Contenuti e strumenti per la formazione

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Contenuti e strumenti per la formazione
Progetto res mar
Azione e “modello di prevenzione e gestione dinamiche territoriali
da dissesto idrogeologico”
Laboratorio partecipato
genova – 13 novembre 2012
Al laboratorio hanno preso parte 54 partecipanti, tra cui:
• amministratori e tecnici di 14 comuni e di 5 municipi della Città Metropolitana di Genova, che avevano
partecipato ai focus group di ottobre;
• funzionari della Regione Liguria, della struttura di Protezione Civile, tecnici di ARPAL e di Liguria Ricerche;
• ricercatori di Fondazione Cima.
Dato l’obiettivo del laboratorio - produrre raccomandazioni trasferibili in atti concreti - i lavori sono stati strutturati
secondo un’impostazione che consentisse al tempo stesso il massimo confronto e la massima produttività.
Per questo si sono alternati momenti di plenaria a momenti di discussione facilitata in gruppi di lavoro di
dimensione più piccole.
I partecipanti hanno infatti potuto scegliere di partecipare a uno dei tre tavoli tematici proposti:
• Sapere - contenuti e strumenti per la formazione (p. 2);
• Condividere - proposte per migliorare la collaborazione tra attori (p. 6);
• Agire - proposte per migliorare la redazione e l’implementazione dei Piani di Emergenza Comunali (p. 9). Tra la sessione di lavoro mattutina e quella pomeridiana, i partecipanti hanno avuto l’opportunità di porre alcune domande “tecniche” ad un gruppo di esperti adeguatamente selezionato per poter sviluppare al meglio le proprie proposte operative. Ogni esperto ha avuto tre minuti di tempo a disposizione per rispondere alla domanda posta
(domande e risposte sono trascritte a pp. 12 e 13).
L’incontro è stato aperto in sede di plenaria dall’Assessore all’Ambiente della Regione Liguria, Renata Briano che,
al termine del laboratorio, è nuovamente intervenuta per ascoltare la restituzione dei tavoli tematici e chiudere i
lavori.
Questo report contiene un resoconto sintetico delle indicazioni emerse dai tre tavoli di lavoro. Visto il taglio
“tematico”, i resoconti di ciascun tavolo di lavoro sono stati arricchiti con indicazioni relative al tema in questione provenienti dagli altri tavoli.
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Progetto res mar - Azione e “modello di prevenzione e gestione dinamiche territoriali da dissesto idrogeologico”
Focus group con le amministrazioni comunali
Premessa
Nel corso della discussione i partecipanti hanno condiviso l’esigenza di riferirsi al concetto di formazione, all’interno di un ambito di prevenzione, partendo da due dimensioni diverse ma complementari di uno stesso concetto:
• la risposta a esigenze formative di soggetti specifici;
sapere
• la creazione di senso civico e di responsabilità.
Un’offerta formativa adeguata alle esigenze del territorio e della sua comunità per essere efficace deve quindi riuscire a integrare questi due tipi di contenuti in modo trasversale rispetto ai soggetti destinatari.
La corresponsabilità è in particolare il concetto chiave emerso dalla discussione: filo conduttore di un percorso di
formazione per acquisire consapevolezza sul concetto di rischio, da percepire non come “preparazione all’evento certo” ma come azione civile continua che mira a rendere tutti i cittadini, indipendentemente dal loro ruolo, consapevoli perché “ognuno fa parte della Protezione civile”. Una reale comprensione del concetto di rischio comporta infatti anche l’acquisizione di consapevolezza rispetto al fatto che l’evento possa non verificarsi. La responsabilizzazione al riguardo evita recriminazioni nei destinatari delle decisioni, perché elimina il senso di
imposizione dall’alto sulla comunità - e “il senso di colpa” di chi assume la decisione “sbagliata” - nonché rende le
decisioni stesse più consapevoli e adeguate alla reale situazione del contesto, piuttosto che forzate
dall’imitazione, ad esempio di quanto viene deciso nei comuni limitrofi.
Dal punto di vista dell’offerta formativa, questo si traduce operativamente innanzitutto nell’evitare che informazioni, nozioni e concetti difformi, incongruenti, talvolta perfino in contrasto, creino cortocircuiti
producendo effetti esattamente contrari a quelli attesi.
Contenuti e strumenti
per la formazione
Infine i partecipanti ritengono importante la costruzione di un’idea di prevenzione con i cittadini che non sia
unicamente connessa alla conoscenza delle procedure, con l’obiettivo finale di contribuire a creare dei “presidi territoriali avanzati” in grado di realizzare una gestione mirata dell’allerta, come nel caso della best practice del
Comune di Quiliano.
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Focus group con le amministrazioni comunali
Esito della discussione
I) Strutturare moduli formativi su temi diversi a seconda dei soggetti destinatari, ponendo particolare attenzione
al mondo della scuola e a quello dell’amministrazione comunale.
sapere
Destinatario
Esigenze formative
Amministratori
• come comunicare al pubblico
• linguaggio mediatico per spiegare correttamente a e attraverso i mass media le
responsabilità in fase di gestione dell’allerta
• concetto di rischio
• procedure e strutture (COC, COM)
• conoscenza del territorio (ad esempio sulla situazione idrogeologica)
Organico del Comune
• procedure e conoscenza del Piano di Emergenza Comunale
• differenza tra COC e COM
• conoscenza del territorio
• concetto di rischio
• aggiornamento continuo e schedulato fuori emergenza
• gestione COC e conoscenza delle procedure (check list a schede: chi deve fare
cosa)
• partecipazione alla responsabilità
• (personale tecnico) interpretazione dati che arrivano dalla Centrale Operativa
Non solo i membri COC ma
tutto il personale, in modo
tale da renderlo competente
in caso di necessità di
sostituzioni o per interventi di
lungo periodo
Contenuti e strumenti
per la formazione
Volontari di Protezione
Civile
attualmente non esiste offerta formativa di alcun tipo: si dovrebbe evitare
l’attuale “fai da te” in fase di gestione e per questo offrire dei moduli formativi orientati ad intervenire in modo efficace
Mondo della scuola: alunni
e genitori
• norme di autoprotezione
• moduli di educazione civica da inserire nella programmazione didattica
• giornata della protezione civile su autoprotezione (“cosa fare e cosa non fare”) che coinvolga i responsabili locali della Protezione Civile per farli conoscere
Mondo della scuola:
dirigenti scolastici e
insegnanti
• lettura dei messaggi di allerta e conoscenza dei gradi di allertamento
• conoscenza del Piano di Emergenza comunale e della struttura di Protezione
Civile
• differenza tra piani di emergenza e piani di Protezione Civile
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Focus group con le amministrazioni comunali
Destinatario
Esigenze formative
Cittadini
• conoscenza del Piano comunale e conoscenza della struttura di Protezione
Civile
• “cosa fare” in fase di l’allerta e di emergenza (attraverso guide e materiale informativo)
• esercitazioni che non si limitino a indicare principi generali
Direttamente o tramite
l’attivazione di soggetti chiave”: amministratori di condominio, medici di
famiglia associazioni locali
sapere
Rete dei commercianti
• far comprendere il “processo decisionale” che porta il Comune a scegliere di
chiudere o meno gli esercizi commerciali in fase di allerta e
corresponsabilizzare rispetto al concetto di rischio (per superare la “sindrome della vessazione”)
• “cosa fare” in fase di l’allerta e di emergenza (attraverso guide e materiale informativo)
• (centri commerciali) competenze per contribuire ad una corretta gestione
dell’allerta
Giornalisti
• linguaggio e terminologia dell’allerta
• ruolo dei media rispetto alla formazione civica della cittadinanza.
II) creare tavoli di dialogo permanente tra diversi soggetti (dirigenti scolastici, membri del Consiglio d’Istituto, Sindaco, presidente del Consiglio d’Istituto) per dare sistematicità ai percorsi formativi, pianificare e garantire l’offerta formativa e tracciare linee guida a livello sovra comunale.
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per la formazione
II) coinvolgere i cittadini in prima persona agendo su un doppio livello: la tutela degli interessi individuali e la
creazione di un senso di corresponsabilità tramite azioni di educazione alla cittadinanza che promuovano un
cambiamento culturale rispetto al tema della prevenzione (“non ci si salva da soli”), partendo dalla scuola per garantire effetti di lungo periodo.
Se l’obiettivo della formazione sulla prevenzione deve essere quello di attivare un ragionamento sul tema e non solo di distribuire materiale, con un discorso il più possibile di rete, il messaggio di responsabilizzazione deve
partire da una fase di ascolto, sia per non far risultare l’offerta formativa come “calata dall’alto” sia per facilitarne la recezione e attivare così processi virtuosi di scambio per la ricerca di soluzioni.
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Focus group con le amministrazioni comunali
note
Si è evidenziato come le esigenze formative possano variare considerevolmente in base alle dimensioni dei
territori di riferimento e come, specie nei piccoli Comuni, queste debbano innanzitutto fare fronte alla scarsità di
risorse e competenze tecniche locali.
Un impegno trasversale per supportare il cambiamento culturale dovrebbe essere quello della promozione e del
sostegno (possibilmente tramite l’azione di realtà di coordinamento specifiche) ad attività, un tempo spesso di natura volontaria, che integrano nel fare prevenzione gli aspetti della tutela del territorio e della sicurezza, intesi
come beni comuni. Il riferimento è ad esempio a contributi per i “nuovi contadini” per la costruzione di muretti a secco; al recupero di foreste demaniali con il coinvolgimento delle associazioni dei falegnami; alla tutela delle
foreste connessa alla creazione di una filiera artigianale di qualità; al recupero dei materiali dalla pulitura dei fiumi
per produrre combustibili per il riscaldamento di locali pubblici.
sapere
Particolare attenzione è stata dedicata al tema del coinvolgimento diretto della cittadinanza. In proposito se da
una parte i comuni più piccoli sembrano avvantaggiati per l’esistenza di una rete “naturale”, dall’altro emerge il problema delle risorse da destinare a questo obiettivo e la condivisione dell’idea che gli strumenti tradizionali siano inefficaci al riguardo.
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per la formazione
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Focus group con le amministrazioni comunali
Premessa
condividere
Proposte per
migliorare la
collaborazione tra
attori
Rispetto al macrotema della condivisione i partecipanti hanno individuato e sviluppato tre temi, diversi ma
interconnessi.
1) La comunicazione - nella contingenza dell’allerta, si sovrappongono contemporaneamente:
• flussi diversi: comunicazione tra struttura tecnica e struttura politica; comunicazione tra i diversi livelli della
“catena istituzionale” (Regione, Provincia, Comune); comunicazione ai cittadini diretta e indiretta (cioè mediata
dai mass media);
• livelli diversi: operativo, istituzionale, divulgativo;
• Linguaggi diversi: tecnico, politico, mediatico.
• Fonti diverse: in particolare rispetto alle previsioni meteo viene evidenziato lo sdoppiamento di informazione tra
i bollettini emessi da Arpal e quelli emessi dai siti privati (e si nota che “è facile fare previsioni se non si hanno
responsabilità”).
Nel complesso sistema di Protezione Civile condividere le informazioni è dunque un’operazione complessa che
deve essere adeguatamente gestita. In particolare viene sottolineata la difficoltà di gestire il rapporto con i mass
media, sebbene si noti un miglioramento rispetto a noti episodi di incomprensione del passato, miglioramento
dovuto ad una maggiore coesione istituzionale. In questo senso sarebbe utile individuare una figura istituzionale
atta a mediare e tradurre lo scambio di informazioni che avviene a livello tecnico all’interno della struttura
operativa verso l’esterno.
2) Il coordinamento tra i diversi livelli istituzionali - la coesione istituzionale è stata individuata come una
condizione necessaria sia per ripristinare la fiducia da parte dei cittadini (dunque la comprensione e il rispetto
delle decisioni prese durante l’allerta e l’emergenza) sia per fare in modo che i sindaci possano prendere le
decisioni giuste anche in situazioni di forte pressione politica e mediatica.
In questo senso il sistema di Protezione Civile deve assumere la conformazione di una “squadra” - in modo che si
evitino situazioni di “scaricabarile” - e questa condizione si ottiene solo migliorando il coordinamento
interistituzionale e quindi:
• definendo ruoli e responsabilità, una necessità espressa come prioritaria;
• ottimizzando il processo comunicativo;
• regolando il rapporto tra la parte tecnica e la parte politica - le due componenti sono diverse, per natura e per
legge, non devono sovrapporsi e tra loro deve “svilupparsi complicità” dato che il politico in fase di emergenza è
influenzato dalla mediaticità.;
• chiarire e coordinare i flussi di informazione che le istituzioni inviano agli altri attori del territorio (es. il COC
avvisa direttamente le scuole comunali e la provincia per quelle provinciali, ma non ha riscontro/garanzia che le
informazioni arrivino effettivamente a destinazione).
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Focus group con le amministrazioni comunali
condividere
3) La collaborazione e la corresponsabilità - il terzo e ultimo elemento che compone il tema della condivisione
attiene le relazioni tra le istituzioni e la cittadinanza e l’importanza, per gli amministratori, di costruire con i
cittadini un rapporto basato sulla collaborazione e la condivisione della responsabilità, che permetta di uscire da
un sistema di gestione dell’allerta basato sulle ordinanze.
Da un lato si evidenzia la necessità di innescare un processo di cambiamento culturale che porti amministratori
locali, società civile, commercianti etc. ad accettare, nella stagione critica, qualche giorno di chiusura anche se
l’evento non si verifica.
Dall’altro si delinea la consapevolezza che la cittadinanza attiva possa essere una risorsa per affrontare in modo
efficiente ed efficace la prevenzione, l’allerta e l’emergenza. In tal senso si evidenzia la necessità di investire per
attivare un sistema di coinvolgimento capillare - mappando e intercettando tutte le reti formali (scuole, aziende,
esercizi commerciali, associazioni etc.) e informali che costituiscono la società civile - e mettendo a sistema
l’impegno che i cittadini mettono a disposizione della comunità.
Esito della discussione
Proposte per
migliorare la
collaborazione tra
attori
I) Istituzione di un tavolo di confronto tra Regione (uffici tecnici di PC e Arpal) e Amministrazioni locali.
Finalità: innescare il cambiamento e la coesione istituzionale attraverso il confronto diretto tra la struttura
operativa regionale e gli amministratori locali.
Obiettivi:
• analizzare i diversi modelli organizzativi (m.o. savonese dei COM, m.o. città metropolitana di Genova, m.o. “fai
da te” dei comuni del Levante…) le relative prassi e criticità;
• favorire lo scambio di buone prassi;
• riorganizzare il sistema di comunicazione istituzionale;
• redigere una serie di linee guida omogenee per la gestione dell’allerta e dell’emergenza;
• dare autorevolezza alle decisioni delle amministrazioni locali sui temi sensibili per l’opinione pubblica (es.
apertura /chiusura delle scuole e degli esercizi commerciali) che devono rimanere a livello locale, senza
automatismi normativi, ma che devono essere supportate.
Attori: risulta necessario un approfondimento per individuare gli attori locali “della giusta dimensione” da
coinvolgere. Se da un lato è importante che i sindaci si sentano coinvolti in quanto attori di primo piano, dall’altro
si rileva che non tutti i sindaci hanno lo stesso livello di consapevolezza e che quindi, per alcune zone, potrebbe
essere più efficace coinvolgere i comuni capofila dei C.O.M. Anche gli operatori di Protezione Civile della Provincia
potrebbero portare un importante contributo (viene citata come best practice il rapporto tra la Provincia di La
Spezia e la sala operativa regionale).
Modalità: confronto diretto, due incontri annui (es. inizio autunno e fine autunno).
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Focus group con le amministrazioni comunali
condividere
II) Portale dedicato all’allerta composto da due macro aree: un’area di interfaccia con il pubblico e un’area
riservata agli operatori accreditati dei diversi livelli di Protezione Civile.
Finalità: creare una fonte informativa ufficiale e univoca, aggiornata in tempo reale e comprensibile .
Obiettivi:
• mettere in rete e condividere informazioni raccolte dalla sala operativa durante l’allerta;
• geolocalizzare le emergenze;
• garantire il monitoraggio costante degli effetti al suolo;
• permettere ai comuni di conoscere in tempo reale la situazione nei comuni limitrofi attraverso l’inserimento dei
dati da parte degli operatori.
Modalità:
• progettare struttura e funzioni del portale sulla base delle indicazione del tavolo di coordinamento;
• monitorare l’usabilità e la fruibilità del portale chiedendo feedback agli operatori;
• rendere possibile l’inserimento delle informazioni anche da parte degli operatori di Protezione Civile a livello
locale per garantire un aggiornamento in tempo reale.
A proposito di quest’ultimo punto si evidenziano due potenziali criticità: se non vengono adottati parametri chiari
e oggettivi per descrivere gli effetti a suolo gli operatori locali potrebbero inserire informazioni distorte dalla
percezione individuale (in questo senso gli indicatori idrometrici rappresentano un sistema di rilevazione efficace
e affidabile); gli operatori locali potrebbero avere difficoltà a inserire i dati, soprattutto se non hanno la
strumentazione per farlo mentre sono sul campo (palmari e smartphone).
Note
Proposte per
migliorare la
collaborazione tra
attori
• La rete si crea “in tempo di pace”.
• Per migliorare la comunicazione verso i cittadini sarebbe importante che i livelli di allerta venissero unificati a
livello nazionale.
• È necessario progettare le azioni in modo strategico, non concentrandosi sugli effetti ma sulle cause e decidere
come orientare i fondi in modo coordinato, senza personalismi e senza improvvisazioni.
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Focus group con le amministrazioni comunali
premessa
La discussione ha ripercorso molti degli elementi già emersi dai focus group in una chiave trasversale rispetto ai
territori di riferimento e alle competenze dei singoli partecipanti (non solo rappresentanti di Comuni ma anche
funzionari di Regione Liguria, tecnici di ARPAL e Fondazione Cima).
Tuttavia, a differenza di quanto avvenuto nella fase di ascolto, il confronto trai partecipanti è stato orientato a
dare indicazioni per costruire piani comunali funzionanti ed efficaci più che a fare un bilancio di quanto non
funziona o non ha funzionato nelle strategie di prevenzione del passato.
Da questo punto di vista l’incontro, oltre che come un momento in cui raccogliere opinioni e raccomandazioni per
la redazione dei PEC, è stata vissuto dai partecipanti come un’occasione di scambio di informazioni e buone
pratiche.
Il confronto sulla redazione dei PEC ha comunque messo in luce due fondamentali elementi di criticità in relazione
alla predisposizione di indicazioni generali per la redazione di piani di emergenza efficaci:
• La differenza in termini di bisogni, criticità e potenzialità operative dei piccoli comuni rispetto ai comuni
maggiori (con particolare riferimento al capoluogo regionale). Fra le molte diversità una di particolare rilievo
riguarda il ruolo e la posizione operativa della parte politica. Nei piccoli comuni quest’ultima costituisce una
risorsa fondamentale per la gestione di allerta ed emergenza; nei grandi occorre definirne chiaramente ruolo e
attività per evitare sovrapposizioni e confusione.
• La difficoltà a trovare il necessario equilibrio tra automatismi, flessibilità e “buon senso” delle decisioni: esiste
cioè una tensione evidente tra lo stabilire automatismi e procedure uniformi che garantiscono gli amministratori
dal rischio di incorrere in responsabilità civili o penali e la necessità di non creare sistemi eccessivamente rigidi
che perdono di efficacia con effetti controproducenti prima di tutto sulla sicurezza dei cittadini. Se infatti da un
canto si ritiene che gli automatismi siano necessari per non gravare di eccessive responsabilità gli
amministratori, dall’altro si riconosce il bisogno di una certa flessibilità delle scelte che devono sapersi adattare
al contesto di riferimento e comunque comunicare ai cittadini anche “buon senso”.
agire
Proposte per migliorare
la redazione e
l’implementazione dei Piani di Emergenza
Comunali
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Focus group con le amministrazioni comunali
Esito della discussione
agire
Proposte per migliorare
la redazione e
l’implementazione dei Piani di Emergenza
Comunali
I partecipanti hanno individuato alcune caratteristiche fondamentali che, in linea generale, ciascun piano
dovrebbe avere:
• essere organizzato per scenari in relazione alle diverse categorie di rischio;
• non essere standardizzato ma calato sul territorio, in questo senso l’ideale sarebbe l’organizzazione di piani che
definiscano ambiti territoriali ottimali di operatività (intercomunali per i comuni piccoli, sub comunali per i
comuni grandi);
• essere speditivo e utilizzabile, risulta quindi particolarmente indicata la previsione di schede organizzate
secondo check list di azioni da compiere e personale da allertare;
• essere aggiornato e per questo deve prevedere al proprio interno la descrizione delle procedure di
aggiornamento.
Sul versante dei contenuti, oltre alle previsioni relative agli scenari di rischio in relazione alle caratteristiche
specifiche del territorio, occorre che ciascun piano preveda:
• mappatura degli attori da avvisare o coinvolgere con riferimenti aggiornati e chiara indicazione di chi fa cosa;
• mappatura delle strutture a rischio pubbliche e private, rispetto alle quali occorre promuovere esercitazioni e
attività di prevenzione mirate;
• indicazione dei sistemi per la comunicazione al cittadino, che devono essere vari, differenziati e capillari;
• individuazione di una struttura permanente all’interno dell’amministrazione comunale attiva anche in “tempo di
pace”;
• chiara indicazione di azioni finalizzate alla prevenzione all’interno del piano: con riferimento alle azioni di
manutenzione del territorio, alla formazione di cittadini e associazioni e alla sperimentazione dell’efficacia del
piano tramite esercitazioni;
• modalità per il monitoraggio locale degli eventi che consentano di completare e arricchire il quadro informativo
del Sindaco e sostenerne le scelte.
In relazione a quest’ultimo punto appare particolarmente utile prevedere pratiche di responsabilizzazione e
coinvolgimento attivo della cittadinanza, quali ad esempio l’introduzione di modalità e procedure di presidio del
territorio con il coinvolgimento di volontari che monitorano lo sviluppo dell’evento; l’introduzione di osservatori
meteo e/o squadre di monitoraggio delle zone sensibili in relazione ai diversi scenari di rischio.
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Focus group con le amministrazioni comunali
Sotto questo profilo i cittadini possono rappresentare risorse importanti in termini sia di competenze per la
costruzione della rete di gestione dell’evento (ad esempio tramite il coinvolgimento delle associazioni di
radioamatori) sia come valore aggiunto alla redazione del piano in quanto portatori di conoscenza del territorio
(“cittadini sentinella”), specie se a seguito di un’opportuna formazione (rete di “segnalatori certificati”).
Sul versante della condivisione del piano si raccomanda che il piano preveda di:
• attivare percorsi di cambiamento culturale a partire dalle scuole tramite: esercitazioni; laboratori, introduzioni
di specifiche attività nei POF degli istituti scolastici;
agire
• promuovere piani di comunicazione periodici e ricorrenti contenenti poche indicazioni chiare e suddivise per
categorie e che indichino in particolare a quali pericoli si è esposti e cosa fare nelle diverse situazioni di rischio;
• attivare percorsi di condivisione del Piano che prevedano una prima fase di conoscenza del piano esistente e poi
un “test” del piano per individuarne eventuali criticità e valutarne modifiche;
• promuovere, tramite accordi con l’amministrazione comunale, esercitazioni negli uffici pubblici e nelle grandi
imprese eventualmente esposte a particolari rischi. Si ritiene infatti che ogni realtà locale “strutturata” (scuola,
centro commerciale, industria etc…) dovrebbe avere un proprio “piano di emergenza” e che il Comune dovrebbe
supportare queste realtà nella redazione di micro piani di emergenza che siano il linea con il piano di emergenza
comunale.
note
Proposte per migliorare
la redazione e
l’implementazione dei Piani di Emergenza
Comunali
Dalla discussione sono inoltre emerse alcune considerazioni di contesto che vale la pena mettere in luce.
In primo luogo appare chiaro che esiste una diffusa necessità di informazioni uniformi: le incertezze su aspetti
tecnici e normativi sono uno degli elementi di maggior debolezza percepita da parte degli enti nella definizione
della pianificazione di emergenza.
In secondo luogo emerge il bisogno di sentirsi parte di un sistema: per “fare squadra” nella gestione pratica di
situazioni di allerta ed emergenza ma soprattutto per avere “copertura” istituzionale per le decisioni impopolari
quali la chiusura delle scuole o degli esercizi commerciali.
Più controversa la questione dell’uso delle nuove tecnologie, con le quali è possibile diffondere le informazioni in
modo molto più rapido e capillare, per favorire una maggiore flessibilità nelle decisioni che le rendano meno
impattanti sulla vita della città. Su questo punto, i comuni si sono mostrati molto cauti: i partecipanti hanno infatti
sottolineato soprattutto la dimensione della responsabilità e del fatto che “nessun sindaco se c’è allerta 2 si
assume la responsabilità di aprire i sottopassi”.
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Focus group con le amministrazioni comunali
Domande e
risposte
Domanda tavolo “Sapere”: ci sono possibilità, soprattutto per i piccoli comuni, di accedere a risorse (economiche e
di competenza) per realizzare percorsi formativi efficaci?
Risponde Laura Muraglia, Regione Liguria: vi sono diversi canali attraverso cui reperire fondi per la formazione l’Agenzia Liguria Lavora, i fondi FSE, il Dipartimento Ambiente etc. - la strategia da seguire è quella di integrare
moduli formativi relativi alla prevenzione e alla gestione di allerta emergenza all’interno di progetti più ampi.
Domanda tavolo “Sapere”: è stata valutata la possibilità di svolgere la formazione (propedeutica alla realizzazione
del piano) in modo da garantirne l’omogeneità? (Ad esempio tramite l’unione dei comuni)
Risponde Serena Recagno, ARPAL: C'è sicuramente la necessità di progettare e realizzare un programma formativo
su tutto il territorio regionale. In cantiere ci sono azioni pilota, rese possibili da finanziamenti europei.
Incontri come quello attuale possono permettere di rilevar ei bisogni formativi di una delle categorie chiave, quella
degli amministratori e dei tecnici della Pubblica Amministrazione dei Comuni. E' necessario poi coinvolgere in
percorsi ad hoc anche i dirigenti scolastici e il personale della scuola.
Dopo aver individuato i gruppi omogenei di destinatari, il percorso formativo dovrebbe prevedere una parte
frontale e attività pratiche, ambedue contestualizzati al territorio di riferimento.
Si spera sia possibile trovare dei canali di finanziamento attraverso progetti e fondi europei, ma il punto
fondamentale è stabilire priorità e bisogni formativi essenziali.
Domanda tavolo “Sapere”: come evitare che una formazione disomogenea tra piccoli comuni limitrofi crei
cortocircuiti nella gestione dell’allerta?
Risponde Elio Raviolo, ex dirigente scolastico: buona parte della nostra regione è costituita da piccoli comuni, di
Conseguenza spesso gli istituti scolastici accolgono studenti residenti in comuni diversi.
La scuola può quindi essere un elemento importante di raccordo ma, in tal senso, è necessario formalizzare un
tavolo permanente di consultazione tra le amministrazioni comunali, insistenti sul territorio di un'unica istituzione
scolastica e l'istituzione scolastica autonoma stessa (limitrofe e istituti scolastici.)
Parimenti importante è che nei contenuti del piano dell’offerta formativa (POF) siano coinvolte, in modo non fittizio, le amministrazioni comunali, in modo che siano inserite attività educative sulla gestione dell’allerta e dell’emergenza. Il territorio deve chiedere collaborazione alla scuola, applicando effettivamente i dettami della norma che prevede l'iter per la definizione dei contenuti dell'offerta formativa.
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Focus group con le amministrazioni comunali
Domande e
risposte
Domanda tavolo “Condividere”: la pianta fornita dalla Regione Liguria prevede tre categorie di comuni a seconda
dell’ampiezza dei bacini idrografici. Poiché i comuni di categoria 3 (es. Chiavari) contengono anche bacini riferibili alle categorie 1 e 2, i caso di allerta per le categorie 1 e 2 i comuni in categoria 3 si devono sentire coinvolti?
Risponde Elisabetta Trovatore, Arpal: sì. Noi siamo in grado di dettagliare gli effetti al suolo, distinguendo per aree
di allertamento e classi di bacino. Noi saremmo in grado di allertare in base sia alle aree di allertamento sia in base
alle classi di bacino. La Protezione Civile in passato ha adottato le categorie comunali per agevolare i comuni:
questo significa che un comune di categoria 3 contiene sicuramente bacini 1-3; I comuni di categoria 2 contengono
bacini 1-2; i comuni di categoria 1 contengono bacini 1. E’ quindi sempre necessario controllare se nel caso di un’allerta per bacini 3, sono state allertate anche bacini 1 e 2.
Domanda tavolo “Agire”: dal punto di vista della legge, quali soggetti devono essere coinvolti in maniera attiva e
passiva nel caso di allertamento? Che autonomia hanno i sindaci rispetto alla fase di allertamento?
Risponde Elio Castagni, Regione Liguria: la legge 225 dice quali sono le componenti della Protezione Civile: enti
e strutture operative. Poi divide gli eventi in 3 categorie: A, B e C. Quelli di tipo A possono essere affrontate su scala
comunale e in questo caso il Sindaco può allertare e attivare tutte le componenti della protezione civile presenti sul
territorio comunale e, qualora lo ritenga necessario, può chiedere il supporto di ulteriori risorse attraverso
l'intervento delle Prefetture.
La Pianificazione di Protezione Civile può prevedere degli automatismi utili correlati alle diverse procedure, ma ci
possono essere anche delle situazioni note e previste che potrebbero rendere necessaria una valutazione
decisionale anche in corso di evento.
Pertanto, una volta definiti gli scenari della pianificazione, possiamo individuare quali siano gli automatismi da
adottare e quelle azioni che possono essere decise volta per volta in base all'evoluzione delle criticità che si
rappresentano
Domanda tavolo “Agire”: Per legge, quale è il ruolo della prefettura nella trasmissione dell’allerta?
Risponde Luca Ferraris, Fondazione Cima: per legge l’allertamento compete alla Regione. Il documento ufficiale è il
messaggio di allerta che è emesso dalla Regione Liguria e, nell'attuale prassi, è trasmesso ai Comuni per tramite
delle Prefetture, per avere certezza sul ricevimento. Inoltre la Regione pubblica sul web il comunicato di allerta o
cessato allerta e l’Amministrazione può muoversi senza aspettare la comunicazione della Prefettura.
E' utile ricordare inoltre che il Sindaco ha la facoltà di attivarsi in qualunque momento, anche in modo indipendente
dai messaggi della Regione.
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Focus group con le amministrazioni comunali
Hanno partecipato:
Nicola Bina, Funzionario Protezione Civile, Comune di Quiliano; Alberto Ferrando, Sindaco, Comune di Quiliano; Michele Raffaelli,
Assessore Municipio IX, Comune di Genova; Renato Cogorno, Responsabile Protezione Civile, Comune di Lavagna; Antonella Gardella,
Dirigente Municipio VI, Comune di Genova; Santo Revello, Responsabile settore Lavori Pubblici e Ambiente, Comune di Cogoleto; Ilvano
Saracino, Dirigente Municipio I, Comune di Genova; Rita Nichel, Sindaco, Comune di Zoagli; Carlo Cassani, Consigliere delegato Protezione
Civile, Comune di Zoagli; Eugenio Minuto, Comandante Polizia municipale e Responsabile di Protezione Civile, Comune di Finale Ligure;
Bruna Rebaudo, Sindaco, Comune di Ceriana; Albino Piacenza, Dirigente Municipio VII, Comune di Genova; Demetrio Valdisserra, Dirigente
settore 1, Comune di Alassio; Salvatore Clemente, Assessore alla Protezione Civile, Comune di Albisola Superiore; Lidia Bacigalupo,
Comandante Polizia Municipale, Comune di Zoagli; Stefania Viale, Responsabile AA, Comune di Zoagli; Roberto Vignale, Responsabile Area
Tecnica, Comune di Zoagli; Mauro Griffo, Ispettore Capo Polizia Municipale, Comune di Finale Ligure; Maria Gabriella Fontanesi,
Funzionario, Comune di Genova; Lorenzo Spinetti, Funzionario, Comune di Genova; Isio Cassini, Vicesindaco, Comune di Soldano; Paola
Ravera, Assessore Municipio I, Comune di Genova; Giorgia Nebbia, Dirigente, Comune di Sestri Levante; Francesco Barone, Dirigente,
Comune di Albisola Superiore; Franca Comicino, Funzionario, Comune di Genova; Giorgio Leverone, Responsabile Servizi Tecnici, Comune
di Pieve Ligure; Francesco Podestà, Tecnico, Comune di Pieve Ligure; Simonetta Barboni, Dirigente, Comune di Genova; Luigi Bisso,
Comandante Polizia Municipale, Comune di Chiavari; Mauro Mussi, Dirigente Polizia Municipale, Comune di Santa Margherita Ligure; Elio
Raviolo, ex dirigente scolastico; Giovanni Ballestro, Dirigente, Comune di Genova; Nicola Iarlori, Polizia Municipale, Comune di Santa
Margherita Ligure; Maurizio Zangrandi, Vicesindaco, Comune di Deiva Marina; Gianfranco Frontero, Geometra, Comune di Ceriana; Laura
Muraglia, funzionaria, Regione Liguria; Laura Siccardi, Funzionario Protezione Civile, Regione Liguria; Elio Castagni, Esperto di pianificazione,
Regione Liguria; Emanuela Macchiavelli, Funzionario di Protezione Civile, Regione Liguria; Silvia Fanti, Tecnico, Regione Liguria; Donatella
Fantoni, Tecnico, Regione Liguria; Elisabetta Trovatore, Dirigente, ARPAL; Serena Recagno, Coordinatore CREA, ARPAL; Barbara Turato,
Previsore meteo, ARPAL - Centro Funzionale Meteoidrologico di Protezione Civile; Francesca Giannoni, Previsore idro, ARPAL - Centro
Funzionale Meteoidrologico di Protezione Civile; Paolo Gollo, Tecnico, ARPAL; Simona Ferrando, consulente, LiguriaRicerche; Tatiana
Sammartano, Consulente, Liguria Ricerche; Luca Ferraris, Vicepresidente Fondazione Cima; Eva Trasforini, Project Leader, Fondazione Cima;
Marina Morando, Project Leader, Fondazione Cima; Isabel Gomes, Fondazione Cima.
Hanno facilitato per sociolab:
Lorenza Soldani e Maria Fabbri, tavolo “Sapere”; Giulia Maraviglia e Margherita Mugnai, tavolo “Condividere”; Silvia Givone e Barbara
Imbergamo, tavolo “Agire”.
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Progetto res mar - Azione e “modello di prevenzione e gestione dinamiche territoriali da dissesto idrogeologico”
Focus group con le amministrazioni comunali