Presskit

Transcript

Presskit
case sparse
visioni di case che crollano
Un film di GIANNI CELATI
61 min.
Una produzione
STEFILM, PIERROT E LA ROSA, ZDF/ARTE
in collaborazione con YLE Teema, TELE+, INFINITO srl
con la partecipazione di
JOHN BERGER, BIANCA MARIA D’AMATO, ALBERTO SIRONI
sviluppato con il sostegno di
© 2003 all rights reserved
STEFILM via berthollet 44 - 10125 torino (italy) tel +39 011 6680017 fax +39 011 6680003 - www.stefilm.it - [email protected]
case sparse
visioni di case che crollano
di Gianni Celati
La campagna attorno al delta del Po è costellata di casolari abbandonati. Il
paesaggio attorno appare deserto, quasi del tutto privo di presenze umane.
Su questo sfondo, alcuni personaggi raccontano le storie del loro legame con
queste terre. Gianni Celati - allievo di Italo Calvino e considerato oggi uno dei
migliori scrittori italiani contemporanei - documenta con uno stile narrativo
superbo la tragedia e la perdita di valori in questo nuovo paesaggio di
desolazione.
Il Film
"L’idea principale è di non mostrare le migliaia
di case che crollano nelle campagne della valle
del Po come malinconici resti del passato, ma
come uno tra i più sorprendenti aspetti d’un
paesaggio moderno. In un’epoca in cui si tende
a restaurare tutto per cancellare le tracce del
tempo, queste case portano i segni d’una
profondità del tempo e così pongono la
domanda: cosa fare delle nostre rovine, cosa
fare di tutto ciò che è arcaico e sorpassato, e
non può essere smerciato come un altro articolo di consumo? E’ un problema
che diventerà sempre più pressante, e che già ora si pone nella riattivazione
di molti luoghi lasciati in abbandono e trasformati in musei o spazi culturali".
Gianni Celati
1
F
STE ILM PAG.
Per l’uomo moderno la vecchiaia e la malattia sono una specie di scandalo.
Tutto ciò che crolla per vecchiaia (dalle case alle facce) deve essere
sottoposto a una forma di restauro cosmetico. C’è da chiedersi se in tutto ciò
non vi sia un tremendo rifiuto del mondo, che si spande sempre più con la
produzione di immagini spettacolari di consumo.
A partire dai segni del crollo nelle vecchie case della valle del Po, si tratta di
fissare lo sguardo sulle rovine e di imparare a guardarle non più come una
malattia, ma come un aspetto che non è necessario nascondere con una
forma di maquillage.
CASE SPARSE
Contenuti e questioni
del nostro tempo
Si tratta di riattivare la semplice percezione delle cose poco osservate, la
capacità di guardare il mondo esterno così come è.
Forse il problema di fondo è che noi non crediamo più veramente al mondo
esterno, crediamo solo a un’immagine di noi stessi da proiettare in base
all’estetica spettacolare dei consumi (John Berger, nel suo ultimo libro, The
Shape of a Pocket, ha parlato della “ grande disfatta del mondo ).
Estratti: John Berger
Gianni Celati
“Questo è un film sulle case in rovina nella
valle del Po, sui casali che crollano in
abbandono, in seguito ai cambiamenti
nell’agricoltura e alla migrazione degli abitanti
verso aree più urbane.
2
F
STE ILM PAG.
Il problema di restaurare vecchi spazi ed edifici fatiscenti si pone dovunque,
ed è destinato a diventare un problema maggiore nei prossimi anni. E data
l’idea corrente della vita pubblica, cioè della vita intesa come un fatto
spettacolare, c’è da aspettarsi che tutto quello che non va d’accordo con
questa parata – con questa idea di “ vita come spettacolo ” - dovrà essere
cancellato, spazzato via, oppure restaurato, rinnovato, con qualche tipo di
chirurgia cosmetica.”
CASE SPARSE
Si possono trovare moltissime interpretazioni
storiche dei cambiamenti enormi avvenuti nella
valle padana – qui dove sono – ma queste
John Berger
interpretazioni non ci aiutano molto, quando ci
avviciniamo a quelle case crollate. Perché quando ci accostiamo a quelle
macerie, non sappiamo veramente cosa pensare, e in qualche modo sentiamo
che c’è bisogno di nuovi concetti, di nuovi modi di pensare, che vadano
d’accordo con le nostre percezioni. Al giorno d’oggi uomini e donne si
restaurano la faccia cadente, cioè le facce che poco a poco, a causa dell’età,
crollano e diventano una specie di rovina -poiché tutto ciò che porta segni e
tracce del passar del tempo in qualche modo ci spaventa. E così le case che
crollano sono sentite come una specie di malattia, una malattia che è
semplicemente l’effetto del tempo che passa. Ma quel che sto dicendo non
riguarda solo la valle del Po.
Bianca Maria DÕamato
“...Nella vita contadina ognuno era un
personaggio, erano tutti degli eroi, Le zie, le
nonne… anche loro personaggi e ognuno
aveva una sapienza… Io l’ho visto finire quel
mondo, quando c’erano ancora gli eroi…
In campagna c’erano degli eroi con l’aureola:
tiranni, gente impossibile ma che tenevano in
piedi il mondo. Poi tutti questi sono stati
fregati, fregati dalla televisione nei bar. Nelle
stalle a svagarsi si andava ogni tanto, invece
Bianca Maria DÕamato
con la televisione ogni sera nei bar, là ogni sera i maschi a naso in su… a
naso in su davanti alla televisione… che dopo sembravano tutti uguali. Là a
guardare la televisione come dei fessi.
F
STE ILM PAG.
3
Nella vita contadina ognuno era un personaggio, erano tutti degli eroi. Lo zio
non sposato, ad esempio, in tutte le famiglie era quello più allegro, anche
quello che faceva i lavori più di fatica, è perché non faceva le fatiche amorose.
Lo zio non sposato… ma ognuno per qualche motivo era un eroe: le zie, le
nonne, anche loro personaggi… ognuno aveva una sapienza. Io l’ho visto
finire quel mondo, quando c’erano ancora gli eroi.”
CASE SPARSETEMPO
Tra le case sparse ci si conosceva tutti, tutti sapevano tutto di te. Le
campagne erano per me posti per nascondermi, anche nei fossi delle volte.
Delle volte con uomini… delle volte stavo in un fosso distesa a guardare le
stelle. I fossi portavano l’acqua nei prati dovevano essere tenuti puliti. Quelli
che avevano i campi confinanti con un fosso si trovavano al sabato a pulirlo.
Adesso c’è di tutto nei fossi: lattine, carta, spazzatura. Si andava in visita nelle
altre case sparse di sera… ma solo in certe
occasioni e si stava sempre nella stalla con le
vacche, perché lì faceva caldo. D’inverno a
letto nelle camere ghiacciate, con le braci
nella padellina sotto le lenzuola. Io mi
svegliavo con l’acqua ghiacciata nel catino.
Neanche la luce era un bene che si poteva
usare. Nella mia camera c’era una lampadina
da tre watt… figurarsi se potevo leggere con
quel lumino da morti. Mentalità contadina:
niente andava sprecato. La famosa mentalità
contadina.
Intervista a Gianni Celati
Come è nata l'idea di studiare le case che crollano nelle nostre
campagne?
Più di dieci anni fa, io e il Gruppo Pierrot e la
Rosa abbiamo fatto il nostro primo filmdocumentario, che s'è intitolato Strada
provinciale delle anime, prodotto per Rai Tre.
L'idea era di usare un mio libro di esplorazioni
delle campagne nella valle del Po (intitolato
Verso la foce) per ricavarne un film o
qualcosa del genere. Dopo è venuta fuori
un'altra idea, tuttta diversa. Ma è così che
abbiamo cominciato a studiare le campagne
e filmare le vecchie case che crollano un po' dappertutto. Nel 1998 abbiamo
fatto un documentario su un nostro amico, il grande fotografo Luigi Ghirri,
morto prematuramente, e questo ci ha portato di nuovo in giro per le
campagne a osservare le vecchie case in rovina.
F
STE ILM PAG.
4
Sì, credo che l'impianto fotografico dei
nostri documentari debba molto alle sue
foto, e a tutto quello che Ghirri ci ha
insegnato lavorando insieme. Lui faceva
parte del gruppo di lavoro in Strada
provinciale delle anime, dove tra l'altro fa un
discorso sulle campagne come "il luogo
della distruzione". Il suo ultimo progetto
prima di morire era di fotografare
l'architettura rurale nelle zone del reggiano,
architettura che sta scomparendo e tra
pochi anni sarà svanita nel nulla. Siamo
ripartiti di lì anche noi, creandoci un archivio
di esempi. Abbiamo trovato due guide sul
territorio che ci hanno molto aiutato: uno è
Daniele Benati (autore d'uno straordinario
libro, Silenzio in Emilia, pubblicato da
Feltrinelli), l'altro è Alfredo Gianolio (un
avvocato di Reggio Emilia che è stato un
amico e seguace di Cesare Zavattini).
CASE SPARSE
Tu hai lavorato con Luigi Ghirri a tre libri fotografici. Ma per voi come
gruppo ha contato molto l'amicizia con Luigi Ghirri?
L’idea del tuo film mi sembra che ribalti il modo corrente di guardare le
rovine. Nel film una donna dice che “ noi non siamo più abituati a vivere
tra crolli e distruzioni, dunque questi ci sembrano la fine del mondo ”.
Poi fa un paragone con le situazioni in Africa e Medio Oriente. Mi sembra
che qui soprattutto emerga un’idea politica del tuo lavoro.
Forse. Ma è vero che c’è quella linea
divisoria netta, tra popoli che sono ancora
abituati a vivere tra i crolli, nella penuria,
dunque a prendere il mondo esterno così
com’è, e i popoli ricchi che tendono a un
restauro totale del visibile - per farlo sempre
più uguale a un’immagine pubblicitaria. Io
abito in Inghilterra, in un quartiere con molti
negozietti che non sono stati restaurati, dove qua e là vedo delle screpolature
in un muro o un’insegna sbiadita dal tempo. Aspetti del genere diventeranno
sempre più rari nel nostro mondo. Il mondo occidentale sta diventando
sempre più dominato dal fanatismo del far tutto nuovo di zecca, per cancellare
le tracce del tempo. Questo fanatismo consiste nel trattare tutto come un
prodotto di consumo da gettare via appena è vecchio, oppure da sostituire con
un modello tecnologico più avanzato.
F
STE ILM PAG.
5
A parte casi molto rari, non credo che il cinema possa dare tante stimolazioni
alle nostre capacità percettive e alle nostre capacità di pensiero, come certi
grandi documentari. Penso a L’uomo con la macchina da presa di Dziga
Vertov, che è un esercizio percettivo dalla prima all’ultima inquadratura. E’ un
esercizio a guardare tutto, a rendere tutto significativo, tutto importante anche ciò che di solito nessuno guarda perché è considerato banale. Quello
di Vertov è veramente un cosmo tutto pieno, tutto vorticante, col senso di
un’armonia sotterranea negli insiemi umani. Lo stesso effetto di continua
sorpresa e stimolazione delle nostre capacità percettive lo trovo in ogni
inquadratura di Pioggia di Joris Ivens, e in Nanuk di Flaherty, e nei
documentari di Murnau, fino a Gente del Po di Antonioni, e in tante parti di
Paisà di Rossellini – il quale ci ha insegnato a guardare a tutte le possibilità
del cinema attraverso la libertà dell’ottica documentaristica (il cinema ha
sempre grandi debiti col documentario).
Nel documentario c’è la possibilità di usare le immagini per compiere una
ricerca su quello che vediamo, su come vediamo, sulle condizioni del vedere
e percepire – anzi, sui presupposti del guardare o osservare qualcosa, sulle
idee che stanno a monte delle nostre osservazioni.
CASE SPARSE
Il film documentario
come ultima spiaggia
Un grande scultore, Alberto Giacometti, diceva : “ Io disegno per capire cosa
vedo ”. Ecco, questa è la potenzialità del cosiddetto documentario: filmare le
cose per capire come vediamo, cosa vediamo - capire anche le nostre pigrizie
e preconcetti nel guardare quello che è fuori di noi. Questa ricerca nel cinema
è per lo più impossibile, perché un film di solito deve sfruttare i modi di vedere
già stabiliti, se vuol andare incontro al pubblico e al gusto dei produttori. Allora
tutto diventa congelato nel dovere di “ fare il prodotto ”, di solito nel massimo
convenzionalismo e senza più nessuna ricerca su diverse potenzialità del
mezzo.
La visione documentaristica è legata allo stretto necessario - cioè al fatto che
hai qualcosa davanti in un momento e poi non l’avrai più, perché tutto passa,
e non è ricostruibile con le messe in scena. Questa limitazione è anche la
grande virtù del documentario, cioè di dover restare attaccata alla
contingenza, per tradurla o trasfigurarla in esempi di qualcosa più vasto.
E’ ciò che succede in ogni documentario che continui la ricerca con questo
mezzo espressivo : si tratta sempre di pensare in modo meno schematico lo
spazio esterno, le situazioni nello spazio, i momenti del mondo. Si tratta poi di
ritrovare quello sguardo impregiudicato su tutte le cose, su tutte le forme di
vita, che è la grandezza di Vertov, di Ivens, e di Rossellini.
Ormai l’obbligo principale in tutte le attività è quello di fare dei prodotti di
consumo e di facile smercio. Il che vuole dire che non può esserci alcuna
ricerca se non nella direzione del cosiddetto marketing. Nella letteratura sta
accadendo lo stesso e i libri diventano sempre più tutti uguali, scritti nello
stesso modo, etc. Mi sembra che il documentario rappresenti ancora uno dei
pochi spazi di lavoro e di pensiero non completamente devastati – ancora un
terreno di ricerca – con una straordinaria fioritura di esempi degli ultimi anni.
Non so quanto durerà.
F
STE ILM PAG.
6
CASE SPARSE
Gianni Celati
7
F
STE ILM PAG.
con
Il Narratore JOHN BERGER
L’Attrice
BIANCA MARIA D’AMATO
Il Regista
ALBERTO SIRONI
Regia
Gianni Celati
Produttori
Elena Filippini
Stefano Tealdi
Fotografia
Lamberto Borsetti, Federico Crosara,
Milco Fabbri, Francesco Logullo,
Paolo Muran, Guglielmo Rossi, Maria Signorini
Steadycam
Luciano Baraldi
Montaggio
Lamberto Borsetti
Suono
Francesco Lo Gullo
Assistente alla regia
Paolo Muran
Post-produzione audio
Florian Studio - Bologna
Segretaria di produzione
Tiziana Corneti
Assistente allo sviluppo
Fabrizia Galvagno
Organizzazione
Luca Buelli
Traduzioni
John Rugman
Samuel Bauer
Grafica
Giuseppe Bonazzi
Andrea Gattico
Una co-produzione
PIERROT E LA ROSA
Lamberto Borsetti, Luca Buelli, Paolo Muran
STEFILM
Elena Filippini, Edoardo Fracchia, Stefano Tealdi
ZDF/ARTE
Doris Hepp
in associazione con
INFINITO srl
in collaborazione con
YLE Teema
Finnish Broadcasting Corporation
Leena Pasanen
con la partecipazione di
Tele +
Fabrizio Grosoli, Luca Pelusi
Sviluppato con il sostegno di
MEDIA Programma dell'Unione Europea
CASE SPARSE
Credits