RAGAZZO, DICO A TE, ALZATI! - Piccole Suore della Sacra Famiglia
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RAGAZZO, DICO A TE, ALZATI! - Piccole Suore della Sacra Famiglia
RAGAZZO, DICO A TE, ALZATI! X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno C – LUCA 7,11-17 11. In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Il brano odierno si colloca all’interno del capitolo 7 del Vangelo di Luca in cui Gesù è presentato come colui che si china sui poveri, sugli emarginati, sui sofferenti, sui peccatori. Egli è potente non solo nella predicazione, ma anche nelle opere. Il capitolo inizia con la guarigione del servo del centurione e prosegue con la risurrezione del figlio della vedova di Nain, proposto per questa domenica. Nain si trova a 10 chilometri circa da Nazareth, vicino al confine meridionale della Galilea. Gesù deve ancora cominciare il suo viaggio verso Gerusalemme ed è già conosciuto da una grande folla che lo segue. Possiamo ravvisare il confronto con le risurrezioni operate da due profeti dell’Antico Testamento Elia (1Re 17,17-24) ed Eliseo (2Re 4,32-37). Luca vuole evidenziare come Gesù, mandato da Dio come Elia, è molto più forte di lui. 12. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Era usanza per gli ebrei di seppellire fuori dalla porta della città. Il corteo funebre è formato da molta gente che partecipa al dolore. Il morto è il figlio unico di una madre vedova. Per la donna dei tempi di Gesù restare vedova voleva dire essere priva di ogni diritto. Rimanere anche senza il figlio maschio era ancora di più una tragedia, perché non aveva più alcuna protezione né alcun sostegno economico. 13. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Notiamo che in questo versetto Gesù è chiamato Signore, è colui, cioè, che viene riconosciuto dalla comunità cristiana con un titolo di grande rispetto. Gesù si immedesima nel dramma della donna, si china sulla sua sofferenza, non rimane indifferente, si muove a compassione. Il termine usato da Luca (splanchnizomai) si riferisce agli organi interni della persona, termine che utilizza anche nella parabola del Buon Samaritano e del Padre Misericordioso. Luca ci presenta così l’immagine di un Dio tenero come una madre, capace di amare visceralmente, compassionevole verso i suoi figli. È un episodio che infonde grande fiducia e consolazione al nostro cuore, perché nulla può fermare l’amore del Signore nei nostri confronti, nemmeno la morte, nemmeno il peccato, nemmeno qualsiasi genere di debolezza. Siamo suoi, preziosi ai suoi occhi, tanto che non è indifferente al nostro pianto, al nostro dolore, al nostro gemere. Egli, che sa trasformare in bene ogni situazione, che conduce la storia di ciascuno di noi con la sua Provvidenza, vi muove a compassione, volge su di noi il suo sguardo e ci dice: “Alzati!”. Egli è il Buon Samaritano che si avvicina al dolore degli altri, si fa carico della sofferenza altrui, cerca di alleviarla o di guarirla. Gesù, preso da grande compassione, infonde in ciascuno di noi la certezza di essere aiutato nel momento del bisogno, della prova, perché non cadiamo nella disperazione e nella depressione. 14. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Toccare un cadavere per i giudei significava contrarre impurità. Il ragazzo probabilmente non era adagiato in una bara come si usava presso i greci, ma più probabilmente era disteso su una barella ed avvolto in un lenzuolo funebre. Gesù non teme nulla, neanche la morte, neanche le norme: la vita vale più di tutte le consuetudini. Non fa gesti eclatanti, come invece aveva fatto Elia sul cadavere del figlio della vedova di Sarepta. È sufficiente la potenza della sua parola che ordina al ragazzo di alzarsi. 15. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Puntualizzare che il ragazzo si mise seduto e che cominciò a parlare è importante perché sottolinea che veramente è tornato in vita, riprendendo le sue facoltà, ristabilendo le relazioni. Come agisce Elia, anche Gesù restituì il ragazzo alla madre, segno che attraverso la risurrezione, la donna non è più in stato di miseria: riacquista il figlio e riacquista anche la sua possibilità di sopravvivenza. Grazie ai sacramenti ognuno di noi può rinascere a nuova vita grazie all’abbondanza della misericordia del Signore. 16. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». La folla ripete le parole profetiche utilizzate da Zaccaria, padre di Giovanni Battista per glorificare Dio: "Un grande profeta è sorto tra noi", e: "Dio ha visitato il suo popolo". Dio è presente in mezzo al popolo e si rende sensibilmente tangibile attraverso segni: i miracoli. Attraverso tale risurrezione, Gesù viene riconosciuto come autentico profeta di Israele. 17. Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Gesù si fa conoscere attraverso il prodigio compiuto e la sua fama supera i confini della Galilea e arriva in Giudea (sinonimo di Palestina in questo caso). Non solo, ma anche nella regione circostante. Portiamo con noi il messaggio che Gesù è mandato dal Padre a salvarci, a illuminare il mistero del dolore e della morte con la speranza. Nelle prove della vita siamo chiamati a restare intimamente uniti alla passione di Cristo, perché si riveli in noi la potenza della sua risurrezione. Sperimenteremo anche noi, allora, che nulla è impossibile a Dio. Non c’è nessuna situazione che non abbia una via di uscita se ci abbandoniamo alla fedeltà di Dio. Potremo dire così con il salmista: “Il Signore è mia roccia e mia fortezza: è lui, il mio Dio, che mi libera e mi aiuta”. (Sal 18,3). A nostra volta dobbiamo essere portatori di speranza presso quanti soffrono, mostrando loro il volto di Dio. Quante persone attendono qualcuno che le “risusciti” dalle situazioni di oscurità, quanti occhi hanno bisogno di vedere nuovi orizzonti, quante orecchie desiderano ascoltare le parole di conforto che derivano dalla Parola di Dio. Siamo noi, ora, coloro che devono manifestare la potenza di Dio, mettendo a disposizione quanto siamo ed abbiamo. Suor Emanuela Biasiolo