Big Pharma a secco e 40 banche in meno il conto salato del super

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Big Pharma a secco e 40 banche in meno il conto salato del super
 Big Pharma a secco e 40 banche in meno il conto salato del super franco svizzero Le aziende elvetiche fanno i conti con la rivalutazione della moneta. Roche e Novartis a picco in borsa, il lusso rivede le stime di crescita, le piccole aziende riducono gli stipendi o emigrano oltre frontiera. E Julius Baer prevede: fusioni tra le banche, alla fine ne resteranno solo 100 Franco Zantonelli http://www.repubblica.it/economia/affari‐e‐
finanza/2015/01/26/news/big_pharma_a_secco_e_40_banche_in_meno_il_conto_salato_del_super_franc
o_svizzero‐105790272/ Lugano “Stavo guardando i prezzi delle valute online quando, in una frazione di secondo, il valore dell’euro è sceso di 15 centesimi, lasciandomi con gli occhi sbarrati”. “Come se fossi stato attraversato da una scossa elettrica”. Luca Parini, titolare del più vecchio ufficio cambi di Lugano, riavvolge il nastro del thriller, andato in scena, a partire dalle 10,30 di giovedì 14 gennaio, quando il Presidente della Banca Nazionale Svizzera, Thomas Jordan, ha annunciato la fine del cambio fisso tra la valuta unica e quella elvetica. “Non le nascondo aggiunge il cambista ‐ che io e molti miei colleghi siamo stati presi dal panico tanto che, nel primo pomeriggio, non sapendo bene dove si andava a parare, abbiamo sospeso per due ore le contrattazioni”. Però, e Jordan l’ha spiegato, l’euro a un franco e 20 non poteva andare avanti all’infinito. Insomma, nei tre anni in cui è rimasto in vigore quel cambio imposto per decreto, chi opera sui mercati, sia esso un industriale o un trader finanziario, ha avuto il tempo di attrezzarsi al ritorno alla normalità. Lei che dice Parini? “Io le dico che è vero, però l’euro continua a essere molto debole, non vedo come possa riprendersi e noi che siamo in prima linea continuiamo a soffrire”. “Meglio una fine con terrore che un terrore senza fine”, l’efficace appoggio, dato alla mossa a sorpresa di Jordan, da Axel Weber, presidente di Ubs. Volendo azzardare un’analogia odontoiatrica Weber afferma, In sostanza, che avendo un dente malato e sapendo che continuerà a far male, tanto vale sopportare il dolore dell’estrazione e non pensarci più. Come il presidente della principale banca svizzera la pensa anche Fitch, una delle maggiori agenzie di rating, secondo cui “l’abbandono del cambio fisso avrà un effetto limitato, sull’insieme dell’industria svizzera. “Certo ‐ spiegano gli analisti di Fitch ‐ quando una divisa si rivaluta, come è il caso, attualmente, per il franco, è una cattiva notizia per coloro che esportano”. Ma intanto la banca centrale, stando a quanto ci ha confidato un operatore sul mercato delle valute di uno dei principali istituti di credito elvetici “sta difendendo, con discrezione, quell’uno a uno franco‐euro”. Per evitare, tra l’altro, che i gioielli dell’SMI, l’indice borsistico di Zurigo, subiscano ulteriori mazzate. E qui va detto che la mossa di Jordan si è lasciata dietro una distesa di croci. Si pensi che, in una sola settimana, il titolo di Novartis ha perso il 7 per cento, quello di Roche l’8, per non parlare del meno 19 per cento di Swatch. Ancora più ammaccati, dalla tempesta scatenata dall’istituto di emissione, sono i finanziari, con Ubs che ha perso il 16 per cento e Credit Suisse il 23. Siamo, almeno per quanto riguarda i due colossi bancari, non molto distanti dalle quotazioni del 2009, l’anno più nero della crisi finanziaria, quello in cui Ubs, per un soffio, non fece la fine di Lehman Brothers. E c’è, tra i grandi nomi dell’imprenditoria, chi sta correndo ai ripari, per evitare salassi maggiori. Il caso di Nick Hayek, Ceo di Swatch, che il 14 gennaio si era scagliato, brandendo l’immancabile sigaro a mo’ di indice puntato, contro il Presidente della Banca Nazionale Svizzera, accusandolo di aver provocato uno tsunami. “Aumenteremo i prezzi di alcuni dei nostri prodotti, in vendita sui mercati esteri, dal 5 al 10 per cento”, ha annunciato, qualche giorno dopo, il numero uno del principale gruppo orologiero del pianeta. Il rincaro riguarderà i marchi del comparto del lusso, ovvero Blancpain, Breguet, Omega e Longines. Tuttavia, mentre i giganti si leccano le ferite, molti dei più piccoli si sentono a rischio di sopravvivenza e, invece di aumentare i prezzi, pensano di ridurre gli stipendi del personale o di delocalizzare. “Con l’abolizione del tasso minimo di cambio noi perdiamo dal 30 al 40 per cento dei nostri profitti, quindi eventuali nuovi posti di lavoro li creeremo all’estero”, fanno sapere, al quotidiano Tages Anzeiger di Zurigo, i vertici di Fraisa, azienda con 200 dipendenti, specializzata nella fabbricazione di macchine utensili, con sede a Bellach, nel Canton Soletta. “A medio termine produrremo sempre di più fuori dalla Svizzera e, attualmente, stiamo pensando di espanderci in Italia”, dice dal canto suo Beat Kaufmmann, direttore generale di un’altra ditta che produce macchine utensili, la DC Swiss di Malleray, nei pressi di Berna, che già possiede una sede a Rho, alle porte di Milano. Chi, invece, in Svizzera, impiega dipendenti frontalieri, sta valutando, come Pierre Castella, titolare di un’azienda di microelettronica di Le Locle, vicino Neuchâtel, di pagarli sì in franchi, ma al cambio di inizio gennaio. Quindi di decurtarli di quel 16 per cento di guadagno in più, che si sono ritrovati in tasca a partire dal momento in cui l’euro ha cessato di essere quotato un franco e 20. Stesso ragionamento si sente fare nel Canton Ticino dove, fino a poche settimane fa, i tanti piccoli e medi imprenditori arrivati dall’Italia non perdevano occasione per snocciolare i vantaggi del modello svizzero. Modello che accuserà il colpo della mutata parità valutaria pure sul versante bancario, stando alle previsioni di Boris Collardi, Ceo della banca Julius Bär. “Diminuirà il numero degli istituti, che scenderà a non più di 100, dagli attuali 139, ci saranno fusioni ed esternalizzazioni, anche all’estero, di servizi, quali l’informatica”, ha pronosticato il banchiere. La Svizzera, a sentire Boris Collardi, non rischia di farsi insediare il ruolo di primo gestore di capitali privati del pianeta, bensì di perdere parte del reddito della sua piazza finanziaria, a vantaggio di centri offshore quali Singapore e Hong Kong. Inoltre, stando alle indicazioni dell’ufficio studi di Ubs, la crescita del PIL svizzero verrà, quest’anno, praticamente dimezzata, passando dall’1,7 allo 0,5 per cento. Aumenterà anche la disoccupazione con tassi per cui, nella zona euro sarebbero, comunque, disposti a leccarsi le dita. Male che vada i senza lavoro sfioreranno la soglia del 3,8 per cento, con un aumento dello 0,7 per cento. A conti fatti sembrerebbe aver ragione Axel Weber: tanto valeva toglierselo quel dente