LINEA DI FLUSSO def - La Fisica del Volo

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LINEA DI FLUSSO def - La Fisica del Volo
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APPUNTI DI FISICA DEL VOLO
un approccio didattico alla fluidodinamica
aa ccuurraa ddeellllaa pprrooff..ssssaa PPaattrriizziiaa D
Daanniieellee
Per il Progetto Lauree Scientifiche attivato nell’ambito del Piano Nazionale Lauree Scientifiche
dall’Università di Trento per il biennio 2010-12
A.S. 2010-2011
Fonti materiale
Le pagine 6, 7÷11, 15÷22, 26÷29, 34, 36÷39, 44, 50÷52, 63÷65, così come anche le immagini
contenute nelle pagine 31÷32, 42, 46÷49, 55÷56, 59÷61, fanno parte del materiale didattico messo a
disposizione dalla dott.ssa Teresa Lopez-Arias nel corso del laboratorio didattico di fisica del volo
attivato nell’a.s. 2010-2011 dall’Università degli Studi di Trento.
http://fisicavolo.wordpress.com/materiali/materiali-modulo/
parte dei contenuti presenti nella dispensa sono stati presi anche dai seguenti siti:
http://dida.fauser.edu/aero/
http://utenti.quipo.it/volare/
http://simonenavazio.spaces.live.com/
Argomenti affrontati propedeuticamente:
pressione
densità e peso specifico
legge di Pascal
legge di Stevino (nella forma valida per fluidi incomprimibili)
vasi comunicanti
spinta di Archimede e galleggiamento
barometro di Torricelli e pressione atmosferica
portata
corrente stazionaria
equazione di continuità
trinomio di Bernoulli
teorema di Torricelli
effetto Venturi
viscosità
legge di Stokes e velocità limite
ELENCO DEGLI ARGOMENTI TRATTATI
LA VISCOSITÀ
LINEA DI FLUSSO
LA PRESSIONE DEL FLUIDO
LA PRESSIONE STATICA
PRESSIONE DINAMICA A VELOCITA COSTANTE
ESPERIMENTO CON SACCO PIENO D’ARIA
TUBO DI PITOT
TARATURA DEL PITOT.
SFORZI TANGENZIALI
LO SFORZO DI TAGLIO NEI FLUIDI
LO SFORZO DI TAGLIO NEI FLUIDI
IL NUMERO DI MACH
MOTO LAMINARE E TURBOLENTO
IL NUMERO DI REYNOLDS
INTERAZIONE TRA FLUIDO E SUPERFICI SOLIDE
FLUIDO VISCOSO E FLUIDO NON VISCOSO
FORZE CHE AGISCONO SUL CORPO SOLIDO IN MOVIMENTO NEL FLUIDO:
GETTI E FLUSSI
EFFETTO COANDA
ENTRAINMENT
NO SLIP CONDITION
LO STRATO LIMITE
RESISTENZA DI FORMA (O DI PRESSIONE)
RESISTENZA DI ATTRITO (O DEL MEZZO)
GENERAZIONE DELLA PORTANZA
FORZE FONDAMENTALI CHE AGISCONO SUL PROFILO ALARE
FORME DELL’ALA
ELEMENTI DELL’ALA
L’ANGOLO DI ATTACCO
LA PORTANZA COME INTEGRALE DELLA PRESSIONE
LE VARIABILI GEOMETRICHE
LE VARIABILI FISICHE
QUANTO COSTA VOLARE
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LA VISCOSITÀ
La viscosità è una proprietà dei fluidi che indica la resistenza allo scorrimento.
Dipende dal tipo di fluido e dalla temperatura e si indica con la lettera greca eta η.
La viscosità è la misura dell’attrito interno dei fluidi e la sua unità di misura è il Pa·s (o in unità di
misura fondamentali del S.I. in kg/(m·s) )
I fliuidi si possono classificare in:
• fluidi ideali η=0 e ρ= cost al variare di P (fluidi inviscidi e incomprimibili)
• superfluidi η=0
• fluidi inviscidi o non viscosi η≅ 0
• fluidi viscosi η≠0
Se schematizziamo il movimento di un fluido a contatto di una superficie piana come lo slittamento
delle lamine fluide notiamo che in prossimità del fondo, a causa dell’attrito viscoso, il fluido ha
macroscopicamente velocità nulla e la velocità con cui si muovono via via le lamine superiori
cresce con la distanza dal fondo.
Sperimentalmente si trova che la forza necessaria per mantenere in moto uno strato di fluido ad una
velocità v costante è:
F =η
Sv
d
dove S è la superficie, v è la velocità e d la distanza dal fondo.
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LINEA DI FLUSSO
Le linee di flusso sono le linee immaginarie lungo le quali il fluido scorre.
Una linea di flusso rappresenta quella linea che è sempre tangente al vettore velocità di una
particella elementare di fluido.
LA PRESSIONE DEL FLUIDO
La pressione è il rapporto tra la forza che agisce perpendicolarmente alla superficie e la superficie
stessa e si misura in Pa (N/m2)
F
P= ⊥
S
LA PRESSIONE STATICA
Agisce uniformemente su tutta la superficie del corpo a contatto con il fluido.
Il palloncino con superficie elastica è soggetto ad un aumento di pressione esterna, quindi la
pressione interna è minore di quella esterna e la conseguenza è una deformazione omogenea dello
F
stesso. Pst = ⊥
S
La pressione statica (o termodinamica) è definita quindi come la forza per unità di superficie
prodotta dagli urti delle molecole causati dal moto di agitazione termica, nel caso in cui il moto
relativo medio tra la massa di gas e la parete solida sia nullo.
Quando si va in bici si sente la pressione del vento sulla faccia o quando si va in auto col finestrino
aperto e si mette una mano fuori si sente la pressione del vento sulla mano. Allo stesso modo il
ciclista che va a ruota di un altro o i camion incolonnati in autostrada fanno meno fatica perché sono
a pressione atmosferica.
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Esiste quindi una pressione che è strettamente legata al lavoro che bisogna fare contro le forze
viscose per spostarsi in avanti in bicicletta o per muoversi sott’acqua. Tale pressione è detta
pressione dinamica.
Per poter osservare la pressione dinamica Pd dobbiamo utilizzare un palloncino con superficie non
elastica in modo da poter osservare una deformazione non omogenea.
PRESSIONE DINAMICA A VELOCITÀ COSTANTE
La pressione dinamica Pd è la componente dinamica della pressione di un fluido in moto.
La pressione dinamica rappresenta l’aumento di pressione derivante dalla energia cinetica del fluido
in movimento.
Questa pressione è data da
Pd =
1 2
ρv
2
dove Pd è la pressione dinamica, ρ è la densità e v la velocità del fluido. Per determinare la
pressione totale in un punto del fluido, questa deve essere sommata alla pressione statica.
ESPERIMENTO CON SACCO PIENO D’ARIA.
Le pressioni interna ed esterna del sacco sono uguali alla pressione atmosferica.
Se si inizia a camminare in linea retta col sacco pieno d’aria in mano, nel primo istante si applica
una forza che genera un'accelerazione poi si raggiunge una velocità costante e quindi ci si muove di
moto rettilineo uniforme.
Si può osservare nella parte anteriore del sacco in movimento a v costante una deformazione, ossia
il sacco si schiaccia anteriormente mentre in coda la forma subisce un leggero rigonfiamento.
Quindi la deformazione è giustificabile con una variazione di pressione : pressione maggiore
anteriormente minore nella zona posteriore del sacco.
Nella parte anteriore del sacco quindi la pressione statica è aumentata di una certa quantità da
un’altra pressione dovuta al movimento del sacco: la pressione dinamica
Inoltre l’aria si sposta dalla zona ad alta pressione alla zona a bassa pressione e tale movimento si
percepisce come vento.
Lungo una linea di flusso , potendo trascurare la differenza di quota il trinomio di Bernoulli diventa:
Ptot = Pst + Pd = P +
1 2
ρv
2
5
Pressione di un fluido in
movimento
• Statica (movimento aleatorio delle molecole d’aria)
• Dinamica
• Totale = Statica + Dinamica
si misura portando il fluido a v = 0
1 2
Ptot = PS + PD = PS + rv
2
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TUBO DI PITOT
Il tubo di Pitot è uno strumento che serve per misurare la pressione totale e la pressione statica e da
queste ricavare la pressione dinamica e quindi la velocità di un fluido in moto stazionario in un
punto dello spazio o la velocità di un corpo in moto rispetto a un fluido.
Esso è utilizzato sui velivoli o in automobilismo come sensore per determinare la velocità rispetto
all’aria e nelle gallerie del vento per misurare la velocità della corrente di fluido. È utilizzato anche
nelle bonifiche ambientali per misurare le portate dei gas nel sottosuolo.
È dotato di un foro nella parte anteriore, presa frontale, perpendicolare alle linee di flusso e che
portando a zero la velocità del fluido, punto di ristagno, misura la pressione totale, e di un foro
posto parallelamente alle linee di flusso, presa laterale, che invece misura la pressione statica.
Ptot(
x , y , z ,t
)
Ptot( x , y ,z ,t )
= Pst(
x , y , z ,t
)
+ Pd (
x , y , z ,t
)
1 2
= Pst( x , y ,z ,t ) + ρv ( x , y ,z ,t )
2
da cui
v=
2(P tot − Pst )
ρ


 x , y , z ,t 


stanno ad indicare che il valore misurato si riferisce ad un determinato punto
dove
(x,y,z) dello spazio in un determinato istante di tempo t.
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Ciò mette in luce un’incongruenza, le due prese sono in due posizioni diverse quindi il punto nello
spazio e l’istante di tempo non sono gli stessi per i due valori di pressione misurati.
Tuttavia la particolare forma aerodinamica dello strumento di misura che consente una
perturbazione irrilevante del campo di moto e la scelta accurata della distanza dei fori permette di
trascurare tale incongruenza.
Inoltre, prima del suo utilizzo il tubo di Pitot va tarato per far sì che i valori restituiti dallo
strumento siano corrispondenti alla situazione reale di esercizio.
Taratura del Pitot.
Si mette il tubo in una corrente di fluido di cui siano perfettamente note le proprietà del fluido
(essenzialmente la densità e il numero di Reynolds) e la velocità.
Si fa variare la velocità un certo numero di volte misurando ogni volta i valori di Ptot e Pst e
calcolando quindi la ∆P, cioè la Pd.
Mettendo i valori misurati in un grafico v-∆P si otterrà quindi una successione di punti che
interpolati forniranno la cosiddetta curva di taratura la cui equazione è detta funzione di
1
trasferimento che si utilizzerà al posto della ∆P = Pd = ρv 2 per determinare i valori esatti di
2
velocità avendo cura però di usare il tubo di Pitot in una corrente di fluido simile a quella per la
quale si è ottenuta la funzione di trasferimento (stesso fluido, stessa densità e stesso numero di
Reynolds) e per il range di valori di velocità all’interno del quale lo strumento è stato tarato.
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SFORZI TANGENZIALI
Se la forza è perpendicolare alla superficie produce una pressione.
(forza normale alla superficie)
Se invece è parallela alla superficie produce uno sforzo di taglio.
(forza tangente alla superficie)
Lo sforzo di taglio (o tangenziale) è dato dal rapporto tra la forza tangente alla superficie e la
superficie stessa, la sua unità di misura è il N/m2.
LO SFORZO DI TAGLIO NEI FLUIDI
Per calcolare sforzi tangenziali all'interno di un fluido si fa riferimento a due straterelli piani
paralleli di fluido, uno fisso ed uno mobile.
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τ=
F//
S
È quindi la forza di atttrito viscoso che nei fluidi in movimento genera sulle superfici a contatto con
Sv
il fluido lo sforzo di taglio, quindi ricordando che la forza di attrito viscoso è Fv = η
e che
d
F
τ = // , lo sforzo tangenziale τ in un fluido è pari a:
S
τ =η
con
∆v
∆y
∆v
la variazione della velocità lungo la verticale.
∆y
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PRESSIONE
SFORZO DI TAGLIO
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GRUPPI ADIMENSIONALI
In ambito scientifico, un gruppo adimensionale (o numero adimensionale o numero caratteristico o
numero puro) è una quantità che descrive un determinato sistema fisico, ed è un numero senza
alcuna unità fisica. Tale gruppo viene generalmente definito come prodotto o rapporto di quantità
'dimensionali' di riferimento, in modo tale che il risultato sia privo di dimensione; la scelta delle
grandezze di riferimento è fondamentale, giacché una scelta arbitraria porterebbe ad un risultato
puramente formale. Operando opportunamente, si ottengono numeri adimensionali aventi ordine di
grandezza unitario e tali che, rapportando due numeri adimensionali qualsiasi, è possibile ottenere
una misura dell'importanza relativa dei fenomeni cui i numeri fanno riferimento.
Un gruppo adimensionale esprime, quindi, l’importanza relativa di un fenomeno rispetto all’altro.
Dal valore assunto dal numero caratteristico si può dedurre quale dei due fenomeni è trascurabile
rispetto all’altro. Indicando genericamente con il numero caratteristico e con e due distinti
fenomeni fisici, in base alla sua definizione:
Analizzando la relazione appena scritta, si può affermare che:
se assume un valore piccolo, il fenomeno fisico rappresentato da è meno rilevante rispetto a
quello rappresentato da e tanto più piccolo è il valore di
tanto più irrilevante è
rispetto
a .Dovendo, quindi, trascurare uno dei due fenomeni fisici, per la semplificazione matematica, è
logico non considerare , piuttosto che .
se assume un valore grande, il fenomeno fisico rappresentato da è meno rilevante rispetto a
quello rappresentato da e tanto più grande è il valore di tanto più irrilevante è rispetto a .
Dovendo, quindi, trascurare uno dei due fenomeni fisici, è logico ritenere ininfluente
che .
, piuttosto
Es: densità relativa, coefficiente di attrito, numero di Avogadro, peso atomico, peso molecolare,
radiante, numero di Mach, numero di Reynolds.
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IL NUMERO DI MACH
Nella sua interpretazione dinamica il numero di Mach è il rapporto tra le forze d’inerzia e quelle
elastiche, secondo la relazione:
Esso fornisce un indice dell’importanza delle forze d’inerzia rispetto a quelle elastiche. Ciò vuol
dire che, per valori elevati del numero di Mach, si possono trascurare le forze elastiche perché
molto piccole rispetto a quelle d’inerzia; il fluido si comporta da compressibile. Viceversa, per bassi
valori del numero di Mach, sono le forze d’inerzia ad essere trascurabili rispetto a quelle elastiche
ed il fluido si comporta da incompressibile.
Al numero di Mach può essere data anche un’interpretazione cinematica. Se, infatti, nella formula
si sostituiscono alle forze le relative espressioni, in funzione delle velocità, si ottiene:
M=v/v0
Cioè il numero di Mach esprime il rapporto tra la velocità del fluido v, o di un mobile che si muove
nello stesso, e la v0 del suono nel fluido in cui avviene il moto.
Esso è molto utile in quanto permette di esprimere la velocità del fluido o del corpo in termini del
numero di Mach, cioè in modo adimensionale, nonché di suddividere l’intero campo di moto in:
subsonico, se
sonico, se
;
supersonico, se
ipersonico, se
;
;
Il campo subsonico, nel caso dell’aria, può ulteriormente essere suddiviso, in merito all’effetto della
compressibilità, in:
subsonico incompressibile, se
;
subsonico compressibile
Da quanto esposto si intuisce che gli effetti della compressibilità dell’aria possono essere
trascurabili se
matematico e fisico.
, oltre tale valore considerare la compressibilità è un imperativo
Il numero di Mach è calcolato come il rapporto tra la velocità dell’aereo rispetto al fluido e la
velocità del suono nel fluido nelle stesse condizioni (True air speed, TAS)
Il valore di Mach espresso dagli strumenti di bordo, fa riferimento ai dati che tali strumenti hanno a
disposizione, cioè la IAS (Indicated Air Speed), che è la velocità misurata dall'anemometro a bordo,
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a meno di correzioni successive, che è assimiliabile alla TAS solo nelle condizioni per cui la sonda
di velocità è tarata.
Poichè velocità del suono varia con la densità e quindi con la quota, è vero che a parità di numero di
Mach la velocità vera scende all'aumentare della quota perché scende la velocità del suono (a 40000
ft è di 295 m/s rispetto a 340 m/s di quota 0), ma anche gli effetti aerodinamici risentono della
stessa variazione di densità, perciò il campo aerodinamico e le forze in gioco sono costanti.
Per questo motivo per i velivoli che volano alti e veloci il numero di Mach è più significativo come
valore rispetto alla pura velocità. Gli aeromobili che operano prevalentemente ad alta quota
utilizzano il numero di Mach (rapporto tra la velocità dell’aeromobile e quella del suono alla quota
a cui avviene il volo), invece della velocità relativa, come riferimento per le prestazioni
dell'aeromobile e per la navigazione. Ciò perché l'anemometro è soggetto a errori eccessivi quando
viene esposto all'aria non sufficientemente densa dell'atmosfera superiore. Il numero di Mach viene
calcolato da un computer e visualizzato dal Machmetro (o talvolta sullo stesso quadrante
dell’anemometro).
14
Subsonic (350-750 MPH) = 560 – 1200 km/h
15
Supersonic (760-3500 MPH - Mach 1 - Mach 5) = 1200-5600 km/h
16
launches like a rocket, maneuvers in orbit like a spacecraft, and lands like a glider
Hypersonic (3500-7000 MPH - Mach 5 to 10) =
5600-11200 km/h
17
1783
1892
1936
18
FORZE IN GIOCO
Portanza
Resistenza
Propulsione
Peso
19
Chi genera cosa?
La propulsione? Il motore, l’elica
La resistenza? La viscosità dell’aria
Il peso? Il campo gravitazionale terrestre
La portanza … ?
20
• PRESSIONE
• VISCOSITA’
• PRINCIPIO DI AZIONE-REAZIONE
FORZA
E
RESISTENZA DELL’ARIA
(E DEI FLUIDI IN GENERALE)
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CONCETTI CHIAVE DELLA DINAMICA
• Forze: portanza, resistenza, propulsione, peso
• III Principio della Dinamica
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MOTO LAMINARE E TURBOLENTO
Il moto laminare è un moto ordinato in cui i vettori velocità delle particelle sono paralleli;
il moto turbolento è, invece, caratterizzato da estremo disordine in cui si verifica un persistente
mescolamento delle particelle a livello macroscopico con continua variazione del vettore velocità.
IL NUMERO DI REYNOLDS
Il numero di Re è un gruppo adimensionale.
Fino alla prima metà del XIX secolo gli studiosi di idrodinamica impostavano le loro teorie
supponendo che l’acqua fosse un fluido perfetto: inviscido e incomprimibile.
Nel 1884 un medico e fisico francese, Poiseuille, dimostrò invece che il moto di un fluido viscoso
in uno stesso condotto poteva avere due regimi:
• regime laminare: in cui le molecole hanno velocità crescente da zero, per lo strato aderente
alle pareti del tubo, al valore massimo in corrispondenza dell’asse
• regime vorticoso o turbolento, in cui gli strati liquidi acquistano velocità quasi uguale alla
massima, a breve distanza dalle pareti e inoltre si formano all'interno del liquido vortici
visibili.
Nel 1883 il fisico ed ingegnere inglese Osborne Reynolds (1842-1912) fu il primo ad avviare degli
studi per capire in quali condizioni si potesse passare dal regime laminare a quello turbolento
attraverso una serie di esperimenti, rimasti classici nella storia dell'idrodinamica anche per la
semplicità dell'attrezzatura: in un tubo di vetro si fa fluire acqua con velocità regolabile e
contemporaneamente, con un dispositivo, si fa giungere in corrispondenza dell'asse del tubo un filo
d'acqua colorata di cui si può visualizzarne agevolmente il percorso.
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A basse velocità, il filetto colorato si stende rettilineamente lungo il tubo; al graduale aumento di
velocità, prima si attenua la colorazione del filetto, poi cominciano a comparire nel liquido vortici
visibili e a una certa velocità critica il filetto colorato scompare mescolandosi con il resto della
massa liquida assumendo così un moto turbolento.
Reynolds ricavò che combinando la velocità media U, con il diametro del tubo D, la densità ρ e la
viscosità η in un gruppo adimensionale detto n° di Reynolds
ρDU
Re =
η
si poteva descrivere la dinamica del flusso.
Nella sua interpretazione dinamica il numero di Reynolds è il rapporto tra le forze d’inerzia e quelle
viscose, secondo la relazione:
Re =
Fi
Fv
Esso fornisce un indice dell’importanza delle forze d’inerzia rispetto a quelle viscose.
Ciò vuol dire che, per valori elevati del numero di Reynolds, si possono trascurare le forze viscose
perché molto piccole rispetto a quelle d’inerzia; il fluido si comporta da perfetto. Viceversa, per
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bassi valori del numero di Reynolds ( ≤1.000 ), sono le forze d’inerzia ad essere trascurabili rispetto
a quelle viscose per cui non è possibile considerare il comportamento del fluido come quello di un
fluido perfetto.
Tali studi portarono Reynolds a stabilire che quando il legame tra velocità media, densità, viscosità
ed il raggio del tubo, raggiungeva un certo limite, il moto del fluido da laminare diventava
turbolento.
L’importanza del numero di Reynolds è fondamentale per i seguenti motivi:
•
determinazione della natura del flusso che lambisce un corpo, laminare piuttosto che
turbolento
•
correlazione dei risultati di test condotti su modelli di aereo in galleria del vento con quelli
ottenuti facendo misurazioni sull’aereo nelle normali condizioni di volo.
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NUMERO DI REYNOLDS
VARIABILI RILEVANTI IN UN FLUSSO:
DENSITA’
VISCOSITA’
VELOCITA’
DIMENSIONI
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IN ACQUA
Re (balena)= (ρ U L /η) =
= 103 (kg/m3) 10 (km/h) 30 m / (10-3 Pa·s) ≈ 108
Re (paramecio)= (ρ U L /η) =
= 103 (kg/m3) 10-5 (m/s) 10-4 m / (10-3 Pa·s) ≈ 10-3
Anche se si muovono nello stesso mezzo,
la loro situazione fluidodinamica è
completamente diversa
27
Per la balena, la viscosità dell’acqua è trascurabile
Per il paramecio è invece molto importante!
I regimi ad alto numero di Reynolds ( > 105)
sono dominati dagli effetti inerziali, e la viscosità
è trascurabile fuori dallo strato limite. In generale
questi regimi sono turbolenti
I regimi a basso numero di Reynolds ( < 1)
sono dominati dagli effetti viscosi, e quindi la viscosità
non è trascurabile.
In generale questi regimi sono laminari
28
Re (Airbus)= (ρ U L /μ) =
= 1 (kg/m3) 900 (km/h) 80 m / (2 X 10-5 Pa · s) ~ 108
IN ARIA
Re (ape)= (ρ U L /μ) =
= 1 (kg/m3) 1 (m/s) 10-2 m / (2 X 10-5 Pa · s)~ 500
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INTERAZIONE TRA FLUIDO E SUPERFICI SOLIDE
FLUIDO VISCOSO E FLUIDO NON VISCOSO
FLUIDO VISCOSO → PERDITE DI ENERGIA
FLUIDO NON VISCOSO → NON C’È RESISTENZA
Per un aereo posso considerare l’aria non viscosa (Re grande 105÷106) tranne che in prossimità
dell’ala in uno spessore (strato limite) molto sottile rispetto allo spessore dell’ala in cui l’aria ha
comportamento viscoso (Re ≈ 10).
FORZE CHE AGISCONO SUL CORPO SOLIDO IN MOVIMENTO NEL FLUIDO:
forze perpendicolari al corpo → PRESSIONI (STATICA E DINAMICA)
forze parallele al corpo →SFORZI DI TAGLIO O TANGENZIALI
La causa principale delle forze tangenziali che agiscono sul corpo immerso nel fluido è l’attrito
viscoso.
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GETTI E FLUSSI.
GETTO → il corpo immerso nel fluido è di dimensioni maggiori della sorgente del fluido (solo
una parte circoscritta del fluido è in movimento) e la velocità del getto di fluido è maggiore della
velocità del fluido circostante (fluido esterno in quiete).
FLUSSO ESTESO → il corpo immerso nel fluido è di dimensioni minori rispetto a quelle della
sorgente del fluido e tutto il fluido è in movimento.
EFFETTO COANDA
L’effetto COANDA descrive l’interazione tra getti di fluido e superfici solide. Quando un fluido
viscoso scorre su un corpo solido curvo, per effetto della viscosità le linee di flusso curvano
seguendo il profilo del corpo, affinché ciò accada occorre che esista una forza che le fa curvare e
che agisce sul fluido, allora per il terzo principio della dinamica (principio di azione e reazione)
esiste una forza uguale ed opposta che agisce sul corpo.
NB: l’effetto Coanda non spiega perché vola un aeroplano, in quanto un aeroplano NON VOLA IN
UN GETTO D’ARIA MA IN UN FLUSSO ESTESO e quindi la portanza non è una conseguenza
dell’effetto Coanda.
Anche se sulle ali dell’aereo viene in alcuni casi sfruttato l’effetto Coanda come ad esempio
nell’utilizzo degli ipersostentatori di bordo d'attacco (slats) che modificano il bordo d’attacco
dell’ala per incrementare la portanza tipicamente alle basse velocità, nelle fasi decollo e di
atterraggio. L’aria che passa attraverso lo slat estratto investe il bordo d’attacco dell’ala
comportandosi come un getto e per effetto Coanda permette al fluido di aderire al dorso dell’ala
aumentando la portanza.
1: slat esteso;
2: slat retratto;
3: superficie alare;
4: meccanismo di estrazione
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Appunti Fisica del volo – PLS – a.s. 2010-2011
ENTRAINMENT
L’entrainment è il trascinamento di una parte del fluido circostante da parte del getto nell’effetto
Coanda.
Esso spiega il perché non è possibile giustificare con Bernoulli gli esperimenti nei getti.
Per via del trascinamento si creano vortici e condizioni di instabilità e ciò che si verifica per una
pallina di un certo diametro non si verifica per una pallina di diametro minore, se valesse Bernoulli
esso dovrebbe valere sempre.
Teoria sbagliata:
il pallone resta fermo perché c’è una differenza di velocità tra sopra e sotto e quindi una differenza
di pressione (applicazione errata di Bernoulli)
v> sotto P< sotto
v< sopra P > sopra
non si può applicare Bernoulli perché le linee di flusso sopra risentono dell’entrainment e quindi
non partendo dalla stessa origine non hanno la stessa costante energetica.
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Appunti Fisica del volo – PLS – a.s. 2010-2011
Teoria esatta:
per la viscosità il fluido aderisce alle pareti e curva e per il II principio della dinamica quindi esiste
una forza F=ma che le fa curvare, per il III principio della dinamica esiste una forza uguale ed
opposta, e quindi per tale motivo il palloncino resta in equilibrio.
La forza è rilevabile se si aggancia un dinamometro al palloncino.
Infatti se uso una pallina di piccole dimensioni questa dopo un po’ scappa via dal getto
Nell’esperimento con due palline sospese a 2 fili in mezzo alle quali si va passare un getto d’aria
che sui libri è erroneamente spiegato con Bernoulli, se hanno un certo diametro le palline si
avvicinano se sono molto piccole tendono ad allontanarsi invece che avvicinarsi, se fosse vero
Bernoulli allora dovrebbero sempre avvicinarsi (v> all’interno e P> all’esterno) ma a causa
dell’entrainment ciò non si verifica. Il fenomeno si spiega invece usando le leggi della dinamica, e
quindi l’effetto Coanda, come esposto sopra.
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Ma allora Bernoulli.. va bene o no?
Sì, se le ipotesi di lavoro del teorema valgono
No, se si usa sempre e dappertutto come spiegazione
“semplice” di qualunque fenomeno fluidodinamico elementare
Fluido inviscido
Fluido incomprimibile
Flusso stazionario
Flusso irrotazionale
THE PHYSICS TEACHER Vol. 41, January 2003
H. Cohen, D. Horvath
http://media.efluids.com/galleries/all?medium=640
http://media.efluids.com/galleries/all?medium=658
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NO SLIP CONDITION
La no slip condition (condizione di non slittamento) è valida per le interazioni fluido-fluido, fluidosolido e gas-solido.
Ed è la condizione per la quale, per effetto della viscosità, il fluido piega sulla superficie generando
il cosiddetto strato limite.
Dal punto di vista macroscopico le molecole di fluido sono in continuo movimento aleatorio,
mentre se considero una particella di fluido, ossia un insieme di molecole per le quali è possibile
definire una velocità media, trovo che per effetto della viscosità, a contatto con la superficie le
particelle di fluido hanno una velocità media nulla rispetto alla superficie.
Macroscopicamente le particelle di fluido sembrano non muoversi mentre microscopicamente le
molecole si muovono ma la componente della velocità parallela alla superficie è mediamente nulla.
Infatti se si va a misurare in corrispondenza della superficie il valore di velocità con un anemometro
a filo caldo si registra un valore nullo.
Esperimenti sulla no slip condition:
• esperimento con cilindro impolverato e getto d’aria
• esperimento con cilindro in pvc, glicerina e filetto d’inchiostro
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ESPERIMENTO N.3: Dimostrazione della condizione di no slittamento (no-slip condition)
Materiale:
-
Polvere da gesso
Cilindro (lattina d’olio ricoperta di lamina adesiva)
Ventola
Scopo: Dimostrazione del fatto che le particelle di fluido (non le molecole di cui il fluido è
composto!) nello strato a contatto con la superficie solida sulla quale il fluido scorre sono ferme.
Ovvero: quando un fluido scorre ad una certa velocità su una superficie solida, la velocità
relativa tra la superficie e lo strato di fluido a contatto con essa è nulla.
Esperimento:
Si butta un po’ di polvere da gesso su una superficie lucida. Si può appoggiare la mano e
lasciare l’impronta. Si mette il cilindro sotto la ventola e si osserva che la polvere non va via
completamente anche se il flusso d’aria è di 60-70 km/h: l’impronta della mano rimane.
Difatti, le macchine non si puliscono mentre si viaggia, non è nemmeno sufficiente spruzzarle
con acqua (anche qui vale la “no-slip condition”): bisogna strofinarle con un panno per
eliminare tutte le tracce di polvere.
3
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ESPERIMENTO N.4: Dimostrazione della condizione di no slittamento (no-slip condition)
e della formazione dello strato limite
Materiale:
-
Cilindro di PVC (in alternativa un bicchiere capovolto)
Glicerina (in alternativa miele)
Inchiostro nero o blu
Siringa intradermica
Contenitore di vetro piatto (in alternativa un piatto)
Scopo: Ulteriore dimostrazione della condizione di non slittamento (vedi Esperimento 3). In
questo caso con un liquido vediamo che la parte di fluido a contatto con la superficie solida
viene da questa trascinata alla stessa velocità (quindi la loro velocità relativa è nulla). Inoltre,
visualizziamo la formazione dello strato limite: uno strato di spessore dipendente dal tempo e
nel quale la velocità passa da zero (al confine con la superficie solida) fino al valore della
corrente esterna. Vediamo anche che gli strati di fluido lontani dalla superficie solida che si
muove vengono gradualmente coinvolti nel moto da questa generato tramite gli sforzi di taglio
(e quindi per mezzo della viscosità del fluido) che agiscono tangenzialmente alla superficie ma
si propagano perpendicolarmente alla direzione del flusso.
Esperimento: Riempire il piattino di vetro con glicerina, posizionare il cilindro nel centro e
disegnare con la siringa una sottile riga di inchiostro che colleghi la superficie del cilindro con il
bordo del vetro. Girare lentamente il cilindro e osservare la condizione di no slittamento e la
formazione dello strato limite.
4
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Perché un fluido aderisce ad una superficie solida?
Per la sua viscosità
Come si trasmette questa
condizione al resto del fluido?
Tramite gli sforzi di taglio
Condizione di non slittamento
(fluido fermo nel punto di
contatto con la superficie solida)
strato limite
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La viscosità del fluido è la prima responsabile di cosa avviene
realmente tra l’aria e l’ala
1) La viscosità serve per generare un “aggancio” dell’ala
alla superficie (condizione di non slittamento)
2) Ma (per fortuna!) conta in uno strato molto sottile
(strato limite)
Fuori dallo strato limite la viscosità (per il caso dell’aeroplano)
è trascurabile e possiamo ragionare in termini di pressioni:
difatti, la portanza (forza netta verso l’alto che sostiene
l’aeroplano) è l’integrale della pressione su tutto il profilo
alare (http://www.diam.unige.it/~irro/lecture.html)
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LO STRATO LIMITE
Un flusso che lambisce un veicolo vi aderisce, tant’è vero che se si misurasse la velocità dell’aria a
diretto contatto con la sua superficie si troverebbe nulla; si è mai fatto caso che la polvere non viene
soffiata via dalla carrozzeria della macchina per quanto veloci si cerchi di andare?
In realtà le molecole dell’aria non aderiscono fisicamente; esse si muovono in maniera caotica, ma
la componente della loro velocità parallelamente alla superficie è mediamente nulla. Tale velocità
aumenta rapidamente allontanandoci dalla superficie fino a raggiungere la velocità della corrente
indisturbata U∞. Dovrà quindi esistere uno strato sottile in cui l’aria è rallentata per la presenza della
vettura. Tale strato è quello che viene chiamato strato limite.
Parlando delle quantità di fluido aderenti alle superfici si fa riferimento alle particelle di fluido cioè
all’insieme delle molecole per le quali è possibile stabilire una velocità media. La particela di fluido
a contatto con la superficie è mediamente ferma mentre la molecola di fluido è in continuo
movimento.
Lo spessore dello strato limite cresce con la distanza dall’anteriore dell’ala e pur avendo solo
dimensioni di pochi millimetri esso governa il modo in cui l’aria fluisce attorno all’ala.
Lo strato limite è quindi all’origine della generazione delle forze di portanza e di resistenza.
Dal momento che il tipo di strato limite e il suo spessore influenzano la resistenza di attrito
superficiale e che la separazione di flusso influenza la resistenza di forma, è importante conoscere
quali fattori controllano la crescita e la forma dello strato limite.
Abbiamo detto che il comportamento dello strato limite è influenzato dalla variazione di pressione
nella direzione del flusso; altri fattori importanti sono la velocità, la densità e viscosità dell’aria;
inoltre, data una determinata forma geometrica, la dimensione del veicolo è anch’essa importante.
Il numero di Reynolds è un coefficiente che permette di legare tra loro tutti questi fattori:
ρLU
Re =
η
dove ρ è la densità dell’aria (espressa in kg/m3), U è la velocità del flusso (espressa in m/s), L è una
lunghezza caratteristica, tipicamente la corda nel caso di un profilo alare, oppure la lunghezza nel
caso del corpo vettura (espressa in m) ed infine η è il coefficiente di viscosità (espressa in Pa·s).
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Lo strato limite ha sempre una transizione naturale da lineare a turbolento.
La forma del gradiente di velocità nello strato limite varia a seconda del tipo di moto.
Nello strato limite laminare il gradiente di velocità ha una forma più ripida cioè i valori di velocità
crescono molto gradualmente lungo la verticale raggiungendo il valore di velocità indisturbata U ∞
più tardi rispetto allo strato limite turbolento quindi rendendo più rilevante l’azione delle forze
viscose ( a sfavore del moto), ossia i valori di velocità si tengono più bassi a causa della viscosità
per uno spessore maggiore.
Nello strato limite turbolento invece il gradiente di velocità ha una forma “più spanciata”, cioè il
valore di velocità indisturbata U∞ si raggiunge molto rapidamente, ciò fa sì che all’interno dello
strato limite turbolento l’azione delle forze viscose risulti più attenuata (ridotta resistenza al moto).
Se il valore di U∞ si raggiunge prima significa che diminuisce prima l’attrito viscoso allora per
diminuire la resistenza di attrito occorre creare turbolenza nello strato limite cioè energizzare il
fluido ossia introdurre delle rugosità che però devono essere delle dimensioni dello strato limite.
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Le figure sottostanti sono esempi di strato limite laminare: il fluido si stacca prima e crea dei vortici
in cui il fluido tende a tornare indietro e quindi il moto non è favorito.
Es: palline da ping pong.
Nella figura seguente è riportato invece un esempio di strato limite turbolento: viene introdotta una
rugosità dello spessore dello strato limite (un anello) per cui il fluido viene energizzato e si stacca
più indietro favorendo il moto del corpo
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Il fluido si stacca dopo perché l’anello che è delle dimensioni dello strato limite (in spessore)
energizza il fluido che procede più avanti e si stacca dopo, minimizzando le turbolenze e i vortici
posteriori che si oppongono al moto.
Es: palline da golf, pelle di squalo per nuotatori, palline da baseball.
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Lo strato limite sull’ala di un aeroplano subisce, in modo
naturale, una transizione dal regime laminare a quello
turbolento
La turbolenza all’interno dello strato limite aiuta a
mantenerlo incollato alla superficie dell’ala ritardando la
separazione (stallo)
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Perché il numero di Reynolds è fondamentale per gli studi aerodinamici condotti nelle gallerie
del vento.
Si è già analizzato il meccanismo che lega il numero di Reynolds alla densità, viscosità e velocità,
resta ora da capire perché esso debba anche essere correlato alla dimensione del corpo.
Quando si parla di test in galleria del vento appare logico pensare che, perché i risultati siano
correlabili con quelli reali, il modello debba essere una copia geometrica in scala ridotta della
macchina reale; un po’ meno intuitivo è capire perché il numero di Reynolds debba essere uguale
per il modello e per la macchina in scala 1:1, ovvero perché anche il flusso debba risultare scalato.
Ricordando la definizione del numero di Reynolds, appare evidente che perché ciò avvenga occorre
che:
ρ ⋅U ⋅ L
ρ ⋅U ⋅ L
Re = 1:1 1:1 1:1 = mod mod mod
η1:1
η mod
Dal momento che la totalità delle gallerie aerodinamiche utilizzate per lo sviluppo delle auto da
corsa, dette comunemente gallerie del vento, utilizzano l’aria come fluido per i propri test, si
capisce come tale similitudine venga soddisfatta qualora il prodotto della velocità, per la
dimensione caratteristica della vettura, risulti costante.
Tradotto in soldoni vuol dire che se si utilizzasse un modello al 50% della vettura reale (scala 1:2) e
si volessero misurare i carichi aerodinamici che si hanno sulla vettura in pista a velocità di 250
km/h, allora la velocità di prova durante i test dovrebbe essere doppia e quindi 500 km/h!
Un possibile modo per ridurre le velocità necessarie ad avere gli stessi numeri di Re, potrebbe
essere quello di pressurizzare la galleria del vento per aumentare la densità, ma talune gallerie
diventerebbero degli enormi, costosi e pericolosi tubi pressurizzati. Un’altra alternativa potrebbe
essere quella di alterare la viscosità mediante un raffreddamento criogenico della galleria, ma
questo sarebbe un sistema ancora più costoso.
Per comprendere un po’ meglio quanto affermato, si consideri un modello di un veicolo accanto a
quello reale. Dal momento che la transizione del flusso da laminare a turbolento è legata alla
distanza dalla zona frontale, è chiaro che a parità di velocità, ci sarà una percentuale maggiore di
flusso laminare sul modello rispetto a quello reale. Ancora più importante, è notare come lo strato
limite sia ancora laminare quando si raggiunge la zona di gradiente di pressione sfavorevole, per cui
sul modello tenderà a separarsi prima di quanto accada sul veicolo reale, dove invece lo strato limite
si è già trasformato in turbolento.
Come si può allora correlare un test condotto a numeri di Reynolds più bassi con le performance di
un veicolo reale?
La risposta, in linea generale, è che se il flusso è attaccato nel caso di Re bassi, allora lo sarà anche
nel caso di numeri di Re più alti e l’effetto sull’aerodinamica della vettura sarà comunque basso
(resistenza principalmente dovuta all’attrito nello strato limite).
Viceversa se il flusso è separato a causa della complessità delle forme geometriche della vettura
(presenza di ruote, ali e quant’altro) già a bassi numeri di Re, allora a causa della possibile presenza
di zone di riattacco, potranno verificarsi notevoli discrepanze qualora si facesse il confronto con
situazioni a più elevati numeri di Reynolds.
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RESISTENZA DI FORMA (O DI PRESSIONE)
La resistenza di forma (o di pressione perché dovuta a pressioni avverse che si generano in coda) si
minimizza attraverso l’uso di profili aerodinamici ed energizzando il fluido ossia introducendo
rugosità dello spessore dello strato limite che fanno sì che il fluido si stacchi più avanti.
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RESISTENZA DI ATTRITO (O DEL MEZZO)
La resistenza di attrito (o del mezzo) si minimizza energizzando il fluido ossia introducendo
rugosità dello spessore dello strato limite che fanno sì che lo strato limite sia turbolento quindi
raggiunga più velocemente la velocità del flusso indisturbato e quindi risenta meno della resistenza
dovuta all’attrito viscoso:
es: la pelle di squalo per i nuotatori fa sì che lo strato limite sia turbolento e quindi minimizza
l’attrito del mezzo; la pallina da golf bucherellata ha una superficie rugosa dello spessore
dell’ordine dello strato limite e ha meno resistenza di attrito e quindi arriva più lontano al contrario
di una pallina da ping pong che essendo liscia si ferma prima, infatti si gioca entro piccole distanze
nel ping pong a differenza del golf.
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GENERAZIONE DELLA PORTANZA
La no slip condition è la condizione fondamentale per generare la portanza, infatti, finché lo strato
limite rimane attaccato all’ala si ha la portanza L, appena l’aria si stacca l’aereo va in stallo.
La figura sopra mostra l’andamento delle linee di flusso intorno all’ala all’aumentare dell’angolo di
attacco, nel terzo caso si ha lo stallo.
Occorre mettere in evidenza come l’aria avverte la presenza dell’ala ancor prima di toccarla, cioè
già a monte del bordo d’attacco l’ala comincia a cambiare direzione, ciò può avvenire
essenzialmente perché il numero di Mach che caratterizza il volo è minore di 1 cioè si è in regime
subsonico quindi l’aria ha il tempo di accorgersi del corpo in arrivo, cosa che non accade in regime
supersonico.
Perché si crea la portanza L:
l’aria, in quanto esiste l’attrito viscoso, per la condizione di non slittamento (no slip condition),
quando incontra l’ala che ha un certo angolo d’attacco rispetto alla direzione del vento, aderisce
all’ala e sale (upwash).
Si genera un gradiente trasverso di pressione che va come v2/r dove r è il raggio di curvatura, cioè si
ha una pressione minore in superficie che man mano cresce allontanandosi da essa. Gli strati sopra
quelli che aderiscono alla superficie dell’ala sentono sotto una pressione minore e quindi si piegano
verso di essa.
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L’aria quindi piega, cioè cambia direzione, allora accelera, cioè il vettore velocità cambia in
direzione e verso e quindi esiste un’accelerazione centripeta e quindi esiste una forza (v varia →
esiste a → esiste F=ma (II principio della dinamica), tale forza piega l’aria verso l’ala e quindi per il
III principio della dinamica esiste una forza uguale e contraria che agisce dal basso verso l’alto: la
portanza L, che è data dalla somma vettoriale delle forze elementari (Fi=Psti·Si) esercitate dalla
corrente del fluido su ogni punto del profilo alare.
La risultante L è verticale e diretta perpendicolarmente al moto.
Da notare che vengono sommati anche i vettori delle forze elementari che agiscono sul ventre
dell’ala, cioè anche ciò che succede sotto l’ala ha il suo ruolo nella determinazione della portanza.
L’aria accelera perché sotto lo strato limite la frena allora l’aria piega, curva e quindi accelera, la
viscosità serve solo quel poco per far frenare l’aria sotto e quindi curvare e quindi accelerare l’aria
sopra.
Dal bordo di attacco al primo quarto dell’ala e oltre l’aria trova una pressione minore lungo la
direzione del flusso perché nel punto di ristagno la pressione è massima (Ptot) (nell’impatto con l’ala
tutta l’energia che il fluido ha a monte viene trasferita interamente all’ala stessa), mentre verso la
fine dell’ala la pressione torna ai valori essenzialmente indisturbati (circa a pressione atmosferica),
di conseguenza l’aria esterna allo strato limite accelera, cioè la velocità tangenziale cambia anche in
modulo nel primo quarto poiché c’è una differenza di pressione tra monte (punto di ristagno) e valle
(primo quarto) e quindi una differenza di forza nella direzione del flusso che accelera l’aria
tangenzialmente al profilo.
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Il primo quarto del dorso dell’ala presenta dunque una pressione minore rispetto a quella misurata
sul ventre, ciò che si verifica è quindi un’asimmetria tra l’andamento delle linee di flusso sopra e
sotto l’ala, e una differenza di pressione statica tra la parte superiore e quella inferiore dell’ala (sul
ventre maggiore che sul dorso) che genera, in termini di forze, una spinta dal basso verso l’alto: la
portanza.
Tale asimmetria nel moto del fluido nasce naturalmente in profili antisimmetrici anche ad angoli di
attacco nulli mentre in quelli simmetrici gioca un ruolo determinante l’angolo di attacco dell’ala,
come si vedrà in seguito.
In tutto ciò finora detto lo strato limite gioca un ruolo fondamentale perché da una parte l’aria
all’interno dello strato limite è ferma in superficie e rallenta gli strati superiori e in soli 0,5 cm – 1
cm la velocità dell’aria passa da zero (no slip condition) a 900 km/h. Gli sforzi di taglio
∆v
τ =η
sono enormi!
∆y
L’aria fuori dallo strato limite, più veloce perché non risente della presenza della superficie dell’ala,
si accorge però che sotto è tutto rallentato e gli strati sovrastanti tendono a “riempire” di aria più
veloce gli spazi lasciati liberi dall’aria che resta indietro: la conseguenza è proprio la curvatura
dell’aria verso l’ala e quindi il cosiddetto downwash.
Se lo strato limite è aderente, il passaggio dalla pressione massima al punto di ristagno a quella a
valle è rapido e dolce (strato limite attaccato) e lo strato limite "comanda" il comportamento di
metri e metri (per decine nel caso di un airbus, per esempio) sopra l'ala.
Se l'angolo di attacco aumenta troppo, l'aria incontra una pressione avversa (maggiore) a valle, che
la rallenta e la scolla: l'aria sopra spinge (al posto di aiutarlo ad andare avanti) lo strato limite contro
corrente e questo si stacca: condizione di stallo.
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Quindi, per riassumere:
1. c'è un cambiamento di velocità sia in direzione (perché curva), sia in modulo (favorito dalla
pressione minore nel primo quarto).
2. il massimo della portanza (minimo di pressione) corrisponde al primo quarto della corda
dell’ala
3. il massimo della pressione corrisponde al punto di ristagno (dove la velocità del flusso va a
zero e si misura la pressione totale) come mostra la figura seguente con il campo di
depressioni in blu e il campo di sovrapressioni in rosso.
4. il punto di ristagno si trova:
a. nel bordo di attacco dell’ala se il profilo è simmetrico e ad angolo di attacco nullo
(portanza nulla) o se è asimmetrico ad angolo di attacco nullo (portanza positiva)
b. sotto il bordo di attacco dell’ala se il profilo e simmetrico o asimmetrico e ad angolo di
attacco positivo (portanza positiva)
c. sopra il bordo di attacco dell’ala se il profilo e simmetrico o asimmetrico e ad angolo di
attacco negativo (portanza negativa o deportanza)
5. La pressione sopra l’ala passa da un massimo (al punto di ristagno), per un minimo (primo
quarto della corda dell’ala) fino ad una pressione di nuovo maggiore (verso il bordo di uscita
dell’ala) e sempre più vicina alla pressione atmosferica. Sotto l’ala la pressione varia molto
meno ed è comunque molto più vicina alla pressione atmosferica. C’è una differenza netta
tra il campo di pressione sotto e sopra l’ala
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6. Il campo di pressione cambia lungo il profilo dell’ala e questo spiega perché l’aria accelera
nel primo quarto dell’ala (dove la pressione è minore) e decelera verso il bordo di uscita
(dove la pressione aumenta), perche l’aria accelera se trova una pressione minore a valle, e
decelera se viaggia contro una pressione avversa (maggiore) come avviene verso il bordo di
uscita dell’ala.
7. Se l’angolo di attacco aumenta oltre un certo limite, osserviamo che la portanza crolla
mentre la pressione nel primo quarto dell’ala aumenta (diventa vicina alla atmosferica);
questo mostra lo stallo (distacco dello strato limite) e si può spiegare dopo aver fatto le
considerazioni elencate sopra. Aumentando l’angolo di attacco aumenta la pressione verso il
bordo di uscita: di conseguenza l’aria, trovando a valle una pressione maggiore torna
indietro (verso la zona di pressione minore) e questo provoca il suo distacco dalla superficie
e quindi lo stallo (perdita di portanza).
Il bilancio tra accelerazione al primo quarto e decelerazione alla fine, è positivo o negativo quindi a
seconda dell'adesione dello strato limite.
In un profilo affusolato, ad angoli di attacco piccoli, vince l'accelerazione e l'aria rimane incollata:
l'aria ce la fa ad arrivare alla fine nonostante la pressione aumenti verso il bordo di uscita.
Se, invece, il profilo non è affusolato (sfera) o l'angolo di attacco del profilo affusolato è troppo
grande (stallo), vince la decelerazione legata alla pressione avversa che l'aria trova in coda e l'aria
non ce la fa ad arrivare alla fine senza staccarsi. È proprio la forma del profilo che detta questo
comportamento dell'aria. I profili affusolati creano gradienti di pressione (nella direzione del flusso)
favorevoli per l'aria, cioè, minore attrito di pressione che implica meno perdita di velocità per l'aria.
Circa la forma dell’ala si osserva quindi che, in realtà, ai fini della generazione della portanza ciò
che conta è solo il primo quarto dell’ala, da lì in poi la superficie in più grava principalmente in
termini di resistenza d’attrito e poco contribuisce ad aumentare la portanza, e la scelta della forma
di un’ala non tronca al primo quarto ma avente un profilo aerodinamico trova la sua spiegazione,
come detto sopra, nella necessità di minimizzare quel tipo di turbolenza che genera quella che viene
detta resistenza di forma o di pressione che si è già definita.
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Occorre ribadire che se la turbolenza invece rimane nello strato limite è positivo perché diminuisce
la resistenza d’attrito o del mezzo favorendo il moto e anche la resistenza di forma o di pressione
energizzando il fluido perché si stacchi lungo corpo il più avanti possibile.
Se la turbolenza è fuori dallo strato limite è negativo perché aumenta la resistenza di pressione o di
forma che dà origine a gradienti di pressione avversi e al distacco precoce dello strato limite e
quindi alla perdita di portanza.
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Forze fondamentali che agiscono sul profilo alare.
L (lift) agisce trasversalmente alla direzione del flusso, fondamentalmente nella direzione normale
all’ala (forze di pressione) (ma non sempre necessariamente a 90°)
D (drag) (resistenza)agisce parallelamente alla direzione del flusso, fondamentalmente nella
direzione parallela all’ala (sforzi di taglio)
La portanza si calcola con la formula generale:
dove "ρ" è la densità dell'aria, "V" è la velocità di volo; "S" è la superficie di riferimento (nel caso
di velivoli si tratta di superficie alare). CL è un coefficiente adimensionale detto coefficiente di
portanza. Esso varia in funzione della forma geometrica dell'ala, dell'angolo d'attacco, del Numero
di Reynolds e del Numero di Mach. In particolare per angoli d'attacco inferiori all'angolo di stallo è
possibile esprimere il coefficiente di portanza come:
CL = CLαα
dove con α si è indicato l’angolo di attacco (angolo formato dalla corda del profilo con la direzione
del vento indisturbato che lo investe). Oltre l'angolo di stallo tale relazione lineare non è più valida
e si nota un brusco decremento del coefficiente di portanza.
Per un’ala simmetrica il grafico seguente riporta in ascissa gli angoli di attacco e in ordinata il
coefficiente di portanza CL e mostra che per angoli di attacco nulli si ha L nulla, per angoli di
attacco negativi si ha deportanza e per angoli di attacco elevati (<16) si ha lo stallo.
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La resistenza è:
dove ρ è la densità dell'aria, V è la velocità di volo, S è la superficie di riferimento (nel caso di
velivoli si tratta di superficie alare, nel caso di autovetture si usa la superficie frontale del mezzo).
CD (indicato anche con CX nell'ambito automobilistico) è un coefficiente adimensionale detto
coefficiente di resistenza. Esso varia in funzione della forma geometrica dell'ala, dell'angolo
d'attacco, del numero di Reynolds e del numero di Mach.
I progressi compiuti nella fluidodinamica computazionale, unitamente alle prestazioni sempre più
elevate dei calcolatori elettronici, consentono oggi di fare una stima molto precisa dei vari
coefficienti aerodinamici (CL, CD ed altri ancora). Tuttavia, dato il notevole costo computazionale
(teoria della complessità computazionale) di questo tipo di simulazioni, la complessità matematica
dei problemi aerodinamici e la non completa conoscenza di fenomeni fisici che li governano, tali
coefficienti vengono tuttora spesso determinati empiricamente, misurando (all'interno della galleria
del vento o mediante le prove in volo) le forze che agiscono su aerei o sui modelli in scala ridotta o
naturale.
Per virare ho bisogno che esista portanza, un errore cinematografico comune nei film di
fantascienza è la possibilità di virare delle astronavi nel vuoto, se non esiste aria non c’è portanza!
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Il rapporto tra L e D è chiamato qualità aerodinamica e stabilisce la dinamica di volo: coefficiente
di lift /coefficiente di drag.
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Forme dell’ala.
Perché l’aria pieghi non occorre che il profilo alare sia necessariamente curvo o asimmetrico (vedi
errori nei libri con teoria dell’egual tempo di transito).
Infatti le porte di casa pur essendo piatte sbattono comunque perché generano portanza in quanto
formano un certo angolo rispetto alla direzione della corrente)
e gli aerei possono effettuare il volo rovesciato anche se hanno ali asimmetriche. L'errore comune
per cui si pensa che l'ala debba essere curva sopra e piatta sotto deriva dalla errata convinzione che
l'aria debba passare al di sopra e al di sotto dell'ala nello stesso tempo. In realtà, un'ala rovesciata
genera portanza esattamente per lo stesso principio di un'ala dritta
Il filetto di fluido superiore accelera e arriva prima sia nei profili simmetrici sia in quelli
asimmetrici purché ci sia un angolo di attacco non nullo, ossia l’ala abbia una certa inclinazione
rispetto alla direzione del flusso di aria.
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Elementi dell’ala.
α: angolo di attacco
c: corda
1: linea di portanza nulla
2: bordo d'attacco
3: cerchio osculatore del bordo d'attacco
4: curvatura
5: spessore
6: dorso
7: bordo d'uscita
8: linea d'inarcamento
9: ventre
La corda alare (chord line) è il segmento di retta che congiunge il bordo d'entrata con il bordo
d'uscita.
Il termine camber (curvatura) generalmente vuol dire "piegatura" . Se si vuol quantificare il
camber, si traccia una linea curva fra il bordo d'entrata e quello d'uscita in modo tale che ogni punto
di essa sia a metà fra la superficie inferiore e quella inferiore; questa linea viene detta mean camber
line (linea di curvatura significativa). La massima distanza fra questa e la corda alare indica
l'ammontare della curvatura, che viene espresso come distanza (freccia) o più comunemente in
percentuale della lunghezza della corda
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Appunti Fisica del volo – PLS – a.s. 2010-2011
A piccoli angoli di attacco, un profilo simmetrico lavora meglio del corrispondente profilo curvo.
Per contro, ad angoli di attacco più alti, un profilo curvo lavora meglio del corrispondente
simmetrico. Un esempio di ciò si vede nella figura seguente. Il profilo designato"63-1-012'' è
simmetrico, mentre quello designato ``63-1-412'' è curvo; per il resto sono identici. Ad ogni
normale angolo di attacco (sino a circa 12 gradi), i due profili generano una portanza virtualmente
uguale. A partire di lì il profilo curvo ha un grosso vantaggio perché non stalla sino ad un angolo di
attacco assai più alto. Come conseguenza, il suo coefficiente di portanza massimo è più grande.
A grandi angoli di attacco, il bordo d'entrata di un'ala curvata taglierà il vento con un angolo minore
rispetto al corrispondente di un'ala simmetrica. Questo non prova niente, ma dà una spiegazione
intuitiva del perché le ali curve hanno una maggior resistenza allo stallo.
In condizioni ordinarie la portanza generata da un'ala dipende dall'angolo di attacco, ma ben poco
dalla curvatura. Ciò ha un senso, in effetti un aereo sarebbe non pilotabile se la portanza fosse
determinata solo dalla forma dell'ala. Dato che la curvatura non può essere cambiata durante il volo,
non ci sarebbe modo di cambiare il coefficiente di portanza. L'aereo potrebbe portare il suo peso
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solo ad una ben precisa velocità e sarebbe instabile e incontrollabile. In realtà il pilota (e il trim)
regola in continuazione la portanza regolando l'angolo di attacco, parametro ben più importante.
L’angolo di attacco.
L’angolo di attacco α positivo crea portanza, l’angolo di attacco α negativo genera deportanza (vedi
alettoni delle auto da corsa)
Se l’angolo di attacco α è troppo alto allora diminuisce la portanza L e aumenta la resistenza D, l’α
ottimale minimizza D e massimizza L.
La figura seguente mostra le linee di flusso attorno ad un’ala simmetrica al variare dell’angolo di
attacco: a) angolo di attacco positivo: portanza; b) angolo di attacco nullo: nessuna portanza; c)
angolo di attacco negativo: deportanza.
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Nella figura seguente si osserva l’andamento delle linee di flusso al variare dell’angolo di attacco:
da notare che i filetti fluidi sono più veloci nella parte superiore rispetto a quella inferiore, arrivano
cioè prima al bordo d’uscita.
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La portanza come integrale della pressione.
La portanza si determina calcolando l’integrale della pressione statica sull’area della superficie
alare.
Tuttavia a scopo didattico è possibile determinare il valore della portanza L anche senza avere lo
strumento matematico dell’integrale.
Un metodo analogo a quello di seguito esposto lo si applica in cinematica quando si determina lo
spazio percorso fino ad un determinato istante di tempo calcolando l’area della superficie sottesa
alla curva nel grafico velocità- tempo, oppure quando si determina il lavoro compiuto da una forza
costante o da una forza variabile calcolando l’area della figura sottesa alla curva rappresentata nel
grafico forza - spostamento.
Infatti, noto l’andamento della pressione statica lungo la corda, con un massimo in corrispondenza
del punto di ristagno, un minimo nel primo quarto ed un graduale aumento verso il bordo d’uscita,
calcolando, per approssimazioni con figure geometriche regolari, l’area sottesa alla curva
rappresentata nel diagramma x-Pst si può determinare il valore della portanza, che però è una
portanza specifica Ls, misurata in N/m.
Moltiplicando poi tale valore per l’apertura alare A, nel caso di ali rettangolari, o integrando il
valore di Ls sull’apertura alare in caso di ali non rettangolari, si ottiene il valore di portanza in
newton.
Pst (Pa)
Area di tale superficie = Ls
corda
x (m)
In caso di ali rettangolari: L=Ls·A
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Le variabili geometriche
Apertura (A)
Corda (C)
Area (S = A x C)
Angolo di attacco (α)
Le variabili fisiche
Densità dell’aria (ρ = 1,23 kg/m3 a livello del mare)
Velocità relativa (V)
Peso (P)
Carico dell’ala (P/S)
Portanza (L)
REGOLA 1
La portanza è proporzionale all’area L ~ S
Maggiore è l’area dell’ala, maggiore è la massa d’aria che sposta. Quest’ultima è proporzionale
alla densità dell’aria e alla velocità
REGOLA 2
La portanza è proporzionale alla densità dell’aria e al quadrato della sua velocità
L ~ ρv2
REGOLA 3
La portanza è proporzionale all’angolo di attacco (entro certi limiti)
L~α
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REGOLA 4
La portanza deve uguagliare il peso nel volo orizzontale
L=P
Quanto costa volare?
BOEING 747-400
397 tonnellate di peso massimo al decollo
Viaggia a 0.845 Mach e 900 Km/h
Wingspan: 64.4 m; Lunghezza: 70.6 m
50 MW di potenza al decollo (=17 locomotive diesel di 3000 kW ciascuna)
4 turbo propulsori di 282 kN (propulsione massima)
Consuma 10.000 litri di kerosene all’ora, a quota e velocità di crociera (e ne porta fino a
217000)
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Il DOWNWASH
La viscosità, o meglio la no slip condition, genera la portanza L e come diretta conseguenza si ha il
cosiddetto downwash, ossia lo spostamento verso il basso di grandi masse d’aria.
Durante il volo quindi un aereo sposta verso il basso una quantità d’aria pari almeno al suo peso, nel
caso di volo orizzontale, o superiore, nel caso di un aereo che deve salire di quota.
Occorre precisare che il downwash è una conseguenza del volo e non la causa (come riportano
erroneamente certi libri).
ESPERIMENTO: Le due bilance e il “downwash”
Materiale:
- 2 bilance
- Un mezzo cilindro di metallo o PVC o un profilo alare
- Una lamina di metallo
- Sostegni
Scopo: Dimostrare che la portanza è una conseguenza della deviazione della direzione dell’aria
come risultato della sua interazione con il profilo alare. La conseguenza di questa deviazione, che
avviene nel primo quarto della corda dell’ala, è il “downwash”, ovvero, lo scarico d’aria verso il
basso generato dall’ala. Si verifica che la portanza misurata dalla bilancia (peso negativo) è pari alla
quantità d’aria raccolta nella seconda bilancia (“downwash”)
Esperimento: Si posizionano le due bilance una accanto all’altra. Su di una si colloca il mezzo
cilindro (o il profilo) su di un asta, e sulla seconda la lamina piatta, facendo attenzione che la lamina
ed il cilindro siano separati. Si procede ad accendere la ventola che provoca il vento, e si vede che
la bilancia con il mezzo cilindro registra un peso minore (esperimenta dunque una portanza, viene
sollevata) mentre l’altra bilancia registra un peso maggiore) pari (entro l’errore di misura) a quello
dell’altra.
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