Segnali dalle urne

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Segnali dalle urne
Europa
Elezioni in Europa. Dopo il voto in Francia, Grecia e Serbia
L
settori, ritenendo di poter orientare
a proprio piacimento una Unione di
27 Stati. Ora, spenti i riflettori delle
elezioni, il vincitore Hollande dovrà
semplicemente riconoscere di essere
uno dei partner comunitari, benché
un partner di primo piano. E i segnali
che già gli giungono dalla Merkel e da
altri leader europei sono al contempo
d’incoraggiamento e di “moderazione”.
In Europa si tratta, non si comanda.
Il voto francese non è peraltro né il
primo, e forse non sarà l’ultimo, sul cui
esito ha pesato la crisi e in questa chiave
va posto sotto la lente d’ingrandimento
europea. Ci si può domandare, infatti,
quanto influirà sulla politica della
cancelliera tedesca Angela Merkel, la
nuova batosta elettorale subita nel land
Schleswigh-Holstein, che precede di una
sola settimana un altro test rilevante,
nel Nord Reno Westfalia. Lo stesso si
può dire delle elezioni amministrative
nel Regno Unito e in Italia. A maggior
ragione, interrogativi profondi emergono
dai seggi greci.
Ad Atene i due partiti alternatisi
al governo negli ultimi decenni,
Professor Jean-Dominique*
Durand, con la vittoria di
Hollande, quale segnale ha dato
la Francia?
“Non credo sia giusto parlare di
segnale. Francamente bisogna
osservare dapprima che la vittoria
di Hollande su Sarkozy è molto
stretta. Mi sembra poi che più che
un’adesione ad Hollande, il voto
esprima un rigetto del presidente
Sarkozy che è stato costretto a
una campagna molto difficile.
Occorre a questo proposito tenere
conto che Sarkozy è un presidente
uscente e come dappertutto in
Europa, i governi uscenti si sono
confrontati con problemi elettorali
perché di fronte alla crisi sono
stati costretti a prendere misure
impopolari. Ha inoltre giocato
contro anche la personalità stessa
di Sarkozy che non è stato mai
popolare in Francia. Quindi penso
che questo risultato più che un
messaggio manifesti un rigetto del
suo predecessore”.
Che futuro si prospetta ora per
Hollande?
3
I risultati del voto
■ Francia
Hollande vince il
ballottaggio con il 51,6%
a crisi vota contro Sarkozy,
aveva sostenuto il quotidiano
francese “Le Monde” dopo il
primo turno delle presidenziali
francesi. E così anche al ballottaggio del
6 maggio la recessione economica, con
le sue ricadute su lavoratori e famiglie,
è uno degli elementi determinanti –
assieme a una serie di errori politici da
lui stesso ammessi – per la sconfitta di
Nicolas Sarkozy. Il presidente uscente,
esponente del neogollismo, ha ceduto
il passo, pur con uno scarto elettorale
lieve, al socialista François Hollande,
autonominatosi “monsieur normal”,
per sottolineare la differenza di stile
rispetto al suo avversario, sovraesposto
mediaticamente e prodigo di promesse.
Parigi adesso è attesa alla prova
europea: i due sfidanti all’Eliseo avevano
lanciato, ciascuno a suo modo, moniti
e imperativi all’Europa, sui temi del
rigore e della crescita, sul controllo delle
migrazioni, sulla politica estera e in altri
Con l’elezione di Hollande
la Francia volta pagina, ma
è tutta l’Europa ad essere
scossa dal voto di domenica
scorsa: la Serbia è in bilico,
mentre in Grecia i partiti
estremisti minacciano la
stabilità del futuro governo
Sabato, 12 maggio 2012
Francois Hollande è il nuovo presidente
della Francia. E’ questo l’esito del
ballottaggio di domenica 6 maggio che
ha visto il leader socialista trionfare
con il 51,6% dei consensi davanti al
presidente in carica Nicolas Sarkozy,
fermo al 48,3%. Nel mese di giugno si
terranno, invece, le elezioni legislative:
a qual punto sarà più facile capire
cosa sarà della politica francese per i
prossimi cinque anni.
■ Serbia
Tadic e Nikolic vanno
al ballottaggio
Sarà necessario il ballottaggio del
prossimo 20 maggio per capire chi sarà
il nuovo presidente della Serbia. Il
primo turno delle elezioni, domenica 6
maggio, ha visto un testa a testa tra il
presidente uscente Borsi Tadic, 25,4%,
e il nazionalista Tomislav Nikolic
25,2% del SNS (Partito Progressista
Serbo). Proprio il SNS ha ottenuto alle elezioni legislative - il maggior
numero di seggi in parlamento, 73,
con il 24,1% dei consensi. Il Partito
democratico (DS) di Tadic si è
fermato al 22.4% (68 seggi), il Partito
socialista (SPS) il 14.4% (44 seggi),
il Partito democratico della Serbia
(DSS) e i Liberal-democratici (LDP)
rispettivamente il 6.9 e il 6.6%, con 21
e 20 seggi.
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dalle urne
Nuova democrazia (destra) e
Pasok (socialisti), a diverso titolo
responsabili del gigantesco debito
pubblico greco e partner dell’Ue
nel tentativo di porre un argine al
default del Paese, escono fortemente
ridimensionati dal voto popolare,
che ha invece dato ascolto alle parole
d’ordine lanciate dalle estreme,
quella di sinistra e quella nazionalista
e xenofoba. Secondo il complesso
meccanismo di assegnazione dei
posti in Parlamento, forse si riuscirà
a costituire una maggioranza “di
salvezza nazionale”, che dovrebbe
impegnarsi a tener fede agli impegni
assunti con la Troika (Ue, Bce, Fmi)
in cambio di copiosi aiuti finanziari.
Diversamente la Grecia potrebbe
cadere in preda all’isolamento e
all’instabilità politica, che avrebbero
ancor più pesanti conseguenze
sull’economia e sulle famiglie, e che
potrebbe portare Atene non solo
fuori dall’Eurozona, ma addirittura
fuori dall’Unione europea. Una
prospettiva, questa, che neppure
il più indignato dei cittadini greci
può augurarsi per sé e per la propria
nazione.
Si attendono, infine, i risultati delle
elezioni presidenziali e legislative
serbe. Lo scontro tra l’europeista
Boris Tadic, presidente uscente alla
guida del Partito democratico, e
Tomislav Nikolic, leader del Partito
del progresso, dovrebbe risolversi con
un ballottaggio (20 maggio). Belgrado
si sta misurando su diversi fronti: il
consolidamento della democrazia,
il nodo dell’indipendenza del
Kosovo, la situazione economica
e sociale interna, il ruolo di Paeseguida dell’intera regione balcanica,
la prospettiva europea. Bruxelles
osserva con un misto di speranza
e preoccupazione. I Balcani fanno
parte della storia, della cultura,
dell’identità continentale: l’Ue ha
più volte ribadito la “prospettiva
europea” dell’area. Ma dagli stessi
Balcani occorrono segnali d’interesse
e scelte politiche coerenti.
✎ L’intervista |
GIANNI BORSA
Sir Europa - Bruxelles
■ Grecia
Crollano i partiti
tradizionali.
I risultati delle elezioni legislative
greche segnano un cambiamento
decisivo nella storia del Paese. I due
principali partiti Nuova Democrazia a
destra e il Pasok a sinistra, sono stati
travolti: il movimento di centro-destra
guidato da Antonis Samaras resta il
primo partito, con circa il 19% delle
preferenze (ma quasi il 15% in meno
rispetto alle politiche del 2009), il
Pasok è, invece, passato dal 44% al
13%, peggior risultato di sempre.
La Coalizione della Sinistra radicale
(SYRIZA) diventa così la seconda
forza in parlamento con il 16,7%. A
seguire la destra nazionalista dei Greci
Indipendenti, 10,6%, i comunisti del
Kke 8,48% i neonazisti del Chryssi
Avghi (neo-nazisti) 6,97%. Infine la
Sinistra Democratica (Dimar) con il
6,1%.
di Maria Chiara Biagioni
La Francia di Hollande attende il voto di giugno
“Hollande si presenta con grande
prudenza. E anche i capi del suo
partito lo sono. Perché sanno
bene che la loro è stata una
vittoria stretta e ne conoscono
bene le ragioni: sanno anche che
se Sarkozy avesse lasciato il suo
posto ad altro leader della destra
come Alain Juppé, probabilmente
sarebbe stato eletto. Sono stato
colpito dalla prudenza delle
prime dichiarazioni e dei primi
commenti. D’altra parte sanno
bene che la situazione economica
è terribile e che la situazione in
Europa è altrettanto difficile. E
anche se durante la campagna
elettorale hanno detto che il tema
della crisi era sovrastimato, ora
che sono al potere dovranno fare i
conti con la situazione reale. Non
dimentichiamoci poi che adesso
nel nostro sistema la battaglia
non è completamente finita
perché abbiamo le elezioni per il
Parlamento il 10 e il 17 giugno. I
sondaggi di questa mattina danno
la destra e la sinistra ancora sullo
stesso filo, per cui non si sa cosa
succederà alle legislative”.
La parola vincente di queste
elezioni è stata “crescita”...
“Sì, il tema della crescita è stato
molto importante ma il problema
è sapere che la crescita è un
fatto economico, non si decide
quindi a tavolino né si ottiene
miracolosamente. Insomma,
non sarà possibile che dall’oggi
al domani la Francia diventi
un’economia in crescita. Hollande
ha già annunciato delle spese
pubbliche pesanti. Non sono un
economista ma non sono sicuro
che la crescita sia compatibile
con spese economiche importanti
o con il reclutamento di nuovi
funzionari. Temo che la questione
della crisi economica sarà più
presente che la crescita”.
E i cattolici?
“I cattolici hanno già espresso un
po’ di preoccupazione per diversi
progetti del nuovo presidente a
livello delle questioni bioetiche
e di costume come i matrimoni
gay e l’eutanasia. Durante la
campagna elettorale Hollande ha
fatto dichiarazioni abbastanza
dure verso la scuola cattolica.
Sono tutti temi che in qualche
modo preoccupano perché
stanno a cuore alla Chiesa
cattolica”.
L’asse Sarkozy-Merkel si è rotto.
Hollande come si porrà?
“L’asse di cui parla è l’asse
Francia-Germania, BerlinoParigi che fu sancito già al tempo
di Adenauer e Schumann, poi
è continuato con il generale De
Gaulle e poi con Mitterrand e
Khol e Chirac e Schröder. È una
tradizione consolidata per la
costruzione dell’Europa e quindi
continuerà perché sarebbe
una follia romperlo. Hollande
ha già annunciato che appena
s’insedierà ufficialmente all’Eliseo,
si recherà subito a Berlino per
incontrare la cancelliera tedesca”.
Come ne esce la Francia?
“Non abbiamo l’eccitazione che
abbiamo conosciuto con le elezioni
di Mitterrand. La situazione è
molto diversa. La questione più
importante adesso è sapere cosa
lui farà delle promesse che ha fatto
durante la campagna elettorale”.
*storico e professore dell’Università
Jean Moulin-Lyon 3.