: SALA OPERATORIA Un intervento chirurgico: per i sindacati si usano materiali scadenti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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"Pochi addetti, materiali scadenti a rischio le cure dei ricoverati"
10/03/2013
La Repubblica - Torino
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Metodo Stamina, ok del ministro alla coltivazione delle cellule
Salvatore Bonavita affetto da una grave patologia neurovegetativa potrà curarsi
SARAH MARTINENGHI
SALVATORE Bonavita avrà un ospedale in cui potersi curare, dove gli saranno somministrate le cure
compassionevoli con la terapia Stamina che potrebbero strapparlo alla morte. Ma si tratta di un laboratorio
che ha una struttura e segue delle regole diverse da quello di Brescia e sia Davide Vannoni, fondatore di
Stamina, sia il padre del ragazzo temono che la terapia possa essere vanificata dalle troppe differenze fra i
due protocolli. Dopo la sentenza del Tribunale civile in cui due giorni fa il giudice Mauro Mollo aveva
acconsentito a far sottoporre al trattamento con le cellule staminali il ragazzo di 39 anni giunto allo stadio
terminale della malattia di Newmann Pick (una patologia neurodegenerativa che porta a perdere
progressivamente l'uso dei i muscoli), il Ministero della Salute ha fatto sapere di aver trovato un laboratorio
autorizzato in cui poter effettuare il trapianto: l'Ospedale Maggiore di Milano si è infatti dichiarato disponibile
all'intervento. Ma subito si sono materializzati anche dei problemi tecnici che sembrano poter mettere a
rischio l'efficacia della cura.
«Il Ministero non ci ha informato, abbiamo appreso dai media la notizia della disponibilità dell'ospedale di
Milano ha commentato Luigi Bonavita - mi auguro comunque che Salvatore possa ottenere le cure al più
presto perché ne ha bisogno». Ma Davide Vannoni avanza delle perplessità: «Il problema è che il laboratorio
"GMP" segue regole diverse da quello di Brescia. Il minimo cambiamento di fattore può compromettere la
vitalità delle cellule. E a mio giudizio così ci sono grandi rischi».
Il giudice in sentenza aveva constatato l'efficacia della tecnica di Stamina anche attraverso un video che
mostrava i miglioramenti ottenuti da Salvatore dopo un ciclo di terapia nel 2009. Aveva ordinato dunque di
eseguire la terapia, usando il know how e il personale di Stamina, ma in un laboratorio autorizzato. «Uno dei
problemi è che bisogna scongelare le cellule di Salvatore e metterle in coltura entro due ore e mezza.
Ci auguriamo quindi che ci organizzino anche un viaggio a sirene spiegate perché se troviamo traffico in
tangenziale buttiamo via le provette» ha spiegato Vannoni, che aggiunge: «la nostra proposta è che il
ministero analizzi un campione di cellule che vogliamo infondere a Salvatore e ci dia l'ok dopo aver
constatato che non ci sono pericoli di contaminazione, senza dover fare km e correre rischi inutili. Per
trasformare la nostra metodica in farmaceutica occorre un anno e mezzo: Salvatore non ha tutto questo
tempo».
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Foto: IL LABORATORIO La cura si svolgerà in un laboratorio dell'ospedale Maggiore di Milano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il caso Dopo il via libera del giudice in un laboratorio autorizzato, l'Ospedale Maggiore di Milano è pronto
10/03/2013
La Repubblica - Torino
Pag. 13
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Malata oncologica e invalida ma l'Inps le toglie l'assegno
VERA SCHIAVAZZI
Mia mamma, 79 anni, malata di leucemia linfatica cronica, in data il 27 novembre 2012, è stata convocata
presso la sede Inps di Torino per essere sottoposta a visita di controllo al fine di confermare le prestazioni di
cui è beneficiaria ovvero l'assegno di accompagnamento che gli fu riconosciuto, precedentemente (12
maggio 2011) dalla commissione medica dell'Inps di Nichelino dove risiede.
Ebbi modo di spiegare, alla solerte commissione medica dell'Inps torinese, accompagnando mia mamma alla
visita (sono l'unico figlio e la sola persona al mondo che può aiutarla) che le condizioni sono ulteriormente
peggiorate dal 2011. I funzionari ai quali chiesi informazioni, nei giorni precedenti alla visita, mi risposero che
questa opportunità è applicabile solo ai pazienti "allettati". Mia mamma in quel periodo non lo era. Nei giorni
successivi è stata trasportata dall'ospedale di Moncalieri al reparto oncologico dell'Istituto di Candiolo per
tentare una ulteriore e forse ultima terapia.
Adesso è in attesa di un nuovo ricovero per proseguire le terapie.
Per i medici dell'Ircc le possibilità di cura della mamma (dopo innumerevoli cure e terapie) sono molto
limitate.
Il verbale trasmesso alla mamma dall'Inps di Torino dice che la mamma non "possiede alcun requisito tra
quelli di cui all'art 4 della legge 9 Febbraio 2012". Dunque una norma successiva al 2011 stabilisce, come nel
caso di mia mamma, che ad un malato in stadio terminale può essere revocato l'assegno di
accompagnamento pari a circa 450 euro netti al mese pur riconoscendogli (una vera e propria "beffa") il 100
per cento di invalidità. Non so davvero chi ha pensato un simile incastro di provvedimenti cosi diabolico.
Quello che mi permetto di suggerire al prossimo esecutivo è di rivedere questo insieme di norme a mio
modesto avviso "assurde e illogiche".
E' evidente che lo Stato, inteso come comunità, non è in grado di offrire condizioni dignitose per i propri
anziani gravemente malati.
Maurizio Rosati Gentile signor Rosati, la sua lettera richiede ben pochi commenti, semmai - ci si
aspetterebbe - risposte da chi può darle. Il vostro caso, benché particolarmente drammatico, non e' certo il
primo che mostra inadeguatezza e contraddizioni nel sistema pubblico che regola l'assistenza agli anziani
malati. Ma sembra denotare un ulteriore peggioramento, che giustamente indigna lei "come figlio e come
cittadino", ma tocca tutta la comunità' cittadina. Una comunità dove gli anziani sono moltissimi.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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LETTERE DA TORINO
10/03/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Pulizie, farmaci e consumi scure della Asl per tredici milioni
Piano "lacrime e sangue": cancellate le medicine di marca Dal blocco del turnover ci si aspetta un risparmio
di circa un milione
GIUSEPPE FILETTO
IL PIATTO è servito. Un boccone amaro, quantomeno difficile da mandare giù. Già, perché la Asl Tre da
qualche giorno ha stilato un piano di risparmio che va oltre la raschiatura del barile. Una "dieta forzata", che
non è stata ancora presentata alle organizzazioni sindacali, ma che permetterebbe di raggiungere quei 13
milioni di euro di tagli imposti dalla Regione nel 2013. Complessivamente su tutta la Liguria si dovrà
risparmiare qualcosa come 60 milioni di euro. Così, la Asl Tre dovrà recuperare cinque milioni dalla spesa
farmaceutica, sei milioni dalle forniture di beni e servizi, una milionata dal blocco del turnover, altrettanto dalle
pulizie.
Al momento il bilancio di previsione non è stato deliberato (si attende il riparto del Fondo Sanitario Nazionale
al centesimo), ma il pianoè stato messo nero su bianco. Partiamo dai costi delle pulizie. Che è il più bizzarro.
Secondo quanto ha chiesto il direttore generale della Asl, Corrado Bedogni, al suo direttore amministrativo,
Giuseppe Reinaudo, i distretti sanitari, gli sportelli Cup, tutti gli uffici dovranno ridurre le spese di pulizia.
Come? Le ditte e le cooperative, che hanno in appalto il servizio, saranno chiamate a svolgerlo soltanto due
volte la settimana, non più tre come accade oggi. Da questa restrizione sono esclusi gli ospedali, dove invece
l'igiene deve essere garantita tutti i santi giorni. Comunque,è una riduzione di servizio che da una parte
consentirà il risparmio di più di un milione di euro all'anno, dall'altra prepara appunto la "dieta al veleno" per le
ditte appaltatrici.
Queste, dovendo fornire un servizio ridimensionato, inevitabilmente saranno probabilmente costrette a loro
volta a tagliare personale in esubero.
Bedogni, nominato al posto di Renata Canini per mettere a posto i conti in rosso della "Tre Genovese", non
prende sonno.
È preoccupato dalla gestione della spending review. Così, pensa di recuperare altri 6 milioni di euro dagli
acquisti di beni e servizi: «Ogni anno spendiamo 60 milioni di euro, abbiamo chiesto uno sconto del 10% a
tutte le ditte in cambio della proroga del contratto per un altro anno. Ce lo consente la normativa».
Complessivamente 6 milioni di euro. E se i fornitori dovessero rifiutare la proposta indecente? «La stessa
legge ci permette di cambiare ditta», spiega il manager: una sorta di avviso ai naviganti.
Nel bilancio del 2013, stilato dalla Asl Genovese, una voce pesante è coperta dalla spesa farmaceutica.
Quella convenzionata:i soldi che il Servizio Sanitario Nazionale paga per garantire i medicinali a tutti i
cittadini. E la "Tre" per i suoi 750mila utenti. Il direttore generale, arrivato dalla Asl di Cuneo non ha dubbi: «I
medici ed i pediatri di famiglia dovranno adeguarsi alla legge, prescrivendo i farmaci equivalenti, che costano
molto meno, al posto di quelli di marca». Chi vuole il medicinale "griffato", dovrà pagarselo di tasca propria.
Un risparmio calcolato sui cinque milioni di euro. D'altra parte, la Regione ha stabilito che in tutta la Liguria le
dieci aziende sanitarie (cinque Asl ed altrettante ospedaliere) su questa voce nel 2013 dovranno tagliare più
di 40 milioni di euro.
La cura da cavallo per la Asl Tre annuncia pure il blocco delle sostituzioni per il personale che va in
pensione. Nel corso del 2013 è previsto che 55 dipendenti lasceranno il servizio.
E sempre l'assessore regionale alla Sanità, Claudio Montaldo (anche vicepresidente della giunta) a fine
dicembre ha fatto approvare la delibera con la quale blocca ogni tipo di assunzioni, anche quelle a tempo
determinato, i contratti di consulenza e persino gli interinali e le collaborazioni continuative.
Un provvedimento che per le organizzazioni sindacali è ancora più pesante del DecretoMonti. «Riusciremo a
coprire solo il 10% dei posti vacanti - confessa Bedogni - sostituiremo soltanto il personale fortemente
carente: medici ed infermieri». © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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I tagli alla sanità
10/03/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La scheda I TAGLI Complessivamente la Regione detta il taglio di circa 60 milioni di euro alle dieci aziende
sanitarie: cinque Asl, altrettanti ospedali IL RISPARMIO La Asl deve risparmiare 13 milioni di euro per
l'esercizio del 2013, anche se attende il riparto del Fondo Sanitario Nazionale GLI ACQUISTI Alle ditte
fornitrici di beni e servizi sarà chiesto uno sconto del 10%. In caso di diniego la Asl Tre si rivolgerà ad altri
fornitori GLI ORGANICI Sarà sostituito il 10 per cento del personale che nel 2013 va in pensione: soltanto
medici e infermieri, figure sanitarie carenti LE PULIZIE Uffici amministrativi, sportelli Cup, distretti sanitari
saranno puliti non più di due volte alla settimana, invece che tre come accade oggiI FARMACI Obbligo per i
medici di famiglia di prescrivere farmaci "equivalenti" e non di marca Si calcola un risparmio di 5 milioni di
euro GENOVA.IT
Notizie e approfondimenti su genova.
repubblica.it
PER SAPERNE DI PIÙ www.asl3.liguria.it www.confartigianato.it
10/03/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 2
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Il San Raffaele in cambio per salvare Quarto
Il piano iniziale era mantenere solo le strutture strettamente sanitarie
NADIA CAMPINI
IL COMUNE mette sul piatto il San Raffaele di Coronata, per salvare un altro pezzo dell'ex ospedale
psichiatrico di Quarto. E' questo in sostanza il succo della proposta che giovedì mattina Tursi presenterà al
tavolo della Regione e del comitato, per trovare una soluzione che metta d'accordo le esigenze della Regione
di far cassa con quelle del Comune e del comitato di salvaguardare il complesso di Quarto. Al centro della
proposta c'è anche un cambiamento radicale del piano presentato in origine dalla Regione, piano che
prevedeva di mantenere solo le strutture per i pazienti psichiatrici e di realizzare una piattaforma sanitaria,
concentrandoli nella parte posteriore della struttura, per alienare tutto il resto.
«La nostra idea - spiega il vicesindaco Stefano Bernini - parte invece dalla scelta di mantenere a servizio
pubblico la parte più vicina all'ingresso della struttura, che è anche più facilmente raggiungibile dall'esterno,
per liberare quella più a Sud».
Il Comune si offre inoltre di acquistare una parte degli edifici altrimenti destinati all'alienazione, per destinarli
ad attività sociali e culturali. In questo modo potrebbero restare a Quarto anche il Centro Basaglia e almeno
una parte delle cooperative sociali, e il museo Costa, che altrimenti avrebbero dovuto essere traslocate, visto
che la Regione finora si è dichiarata disponibile solo a proseguire a Quarto l'attività strettamente sanitaria.
Per acquistare questi edifici il Comune offre in permuta il San Raffaele di Coronata, da tempo inserito fra i
beni da dismettere, oppure in caso di mancato accordo si ipotizza la vendita della struttura in modo da
destinare i fondi derivanti da questa cessione all'acquisto degli immobili di Quarto che potrebbero essere
destinati ad attività sociali e culturali. La trattativa dovrà comunque svolgersi anche con Arte, visto che ormai
tutti gli immobili dell'ex psichiatrico sono stati ceduti all'Agenzia regionale essenzialmente per motivi di natura
contabile.
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Foto: L'ex ospedale psichiatrico di Quarto
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Il caso La proposta del Comune alla Regione: dare in permuta la struttura di Coronata per allargare la
porzione di ex psichiatrico da non dismettere
10/03/2013
La Repubblica - Palermo
Pag. 10
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Il giudice civile condanna il Policlinico. Anna da 8 anni nutrita da una sonda La donna è immobile a casa
assistita dal marito I medici erano stati prosciolti
ROMINA MARCECA
ANNA Mangano il 20 ottobre del 2005 entrò nella sala parto dell'Imi con un sorriso tirato: aveva 33 anni ed
era impaurita.
Fu lei a scegliere l'anestesia totale per la nascita del suo secondo bambino perché era convinta che la
spinale l'avrebbe ridotta sulla sedia a rotelle. Ma da quella sala operatoria Anna uscì in coma vegetativo:
qualcosa non andò durante l'anestesia. Il giudice civile, a otto anni da quella vicenda, ha deciso un
risarcimento record per la famiglia di Anna Mangano, che da quel giorno vive in stato vegetativo. Il Policlinico,
dal quale dipende l'Imi, dovrà risarcire per 2 milioni e 500 mila euro il marito di Anna Mangano, Carlo Licari, e
i loro due figli di 14 e 8 anni.
La sentenza è di primo grado e dunque prima di essere esecutiva si dovrà attendere un eventuale ricorso in
Appello da parte dell'ospedale. Una decisione, quella del giudice civile, che è arrivata dopo un processo
penale in cui è stata archiviata la posizione di sei medici. Il magistrato ha riconosciuto negligenza da parte
della struttura ospedaliera durante i soccorsi alla paziente che è andata in difficoltà respiratoria e alla quale è
mancato ossigeno al cervello dai 3 agli 11 minuti. «Negligenza e imperizia» che, secondo il giudice,
sarebbero intervenute nella gestione di un caso di routine. «Il risarcimento? È una notizia che mi dà gioia, ma
nessuna cifra potrà mai restituirmi ciò che mi è stato tolto», dice Carlo Licari, 44 anni, mentre accarezza la
sua Anna. «Non ho mai smesso di crederci, sin dall'inizio, ma adesso che abbiamo avuto un po' di giustizia
non posso non pensare a quanto abbiamo dovuto combattere.
Nessun medico si è mai professato colpevole». Anna da otto anni non ci vede più, percepisce solo le ombre,
i suoi muscoli non rispondono agli stimoli, emette solo flebili suoni e viene nutrita attraverso una sonda.
Dopo oltre due anni passati negli ospedali tra Palermo e Messina (al centro Neurolesi), Carlo ha deciso di
portare a casa la sua Anna, per assisterla da solo. Ha lasciato il lavoroe vive soltanto della pensione
riconosciuta alla moglie, oltre agli aiuti da parte della sua famiglia.
Nella casa del quartiere Uditore una stanza è stata allestita solo per assistere la moglie. «Sono diventato un
infermiere per necessità e riesco a gestire la situazione ormai senza grandi difficoltà», racconta Carlo. Amore,
forza, pazienza. Carlo va avanti ogni giorno così. «Ho preso coscienza nel tempo di quanto mi è accaduto e
senza dubbio non sarei riuscito ad arrivare fino a qui se non ci fossero stati la mia famiglia e i miei amici».
Vive di ricordi. «E' stato amore a prima vista, l'ho incontrata per strada.
Da allora non ci siamo più lasciati». L'avvocato che assiste la famiglia Licari dal 2005, Giuseppe Incardona,
adesso spera di far riaprire il processo penale: «Mi occupo anche di cellule staminali e mi auguro che la
famiglia Mangano un giorno, con quella cifra, possa sperare per Anna un ritorno alla vita normale». ©
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Foto: PRIMA E DOPO A sinistra Anna Mangano e Carlo Licari il giorno del loro matrimonio, nel 1997.
A destra Anna e Carlo oggi, nella stanza allestita in casa per assistere la donna
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Partorisce e va in coma, ottiene 2,5 milioni
11/03/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 2
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Rubate le sonde in Gastroenterologia, saltano gli esami per molti pazienti Si pensa che una "talpa" possa
aver aiutato i complici dall'interno del reparto
STEFANO ORIGONE
MAXI furto all'ospedale Galliera. I ladri hanno rubato nell'ambulatorio di endoscopia del reparto di
Gastroenterologia 20 sonde per gastroscopie e colonscopie per un valore di 500 mila euro.
Un danno enorme che ha ripercussioni non solo dal punto di vista economico. Infatti, almeno per oggi una
grande parte degli esami in programma verranno rimandati: i medici dovranno lavorare con apparecchiature
di emergenza e comunque non sufficienti per coprire l'attività ambulatoriale.
«Avviseremoa casa una parte di pazienti che gli esami sono stati spostati perché oggi saremo in piena
emergenza e non possiamo garantire tutte le prestazioni», spiegano al Galliera.
Il colpo è stato scoperto dal medico di guardia. Secondo la ricostruzione della polizia, si è assentato un paio
d'ore, dalle 14 alle 16, e quando è ritornato in reparto siè accorto che nel vicino ambulatorio la porta
dell'armadietto che custodiva le sonde era aperta. Non c'era nessun segno di scasso sulla porta, ha precisato
la scientifica, per un semplice motivo: la serratura ha una combinazione e chi l'ha aperta era in possesso del
codice numerico. Ma chi può essere stato, considerato che nessuno, a parte il personale interno, ne è a
conoscenza? È ovvio - spiegano gli inquirenti - che i ladri, perché almeno due erano e poi spiegheremo
perché - avevano una talpa nel reparto ed è lì che si stanno concentrando le indagini, proprio su tutti quelli
che hanno accesso a quella stanza. Il furto è stato organizzato alla perfezione, nei minimi dettagli perché i
malviventi sapevano che in quelle due ore nell'ambulatorio non c'erano ne medici ne infermieri. Hanno avuto
tutto il tempo di agire e, incredibile, trafugare 20 sonde da 500 mila euro. Due ladri, dicevamo. Certo, perché
gli strumenti medici pesano 3 kg l'uno ed è difficile pensare che una sola persona sia riuscita a portarli
all'esterno senza essere notati. Anzi, aggiungono gli inquirenti,è quasi certo che abbiano utilizzato una
valigia, forse addirittura una barella, coprendo la refurtiva con un lenzuolo. Un'altra certezza è che si è trattato
di un furto su commissione. Come è stato scoperto l'anno scorso dalla Squadra Mobile di Firenze per un furto
analogo all'ospedale di Careggi, questo tipo di attrezzature spesso vengono rivendute all'estero, in stati
dell'Est d'Europa, a studi privati. Il caso è nelle mani dell'ufficio prevenzione generale della Questura, che ha
richiesto di poter esaminare una dozzina di telecamere. Gli agenti sperano che abbiano filmato i malviventi
mentre portavano all'esterno la refurtiva. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: L'ospedale Galliera
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Ladri al Galliera, colpo da 500 mila euro
10/03/2013
La Repubblica - Firenze
Pag. 11
(diffusione:556325, tiratura:710716)
L'efficacia della nuovissima metodica radiografica
PRENDENDO SPUNTO dalla competente ri-sposta all'articolo da me redatto e pubbli-cato nel numero del 9
ottóbre 2012 di To-scana Medica, organo dell'Ordine dei Medici Firenze, da parte del Direttore dell'Istituto
Tumori Toscano e dell'ISPO, il Prof. Gianni Amun- raccogliamo la "sfida" della innovazione tecnologica nella
ri-cerca delle frontiere più avanzate la lotta al tumore mammario. Come preannunciato lo Studio Michelangelo
sarà a breve do- dell'apparecchio di mam-mografia digitale avanzata, la to-mosintesi: questa installazione ci
offrirà l'opportunità di valutare e confermate la valenza di effica- clinica della nuovissima me-todica
radiografica come ormai sempre maggiore insistenza leggiamo nella letteratura scien-tifica internazionale e
nazionale. Studio Michelangelo sarà in grado di mettere a disposizione tutte le donne, a titolo gratu- la
tomosintesi affiancandola!, adesso prudentemente, alla mammografia digitale di routine vediamo quali sono
le fonda-mentali differenze con la mam-mografia digitale convenzionale. Quest'ultima genera una imma-gine
della mammella vista per trasparenza: ovvero l'organo in realtà tridimensionale viene rappresentato e ridotto
a una superficie a due dimensioni, l'immagine appunto, all'interno della quale tutti i piani si sovrap-pongono.
Questo nelle mammelle adipose (trasparenti radiograficamente) è un vantaggio. Può essere invece un grosso
pro-blema nelle mammelle preva-lentemente ghiandolari (dense radiograficamente) fino all'eve-nienza di
nascondere piccoli tu- mori e quindi inficiare la possi-bilità di una diagnosi precoce, in tempo utile cioè a una
prospetti-va di guarigione. La tomosintesi invece ricostru-isce in altissima definizione la caratteristica
tridimensionale della mammella riducendo dra-sticamente l'errore descritto per la mammografìa. Questo è
molto ben conosciu-to da coloro i quali utilizzano estesamente l'ausilio ecografico accanto alla mammografìa,
come da noi praticato per protocollo diagnostico di senologia clinica. In buona sostanza è per noi
fondamentale la possibilità non solo di allargare e implementare qualitativamente l'offerta di dia-gnostica
senologica ma anche di renderne facile l'accesso. Più alto è il numero delle donne che volontariamente si
sottopon-gono ai controlli ciclici maggiore è per noi la possibilità di indivi-duare precocemente le pazienti
colpite. Per questo abbiamo pensato e realizzato un percorso standar-dizzato che la donna affronta in
perfetta sicurezza e benessere Immagine Tomosintesi 3D all'interno del quale viene sotto-posta a ecografìa
con nuovissi-ma apparecchiatura a scansione automatica, mammografia e, previa esplicita e volontaria accettazione, a tomosintesi senza aggravio dei costi fino ad ora sostenuti. Il fine è riuscire a dimostrare la
validità della tomosintesi e di so-stituirla alla mammografia con i vantaggi di cui ho accennato. La nostra
lunghissima esperien- za ci rende assolutamente fidu-ciosi della riuscita dell'impresa. Tutte le donne potranno
rivol-gersi direttamente allo Studio Michelangelo telefonando allo 055496081 per appuntamenti. Per richiesta
di chiarimenti e appro-fondimenti potranno inviate una mail a info@Btndiomichelangelo. com sarò ben
contento di risponde-re personalmente ai vostri quesiti. Il Direttore Sanitario Dr. Alberto Nicolucci
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Speciale salute Acura di A, Manzoni & C. SpA
09/03/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Cinghiali radioattivi, indagine sulle Alpi
Gli esperti: "Il cesio 137 potrebbe essere un'eredità dell'incidente di Cernobil dell'86" L'Arpa del Piemonte
effettuerà «un monitoraggio radiometrico»
ALESSANDRO BALLESIO VERCELLI
Cernobil. Adesso più nessuno ha paura di pronunciare a voce alta questa parola che fino a ieri, quassù in
Valsesia, settanta chilometri da Vercelli, sembrava impossibile soltanto da immaginare. È proprio la centrale
maledetta, quella del 1986, quella dell'incidente che ricorderanno chissà quante generazioni ad aver sporcato
la terra con il cesio 137, trovato in quantità massicce nelle viscere di 27 cinghiali abbattuti nell'ultima stagione
di caccia. Gli esperti non sanno fornire altre spiegazioni: è di fronte a quest'unica certezza che verrà lanciata
una campagna di controlli estesa a tutto l'arco alpino. Non solo Valsesia, non solo Piemonte. «È doveroso
iniziare uno screening di tutti i cinghiali presenti nelle vallate del Nord Italia. Sarà un lavoro lungo ma
necessario: non possiamo pensare che gli unici casi si siano verificati in una porzione così minuscola di
territorio. Bisogna approfondire. E pensare anche ad altre specie selvatiche come i caprioli, che sono in
rapida diffusione». È quanto ha detto il responsabile dei laboratori di zooprofilassi di Vercelli, Novara, Asti e
Alessandria, Fulvio Brusa, che ieri ha partecipato a Torino alla riunione di emergenza indetta dal ministro
della Salute, Renato Balduzzi in video conferenza da Roma, con i carabinieri di Nas e Noe. I primi, questi,
che grazie a un laboratorio mobile per il rilevamento di sostanze radioattive partiranno alla volta di un
minuscolo perimetro di valle, in Piemonte orientale, per carpire quanto più potranno del «mistero cesio 137».
Mentre il Noe procederà al campionamento di terra ed acqua, il Nas si occuperà delle matrici alimentari che
verranno analizzate nei laboratori degli istituti nazionali: selvaggina, frutti di bosco, funghi, latte, formaggi. E
da lì l'operazione cinghiali (e tutto ciò che ne consegue) si dipanerà in altre province, in altre regioni. Anche in
Lombardia, dove pure l'assessore regionale all'Agricoltura, Giuseppe Elias, ieri mattina era intervenuto per
sottolineare che «nessun livello anomalo di radioattività è stato finora rilevato. Ma non abbassiamo la
guardia». L'Arpa del Piemonte ha assicurato che sarà in prima linea: effettuerà «uno specifico monitoraggio
radiometrico» con particolare riferimento ai suoli e ai vegetali. Della riunione di ieri è stato informato anche il
procuratore di Vercelli Paolo Tamponi che aveva già aperto un fascicolo contro ignoti per avvelenamento di
acque e di sostanze alimentari. Il pm vercellese incontrerà gli ufficiali dei carabinieri il 13 marzo. Hanno
collaborato le autorità regionali, fornendo la mappa precisa dei luoghi di tutti gli abbattimenti: di ogni animale
adesso si conosce l'età e il peso. Intanto in Valsesia non si parla d'altro. Anche se ora è noto che gli esami di
ricerca del cesio 137 tra il 2006 e il 2010 non hanno rilevato picchi preoccupanti (non più di altre regioni
italiane, almeno). Nella norma, latte e formaggi. Ma qualche ristorante, per scrupolo, il cinghiale l'ha già
bandito dalla tavola.
I tre aspetti controversi n 1) Perché i cinghiali? Probabilmente per l'abitudine di sgrufolare a una profondità
di 10-15 cm che altre specie non raggiungono. n 2) Perché in Valsesia? Già 12 anni fa uno studio dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente aveva rilevato sul Colle del Lys la presenza di strati di radionuclidi dovuti a
Cernobil. n 3) Perché ora? Secondo l'Anpa, al ritmo attuale di regressione dei ghiacciai, si poteva stimare che
il rilascio della radioattività sarebbe avvenuto in una decina d'anni: così sembra essere accaduto.
27 animali Sono i cinghiali abbattuti nell'ultima stagione di caccia nelle viscere dei quali è stato rinvenuto il
cesio 137
2006 l'anno Dal 2006 al 2010 i controlli effettuati in Valsesia non avevano mai rilevato picchi preoccupanti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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PRONTA LA PRIMA MAPPA DEI LUOGHI DEGLI ABBATTIMENTI: ORA DI OGNI ESEMPLARE SI
CONOSCE ETÀ E PESO
09/03/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 20
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Il consumo saltuario delle loro carni non ha impatti sulla salute"
«Questi animali sono diventati il colpevole perfetto»
CARLO GRANDE
Perché proprio i cinghiali? La domanda ricorre in queste ore, fra chi scruta le analisi di laboratorio e i boschi
della Valsesia. I cinghiali: sarà che un tempo dividevano il cuore della foresta con briganti e fuorilegge (la
Valsesia di Dolcino), sarà che in quel cesio 137 planato da Cernobil 27 anni fa loro potrebbero mettere il
grugno più di altri: se ne fregano del caldo o del gelo, se hanno fame escono e vagano e scavano in cerca di
bulbi e radici, funghi e nocciole, castagne e tuberi; sono onnivori, al 90% vegetariani, mentre altri dormono
grufolano e si rotolano nel fango avvoltolati nella Madre Terra. Una dozzina d'anni fa Maria Belli, ex direttrice
di laboratorio dell'Anpa (Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente) ipotizzò che il cesio 137, caduto
con pioggia e neve al suolo, potesse essere rimasto intrappolato nei ghiacciai e che in seguito al loro
scioglimento fosse poi liberato nei cicli ambientali. Nello stesso documento, ricorda Silvio Viale, si
sottolineava come secondo una ricerca realizzata dall'Arpa di Vercelli sui ghiacciai dell'Alta Valsesia se la
fase di regressione dei ghiacciai fosse proseguita a quel ritmo il rilascio della radioattività della nube di
Cernobil si sarebbe verificato dopo una decina d'anni. Eccoci al mefitico appuntamento, che inquieta
specialmente chi ha mangiato polenta o salame di cinghiale? Meglio non diffondere allarmismi, intanto: il
consumo saltuario non dovrebbe avere un impatto immediato sulla salute, ha detto Maria Caramelli, direttore
dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta. E lo stesso ministro della Salute
Renato Balduzzi ha ribadito che «i livelli di contaminazione riscontrati non costituiscono un rischio per la
salute pubblica, in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di selvaggina». Il cinghiale per
ora ha il ruolo peggiore. Gianfranco Righero, che da anni si occupa di fauna in quelle zone, ricorda bene
come subito dopo il «fall-out» di Cernobil questi animali non risultassero tra i più contaminati: non come il
capriolo, ad esempio, che tra gli ungulati fu il più toccato dalla radioattività, o il pesce persico. E che dire dei
pesci, delle trote, se fosse vero che i ghiacciai cominciano a rilasciare cesio? Insomma, i cinghiali radioattivi
sono un mistero. Come si spiega? «Non me lo spiego», dice Righero. Qualche discarica? È tutto possibile.
«Se esistono cinghiali pesantemente contaminati hanno evidentemente vissuto in ambienti contaminati». Il
cinghiale, per ora colpevole perfetto. Raccontato da tanti, da Virgilio a Jünger e Lussu (era il soprannome di
Craxi). Con quell'aria da peccatore: fa vita notturna, vaga solitario, si riproduce troppo. È invasivo, provoca
incidenti stradali, distrugge le colture, sentieri, orti. Pellaccia ispida, «chassì» da combattente. Tutto grugniti e
squittii, passa il tempo con il muso per terra, naso tappato da una membrana e via, sempre ingrugnito: «Bun
bec metà vivi», dicevano le nonne. E l'altra metà? Ecco, i cinghiali all'ombra del Monte Rosa in queste ore di
dubbi sono un po' come il lupo dalla parte del torto. Brutti, sporchi e cattivi. In attesa delle altre analisi su tutto
l'arco alpino e su altri animali delle nostre montagne. Che di cesio, da milioni di anni, non avevano mai sentito
parlare.
Gli agenti contaminanti Effetti delle sostanze disperse in seguito a fuga radioattiva Per prevenire l'accumulo
si somministra iodio non radioattivo che impedisce l'accumulo dell'isotopo nella tiroide e ne facilita
l'eliminazione con le urine Iodio 131 Assorbito immediatamente dalla tiroide Effetti irreversibili in 6 ore di
esposizione Cesio 137 Si deposita nell'ambiente Entra nel ciclo alimentare (carne e latte) Si accumula nelle
ossa Stronzio 90 Solubile in acqua Assunto con acqua e pesce Si deposita nelle ossa Tumore della tiroide
Tumori ossei Cancro e leucemie Tempo in cui si dimezzano le proprietà radioattive delle sostanze
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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il caso
10/03/2013
La Stampa - Ed. nazionale
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«I pericoli dello stress unito alla fragilità»
ANTONELLA MARIOTTI
Causa di servizio. Per questo si è ammalato e morto Sebastiano L. «Lo ha ucciso lostress», hanno sempre
sostenuto i familiari. Dottor Vincenzo Villari, lei è primario del reparto di Psichiatria II alle Molinette, è proprio
vero che lo stress può uccidere? «Che lo stress possa portare modifiche biologiche e somatiche è provato e
fuori dubbio. Lo stress è una stimolazione acuta o cronica: quando l'organismo si adatta, si supera lo stress.
Quando l'organismo non è in grado di adattarsi, o lo stress è troppo intenso, allora la reazione può essere
una patologia». Malattie psichiche o un tumore come in questo caso? «Malattie psichiche o psicosomatiche.
Sul fatto che lo stress possa portare conseguenze organiche non cinsono dubbi, ma è molto più delicato
stabilire il rapporto causale tra stress da lavoro e una malattia: perché ogni lavoro è stressante. Stress in
fondo vuol dire "stimolo": e ogni lavoro comporta delle stimolazioni sulle persone. Quando queste stimolazioni
diventano troppo intense diventano malattia da stress». In questo caso lo stress aveva prima causato l'ulcera,
malattia professionale riconosciuta anche legalmente. Poi c'è stato il tumore allo stomaco. Possono esserci
certezze sulla successione delle due patologie. «Ci sono una serie di concause: se una malattia è causata da
stress, può aggravare e anticipare la patologia più grave. Non si possono però stabilire equazioni semplici e
lineari. Per questo ci sono i processi, per questi rapporti complessi multi-fattoriali».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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3 domande a Vincenzo Villari Psichiatra
11/03/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 49
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Basta populismo, la Sanità è al collasso"
Il presidente della Simeu: dopo i proclami, i piccoli ospedali restano ancora aperti «Mi pare ancora che i
potentati politici contino più della riorganizzazione»
MARCO ACCOSSATO TORINO
«Gli ospedali dormitorio sono il segnale più evidente che la fragilità delle persone non può essere gestita in
pronto soccorso, ma prima dell'arrivo in ospedale, sul territorio, potenziando e sburocratizzando semmai la
medicina di famiglia». Il dottor Giorgio Carbone, presidente della Società Italiana di Medicina Emergenzaurgenza (Simeu), commenta così le notizie degli ultimi tre giorni sugli ospedali torinesi: i pronto soccorso di
nuovo in tilt ovunque, i duemila posti letto in meno anche nelle Rsa e nelle strutture private accreditate
secondo i piani dalla nuova rete regionale per la Salute in Piemonte, e l'aumento dei senzatetto che ogni
notte trovano rifugio lungo i corridoi delle strutture pubbliche. Ospedali ancora aperti «Da sempre le società
scientifiche e i sindacati hanno dato supporto all'assessorato, condividendo l'idea che il riordino della sanità
sia necessario - dice Carbone -. Ma annunci come quello dei duemila letti in meno non vogliono dire nulla, se
non si sa dove questi posti vengono tolti». L'unica certezza «è che di ciò che l'assessore Monferino aveva
annunciato non è avvenuto nulla: gli ospedali di Venaria, Giaveno, Avigliana e Lanzo sono ancora aperti».
Oltre ad essere responsabile nazionale della Simeu, il dottor Carbone è anche il primario del pronto soccorso
del Gradenigo, dove alcuni giorni fa si è toccato proprio il record negativo dei 5 giorni in barella in attesa di un
letto in reparto: «Quello stesso giorno - sorride amaro il dottor Carbone - i miei colleghi emiliani mi hanno
detto di aver toccato anche loro in pronto soccorso il record di attesa di un ricovero: quasi 24 ore...». La
situazione è davvero al collasso, secondo il presidente della Simeu. Ma le misure scelte per fronteggiare la
crisi non sono la strada giusta: «E' ora di dire che il territorio deve funzionare sul serio, e non con iniziative e
annunci populistici, perché sostenere che i "codici bianchi" e i "codici verdi" saranno curati d'ora in poi nel
territorio è populistico, visto che l'80 per cento delle persone non gravi arriva in pronto soccorso non col 118
ma con mezzi propri, perché spontaneamente decide di rivolgersi a un pronto soccorso». La soluzione,
semmai .prosegue Carbone - «è il potenziamento della medicina di famiglia, ma gli stessi medici di famiglia
devono essere liberati dal carico burocratico che hanno oggi». Inoltre, «dobbiamo davvero chiederci se
alcune prestazioni base non possano essere affidate alle farmacie: l'assistenza infermieristica, alcuni piccoli
esami, fino ad arrivare a delegare ai farmacisti il controllo sull'aderenza delle terapie». Iniziative, sottolinea il
presidente della Simeu, che potrebbero davvero decongestionare i pronto soccorso e garantire più assistenza
alle persone, prima che l'ospedale debba farsi carico di situazione che di medico hanno poco, e sono invece
più un'assistenza sociale. Il destino dell'Aress È un'analisi a tutto tondo, quella del presidente della Società di
Medicina di Emergenza-urgenza fa, partendo dalle ultime vicende di cronaca. «La fragilità delle persone non
si risolve mettendo dieci ambulanze in più». E ancora: «Con le Regione non esiste un reale confronto:
abbiamo creato e riunito una commissione sull'emergenza, è stato prodotto un documento, ma deve ancora
uscire. E che fine ha fatto l'Aress, lo strumento tecnico dell'assessorato alla Sanità?». La situazione negli
ospedali torinesi e del Piemonte è ogni giorno più difficile. Per la prima volta non è stata l'epidemia di
influenza a mandare in tilt i pronto soccorso nei giorni scorsi. Di questo passo, sostiene Carbone, «la Sanità è
destinata a implodere». «Ciò che è evidente - polemizza - è che ancora una volta i potentati politici contano
più della riorganizzazione. Perché, se no, le strutture di Giaveno e Lanzo non vengono chiuse? E anche le
nomine dei capi-dipartimento rispondono in alcune realtà a logiche di spartizione di torte più che ai curricula».
Foto: Un'immagine di qualche giorno fa al pronto soccorso del Mauriziano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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LA CRISI NEI PRONTO SOCCORSO E I SENZATETTO CHE DORMONO NEI CORRIDOI
09/03/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:210842, tiratura:295190)
«Uveite, infiammazione dolorosa. Il ricovero può servire»
PARLA STIRPE PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE OFTALMOLOGICA BIETTI
Carla Massi
R O M A «Il dolore si irradia sopra l'occhio, coinvolge la prima branca del trigemino e può essere anche molto
forte. L'infiammazione è frequente in questo periodo, spesso è associata all'influenza». Mario Stirpe,
presidente della Fondazione oftalmologica Bietti, disegna l'uveite (la malattia diagnosticata a Berlusconi) dalla
parte del malato. Ma questa infiammazione diventa così insopportabile per un paziente da richiedere un
ricovero? «Il dolore, la costrizione della pupilla e il fastidio per la luce vogliono riposo. Se la malattia si
presenta in forma grave ci può essere necessità di ricovero. Per altre analisi e approfondimenti». La cura
implica l'allontanamento dalla vita quotidiana? «La malattia, generalmente, si affronta con collirio che dilata di
nuovo la pupilla e cortisonici locali. Se la situazione è più tenace si utilizzano anche cortisonici per via orale.
Obiettivo è quello di non stressare l'occhio o gli occhi». L'uveite compromette la vista? «La compromette dal
momento che la costrizione della pupilla determina un annebbiamento forte della visione. Anche il dolore
irradiato sul sopracciglio porta ad abbassare le palpebre come riflesso di difesa. Come, peraltro, anche la
fotofobia, la lacrimazione e l'annebbiamento». Non si tratta di un'infezione? Questa malattia agli occhi non è
legata ad altre infezioni che hanno aggredito l'organismo? «Ripeto, stiamo parlando di una malattia
infiammatoria e non batterica. Quindi nessuna infezione. Ma se è recidiva e se persiste è opportuno fare altri
esami». Ci possono essere recidive anche a distanza di poco più di una settimana? «Può succedere» E' una
patologia dell'età senile? «No. Abbiamo uveite anteriore, come questa, e posteriore. Una, la posteriore, è
appannaggio soprattutto dell'età giovanile ed è legata ad altre malattie autoimmuni come i reumatismi. Da
adulti può arrivare in concomitanza di un periodo di stress o, come ho detto, di un'influenza o di un granuloma
di ad un dente. Come una tonsillite». Quanto tempo ci vuole per guarire? «Possono bastare anche sei o sette
giorni». Lei ha parlato di stress e di abbassamento delle difese come cause di questa malattia che,
comunque, si risolve? «Certo. E' importante prenderla in tempo e decidere per il trattamento giusto. Ad ogni
età».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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L'INTERVISTA
09/03/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 13
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Ricerca: la gravidanza dopo un tumore La storia di Agnese nata da un
sogno
AL REGINA ELENA UNA RIUNIONE DI MALATI ED EX PAZIENTI «COSÌ HO VINTO LA MIA LOTTA»
Carla Massi
R O M A Sara ha 36 anni e una bimba di cinque mesi. Quando ne aveva 31 le è stato diagnosticato un
cancro al seno. Subito la chemioterapia, poi l'intervento, poi la radioterapia. Venti chili in più, niente capelli, il
cortisone che gonfia e la paura di non riuscire a trovare le forze per andare avanti. Il timore di perdere il
lavoro di ricercatrice in biologia molecolare all'università di Tor Vergata e la speranza di diventare madre.
Nonostante tutto. Nonostante il bisturi che porta via mezzo seno, l'ascella da svuotare, la nausea, le notti
insonni. Con un chiodo fisso: potrò avere un figlio? LA TERAPIA I medici la ascoltano, le dicono, che
«metteranno a riposo le ovaie fino alla fine della cura». Ma quando finirà la cura? Passano gli anni, la terapia
funziona, la luce si fa spazio. Gli oncologi le ripristinano il ciclo, via libera ad una gravidanza. Il sogno. Resta
incinta ma dopo tre mesi perde il bimbo. Incinta di nuovo. Durante la gravidanza due interventi al braccio e al
petto per delle cisti sospette. Ancora paura. Il 4 ottobre 2012 nasce Agnese. E ora è lì nel passeggino di rosa
vestita che festeggia il suo primo marzo in una platea di donne. All'istituto oncologico Regina Elena di Roma
dove si sono date appuntamento pazienti o ex pazienti colpite da tumori al seno, al collo dell'utero, all'ovaio.
Un'assemblea priva di vittimismo ma carica di forza. Dove ci sono i medici (tante donne, dal Direttore
sanitario Flori Degrassi alle oncologhe Alessandra Fabi e Antonella Savarese), le infermiere, molte che si
sono piegate alla chemio e agli interventi, le associazioni, un truccatore che insegna, con i prodotti nati ad
hoc, come coprire i segni della cura sul viso. LA FESTA In prima fila c'è Sara con Agnese. Festeggiano
insieme e la platea festeggia con loro. «Quando mi hanno diagnosticato un tumore - racconta la neo mamma
- credevo che tutto si sarebbe fermato nella mia vita. Confidavo nella medicina ma sapevo bene che sperare
in una gravidanza era andare oltre. Quando ho deciso che avrei provato non si sapeva neppure quale tipo di
specialista mi dovesse seguire. Qui al Regina Elena mi hanno accudito passo passo. Quanto avrei voluto
accanto a me una donna che aveva già partorito dopo un tumore al seno. Ecco perché sono qui con la
piccola». L'APPLAUSO Sullo schermo, le dottoresse, fanno scorrere le diapositive che ci portano verso un
nuovo mondo dell'oncologia: quello che vuole mantenere feconde le donne giovani malate di tumore. Quello
pensa, prima di un intervento, a mettere il tessuto ovarico nella banca di un laboratorio. Quello che sta
convincendo molte a pensare alle adozioni se non si può più avere un figlio proprio. «Tra poche settimane
spiega Elisabetta Iannelli avvocato vicepresidente dell'associazione di pazienti Aimac - sarà pronto un nostro
libretto nel quale spieghiamo alle donne tutte le strade per pensare realmente ad una gravidanza dopo un
tumore. Tutti i modi per andare avanti visto che le donne colpite sono sempre più giovani». Fino ad oggi sono
circa cinquecento le donne che in Italia ce l'anno fatta. «Ma ogni volta - aggiunge Elisabetta Iannelli che da
anni lotta per i diritti dei pazienti oncologici - è una vittoria di tutte noi». Ecco perché il regina Elena ha deciso
di festeggiare l'otto marzo con chi, in quell'ospedale ha visto il buio della diagnosi e di una cura pesante ma
anche l'esempio di chi ce l'ha fatta. Chi è diventata una malata cronica. «Come lo sono quelle che hanno
avuto un ictus o un infarto», ricordano le paziente. E poi: «Per favore smettetela di chiamarci "lungo
sopravviventi" è un termine brutto che rifiutiamo in blocco». Applausi in sala. Agnese fa sentire la sua voce,
piange un po', ha fame. E festeggia con tutte. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: IL SOGNO Sara Caldarola, ex malata di tumore, con la figlia
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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IL CASO
09/03/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Cinghiali al cesio, Balduzzi: nessun rischio
ROMA I livelli di contaminazione con cesio 137 riscontrati in alcuni campioni di cinghiali della Valsesia «non
costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di
selvaggina». Lo afferma il ministro della Salute Renato Balduzzi nel precisare che nella prima riunione
operativa tra i tecnici del ministero della Salute e della Regione Piemonte, alla presenza dei Nas, Cosimo
Piccinno, dei tecnici dell'Arpa e dell'IZS di Torino hanno ribadito che la radioattività è stata riscontrata in 27
capi ed è stata finora confermata dalle analisi del Centro di referenza nazionale per la ricerca della
radioattività nel settore zootecnico e veterinario, a cui sono stati inviati finora nove campioni. «Si è deciso conclude il ministro - di procedere al campionamento da parte del Noe di terra ed acqua e da parte del Nas di
matrici alimentari (selvaggina, frutti di bosco, funghi, latte e formaggi) da sottoporre ad analisi di laboratorio in
Istituti nazionali».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Le analisi
10/03/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Radio farmaci per i tumori
Una risposta alla terapia con le immagini della Pet-Tc e Pet-Risonanza
Luigi Cucchi
La medicina nucleare offre importanti strumenti di diagnosi e di cura. In questi ultimi anni sono stati messi a
punto apparecchiature come la PetTc, utili per un approccio personalizzato nella lotta ai tumori. Ora è
possibile pianificare meglio le cure oncologiche e correggerle in corsa in un sempre maggior numero di casi.
Si cerca di capire le caratteristiche biologiche di un tumore, dove si è sviluppato e soprattutto come reagisce
alle terapie. Con le immagini della Pet-Tc e in futuro della Pet-Risonanza diventa più agevole sconfiggere la
neoplasia, modificando le strategie terapeutiche. È la metodica vitale per diagnosi, pianificazione del
trattamento, valutazione della risposta alla terapia e follow up di molti tumori solidi. Forte l' impatto sul
trattamento del tumore del polmone e sui linfomi. La Pet-Risonanza è disponibile in soli due centri (Napoli e
Padovauniversità) e ancora deve essere precisato il suo ruolo. Molto promettente è il suo uso per lo studio
della mammella e della prostata. Estremamente vantaggiosa dal punto di vista della radioprotezione nell'uso
pediatrico. Le prospettive di queste tecnologie sono state illustrate all'XI congresso dell'Associazione italiana
di medicina nucleare e imaging molecolare che si è tenuto a Torino nei giorni scorsi. «Un aspetto rilevante
dell'uso di questi strumenti - spiega Sergio Baldari, presidente del congresso - è proprio il rapporto costoefficacia. Poter studiare le caratteristiche dei tumori in modo così preciso ci permette una diagnosi sempre più
accurata, una maggiore appropriatezza delle cure con conseguente riduzione dei costi. Questi esami
permettono anche una valutazione precoce della risposta alla terapia, che quindi può essere corretta o anche
completamente cambiata». La Pet-Tc combina i vantaggi di una Pet, l'esame che permette di vedere
l'immagine tridimensionale dei processi biologici in corso nel tumore, con quelli di una Tac, che ne produce
invece una immagine anatomica. La tecnica è ormai consolidata e già i primi studi sulla sua efficacia hanno
dimostrato che nel tumore al polmone ed alla prostata l'esecuzione di un esame Pet-Tc è più efficace nel
mostrare lesioni estese al resto del corpo rispetto ai metodi tradizionali, tanto che ha prodotto un
cambiamento di terapia in oltre un terzo dei casi. Nei tumori ossei la Pet-Tc riesce a trovare molte più lesioni
dei metodi tradizionali. Nonostante la tecnologia sia molto avanzata, l'Italia è al passo con i tempi. «Nel
nostro paese vi è un numero adeguato di Pet-Tc, e sono ben distribuite sul territorio. Siamo pronti - aggiunge
Baldari - a sostenere i pazienti senza grandi disagi, purchè si seguano le linee guida più corrette per questi
esami». Il censimento promosso dall'Associazione italiana di medicina nucleare nel 2010 ha evidenziato la
presenza di oltre 120 tomografi Pet in Italia con almeno un tomografo per regione. Numerose le discussioni a
Torino sugli aspetti innovativi della medicina nucleare: dalle applicazioni per altre malattie che diventano
sempre più diffuse come il Parkinson o l'Alzheimer ai nuovi radiofarmaci, molecole radioattive in grado di
trovare da sole il bersaglio all'interno del corpo a cui legarsi. «Il radioiodio - spiega Baldari - è l'esempio
principe, riesce a fissarsi con estrema selettività al tessuto tiroideo ed è ormai una terapia ben collaudata nei
tumori di questa ghiandola, ma molte altre molecole saranno disponibili in futuro». L'individuazione delle
placche di amiloide, tipiche della malattia di Alzheimer, con radiofarmaci Pet, a breve disponibili,potrà
facilitare grandi progressi terapeutici.
Foto: BALDARI Una precoce risposta alla terapia grazie a nuovi strumenti diagnostici consente di ottenere
cure efficaci e meno costose
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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ONCOLOGIA Grandi i progressi della medicina nucleare
10/03/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Così la stimolazione cerebrale migliora la qualità di vita dei malati di
Parkinson
NUOVE TERAPIE Oltre 100mila i pazienti che hanno ottenuto benefici con la Dbs
La Stimolazione cerebrale profonda (Deep brain stimulation) è utile per i pazienti con Parkinson. Fornisce
infatti maggiori benefici ai pazienti con precoci complicazioni delle capacità motorie dovute alla progressione
del Parkinson. Lo rivela uno studio (Earlystim) pubblicato sul New England Journal of medicine che ha
coinvolto e valutato, in 17 centri di Germania e Francia, 251 pazienti colpiti da Parkinson con complicanze
motorie precoci. A due anni di follow-up, si è registrato un miglioramento del 26% nella qualità di vita, rispetto
ad un peggioramento dell'1% nei pazienti trattati con la sola terapia farmacologica. Oltre 100mila pazienti in
tutto il mondo hanno ricevuto una terapia con stimolazione cerebrale profonda di Medtronic. «Questi risultati
segnano una svolta nelle cure dei pazienti con Parkinson. La terapia con stimolazione cerebrale profonda
può migliorare la qualità di vita dei pazienti anche ad uno stadio precoce della malattia», precisa il professor
Alberto Albanese, dell'Istituto Carlo Besta di Milano. Ulteriori risultati a due anni, dello studio sugli effetti della
stimolazione cerebrale profonda messsa a punto a Minneapolis dai ricercatori americani di Medtronic,
evidenziano un miglioramento del 53% delle capacità motorie, oltre ad un miglioramento del 61% delle
complicanze indotte da Levodopa rispetto a un peggioramento del 13% in quelli che hanno ricevuto la sola
terapia farmacologia. Attualmente, la terapia con Stimolazione cerebrale profonda è principalmente utilizzata
nel trattamento dei pazienti con Parkinson in stadio avanzato, con complicanze motorie invalidanti. I
partecipanti dello Studio clinico Earlystim avevano sintomi del Parkinson in media da 7,5 anni. LC
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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COMPLICANZE MOTORIE
10/03/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Se dopo i problemi alla pelle arriva la depressione
Gloria Saccani Jotti [email protected]
L'analisi costo-efficacia è uno strumento utile per valutare l'impatto economico di un' azione. In questo
periodo di crisi è opportuno poter stabilire le priorità di intervento rispetto ad una patologia dermatologica,
adottando metodi che tengano in considerazione sia il beneficio per il paziente, che le risorse coinvolte.
Questi i concetti emersi durante il recente incontro sulle strategie di gestione delle malattie dermatologiche
invalidanti, promosso dall'Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi). Quando si parla di malattie
dermatologiche gravi si fa riferimento alle patologie complesse come la psoriasi, le patologie bollose
autoimmuni, gli eczemi ed i tumori cutanei. I centri ospedalieri intesi come hub strategici, assumono un valore
sempre più rilevante per la somministrazione di nuovi farmaci ed il management di queste patologie. I
pazienti cronici colpiti da malattie dermatologiche complesse richiedono importanti risorse sanitarie, che
determinano un forteimpatto sui costi diretti, ovvero costi sanitari, ed indiretti, vale a diresulla perdita di
produttività di chi soffre e di chi se ne prende cura. «Una corretta diagnosi ed identificazione dei pazienti suggerisce Patrizio Sedona, direttore della dermatologia dell'ospedale di Venezia e presidente Adoi - è
cruciale per decidere i trattamenti più efficaci per i pazienti e più efficienti per il sistema sanitario e la società».
La psoriasi è ai primi posti tra le patologie dermatologiche invalidanti. In Italia è la più frequente, con circa 2
milioni e mezzo di casi. Il costo sociale è tra i più alti per la comunità,anche per i disagi psichici derivanti dalla
sua stigmatizzazione sociale. «Si stima che il costo annuale per la gestione di questi pazienti sia di circa 9000
euro», afferma Ornella De Pità dell'Idi di Roma ricordando che il decadimento fisico e cognitivo della psoriasi
ha valori vicini a quelli dei malati di cancro. Il 54% dei pazienti è depresso, il 20% ha subito gravi episodi di
rifiuto sociale, il 10% sviluppa un desiderio di morte. Una corretta diagnosi, una precoce terapia e la
prevenzione delle comorbidità riducono in maniera consistente l'evoluzione verso forme severe».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Malati & Malattie
10/03/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Esami con ecocardiografi per 3mila bambini di Lusaka
«Le perdite ed i costi dovuti all'insufficienza cardiaca tra i bambini piccoli con Rhd nello Zambia sono
immensi, per i pazienti stessi, per le loro famiglie e per la nazione, ma si possono evitare», dichiara Mark C.
Fishman, cardiologo e presidente del Novartis Institutes for BioMedical Research( Nbr). «Negli ultimi anni
Novartis ha collaborato con i medici di Lusaka per cercare di capire e curare l'asma nei bambini piccoli.
Stiamo espandendo questa collaborazione allo scopo di sensibilizzare, educare e rendere disponibile una
terapia antibiotica atta a prevenire l'Rhd». Per valutare la prevalenza di Rhd e identificare coloro che hanno
bisogno di una profilassi secondaria verranno utilizzati macchinari ecocardiografici portatili per esaminare
3000 bambini di 9 - 10 anni nelle scuole pubbliche della zona di Lusaka. L'RHD è una complicanza causata
da infezioni streptococciche non trattate, a causa delle quali le valvole cardiache vengono danneggiate, con
conseguente insufficienza cardiaca. Eliminata dal trattamento con antibiotici nelle nazioni più avanzate, nei
Paesi in via di sviluppo si ritiene che questa patologia debilitante e spesso mortale colpisca 15 milioni i
bambini.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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SOLIDARIETÀ NELLO ZAMBIA
10/03/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 29
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Il dolore colpisce 5 milioni di italiani
Luisa Romagnoni
Il dolore è una vera malattia, da combattere. Nelle sue forme acute o croniche, colpisce milioni di persone nel
mondo ed ha un impatto pesante su salute e qualità di vita. Secondo indagini internazionali, a soffrire di
dolore cronico è un adulto su 5 in Europa e almeno 15milioni di persone in Italia. Elevati i costi di queste
patologie: in Europa si stima una spesa di almeno 34miliardi di euro l'anno, per giornate lavorative perse a
causa di dolore cronico. Imputati principali : i dolori muscolari e ossei, l'artrite, il dolore di schiena.
«Sicuramente si confrontano con forme di dolore acuto e cronico gli oltre 5milioni di italiani che soffrono di
malattie osteoarticolari, tra le quali la più diffusa è l'artrosi», afferma Marco Matucci Cerinic, professore
ordinario di reumatologia all'università degli studi di Firenze. «Il dolore può essere esso stesso invalidante e
nel momento in cui tende a cronicizzare ha un impatto a volte devastante sulla vita lavorativa e di relazione
del paziente». Novità sul fronte terapeutico, sono però in arrivo. Una molecola (Etoricoxib, della famiglia dei
coxib, già approvato in 68 Paesi), di comprovata efficacia antalgica e antinfiammatoria, nel trattamento del
dolore cronico di patologie osteoarticolari, può ora essere utilizzata nella terapia a breve termine del dolore
acuto, post chirurgia dentale e generalmente utilizzato per valutare la potenza antalgica di una molecola. Più
in particolare, il farmaco agisce inibendo l'enzima cicloossigenasi-2 (Cox-2) che catalizza la produzione di
prostaglandine (Pge2), principale mediatore della flogosi e del dolore. «La necessità di capire meglio i
benefici di queste molecole rispetto ai farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) hanno portato ad un fiorire
di trial clinici », dichiara Silvano Adami, ordinario di reumatologia all'università di Verona. «Etoricoxib ha
dimostrato una elevata selettività per Cox-2, irrilevante interferenza su Cox-1 e quindi un buon profilo di
sicurezza a livello gastrico». Una singola dose giornaliera di questo farmaco (prescritto dal medico,
rimborsabile dal SSN) offre un rapido sollievo dal dolore, che comincia già in meno di mezz'ora dalla
somministrazione e dura fino a 24 ore.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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REUMATOLOGIA
10/03/2013
Il Giornale - Genova
Pag. 8
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Uova di cioccolato contro le leucemie
Venerdì, sabato e domenica prossimi anche sulle piazze genovesi sarà in vendita l'uovo di Pasqua dell'Ail,
Associazione italiana contro le leucemie, i mielomi e i linfomi. L'appuntamento è giunto alle 20ª edizione e
vedrà centinaia di volontari in tutta la regione a offrire uva di cioccolato a chi verserà un contributo minimo
associativo di 12 euro. La manifestazione ha consentito nel corso degli anni di raccogliere significativi
contributi destinati al sostegno di importanti progetti di ricerca e assistenza e ha inoltre contribuito a far
conoscere i progressi della ricerca scientifica nel campo delle malattie del sangue. A Genova le uova Ail si
potranno trovare in largo Lanfranco, via Vernazza, in tre punti di via XX Settembre, via san Vincenzo, piazza
Terralba, via Albaro, corso Italia, chiesa Assunta, chiesa San Bartolomeo degli Armeni, piazzale Marassi,
centro Il Mirto, chiesa san Martino di Albaro, Santa Maria dei Servi, San Rocco, Santa Sabina, centri
commerciali il Terminal e Bisagno, centro commerciale Aquilone, passeggiata a mare di Nervi, via Oberdan,
chiesa Sant'Erasmo e piazza Gaggero a Voltri, chiesa San Pietro a Quinto, piazza Petrella a Rivarolo, via
Cantore e piazza Montano a Sampierdarena, Hotel Mediterranée Pegli, chiesa Tabernacolo Sturla, via
Fusinato a Prà. Inoltre sarà possibile acquistare le uova Ail in tutte le località della provincia.
Foto: MAX TORTORA testimonial Ail
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DAL 15 AL 17 MARZO PER L'AIL
09/03/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 17
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Piemonte, il ministro rassicura: consumi limitati, nessun rischio
Viviana Ponchia TORINO TUMORI, malformazioni. Lo spettro di Chernobyl è di nuovo fra noi, travestito da
cinghiale radioattivo o dal suo cibo, che spesso - come nel caso di funghi e tartufi - coincide con il nostro. E a
Maria Caramelli, direttrice dell'Istituto zooprofilattico del Piemonte, tocca il compito ingrato di segnalare un
rischio reale, senza scatenare il panico. «Nessuno si ammala mangiando salame di cinghiale, un'insalata di
funghi o una macedonia di frutti di bosco. La contaminazione - spiega - deve essere veramente prolungata».
Ma perché proprio i cinghiali, Chernobyl e non le vicine centrali nucleari in disuso di Trino vercellese e
Saluggia. Perché la Valsesia? «Gli animali selvatici sono ottimi indicatori di contaminazione ambientale. Nel
2003 - continua - la Ue ha detto: mentre andate in cerca di parassiti vedete se c'è altro. In questo caso c'era.
Chernobyl perché il ritrovamento di Cesio 137 è la 'firma' dell'incidente dell'86 e impiega più di 30 anni a
decadere. Ogni altra ipotesi è bizzarra e poco sostenibile. La Valsesia è una zona piovosa: la nube
radioattiva ha lambito tutto il Nord Italia, ma grazie alla pioggia il radionuclide lì è precipitato e lì è rimasto.
Però solo in montagna. Gli animali di pianura sono risultati tutti negativi». Ieri mattina c'è stato un summit fra
Istituto zooprofilattico, prefettura, Arpa e carabinieri del Nucleo antisofisticazioni. Il ministero della Salute era
collegato in videoconferenza, mentre si metteva in viaggio il laboratorio mobile della sezione inquinamento da
sostanze radioattive incaricato di tracciare una mappa dell'itinerario dei 27 cinghiali trovati positivi. ESISTE
già un censimento dei loro cacciatori, e sono stati tutti diffidati dal mangiare la carne degli animali abbattuti. Il
ministro della Salute, Renato Balduzzi, in una nota ha spiegato che «i livelli di contaminazione riscontrati non
costituiscono un rischio per la salute pubblica in considerazione dei limitati consumi di carne di cinghiale e di
selvaggina». La procura di Vercelli, in ogni caso, ha già aperto un'inchiesta contro ignoti. L'ipotesi di reato?
Avvelenamento di acque e di sostanze alimentari. Non è chiaro come sia possibile accorgersi per caso di una
contaminazione dieci volte superiore ai livelli massimi stabiliti in caso di incidente nucleare. Anche la
dottoressa Caramelli è stata spiazzata da valori così elevati, fino a 5 mila Becquerel per chilo, quando il livello
di guardia è fissato a 600. DAL summit sono uscite le prime strategie: allargare lo spettro delle indagini ad
altre specie di selvaggina commestibile, come i caprioli, e approfondire quelle sui cinghiali in tutto il Piemonte
e nell'intero arco Alpino. Poi nella prossima stagione scatterà il divieto di caccia nelle zone dove sono stati
trovati gli animali positivi ai test. Ma il cinghiale non va demonizzato: «L'importante - insiste la dottoressa - è
restare nella legalità. Poi c'è da augurarsi che sulle etichette ci sia sempre scritta la verità, ma questo è un
altro discorso».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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«Cinghiali al cesio, è Chernobyl» Controlli anche sugli altri animali
11/03/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 33
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Enrico Fovanna
POLLINI, RINITI allergiche, poi il respiro che manca. A volte un fischio, dopo gli sforzi. I sintomi inequivocabili
dell'asma, patologia che colpisce in Italia tre milioni e settecentomila persone. Ma oggi, alla vigilia della
stagione più difficile, c'è una buona notizia in arrivo anche per loro. Un gruppo di ricercatori italiani ha
scoperto che in fondo bastava combinare due farmaci già utilizzati in clinica (beclometasone e formoterolo) e
assumerli non solo ogni giorno, ma anche ai primi sintomi di una crisi respiratoria, per ottenere un notevole
miglioramento della patologia. LA NOVITÀ, che arriva alle porte di una primavera imminente (a dispetto del
meteo) dunque in previsione di una stagione che tutti gli allergici vedono arrivare con una sottile
preoccupazione, è stata considerata così importante da essere pubblicata, sotto forma di studio,
sull'autorevole Lancet Respiratory Medicine, la bibbia scientifica del settore. «UNO STUDIO - spiega
Leonardo Fabbri, direttore della Clinica di Malattie respiratorie dell'Università di Modena-Reggio Emilia - che
ha coinvolto 183 centri di 14 nazioni europee. In questo senso il nostro Paese ha tracciato la strada per
contrastare una patologia che colpisce 150 milioni di persone nel mondo. Oggi, utilizzando con efficacia
anche al bisogno questa combinazione di farmaci, riduciamo del 36% le riacutizzazioni e di un terzo i ricoveri
ospedalieri». La considerazione non è secondaria. Oltre al disagio per chi ne soffre e dunque alle
conseguenze sulla qualità di vita, l'asma ha anche enormi riflessi sul piano economico. «Ogni riacutizzazione
della patologia - spiega Fabbri - costa per esempio al sistema sanitario nazionale circa 1.500 euro, mentre un
ricovero di cinque giorni ne costa oltre 2.000. Per tacer del fatto che l'asma è la prima causa di assenza da
scuola nei bambini e una delle principali dal lavoro per gli adulti». «Per fortuna - conclude il docente di
malattie respiratorie - già con le cure tradizionali e con la somministrazione di antistaminici e steroidi, il
numero di morti per asma si è ridotto in maniera significativa: 700 casi di decesso all'anno in Italia, «di cui
buona parte dovremmo andare a verificare se davvero imputabili alla patologia specifica». IN ITALIA, più in
generale, secondo l'Istituto Superiore di Sanità, ogni anno circa nove milioni di persone si ammalano di
allergie respiratorie a causa di pollini nell'aria, ma soltanto uno su due ricorre a cure. In totale, circa il 15-20%
della popolazione soffre di questo disturbo: un fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne.
Ora l'efficacia dell'associazione dei due farmaci, dimostrata dal nuovo studio italiano, apre grandi orizzonti di
speranza.
TRE PUNTI Cellule killer Boston. Al Brigham and Women's si indaga su una molecola in grado di fermare gli
attacchi d'asma (lipoxina A4) Secondo i ricercatori agisce sulle cellule killer e sulla secrezione di interleuchina
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Trascuratezza Verona, Roberto W. Dal Negro ha organizzato un congresso sul tema: Asma bronchiale e
BPCO, strategie di governance Le malattie respiratorie sono tra le patologie più trascurate dal sistema
sanitario nazionale
Pollini Roma, Quattro italiani su 10 soffrono di allergie stagionali (dati ANIFA Associazione nazionale
industria farmaceutica dell'automedicazione) La comparsa dei primi pollini è l'evento clou che scatena le crisi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La crisi d'asma si può stroncare sul nascere
11/03/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:165207, tiratura:206221)
IN ARRIVO una nuova terapia per il trattamento del lupus eritematoso sistemico, malattia cronica
autoimmune in cui il sistema immunitario attacca i tessuti sani, infiammandoli e danneggiandoli. Si tratta di un
sistema di consegna tramite nano-gel di un farmaco immunosoppressore, l'acido micofenolico, direttamente
sui tessuti associati alle cellule immunitarie. Il metodo si è rivelato più efficiente degli attuali trattamenti antilupus che sopprimono l'attività del sistema immunitario, lasciando i pazienti vulnerabili alle infezioni. IL
SISTEMA di consegna dell'acido micofenolico attraverso il nano-gel direttamente ai tessuti interessati si è
dimostrato particolarmente risolutivo nei modelli animali. Topi trattati con il nano-gel hanno vissuto più a lungo
dei topi non trattati e di quelli trattati soltanto con l'acido micofenolico. Inoltre, la terapia al nano-gel ha ridotto
e ritardato i danni ai reni, una comune complicazione del lupus eritematoso sistemico. Il nano-gel è costituito
da un polimero che accoglie i composti del farmaco nei suoi pori. Lo studio «Nanogel-based delivery of
mycophenolic acid ameliorates systemic lupus erythematosus» condotto da Tarek Fahmy della Yale
University è stato descritto sul Journal of Clinical Investigation.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Trappola contro il lupus E i reni sono al sicuro
11/03/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Viviana Ponchia
CI SONO PAROLE che non ascoltiamo volentieri perché evocano altre parole. Pet, Tac e risonanza
magnetica, per esempio. Tecnologie indolori e benedette dai clinici che ai pazienti richiamano innanzitutto
due cose: l'attesa di un verdetto secco come il lancio di una moneta ed eventualmente la diagnosi di una
malattia seria. Vale la pena ricordare che sentenze di questo tipo oggi non sono più inappellabili: di tumore si
guarisce. E quelle macchine misteriose che scandagliano dentro corpi altrimenti inespressivi sono gli alleati
più formidabili della vita. Permettono accertamenti tempestivi, consentono correzioni di rotta durante la cura,
cambiano la direzione della malattia e riducono i costi sociali. L'Associazione Italiana di Medicina Nucleare e
Imaging Molecolare (Aimn) si è riunita a Torino per fare il punto sulle evoluzioni di un arsenale di dispositivi
sempre più sofisticati. Qualcuno fino all'altro ieri sembrava fantascienza, come la Pet/risonanza in via di
sperimentazione. Tutti assieme ci fanno tirare un respiro di sollievo perché per una volta l'Italia è al passo con
i tempi, potendo disporre di questi macchinari in maniera sufficiente e con una buona distribuzione su tutto il
territorio (il censimento promosso dall'Aimn nel 2010 conta un totale di 120 tomografi Pet e regala la certezza
di trovarne almeno uno per regione, anche le più piccole). Sergio Baldari, direttore di Medicina Nucleare del
Policlinico di Messina, lancia una suggestione: non esiste un paziente uguale all'altro. Di qui l'importanza di
andare dritti al bersaglio con macchine sempre più sensibili, capaci di individuare l'esatta collocazione della
neoplasia, studiarne le caratteristiche biologiche, capire come si comporta e come reagisce alle cure. LA
TERAPIA personalizzata è la chiave per vincere la battaglia ma anche per farlo nel modo meno costoso: chi
ci è dentro evita bombardamenti a casaccio, la collettività risparmia. La Pet/Tc, per esempio, combina i
vantaggi due tecniche e le esalta: «La Tac produce un'immagine anatomica - spiega il professor Baldari -. Ci
offre, poniamo, l'immagine di un nodulo polmonare, senza però spiegarcene le intenzioni. E qui entra
immediatamente in gioco la Pet, che invece permette di vedere l'immagine tridimensionale dei processi
biologici in corso e chiarisce se la massa sospetta è un tumore o meno». La tecnica ormai è consolidata in
oncologia, ma sta dando eccellenti risultati anche nel campo delle malattie neurodegenerative come il
Parkinson e l'Alzheimer: individuare il deficit cerebrale prima che compaiano sintomi importanti è già una
piccola grande vittoria.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La tomografia e i positroni sentinelle della vita
11/03/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Trovato l'antidolorifico che azzera il mal di denti
NELLA LOTTA al dolore, sia esso acuto o cronico, bisogna fare di più per aiutare quella persona su cinque
che deve fare i conti con questo sintomo. E non solo per dare sollievo, ma anche per limitare il rischio di
complicazioni legate alla presenza delle algie. «Oggi sappiamo che la cura adeguata del dolore riduce
l'incidenza di complicanze - spiega Cesare Bonezzi, consulente della Fondazione Maugeri di Pavia - . Studi
mostrano che il dolore mal curato diventa più esteso e più difficilmente controllabile. Ma soprattutto è
eticamente inaccettabile e senza alcuna utilità lasciare che il paziente soffra senza cercare di trattare il dolore
con le opzioni terapeutiche di cui disponiamo». SU QUESTO fronte, peraltro, c'è una novità che interesserà
sicuramente i tanti che debbono ricorrere all'asportazione di un dente o di una sua parte. Un medicinale già
utilizzato per il trattamento del dolore nell'artrosi, nella gotta e in altre patologie, etoricoxib, ha ricevuto
l'indicazione anche per il trattamento a breve termine del dolore associato a chirurgia dentale: questo tipo di
dolore viene generalmente utilizzato per valutare la potenza antalgica di un farmaco. Ciò che conta, a
prescindere dall'origine e dalla sede del dolore, è consentire una vita accettabile a chi soffre, specie se si
tratta di dolore cronico come accade ai circa cinque milioni gli italiani con malattie articolari. «La sfera della
quotidianità è quella più compromessa, a volte diventa impossibile afferrare un bicchiere, guidare, scrivere al
computer, addirittura mangiare - sottolinea Gabriella Voltan, presidente Anmar, Associazione nazionale
malati reumatici -. I farmaci, in particolare quelli che all'attività antinfiammatoria associano quella antalgica,
non vengono somministrati a sufficienza quasi fosse il dolore esso stesso una condizione inevitabile». A
CONFERMARE questa percezione giungono anche i dati della medicina generale, prima «frontiera» per chi
chiede aiuto. Le sensazioni sono sicuramente preoccupanti. «Su cento pazienti presenti in un ambulatorio
medico, la metà chiede di essere visitato e curato per una sintomatologia dolorosa - osserva Ovidio Brignoli,
vice presidente della Società Italiana Medici di Medicina Generale (Simg). Per noi avere a disposizione un
numero sempre maggiore di farmaci efficaci e ben tollerati è importante». Federico Mereta
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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UNA PERSONA SU CINQUE SOFFRE DI ALGIE. ANCHE I TRAUMI ODONTOIATRICI SI FANNO SENTIRE
09/03/2013
Avvenire - Milano
Pag. 4
(diffusione:105812, tiratura:151233)
BERGAMO. La sinergia fra l'Associazione Cure palliative e l'Azienda ospedaliera Giovanni XXIII ha
consentito una nuova donazione, da parte dell'Associazione, di centomila euro all'ospedale di Bergamo per
finanziare i contratti di altri due medici palliativi nonché di uno psicologo a sostegno delle attività nel settore
delle cure palliative. L'équipe di questo reparto gestisce l'hospice «Kika Mamoli» di Borgo Palazzo che
accoglie ogni anno circa 280 ricoveri, occupandosi anche della ospedalizzazione domiciliare, con una
squadra medico-infermieristica che segue a casa circa 130 malati ogni anno; gestisce anche ambulatori di
terapia del dolore, garantendo consulenze specialistiche sul dolore e la "terminalità" in tutti i reparti
dell'ospedale. Nella provincia di Bergamo sono 4.500 i malati che ricorrono ogni anno alle cure palliative.
Viene dato sostegno ai parenti, inoltre, perché non restino soli ad affrontare la morte del congiunto e
l'esperienza del lutto. Il direttore generale dell'ospedale, Carlo Nicora, ha sottolineato il valore della sinergia
con l'associazione, «esempio di come associazioni e volontariato possano essere partner insostituibili di una
struttura sanitaria nella realizzazione di una rete di sostegno ai malati e alle famiglie oltre i muri
dell'ospedale». Il presidente dell'Associazione Cure palliative, Arnaldo Minetti, ha precisato che «l'impegno
dell'associazione, le cure palliative e l'équipe dell'hospice aiutano il malato a trovare una migliore qualità della
vita», impegnandosi anche sul piano della ricerca. Amanzio Possenti
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Bergamo, l'Associazione Cure palliative al fianco dell'ospedale Giovanni
XXIII
10/03/2013
Il Gazzettino - Ed. nazionale
Pag. 15
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Arriva la «badante di condominio»
Il progetto comprende anche l'installazione di supporti elettronici e un monitoraggio continuo
Ci sarà la badante di condominio ad Altobello. Con tanto di appartamento per lei. Anzi due appartamenti
perché non è detto che una badante sia sufficiente per 24 anziani. E siccome si tratta di un esperimento per
ora unico nel suo genere, il Comune di Venezia ha intenzione di procedere a piccoli passi per vedere come
va. Ma il progetto che verrà attuato nei condomini ristrutturati di Campo dei sassi, a Mestre, quartiere
Altobello, è estremamente interessante ed è stato studiato nei dettagli. Prevede che gli anziani siano seguiti
al meglio, con occhi elettronici e occhi umani, quelli della badante. Vuol dire che per quanto riguarda la parte
sanitaria, ad esempio, gli anziani potranno attivare una micro-telecamera e parlare direttamente con
infermieri e medici, mentre per quanto riguarda i piccoli bisogni quotidiani, potranno rivolgersi alla badante,
che alloggerà nello stesso condominio. Tra microtelecamere, rilevatori di posizione, videocitofoni,
telesoccorso e sistemi di misurazione automatica della pressione, insomma, i nonnetti saranno monitorati
giorno e notte. «È un modello che vogliamo sperimentare a partire da settembre, quando i lavori di
ristrutturazione di Campo dei sassi saranno conclusi - spiega il vicesindaco e assessore alle Politiche sociali,
Sandro Simionato - In realtà Altobello farà da apripista perché potremmo aver bisogno in tempi molto rapidi di
applicare questo modello in altre parti della città. Teniamo presente che non è solo l'invecchiamento, ma
anche la crisi economica che ci spinge a fare esperimenti di questo tipo. Il costo di una badante è ormai un
peso insopportabile per molte famiglie, se invece questo costo viene diviso tra 5-10 famiglie, ecco che
diventa sopportabile. In più ad Altobello noi andiamo a sperimentare proprio un modulo di intervento che ha al
centro la qualità della vita degli anziani. Vogliamo cioè metterli nelle condizioni di vivere al meglio e il più a
lungo possibile. E' il metodo di don Armando Trevisiol (il prete che più si è dato da fare da anni a Mestre per
l'assistenza agli anziani soli) rielaborato e ristudiato per adattarlo a vari contesti. Vuol dire che non andiamo a
concentrare gli anziani in un solo posto, ma li lasciamo vivere nel loro quartiere e creiamo un condominio
solidale. Speriamo che ci diano una mano anche le fondazioni, sto pensando ad esempio alla Fondazione del
compianto Pighin che già ha aiutato una donna di Altobello che aveva bisogno di una badante. Credo che un
progetto del genere possa interessare a chi vuol fare qualcosa di concreto per gli anziani di questa città». ©
riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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SANITÀ Un esperimento del comune di Venezia a Mestre per ridurre le spese e controllare gli anziani
11/03/2013
QN - Il Giorno - Ed. nazionale
Pag. 35
(diffusione:69063, tiratura:107480)
La Rete ematologica lombarda (REL) sperimenta un nuovo trattamento contro i linfomi basato su una
particolare formulazione di anticorpi monoclonali per via sottocutanea. «Tra gli indubbi vantaggi - afferma
Giuseppe Rossi, direttore di Ematologia agli Spedali Civili di Brescia - a fronte delle 5-6 ore di infusione
endovenosa sono sufficienti meno di 10 minuti, di pari passo si contrae il tempo di ospedalizzazione con costi
ridotti per il centro ospitante».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Ematologia Monoclonali sottocute per aggredire i linfomi
09/03/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 20
(diffusione:103223, tiratura:127026)
«Dal Cnr 100 studiosi sulla collina degli Erzelli»
Il presidente Nicolais: Genova un esempio per la ricerca italiana
DANIELA ALTIMANI
IL CNR coinvolgerà cento dei suoi duecento ricercatori genovesi nei progetti e nei laboratori di ricerca che
saranno aperti, sulla collina degli Erzelli, dal Cnr stesso, dall'Iit e dall'Università di Genova. «Si è fatto un bel
lavoro, è stato scritto un buon report, qualcosa di diverso e di migliore rispetto a un tradizionale accordo tra
enti che, a cose fatte, si scambiano risultati» spiega Luigi Nicolais, presidente del Consiglio nazionale delle
ricerche. «La differenza rispetto al passato continua - è che saranno laboratori misti dall'inizio, in cui tutto,
dalla progettazione allo sviluppo dei progetti, sarà fatto da ricercatori dei tre enti, mescolati tra loro». I
laboratori misti di Erzelli, che si concentreranno sull'applicazione dei nuovi materiali e sull' informatica
potrebbero essere d'esempio lascia capire Nicolais- per l'intera ricerca italiana che, a suo parere, ha bisogno
per affrontare le sfide mondiali e superare la crisi economica e politica del paese, di fondersi in una sola
agenzia nazionale della ricerca, capace di coordinare, ottimizzare e non disperdere energie e risorse in troppi
enti, a volte inutilmente antagonisti tra loro. «Naturalmente nel rispetto delle identità di ciascuno» precisa. «Il
Cnr non ha bisogno di assorbire altri enti - chiarisce sgombrando il campo dei sospetti che vorrebbero l'Iit
destinato ad essere fagocitato dal Cnr - ha già 8.000 ricercatori a tempo indeterminato. Siamo dell'idea che
l'Italia dovrebbe avere un sistema della ricerca nazionale». Sempre nella speranza che il futuro governo,
«quale che sia, si decida - chiude Nicolais - a investire in ricerca università e soprattutto formazione. Questi
sono gli unici punti su cui investire per non soccombere come paese». Nicolais ieri era a Genova dove,
nell'aula magna di via Balbi 5, ha tenuto la lectio magistralis alla prima inaugurazione dell'anno accademico
dell'Issuge, l'istituto di studi superiori dell'Università di Genova, riformato alla luce del nuovo statuto d'ateneo.
Issuge vuole diventare una scuola di studi superiori a tutto campo per la formazione degli studenti migliori di
ogni disciplina accademica. Per adesso ha due corsi d'eccellenza, il primo incentrato sulle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, esiste già da dieci anni ed è affidato al consorzio Isict che riunisce
oltre all'Università enti pubblici come Regione e Camera di Commercio e aziende private dei settori dell'Ict, il
secondo corso d'eccellenza ha debuttato a fine 2012 ed è attivo nel campo della biomedicina. Per ora ha
nove studenti, selezionati per concorso ed è sostenuto da importanti aziende farmaceutiche. «Un aspetto
forse poco noto - ha fatto notare il rettore Giacomo Deferrari - è che Issuge nel 2009 ha chiesto finanziamenti
al Miur e li ha ottenuti per cinque anni». L'istituto offre «insegnamento aggiuntivo ai migliori - ha proseguito il
rettore - e può contare anche su docenti esterni all'ateneo».
DUE CORSI DI ECCELLENZA PER 20 ALLIEVI IN DIECI anni Isict, prima costola di Issuge, ha avuto
duecento studenti (dieci all'anno), cento dei quali hanno usufruito di borse di studio. Sono stati selezionati per
concorso. La nuova classe d'eccellenza in biomedicina ha nove allievi. Gli ammessi ai corsi Issuge oltre al
normale percorso di studi universitari, seguono lezioni aggiuntive e sostengono esami in più.
Foto: Luigi Nicolais, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, durante la lectio magistralis di ieri
nell'aula magna dell'università di Genova
Foto: PAMBIANCHI
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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LA LECTIO MAGISTRALIS ALL'UNIVERSITÀ PER L'INAUGURAZIONE DEI CORSI DI FORMAZIONE
SUPERIORE
10/03/2013
Il Secolo XIX - Genova
Pag. 14
(diffusione:103223, tiratura:127026)
Nuova cura anti-sclerosi, ma solo per ricchissimi
L'ospedale inizia la sperimentazione: grandi risultati, in farmacia però la medicina costa 420 euro al mese
ALBERTO QUARATI
LA FAMPRIDINA è un farmaco che contrasta la sclerosi multipla, malattia incurabile. Entrata in uso all'inizio
di quest'anno - almeno in Italia ha una caratteristica inedita rispetto agli altri farmaci anti-sclerosi: su molti
pazienti l'effetto è quasi immediato, il dolore sparisce e questo aiuta a lavorare meglio sulla fisioterapia,
contrastando l'azione degenerativa della malattia. Un piccolo miracolo, che in realtà nessuno si può
permettere. All'ospedale di Sestri Ponente il reparto di Neurologia ha attivato un mese e mezzo fa la
sperimentazione della fampridina su 16 diverse persone afflitte da sclerosi. I risultati sono incoraggianti,
perché come spiega il dottor Claudio Solaro che segue il progetto, circa il 30-40% delle persone sottoposte
alla cura ne ha tratto benefici pressoché immediati. Il farmaco viene prodotto negli Usa dalla Biogen Idec e
commercializzato a circa 1.000 dollari. In Italia il medicinale è stato introdotto lo scorso anno, inserito dall'Aifa
in fascia C, quindi venduto al pubblico a un prezzo di circa 840 euro. Nel momento in cui è stato disponibile
sul mercato italiano, i medici dell' "Antero Micone" sono riusciti a raccogliere un numero consistente di
campioni da sottoporre gratuitamente per un mese di prova a un gruppo di pazienti. La sperimentazione è
avvenuta tra gennaio e febbraio, con buoni effetti, si diceva, sul 30-40% delle persone sottoposte a
trattamento. «Una persona che all'inizio del mese di sperimentazione impiegava un minuto per effettuare 10
metri spiega Solaro - alla fine del trattamento ci metteva 28 secondi». Questo non significa solo un
miglioramento immediato, ma anche la possibilità per il paziente di non provare i dolori che abitualmente
limitano la sua mobilità e non gli consentono di fare gli esercizi per contrastare la progressione o il riproporsi
della malattia, che attacca le cellule nervose e quindi la comunicazione tra il cervello e il resto del corpo. Il
farmaco è acquistabile su prescrizione dell'ospedale. Considerato che la spesa per ottenere il medicinale
sarebbe mensile (servono due compresse al giorno) è evidente che per la maggior parte delle persone la
fampridina è un miraggio: chi li ha da spendere 840 euro al mese? «Ad alcune farmacie - spiega Solaro abbiamo chiesto se potevano vendere il farmaco al prezzo che viene corrisposto a loro dal produttore: cioè
420,75 euro. Facendo quindi semplicemente da carrier». Qualche negozio ha accettato, ma anche così per
molti malati di sclerosi la medicina rimane inarrivabile. Una condizione frustrante, specie per chi dalla cura ha
ottenuto i risultati migliori. È il caso di Monica V., 45 anni, di Sampierdarena, malata di sclerosi multipla da 10
anni: «La cura ha funzionato molto bene - spiega molti dolori erano spariti. Ormai sono più di due settimane
che la sperimentazione è finita e purtroppo tutto è tornato come prima». Monica ha una figlia di 23 anni e un
figlio di 16: l'unico stipendio che arriva in casa è quello del marito Francesco, idraulico («ma bisogna dire che
è un lavoratore dipendente, quindi i guadagni sono più bassi di quelli di un autonomo» specifica Monica). Il
farmaco, ragiona Solaro, non è sempre efficace. L'unico modo per farlo passare almeno in parte dal servizio
sanitario nazionale (come succede in Germania e Paesi scandinavi) potrebbe essere quello di dimostrare che
la platea di fruitori della fampidrina è piuttosto ridotta. Anche se in questo modo verrebbero tagliati fuori i
malati che hanno avuto una risposta non immediata al trattamento. Magari con un periodo più lungo il
farmaco potrebbe avere maggiori effetti. Tutto questo però difficilmente si potrà verificare a 420,75 euro al
mese. «Ma com'è possibile che con tanti farmaci inutili che passano gratis, non ci sia posto per una cura di
questo genere?» si chiede Monica. Per il momento, per lei come per gli altri malati, l'appuntamento è forse tra
sei mesi, quando forse l'ospedale potrebbe riuscire a raccogliere altri campioni gratuiti. [email protected]
Foto: L'ospedale di Sestri Ponente
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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A SESTRI PONENTE FINITE LE SCORTE DEL MEDICINALE. PAZIENTI LASCIATI SOLI
11/03/2013
Corriere Economia - N.9 - 11 marzo 2013
Pag. 18
Trent'anni passati in perfetta salute
I farmaci omeopatici di Guna, nata nell'83, puntano all'estero 53 milioni Il fatturato realizzato nel 2012 da
Guna. L'aziende lombarda prevede una crescita del 10% nel 2013
MICHELE AVITABILE
I l comparto delle cure omeopatiche non conosce crisi. Secondo l'Eurispes sono 11 milioni gli italiani che
fanno uso, più o meno frequentemente, della medicina non convenzionale. Insomma, il settore mostra una
grande vitalità.
Come testimonia l'esperienza di Guna, specializzata nella produzione e distribuzione di farmaci omeopatici.
Un impegno che permette all'impresa lombarda di raccogliere il 25% del mercato nazionale e ottenere efficaci
risultati economici. Tanto che negli ultimi 10 anni la società milanese ha prodotto incrementi medi annui di
fatturato pari al 6%. Mentre le previsioni sul 2013 parlano di un +10% rispetto al giro d'affari 2012, attestato
sui 53 milioni di euro.
«Le ragioni delle nostre performance sono molteplici - racconta Alessandro Pizzoccaro, fondatore e
presidente di Guna -. Anzitutto investiamo nella formazione dei medici e nella ricerca scientifica. Nel primo
caso siamo attivi nella promozione di seminari informativi impiegando risorse per il 20% del fatturato. Nel
secondo, invece, destiamo un altro 10% per sviluppare collaborazioni con istituti scientifici internazionali e
università. Inoltre, per diffondere ulteriormente il tema omeopatia, pubblichiamo una rivista trimestrale
destinata ai 20 mila medici italiani che prescrivono farmaci omeopatici».
Ma chi sono i principali consumatori di questi medicinali? «Il 65 per cento sono donne e il 35 per cento
uomini. Consumatori che scelgono una cura soft, non invasiva e senza effetti collaterali - spiega Pizzoccaro -.
Inoltre, mostrano notevole attenzione nell'approfondire la conoscenza delle origini della loro malattia.
Insomma, hanno sfatato da tempo quei luoghi comuni che consideravano la medicina omeopatica legata
all'esoterismo, alla magia e al mistero». Intanto nel quartier generale milanese dell'impresa hanno messo a
punto un piano quinquennale per sviluppare ulteriormente il business sui mercati internazionali. «L'export
rappresenta il 10% del nostro giro d'affari e prevediamo d'incrementarlo ancora di più - continua Pizzoccaro -.
Oggi siamo presenti in particolare negli Stati Uniti, Sud America, Russia, Ucraina e Canada. In un prossimo
futuro, dopo aver approntato accurate strategie, punteremo anche su altre grandi aree geografiche come
Cina e Indonesia».
Nell'attesa, Guna, che in questi giorni compie 30 anni d'attività, continua a promuovere eventi informativi
sull'omeopatia. «Il 2 ottobre apriremo le porte dell'azienda al pubblico - conclude Pizzoccaro -. Faremo
conoscere il nostro impegno sociale a favore della terapia non violenta».
RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Cure dolci Alessandro Pizzoccaro, fondatore e presidente di Guna,
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La storia/Sanità
09/03/2013
Milano Finanza - Ed. nazionale
Pag. 46
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Francesca Vercesi
Iconti 2012 sono risultati abbastanza rassicuranti,a dimostrazione di come le aziende europee abbiano
capacità di adattarsi a un contesto difficile quale quello europeo. «Sono passati due anni da quando il
mercato azionario ha registrato revisioni al ribasso delle aspettative sugli utili ma il ritmo di downgrade sta
cominciando a rallentare e, in base al consensus sulla crescita per il 2013/14, pare che le società siano in
grado di assorbire meglio eventuali urti», spiega Emmanuel Chapuis, gestore di Oddo proactif Europe fund e
responsabile azionario tematico e large cap di Oddo am. Volendo guardare oltre il 2013, il gruppo francese
vede un'Europa al centro di una crescita anemica, che lascia ai mercati emergenti il compito di trainare la
crescita mondiale. In questo contesto il money manager punta sul settore della salute. «Attualmente abbiamo
una forte esposizione sulla sanità dove abbiamo investito circa il 27% del fondo. Pensiamo comunque che
l'attuale valorizzazione dei gruppi farmaceutici resti attraente, con un p/e 2013 vicino al 12% e un rendimento
del dividendo nell'ordine del 4%, e che non tenga conto del miglioramento avvenuto nei fondamentali di
queste società», spiega Chapuis. Il quale sottolinea che «il grosso della scadenza dei brevetti è ormai alle
spalle o comunque i suoi effetti negativi sono già stati scontati dal mercato. Inoltre i gruppi farmaceutici hanno
messo mano con profitto alle loro organizzazioni con l'obiettivo di rilanciare la ricerca interna e di stabilire
alleanze con piccole società innovative, soprattutto nelle biotecnologie.A riprova del positivo mutamento in
atto, dal 2012 il numero di invii di nuove molecole presso l'americana Fda (Federal drug administration, ndr) è
tornato a crescere». A favore dei titoli farmaceutici, gioca anche il ruolo che hanno sui mercati emergenti
come la Cina. Tra i titoli nel portafoglio del fondo gestito da Chapuis, ci sono Bayer, Novartis, Sanofi e Roche.
(riproduzione riservata)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Chapuis (Oddo) pensa alla salute
09/03/2013
Milano Finanza - Ed. nazionale
Pag. 48
(diffusione:100933, tiratura:169909)
Occhio a questi due settori
Fausto Tenini
Con cadenza periodica è utile verificare lo status dei trend a livello di indici azionari di settore, sia in ambito
nazionale che, a maggior ragione, nel contesto europeo. La relazione tra la dinamica dei panieri di settore
Stoxx e ciò che si verifica in Italia è infatti palese, soprattutto per i titoli a grossa capitalizzazione. Per le small
e medium cap le tendenze principali che si sviluppano sul mercato tendono invece a contano meno e ad
essere bilanciate da fattori specifici meno influenzati dal trend generale del mercato o del settore di
riferimento. La persistenza dei trend relativi a livello di settore può di riflesso portare a interessanti extraperformance rispetto al benchmark di riferimento, se l'orizzonte temporale è correttamente fasato in termini di
analisi storica. Un orizzonte temporale corretto sotto il profilo statistico per valutare la forza di alcuni comparti
rispetto ad altri è tipicamente identificabile attorno all'anno (di serie storica) mentre prendere in
considerazione trend di brevissimo termine (poche settimane) o di lungo (alcuni anni) risulta
controproducente in termini di performance. Nelle ultime settimane abbiamo osservato sui mercati una fase di
incertezza, anche da parte di settori che in precedenza remavano contro in modo evidente, ma non di
inversione del sentiment globale che rimane moderatamente al rialzo. Molti comparti stanno infatti
confermando una discreta tonicità, o almeno consolidando le posizioni rispetto ai mesi precedenti, e pochi
invece evidenziano tuttora segnali di fragilità o di vendita. In realtà è fra questi ultimi che bisogna fare però le
distinzioni maggiori, poiché in alcuni casi la debolezza appare strutturale, in altri più sporadica e destinata
forse a scomparire, offrendo occasioni di entrata sulla debolezza. Fra i comparti a maggior forza relativa
compaiono i titoli finanziari. La schiarita alimentata dalla blindatura della Bce al sistema bancaria e valutario
europeo ha permesso ai titoli bancari ed assicurativi di spiccare il volo, e in ottica di medio periodo le chance
di nuovi allunghi sono tutt'altro che esaurite. Come in precedenza rimangono molto ben impostati anche
comparti difensivi, come il farmaceutico e l'alimentare. Sebbene i valori medi del p/e risultino in alcuni casi
abbastanza elevati, il momentum resta elevato e non si intravedono segnali di inversione ribassista. Tonici
anche gli industriali e la chimica, con in testa il mercato tedesco, ma anche la tecnologia e le auto restano
buone opportunità. Molto più contrastata la dinamica delle risorse di base, a causa della recessione
dell'economia europea. Fra le note stonate, si segnalano in primis le utility e i titoli telefonici, seguiti
dall'energia. I primi due settori mantengono una consolidata dinamica negativa anche come forza relativa,
mentre un'opportunità potrebbe arrivare dal petrolifero europeo. L'indice Stoxx Oil&Gas nelle ultime settimane
ha infatti corretto con forza, alimentato un po'da tutti i componenti l'indice stesso, mentre il mercato nel suo
complesso ha consolidato le posizioni. Il petrolio ha peraltro già espresso un forte calo, passando da 120
dollari a 110 dollari come quotazione del Brent. La discesa realizzata potrebbe quindi rappresentare un
potenzialità di acquisto nel medio periodo, in un'ottica di investimento contrarian. (riproduzione riservata)
SETTORE OIL&GAS EUROPEO SU LIVELLI INTERESSANTI COMPARTO BANCARIO EUROPEO
ANCORA A SCONTO
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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il trader
09/03/2013
Viver Sani e Belli - N.11 - 15 marzo 2013
Pag. 12
(diffusione:178924, tiratura:864000)
il tumore si combatte con la cura express
Una radioterapia superconcentrata che dura solo cinque giorni rispetto alle otto settimane canoniche. E
questa la nuova arma messa a punto dall'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano per combattere il
tumore alla prostata, che interessa un uomo ogni 16. Per ora la cura innovativa è stata applicata solo a 10
malati, selezionati in base alla tipologia del tumore, che si sono sottoposti alla radioterapia effettuata con un
macchinario robotico. Le sedute hanno una durata di circa 40-45 minuti; contro il tumore vengono scatenati
80-90 impulsi di un'intensità pari a 7 Gy rispetto ai 2 Gy della radioterapia tradizionale. Le percentuali di
guarigione, in base alla letteratura scientifica, si aggirano intorno al 95-96% dei casi. La radioterapia robotica,
inoltre, garantisce un ritorno alla vita normale più rapido, perché ha meno effetti collaterali di quella standard.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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NEWS SALUTE prostata
09/03/2013
Viver Sani e Belli - N.11 - 15 marzo 2013
Pag. 55
(diffusione:178924, tiratura:864000)
La scoperta della Montalcini in un collirio
Rita Levi Montalcini è morta lo scorso dicembre a 103 anni, lasciando a tutto il mondo scientifico e no una
preziosa eredità: la scoperta del cosiddetto Nerve grow factor (Ngf), la proteina coinvolta nello sviluppo del
sistema nervoso. Un'eredità prontamente raccolta dai ricercatori italiani, che proprio a partire dal Ngf hanno
già messo a punto un farmaco biotech (l'rh-Ngf, cioè Nerve grow factor ricombinante) mirato a curare la
cheratite neurotrofica, una seria malattia degli occhi ancora oggi senza cura, che può portare alla perdita
della vista. All'ospedale San Raffaele di Milano è stato arruolato il primo volontario che sperimenterà il nuovo
collirio con l'rh-Ngf, inaugurando di fatto il primo studio clinico internazionale sul trattamento della malattia,
che coinvolgerà 35 centri di nove Paesi europei.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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cure salva-occhi qui farmacia
10/03/2013
Prima Pagina
Pag. 21
GUASTALLA Dal 28 febbraio al 2 marzo si è svolto al centro congressi del Policlinico di Modena il 12°
Congresso Nazionale della Società Italiana di Endourologia (Iea), cui hanno partecipato i maggiori esperti
nazionali per fare il punto sulle più innovative tecniche mini-invasive in urologia, confrontando progetti e
risultati o t t e nu t i . Tra i partecipanti al convegno anche il dottor Marco Serafino Grande dell'Urologia di
Guastalla che ha presentato un video su un'innovativa tecnica endourologica per la risoluzione delle stenosi
ureterali (restringimenti patologici dell'uretere), e il dottor Antonio Frattini, direttore dell'Urologia dell'ospedale
di Guastalla. Durante il convegno Antonio Frattini ha eseguito in live surgery un intervento di chirurgia
combinata percutanea renale per la risoluzione di un problema di calcolosi renale complessa in un ragazzo.
Questa metodica innovativa consiste nel controllare endoscopicamente, mediante ureterorenoscopio
flessibile, la correttezza dell'accesso percutaneo al rene. Questo metodo permette un controllo completo delle
cavità renali e una maggior sicurezza dell'atto chirurgico, riducendo i tempi di esposizione radiolo gica.
Questo tipo di operazione che è uno dei punti di forza d e ll 'Urologia dell'ospedale di Guastalla e richiama
pazienti anche da altre regioni.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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Ospedale al top per chirurgia renale
09/03/2013
Nuovo - N.10 - 13 marzo 2013
Pag. 120
NON ARRENDERTI ALLA STITICHEZZA CRONICA: COI NUOVI FARMACI
LA PUOI SCONFIGGERE IN UN MESE
Se è momentanea, spesso basta correggere le proprie abitudini alimentari. Quando perdura è bene chiedere
consiglio al medico
Stefania Saracino
Milano, marzo Per alcuni la stitichezza può essere un disturbo occasionale legato a un periodo di stress, al
cambio di stagione o alla variazione delle proprie abitudini durante un periodo di vacanza. Per altri, invece, è
un problema cronico che influisce negativamente sulla qualità della vita e che non sempre è facile da
risolvere. Accanto ai rimedi tradizionali, oggi è a disposizione, anche nel nostro Paese, un nuovo farmaco che
ha un meccanismo di azione innovativo rispetto ai comuni lassativi. Può nascondere gravi patologie Si tratta
di una novità che potrebbe dare sollievo a tante persone. Ma in particolare alle signore. Non a caso, il
farmaco è stato testato per lo più su di loro. Secondo una recente ricerca, infatti, la stipsi cronica colpisce
circa il 20 per cento della popolazione italiana e soprattutto le donne che hanno superato i cinquant'anni.
«Proprio a partire da questa età», spiega il professor Giovanni Cammarota, gastroenterologo al Policlinico
Gemelli di Roma, «si comincia a notare una maggiore e progressiva presenza del fenomeno». • LE CAUSE 1
primi sintomi del disturbo si manifestano già dopo la gravidanza: essa provoca una minore efficienza della
muscolatura del pavimento pelvico che favorisce il movimento intestinale. Incidono, poi, uno stile di vita
sbagliato, errori nella dieta, scarsa attività fisica, problemi di ordine psicologico, assunzione di alcuni farmaci,
specie tra gli anziani, nonché gravi patologie. «Nei giovani può essere legata sia a fattori di tipo psicologico
sia a una vera e propria alterazione della motilità dell'intestino, quando il colon ha difficoltà a contrarsi»,
precisa Cammarota. Non ignorare mai lo stimolo Sempre presi da mille impegni e relazioni sociali, i ragazzi a
volte sottovalutano lo stimolo e perdono, per così dire, l'appuntamento con il bagno: in tal modo non
instaurano un meccanismo abitudinario e corretto. Un tale "disordine" nelle abitudini, che si può trascinare
fino all'età adulta, costringe all'uso di farmaci. • LA NUOVA CURA «È arrivato in commercio un farmaco
procinetico, la prucalopride», spiega Cammarota, «che agisce stimolando i recettori locali della serotonina
sulla parete intestinale. In questo modo migliora la peristalsi (il movimento del colon), che porta i contenuti
intestinali verso il retto». In passato sono stati utilizzati altri farmaci procinetici, ma sono stati tolti dal mercato
perché danneggiavano il sistema cardiaco. Non succede invece con la prucalopride. Un farmaco che risolve,
ma costa «Nei primi giorni di utilizzo di questo prodotto», precisa Cammarota, «possono insorgere cefalea e
addirittura diarrea, ma poi questi disturbi di norma scompaiono. Bisogna dire però che è un farmaco fino a
questo momento poco usato e quindi ancora poco conosciuto, anche perché non è economico». Basti
pensare che un mese di terapia costa circa 100 euro. • LE ALTRE TERAPIE Nella maggior parte dei casi ci si
cura con i lassativi. Ne esistono di vari tipi: da quelli che aumentano il volume delle feci e, di conseguenza,
stimolano i movimenti del colon - tra i principi più conosciuti ci sono i semi di lino, le fibre di psillio e il guar -,
agli emollienti, tipo la glicerina e l'olio di vaselina, che facilitano il transito nell'intestino. Ci sono poi i cosiddetti
osmotici, che agiscono trattenendo acqua nel colon, rendendo morbide le feci (lattulosio, sali di magnesio,
sorbitolo). E infine gli irritanti, piuttosto forti, che inducono le contrazioni del colon (olio di ricino, preparati a
base di senna, aloè, cascara). Attenzione all'abuso di lassativi «Tutti i lassativi vanno presi sotto controllo
medico», spiega Cammarota. «Per quanto non ci siano effetti collaterali gravi alla lunga, però, possono dare
assuefazione e peggiorare il problema». • LA CHIRURGIA A voi te la stitichezza insorge improvvisamente in
una persona che è stata sempre bene o è associata a dimagrimento e inappetenza. Questi potrebbero
essere campanelli d'allarme che segnalano patologie più gravi, come un tumore, una formazione che
ostacola il passaggio delle feci all'interno del colon. A volte, invece, la stipsi deriva da una diverticolosi
(malattia del colon data dalla presenza di piccole sacche dolorose) trascurata negli anni: in quel caso si può
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
SALUTE È un problema che riguarda il 20 per cento degli italiani. Le donne sono le più colpite e i primi
sintomi si manifestano subito dopo la gravidanza
09/03/2013
Nuovo - N.10 - 13 marzo 2013
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/03/2013
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ricorrere all'intervento chirurgico, con cui si elimina il segmento di colon colpito. •
QUANDO SERVE IL MEDICO Una giovane donna che soffre di stipsi si fa visitare da un gastroenterologo:
per risolvere questo fastidio-, so problema sono necessari esami specifici e, a volte, anche una colonscopia
in modo da individuare aree doloranti ed eventuali ostruzioni. Il medico deciderà quindi la cura più idonea in
base all'età e alle cause. Secondo alcuni studiosi, soffre di questo disturbo chi effettua meno di tre
evacuazioni alla settimana.
Camminare mezz'ora al qiorno combatte anche la stinsi volte basta cambiare alimentazione e stile di vita
per dire basta alla stitichezza, allo stress e al senso di malessere che ne derivano.ccorre mangiare I erdura.
cereali, legumi, pane bere molto, almeno due litri di acqua al giorno. In questo modo si rendono morbide le
feci che transitano più facilmente attraverso l'intestino. Fare quotidianamente attività fisica, anche moderata
(per esempio, passeggiate di 20-30 minuti a passo sufficientemente veloce da far aumentare la frequenza
cardiaca), aiuta. ICorrendo. infatti, si contraggono i muscoli I pelvici e si riattiva tutto l'organismc compreso
l'intestino pigro. Il consiglio è di rieducare il corpo: bituatevi ad andare I bagno a orari regolar preferibilmente
al mattino o dopo pranzo, senza mai reprimere il bisogno di farlo. «Certo tutto questo richiede una certa
costanza e i risultati non si vedono immediatamente», afferma il professor Cammarota. Ma ne vale la pena.
Soffrire della sindrome dell'intestino pigro significa avere una cattiva qualità della vita. ! 3 Inori si cura la stipsi,
col tempo il rischio I le di andare incontro a fastidi più ser esempio le ragadi - strappi della pelle nella zona
intorno all'ano - o le emorroidi, causate dallo sforzo durante l'evacuazione.