Dicono di noi

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Dicono di noi
ARTICOLI NAZIONALI
NATIONAL ARTICLES
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27 Agosto 2009
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N° 36 - Maggio 2009
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IDENTITA’ GOLOSE
MILANO, 31 GENNAIO – 2 FEBBRAIO 2010
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IDENTITA’ GOLOSE
MILANO, 30 GENNAIO – 1 FEBBRAIO 2011
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n° 241 Anno XXXIV
ottobre 2011
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martedì 24 gennaio 2012
La "nutella gourmet" non sempre è migliore
di quella del supermercato. Il parere di Papille
Vagabonde
“Sono migliori le nutelle top vendute nei negozi di lusso oppure le creme alla nocciola e cacao
del supermercato?”. La risposta a questa domanda si trova in un articolo pubblicato da Günther
Karl Fuchs di Papille Vagabonde che ci sembra interessante condividere.
Chiede Alessia M: «Le creme alla nocciola e cacao che vendono nei negozi tipo Eat's o Eataly sono
la versione di lusso della Nutella. Ma sono più o meno buone di quelle del super?»
Ed ecco le considerazioni di Günther Karl Fuchs.
Negli ultimi anni la forte spinta di Slow Food e del Salone del gusto ha moltiplicato le aziende
alimentari di prodotti di qualità rivolti a un pubblico di palati raffinati. Si tratta di alimenti che però
non trovano spazio nei canali del largo consumo e della distribuzione organizzata. Così è arrivata la
famosa catena Eataly e si sono moltiplicate le aree di prestigio come l'ultimo piano della Rinascente
a Milano, oppure il nuovo Eat's all'interno della galleria Excelsior, sempre a Milano, nato come
negozio del lusso e dell'eccellenza.
Le "nutelle" in vendita in questi templi della gastronomia sono più o meno buone delle creme
esposte sui banchi dei supermercati? La domanda è lecita, la risposta non è facile visto che nei
negozi esclusivi il rapporto qualità/prezzo lievita anche di 5 volte. Diciamo che si tratta di listini per
palati raffinati, più adatti a un acquisto straordinario o a un capriccio che alla spesa di tutti i giorni.
Anche se nel linguaggio comune si definiscono tutte "nutelle”, io invito a leggere bene l'etichetta
prima di acquistare: ci sono creme gianduia; creme al cioccolato, nocciole e mandorle; creme al
cacao; creme alla nocciola. Sono tutte creme da spalmare, ma quelle alle nocciole e quelle al cacao
sono molto differenti tra di loro.
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Quali sono gli ingredienti dei vasetti top? Gli ingredienti base sono: burro di cacao, nocciole,
cacao, grassi vegetali, zucchero, vaniglia; anche se poi le varianti sono numerose per cui troviamo
anche: aromi, grassi vegetali, latte in polvere e burro concentrato.
La Nutella, che è poi il prodotto di riferimento, contiene come ingredienti principali zucchero e
olio di palma in quantità variabile dal 60 al 70%. L'interesse nutrizionale è dato dalla nocciola, ricca
di acidi grassi monoinsaturi, vitamina E, magnesio, ferro, manganese, zinco, che però rappresenta
solo il 13%.
Aspetti positivi
Le nocciole dovrebbero essere il primo ingrediente: infatti, nelle creme selezionate la quantità varia
dal 16% al 50%. Non sempre però è indicata la varietà e la provenienza. La quantità è la
discriminante nel prezzo: più aumenta la percentuale di nocciole, più sale il prezzo. Se si guardano
le spalmabili vendute al supermercato, si nota che la quantità è inferiore al 16% tranne nel caso di
Novi dove si arriva al 45%.
Lo zucchero spesso è l'ingrediente maggiormente presente ed è l'elemento che differenzia una marca
dall'altra. Alcune nutelle top sono preparate con zucchero di canna (Amedei e Pariani), mentre tra le
più interessanti troviamo I peccatucci di Mamma Andrea con nocciole del Piemonte, succo d'agave
e miele d'acacia.
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Aspetti critici
Grassi vegetali, sì ma quali? Le etichette indicano genericamente l'uso di "grasso vegetale", senza
specificare se si tratta di olio di palma, di colza, di girasole... Alcune aziende utilizzano il burro di
cacao (il pregiatissimo grasso ricavato dal cacao), altre aggiungono burro vaccino concentrato,
anche se a volte si avverte troppo nel sapore. La scelta del grasso vegetale è molto importante,
perchè influenza la data di scadenza (shelf-life) e anche il sapore.
Cacao in polvere, sì ma quale? Nelle etichette si parla di "cacao selezionato", ma solo i migliori
prodotti indicano la percentuale.
Dove sono le tabelle nutrizionali? È vero che quando si assaggia una crema alla nocciola o al
cioccolato non ci si preoccupa molto delle calorie, ma la tabella nutrizionale dovrebbe essere sulla
confezione. In realtà le nutelle top non la riportano, e questo rende difficile valutare la percentuale
di zuccheri e grassi, mentre le creme vendute al supermercato hanno sempre queste informazioni.
Lecitinia di soia o di girasole? Questo ingrediente è un emulsionante che rende la crema più
omogenea e viscosa.
I prodotti. Tra le creme presenti nei negozi gourmand ho scelto:
Amedei, Crema toscana alla nocciola: La nota azienda con sede in Toscana produce questa crema
alla nocciola e cacao, caratterizzata dall'indicazione del tipo di nocciole (Tonda gentile del
Piemonte), oltre a zucchero di canna, latte scremato, pasta di cacao, cacao, vaniglia. Non contiene
grassi vegetali.
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Pariani, Crema spalmabile all'olio di nocciola: è una dei prodotti più ricchi di nocciole (50%), oltre
a contenere cacao selezionati e, unica a utilizzarlo, olio di nocciole. Usa zucchero di canna, cacao
magro, latte magro in polvere. Costo: 11,00 euro per 200 g.
Caffarel, Crema da spalmare al gianduia: caratterizzata dalla presenza del 47% di nocciole. Si
differenzia un pò dagli altri marchi perchè contiene mandorla e burro concentrato.
Riccosa: crema da spalmare al cioccolato al latte, ricca di nocciola tonda gentile delle Langhe
(47%).
Guido Gobino, Crema spalmabile al gianduia: il primo ingrediente è lo zucchero seguito dal 35% di
nocciole Igp Piemonte, cacao magro in polvere, latte magro in polvere, burro vaccino concentrato,
estratto naturale di vaniglia Bourbon. Emulsionante: lecitina di soia (senza OGM). La confezione ci
ha sorpreso, ma non in senso positivo.
Slittosa: contiene il 30% di nocciole ma il primo ingrediente è lo zucchero.
Babbi, Le creme alla nocciola: ha una percentuale del 16% di nocciola, le confezioni sono piccole
(4,5 euro per 150 g).
Ci sono poi le creme alla nocciola e cacao vendute nei supermercati: Novi, Rigoni Nocciolata,
Valsoia, Coop Solidal, Nutella Ferrero, Esselunga che si caratterizzano per un prezzo decisamente
inferiore.
Conclusioni
Quelle che ho messo nell'elenco delle top sono le migliori creme che ho trovato: non so se
rappresentano davvero il meglio dell'offerta o dell'aspettativa che ha il consumatore dopo aver speso
10 euro per una confezione più o meno equivalente a quella che costa 2 euro al supermercato (per
esempio, Nutella Ferrero costa 6,20 euro/kg mentre Pariani Crema alla nocciola arriva a 55,50).
Alcune tra le nutelle top non sono molto spalmabili, per lo meno non come Nutella di Ferrero,
ma sono quasi più adatte per essere mangiate a cucchiaiate (per i golosi impenitenti non è un
problema, anche se si tratta di prodotti che dovrebbero essere consumati su una fetta di pane).
Qualche crema da gourmet è decisamente migliore di quelle vendute al supermercato, ma non
sempre è così: dipende anche dal gusto personale. Se però guardiamo il rapporto "% di nocciole costo", le creme Novi e Nutella di Ferrero sono più convenienti rispetto a quelle top (anche se, per
esempio, Nutella ha una percentuale decisamente inferiore di nocciole).
In altre parole: nonostante la quantità e la qualità di alcuni ingredienti utilizzate nelle creme
top, per alcune di queste il prezzo non giustifica sempre l'acquisto.
Le nutelle top fanno della qualità la loro bandiera, ma la comunicazione non è sempre all'altezza. A
prima vista, sono top solo nel prezzo e alcune hanno anche delle confezioni fatte con materiali
discutibili come la plastica.
Anche la comunicazione on line è molto limitata. Se sono creme così buone dovrebbero spiegarlo
meglio. Anche perché, nonostante le notevoli diversità di prezzo, di ingredienti e di contenuto in
percentuale
di
nocciole,
la
differenza
al
palato
non
si
coglie
sempre.
Il prodotto rimane ancora migliorabile sotto diversi aspetti: ingredienti, comunicazione e
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distribuzione. C'è ancora spazio per innovare, anche se non sembra che le aziende siano
interessate.
Nonostante queste creme top siano vendute in negozi di qualità e di luxury, non sono valorizzate a
sufficienza: si trovano tra marmellate e biscotti, in mezzo a aromi di salumi o pesce (io sono
capitato in un momento in cui imperava l'odore di aglio) e questo non è certo uno stimolo
all'acquisto di una crema top alla nocciola e cacao.
Günther Karl Fuchs, Papille Vagabonde
foto: Photos.com
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Open – produttori in rete
febbraio 22, 2012
In questi giorni la Triennale di Milano è diventata la casa dei produttori, degli artigiani del cibo.
Una serie di incontri per raccontare cibi noti e meno noti a un pubblico ampio, non specializzato,
pieno di curiosità. Il progetto si chiama Open ed è un bel nome, perché le piccole realtà
artigianali, gli eroi della qualità che fanno una gran fatica a far nascere e crescere le loro delizie,
meritano di essere conosciuti.
E Open vuol dire aprire questi piccoli mondi preziosi a tutti. Anche virtualmente. Sì, perché
esistono reti reali e reti virtuali da attivare e connettere. Il web può trasformarsi in un racconto
di tutte queste realtà. E mettere in contatto consumatori curiosi e produttori gloriosi. Abbiamo
scoperto l’olio di nocciola di Mattia Pariani, i legumi di Luciano Quaggio, il pesce di lago, il riso
degli Aironi , il Prosciutto Toscano Dop e il pane del mitico Eugenio Pol (nel disegno).
Tutti da medaglia d’oro al valore produttivo. Questi prodotti strepitosi saranno poi interpretati da
una pattuglia di giovani chef: Lorenzo Cogo, Christian e Manuel Costardi, Cesare Battisti,
Alessandro Negrini e Fabio Pisani di Aimo e Nadia e Gianluca Fusto.
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Il condimento perfetto per l’insalata si chiama
“dressing”
Scritto da: Gianfranco Lo Cascio mercoledì 23 febbraio 2011 20:14
L’ultima volta, ho provato a convincere gli scettici condividendo la procedura per l’insalata
perfetta. Siccome meritava un post a parte, ho lasciato fuori il condimento, quello che oggi dà un
certo tono definire dressing. Noi italiani usiamo olio extravergine d’oliva, aceto o succo di limone,
sale e pepe. Si può fare di meglio? Vediamo, però non posso non notare che gli americani utilizzano
diversi condimenti sia liquidi che cremosi. Mi sembra di sentirvi: americani… cremine, ma stiamo
scherzando? Effettivamente gli americani ne fanno di tutti i colori, dal rosso delle salsine al
lampone al giallo del peperone arrosto. E le basi: maionese, yogurt, cetrioli e via folleggiando.
Esiste perfino il famigerato “Italian dressing” del quale è meglio continuare a ignorare l’esistenza.
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Una volta, in una Steak House di Memphis, ho trovato
anche la «Carta dei Dressing», un fantasioso elenco di salse per accompagnare le insalate. Anche
troppo fantasioso, leggere le etichette di queste salse e pensare alla Nasa è stato automatico:
Antiossidanti, Stabilizzanti, Tensioattivi, Conservanti, Addensanti, Esaltatori di sapidità.
Alcuni marchi offrono prodotti dignitosi ma le salse economiche sono davvero pozioni da druido.
Meglio restare ognuno nel suo, cosa dite? Gli americani si tengano i papponi e noi l’oliera. Ma
sapete che non mi arrendo facilmente, per cui mi sono chiesto:
C’è qualcosa che non va nel nostro dressing? E nei loro? Si può fare di meglio? E se sì, come? Mi
sono messo a cercare le risposte, ed è venuto fuori che:
1. Il metodo italiano di condire l’insalata è completamente sbagliato.
2. L’uso del dressing che fanno gli americani è incontrollato, però l’idea c’è.
3. Chiamatelo cerchiobottismo, ma il condimento ideale è un cocktail delle due scuole di
pensiero.
Ovviamente bisogna dimostrare i tre punti ma per fortuna è già stato fatto, io mi limito a riportare.
Guardate la foto.
Le foglie d’insalata bagnate dall’olio diventano traslucide, non succede la stessa cosa con i liquidi
non oleosi, come l’acqua, l’aceto o il succo di limone. Questo perché le foglie sono rivestite da un
sottile strato di materiale ceroso, una sorta di impermeabile incorporato grazie al quale le foglie si
proteggono dalle intemperie. L’acqua che raggiunge le foglie scivola sullo strato ceroso e si aggrega
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in piccole goccioline. L’olio, invece, che diversamente da quel che si pensa è meno denso
dell’acqua, penetra all’interno rovinando l’aspetto delle foglie. Provate!
Molti usano la vinaigrette mischiando una parte di olio e
due (o tre) di aceto. Ma olio e aceto non sono amalgamabili tra loro. Se li mettiamo in un
contenitore e mescoliamo energicamente, prima le due masse si uniscono, quindi si disperdono in
gocce piccolissime fino a quando non si separano di nuovo.
Guardate l’aspetto della vinaigrette sopra la foglia
d’insalata, l’olio si aggrappa tenacemente alla foglia mentre la povera goccia di aceto, sospesa
sull’olio, cade al minimo movimento. In pratica, l’olio si ancora saldamente alla foglia invece
l’acqua scivola sulla parte cerosa. Ecco perché l’aceto, che dovrebbe star sotto, è invece in
superficie, sopra l’olio.
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Per capire come mai l’aceto cade è stato fatto un altro
esperimento: si è messa dell’insalata dentro un imbuto appoggiato sui bordi un bicchiere.
L’esperimento consiste nel capire se una vinaigrette stabilizzata, cioè, cui si è aggiunto un
ingrediente in grado da fare da collante, come la senape ad esempio, offre una maggiore capacità di
adesione rispetto a una preparata in modo tradizionale. Stessa quantità d’insalata e vinaigrette ma
una è stabilizzata mentre l’altra no.
La Vinaigrette stabilizzata rimane saldamente
aggrappata all’insalata mentre l’altra dapprima si separa, la parte oleosa resta attaccata alle foglie
mentre quella acquosa (aceto) cade sul fondo del bicchiere. Come dire che la dose di aceto che
usiamo per condire l’insalata finisce in fiondo al piatto entro pochi secondi. Insomma, un
condimento sbilanciato da tutti i punti di vista che dovrebbe convincerci a mandare in pensione
l’oliera: il metodo italiano non funziona.
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L’uso del dressing che fanno gli americani è incontrollato, però l’idea c’è.
Cosa accomuna il condimento degli americani? Una
filosofia assolutamente valida: unire grasso, acido, sale, spezie, aromi. Ma spesso perdono il
controllo della situazione, le insalate finiscono annegate da fiumi di condimento dominato dalla
maionese. Buone saranno anche buone, ma si tratta di sapori grossolani, e tutta quella maionese non
è sicuramente salutare.
Senza contare che per tenere uniti grasso, acido, sale, spezie, e aromi conservando a lungo il buon
sapore è obbligatorio ricorrere all’uso massiccio di additivi alimentari. Ora, datemi del talebano ma
sono uno che ha l’ossessione delle etichette, prima di comprare qualcosa sento il bisogno morboso
di leggerle. Il problema di molte salse americane è che la lista degli ingredienti riconoscibili dura
una sola riga mentre quella degli additivi quattro. Ecco perché è il caso di prepare da soli i nostri
dressing scegliendo con cura gli ingredienti. Abbiamo visto che senza l’uso di additivi l’emulsione
è comunque destinata a separarsi, ma a noi interessa che resti unita il tempo di mangiare l’insalata e
per far questo bastano gli stabilizzanti naturali.
Il condimento ideale è un cocktail delle due scuole di pensiero.
Realizzare un’emulsione stabilizzata invece di condire con olio e aceto separatamente. Ecco come
assicurarsi una maggiore presa del condimento che riusciremo anche a distribuire in modo
uniforme. Ovviamente, per creare la miscela adatta a ogni tipo d’insalata, oltre a olio e aceto
possiamo includere numerosi altri ingredienti. Adesso proviamo a capire quali sono gli elementi
essenziali di un dressing. Per prima cosa chiariamo il concetto di emulsione.
Sopra abbiamo parlato di “emulsione” e “stabilizzata”. Secondo l’enciclopedia Treccani il
significato di emulsione è questo:
In chimica fisica, è una miscela costituita dalla dispersione di goccioline di un liquido (fase dispersa
o discontinua) in un altro (fase disperdente o continua) nel quale sono insolubili o quasi. Sono
emulsioni molti alimenti (latte, burro, maionese), cosmetici (creme, lozioni), medicamenti,
detersivi, insetticidi, lubrificanti, vernici.
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Fare un’emulsione significa quindi disperdere delle
gocce di un liquido in un altro non amalgamabile con il primo. Per ottenere queste gocce è
necessario rompere la struttura delle molecole e riorganizzarla, in pratica dobbiamo mescolare le
due sostanze, più energia mettiamo più piccole saranno le gocce. Così facendo otteniamo una
soluzione composta da piccole gocce d’acqua e olio, affiancate in modo casuale.
Per il principio della coalescenza (due particelle che si uniscono per formarne una più grande) le
goccioline tenderanno ad aggregarsi nuovamente; in altre parole si spostano e si uniscono per creare
una goccia più grande. Se invece volessimo mantenere legate queste gocce, dovremmo utilizzare
una sorta di colla che nel caso delle emulsioni si chiama “stabilizzante” o “surfattante”. Un agente
che ha la particolarità di abbassare la tensione superficiale di un liquido. La tensione superficiale,
per farla semplice, è la forza che permette alle zanzare di camminare sul pelo dell’acqua. A chi
volesse saperne di più sulle emulsioni, consiglio di leggere il post di Dario Bressanini. Detto questo,
immaginate gli infiniti condimenti che possiamo realizzare?
Bene, adesso proviamo a stabilire con ragionevole certezza, quali elementi deve contenere il
dressing del gastrofanatico.
1. Untuosità. Un grasso, molto spesso un (grande) olio.
2. Acidità. Aceti, succo di limone o lime ma anche succhi di frutta di spiccata acidita.
3. Sapidità. Sale ma non solo: salsa di soia, colatura di alici, Worcestershire
4. Dolcezza. Zuccheri, meglio se aromatici: miele, sciroppo d’acero, zucchero grezzo.
5. Aromaticità. Erbe, spezie, ortaggi. Infinite possibilità.
6. UMAMI. Il volume del sapore.
7. Stabilizzante. La famosa colla. Miele, lecitina di soia e senape sono stabilizzanti naturali ma ce
ne sono molti altri. La stessa maionese è uno stabilizzante.
Di olio è pieno il mondo, di grandi oli meno, non
risparmiamo sull’olio, usiamo il migliore che possiamo permetterci. Senza dimenticare gli oli di
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semi. Ogni volta che lo faccio notare mi rispondono che non valgono niente. La risposta è: dipende
dai semi!
Mattia Pariani, imprenditore geniale e visionario, produce oli di una purezza indicibile: Olio di
mandorla romana di Noto, Olio di Pinoli di S. Rossore, Olio di Pistacchio di Bronte e per finire un
olio splendido, cioè l’olio di Nocciola Piemonte I.G.P.
Si usano rigorosamente a crudo, e pur non rappresentando un’alternativa all’olio extravergine, sono
veramente piacevoli, una specie di elisir. Olio a parte, possiamo ricorrere a un altro ingrediente
squisito anche se spesso sottovalutato: lo yogurt. Se intero apporta una maggiore quantità di grasso
ma anche una splendida acidità.
E ora l’aceto. Di vino bianco, di vino rosso, balsamico, tradizionale, di mele, di miele, di lamponi,
di mirtilli, di more, di umeboshi, di riso, di ribes nero, di mais (no OGM) e tutti quelli che
dimentico. L’acido è la base comune ma le sfumature di sapore sono diverse e fanno la differenza.
L’aceto di lamponi e l’aceto di vino rosso non hanno lo stesso sapore. Punto. Altro ingrediente
bistrattato: la salsa Tabasco. Qualche goccia e il dressing può trasformarsi in una bomba di sapore
Lo zucchero mitiga l’azione pungente dell’acido e del sale. Possiamo usarlo semolato ma nessuno
ci impedisce di provare un buon miele o lo zucchero di palma/acero. Sono tutte note aromatiche
distintive.
Aromaticità non vuol dire soltanto origano o prezzemolo, si può fare di più. Pensiamo alle foglie di
shiso, al lemon grass, alla vaniglia, al cardamomo, al macis, allo zenzero, al wasabi. A elencarli tutti
non finiamo più. Portiamo carattere, nuovi sapori, nuove inclusioni. La sperimentazione in cucina fa
parte del gioco ed è anche divertente, scoprire abbinamenti che funzionano è appagante, perché non
farlo?
Molti gastrortodossi inorridiscono davanti al termine UMAMI, non si capisce perché. Esistono
molti elementi umami liquidi, alcuni li abbiamo già indicati sopra, la salsa di soia, la salsa
Worcestershire, anche Salsa di pesce fermentato (per gastroindulgenti) o la splendida colatura di
alici di Cetara. Si possono utilizzare alghe, funghi e quanto già sappiamo. Un boost di potenza
gustativa, ci piace.
Se volete un piccolo segreto, rinforzate il condimento con uno degli ingredienti principali
dell’insalata. Se ne preparate una con gli zucchini saltati, di sicuro avrete usato solo la parte verde
esterna, più croccante e saporita. Recuperate l’interno, stufatelo in padella con del cipollotto e un
goccio di vino biano. Quando è stracotto aggiungetelo al dressing, sarà una valida spalla per
l’ingrediente principe del piatto. Fatelo con i peperoni, con la zucca, con i cavoli, con qualsiasi
cosa.
Ultimo ma non ultimo è il dispositivo che permetterà la creazione del dressing perfetto: Il blender o
mixer.
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Oltre a frullare e sminuzzare perfettamente, l’alta
velocità dello strumento cregala all’emulsione una struttura vellutata, impossibile da ottenere
sbattendo a mano. In aggiunta, le particelle generate dalla turbolenza della rotazione sono molto
piccole, in questo modo lo stabilizzante è più efficace e l’emulsione rimane stabile per giorni.
Ricapitolando, il metodo italiano di condire l’insalata è completamente sbagliato, meglio usare un
dressing sullo stile degli americani. Che però ne fanno un uso eccessivo, di certo non salutare, per
tacere dei sapori dozzinali. Allora adottiamo un dressing personalizzato, facciamolo al momento
con ingredienti freschi tenendo d’occhio il gusto, in fondo siamo italiani. Basandoci sulle percezioni
sensoriali stabiliamo quali ingredienti rendono armonica l’insalata, non limitiamoci ai soliti.
Usiamo il mixer per emulsionare e ottenere un risultato perfetto.
Siamo arrivati alla fine. Mi sono chiesto se l’insalata fosse davvero il piatto triste che crediamo e 4
episodi dopo è venuto fuori che no, anzi, può trasformarsi in una leccornia da gourmet, basta un po’
di attenzione, e ha il non trascurabile vantaggio di essere dietetica, o comunque salutare. E voi che
mi avete seguito fin qui, pensate ancora che l’insalata sia un piatto triste?
[Crediti | Link: Dissapore, La Scienza in cucina, Pariani, Wikipedia, Corriere.it. Gli altri episodi
della serie Fenomenologia dell'insalata: uno, due, tre, quattro]
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Scalo di cucina d’autore all’Aeroporto di
Torino
by Guido Rizzuti, Thursday 15 March 2012
Scopriamo “La Credenza: Eat and Fly”, l’originale iniziativa dello chef Igor Macchia del ristorante
La Credenza a San Maurizio Canavese (TO).
Il ristorante La Credenza a San Maurizio Canavese (TO), che ha festeggiato l’anno scorso i
vent’anni di attività (I primi Vent’anni de la Credenza), vi propone un’originale formula per il
pranzo o la cena, “La Credenza: Eat and Fly”. Se vi trovate all’aeroporto Sandro Pertini (Caselle) di
Torino, e mancano molte ore al vostro prossimo volo, chiamando il ristorante di Giovanni Grasso e
dello chef Igor Macchia, una navetta verrà a prendervi in aeroporto e vi porterà direttamente tra i
tavoli del ristorante, dove vi aspetta un menù dedicato di quattro portate. La cucina dà
un’importanza particolare ai prodotti tipici del Piemonte, come riso, formaggi, tartufo e carni. Tra
quelli del menù Eat and Fly troviamo il Rotolo croccante con patate e salame di turgia, Agnolotti
del plin con olio alle nocciole “Pariani” e Grana Padano, Agnello marinato nel caffé salsa al mais
e germogli aromatici, Baci di dama, Mousse al cioccolato e crème brulée all’arancia servita con
arancio sferificato. Insomma, se siete dei veri viaggiatori non vi resta che fare scalo al ristorante
stellato La Credenza, cogliendo questa occasione al volo.
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Eat and Fly alla Credenza
16 marzo 2012 Nessun Commento
Il ristorante stellato di San Maurizio Canavese offre un passaggio auto ai
potenziali clienti in transito all’aeroporto di Torino. Lo hanno battezzato “La Credenza eat and fly”
ed è un servizio offerto a tutti coloro che sostano all’aeroporto Sandro Pertini di Torino, in attesa
del proprio volo. Presentando la carta di imbarco si potrà utilizzare un’apposita navetta per
raggiungere il ristorante di Giovanni Grasso e Igor Macchia, pranzare e rientrare, con lo stesso
mezzo, in aeroporto in tempo per volare. Questo il menu: rotolo croccante con patate e salame di
turgia; agnolotti del plin con olio alle nocciole Pariani e Grana Padano; agnello marinato nel caffé,
salsa al mais e germogli aromatici; baci di dama; mousse al cioccolato e crème brulée all’arancia
servita con arancio sferificato. Il costo è di 40 euro, trasporto, acqua e calice di vino compreso.
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16 Marzo 2012
Stefania Monaco
Allarme Mandorla! Stiamo rischiando di farci
sovrastare dai prodotti esteri e dalle cultivar a
guscio morbido che sono tutt'altra cosa.
«Sfogliava il mandorlo ali di farfalla» recitava Pascoli e questo piccolo prezioso
frutto segnale di primavera alle porte ha un grande carico di significati e di virtù.
Mangiarne di fresche vuol dire fare una scorta di grassi insaturi, di vitamina E, di magnesio e di
proteine vegetali. Nel sud del Marocco ci si sta preparando all'annuale «Festival del Fiore di
Mandorlo», in cui musicisti, ballerini e cantastorie animano il villaggio di Tafraoute al centro della
Valle Ameln famosa per la produzione di mandorle. Da prima del XIV secolo a Srinagar, invece,
nel Nord dell'India, la gente arriva in pellegrinaggio da tutta la valle del Kashmir, per godersi lo
spettacolo incantevole del famoso giardino storico «Badamwari» (Alcova di mandorle). Nonostante
quanto accada nel mondo attorno a questo frutto, in Italia a parte la sagra dedicata dal 1934 alla
fioritura nella Valle dei Templi, non esiste una particolare attenzione ne tantomeno una
catalogazione delle specie; la più famosa è la mandorla di Avola (presidio slow food) che in realtà è
quella di Noto e campagne con due cultivar: pizzuta (perfetta per i confetti) e romana. Corrado
Assenza chef, pasticciere e responsabile del presidio difende la cultivar romana: «La pizzuta ha
bisogno del polline della romana altrimenti non si riproduce è autosterile. La romana è bitorzoluta e
contiene due mezzi semi all'interno che si attorcigliano tra di loro come in un abbraccio; è
buonissima e contiene tanto olio vegetale. Tutti mirano a fare la pizzuta, in realtà è molto meglio
questa, più ricca anche se rende meno. Nei mandorleti si sono ridotte le romane a favore della
pizzuta. Dalla Spagna e dalla California arrivano valanghe di tipologie economiche e dal guscio
morbido senza grassi contenuti all'interno, con frutti legnosi e poco consistenti». Usata sia in
pasticceria sia in cucina persino come olio per condire insalate, risotti, pesce. L'estrazione è frutto
dell'ingegno di Mattia Pariani (anch'egli di origine di Noto) che ha realizzato una macchina per
ricavare olii extravergine sia di mandorla che di nocciole, di pinoli e di pistacchi. Al Caffè Sicilia di
Noto i prodotti a base di mandorla inaugureranno la stagione estiva dopo i torroni natalizi, e sarà
protagonista di aperitivi nella versione tostata lievemente e salata. Oppure nella versione confetto
incastonata in due cialde di meringa al limone; in crema come base di preparazione per latte,
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sorbetti, granite, biancomangiare, marzapane, cassate o anche da semplicemente da spalmare sul
pane. Una goduria di sapore e di salute.
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ICON.PANORAMA.IT
GIUGNO 2014
Olio di nocciole, come usarlo
Dalle Langhe piemontesi, gli oli estratti da semi pregiati
italiani: la Nocciola Tonda Gentile, ma anche Mandorla di
Noto e il pinolo di San Rossore o il pistacchio di Bronte. Ecco
come li gli chef più creativi li abbinano
di Francesca Martinengo
Li utilizzano nei loro piatti Massimo Bottura, Gennaro Esposito, Italo Bassi dell’Enoteca Pinchiorri
di Firenze: sono gli oli estratti da semi pregiati italiani, dalla Nocciola Tonda Gentile delle Langhe
alla Mandorla di Noto. Tutto ha inizio nelle Langhe piemontesi, quando i contadini piemontesi
utilizzavano a tavola l’olio di nocciola, prodotto "povero" che veniva ottenuto pressando le nocciole
con i torchi artigianali al posto dell’olio d’oliva, troppo caro e troppo difficile da reperire.
Oggi questa tradizione rivive, grazie al giovane produttore – imprenditore Mattia Pariani, non solo
con l’olio di Nocciola Piemonte IGP, ma con una gamma completa di oli da tavola: Pinolo di San
Rossore, Pistacchio di Bronte, Mandorla siciliana, Noce Veneta, Armellina. Oli estremamente
preziosi per le loro caratteristiche organolettiche, che, con il loro gusto morbido e delicato, rendono
gourmand il piatto più semplice.
Abbinamenti speciali per l’estate: quelli dell’olio di Pistacchio e di Pinolo con il pesce e le
insalate. Da provare con i carpacci di spada anche l’olio di nocciola o l’olio di armellina (il
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insalate. Da provare con i carpacci di spada anche l’olio di nocciola o l’olio di armellina (il
nocciolo dell’albicocca). L’Olio di Pistacchio aromatizza anche le carni bianche, mentre la battuta
di carne cruda acquista un twist in più con l’olio di nocciola, così come i bolliti.
Per chi ama i gelati, i gusti crema sono i più indicati da abbinare. A Torino, il Maestro Gelatiere
Alberto Marchetti ha creato con lo chef Igor Macchia, del ristorante La Credenza di San Maurizio
Canavese (una stella Michelin) il Biscotto con gelato all’Olio di Nocciola.
Altri piatti realizzati con gli oli Pariani da un grande della cucina? Il Bignè con zabaionese (a metà
fra zabaione e maionese) di olio di pistacchio e la Sintesi Assoluta: oliva condita e cappero ibleo in
olio di mandorla, entrambi dello chef pasticciere Corrado Assenza di Noto. Trionfo di sapori e
aromi Made in Italy, da Nord a Sud.
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http://www.mysnack.it/it/canali/articolo/articolo/pariani-srl-lancia-le-spalmabili-di-alta-qualita.html
Pariani Srl lancia le spalmabili di alta qualità
23.01.15 - (Autore: Marco Pederzoli)
Presentate al Sigep le creme al 50% di pasta nocciola e al 50% di pasta pistacchio
Pariani Srl (www.pariani.org), azienda specializzata nella lavorazione di frutta secca italiana di alta
qualità e nella produzione dei relativi oli (olio di nocciola, di pinolo, di pistacchio, di mandorla, di noce
e di armellina), ha lanciato in occasione dell’ultima edizione del Sigep diverse novità di prodotto. A
presentarle è il titolare, Mattia Pariani, che spiega: “Abbiamo portato due novità tra le creme spalmabili,
ovvero una spalmabile al 50% di pasta nocciola e una spalmabile al 50% di pasta pistacchio.
Presentiamo inoltre una farina degrassata di pinoli particolarmente adatta per il comparto della
pasticceria. Tutte le materie prime che impieghiamo sono italiane – prosegue Pariani – e per il mondo
della gelateria copriamo l’intera gamma di esigenze, con prodotti interi, a granella, in farina o in pasta.
Oltre che nel mondo della ristorazione e della pasticceria, siamo presenti con il nostro marchio e i nostri
prodotti in catene molto selezionate del retail, come Eataly e la Rinascente”. Come si può leggere sul
sito ufficiale dell’azienda, Mattia Pariani ha intrapreso il suo percorso imprenditoriale nel 2000 presso
l'Università di Agraria di Torino, con il progetto Leader Plus sovvenzionato dalla Comunità Europea e
la tesi di laurea "Il nocciolio" sulla valorizzazione dei sottoprodotti della nocciola: olio di nocciola,
farina disoleata di nocciola e gusci. E' proprio dall'olio di nocciola, estratto esclusivamente da Nocciola
Piemonte IGP, che tutto è cominciato. Nel segno della ricerca e dell’innovazione, l’azienda si è dedicata
da subito all’estrazione di olio (e relative farine disoleate) anche da mandorle, pinoli e pistacchi. Sono
poi nati nuovi progetti tra cui la Torta Sbrisolina, la Crema Spalmabile Pariani e la Robiola di capra in
olio di nocciola. Dal 2010 l'intera Famiglia Pariani si dedica all’azienda; nella gamma viene inserita
frutta secca italiana di prima qualità con i suoi derivati.
Nella foto: Mattia Pariani
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INTERNATIONAL ARTICLE
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Fancy Food 2009: Specialty products, from
soup to nuts
Chronicle Food staff report
Wednesday, January 21, 2009
More than 1,500 exhibitors from 35 countries displayed a total of 50,000 products at the mega trade
show, which concluded its three-day run at Moscone Center on Tuesday. And while the economy
has put a crimp in consumers' buying power, organizers say that specialty foods continue to fill the
public's appetite for "small indulgences."
Many producers from foreign countries banded together under their national umbrellas, with the
result that booths from Italy, France, Canada, Australia, Great Britain, Chile and even Tunisia
featured dozens of products.
Here are a few products that caught our eye. While some may already be in retail markets, most
won't appear in stores for several months, although many can already be ordered online.
Vintage Cheddar cheese from Britain's Quickes Traditional made by the Quicke family in the
Devon hills, stood out for its shard-like texture and pronounced grassy flavor. Another British
product, the Isle of Man Mature Cheddar from a dairy cooperative on the island was equally
appealing.
Bovetti Artisan Chocolatier from France had eye-catching pure-origin chocolate tablets inlaid
with nuts, candied fruit and spices. We liked the milk chocolate with dried banana.
From Italy, we also liked dry-farmed Sicilian almonds from Blanqa (ItalFoods is the distributor),
which are flatter than California almonds and have a distinctive taste - more like a bitter almond.
They're the ones Sicilian pastry makers use for marzipan.
Pariani Olio Nocciola delle Langhe, hazelnut oil from the Langhe region of Piedmont, is coldpressed from roasted hazelnuts. Manicaretti, the importer, suggests putting it on carpaccio, grilled
meat or chocolate gelato.
Real Foods, a company that promotes fair trade products that preserve local food heritage, offered
Xoxoc's dehydrated prickly pear with chile that's sweet, sour, salty and hot. Produced in Hidalgo,
Mexico, it's the essence of slightly chewy prickly pear, with a little savory-spicy hit.
From Spain, Matiz's light and rustic Andalucian olive oil cakes come in four flavors: garlic-parsley,
sugared, cinnamon and original with anise.
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We've written about Savory Choice in the past - gelled concentrates that blend with water for a
finished broth that can be the base of soups or sauces. The newest product in the line to hit the
shelves is beef-flavored demi-glace. Mix it with water or wine for a rich sauce.
Aloe drinks were everywhere this year, including a particularly nice one from T'best, with original
and flavored drinks including lychee, mango and guava.
New York's Bee-Raw stood out among the many honeys at the show. The company makes
American single-varietal honey from small, family-owned apiaries, including orange blossom
from Florida, Basswood from New York and Sourwood from North Carolina. The thick and creamy
Colorado star thistle was a favorite.
Snake River Farms from Boise, Idaho introducing hardwood-smoked American Waygu beef hot
dogs. Fat, juicy and meaty, they take franks to a whole new level.
Chocolate Mochi Krunch, brown rice mochi crackers covered in chocolate, were crazy good.
Flavors include milk chocolate and hot chocolate, which had a spicy kick. They're made by
Impressions Fine Foods in Los Angeles.
And then there's this for a grand finale: J&D's, a company that produces smoked bacon salt and
Baconnaise, and whose slogan is, "Everything should taste like bacon," handed out samples of
bacon-flavored lip gloss. The product is vegetarian and, somehow, kosher.
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