L`immaginario marxista

Transcript

L`immaginario marxista
Immaginario sociale
21/11/2006
L'immaginario marxista
Di Attilio Mangano
1. La questione dello statuto del marxismo é intrigante per il fatto stesso di essere teorica, storica e
politica al tempo stesso, cioè un insieme di questioni diverse ma con un tale nesso di reciprocità che
ogni suo aspetto rinvia all'altro. L'intrigo é tale da consentire una molteplicità di tesi che, pur
contraddittorie tra loro, non si elidono.
a) Marx ha detto infatti di non essere marxista, la teoria é ricerca aperta e non ortodossia.
Ma il marxismo si costituisce storicamente come una corrente specifica e in quanto tale,
strutturandosi come una cultura politica e una ideologia, esso diviene una dottrina e una "scienza".
Che il marxismo possa essere un sistema teorico aperto e/o n sistema teorico chiuso ipende dunque
dal modo di rapportare la funzione conoscitiva, la funzione predittiva e la funzione normativa nella
teoria stessa.
b) Non secondario, inoltre, é il problema stesso di cosa debba intendersi -storicamente- per
marxismo. Come é noto, la separazione fra marxisti socialdemocratici (II Internazionale) e marxisti
comunisti (III Internazionale) introduce una forte divisione politica e ideologica, quella del modo di
concepire il rapporto tra "riforma" e "rivoluzione". Inizia, come é noto, la distinzione (molto
"religiosa") fra marxismo vero e marxismo falso in cui la teoria vera corrisponde alla base sociale
di classe più adeguata e viceversa. Ma nella seconda metà del XX secolo, in pratica, dopo che la
socialdemocrazia ha "messo in soffitta" Marx, marxismo e comunismo finiscono di fatto col
divenire sinonimi, anche se a un certo punto (maoismo, lotta armata etc.) il comunismo si é
sdoppiato a sua volta, da un lato il comunismo "revisionista" o neo- riformista e dall'altro un
comunismo neo-rivoluzionario. Verso la fine del nostro secolo però gli avvenimenti del 1989 hanno
segnato una svolta ulteriore. La scomparsa dell'URSS e di gran parte dei paesi dell'Est ha introdotto
un altro elemento di novità, sanzionando la fine di un'epoca e - con essa - la crisi (definitiva?) del
movimento comunista. Di fronte a tutto questo succedersi di crisi e scissioni un fatto sembra
comunque accettato dagli storici, il passaggio dal singolare al plurale, il passaggio dal marxismo ai
tanti e diversi marxismi.
c) Questa "crisi del comunismo" ha portato a due tesi e interpretazioni diverse: quella della fine
storica del comunismo, quella che invece distingue fra fine dei regimi dell'Est e possibilità storica
del comunismo, che non é esclusa dal crollo dei paesi del "socialismo realizzato". In questa seconda
tesi il comunismo può (deve?) essere rifondato, il marxismo altrettanto. Ma la domanda rimane
lecita: in che misura questa scelta di rifondazione non é il solito modo per far rientrare dalla finestra
ciò che si dice aver gettato fuori dalla porta?
d) La domanda più generale rimane comunque come interpretare lo sdoppiamento stesso del
marxismo, la storia lunghissima, e già vista, delle sue crisi, della sua ortodossia e della sua possibile
eterodossia.
2. Non é solo questo sdoppiamento del marxismo- comunismo, la storia delle sue crisi e delle sue
scissioni, della sua istituzionalizzazione e della sua rottura, a rendere lecito il confronto fra il
marxismo e le religioni. Quei marxisti che si offendono risentiti per questo confronto ammettono di
solito che la storia del socialismo sia storia di un movimento sociale e di un'ideologia, di una "fede"
che ha in sé anche degli elementi di religiosità, ma citano di solito il passaggio del socialismo
"dall'utopia alla scienza" come un processo definitivo. Ma in verità il fatto che il marxismo sia
anche una filosofia della storia, una rappresentazione del mondo e del tempo (condividendo in
parte le istanze del "progresso", il dibattito sulla "modernità" e sulla "fine della storia" del
1
Immaginario sociale
21/11/2006
positivismo ottocentesco da un lato e dell'hegelismo dall'altro) può far riflettere più seriamente sulla
permanenza - nel marxismo- di immaginari (non solo l'immaginario "prometeico" del dominio
totale della natura e della sua tecnologizzazione ma anche -appunto- l'immaginario religioso della
"salvezza").
Chi scrive ha lavorato negli ultimi dieci anni con altri studiosi (marxisti e non marxisti) a una
individuazione del ruolo dell'immaginario e del simbolico nella politica, ricevendo talvolta l'accusa
di far parte di una corrente di marxismo "magico" (o esoterico), irrazionalista, per la tendenza a
privilegiare in qualche modo una lettura delle rappresentazioni che operano nel tessuto sociale e
che hanno una funzione attiva, a riconoscere lo specifico simbolismo della politica, ad analizzare la
costituzione degli immaginari sociali.
Per quanto possa, insomma, spiacere il confronto tra marxismo e religione, ciò che rende legittimo
il confronto stesso é il fatto che entrambi hanno una doppia esistenza, quella dell' istituzione e
quello dell'istituente, con un linguaggio che funziona come codice d'identità in entrambe le
situazioni. Il marxismo- istituzione (con i suoi stati, i suoi regimi, le sue burocrazie, i suoi apparati)
opera come ideologia di legittimazione . Il marxismo "istituente" (con il suo "movimento reale", la
sua "pratica sociale") opera come pensiero di sovversione per il rivoluzionamento sociale.
In comune hanno un linguaggio, un gergo, un codice: parole come classe operaia e socialismo,
imperialismo e borghesia, significano dunque la stessa cosa e una cosa diversa al tempo stesso per i
diversi soggetti sociali che vi possono fare riferimento. Significano "la stessa cosa" nella grande
rappresentazione ideologica che accomuna i marxisti, nell'immaginario del marxismo.
Nel corso del XX secolo il marxismo-comunismo, quello nato con la Terza Internazionale dopo la
Rivoluzione d'Ottobre, ha avuto certo le sue differenze e i suoi conflitti, le sue scissioni, le sue
tragedie, ma ha avuto un suo immaginario generale. Uno stalinista e un trotzkista non accetteranno
mai di essere "accomunati", rivendicando non solo la differenza di un colpo di piccozza ma quella
fra due basi sociali diverse (la burocrazia o la classe operaia). Eppure é proprio l'esistenza stessa
dello Stato operaio e il conflitto fra capitalismo e comunismo ad aver costituito questo
immaginario, la bipolarizzazione del mondo: imperialismo contro socialismo (ma anche Ovest
contro Est), la convinzione che dall'altra parte del mondo ci fosse l'alternativa al capitalismo e che
essa, bene o male, fosse ‘incarnata’ in una società reale, non fosse solo un ideale.
Al di là delle critiche più svariate e diverse, del fatto di decidere se ciò che é successo in URSS
abbia avuto davvero qualcosa a che spartire col socia lismo, il reale e l'immaginario hanno agito con
reciprocità, l'uno sull'altro. Se un regime che si dichiara "socialista" si autorappresenta come tale, il
reale produce l'immaginario e l'immaginario legittima il reale. Che succede dunque (nel reale e
nell'immaginario, ammesso che sia possibile separare questi due aspetti) quando crolla il socialismo
"reale"?
3. Per tornare al marxismo: si possono elencare certamente numerosi aspetti che rimangono validi o
veri anche oggi, si può e si deve senz'altro distinguere tra la vulgata del marxismo "ufficiale" e la
criticità permanente del pensiero di Marx, che é anche oggi un continente da esplorare.
Chi volesse perfino richiamarsi a Marx contro il marxismo, avrebbe dalla sua numerosi elementi
che rendono legittima una simile operazione.
Si possono elencare però al tempo stesso i molteplici elementi di schematismo (o di
"determinismo", di "economicismo") e/o di contraddittorietà operanti nel marxismo: la storia della
critica del marxismo, dei revisionismi molteplici non é certo una storia di volgarità e di accuse da
parte di nemici, é storia di problemi, polemiche, questioni di metodo, definizioni, paradigmi, che
riempiono una biblioteca.
Si possono infine ricordare alcune ovvietà, come quelle per cui Marx é figlio del suo secolo e solo
chi volesse interpretarlo come una specie di Giulio Verne potrebbe davvero pretendere che le sue
pagine possano indicare soluzioni a certi problemi del capitalismo contemporaneo che non erano
tali ai tempi di Marx: ciò vale non solo per i problemi del cosiddetto post-fordismo (nonostante ci
sia sempre chi usa far riferimento ai Grundrisse per definire delle leggi generali - sottomissione
2
Immaginario sociale
21/11/2006
formale/reale del lavoro al capitale- con cui spiegare sempre tutto) ma soprattutto per quelli dei
mass- media, del "villaggio globale", della società dello spettacolo, della produzione e del consumo
di immaginari, delle culture di massa etc.
Se già Marx, che pure ha spunti e intuizioni acute anche sul tema dell'immaginario sociale (e la
stessa questione del feticismo può essere letta in tale direzione) non ha una teoria dell'immaginario
e della sua presenza "reale" e tende a identificarlo con l'ideologia, é fin troppo evidente che per
analizzare la produzione dell'immaginario contemporaneo sia più utile far riferimento alla
dromologia di Paul Virilio che al marxismo.
In altri termini: Marx é sempre attuale, é un maestro del pensiero sociale cui rifarsi come altri
grandi. Ma questo é un motivo sufficiente per tornare a cantare il vecchio ritornello del marxismocomunismo?
Ammesso anche che sia possibile ripulire, scrostare, restaurare, riscoprire, ristrutturare, questa o
quella parte del marxismo, il problema rimarrebbe pur sempre di come essa verrebbe a combinarsi
con altri momenti del sapere sociale contemporaneo, con altri momenti di critica sociale e di prassi
conoscitiva da parte di soggetti che fanno le loro "rivoluzioni" anche senza marxismo.
Perché dunque partire ancora una volta da Marx se non per un bisogno di restaurazione a tutti i
costi, di continuità, di ve rità precostituita da ribadire? Dov'é scritto che senza Marx o al di fuori
dell'esperienza del marxismo-comunismo non c'é nulla, c'é solo il capitalismo?
4. Certo, già ai tempi di Marx e delle polemiche con Bruno Bauer o con Stirner si dibatteva della
riforma "umana" e se occorresse cambiare la società o cambiare il pensiero.
Ma la riforma di pensiero cui oggi si allude non é quella ottocentesca, é proprio conseguenza degli
effetti di "mondializzazione" che il capitalismo ha innescato e della necessità di una nuova
coscienza planetaria in cui le società sparse sul globo sono divenute interdipendenti in termini molto
più complessi di un tempo, impegnando a una svolta antropologica della politica stessa che
ridefinisca il tutto e la parte nelle loro inter-retro-azioni. Dal punto di vista di una ecologia della
politica spero basti citare Edgar Morin e i problemi posti in questa fine-secolo: occorre pensare la
politica in termini di nuovi "universali concreti", contro la cattiva totalizzazione della politica
ideolo gia che ha caratterizzato pur sempre il marxismo. (Si veda di Morin l'ultimo libro, “Terrapatria”)
Fra i due poli della politica totalitaria-totalizzante e dello svuotamento- frammentazione del politico
emerge con tutta la sua drammatica complessità il rapporto fra globale e locale.
"L'idea di politica dell'uomo conduce all'idea di politica planetaria; l'idea di politica planetaria
conduce all'idea di politica dell'uomo (...) Il carattere multidimensionale, planetario e antropologico
della politica é la conseguenza di questa presa di coscienza fondamentale: ciò che era ai confini
della politica (i problemi del senso della vita umana, lo sviluppo, la vita e la morte degli individui,
la vita e la morte della specie) tende a passare nel nucleo. Ci tocca dunque concepire una politica
dell'uomo nel mondo, una politica della responsabilità planetaria, una politica multidimensionale
ma non totalitaria. Lo sviluppo degli esseri umani, delle loro mutue relazioni, dell'essere sociale
costituisce il fine stesso della politica dell'uomo nel mondo, che richiede di proseguire
l'ominizzazione".
Anche il marxismo che si vuole rifondato é chiamato ad andare oltre il marxismo storico e a
concorrere a questa "riforma di pensiero" di cui parla Morin, per ridefinire il rapporto fra "il tutto" e
"la parte". Non so quanto un marxista possa gradire infine una citazione (che lo stesso Morin
compie) da Pascal, ma credo abbia anche essa la sua importanza. "Dunque, essendo tutte le cose
causate e causanti, adiuvate e adiuvanti, mediate e immediate, ed essendo tutte collegate le une alle
altre con un vincolo naturale e impercettibile che unisce le più lontane e le più diverse, stimo
impossibile conoscere le singole parti senza conoscere il tutto, come conoscere il tutto senza
conoscere le singole parti".
3