Il progresso e l`infelicità umana - Sigmund Freud Nel Disagio della
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Il progresso e l`infelicità umana - Sigmund Freud Nel Disagio della
Il progresso e l'infelicità umana - Sigmund Freud Nel Disagio della civiltà, Freud individua alcune ragioni di fondo dello stato diffuso dì infelicità che si riscontra in una società che pure è caratterizzata da enormi progressi. L'uomo è infelice perché ha scambiato parte delle sue possibilità di essere felice (cioè di soddisfare pienamente i suoi desideri) con quel po' di sicurezza che l'ordine sociale gli garantisce e che sarebbe messo radicalmente in discussione se ciascuno potesse dare libero sfogo ai suoi istinti, in particolare alle pulsioni sessuali e aggressive. Piste di Lettura Secondo Freud: -l'infelicità sorge dalla repressione delle pulsioni sessuali e aggressive ad opera della società; -nelle società arcaiche la libertà pulsìonale era maggiore, ma ristretta a una minoranza; -malgrado possibili miglioramenti, nella nostra civiltà vi saranno sempre dei vincoli. Le età future recheranno con sé nuovi e forse inimmaginabili passi avanti in questo campo che appartiene alla civiltà, accresceranno ancora la somiglianza dell'uomo con Dio. Pure, nell'interesse della nostra indagine, non dimentichiamo che l'uomo d'oggi nella sua somiglianza a Dio, non si sente felice. 1 Diciamo dunque che un paese ha toccato un alto grado di civiltà, quando vediamo che i suoi abitanti accudiscono e prvvedono opportunamente a tutto ciò che si dimostra di aiuto per sfruttare la terra a beneficio dell'uomo e per difenderlo contro le forze della natura, in breve, a tutto ciò che gli è utile. [...] La vita umana in comune è resa possibile... se si afferma una maggioranza più forte di ogni singolo e tale da restare unita contro ogni singolo. Il potere di questa comunità si oppone allora come "diritto" al potere del singolo, che viene condannato come “forza bruta”. Questa sostituzione del potere della comunità a quello del singolo è il passo decisivo verso la civiltà. La sua essenza consiste nel fatto che i membri della comunità si limitano nelle loro possibilità di soddisfacimento, mentre il singolo non conosceva restrizioni del genere. Quindi, il primo requisito della civiltà è la giustizia, cioè la sicurezza che l'ordìne; tatuito non sarà infranto, a favore di nessuno. [...] ll risultato finale dovrebbe essere lo stabilirsì di un diritto al quale tutti - o almeno tutti i riducibili a una comunità - hanno contribuìto col loro sacrificio pulsionale e che non lascia nessuno - con la stessa eccezione - alla mercé della forza bruta. La libertà individuale non è un frutto della civiltà. Era massima prima di qualsiasi civiltà benché in realtà a quel tempo in gran parte priva di valore, poiché l'individuo difficilmente era in grado di difenderla. La libertà subisce delle limitazioni ad opera dell'incivilimento e la giustizia esige che queste restrizioni colpiscano tutti. Ciò che in una comunità umana indica un desiderio di libertà, può essere ribellione contro qualche ingiustizia che è in atto e così risultare utile per un'ulteriore evoluzione civile, rimanere compatibile con la civiltà. [...] È impossibile ignorare in qual misura la civiltà sia costruita sulla rinuncia pulsionale, quanto abbia come presupposto il non soddisfacimento (repressione, rimozione o che altro?) di potenti pulsioni. Questa 'frustrazione civile' domina il vasto campo delle relazioni sociali degli uomini; già sappiamo che è la causa dell'ostilità contro cui tutte le civiltà devono combattere. Essa richiede anche un forte impegno al nostro lavoro scientifico, per chiarire il molto che resta inspiegato. Non è facile capire come possa avvenire che una pulsione venga privata del suo soddisfacimento. Il farlo non è esente da pericoli; se non è compensato economicamente, bisogna rassegnarsi a serie perturbazioni. [...] L'uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d'amore, capace, al massimo, di difendersi se viene attaccata. ,[...] Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare su di lui la propria aggressività, a sfruttame la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad umiliarlo, farlo soffrire, a torturarlo e a ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha il coraggio di contestare quest' affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia? […] La civiltà deve fare di tutto per porre limiti alle pulsioni aggressive dell'uomo 2, per rintuzzarne la la vivacità mediante formazioni psichiche reattive. Di qui l'impiego di metodi intesi a provocare negli uomini identificazioni e relazioni, di qui le restrizioni della vita sessuale, di qui, anche, il comandamento ideale di amare il prossimo come se stessi, che ha giustificazione reale nel fatto che nessun'altra cosa va tanto contro la natura umana originaria. [...] Per ciascuno di noi viene il momento di lasciar cadere come illusioni le speranze che ripose in gioventù nei propri simili, e di sperimentare quanto la vita gli è resa aspra e gravosa dalla loro malevolenza. [...] Chiaramente non è facile per gli uomini rinunciare al soddisfacimento di questa loro tendenza a essere aggressivi; non si sentono tranquilli. [...] Se la civiltà impone sacrifici tanto grandi non solo alla sessualità ma anche all'aggressività dell'uomo, allora intendiamo meglio perché egli stenti a trovare la sua felicità in essa. Di fatto l'uomo primordiale stava meglio, poiché ignorava qualsiasi restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. 1. La nostra è un'età nella quale l'uomo sembra avere assunto caratteri quasi divini, per le virtù creatrici e trasformatrici assunte dalla tecnica e dalla scienza delle quali egli si avvale. Eppure, è anche l'età in cui l'infelicità non sembra affatto scomparsa, anzi sembra accresiuta. Rispondere al perchè di tutto questo vuol dire ripensare alla condizione umana e al destino dell'uomo. 2. La civiltà, per esigenze di sicurezza, è costretta a controllare e reprimere due fondamentali pulsioni umane, quella sessuale e quella aggressiva. Eros (l'istinto riproduttivo) e Thánatos (l'istinto distruttivo, la pulsione di morte) sono forze costitutive dell'uomo. La civiltà deve porre loro dei limiti, se vuole soprvvivere. L'uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po' di sicurezza 3. Non dimentichiamo poi che nella famiglia primigenia solo il capo godeva di questa libertà pulsionale; gli altri vivevano in una repressione schiavistica. ll contrasto tra una minoranza che godeva dei benefici della civiltà e una maggioranza che ne era spogliata era dunque, in quei primordi della civiltà, portato agli estremi. Quanto ai primitivi oggi viventi, sappiamo ormai, dopo accurate indagini, che la loro vita pulsionale non è affatto da invidiarsi per la sua libertà; essa soggiace a restrizioni di altra specie, ma forse più rigorose di quelle dell'uomo civile moderno. Quando giustamente protestiamo contro lo stato attuale della nostra civiltà, accusandolo di appagare troppo poco le nostre esigenze di un assetto vitale che ci renda felici, di lasciar sussistere molto dolore che probabilmente potrebbe essere evitato, quando con critica spietata ci sforziamo di mettere a nudo le radici della sua imperfezione, sicuramente esercitiamo un nostro giusto diritto e non ci mostriamo nemici della civiltà 4. Possiamo aspettarci di ottenere cambiamenti nella nostra civiltà con l'andare del tempo, tali che soddisfino meglio i nostri bisogni e sfuggano a questa critica. Ma forse ci abitueremo anche all'idea che ci sono difficoltà inerenti all'essenza stessa della civiltà e che non cederanno di fronte ad alcun tentativo di riforma. da S. Freud: II disagio della civiltà III e V, Boringhieri, Torino 1971 Analisi del testo I. Che cosa intende Freud per civiltà? (5 righe) 2. Costruisci una mappa concettuale che illustri i rapporti tra “civiltà”, “libertà” e “felicità”. 3L'infelicitâ umana consegue dalla risposta data a quella esigenza di sicurezza, cioè dai freni e dalle rimozioni imposte dalla necessità sociale. Solo nelle famiglie primitive o nelle società arcaiche gli individui avevano maggiore libertà nella loro vita pulsionale: e non tutti, ma solo esigue minoranze. 4Occorre, certo, allentare la morsa ferrea imposta dalla società alle esigenze vitali degli individui: rivendicare quindi una maggiore libertà di costumi non significa collocarsi al di fuori della civiltà, ma chiedere che questa venga riformata, migliorata. Ma fino a che punto ciò è possibile? La risposta di Freud è disincantata, pessimistica: oltre certi limiti non sarà possibile andare. Un certo carattere repressivo la società moderna dovrà mantenerlo, con ciò che ne deriva in termini di infelicità umana.