L`Europa trema, giù Milano e Madrid

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L`Europa trema, giù Milano e Madrid
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Attualità
IL TIRRENO MERCOLEDÌ 25 LUGLIO 2012
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L’Europa trema, giù Milano e Madrid
CRISI I MERCATI
Borse a picco, non si ferma la corsa degli spread. Anche la Catalogna chiede aiuto, Grecia a un passo dal default
di Lorenzo Robustelli
◗ BRUXELLES
Europa sotto scacco. Mentre gli
spread e gli interessi sul debito
dei paesi più deboli salgono alle
stelle, mentre la Grecia è oramai
chiaro che non ce la farà a rispettare gli accordi e la Spagna
sta per aggiungersi alla lista di
Paesi sotto programma di tutela, anche la Germania cade sotto la scure delle agenzie di rating. Le Borse crollano e diventa
evidente che l'Europa è oramai
tutta sotto l'attacco congiunto
di speculazione e agenzie di valutazione.
«Oramai l'abbiamo persa», diceva ieri della Spagna con semplicità e senza illusioni, un diplomatico (del Sud Europa) a
Bruxelles. Dopo Valencia (e forse prima della Murcia) anche la
Catalogna, per anni un esempio
di crescita e solidità, di fantasia
e capacità di lavoro, ha alzato le
braccia ed ha chiesto aiuto al governo centrale. Il ministro delle
Finanze della regione autonoma, Andreu Mas-Colell, ha spiegato che «al momento la Catalogna non ha altra banca a disposizione che il governo spagnolo,
lo sanno tutti che situazione c'è
sui mercati». Ci sono 18 miliardi
a Madrid, per aiutare le comunità in difficoltà, ma forse stanno
diventando troppe, e troppo costose. E ora ci si aspetta che anche Madrid possa chiedere un
soccorso alla Ue. Proprio mentre da fonti Ue trapela che la
Grecia non ce la farà a centrare
gli obiettivi concordati.
In Italia la Borsa continua a
crollare raggiungendo un nuovo minimo storico mentre
spread e interessi salgono in alto. Milano ha chiuso in calo del
2,71% , Madrid ha perso il
3,58%. E' andata molto meglio a
Parigi, meno 0,87% e Londra,
meno 0,63%. Meglio di tutte
Francoforte, con una modesta
perdita dello 0,45%, nonostante
l'outlook negativo annunciato
da Moody's alla «tripla A» di Berlino. Lo spread tra Btp e Bund ieri è arrivato a 536 punti base, ai
livelli del novembre scorso,
quando Monti entrò a Palazzo
Chigi. Però il rapporto con i Bonos spagnoli ora è a nostro vantaggio: il distacco tra i titoli di
Madrid e quelli di Berlino è di
638 punti. Livello pericolosissimo. Gli interessi sui Btp a 10 anni hanno toccato il 6,5% (record
da gennaio) e i Bonos il 7,45%,
ben oltre la soglia del 7% alla
quale gli altri Paesi hanno chiesto aiuto all'Ue.
L'attacco arrivato da Moody's contro la Germania è stato
inatteso e bruciante: le previsioni per il debito tedesco diventano negative. Nessun declassamento ancora, ma Berlino, non
offre più le stesse garanzie di
qualche tempo fa, secondo
l'agenzia di rating. Il presidente
dell'Eurogruppo, Jean Claude
Juncker, ha reagito per primo ieri mattina, sottolineando il suo
«forte impegno per assicurare la
stabilità dell'area euro nel suo
complesso». Ha poi aggiunto come alcuni paesi abbiano «fondamentali solidi». Il ministro delle
Finanze tedesco, Wolfgang
Schaeuble, ha assicurato che
Berlino «farà tutto quello che
potrà, con i suoi partner, per
consentire il superamento della
crisi del debito il più rapidamente possibile». Per qualche analista a Bruxelles forse c'è anche
del buono in questo outlook di
Moody's, «forse ora la Germania si sveglierà, e si renderà conto che la situazione coinvolge
tutti, che non è più il caso di fare
distinguo». A Berlino il segretario generale dei Liberali, Patrick
Doering, chiede invece di abbandonare la Grecia a se stessa.
Mentre la Troika Ue-Bce-Fmi è
ad Atene (dove domani arriverà
anche il presidente della Commissione Ue Jose Manuel Barroso) a tentare di trovare un filo
con il quale ricucire una situazione sempre più difficile.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Continuano le proteste in Spagna contro la manovra del governo Rajoy
Draghi prepara l’intervento della Bce
Molti la considerano l’ultima spiaggia per salvare l’euro, decisiva la riunione del 2 agosto
Si lavora a un
provvedimento
straordinario che in
deroga ai trattati e al
rigido statuto, permetta
all’Eurotower di fermare
la corsa dei tassi con il
riacquisto dei titoli
di Andrea Di Stefano
◗ MILANO
La nuova fase della crisi dell'
Eurozona, sempre più sotto tiro delle ondate speculative, riporta in primo piano il ruolo
della Bce e del suo Presidente.
Mario Draghi ha incontrato lunedì il presidente della Commissione europea Jose Manuel
Barroso, per quella che Bruxelles ha definito una "colazione
di lavoro" programmata da
tempo. Barroso e Draghi, assieme al presidente permanente
del Consiglio europeo Herman
van Rompuy, lavorano da mesi
all'elaborazione di progetti di
rafforzamento dell’eurozona,
a cominciare dall'Unione bancaria.
L'obiettivo al quale Draghi
starebbe lavorando è quello di
un provvedimento straordinario che in deroga ai trattati e al
rigido statuto della Bce permetta all'Eurotower di stoppare la
deriva fuori controllo degli
spread. Il Consiglio direttivo
della Bce tornerà a riunirsi il 2
agosto per le decisioni sui parametri chiave della politica monetaria. A cominciare dai tassi
di interesse che a inizio luglio
Il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi
sono stati tagliati portandoli
ad un nuovo minimo storico
dal lancio dell'euro: lo 0,75%
mentre il quadro economico
ha continuato a peggiorare. Il
pressing nei confronti di Draghi è forte e arriva anche dagli
Stati Uniti. Il Governatore non
può mettere in atto strategie
identiche a quelle della Fed o
della Bank of England: non
può decidere di stampare moneta per ritirare dal mercato secondario titoli dei paesi sotto
attacco mettendo fine al parossismo della speculazione che
utilizzando anche strumenti
derivati, sta alzando la pressione con la prospettiva di fare
nuovamente grandi profitti in
vista di un riacquisto dei titoli.
In proposito Draghi è stato
molto chiaro: «Non abbiamo il
mandato di risolvere i problemi finanziari dei Paesi», ha
spiegato lasciando intendere
che non ha alcuna intenzione
di riattivare il Securities
MarketProgramme (Smp), il
piano di acquisti di titoli di Stato lanciato dalla Bce nel 2010 e
poi usato per Italia e Spagna
nel 2011 e sospeso da 19 settimane. Il Governatore intende
continuare nel solco formale
del mandato affidatogli in piena accordo con la Bundesbank
e quindi garantire la stabilità
dei prezzi: «Prevenire sia un'inflazione più elevata che un calo generalizzato e ampio dei
prezzi. Se vedremo questi rischi generalizzati di deflazione
- ha aggiunto Draghi - agiremo». L'ex governatore della
Banca d'Italia ha detto che la
Bce è «molto aperta, senza tabù» e che il compito della ban-
Gli ispettori: «Atene fuori dai binari»
Drammatiche indiscrezioni nel primo giorno di missione della troika: «Non hanno fatto niente»
◗ ATENE
La delegazione della Troika
Ancora brutte notizie per la
Grecia e l’Europa. Atene non è
in grado di mantenere gli impegni presi con l’Ue e sarà quindi
necessaria un’estensione del
piano di assistenza. Ma questo
spaccherà politicamente l’Eurozona, visto che sei Paesi su 17
sono contrari ad una nuova ristrutturazione del suo debito.
Le indiscrezioni sulla situazione della Grecia, definita
«ampiamente fuori rotta», arrivano da funzionari europei che
seguono da vicino il dossier
proprio nel giorno in cui la
Troika è tornata ad Atene. Ma
quello che troveranno gli esperti di Fmi-Ue-Bce, secondo le
fonti, sarà «abbastanza terribile». Una bocciatura senza appello, dunque, nonostante le
dure proteste del premier Antonis Samaras contro chi in Europa (in primis il ministro delle
Finanze e vice cancelliere tedesco Roesler) «sostiene che la
Grecia non raggiungerà i suoi
obiettivi, minando lo sforzo nazionale» affinchè «il Paese resti
in piedi».
A far perdere tempo prezioso
ad Atene sarebbero stati proprio i problemi nazionali. Oltre
ad una contrazione economica
superiore alle previsioni, secondo le fonti, a pesare sarebbe stata soprattutto la paralisi
nell’azione di risanamento legata al doppio appuntamento
elettorale. In queste condizioni, assicurano gli esperti europei, l’obiettivo di portare il rapporto Pil-debito pubblico dal
160% al 120% entro il 2020 non
potrà essere raggiunto e il Fmi
potrebbe quindi chiamarsi fuori dalla seconda operazione di
salvataggio.
A questo punto all’Eurozona
non resterà che scegliere tra
due opzioni: o la cancellazione
di una parte del debito che potrebbe costare alla Bce 40 miliardi di euro o la concessione
ad Atene di più tempo per rispettare gli obiettivi del programma di rientro. Ma in entrambi i casi si aprirebbe un
problema politico, con almeno
sei paesi di Eurolandia fermamente contrari a simili prospettive. Quel che è certo è che
mentre Samaras ripete che la
Grecia «non fallirà» e che riuscirà a dimostrare all’estero che
nel paese «qualcosa è cambiato», tutti gli occhi sono puntati
sul rapporto della Troika - arrivata ieri mentre per giovedì è
ca «è mantenere la stabilità dei
prezzi in entrambe le direzioni
(sia verso l'alto che verso il basso), affrontare i problemi come
si presentano e agire senza pregiudizio».
Quindi, volendo interpretare il Governatore della Bce, in
questo momento i rischi non
sono inflazionistici ma bensì
deflazionistici, cioè da crisi pesantemente recessiva. La prima mossa, già decisa, è stata
quella di un taglio dei tassi. Ora
potrebbe
arrivare
un
“quantitative easing” all'Europea: una campagna di riacquisto di titoli pubblici di tutti i paesi dell'Eurozona per favorire
l'immissione di liquidità. Per
non prestare, però, il fianco a
chi (soprattutto in Germania)
potrebbe considerare la decisione del consiglio direttivo un
operazione di finanza "creativa" Draghi vuole accompagnare il provvedimento con il varo
immediato dell'Unione Bancaria e per questo accelera il lancio della rivoluzione sui controlli e i parametri di stabilità
da annunciare insieme al piano di stabilizzazione dei prezzi
dei titoli dell'Eurozona.
©RIPRODUZIONERISERVATA
atteso il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso - dal quale dipende l’assegnazione o meno della tranche
da 32 miliardi di euro prevista
per la fine di settembre.
Se Atene è riuscita ad ottenere dalle privatizzazioni appena
la metà dei circa 3,2 miliardi di
euro sperati, ora, per rimettere
i conti a posto dribblando i licenziamenti nel settore pubblico - che il premier vuole evitare
- proporrà alla Troika interventi che vanno dalla tassa sugli
immobili, ai tagli della spesa
pubblica con l’abolizione degli
enti statali inutili. Cercando così di dare un segnale concreto,
per puntare, durante gli incontri che Samaras avrà ad agosto
con i partner europei, a chiedere più tempo per l’attuazione
del programma del risanamento economico.
Attualità
MERCOLEDÌ 25 LUGLIO 2012 IL TIRRENO
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Allarme spread, Passera: la Ue si muova
CRISI IL GOVERNO
Monti non esclude misure di emergenza. Gaffe spagnola che annuncia una nota (smentita) con Roma e Parigi
di Vindice Lecis
◗ ROMA
Piazza Affari al tappeto
(-2,71%), spread tornato ai livelli pre-Monti (537,2 punti base). E, persino, un giallo sulla
nota congiunta Roma-Parigi-Madrid diffusa dalla Spagna ma smentita da Italia e
Francia. In una giornata carica
di tensione, seguita al lunedì
nero, il governo italiano è tornato ad insistere - lo ha fatto
col ministro Passera - perché
l’Europa dia finalmente un segnale forte contro lo spread.
Prima che la casa bruci, come
ha aggiunto il leader del Pd
Bersani.
Il giallo della nota congiunta
ha avuto origine da una notizia diffusa dal ministero degli
Esteri spagnolo nel riferire i risultati di una riunione tenutasi a Bruxelles. In quella sede i
governi di Madrid, Roma e Parigi avrebbero deciso di rompere gli indugi e sollecitare
con una certa energia il rispetto degli accordi raggiunti nel
vertice europeo di fine giugno.
Tre ministri avrebbero redatto
una nota per intimare alla Germania di non perdere altro
tempo. Ma, prima Parigi poi
Roma hanno negato l’esisten-
L’altalena dello spread
552
Differenziali di rendimento Btp-Bund
DICEMBRE
dopo il varo della manovra
(decreto salvaItalia) prosegue
la corsa verso il basso, ma in assenza
dell’intervento della Bce lo spread risale
APRILE-MAGGIO
lo spread risale:
le crisi di Grecia
e Spagna
spingono
la speculazione
al contrattacco
515
LUGLIO
Cresce la paura per
il contagio tra Spagna
e Italia: lo spread
torna sopra
i 500 punti
450
IERI
537
370
278
420
Il ministro Corrado Passera
NOVEMBRE
spread ai massimi,
tocca il record
di 574.
Il governo passa
da Berlusconi a Monti
nov
dic
2 0 1 1
MARZO
Sui mercati, anche
grazie a qualche
progresso a livello
europeo, torna la calma
e lo spread scende
gen
za del documento. «E’ un’informazione falsa» ha dichiarato il ministro francese agli Affari europei, Cazeneuve. Il governo italiano ha espresso «stupore» e spiegato che della pretesa
dichiarazione congiunta «non
è al corrente». Nella riunione
del Consiglio affari generali alla quale per l’Italia ha preso
feb
mar
GIUGNO
Il primo accordo
sullo scudo anti-spread
taglia le ali alla
speculazione e lo spread
si riporta a 420
apr
2 0 1 2
parte il ministro Enzo Moavero - durante la discussione, secondo alcune ricostruzioni, gli
interventi di molti ministri, e
fra questi l’italiano, lo spagnolo e il francese, si sono concentrati sulla necessità di agire in
tempi rapidi con le decisioni
sancite in quell’occasione. Vale a dire il patto per la crescita e
mag
giu
lug
ANSA-CENTIMETRI
l’occupazione e l’Unione bancaria anzitutto. Il resoconto
della riunione è stato diffuso
dal governo spagnolo sul suo
sito nel quale si legge di «applicazione immediata» degli accordi perché «la rapidità è una
condizione essenziale del successo di tutte le azioni europee». La sorpresa è che però
una dichiarazione congiunta
dello stesso tenore, cioè che
chiede la «veloce applicazione
delle decisioni del Consiglio
Ue del 29 giugno» è arrivata in
serata da parte dei ministri
dell’economia tedesco e spagnolo, Schaeuble e de Guindos. Prima era stato il ministro
dello Sviluppo, Corrado Passera a chiedere un segnale immediato per arrestare la corsa dello spread: «Lo deve dare l’Europa ed è ora che lo dia». Ha ragione, gli ha fatto eco il parlamentare del Pd Francesco Boccia «ma forse con uno sforzo in
più il ministro dovrebbe anche dire cosa chiediamo di fa-
Legge elettorale, Monti convoca “ABC”
Blitz di Pdl e Lega sul semipresidenzialismo. Pd e Idv lasciano l’aula e il ribelle Pisanu si astiene
di Gabriele Rizzardi
◗ ROMA
Pier Luigi Bersani
Con un ritorno alla vecchia
maggioranza Pdl-Lega, che fa
irritare Bersani e Casini e crea
ostacoli sul possibile accordo
per la legge lettorale, l’aula del
Senato approva un pacchetto
di emendamenti sul semipresidenzialismo che prevede l’elezione diretta del capo dello Stato. Tutto avviene nel giro di
mezz’ora, con una serie di votazioni lampo alle quali non
partecipano i senatori del Pd e
dell’Idv che abbandonano i lavori in segno di protesta. Quelli
dell’Udc e dell’Api votano contro mentre il Fli si astiene. Ma
non è finita. Ad astenersi è an-
che il senatore Beppe Pisanu,
che ormai è con un piede fuori
dal Pdl e guarda con sempre
maggiore interesse all’Udc. Alla fine, il semipresidenzialismo
tanto caro a Berlusconi (che oggi terrà una conferenza stampa
insieme ad Alfano)e accettato
da Bossi in cambio del via libera al Senato federale, passa con
120 sì, 23 no e 11 astenuti. La
fretta di incassare un provvedimento buono per la campagna
elettorale del Cavaliere porta i
senatori del Pdl e della Lega a
far passare l’articolo 12 del disegno di legge che parla ancora
della «commissione paritetica
per le questioni regionali». Un
vero pasticcio. Cosa succederà
adesso? Il leghista Calderoli,
grande esperto di regolamenti
parlamentari, assicura che il
problema sarà risolto.
Nell’attesa di capire come
andrà a finire la partita, l’attenzione resta concentrata sulla riforma della legge elettorale.
L’obiettivo è quello di archiviare al più presto il Porcellum per
avere un nuovo sistema di voto
che possa produrre maggioranze stabili e bloccare subito l’onda speculativa dei mercati. Mario Monti ne parlerà oggi con
Bersani e Alfano e domani con
Casini. Il presidente del consiglio vuole capire fino a che
punto la sua “strana” maggioranza è disponibile ad andare
ad elezioni anticipate per dare
vita, dopo il voto, ad un gover-
no che potrebbe essere delle
«larghe intese». Una sorta di
“Monti dopo Monti”. Per raggiungere questo obiettivo, serve però una modifica del sistema elettorale.
Angelino Alfano sbarra la
strada all’ipotesi di un voto in
autunno («Per noi la priorità è
l’economia») e rilancia la necessità di approvare un nuovo
testo. Certo, lo sgambetto sulle
riforme non faciliterà il compito. Ma la trattativa è in corso.
Sotto lo sguardo vigile del Quirinale e di Palazzo Chigi, pare
che ieri Pd e Pdl abbiano compiuto passi in avanti su un accordo che prevede un premio
di maggioranza consistente al
primo partito e un meccani-
re all’Europa». Proprio lunedì
Monti aveva spiegato che lo
spread non dipende dal governo ma dai dubbi sullo scudo
europeo. ha chiesto di fare presto alla Bce anche il segretario
del Pd Bersani: «Non credo
che faremo molte vacanze. E'
indubbio che c'è un attacco
all'euro ed è evidente che bisogna accelerare sullo scudo salva-spread, comunicato o no,
la sostanza non cambia. Se la
casa brucerà non vedo altro intervento che quello della Bce.
Se lo scudo non va in funzione
in tempi rapidi, Bce deve far fino in fondo la sua parte».
Il governo, come ha ricordato Monti nei giorni scorsi, è
dunque «in guerra». Ha di fronte la crescita del debito e lo
spread implacabile, ma anche
la necessità di riprendere in
mano il pallino dello sviluppo
(non solo il rigore) e di reinventarsi una politica industriale
che manca all’Italia (il caso
Fiat è emblematico). Monti teme anche la possibilità di dover rimettere mano a provvedimenti d’emergenza. Per questo oggi incontrerà separatamente i segretari di Pd e Pdl:
vedrà Bersani di mattina e Alfano nel pomeriggio.
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smo simile al “Provincellum”,
ovvero un sistema per 2/3 con
collegi uninominali (come vuole il Pd. Uno schema buono per
le “larghe intese” che avrebbe
avuto l’ok di Berlusconi, che ieri ha giocato la sua partita da
Arcore. Si farà la legge? Per Pier
Luigi Bersani, la forzatura sul
semipresidenzialismo è stato
solo un «gesto irresponsabile e
senza costrutto». Questo, però,
non vuol dire che la legge sul
voto non si farà. «Nonostante
lo sgambetto di oggi, non rinunciamo al confronto. Noi
siamo pronti anche domani
mattina e già in agosto a passare in Parlamento per un primo
ok» assicura il segretario del
Pd, che subordina l’eventualità di un voto a ottobre all’archiviazione del Porcellum: «Con
questa legge elettorale non ci
può essere nessun voto anticipato. Facciamo la nuova legge
e poi si vedrà».
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Toscana
MERCOLEDÌ 25 LUGLIO 2012 IL TIRRENO
IL CASO
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» QUANDO IL “MADE IN...” È UNA FREGATURA
di Gabriele Firmani
◗ FIRENZE
Su ripiani e scaffali, in mostra,
c'è il rosso dall'etichetta inequivocabile "San Giovese Chianti", con il solo piccolo
(piccolo?) particolare di non
provenire dal Chianti, bensì
dalla California, costa west degli Usa. Ed ecco un'altra bottiglia di rosso, spacciata per un
toscano classico, dal nome
esplicito "Tuscan Moon", che
però viene dalla napa Valley
(ancora California) e di toscano, non ha niente, se non appunto la scritta. Cammini tra
gli espositori e trovi il reparto
salumi: accanto al "Finocchiono", parente presunto (molto
presunto) del tipico insaccato
toscano. Sorprende per sfrontatezza l'altro salume prodotto e commercializzato negli
Stati Uniti, chiamato direttamente, senza mezza termini,
"Salame Toscano". Ai "Macaroni", commercializzati nell'
est Europa e prodotti in Romania, e alla "Palenta", proveniente dal Montenegro, si aggiunga poi l'"Aceto balsamico
di Modena" made in Germany, e l'intramontabile "Parmesan", che, nonostante le
continue battaglie giudiziarie
portate avanti dal consorzio
del Parmigiano Reggiano (negli anni la Corte di giustizia europea ha riconosciuto la titolarità del marchio, anche nella
sua variante inglese), continua
a essere indisturbatamente
venduto nei mercati dell'Oceania.
È un danno, quello generato
al settore agroalimentare italiano dai prodotti cosiddetti
"italian sounding", produzioni che si rifanno al Belpaese
soltanto nel “suono”, come direbbero gli inglesi, insomma,
nei richiami del nome e nelle
suggestioni grafiche dell'etichetta. Un danno stimato da
Coldiretti nella cifra di 60 miliardi di euro l'anno. Per l'industria agroalimentare della Toscana, a sua volta, l'imperversare sugli scaffali dei supermercati mondiali, di prodotti
falsamente Made in Tuscany,
significa un mancato introito
pari ogni anno a circa 6 miliardi: per sollecitare al più presto
una risposta al problema da
parte della politica, gli agricoltori toscani iscritti a Coldiretti
hanno deciso di andare ad allestire ieri mattina, direttamente in casa del Consiglio regionale, nella Sala del Gonfalone,
il primo "Salone degli inganni", con in rassegna tutti i più
celebri tentativi di contraffazione dei prodotti toscani.
Il “Romulo”
OLIO
Sull’etichetta c’è la Lupa
capitolina, impegnata ad
allattare Romolo e Remo. Olio
extravergine d’oliva laziale?
Nossignore: proviene dalle colline
spagnole.
Vermicelli ellenici
pasta
In Grecia qualcuno si è inventato
l’idea di “clonare” i vermicelli, il
famoso formato di pasta secca di
grano duro, lunga a sezione
rotonda con diametro più grande
degli spaghetti.
Salame aromatizzato made in Usa
SALUMI
Uno strano salame al finocchio,
prodotto con l’aggiunta di vino
Sangiovese (?). Questo
insaccato... vuole fare il toscano:
si chiama proprio così ma lo
producono negli Usa.
Pesto della East Coast americana
PESTO
Dimenticate la Liguria, terra di
pinoli e basilico: il condimento
verde per eccellenza “emigra”
sottovoce. Ecco il pesto della
Pennsylvania: e lo chiamano pure
“Classico”.
La lobby internazionale
del salame falso toscano
Una “mostra degli inganni” con i cibi contraffatti: «È un giro di 6 miliardi l’anno»
Pressioni per ricevere più tutela e per cambiare le regole sulle etichette dell’olio
Bandiere gialle, folla, cartelli e slogan: alcune immagini della manifestazione di Coldiretti, andata in scena ieri in centro a Firenze (foto Massimo Sestini)
«A salvarci dalla crisi e a garantire un futuro al nostro Paese - ha spiegato il senso dell'
iniziativa il presidente toscano
di Coldiretti Tulio Marcelli - sarà prima di ogni altro il settore
agroalimentare di eccellenza
di cui la nostra regione è così
ricca: un comparto - ha continuato - che va quindi difeso
con ogni mezzo». Prioritario,
per gli agricoltori, è far appro-
vare dal Parlamento la nuova
legge sull'etichettatura trasparente dell'olio di oliva: a guadagnarsi un posto sullo scaffale
degli orrori targato Coldiretti,
rientra infatti anche la botti-
glia di extra vergine di una nota azienda oleicola fiorentina,
che a fronte di un'etichetta dove è riportato in grande, sotto
al nome di battesimo dell'
azienda, la scritta "Firenze",
Quei tricolori finti ci danneggiano
Sirio Maccioni, re di Le Cirque: «I cibi taroccati sono una piaga culinaria»
◗ LIVORNO
«I prodotti italiani di qualità costano e non sempre i clienti
americani li sanno apprezzare.
Così qualcuno pensa di risparmiare affidandosi al tarocco e
danneggiando l'immagine della
nostra cucina». Pensieri e parole
di Sirio Maccioni, in arte il "signor Le Cirque". Ottantenne,
originario di Montecatini, da dove è partito in giovane età per fare fortuna (e che fortuna) negli
Usa, Maccioni è conosciuto con
il nome dei suoi celebri ristoranti – Le Cirque – sparsi per il mondo (negli Stati Uniti in particola-
re), che vantano 1.200 dipendenti e 50 milioni di euro di fatturato. Numeri che fanno di lui una
delle voci più autorevoli per parlare dei problemi della cucina
italiana oltre confine, costretta a
combattere con centinaia di ristoranti che del Belpaese hanno
solo il tricolore in bella vista sull'
insegna. «In questi casi il danno
d'immagine è terribile – racconta il gourmet che ha messo a tavola diversi presidenti americani e numerosi divi di Hollywood
– E questo vale non solo per la
cucina ma anche per la moda e
per tutti quei settori in cui il nostro brand rappresenta un valo-
re aggiunto. Ovunque si incontrano ristoranti che si spacciano
per italiani ma che poi di italiano non hanno niente. È un problema legislativo: ogni tanto si
fanno dei controlli ma il fenomeno non si interrompe. Il fatto è
che spesso, soprattutto a New
York, i proprietari sono realmente cittadini di origine italiana,
che però danno in gestione l'attività a persone che non conoscono la nostra cucina, non usano i
prodotti di qualità della nostra
terra e non sanno trattare il
cliente come facciamo noi».
Questo fenomeno ha prodotto una visione distorta della cuci-
na italiana, che purtroppo si è
fatta strada nell’immaginario
collettivo di alcuni popoli, soprattutto di quelli che hanno il
palato anestetizzato da anni di
bibite gassate e fast food. «Gli
americani considerano italiana
una cucina che tale non è – spiega Maccioni – Non sanno la differenza tra il buono e il cattivo
mangiare perché di rado trovano un ristorante nostrano autentico. La loro immagine del cibo
italiano purtroppo è modellata
sulle centinaia di piatti scadenti
che qualcuno spaccia per made
in Italy». La questione riguarda
anche i prodotti utilizzati: «Quel-
Sirio Maccioni
li buoni costano di più e non
sempre il cliente riconosce la differenza – spiega Maccioni – Così, per risparmiare qualche ristoratore preferisce buttarsi sul
contraffatto. Il mercato è ampio:
in Argentina si produce del for-
Una bottiglia di Tuscan Moon rosso
VINO
Etichetta nera, artistica, uvaggio
Sangiovese. Si chiama “Luna
toscana” (Tuscan Moon) e
chiaramente fa pensare a un bel
rosso delle nostre terre. Invece
arriva dalla Napa Valley.
commercializza invece oli comunitari provenienti a seconda dei casi dall'Isola di Cipro,
dalla Grecia o della Spagna.
Per Coldiretti è un chiaro tentativo di trarre in inganno il
consumatore che può essere
risolto, una volta per tutte, secondo le rivendicazioni dell'associazione degli agricoltori,
soltanto tramite l'approvazione del nuovo testo di legge che
andrebbe così ad imporre su
tutte le etichette di olio d'oliva,
la dicitura in grande, alta almeno 1,5 centimetri, del paese di
provenienza delle olive con
cui si è andati a produrre l'olio
contenuto in ciascuna bottiglia.
La "Legge Salva Olio" già approvata lo scorso gennaio dalla Camera dei deputati, risulterebbe però al momento secondo Coldiretti inspiegabilmente bloccata al Senato: una mozione approvata ieri pomeriggio, all'unanimità, dal Consiglio regionale della Toscana
punta adesso a richiedere al
Parlamento l'immediato esame in aula del testo del provvedimento. «Una bottiglia di olio
- ha dato man forte alla richiesta proveniente da Coldiretti,
l'assessore regionale all'agricoltura Gianni Salvadori - non
può costare un euro». Una volta vinta la battaglia sull'etichettatura dell'olio d'oliva, il fronte si potrà spostare sulla tutela
di tutti gli altri prodotti agroalimentari del Made in Italy: anche qua, la richiesta, univoca,
è quella di un'etichettatura
unica, frontale, a grandi caratteri, con scritto ben riconoscibile "prodotto in Italia". La
scelta di rivolgersi ancora una
volta verso il finto prodotto,
potrà così ricadere soltanto sul
consumatore estero.
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maggio con il marchio "Parmigiano". Persino i vini talvolta sono taroccati, con conseguenze
pericolose per la salute. Si deve
intervenire, sarebbe opportuna
una legge più rigida».
Nonostante tutto, la cucina
italiana nel mondo continua a
essere apprezzata e vincente:
«La crisi? C'è ma nei momenti
difficili noi diamo il meglio –
conclude Maccioni – L'immagine della nostra cucina resiste e
gli chef italiani sono tuttora considerati i migliori al mondo. E
poi le ricette sono semplici, gli
ingredienti facili da trovare. Per
quanto ci riguarda, nei nostri ristoranti preferiamo puntare sulla qualità. Sappiamo da dove arrivano i prodotti che presentiamo in tavola e per questo godiamo della stima dei nostri clienti».
Gianni Parrini