i caratteri architettonici dei paesaggi agrari regionali. analisi e
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i caratteri architettonici dei paesaggi agrari regionali. analisi e
Direzione Regionale per i Beni Culturali Paesaggistici della Sardegna PROGETTO DI RICERCA METODOLOGIE PER LA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE DEL PAESAGGIO Rapporto finale ing. Carlo Atzeni I CARATTERI ARCHITETTONICI DEI PAESAGGI AGRARI REGIONALI. ANALISI E SCHEDE PER UNA MANUALISTICA DEL RECUPERO INDICE L’insediamento disperso dei medaus e dei furriadroxius del Sulcis 1. Tipi edilizi di base. 2. Sviluppi e accrescimenti elementari dei tipi di base. 3. Abaco dei tipi edilizi ricorrenti nei Medasu del Sulcis 4. Abaco delle regole di sviluppo e accrescimento dei tipi edilizi di base 5. Materiali e tecniche della costruzione premoderna 6. Murature in terra - Murature in pietra 7. Le coperture 8. I coronamenti e le soluzioni di gronda 9. I solai intermedi 10. Le aperture: porte e finestre 11. Pavimentazioni esterne ed interne 12. Schede di analisi tecnologica e costruttiva: coperture, murature, solai intermedi, porte e finestre L’INSEDIAMENTO DISPERSO DEI MEDAUS E DEI FURRIADROXIUS DEL SULCIS Tipi edilizi di base Allineamento di cellule edilizie su strada nel medau Terresoli. L’architettura dei medaus e dei furriadroxius ha come elemento di base la cellula edilizia muraria che, al tempo stesso, rappresenta sia il modulo distributivo e aggregativo, che il modulo strutturale di riferimento. In relazione al rapporto che i volumi costruiti instaurano con i percorsi pubblici è possibile distinguere fra edilizia che si attesta al filo strada e edilizia che se ne discosta, disponendosi in posizione più o meno baricentrica rispetto al lotto di pertinenza. In entrambi i casi si individuano sostanzialmente due tipi edilizi di base rispettivamente a impianto planimetrico bicellulare e a tre cellule allineate, sviluppati su un livello. La bicellula disposta a fondo o al centro del lotto, con sviluppo su un solo livello è il tipo edilizio di base che definisce, più di ogni altro, l’habitat disperso del Sulcis. Nonostante le sue minime dimensioni, è ancora oggi molto diffusa sia in forma isolata a presidio della proprietà agraria, sia nei sistemi con un maggior grado di accentramento, in cui spesso costituisce il nucleo originario di aggregazioni più complesse. Il corpo di fabbrica residenziale, può essere collocato, secondo due varianti analoghe, lungo un asse parallelo alla strada oppure ortogonale ad essa, in modo tale che la corte risulti sistematicamente esposta a meridione. Il sistema di aperture, di norma ridotto a una porta e una finestra di dimensioni contenute o, al più a due porte, è collocato sul lato che fronteggia la corte e quindi esposto a sud secondo uno schema tipico in Sardegna nell’architettura di ambito rurale. Medaus e territorio: bicellule edilizie distaccate dal filo strada nel medau Is Canis L’abitazione si sviluppa al piano terra ed è costituita da due vani, la cucina e un ambiente pluriuso (camera da letto, deposito di derrate, ricovero per il bestiame domestico). La bicellula disposta sul filo strada, con sviluppo su un solo livello, invece, è un tipo edilizio diffuso nei medaus e nei furriadroxius di maggiori dimensioni che presentano un più spiccato carattere di accentramento e le prime forme di aggregazione urbana. Si configura come un modello abitativo che regola il rapporto fra spazio pubblico e privato attraverso l’affaccio diretto della casa su strada. Questo schema, abbastanza usuale in ambiti accentrati anche nel Sulcis (si vedano ad esempio i centri di Santadi, Nuxis, San Giovanni Suergiu), diventa più raro negli insediamenti dispersi a carattere rurale. In questo tipo edilizio l’esposizione della corte assume un ruolo meno decisivo rispetto ai modelli disposti a fondo lotto, perché il corpo di fabbrica residenziale dispone del doppio affaccio, sia su strada che sulla corte. La bicellula sul filo strada presenta due varianti in funzione delle diverse possibilità di accesso alla corte: nella prima il corpo di fabbrica principale si estende per l’intera larghezza del lotto e la corte può essere accessibile direttamente solo di lato o sul retro; nella seconda l’accesso carrabile alla corte dalla strada, di solito realizzato con un cancello a doghe di legno, è diretto e posto affianco alla residenza che, di conseguenza, non occupa tutta la larghezza del lotto. Per quanto concerne gli aspetti distributivi e funzionali dell’abitazione e le modalità di delimitazione della proprietà non ci sono sostanziali variazioni rispetto alla bicellula al centro o sul fondo lotto. La tricellula disposta in posizione baricentrica rispetto al lotto, con sviluppo su un solo livello, analogamente alla bicellula con uguale disposizione, rappresenta anch’essa un tipo edilizio di base ricorrente negli insediamenti dispersi sulcitani. Si tratta di un modello abitativo che nella stecca costruita a spessore semplice, con prevalente sviluppo orizzontale, ritrova il suo carattere formale principale. Il corpo di fabbrica residenziale, può essere collocato anche in questo caso, secondo le due varianti lungo un asse parallelo alla strada oppure ortogonale ad essa. Lo schema planimetrico, di norma simmetrico, è costituito da tre vani. La cucina occupa il vano centrale ed è direttamente collegata alla corte attraverso la porta di ingresso. I due vani laterali sono destinati, di volta in volta, ad usi differenti (camere, depositi etc.). Anche in questo tipo le aperture sono collocate sul lato che fronteggia la corte e quindi esposte a sud. La copertura dell’edificio è usualmente a due falde uguali di pari pendenza con linea di colmo secondo la direttrice di sviluppo del corpo di fabbrica. In numerosi casi le due falde proseguono oltre una delle testate a coprire un vano rustico, aperto sulla corte, destinato a ricovero del bestiame domestico. Analogamente alla bicellula, anche la tricellula disposta sul filo strada, con sviluppo su un solo livello, è un tipo edilizio diffuso nei medaus e nei furriadroxius di maggiori dimensioni che presentano un Tipi edilizi di base su un livello, a impianto planimetrico tricellulare disposte su filo strada e al centro della proprietà nel medau Terresoli. Allineamento di cellule edilizie elemantari su strada nel medau Barrancu Mannu. Il percorso comune qui si configura come spazio semi-pubblico; le poche case presenti si accorpano costituendo una embrionale forma di accentramento edilizio più spiccato carattere urbano. La concezione distributiva di questo tipo edilizio, che si traduce in una stecca costruita a spessore semplice costituita da tre cellule edilizie in successione lungo il fronte strada, determina un paesaggio urbano a prevalente carattere orizzontale. L’impianto planimetrico è simmetrico e il vano centrale, di solito la cucina o la sala, è l’unico collegato direttamente comunicante con la strada e con la corte. Per quanto concerne gli aspetti legati all’esposizione, alle modalità di accesso alla corte retrostante non ci sono sostanziali variazioni rispetto alla bicellula su filo strada e alla tricellula a fondo o al centro lotto. Occorre sottolineare, inoltre, che l’edilizia a filo strada dei medaus sulcitani presenta numerose analogie con l’architettura tradizionale di altri ambiti del territorio regionale (Campidano settentrionale) e mediterraneo, (in particolare dell’Alentejo e dell’Algarve nel Portogallo meridionale). La copertura dei corpi di fabbrica a spessore semplice, in tutti i tipi edilizi di base, prescinde dalla disposizione rispetto al lotto ed è usualmente a due falde uguali di pari pendenza con linea di colmo secondo la direttrice di sviluppo del volume costruito. Come in altre regioni del bacino del Mediterraneo, non è raro che una pergola a struttura metallica o lignea sia disposta sul fronte principale, allo scopo di ombreggiare la cucina. Il perimetro del lotto può essere nettamente distinto dal percorso pubblico attraverso un muro a secco oppure, più semplicemente, per mezzo di siepi o di essenze arboree, come l’olivo. Sviluppi e accrescimenti elementari dei tipi di base Accresimenti multipli secondo l’asse originario e per giustapposizione nel medau Acqua Cadda. Le architetture tradizionali dei medaus e dei furriadroxius sulcitani nelle configurazioni con cui si presentano attualmente derivano, nella maggioranza dei casi, dall’aggregazione, secondo un numero limitato di regole di sviluppo, di volumi elementari di base, dalle forme archetipiche. Negli aggregati edilizi che costituiscono i medaus prevale il carattere orizzontale dei corpi di fabbrica che, di norma, si sviluppano su un unico livello, con spessore semplice e secondo allineamenti preferenziali. È possibile sintetizzare l’accrescimento dei tipi edilizi di base a due e a tre cellule allineate attraverso quattro modalità elementari ricorrenti sul territorio sulcitano. 1. accrescimento lungo l’asse di sviluppo originario 2. accrescimento secondo l’asse ortogonale all’asse originario 3. accrescimento per giustapposizione di un nuovo sistema di due o più cellule allineate 4. accrescimento in altezza (più raro). Nel primo e nel secondo caso l’unità edilizia di base può essere incrementata con una, due o più cellule anche in tempi differenti. Le geometrie e le proporzioni dei volumi aggiuntivi non sono Accresimenti complessi secondo l’asse originario, per giustapposizione e in altezza con la formazione di corpi di fabbrica a doppio sepssore nel medau Acqua Cadda. sostanzialmente differenti da quelli originari ma possono essere disposti su livelli diversi in funzione dell’orografia del sito. L’accrescimento per giustapposizione deriva, invece, dall’accostamento di un corpo di fabbrica aggiuntivo a quello originale secondo un asse di sviluppo parallelo al primo. Si tratta dello sviluppo della biecellula o della tricellula di base disposte sia al centro lotto che su filo strada. Il corpo di fabbrica complessivo raddoppia il suo spessore ma il volume originario e quello aggiunto, essendo semplicemente accostati, sono perfettamente riconoscibili. Questa modalità di sviluppo, infatti, solitamente non presuppone la fusione dei due corpi di fabbrica che mantengono inalterate forme e dimensioni. L’impianto planimetrico che ne deriva può essere a tre o più cellule disposte su due file. Il caso più semplice di accrescimento è dato dalla giustapposizione di un solo vano al corpo di fabbrica originario (schema complessivo a tre cellule), ma si registrano casi di raddoppi completi di entrambe le cellule di base (schema a quattro e a sei cellule) e, anche se più raramente, di aggiunte di corpi di fabbrica nuovi di dimensioni maggiori rispetto a quello di base. Il nuovo corpo di fabbrica non supera mai in altezza quello preesistente e viene configurato con uno schema di copertura a due falde o più recentemente con copertura piana. In alcuni casi (medau Acqua Accresimenti per giustapposizione nel medau Terresoli. Il corpo di fabbrica originario è disposto su filo strada e quello supplementare viene ad esso giustapposto sul fronte interno, verso la corte. I due volumi hanno caratteri formali e costruttivi analoghi e sono perfettamente riconsocibili. Il profilo di testata finale è dato dalla successione di due timpani secondo uno schema abbastanza diffuso in tutto il Sulcis. Sviluppo lungo l’asse del corpo di fabbrica originario nel medau Is Vaccas. Cadda, Barrua de Basciu, medau Garau, solo per citare alcuni esempi significativi in questo senso) è stata documentata la fusione completa dei corpi di fabbrica che vengono sormontati da un’unica copertura a due falde. Lo sviluppo in altezza, in generale meno frequente, interessa più spesso l’edilizia disposta a filo strada e comporta l’aggiunta di un livello completo, o più spesso, di un sottotetto praticabile da adibire a deposito di derrate alimentari, o eventualmente, abitabile. Sono state riscontrate inoltre, diverse forme più articolate di accrescimento, in particolar modo nei medaus di grandi dimensioni, in cui più il nucleo originario si è sviluppato secondo più modalità elementari dando forma a complessi edilizi ad impianto cruciforme e a recinto chiuso. Nel primo caso, la biecellula o la tricellula di base disposte in posizione baricentrica rispetto al lotto, si accrescono secondo assi ortogonali e paralleli alla direttrice di sviluppo dell’unità originaria. Questo schema evolutivo, abbastanza diffuso in quasi tutti gli insediamenti dispersi del Sulcis (si vedano ad esempio i medaus di Acqua Cadda, Is Vaccas, Is Carillius nei pressi di Santadi), da luogo a un sistema complesso a impianto cruciforme in cui a ciascun braccio corrisponde una specializzazione funzionale differente: il nucleo originario a due o tre cellule allineate conserva la destinazione residenziale, mentre sul retro trovano collocazione gli annessi rustici per il ricovero degli animali domestici e da lavoro; i bracci frontali sono destinati ai depositi di derrate e agli spazi di trasformazione dei prodotti. Il corpo di fabbrica complessivo occupa lo spazio secondo logiche di sviluppo radiali, introducendo una nuova gerarchia dello spazio privato: sul retro si concentrano le attività più direttamente legate al lavoro sui campi mentre la corte antistante, che raramente è divisa Accrescimenti multipli secondo l’asse del corpo di fabbrica originario, secondo l’asse ad esso ortogonale e per giustapposizione nel medau Is Cattas. dalla strada, acquista il ruolo di spazio di relazione semi- pubblico. Questa forma di incremento, nell’ambito delle singole unità, costituisce una prima fase di un modello di sviluppo più complesso che comporta modalità aggregative di scala più ampia, che può coinvolger più abitazioni fra le quali si generano nuove relazioni gerarchiche. L’accrescimento secondo la logica del recinto chiuso, invece, deriva della biecellula o della tricellula di base disposte a fondo o al centro lotto o anche a filo strada, attraverso lo sviluppo combinato lungo il perimetro del lotto. Questo schema evolutivo, da luogo a un sistema chiuso attorno a una corte, in analogia a quanto accade nei villaggi rurali di altri ambiti regionali. Lo spazio privato della corte è nettamente separato dai percorsi pubblici ed è di esclusiva pertinenza dell’abitazione, soprattutto quando l’unità si trova in una posizione baricentrica rispetto al medau. I corpi di fabbrica variamente distribuiti attorno al recinto assumono differenti funzioni, ma sono essenzialmente destinati al ricovero del bestiame domestico, al rimessaggio degli attrezzi da lavoro e allo stoccaggio delle derrate alimentari. Nell’articolazione dei medaus acquistano un particolare rilievo gli spazi lavorativi aperti che sono costituiti generalmente dal sistema di logge, tettoie, recinti vegetali o murati destinati alla trasformazione e lo stoccaggio dei prodotti dell’attività agro-pastorale e il ricovero del bestiame. Questi elementi assumono una connotazione particolarmente arcaica e costano di elementari tettoie ad ordito ligneo addossate su setti murari in pietra a vista, oppure di semplici recinti realizzati con muri a secco di delimitazione di spazi gerarchicamente differenti per le greggi e per il bestiame da lavoro. Impianto planimetrico a tre cellule Impianto planimetrico a due cellule EDILIZIA ARRETRATA RISPETTO AL FILO STRADA Impianto planimetrico a tre cellule EDILIZIA A FILO STRADA Impianto planimetrico a due cellule Abaco dei tipi edilizi ricorrenti nei Medaus del Sulcis TIPI EDILIZI DI BASE SVILUPPI E ACCRESCIMENTI ELEMENTARI Secondo l’asse longitudinale Secondo l’asse trasversale Per giustapposizione In altezza Materiali e tecniche della costruzione premoderna L’utilizzo di materiali naturali come pietra, terra e legno costituisce un dato ricorrente nella costruzione pre-moderna degli insediamenti dispersi del Sulcis. Medau Is Cangius. Come sempre è accaduto in epoca premoderna, anche negli insediamenti dispersi dei medaus e dei furriadroxius del Sulcis, legati direttamente all’ambito agro-pastorale, l’attività edificatoria si è fondata sull’impiego quasi esclusivo di materiali naturali; qui come in altre aree della Sardegna, inoltre, l’investimento di risorse da parte delle maestranze è stato ridotto al minimo e, di conseguenza, il grado di lavorazione dei materiali è stato quello strettamente necessario per la corretta posa in opera degli elementi costruttivi. La sapiente conoscenza e applicazione di tecniche antiche consolidatesi nel tempo attraverso l’esperienza pratica e quotidiana del cantiere e una continua attività di manutenzione, infatti, piuttosto che una più specialistica trasformazione del materiale, hanno garantito la lunga durata delle costruzioni e costituiscono due elementi ricorrenti dell’edilizia tradizionale di queste aree. L’architettura pre-moderna del Sulcis, ancor più se si considera quella dei furriadroxius e dei medaus, analogamente a quanto si verifica in gran parte delle aree mediterranee, è essenzialmente architettura di terra, pietra e legno (e di pochi altri materiali da essi derivati), essendo queste le materie prime maggiormente diffuse sul territorio e perciò quelle più facilmente reperibili ed economicamente vantaggiose. Cellule murarie a tecnica mista realizzate in opera incerta con trovanti di scisto e granito. Medau Is Cangius. Tuttavia l’ambito territoriale sulcitano presenta differenti varianti morfologiche e culturali che introducono, pur all’interno di un quadro generale di sostanziale omogeneità di caratteri architettonici, alcune varianti nei materiali e nelle tecniche costruttive tradizionali. La costruzione di questi ambiti, storicamente, si fonda sul principio dell’assemblaggio a secco degli elementi: la casa pre-moderna può essere assimilata a una grande scatola di montaggio in cui solo il muro è elemento di lunga durata e di continuità per l’edificato. Tutto il resto - le strutture e i manti di copertura, i solai intermedi, le poche ed essenziali finiture - può essere smontato e rimontato in qualunque momento senza mettere in discussione l’efficienza del sistema del complessivo. Le tecniche da costruzione, governate da principi generali di economia e risparmio di risorse, assumono dunque una connotazione di ambito strettamente locale in funzione dei materiali disponibili sul territorio. Pertanto si incontrano centri in cui la dominante materica è unica, come nel caso dei medaus interamente costruiti di scisto, di granito, oppure di terra cruda, ma anche insediamenti a tecniche miste, in cui si verificano interessantissime commistioni materiali e tecnologiche fra scisto, granito e terra cruda. Murature in terra- Murature in pietra Il muro è l’elemento che maggiormente caratterizza le costruzioni tradizionali del Sulcis pur presentandosi con un numero limitato di tessiture e materiali. I muri di terra cruda sono diffusi nei in particolare nei medaus e nei furriadroxius di pianura e sono costituiti da mattoni che, di norma, hanno le dimensioni di 40x20x10 cm, in rapporto geometrico che lega ciascuno dei lati ad essere il doppio del precedente1, anche se sono stati riscontrati medaus nel territorio di Santadi in cui si impiegano mattoni a sezione quadrata con dimensioni 17x17x35 cm. Questo fatto costituisce certamente un’anomalia nel panorama costruttivo tradizionale della Sardegna dove invece le dimensioni ricorrenti sono 10x20x40 cm. Le murature di terra cruda solitamente venivano erette su uno zoccolo di fondazione in pietrame la cui tessitura a “grana grossa” scongiurava i fenomeni di risalita capillare dannosi per le murature in genere, e per quelle in crudo in particolare. Intonacare le superfici murarie con malte di calce e terra opportunamente miscelate era prassi costruttiva diffusa allo scopo di salvaguardare il muro dal dilavamento; tuttavia non è insolito imbattersi in murature non intonacate ma ancora perfettamente conservate. Se il muro in terra cruda, pur con la variazioni cromatiche dovute alla Muri di terra e muri di pietra nel medau Is Cangius. In alto muratura in adobe con fenomeni di dilavamento, in basso basamento di una muratura realizzata con un doppio paramento in trovanti di granito e scisto, con allettamento in terra. differente natura delle terre impiegate (apprezzabile peraltro solo in assenza di intonaco), ha caratteristiche abbastanza omogenee in tutta l’area di diffusione, diversamente, il muro di pietra in relazione al tipo di lapideo e alla tecnica associata, presenta almeno due varianti principali legate all’uso del granito e dello scisto e, insieme ad esse le soluzioini miste in cui entrambi i lapidei vengono impiegati. La configurazione tipicamente adottata2 consiste nella costruzione simultanea di due paramenti in pietra paralleli, fra i quali viene interposta un’intercapedine colmata con terra, pietrame di piccola pezzatura e cocci di laterizio. La stabilità del muro, data l’inconsistenza del riempimento, dipende dagli elementi passanti (diatoni) che grazie alle notevoli dimensioni e alla disposizione di testa collegano direttamente i due paramenti conferendo loro un accettabile grado di solidarietà. Le murature più antiche, ma non di rado anche quelle edificate durante tutto l’ottocento e, in alcuni casi, agli inizi del novecento, erano a secco e l’unico sistema di allettamento fra i trovanti non lavorati o grossolanamente sbozzati era affidato all’impiego di terra. Per rendere più efficiente il contatto fra le superfici irregolari degli elementi lapidei, e per limitare il dilavamento della terra contenuta nel nucleo centrale, si faceva affidamento alla rinzeppatura ottenuta mediante l’inserimento di piccole scaglie di pietra o di laterizio negli interstizi fra i conci. A partire dalla seconda metà dell’ottocento si consolida, almeno relativamente agli edifici di particolare pregio, l’utilizzo dei leganti a base di calce che garantiscono una maggiore collaborazione fra i conci lapidei, un incremento nella coerenza del corpo murario e della sua monoliticità e, di conseguenza, delle capacità resistenti complessive. Le differenze che si riscontrano fra le murature delle variambiti insediativi sulcitani., più che alla tecnica costruttiva di base, sono da attribuirsi alla differente natura delle pietre impiegate e, anche se in minam parte nel territorio sulcitano, al più o meno raffinato livello di lavorazione. Questi aspetti, infatti, introducono alcune variazioni in merito alle dimensioni, alle tessiture e alle capacità statiche del corpo murario. La murature lapidee sono essenzialmente realizzate con trovanti di granito e scisto di differenti proporzioni e dimensioni, apparecchiati ad opera incerta o con corsi sub-orizzontali. In numerosi insediamenti dispersi del Sulcis si ricorre sia alla tecnica del muro misto in granito e scisto, che a quella della terra cruda e della pietra, avendo cura di impiegare le murature di adobe, più leggere e sensibili ai fenomeni di risalita di acqua capillare, per la realizzazione dei piani alti e delle murature interne, destinando quelle lapidee ai piani terra. Murature a doppio paramento,con apparecchio ad opera incerta in trovanti di scisto e granito allettati con terra. Le coperture Le coperture sono ovunque a struttura lignea a semplice e doppia orditura ed è diffuso l’impiego di elementi complessi come la falsa capriata o, più raramente la capriata classica. A sinistra, ordito ligneo di copertura in un medau nei pressi di Narcao: il piano di canne è sostenuto da travicelli a sezione pseudo-circolare, a loro volta posati su arcarecci di dimensioni più consistenti (diametro di circa 15-20 cm). A destra, manto di copertura in coppi laterizi nel medau Is Cattas, nei pressi di Santadi. differente natura delle terre impiegate (apprezzabile peraltro solo in assenza di intonaco), ha caratteristiche abbastanza omogenee in tutta l’area di diffusione, diversamente, il muro di pietra in relazione al tipo di lapideo e alla tecnica associata, presenta almeno due varianti principali legate all’uso del granito e dello scisto e, insieme ad esse le soluzioini miste in cui entrambi i lapidei vengono impiegati. La configurazione tipicamente adottata2 consiste nella costruzione simultanea di due paramenti in pietra paralleli, fra i quali viene interposta un’intercapedine colmata con terra, pietrame di piccola pezzatura e cocci di laterizio. La stabilità del muro, data l’inconsistenza del riempimento, dipende dagli elementi passanti (diatoni) che grazie alle notevoli dimensioni e alla disposizione di testa collegano direttamente i due paramenti conferendo loro un accettabile grado di solidarietà. Le murature più antiche, ma non di rado anche quelle edificate durante tutto l’ottocento e, in alcuni casi, agli inizi del novecento, erano a secco e l’unico sistema di allettamento fra i trovanti non lavorati o grossolanamente sbozzati era affidato all’impiego di terra. Per rendere più efficiente il contatto fra le superfici irregolari degli elementi lapidei, e per limitare il dilavamento della terra contenuta nel nucleo centrale, si faceva affidamento alla rinzeppatura ottenuta mediante l’inserimento di piccole scaglie di pietra o di laterizio negli interstizi fra i conci. A partire dalla seconda metà dell’ottocento si consolida, almeno relativamente agli edifici di particolare pregio, l’utilizzo dei leganti a base di calce che garantiscono una maggiore collaborazione fra i conci lapidei, un incremento nella coerenza del corpo murario e della sua monoliticità e, di conseguenza, delle capacità resistenti complessive. Le differenze che si riscontrano fra le murature delle varie regioni storiche dell’area G.A.L., più che alla tecnica costruttiva di base, sono da attribuirsi alla differente natura delle pietre impiegate e, anche se in minam parte nel territorio sulcitano, al più o meno raffinato livello di lavorazione. Questi aspetti, infatti, introducono alcune variazioni in merito alle dimensioni, alle tessiture e alle capacità statiche del corpo murario. La murature lapidee sono essenzialmente realizzate con trovanti di granito e scisto di differenti proporzioni e dimensioni, apparecchiati ad opera incerta o con corsi sub-orizzontali. In numerosi insediamenti dispersi del Sulcis si ricorre sia alla tecnica del muro misto in granito e scisto, che a quella della terra cruda e della pietra, avendo cura di impiegare le murature di adobe, più leggere e sensibili ai fenomeni di risalita di acqua capillare, per la realizzazione dei piani alti e delle murature interne, destinando quelle lapidee ai piani terra. Soluzione di gronda elementare con aggetto semplice dei coppi canale nel medau Is Canis. Le coperture Le coperture sono ovunque a struttura lignea a semplice e doppia orditura ed è diffuso l’impiego di elementi complessi come la falsa capriata o, più raramente la capriata classica. Gli schemi di copertura dei corpi di fabbrica residenziali sono essenzialmente a due falde simmetriche, mentre quelli degli annessi rustici sono a una falda. Il manto di copertura era realizzato in coppi sardi, semplicemente posati su un piano di canne nelle case più antiche, oppure su un massetto di allettamento di terra, eventualmente stabilizzata con calce, nelle case più recenti. L’incannicciato è disposto su travicelli lignei e legato con l’ausilio di grosse canne (del diametro non inferiore a 25 mm) dette canne maestre, disposte parallelamente ai travicelli stessi con interasse di circa 50 cm. I travicelli sono sempre disposti secondo la massima pendenza delle falde (25-35%) con interasse compreso fra 50 e 80 cm, e sono sorretti, Soluzione di gronda con raccolta dell’acqua meteorica attraverso l’impiego del muretto d’attico e dei doccioni realizzati con coppi aggettanti per lo smaltimento nel medau Terresoli. in relazione allo schema strutturale della copertura, dalla trave di colmo, dagli arcarecci e dai muri perimetrali in prossimità della linea di gronda nei casi con doppia orditura, oppure semplicemente dalla trave di colmo e dai muri perimetrali nei casi con semplice orditura. Il carico della copertura, attraverso la struttura lignea costituita da una trave di colmo, dagli arcarecci (se in presenza di schemi ad orditura doppia) e dai travicelli, viene ripartito sui quattro setti murari che definiscono la cellula edilizia (di norma con dimensioni non superiori a 4x4 metri). La trave di colmo disposta in mezzeria del corpo di fabbrica, e gli arcarecci ad essa paralleli, posti in posizione intermedia lungo lo sviluppo delle falde (con interasse massimo di circa 1,5 metri), si appoggiano sui setti trasversali (di testata o interni) sagomati a timpano e sulle strutture lignee complesse quali la falsa capriata e la capriata classica. Un elemento strutturale ligneo di grande interesse, peraltro diffuso uniformemente in tutto il territorio regionale e non solo nel Sulcis, dai connotati fortemente arcaici, è la falsa capriata. Disposto trasversalmente e appoggiato ai muri perimetrali longitudinali, questo elemento, la cui geometria ricorda quella delle capriate classiche, in realtà è regolato da principi profondamente differenti, basandosi su un regime statico di tipo prevalentemente flessionale e non assiale. Si tratta di una struttura non spingente, riconducibile allo schema di una trave semplicemente appoggiata agli estremi sui setti murari e sollecitata da un carico concentrato in mezzeria, derivante dall’azione del puntone che sostiene la trave di colmo e, eventualmente, da altri due carichi concentrati corrispondenti all’azione degli arcarecci, nei casi di orditura doppia. Il tronco trasversale veniva scelto, in genere, con una naturale curvatura che seguisse la doppia pendenza delle falde per limitare lo sviluppo del puntone e di conseguenza gli eventuali fenomeni di instabilità del sistema nel suo complesso, consentendo parallelamente di poter disporre di una maggiore altezza utile nel vano. Le dimensioni della sezione resistente della falsa capriata sono variabili, trattandosi di un elemento non lavorato ma, di solito, non si impiegavano tronchi di diametro inferiore a 20 cm. I coronamenti e le soluzioni di gronda Lo smaltimento delle acque costituisce un aspetto particolarmente importante dell’architettura tradizionale del Sulcis. Le soluzioni di gronda poche e conrtibuiscono a conferire alle forme costruite un forte carattere archetipico. Si riscontrano sotanzialmente due grandi famiglie di soluzioni di gronda: quelle munite di canale di raccolta delle acque e quelle che ne sono sprovviste. Il sistema in assoluto più diffuso è quello elementare che non prevede la raccolta dell’acqua meteorica ma funziona con il principio dell’allontanamento diretto attraverso l’aggetto, per circa la metà della loro lunghezza, dei coppi canale. Varianti più articolate di questo sistema, in cui permane lo sfalsamento in avanti dell’ultima fila di canali, sono rappresentate dalle soluzioni di coronamento con cornici in aggetto rispetto alla superficie del muro realizzate con una o più file di tegole convesse sporgenti, con mensole lapidee, con uno o più ricorsi di mattoni crudi o cotti progressivamente sporgenti o, ancora, anche se più raramente, con l’aggetto della struttura lignea di copertura. Spesso le cornici in mattoni erano intonacate e stuccate con modine. L’impiego dei primi sistemi di smaltimento con canale di gronda si diffonde a partire dalla seconda metà del 1800 nella gran parte dei palazzetti e deriva da modelli architettonici spiccatamente urbani. Il canale di raccolta dell’acqua meteorica proveniente dal manto di copertura è di norma realizzato con coppi canale oppure direttamente sulla muratura con coccio pesto. Lo smaltimento dell’acqua era risolto nei casi più semplici attraverso l’impiego di doccioni laterali posti in continuità con la gronda o frontali, collocati ortogonalmente al canale e solitamente realizzati con un coppo concavo; non sono stati riscontrati casi in cui siano stati impiegati discendenti. Il coronamento laterale è risolto con l’impiego di due file di coppi convessi sovrapposti, senza l’impiego di ulteriori cornici laterali. A sinistra, porta a una anta con sportello nel medau Is Cangius. A destra, porta a due ante nel medau Terresoli. I solai intermedi I solai intermedi impiegati nell’edilizia popolare premoderna del Sulcis sono quasi esclusivamente a struttura lignea, di solito costituita da una semplice orditura di travi disposte ortogonalmente ai setti murari, a sostegno di un tavolato di calpestio. Le essenze più usate sono il castagno, la roverella, l’olivastro e il ginepro; nell’edilizia più recente, inoltre, non è raro l’impiego del più economico abete. Nelle abitazioni più antiche, ma spesso anche in quelle costruite durante i primi anni del novecento, la lavorazione sui tronchi è minima: ne derivano travi semplicemente sgrossate, con sezioni sub-circolari a diametro variabile e, in diversi casi, con sviluppo non perfettamente rettilineo. Più di recente si diffonde anche l’uso delle sezioni “uso Trieste”, rettangolari e quadrate. Il tavolato assolve alla doppia funzione strutturale e di finitura, essendo al tempo stesso, piano di completamento dell’ordito ligneo e piano di calpestio. Le soluzioni più semplici non prevedono accorgimenti particolari a garanzia della connessione fra le tavole, semplicemente accostate l’una all’altra e vincolate per mezzo di chiodi, in legno o metallici, alle travi di sostegno. Tuttavia sono diffuse anche soluzioni di mutuo incastro con giunti maschiati o a battente che assicurano un certo grado di solidarietà fra le tavole adiacenti, rendendole collaboranti fra loro. Il nodo fra le travi in legno e le murature portanti rappresenta un punto di assoluta criticità per la costruzione tradizionale. A sinistra, composizione di facciata con aperture elementari nel medau Terresoli. La finestra del piano terra e protetta con una grata metallica A destra, finestra elemantare con infisso e sportello ligneo, protetta da grata metallica nel medau Acqua Cadda. Le aperture: porte, finestre La dominante della massa costruita sui “vuoti” rappresenta un segno costante nel linguaggio edilizio mediterraneo e, proprio per questa ragione, le bucature acquistano un valore del tutto speciale, essendo luogo singolare ed eccezionale della costruzione muraria. L’architettura degli insediamenti dispersi del Sulcis non costituisce un’eccezione sotto questo profilo: bucature di dimensioni minime e in numero limitato sono una cifra ricorrente del linguaggio architettonico dei medaus e dei furriadroxius. Come è prassi nella tradizione costruttiva in muratura le aperture sono strette e le proporzioni riconducibili a schemi quadrati (nelle abitazioni più arcaiche con lato che raramente supera 60 cm), o rettangolari con rapporto fra base e altezza compreso fra 2/3 e 1/2. La continuità della muratura soprastante l’apertura veniva ripristinata per mezzo di architravi lignei nelle costruzioni più antiche, spesso con l’ausilio di sistemi di scarico quali triangoli ottenuti con due conci a contrasto, oppure con archi di laterizio inseriti all’interno del corpo murario; mentre, più recentemente si è fatto largo uso della struttura spingente realizzata in mattoni crudi, in conci lapidei o in laterizio. Le limitate proprietà di coerenza e monoliticità delle murature in pietra contribuivano a limitare la dimensione delle aperture e di conseguenza a ridurre la luce degli architravi che, in genere, non supera 80 cm. Nelle costruzioni con muratura lapidea gli stipiti erano solitamente realizzati con cantoni squadrati, con il lato maggiore lungo quanto lo spessore del corpo murario, disposti alternativamente di fascia e di testa, allo scopo di assicurare l’ammorsamento al muro in opera incerta. Tuttavia, nelle case più povere si può ancora riscontrare la soluzione strutturale più elementare per realizzare la bucatura, che consiste semplicemente nell’interrompere il muro in prossimità del vano dell’apertura, senza alcun accorgimento particolare per la predisposizione degli stipiti, e nell’impiego di alcuni tronchi affiancati per tutto lo spessore del muro, di diametro non superiore a 10 cm, come architravi. Modalità analoghe si riscontrano nelle murature in terra cruda, con un’unica variante significativa relativa ai casi in cui la struttura verticale dell’apertura era interamente costituita con mattoni di terra cruda, sia quando la chiusura superiore veniva realizzata con sistemi pesanti (architravi lignei o lapidei), sia spingenti (solitamente piattabande in mattoni crudi). Le decorazioni dell’imbotte, nei furriadroxius sulcitani, costituiscono un’eccezione, a differenza di altri ambiti regionali in cui, pur all’interno di un quadro di riferimento ispirato alla massima sobrietà ed essenzialità formale, le aperture costituiscono occasione per inserire contenuti di maggior decoro alle abitazioni. Le essenze lignee impiegate per la realizzazione dei telai fissi e mobili degli infissi sono generalmente il castagno, la roverella e il leccio anche se, molto raramente,in alcuni casi si è riscontrato l’impiego del ginepro. Le finestre sono munite di scuretti con apertura all’interno, incernierati direttamente sul telaio mobile dell’infisso. Le finestre più arcaiche, di cui ancora si trova traccia in numerose abitazioni storiche, erano sprovviste di vetro e l’infisso costituito da un un’unica anta in tavole di legno, era munito di un piccolo sportellino, a sua volta apribile, disposto al centro oppure su uno dei quattro vertici. I sistemi di protezione dall’esterno, quando presenti, sono limitati alle poche finestre con affaccio su strada disposte al piano terra, e consistono nell’uso di grate realizzate, generalmente, con piattini o tondini metallici vincolati all’imbotte dell’apertura in completa analogia con altri ambiti mediterranei. La maglia, più o meno fitta, è generalmente quadrata con direttrici orizzontale e verticale, oppure ruotate di 45°. Nelle case più antiche e povere è ancora possibile trovare grate protettive realizzate con intrecci di piccoli tronchi in legno con un basso grado di lavorazione, con asse non perfettamente rettilineo e sezioni variabili. Sono interessanti, inoltre, i sistemi di chiusura metallici, costituiti da maniglie, pomoli, cerniere, paletti, aste girevoli, perni per il bloccaggio delle ante delle finestre e degli scuretti, sostanzialmente costituiti da piattini sagomati e da tondini pieni di diametro non superiore a 5-6 millimetri, fissati attraverso chiodi e viti, interamente in vista. Di norma tutte le superfici lignee sono protette da più strati di verniciature e laccature. I colori più utilizzati sono vari toni di verde, celeste, azzurro, grigio e più raramente di amaranto. Le porte più antiche sono estremamente sobrie: di solito costituite da una sola anta, hanno infisso interamente realizzato con un tavolato e, in alcuni casi, sono munite di uno sportellino apribile, posizionato nella parte superiore, lateralmente o in posizione baricentrica. L’uso della doppia anta, rigorosamente simmetrica, è relativo alle costruzioni più recenti. Fanno parte integrante degli infissi della porte le serrature metalliche, le maniglie, i paletti di sicurezza e i battenti. È da sottolineare la prassi, comune a tutto il Mediterraneo, di utilizzare il latte di calce lungo il perimetro e il risvolto delle aperture con finalità igienico-sanitarie (in considerazione delle proprietà disinfettanti della calce). Sotto il profilo formale, ciò contribuisce ad aumentare il contrasto cromatico con l’infisso, ribadendo ulteriormente il carattere eccezionale attribuito alla bucatura, in una cultura costruttiva in cui prevale la massa muraria. Pavimentazioni esterne ed interne La pavimentazione delle corti in prossimità dell’abitazione e dei vani rustici, solitamente, era realizzata in trovanti lapidei di piccole e medie dimensioni (da 7/8 cm a 15 cm.) o, più di rado e limitatamente a spazi di pertinenza di edifici di particolare pregio, con ciottoli di fiume omogenei e regolari. Gli elementi di pietra sono posati direttamente sulla terra battuta e disposti in maniera da convogliare l’acqua verso le linee di naturale compluvio, che vengono rivolte verso la strada. La sistemazione degli spazi esterni di pertinenza dell’abitazione segue l’altimetria e la forma del lotto e non sono previsti, se non in casi eccezionali, modellamenti del terreno con scavi o riporti. È da sottolineare che nei lotti in pendenza, la casa occupa sistematicamente il luogo più alto in modo da garantirne la salubrità e risolvere, senza particolari accorgimenti tecnologici, i problemi legati allo smaltimento naturale dell’acqua. Le soluzioni adottate per le pavimentazioni degli spazi interni all’abitazione sono poche, essenziali e sostanzialmente limitate ai vani posti al piano terra, essendo quelli dei livelli superiori, quando calpestabili, realizzati in modo sistematico direttamente con il tavolato del solaio ad orditura lignea. Uno dei sistemi più diffuso ed arcaico, ma utilizzato ancora con frequenza nei primi decenni del XX secolo, consisteva nell’impiego congiunto di argilla opportunamente e periodicamente costipati e pigiati, consentivano di realizzare uno strato di separazione dal terreno naturale di altezza variabile tra i 10 e 20 cm e di disporre di un piano quasi impermeabile e non polveroso. Nelle abitazioni più antiche è abbastanza frequente l’uso di pavimentazioni lapidee con trovanti irregolari di grandi dimensioni o con conci sbozzati o squadrati, posati direttamente sulla terra battuta. A partire dagli inizi del novecento, si diffonde l’impiego di mattonelle in graniglia di cemento colorate e in alcuni casi decorate con disegni 1 2 4 5 COPERTURE 6 7 sezione trasversale 0 1 2 C1 schema a due falde con setti murari e orditura doppia 9 8 Legenda 1 - Manto di copertura in coppi sardi 2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce 3 - Incannicciato 4 - “Canna maestra” 5 - Travicelli lignei 6 - Trave di colmo (biga manna) 7 - Arcarecci (bigas) 8 - Setto murario trasversale 9 - Muratura perimetrale TAV O L A spaccato assonometrico 3 sezione longitudinale pianta Si tratta dello schema di copertura maggiormente diffuso in tutto l’ambito territoriale del Sulcis, quando il passo strutturale del vano, inclusi gli spessori delle murature, è compreso fra 4 e 6 metri. Il carico proveniente dal tetto, attraverso la struttura lignea costituita dalla trave di colmo, dagli arcarecci e dai travicelli, viene ripartito sui quattro setti murari che definiscono la cellula edilizia. Sui setti trasversali (di testata o interni) si dispongono, oltre alla trave di colmo, anche uno o due arcarecci per ciascuna falda che fungono da rompitratta per i travicelli ad essi ortogonali, disposti con interasse compreso fra 50 e 80 cm. Il piano di copertura è realizzato con l’incannicciato, appoggiato sui travicelli e legato con l’ausilio di grosse canne (diametro non inferiore a 25 mm) dette canne maestre, disposte parallelamente ai travicelli stessi con interasse di circa 50 cm. Nelle costruzioni più recenti l’incannicciato può essere sostituito da un tavolato ligneo. Il manto di copertura è in coppi sardi posati direttamente sull’incannicciato (originariamente) oppure su uno strato di allettamento di terra, eventualmente stabilizzata con calce (più di recente) che funge anche da coibente termico. 4m Soluzione di copertura a due falde, con cellula muraria e orditura doppia a Santadi e nel Medau Is Cangius, nel territorio di Santadi. A sinistra, l’orditura principale, costituita da arcarecci e trave di colmo con diametro di 20-25 cm, grava sui muri trasversali sagomati a timpano secondo la pendenza delle falde. L’orditura dei travicelli è sostenuta dalla principale (arcarecci e trave di colmo) e dai muri longitudinali. A destra, la testata del corpo di fabbrica residenziale del medau, a spessore semplice, con la sua tipica configurazione a copertura con due falde. TAV O L A 1 2 spaccato assonometrico 3 COPERTURE 4 5 6 7 Legenda 1 - Manto di copertura in coppi sardi 2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce 3 - Incannicciato 4 - “Canna maestra” 5 - Travicelli lignei 6 - Trave di colmo (biga manna) 7 - Arcarecci (bigas) 8 - Falsa capriata (cuaddu) 9 - Muratura perimetrale sezione trasversale 0 1 2 schema a due falde con carpenterie lignee elementari e orditura doppia 8 sezione longitudinale pianta 4m C2 Si tratta della variante del caso precedente in cui la struttura di copertura è sostenuta da carpenterie lignee elementari, o false capriate, ad asse rettilineo o curvilineo, al posto dei setti murari trasversali. La falsa capriata è un elemento strutturale dai connotati arcaici, detta anche cuaddu o cuaddu armau, che viene disposta trasversalmente e appoggiata ai muri perimetrali longitudinali. Benchè la geometria possa ricordare quella delle capriate classiche, in realtà la falsa capriata è regolata da principi profondamente differenti, basandosi su un regime statico di tipo flessionale e non assiale. Si tratta infatti, di una struttura non spingente, riconducibile allo schema di una trave appoggiata agli estremi sui setti murari e sollecitata dai carichi concentrati, derivanti dall’azione dei puntoni che sostengono la trave di colmo e gli arcarecci. Il tronco trasversale veniva scelto, in genere, con una naturale curvatura che seguisse la doppia pendenza delle falde per limitare lo sviluppo del puntone e di conseguenza gli eventuali fenomeni di instabilità del sistema nel suo complesso, consentendo parallelamente di poter disporre di una maggiore altezza utile nel vano. La dimensione della falsa capriata è generalmente variabile, trattandosi di un elemento non lavorato, ma di solito non si impiegavano tronchi di diametro inferiore a 20 cm. L’orditura principale è sostenuta da una o più false capriate ed è costituita dalla trave di colmo e da almeno un arcareccio per falda. Il collegamento con la falsa capriata è risolto attraverso un puntone analogo a quello che sostiene la trave di colmo. La falsa capriata, di conseguenza è sollecitata da tre carichi concentrati equamente distanziati fra loro. L’orditura secondaria, il piano e il manto di copertura, per il resto, rimangono assolutamente invariati rispetto al caso precedente. Soluzione di copertura a due falde, con falsa capriata (“cuaddu”) e orditura doppia nei medaus sulcitani. A destra, la falsa capriata è realizzata con un tronco sagomato secondo la pendenza delle due falde; a sinistra, la struttura è costituita da una trave orizzontale su cui gravano i tre puntoni a sostegno rispettivamente degli arcarecci e della trave di colmo. TAV O L A 1 2 spaccato assonometrico 3 COPERTURE 4 5 C3 6 schema a due falde con capriate e orditura doppia 7 Legenda 1 - Manto di copertura in coppi sardi 2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce 3 - Incannicciato 4 - “Canna maestra” 5 - Travicelli lignei 6 - Trave di colmo (biga manna) 7 - Arcarecci (bigas) 8 - Capriata 9 - Muratura perimetrale sezione trasversale 0 1 2 8 9 sezione longitudinale pianta Si tratta della variante del caso precedente, in cui al posto delle carpenterie lignee elementari si impiegano le capriate classiche. L’orditura principale di copertura è sostenuta da una o più capriate, disposte ad interasse non superiore a 4 metri, ed è costituita dalla trave di colmo e da almeno un arcareccio per falda. Il collegamento fra gli arcarecci e le capriate è risolto attraverso un gattello ligneo che impedisce all’arcareccio di rotolare o scivolare sull’estradosso del puntone della capriata. In questo caso, essendo la luce dei puntoni maggiore, la capriata assume la configurazione completa ed è dotata delle saette. L’orditura, il piano e il manto di copertura, per il resto, rimangono assolutamente invariati. In alcuni casi, la capriata può essere collegata alle murature che la sostengono, attraverso un capochiave metallico o ligneo, in modo da rendere l’intero sistema collaborante e maggiormente solidale. Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva risolto in diversi modi: con appoggio diretto sulla muratura sia lapidea che in terra cruda nei casi più elementari oppure, allo scopo di ripartire i carichi su una porzione più ampia di muratura limitando i fenomeni di punzonamento, con l’impiego di grossi conci lapidei o di dormienti lignei al di sotto della trave. Anche in questo caso, spesso, le travi hanno la testa direttamente esposta all’esterno. 4m Soluzione di copertura a due falde con capriata classica e orditura doppia. Nella maggior parte dei casi questo schema strutturale veniva impiegato per la copertura di vani strumentali ma anche per abitazioni di grandi dimensioni soprattutto a partire dalla fine dell’800. 1 2 TAV O L A spaccato assonometrico 3 4 5 COPERTURE 6 C4 schema monofalda con orditura doppia Legenda 1 - Manto di copertura in coppi sardi 2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce 3 - Incannicciato 4 - “Canna maestra” 5 - Travicelli lignei 6 - Trave di colmo 7 - Arcarecci 8 - Muratura perimetrale sezione trasversale 0 1 2 7 8 sezione longitudinale È uno schema di copertura impiegato per i vani strumentali quando il passo strutturale supera 2.5 metri compresi gli spessori delle murature. La struttura principale è costituita da una o più grosse travi disposte secondo la pendenza della falda ad interassi regolari di circa 3.00 metri, che sostengono gli arcarecci, uno o due solitamente, disposti con interasse non superiore a 2.00 metri, parallelamente alla linea di gronda. L’orditura secondaria, il piano e il manto di copertura, per il resto, rimangono assolutamente invariati rispetto al caso precedente. Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva risolto in diversi modi: con appoggio diretto sulla muratura sia lapidea che in terra cruda nei casi più elementari oppure, allo scopo di ripartire i carichi su una porzione più ampia di muratura limitando i fenomeni di punzonamento, con l’impiego di grossi conci lapidei o di dormienti lignei al di sotto della trave. In diversi casi le travi, attraversando l’intero spessore del corpo murario, hanno la testa direttamente esposta all’esterno. pianta 4m Soluzioni di copertura a una falda con orditura doppia per un vano strumentale a Santadi e per un loggiato a Narcao. In entrambi i casi il passo strutturale è di circa 3 metri e impone l’impiego di una struttura con due o tre arcarecci impostati su una trave realizzata con un tronco naturale di ginepro, semplicemente scortecciato. Nel caso di Santadi, l’intera struttura di copertura è sostenuta da una stampella di ginepro, secondo uno schema costruttivo arcaico ma molto diffuso nella regione sulcitana. TAV O L A MURATURE 3 trovanti di scisto e granito a corsi occasionali 2 4 1 M1 spaccato assonometrico 5 Legenda 1 - Concio di scisto disposto di testa per il collegamento fra i due paramenti murari (diatono) 2 - Paramento murario in trovanti laminari di scisto di piccole e grandi dimensioni e trovanti di granito 3 - Riempimento fra i paramenti murari 4 - Rinzeppatura con scaglie di scisto 5 - Concio d’angolo sbozzato o squadrato in calcare o arenaria Muratura a due paramenti occasionalmente collegati con elementi passanti (diatoni), realizzata con trovanti di scisto di forma laminare e di granito di piccole e grandi dimensioni, apparecchiati con allettamento in terra e rinzeppatura con corsi di spianamento occasionali. Il nucleo della muratura è costituito da materiale di risulta: terra, cocci di laterizio e pietrame. La soluzione d’angolo è risolta con conci di grandi dimensioni squadrati o sbozzati, di scisto o granito, disposti alternativamente di fascia o di testa per ottimizzare l’ammorsamento fra i due muri. La superficie esterna del muro, di norma, è lasciata a vista, mentre quella interna è protetta con intonaci a base di terra e calce. Lo spessore medio complessivo del corpo murario si aggira intorno ai 60 cm, non è mai inferiore a 50 cm e, in alcuni casi, può raggiungere e superare 1 m. soluzione d’angolo 1 2 3 4 sezione tessitura muraria 0 10 20 60 cm Tessiture murarie nei medaus di Is Cattas e di Is Cangius: i trovanti impiegati, di scisto e granito, hanno dimensioni differenziate e forma laminare, prismatica o sferoidale. Le irregolarità della tessitura, che derivano dalle differenza fra i conci, sono limitate con l’ausilio di pietrame di piccole dimensioni, attraverso cui si ottimizza il piano di posa degli elementi secondo corsi occasionali e sub-orizzontali. TAV O L A spaccato assonometrico MURATURE M2 3 trovanti di scisto a corsi orizzontali 4 2 5 1 6 Muratura a due paramenti collegati con elementi passanti (diatoni), realizzata con trovanti di scisto di forma laminare, di dimensioni uniformi, apparecchiati con allettamento in terra e rinzeppatura secondo corsi orizzontali. Il nucleo della muratura è costituito da materiale di risulta: terra, cocci di laterizio e pietrame. La soluzione d’angolo è risolta con conci di grandi dimensioni squadrati o sbozzati di calcare o arenaria, disposti alternativamente di fascia o di testa, anche se non di rado, è possibile trovare, interposti fra i cantoni d’angolo, elementi laminari di scisto di notevoli proporzioni. La superficie esterna del muro, di norma, è lasciata a vista, mentre quella interna è protetta con intonaci a base di terra e calce. Lo spessore medio complessivo del corpo murario si aggira intorno ai 60 cm, non è mai inferiore a 50 cm e, in alcuni casi, può raggiungere e superare 1 m. 5 Legenda 1 - Concio di scisto di collegamento fra i due paramenti murari (diatono) 2 - Paramento murario in trovanti laminari di scisto di dimensioni uniformi 3 - Riempimento fra i paramenti murari 4 - Rinzeppatura con scaglie lapidee 5 - Piano di posa orizzontale 6 - Concio d’angolo sbozzato o squadrato in arenaria o calcare soluzione d’angolo 1 2 3 4 sezione tessitura muraria 0 10 20 60 cm Tessiture murarie a Is Cattas: la muratura è costituita da trovanti prevalentemente laminari, di dimensioni mediamente confrontabili, che consentono un apparecchiatura secondo piani di posa orizzontali. La continuità dei ricorsi può essere interrotta dall’interposizione di elementi di forma prismatica e dimensioni maggiori rispetto alla media. TAV O L A 1 MURATURE M3 2 mattoni di terra cruda 3 4 6 incrocio murario Legenda 1 - muratura di spina 2 - ammorsamento di 1/2 mattone 3 - pezzo speciale: 3/4 di mattone 4 - muratura di mattoni crudi disposti di testa 5 - basamento in trovanti lapidei 6 - intonaco in malta di calce soluzione d’angolo 6 5 3 6 3 5 sezione tessitura muraria 0 10 20 La muratura di due teste in mattoni di terra cruda (ladiri) è diffusa trasversalmente in tutto l’ambito territoriale del Sulcis. Il mattone deriva dall’essicazione naturale al sole di un impasto di terra, acqua e paglia posto in uno stampo di legno detto su sestu. Le dimensioni dei mattoni di 10x20x40 cm sono standardizzate e ricorrenti in tutto il territorio regionale anche se nel Sulcis sono stati riscontrati casi singolari di mattoni con proporzioni in rapporto 1:1:2 e dimensioni 17x17x35 cm. I mattoni sono disposti di testa e sfalsati di 1/ 2, solo di rado si utilizzavano muri a tre teste per i piani terra e ancor meno frequentemente si faceva ricorso all’apparecchiatura gotica. In gran parte degli insediamenti di pianura l’intero edificio, a uno o due piani, è costruito con la tecnica del muro in mattoni di terra cruda. Nelle zone collinari l’uso del crudo prevale nelle sopraelevazioni, mentre nei medaus e nei piccoli centri urbani a carattere più marcatamente montano viene impiegato per realizzare i divisori interni (muri a una testa con mattoni disposti di fascia a giunti sfalsati di una testa fra i differenti ricorsi) e, più raramente, per i muri di spina. La malta di allettamento fra i mattoni è anch’essa un impasto di argilla e acqua dello spessore variabile tra 1 e 2 cm. La superficie superiore dei mattoni viene opportunamente inumidita prima di ricevere il letto di malta di terra necessario ad accogliere il corso successivo, al fine di migliorare le capacità coesive della malta. L’intero corpo murario è protetto con intonaco di terra eventualemente stabilizzata con calce di spessore variabile intorno ai 2 cm. 60 cm Murature in mattoni di terra cruda di due teste a Santadi e nel medau Is Cangius. I mattoni crudi, nel Sulcis come negli altri ambiti regionali di diffusione della tecnica muraria in adobe, sono disposti di testa e i ricorsi sono sfalsati di metà mattone. In entrambi i casi l’intonaco di terra è degradato con conseguente dilavamento dei mattoni. A destra, dettaglio del basamento in trovanti lapidei che protegge il corpo murario in terra dalla risalita capillare dell’acqua. TAV O L A spaccato assonometrico SOLAI INTERMEDI 1 2 3 S1 4 orditura lignea semplice e tavolato Legenda 1 - Tavolato ligneo 2 - Travi lignee (lunghezza < 4.00 m, interasse = 0.50 - 0.80 m) 3 - Eventuale setto murario trasversale 4 - Muratura perimetrale sezione longitudinale sezione trasversale 0 1 2 pianta 4m La struttura dei solai, nella maggioranza dei casi, è costituita da travi lignee, di luce ordinariamente inferiore a 5 m, disposte parallelamente ad interasse compreso fra 50 cm e un metro. Le sezioni delle travi variano da quelle meno lavorate pseudo-circolari o a uso Trieste, con diametri compresi fra 12 e 20 cm, a quelle rettangolari o quadrate, con dimensioni variabili fra 8 e 25 cm. Il piano di calpestio è realizzato con un tavolato di legno direttamente chiodato sulle travi che costituiscono la struttura principale di sostegno. Le tavole hanno spessore compreso fra 20 e 40 mm e larghezza variabile fra 15 e 30 cm. I tavolati più semplici erano realizzati senza nessun sistema di mutuo incastro fra le tavole, ma è comunque abbastanza diffuso in tutta l’area del G.A.L. l’impiego di giunti maschiati o a battente che ne ottimizzano la connessione. Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva risolto in diversi modi: con appoggio diretto sulla muratura sia lapidea che in terra cruda, nei casi più elementari oppure, allo scopo di ripartire i carichi su una porzione più ampia di muratura, con l’impiego di grossi conci lapidei o di dormienti lignei al di sotto della trave. In diversi casi le travi, attraversando l’intero spessore del corpo murario, hanno la testa direttamente esposta all’esterno, analogamente alle travi di copertura. Frequentemente, inoltre, era prassi ancorare le travi alle murature attraverso l’uso di chiavi in legno o in metallo allo scopo di irrigidire l’intera scatola muraria, rendendo collaboranti le quattro pareti portanti, soprattuto in relazione ad eventuali azioni orizzontali. Le essenze lignee tradizionalmente impiegate sono: pioppo, roverella, castagno, olivastro; più recentemente: abete, pino di Svezia e di Corsica. Solai intermedi ad orditura semplice privi di pavimento e plafonature all’intradosso a Santadi e nel medau di Acqua Cadda. In entrambi i casi le travi principali, disposte con interasse di circa 80 cm, sono grossolanamente lavorate e hanno sezione pseudo-circolare con diametro non inferiore a 15 cm. TAV O L A spaccato assonometrico 2 3 GRONDE 4 G1 aggetto semplice dei canali 5 6 1 7 8 Legenda 1 - Coppi canali aggettanti 2 - Manto di copertura in coppi 3 - Eventuale strato di allettamento in terra stabilizzata con calce 4 - Cannicciata 5 - “Canna maestra” 6 - Travicello ligneo (i = 50 - 70 cm) 7 - Intonaco di calce 8 - Muratura a doppio paramento lapideo 9 - Doppia fila di coppi convessi sovrapposti coronamento di testata: privo di cornice laterale Si tratta del sistema più semplice di smaltimento delle acque ottenuto attraverso l’aggetto, di circa 15 cm, dei coppi-canale, sfalsati rispetto ai displuvi che, invece, si arrestano esattamente in linea con il paramento murario. Nonostante l’investimento tecnologico sia minimo, questa soluzione, particolarmente diffusa in tutta la sottozona di riferimento, è comunque in grado di assolvere alla sua funzione in maniera soddisfacente. Inoltre, in funzione dell’inclinazione dei raggi solari, le tegole aggettanti danno luogo ai tipici giochi chiaroscurali dovuti alla loro ombra portata sulla parete, che caratterizzano in maniera significativa gran parte dell’edilizia minore in Sardegna. 1 9 9 2 3 4 5 6 60 cm 1 prospetto frontale sezione trasversale 0 10 20 1 Soluzione di gronda elementare con aggetto semplice dei coppi-canale a Is Cattas. 3 spaccato assonometrico 4 TAV O L A 5 GRONDE Legenda 1 - Coppi canali aggettanti 2 - Cornice aggettante di coppi convessi 3 - Manto di copertura in coppi 4 - Eventuale strato di allettamento in terra stabilizzata con calce 5 - Incannicciato 6 - “Canna maestra” 7 - Travicello ligneo (interasse = 50 - 70 cm) 8 - Intonaco di calce 9 - Muratura a doppio paramento lapideo 10 - Doppia fila di coppi convessi sovrapposti aggetto dei coppi canale su cornice di tegole convesse sottostante 6 7 8 9 1 1 2 G2 2 10 coronamento di testata C-1: privo di cornice laterale 1 10 2 2 10 Si tratta di uno sviluppo della soluzione elementare con aggetto semplice, abbastanza diffusa negli insediamenti diffusi dell’intero ambito territoriale del Sulcis; lo smaltimento delle acque meteoriche si ottiene per mezzo di una cornice di coppi che sporge per circa 15 cm rispetto alla muratura, sostenendo le tegole sovrastanti, disposte con un ulteriore aggetto dei coppi-canale, in analogia con la soluzione elementare precedente. Il coronamento laterale è, di norma, risolto o con una doppia fila di coppi convessi sovrapposti allineati con la superficie muraria, oppure collocati sopra una cornice di coppi rampante, realizzata con modalità analoghe a quella frontale, ma disposta secondo la pendenza della falda. coronamento di testata C-2: con cornice laterale di coppi 2 3 4 5 6 7 60 cm 1 2 prospetto frontale sezione trasversale 0 10 20 1 Soluzione di gronda con cornice aggettante di coppi convessi a Santadi e nel medau Morimenta de Susu. 5 4 spaccato assonometrico TAV O L A 6 GRONDE G3 aggetto realizzato con un ricorso di mattoni crudi 1 2 3 8 7 Legenda 1 - Coppi canali aggettanti 2 - Aggetto dell’ultimo mattone 3 - Manto di copertura in coppi 4 - Incannicciato 5 - “Canna maestra” 6 - Travicello ligneo (interasse 50-70 cm) 7 - Intonaco di terra e calce 8 - Muratura in mattoni di terra cruda (ladrini) 9 - Doppia fila di coppi convessi sovrapposti 1 9 2 1 2 coronamento di testata C-1 2 3 4 5 6 prospetto frontale sezione trasversale 0 10 20 60 cm 1 Si tratta di una soluzione largamente diffusa in tutti gli insediamenti diffusi e accentrati del Sulcis in cui è utilizzata la tecnica della terra cruda; la sua semplicità costruttiva fa si che si addica in modo particolare ai tipi edilizi di base nelle varianti a uno e due piani. Lo smaltimento delle acque meteoriche si ottiene per mezzo dell’aggetto dell’ultima fila di mattoni crudi che vengono fatti sporgere rispetto alla muratura di circa 10 cm (pari a un quarto della lunghezza del mattone), in modo da definire la sagoma della cornice che sostiene i coppi canale ulteriormente sporgenti di circa 15 cm rispetto al filo esterno della cornice. Quest’ultima veniva di norma intonacata con malte di terra e calce e tinteggiata dello stesso colore della facciata per preservare la superficie dei mattoni dal dilavamento. Il coronamento di testata è abitualmente risolto con una doppia fila di coppi convessi sovrapposti e allineati con la superficie muraria laterale. Soluzioni di gronda con aggetto semplice di un ricorso in mattoni crudi a Santadi. La cornice che sporge per circa 10 cm rispetto alla superficie del muro è di norma intonacata con malte di terra e calce. Si tratta di una una soluzione assai diffusa in tutti i centri in cui la muratura del piano superiore è realizzata in mattoni di terra cruda. TAV O L A PORTE 2 1 3 4 5 6 Legenda 1 - Architrave esterno: tronco non lavorato a sezione pseudo circolare 2 - Architrave interno: tavole a sezione rettangolare (spessore 5 cm circa) 3 - Imbotte intonacata a calce5 4 - Paramento murario lapideo con tessitura in vista 5 - Infisso in legno con sportello 6 superiore apribile 6 - Soglia monolitica spaccato assonometrico prospetto esterno sezione orizzontale sezione verticale 0 20 P1 schema a trilite con architrave ligneosu stipiti in trovanti lapidei Porta con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo, con stipiti realizzati in trovanti lapidei (trachite, tufo, scisto o arenaria) e architrave ligneo naturale (abbastanza di frequente) o lavorato. La continuità del muro sovrastante deve essere ripristinata per tutto il suo spessore e quindi è necessario ricorrere a più elementi di legno affiancati, dando luogo a differenti varianti in funzione della loro sezione resistente; il caso più semplice è rappresentato dall’impiego di tre o anche quattro tronchi a sezione naturale pseudo circolare, senza distinzioni tra interno e esterno ma non è raro imbattersi, quando la luce dell’apertura è contenuta, nella soluzione che prevede l’utilizzo affiancato di tronchi all’esterno e robuste tavole all’interno. Non sono previsti dispositivi di scarico. La soglia è costituita da un blocco lapideo di grandi dimensioni sbozzato o squadrato; l’infisso è in legno generalmente a una anta, con sportello superiore apribile. Questo tipo di base è particolarmente diffuso nelle abitazioni più antiche e povere e presenta un grado di lavorazione e di finitura ridotto al minimo. Usualmente il paramento murario esterno era mantenuto a vista ma, come del resto in altri ambiti mediterranei, era prassi intonacare a calce e imbiancare l’imbotte dell’apertura costituendo una sorta di cornice bianca attorno alla porta. Le dimensioni dell’apertura sono sempre minime, raramente, infatti, si superano 80 cm di larghezza e 2.00 m di altezza. 60 cm Porte con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo nei medaus di Is Cangius e di Is Cattas. In questi tre casi l’imbotte dell’apertura è risolta in maniera analoga con stipiti in torvanti lapidei e architrave ligneo, ma l’infisso si presenta con tre varianti differenti: a sinistra a un’anta con sportello apribile superiore laterale, al centro privo di sportello, a destra con due ante a vetri e scuretti interni. TAV O L A 2 1 4 5 6 3 Legenda 1 - Architrave esterno: trave in legno squadrato 2 - Architrave interno: travicelli in legno accoppiati e disposti su una tavola 3 - Spianamento in cocci di tegole e terra 4 - Stipiti realizzati con mattoni interi e tagliati a 3/4, con corsi a giunti sfalsati nella muratura in ladiri 5 - Intonaco con malta di terra e calce 6 - Infisso in legno a due ante 7 - Basamento in muratura di pietrame 8 - Soglia monolitica in pietra (basalto,trachite o marna) 7 8 spaccato assonometrico prospetto esterno sezione verticale PORTE P2 schema a trilite con architrave ligneo su stipiti in mattoni crudi Porta con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo, con stipiti in muratura di mattoni crudi e architrave ligneo. E’ una soluzione molto frequente negli insediamenti di diffusione della tecnica costruttiva con la terra cruda. Gli stipiti sono realizzati con mattoni crudi interi e tagliati a 3/4 disposti alternativamente di fascia e di testa secondo lo schema di chiusura dell’apparecchio murario in laterizi. Gli sguinci interni sono realizzati smussando i mattoni in terra, poi intonacati con malta di calce. La continuità del muro sovrastante deve essere ripristinata per tutto il suo spessore e quindi è necessario ricorrere a più elementi di legno affiancati. Il caso più semplice è rappresentato dall’impiego di tre o anche quattro tronchi a sezione squadrata, privilegiando per l’esterno il tronco a diametro maggiore. Talvolta, quando la luce dell’apertura è contenuta, si può osservare l’utilizzo di travicelli affiancati all’esterno e robuste tavole per l’architrave interno. Non sono comunemente previsti dispositivi di scarico. La soglia è costituita da un unico blocco di pietra resistente, di solito basalto o trachite, sbozzato o squadrato; l’infisso è in legno generalmente a due ante, talvolta a una anta con sportello superiore apribile. L’intonaco esterno, che di norma dovrebbe rivestire l’intera parete, spesso è limitato alla sola cornice delle aperture (porte e finestre). Talvolta, per dare risalto all’apertura, l’intonaco è ispessito e modellato in corrispondenza di stipiti e architrave. Le dimensioni dell’apertura sono contenute, la larghezza, infatti, non supera quasi mai un metro e l’altezza è compresa fra 1,80 e 2,20 m. sezione orizzontale Porte con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo, con stipiti in mattoni di terra cruda e architrave ligneo a Santadi. entrambi i casi l’infisso è a due ante in legno prive di sportello superiore. TAV O L A 2 1 3 Legenda 1 - Architrave esterno: tronco non lavorato a sezione pseudo circolare 2 - Architrave interno: tavole a sezione rettangolare (spessore 5 cm circa) 3 - Imbotte intonacata a calce 4 - Infisso in legno a due ante con scuretti interni 5 - Paramento murario lapideo con tessitura in vista 6 - Davanzale intonacato FINESTRE F1 schema a trilite con architrave ligneo su stipiti in trovanti lapidei 4 5 6 spaccato assonometrico prospetto esterno sezione verticale sezione orizzontale 0 10 20 La continuità del muro sovrastante deve essere ripristinata per tutto il suo spessore e quindi è necessario ricorrere a più elementi di legno affiancati, dando luogo a differenti varianti in funzione della loro sezione resistente; il caso più semplice è rappresentato dall’impiego di tre o quattro tronchi a sezione naturale pseudo circolare, senza distinzioni tra interno e esterno ma non è raro imbattersi, se la luce dell’apertura è contenuta, nella soluzione che prevede l’utilizzo affiancato di tronchi all’esterno e robuste tavole all’interno. Non sono previsti dispositivi di scarico. Il davanzale è costituito da un piano intonacato al di sopra della muratura ad opera incerta; l’infisso è in legno a un’anta cieca oppure a due ante con scuretti interni protetto da un’eventuale grata metallica. Questo tipo di base è particolarmente diffuso nelle abitazioni più antiche e povere e presenta un grado di lavorazione e di finitura ridotto al minimo. Usualmente il paramento murario esterno era mantenuto a vista ma era prassi intonacare a calce e imbiancare l’imbotte dell’apertura costituendo una sorta di cornice bianca attorno alla porta. Proporzioni geometriche: rapporto larghezza/altezza 1/1 - 2/3. Dimensioni: larghezza 50-80 cm; altezza 50-120 cm. 60 cm Finestre con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo a Is Cattas. In questi due casi l’infisso si presenta nella variante a due ante uguali con scuretti interni e con grata metallica di protezione. La continuità della muratura viene ripristinata con l’impiego di quattro architravi lignei accostati. TAV O L A 2 3 1 6 5 Legenda 1 - Architrave esterno: travetti squadrati affiancati fra loro 2 - Architrave interno: travi naturali di piccolo diametro affiancate e posate sopra una tavola 3 - Strato di spianamento in cocci di tegole e malta di terra 4 - Prima fila di mattoni disposti di fascia sul paramento esterno 5 - Stipiti: mattoni in terra cruda disposti di fascia, alternati interi e tagliati a 3/4 6 - Infisso in legno a due ante con scuretti interni 7 - Lastra in ardesia 7 spaccato assonometrico prospetto frontale sezione trasversale sezione orizzontale FINESTRE F2 schema a trilite omogeneo con architrave ligneo su stipiti in mattoni crudi Finestra con schema strutturale elementare a trilite disomogeneo, su muratura di terra cruda, con architrave in legno. Gli stipiti sono realizzati in mattoni crudi (ladiri), con diposizione alternata di testa, per i mattoni interi e di fascia per quelli tagliati a 3/4, allo scopo di garantire la sfalsatura dei giunti. La chiusura orizzontale della bucatura è risolta da due architravi in legno, costituiti da un unico pezzo squadrato o da più tronchi di diametro ridotto affiancati. In alcuni casi, per realizzare un intradosso uniforme, i tronchi sono disposti al di sopra di una tavola. Può essere presente il dormiente fra gli appoggi degli architravi e la muratura al fine di evitare marcescenze del legno. La ripresa della muratura avviene disponendo di fascia la prima fila di mattoni sul paramento esterno per compensare l’eventuale dislivello fra i due architravi accostati. Il davanzale è spesso costituito da un piano intonacato al di sopra della muratura; talvolta si ha l’inserimento di una lastra in ardesia o la posa di pianelle in cotto. L’infisso è in legno a una o due ante con scuretti interni, protetto da un’eventuale grata metallica se l’apertura è al piano terra. Questo schema di apertura rappresenta il tipo di base per finestre nelle murature di terra e si distingue per un grado di lavorazione e di finitura ridotto al minimo. Usualmente il paramento murario esterno era intonacato, anche se sono frequenti i casi in cui la finitura si limita alla pittura a calce dell’imbotte. Proporzioni geometriche: rapporto larghezza/altezza: 1/1 - 1/2 - 2/3. Dimensioni: larghezza 60-80 cm; altezza 60 -150 cm. Finestre con stipiti in mattoni di terra cruda e architrave ligneo a Santadi. L’intonaco in buono stato di conservazione protegge la muratura in terra e a sinistra riveste anche l’architrave che, invece a destra, è in vista. In entrambi i casi l’apetura è protetta da una grata metallica.