Le multinazionali riorganizzano lo spazio mondo per razionalizzare i

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Le multinazionali riorganizzano lo spazio mondo per razionalizzare i
Corso di “Geografia dell’impresa” – a.a. 2001-2002 - C.L. Economia e Commercio - Bari
Le multinazionali sono caratterizzate da una struttura manageriale gerarchica articolata in
specifiche unità che permette di raccogliere informazioni sulle condizioni dei mercati e dei Paesi in
cui operano e quindi di esercitare un forte controllo sui loro elementi chiave.
Le multinazionali fecero la loro comparsa all’inizio dell’Ottocento ma solo verso la fine del
secolo incominciarono a svilupparsi in campo internazionale. Negli anni ’50 e ’60 le multinazionali
statunitensi dominavano la scena mondiale; negli anni ’70 le multinazionali europee avevano
guadagnato posizione a spese di quelle americane, mentre negli anni ’80 fu la volta di quelle
giapponesi.
Negli anni ’80 emersero tre tendenze nelle modalità di espansione delle multinazionali
operanti nel settore industriale: un aumento degli investimenti diretti fra i Paesi del centro,
l’integrazione, mediante imprese transnazionali del centro, di alcune zone periferiche per le
produzioni industriali a basso costo, l’espansione della collaborazione e delle alleanze fra le grandi
imprese dei Paesi della “triade”. Queste ultime dettero luogo ad una vera e propria spartizione
geografica dei Paesi periferia: le multinazionali giapponesi localizzarono le unità operative
principali in Asia (orientale e sud orientale), le multinazionali dell’odierna Unione Europea
delocalizzarono la produzione nell’Europa Centrale ed Orientale, le multinazionali statunitensi in
America Latina.
Il risultato dell’espansione delle grandi imprese transnazionali è costituito dall’aumento
dell’attività industriale nei Paesi centro e dalla sua diffusione nei Paesi periferia. Tuttavia, mentre le
attività trasferite nei Paesi periferia erano ad alta intensità di lavoro, quelle presenti nei Paesi centro
erano ad alto contenuto di capitali. Quindi si è creata una netta separazione geografica, ma anche
socio economica, fra le aree di produzione caratterizzate da alta tecnologia e da un forte contenuto
delle funzioni di ricerca e sviluppo e le aree con bassi o nulli livelli tecnologici.
Le multinazionali
riorganizzano lo spazio mondo per razionalizzare i processi
produttivi che trasformano le ricchezze naturali in beni di consumo
Tale riorganizzazione si basa sulla delocalizzazione delle unità produttive industriali nei
Paesi periferia a tutti i gradi della scala spaziale. Questo accade in ragione del fatto che, nelle aree
periferiche, è più facile trovare, non solo abbondanza di risorse naturali, ma anche i fattori della
produzione ai prezzi più accessibili e le condizioni di implementazione più favorevoli in termini
giuridici (adempimenti normativi in campo lavorativo, ambientale e sanitario), economici (basso
costo della manodopera) e fiscali (imposizione fiscale debole se non inesistente).
Le periferie si trasformano così in laboratori dislocati dei centri e delle sedi centrali delle
multinazionali. I Paesi periferia forniscono il prodotto “semilavorato” (beni prodotti e fabbricati
industrialmente) ed i centri si occupano del prodotto finito (simboli, immagini e miti che i
consumatori acquisteranno insieme al bene materiale o servizio offerto). Questa suddivisione
spaziale si basa su una forte tendenza verso la concentrazione dei profitti, la centralizzazione del
controllo e l’accentramento decisionale. Quest’ultimo aumenta quando due o più imprese si
uniscono mediante fusione od acquisizione, generando così un’ulteriore concentrazione delle
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Multinazionali: riorganizzazione dello spazio mondo, geografia del potere e alterazioni ambientali
funzioni di direzione ed un aumento esponenziale delle potenzialità di gestione e controllo delle
risorse, dei fattori produttivi e dei mercati.
La conseguenza immediata di tale riorganizzazione nei Paesi periferia del mondo, a qualsiasi
grado della scala spaziale, è una perdita d’indipendenza economica ma anche culturale. Numerose
indagini dimostrano come, nei Paesi periferia del mondo, le multinazionali siano ben lontane
dall’elevare i livelli di vita e come adottino invece paghe abitualmente inferiori al minimo salariale
già esistente localmente. Inoltre, in genere, i benefici derivanti dalla presenza delle multinazionali
vanno a favore delle élite locali.
L’industrializzazione creata dalle multinazionali nei Paesi periferia si rivela spesso un
fenomeno instabile ed effimero: infatti, essendo le industrie “dirette” e dipendenti dall’esterno,
possono essere soppresse in qualsiasi momento qualora le condizioni locali non rispondano più alle
esigenze delle multinazionali.
Nelle periferie del mondo quindi, il risultato del decentramento produttivo è costituito non
tanto dall’industrializzazione vera e propria, quanto dalla creazione di isole di elevata capacità
tecnologica e la proliferazione delle cosiddette “zone di libero commercio”, dove il capitale
internazionale ha piena libertà di manovra e dove le multinazionali possono declinare ogni
responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori grazie alla “complicità” dello Stato. Nei Paesi
centro del mondo, le imprese dei settori più toccati dalla delocalizzazione procedono a cospicui
licenziamenti.
La trasformazione delle ricchezze naturali in beni di consumo ha conseguenze, e quindi costi
ambientali, tanto più rilevanti quanto più grande, potente e quindi influente è l’agente generatore (in
questo caso le multinazionali). Il fattore che distingue le multinazionali dalle altre imprese a scopo
di lucro è la dimensione produttiva economica e finanziaria. Questa costituisce l’elemento chiave
del grande potere delle multinazionali che permette loro di amministrare le risorse mondiali.
Le multinazionali incidono sull’ambiente sia direttamente, attraverso il prelevamento delle
ricchezze naturali (ad esempio le materie prime), l’esercizio dell’attività produttiva intensiva basata
su processi di omogeneizzazione (nel campo dell’agricoltura, della silvicoltura, dell’allevamento e
della pesca) e la restituzione delle scorie, sia indirettamente, attraverso la creazione di bisogni da
parte dei consumatori al fine di generare e/o incrementare la domanda di beni e quindi la
produzione.
Alcune multinazionali “decidono” cosa dobbiamo mangiare, selezionano e manipolano
geneticamente le specie vegetali e animali in base alle esigenze produttive e commerciali,
intervenendo nei sistemi naturali e generando l’estinzione di numerose specie. Tutto questo ha
ripercussioni sull’ecosistema ed anche sulla salute umana.
Nonostante le conseguenze irreversibili ed imprevedibili che queste politiche aziendali
comportano, ad oggi, non esiste un sistema democratico che preveda la consultazione di coloro i
quali dovranno subire le scelte. Naturalmente un sistema del genere è di dubbia realizzazione se non
altro per la totalità delle persone coinvolte. Questo, tuttavia, non sembra preoccupare minimamente
le multinazionali. Anzi, quando il loro operato viene sottoposto a controllo, quest’ultimo viene
vissuto e presentato più come un atto di invadenza negli affari aziendali che come un atto di
trasparenza dovuto alla collettività.
Le multinazionali
Sono in grado di controllare le risorse
e di coordinare le proprie operazioni a livello mondiale,
operando in uno spazio che, di fatto,
non è sotto il controllo di nessun Paese
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Corso di “Geografia dell’impresa” – a.a. 2001-2002 - C.L. Economia e Commercio - Bari
Le multinazionali esercitano un forte potere di controllo sulle risorse mondiali, sul fattore
lavoro, sui mercati di approvvigionamento e di sbocco.
Le multinazionali organizzano collegamenti e sistemi di scambio globali cosicché il mondo
si trasforma sempre più in un unico mercato per merci, lavoro e capitale.
Le multinazionali riescono a massimizzare i profitti esternalizzando i costi ambientali e
sanitari. Le multinazionali, allo scopo di riuscire ad ottenere il miglior trattamento, possono anche
arrivare a mettere uno Stato contro un altro. Esse possono negoziare i fattori di localizzazione in
aree specifiche, sfruttando la minaccia di trasferirsi altrove. Sidney Pollard sottolinea come, nei
Paesi centro del mondo, le multinazionali siano in grado di esercitare un controllo sull’occupazione
senza però assumersi alcuna responsabilità politica o sociale. Inoltre, le multinazionali possono
evitare di pagare le imposte, manipolando i prezzi delle fatture tra sedi situate in Paesi diversi, in
modo da fare risultare i profitti nei Paesi in cui le imposte sono più basse.
La presenza delle multinazionali sia nei Paesi centro che nei Paesi periferia può comportare
dei benefici ma anche dei costi sociali e ambientali, la cui entità varia a seconda delle circostanze e
dei contesti. Ciò che non varia, invece, è il crescente potere delle stesse e le conseguenti pressioni
esercitate nei confronti degli stati.
L’economia mondiale risulta così dominata dalle multinazionali che operano
indipendentemente dagli ordinamenti politici e che possono arrivare ad una dominazione
economica.
Le multinazionali
stanno omologando il mondo:
vendono ovunque lo stesso prodotto e modificano a proprio vantaggio
la struttura non solo economica ma anche sociale e culturale dei
Paesi periferia
Per vendere su larga scala un prodotto, le multinazionali devono creare o estendere un dato
tipo di domanda. A tale scopo, utilizzano strumenti “incentivanti” finalizzati a creare un certo tipo
di gusto ed a far nascere nei consumatori quei desideri che porteranno all’acquisto del bene
prodotto. Così, con l’obiettivo di ottenere un risultato commerciale, le multinazionali “giocano” su
fattori psicologici e sociali, modificando radicalmente i comportamenti, le abitudini di vita e quindi
l’intero tessuto socio culturale. Questo è particolarmente evidente nei Paesi periferia dove le
multinazionali, attraverso la pubblicità, non solo cercano di vendere i loro prodotti, ma diventano
anche “ingegneri” dei cambiamenti sociali, politici e culturali.
La pubblicità non è l’unico canale per la trasmissione di una cultura globale: la produzione
di prodotti è parte dello stesso processo in quanto questi incorporano particolari attributi culturali.
Tuttavia, è attraverso la pubblicità, nel senso ampio del termine (propaganda e sponsorizzazioni
sociali), che le multinazionali attirano l’attenzione e si impongono sulla scena mondiale.
In questo contesto si inserisce la politica dell’immagine che diventa fondamentale a fini
commerciali. L’immagine di un’impresa grande, forte, “pulita”, dalla parte dei più deboli, assume
una valenza strategica verso ogni tipo di interlocutore. Infatti, le imprese investono gran parte del
loro budget in sponsorizzazioni al fine di legare il loro nome e la loro immagine a quella di
associazioni ed organizzazioni umanitarie, di beneficenza e ambientaliste.
Alcune di loro hanno deliberatamente deciso di basare la propria strategia pubblicitaria sulla
sensibilità sociale. Inoltre, per molte di loro investire in sponsorizzazioni sociali è un modo per
rispondere in maniera sensazionale alle critiche, senza però modificare i comportamenti contestati.
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Multinazionali: riorganizzazione dello spazio mondo, geografia del potere e alterazioni ambientali
Multinazionali:
da dove deriva il potere che permette loro
di riorganizzare lo spazio mondo?
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Dal capitale tecnologico e dal know-how imprenditoriale
Dalle risorse finanziarie
Dalla mobilità fisica, dalla flessibilità gestionale e dall’elasticità organizzativa
Dalle campagne pubblicitarie
Dall’elaborazione, gestione, trasmissione e controllo delle informazioni su scala
internazionale
La multinazionale, in definitiva, è un’istituzione ma, a differenza dello Stato nazionale, la
cui fisicità definita ed il cui legame con lo spazio comportano un elevato grado di inerzia che non
gli permette di rispondere tempestivamente al ritmo frenetico delle forze del mercato globale, la
multinazionale è più legata al tempo che allo spazio in quanto non ha radici in alcuna comunità
specifica né risponde al alcun potere locale.
Come sottolinea Jeremy Rifkin, la multinazionale è “un’istituzione quasi politica che
esercita un enorme potere sulle persone e sui luoghi per mezzo del controllo sull’informazione e la
comunicazione” (Rifikin, 1995, p. 377).
Dott.ssa Margherita Ciervo
“Multinazionali:
riorganizzazione dello spazio mondo,
geografia del potere ed alterazioni ambientali”.
Tesi di laurea in Geografia Economica
Facoltà di Economia – Università degli Studi di Bari
Relatori: Prof. A .A. Bissanti; A. Mininno
Correlatore: prof. G. Girone
a.a. 1998/1999
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