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G I U G N O
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Editoriale .............................................................................................................................................2
RICERCA & SVILUPPO
Tecniche di nanofabbricazione top down e bottom up per lo sviluppo di dispositivi spintronici...............3
Materiali metallici massivi nanostrutturati tramite intense deformazioni plastiche..................................7
Sensoristica a base micro e nano oscillatori meccanici (cantilever)........................................................10
Approcci innovativi alla riqualificazione dei materiali plastici attraverso la dispersione di cariche
nanostrutturate e l’utilizzo della simulazione molecolare.....................................................................15
Nanomondo e Movimento. L’esempio del pneumatico .......................................................................18
Tethis: nuove soluzioni nel nano- e biotech.........................................................................................24
NOTIZIE
Notizie in breve
Nasce a Rovigo ECSIN (European Center for the Sustainable Impact of Nanotechnology)....................30
Attività normativa nazionale UNI e internazionale ISO in materia di nanotecnologie ............................30
Dispositivo per la valutazione del potere disinquinante dei materiali fotocatalitici ................................31
Pubblicato inventario dei prodotti nanotecnologici .............................................................................31
Nanochallenge: 300,000 euro per nuove iniziative industriali nelle nanotecnologie .............................32
Il budget federale USA 2007 per le nanotecnologie ...........................................................................32
Ora disponibili le roadmaps del progetto UE Nanoroadmap ................................................................32
Seminari e convegni
NSTI Nanotech 2006 International Conference: uno spazio per le nanotecnologie italiane...................33
NSTI Nanotech 2006 International Conference: il convegno................................................................34
Il Progetto NAoMITEC aiuta le PMI a partecipare
ai programmi di ricerca supportati dalla Commissione Europea ...........................................................35
Le nanotecnologie nel 7° Programma Quadro dell’Unione Europea:
innovazione per il mondo di domani...................................................................................................35
Nanotech Umbria 2006: una opportunità per il nuovo distretto tecnologico umbro.............................36
The risk governance of nanotechnology: recommendations for managing a global issue.....................36
Aspetti di Base e Funzionali di ibridi inorganici-organici nanostrutturati...............................................37
Eventi futuri
Eventi nanotec ...................................................................................................................................38
Periodico
di informazione
sulle nanotecnologie
giugno 2006
Supplemento a Notizie Airi
n. 149 marzo aprile 2006
Anno XXI - 2006
Bimestrale
Abbonamento annuo
• Soci Euro 49,00
• Non soci Euro 70,00
Spedizione in abb. postale
comma 20 lett. B art. 2
L. 23.12.96 n. 662
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Pubblicità 45%
Autorizzazione Tribunale
di Roma n. 216
del 29 aprile 1986
Redazione AIRI:
00198 Roma
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tel. 06.8848831, 06.8546662
fax 06.8552949
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www.airi.it - www.nanotec.it
Editoriale
Questo numero della newsletter, nel quale sono presenti contributi di importanti aziende Italiane che illustrano il loro impegno in
ambito dell’industria nel campo delle nanotecnologie, esce in
concomitanza con il “2° Censimento Nanotec IT delle Nanotecnologie in Italia”, che facendo seguito a quello pubblicato
nel 2004, sarà disponibile dal prossimo mese di luglio.
Nei due anni intercorsi dalla pubblicazione del 1° Censimento
l’interesse per le nanotecnologie nel mondo ha seguitato a crescere, arrivando a coinvolgere tutti i paesi piu’ importanti. Il finanziamento pubblico, che è stato all’inizio il principale motore dello
sviluppo di questo settore, ha superato complessivamente nel
2005 i 4 miliardi di dollari, ma cio’ che è forse maggiormente rilevante, è il fatto che gli investimenti privati nelle nanotecnologie
hanno ormai raggiunto quelli pubblici. Sommando questi due finanziamenti nel 2005 gli investimenti sulle nanotecnologie nel
mondo hanno superato i 9 miliardi di dollari, quasi equamente divisi tra pubblico e privato. Insomma è chiaro che le nanotecnologie non sono una infatuazione passeggera, ma una realtà della
quale bisogna tenere conto.
L’evoluzione di questi ultimi due anni ha convinto Nanotec IT della necessità di verificare nuovamente con attenzione il quadro esistente in Italia nella convinzione che la conoscenza puntuale della
situazione è la base di partenza obbligata per ogni iniziativa in
questo campo che si voglia confrontare con successo con quanto
avviene negli altri Paesi con i quali dobbiamo competere.
Il 2° Censimento Nanotec IT ha registrato come anche in Italia
l’impegno nelle nanotecnologie negli ultimi due anni è aumentato. Rispetto al Censimento del 2004, il numero dei soggetti che
sono attivi nelle nanotecnologie è risultato infatti cresciuto, soprattutto per cio’ che riguarda le imprese, cosi’ come è aumentato significativamente il numero degli addetti. Nuove iniziative sono state attivate, soprattutto a livello organizzativo, per favorire
e promuovere l’attività in questo campo. L’impegno risulta insomma importante e si pone l’esigenza di rendere questo impegno
sempre piu’ efficace per competere con succeso. Uno strumento
di grande aiuto in questa direzione sarebbe la presenza di una iniziativa specifica per le nanotecnologie che dovrebbe coinvolgere
in un disegno comune, ricerca pubblica, imprese, pubblica amministrazione. Il Censimento non ha messo in evidenza iniziative di
questo genere in Italia che invece esistono in vari paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, è stata attivata nel 2001 la National Nanotechnology Iniziative (NNI) proprio allo scopo di accelerare lo sviluppo e l’applicazione delle nanotecnologie. La posizione di punta di
questo Paese nel settore ha le sue radici anche in questa iniziativa
che gode di un sostegno economico federale di grande entità. Il
budget 2006 della NNI è di oltre 1 miliardo di dollari e per il 2007
è previsto un impegno ancora piu’ elevato.
Un’iniziativa analoga (non necessariamente delle stesse dimensioni….) avrebbe la capacità di mobilizzare risorse economiche
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adeguate, razionalizzare l’uso di tali risorse, orientare l’attività di
R&S verso obiettivi condivisi e prioritari, favorire le collaborazioni
ed il trasferimento dei risultati di ricerca.
Una iniziativa nazionale per le nanotecnologie offrirebbe pero’
anche un altro vantaggio fondamentale. Il successo delle nanotecnologie e l’effettivo conseguimento delle grandi innovazioni
che esse promettono, sono legati infatti alla capacità di realizzare
prodotti e processi che non abbiano effetti negativi per l’uomo e
per l’ambiente. Cio’ significa identificare per tempo i potenziali
fattori di rischio, mettere a punto strumenti per la loro caratterizzazione, valutazione e controllo, informare tempestivamente il
pubblico che deve conoscere in maniera corretta vantaggi e svantaggi che possono derivare dall’applicazione di queste tecnologie
emergenti. In sintesi tutto questo significa ricerca responsabile e
l’iniziativa nazionale auspicata darebbe un contributo decisivo
per raggiungere questo obiettivo. Il fatto che le nanotecnologie
siano ancora in una fase iniziale di sviluppo, offre l’opportunità di
affrontare per tempo ed efficacemente questa tematica.
L’esigenza, o meglio, la necessità, di una ricerca responsabile nelle nanotecnologie al fine di ottenere prodotti e processi sicuri è
ampiamente condivisa. Organismi sopranazionali, come l’Unione
Europea e nazionali, come la National Science Foundation USA,
network internazionali, quali il Global Nanotechnology Network
(GNN), sono impegnati attivamente in questa direzione finanziando ricerche e indagini, promuovendo incontri, favorendo
scambio di informazioni. Questa esigenza è largamente condivisa
anche dal mondo delle imprese nella consapevolezza che il successo economico è ormai legato al soddisfacimento di questo requisito fondamentale.
Nanotec IT, che partecipa al GNN, è impegnato attivamente a dare il suo contributo al raggiungimento di questo obiettivo. Un
esempio ne è il convegno “Governare lo Sviluppo delle Nanotecnologie in Italia” organizzato a Roma il 3 luglio 2006, che si propone appunto di affrontare il problema della promozione nel nostro Paese delle nanotecnologie e del loro sviluppo responsabile.
Iniziative in questa direzione saranno una priorità di Nanotec IT
anche nel futuro.
Elvio Mantovani
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Tecniche di nanofabbricazione
top down e bottom up
per lo sviluppo di dispositivi
spintronici.
Daniele Pullini, Gianfranco Innocenti
Centro Ricerche Fiat - Orbassano, Torino
Introduzione
Il termine “Nanotecnologia” venne coniato nel 1976 da Eric
Drextler per definire la “sua” scienza: “una tecnologia a livello
molecolare che ci potrà permettere di porre ogni atomo dove vogliamo che esso stia. Chiamiamo questa capacità ‘nanotecnologia’, perché funziona sulla scala del nanometro, un milionesimo
di metro”. Da quel giorno sono successe molte cose e le nanotecnologie rappresentano oggi una delle forme di investimento
più strategiche per il futuro. Fra le discipline che fanno delle nanotecnologie una delle risorse più importanti per lo sviluppo dei
paesi ‘post-fordisti’, il nanomagnetismo è certamente una delle
più promettenti in virtù delle molteplici aree di applicabilità e dei
suoi ampi margini di sviluppo. L’industria dell’elettronica integrata e dei calcolatori è il primo ambito applicativo di questa ‘nanoscienza’, che ha visto nelle memorie non volatili il suo primo vero
prodotto (RAM Magnetiche non-volatili).
Oggi in questo ambito, sforzi notevoli vanno concentrandosi nella nanostrutturazione di materiali complessi a base magnetica,
cioè costituiti di elementi magnetici e non-magnetici distribuiti in
modo ordinato su scale nanometriche nello spazio tridimensionale. La possibilità di integrare in un unico materiale più elementi
(singoli elementi magnetici, elementi multipli stratiformi, eterostrutture, leghe o compositi) consente di progettare e di sviluppare veri e propri materiali artificiali di proprietà non esistenti in Natura, proprietà che si manifestano soltanto quando la materia è
aggregata in configurazioni speciali su scala nanometrica.
Uno dei problemi con cui la ricerca industriale si sta misurando
dall’avvento delle nanotecnologie ai giorni nostri è di rendere
compatibili i processi di funzionalizzazione della materia a scale
nanometriche e quelli dominio del mondo micrometrico, ancora
necessari per consentire la comunicazione dell’elemento attivo
con il mondo esterno. Se per microstrutturare la materia si riconosce il solo approccio ‘top-down’ (la fotolitografia classica), che
consiste nello scolpire un materiale massivo per ricavarne la microstruttura, le nanotecnologie offrono opportunità maggiori, accanto agli approcci top-down qui rappresentati dalla litografia a
fascio elettronico (EBL) e a fascio ionico focalizzato (FIB), vi sono
approcci ‘bottom-up’, processi mediante cui la materia si auto-organizza per formare strutture nanometriche periodiche bi- e tridimensionali (comunemente self-assembly). In questo articolo
presentiamo questi due approcci in relazione a due linee prodotto
che il CRF sta sviluppando nell’ambito spintronica: le spin valve
MTJ e i nanowire GMR.
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FIB nanosculpting per la fabbricazione di giunzioni MTJ
L’avvento delle nanotecnologie ha portato in auge il focused ionbeam (FIB), un sistema sofisticato che consente di visualizzare
(microscopia), tagliare (milling), modellare (sculpting) e deporre
materiali di dimensioni nanometriche. Il FIB nasce nel campo dell’industria dei semiconduttori nei primi anni ’90 allo scopo di verificare la corretta crescita dei wafer di silicio, rifinire circuiti elettronici e per preparare campioni per la microscopia elettronica. Al
CRF la tecnologia FIB viene utilizzata in diversi ambiti delle nanotecnologie: fotonica, energia, materiali artificiali (left handed),
biotecnologie e in questo caso specifico per fabbricare dispositivi
e materiali per la spintronica; in particolare, in questo articolo mostriamo come il FIB è stato impiegato per miniaturizzare giunzioni a tunnel magnetico (MTJ) allo scopo di fabbricare sensori di
campo magnetico nanometrici di nuova generazione.
Le giunzioni MTJ sono multistrati di numerosi elementi diversi e
leghe (materiali ferromagnetici, antiferromagnetici e dielettrici)
depositati mediante tecniche ad alto vuoto (DC/RF magnetron
sputtering); per meglio comprenderne il principio di funzionamento, sebbene il multistrato reale sia costituito di numerosi film
diversi di spessore nanometrico, semplifichiamone la struttura in
due strati ferromagnetici di diversa coercività separati da uno sottile di materiale isolante (nel nostro caso di allumina). Applicando
un campo elettrico ai capi di una MTJ lungo la direzione ortogonale al piano della giunzione, attraverso lo strato dielettrico barriera passa una corrente di tunnelling, la cui intensità dipende
dalla disposizione dei momenti magnetici degli atomi contenuti
nei due strati ferromagnetici. La corrente di tunnelling è massima
quando i due strati magnetici sono saturi e le loro magnetizzazioni relative allineate parallelamente. La figura 1 illustra il funzionamento di una spin valve MTJ.
Figura 1. Funzionamento di una spin valve MTJ – struttura semplificata; a.
Configurazione antiparallela; b. Configurazione parallela
La figura 2 riporta un’immagine FIB di una giunzione MTJ submicrometrica realizzata nei laboratori di micro e nanotecnologie del
Centro Ricerche Fiat. L’elemento in figura è stato fabbricato mediante FIB nanosculpting (FEI dual beam FIB) a partire da un multistrato MTJ secondo la tecnica dei ‘side cuts’ precedentemente dimostrata a Cambridge da M. Bramire;1 questa tecnica, consente
di interrompere la continuità elettrica del multistrato ovunque
fuorché attraverso un’area delle dimensioni volute. Mediante una
semplice misura di conducibilità elettrica della giunzione nanodimensionata è possibile misurare un campo magnetico esterno o
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semplicemente accorgersi se in prossimità del dispositivo sia passata o meno una sorgente di campo magnetico in movimento.
di alluminio metallico per mezzo di un processo elettrochimico
noto come anodizzazione. Il diametro dei suoi pori può essere
controllato, tra qualche decina a qualche centinaia di nanometri,
dall’elettrolita usato, dalla corrente di anodizzazione e mediante
parametri di processo quali concentrazione, pH e temperatura
della soluzione; mediante trattamenti chimici opportuni è possibile inoltre allargare la sezione dei suoi pori e renderli dei veri e propri nanocanali passanti.
Figura 2. FIB nanosculpting. Giunzione a Tunnelling Magnetico (MTJ)
submicrometrica fabbricata al CRF.
Una spin valve MTJ, in virtù della sua grande sensibilità ai campi
magnetici e alla grande stabilità di risposta a temperature elevate,
può essere considerata a tutti gli effetti come il cuore di un sensore di campo magnetico di nuova generazione, che ben si presta a
sostituire dispositivi più classici come i sensori ad effetto Hall,
AMR e ad induzione nei sistemi di posizionamento lineari e con
ruota fonica. La giunzione MTJ, rispetto ai sensori tradizionali,
presenta un rapporto di magneto-resistenza (nel caso specifico:
TMR) di gran lunga superiore; oggi si riportano valori di TMR
maggiori del 70% a temperatura ambiente con barriera di allumina, e diversi gruppi di ricerca si stanno concentrando su film di
MgO per aumentare tale rapporto (si riportano valori di
TMR>230% a temperature ambiente con l’MgO).
Elettrodeposizione in matrici nanoporose per la
fabbricazione di nanowire GMR.
Oltre alla nanolitografia a fascio ionico, al CRF sono state sviluppate competenze riguardo la nano-fabbricazione bottom-up,
grazie a cui, a partire da nanostrutture auto-organizzate impiegate ora come calco, ora come maschera d’ampiezza è possibile
fabbricare un secondo elemento anch’esso nanostrutturato. In
particolare, in questo articolo vengono presentati i criteri di fabbricazione di nanowire Giant Magneto Resistive (GMR) per la sensoristica a partire da un substrato di Allumina Porosa Anodizzata
(APA), una matrice di allumina dotata di pori di dimensioni nanometriche.
Inizialmente l’APA venne utilizzata per proteggere le superfici di
allumino dalla corrosione e come materiale dielettrico per la microelettronica, solo recentemente ha riscosso interesse il suo impiego nella nanofabbricazione, in particolare per le sue caratteristiche strutturali: elevato rapporto tra profondità e sezione di poro ed elevata regolarità reticolare. L’Allumina si auto-organizza
nella tipica struttura a nido d’ape, a partire da un semplice strato
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Figura 3. APA fabbricata al CRF. Immagine AFM.
La figura 3. è un’immagine dall’alto di APA ottenuta mediante microscopia a
forza atomica (AFM).
Se il controllo del processo di anodizzazione consente di decidere
il diametro dei pori e la periodicità della loro disposizione, la loro
profondità corrisponde allo spessore dello strato di alluminio di
partenza; in questo articolo, vengono presentati i risultati relativi
alla fabbricazione di nanowire GMR ottenuti riempiendo nanocanali di 80nm di diametro realizzati in APA di 8 micron di spessore.
I nanowire GMR in questione sono sistemi multistrato di periodicità nanometrica costituiti di strati di Co e di Cu alternati. Se per
un attimo facciamo riferimento ad un tratto elementare del nanowire, cioè ad un tristrato Co/Cu/Co, gli spessori in gioco fanno
sì che in assenza di campo esterno gli strati Co siano accoppiati in
modo antiferromagnetico (interazione dipolare), mentre alla presenza di un campo magnetico esterno passino gradualmente alla
configurazione parallela in funzione dell’intensità del campo stesso. Come illustrato in figura 4, il passaggio dalla configurazione
antiparallela a quella parallela corrisponde ad un cambiamento
della conducibilità elettrica del nanowire (effetto GMR), effetto
causato dai processi di scattering elettronico che avvengono nella
struttura ed in particolare alle interfacce.
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risposta magneto-elettrica di una matrice di nanowire di queste
caratteristiche.
Figura 4. GMR in Co/Cu nanowire – Schema di principio. a. Configurazione
parallela, alta conducibilità elettrica; b. Configurazione antiparallela, bassa
conducibilità elettrica. Le frecce sottili rappresentano il moto degli elettroni.
Oggi, diversi gruppi di ricerca stanno concentrando i loro sforzi
nella fabbricazione di matrici di nanowire GMR, o per studiare fenomeni di trasporto elettronico nella materia confinata2,3 o perchè mossi dalla moltitudine di applicazioni a cui questi sistemi
preparano la strada.3 In questo ambito, allo scopo di sviluppare
sensori di posizione a basso costo, il Centro Ricerche Fiat sta investendo risorse nell’elettrodeposizione in APA a partire da un’unica
soluzione elettrolitica, una tecnologia considerata molto vicina ad
una possibile industrializzazione a costi competitivi. L’elettrodeposione di due elementi a partire da un’unica soluzione consiste
nel depositare ora un metallo ora l’altro semplicemente commutando il potenziale di un anodo immerso nell’elettrolita. Nel nostro caso specifico, poiché la soluzione contiene sia i cationi Co
che quelli Cu, selezionando il potenziale di riduzione di un elemento o dell’altro, è possibile depositare film di Co e di Cu alternati su un catodo posto all’estremità più lontana dei nanopori. La
composizione della soluzione deve essere dimensionata in modo
tale che il sale dell’elemento più nobile, il Cu, sia molto più diluito
del secondo per garantire la deposizione di strati di cobalto di elevata purezza. Lo spessore dei singoli strati è determinato dalla durata dei corrispondenti cicli di deposizione. La figura 5 illustra
un’immagine al microscopio elettronico in trasmissione di un nanowire Co/Cu di 20nm di periodo.
Figura 5. Co/Cu Nanowire – Immagini TEM.
La validità della tecnica è corroborata dall’effetto GMR misurato
nei nanowire di 80nm di diametro e di periodo pari a circa 5nm
fabbricati al CRF. Il valore di GMR misurato in questo sistema è
pari a circa il 15% a temperatura ambiente; la figura 6 riporta la
Figura 6. Risposta magneto-elettrica di una matrice di nanowire Cu/Co di
80nm di diametro e circa 5nm di periodo.
Dalle nanotecnologie al prodotto finale qualificato
automotive
Gli avanzamenti delle nanotecnologie consentono oggi di pensare a come orientarne gli sviluppi in vista del prodotto finale; se in
molte aree le nanotecnologie sono ancora in uno stato embrionale, in alcuni altri e già possibile ipotizzare un avanzamento di sviluppo precompetitivo. In questo senso, il Centro Ricerche Fiat sta
sviluppando competenze e proprietà intellettuale nella fabbricazione di microsistemi per applicazioni automotive, fra i quali: sensori di posizione, pressione, temperatura, torsione, stress, giroscopi ed accelerometri, dall’elemento sensibile al packaging finale. Quando si parla di sviluppo prodotto, il packaging, a tutti i suoi
livelli, è una fase problematica del processo di produzione ma è
anche quella dal più ampio margine di profitto, per ambo le ragioni, esso gode di considerazione notevole. Per molte delle applicazioni di sensoristica automotive, ed in particolare quelle legate al motore a cui il lavoro presentato fa riferimento, l’elemento
che maggiormente complica la fabbricazione, è rappresentato
dalle condizioni assai ardue in cui il dispositivo deve operare, in
particolare dovute alle vibrazioni meccaniche, ai gradienti di temperatura e di pressione, alle ampie escursioni dinamiche di funzionamento. Il progetto di un microsistema qualificabile automotive deve essere pensato a partire dal ‘cuore’ del dispositivo che è
l’elemento sensibile e dalla definizione dei materiali, considerando l’integrazione di detto elemento con l’elettronica di alimentazione, di condizionamento del segnale e di trasmissione dei
dati. Nella scelta dei materiali, particolare attenzione va rivolta alle criticità del luogo di alloggiamento del microsistema stesso a
bordo veicolo. Un microsistema così concepito non è reperibile
sul mercato a costi limitati e, per alcune applicazioni specifiche, i
maggiori produttori non presentano soluzione. I laboratori di micro- e nanotecnologie del CRF sono attrezzati per la fabbricazioN E W S L E T T E R
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ne di microsistemi, dalla ricerca fondamentale, relativa all’elemento sensibile, alla ‘validazione’ del prototipo finale. Negli ultimi anni sono state attivate collaborazioni sinergiche fra il dipartimento Micro e Nanotecnologie e le direzioni tecniche del CRF depositarie delle applicazioni finali, che consentono alle ‘tecnologie’
di lavorare al servizio dell’applicazione e allo stesso tempo di accedere, su binari di comprensione privilegiati, ai requisiti prestazionali e alle criticità della stessa.
Riferimenti
1. Leung et al, Nanotechnology 15 (2004) 786–789.
2. A. Fert, L. Piraux, J. Magn. Magn. Mater. 200 (1999) 338.
3. D. Pullini et al, Article accepted for publication J. Magn. Magn. Mater.
Contatti
Daniele Pullini
CENTRO RICERCHE FIAT - Dipartimento di Micro e Nanotecnologie
S. Torino 50, 10043, Orbassano (To)
[email protected]
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Materiali metallici massivi
nanostrutturati tramite intense
deformazioni plastiche
Ilaria Salvatori,
Centro Sviluppo Materiali - Roma
Introduzione
Negli ultimi anni, i materiali metallici massivi nanostrutturati sono
stati oggetto di intensa ricerca scientifica a causa delle loro promettenti proprietà, quali un’ altissima resistenza meccanica, migliore tenacità e una migliore resistenza a fatica.
Queste proprietà rendono i materiali metallici nanostrutturati attraenti per molte applicazioni come ad esempio in campo aerospaziale ed in generale nel settore dei trasporti, in cui il rapporto
tra la resistenza meccanica ed il peso è una proprietà critica.
La fabbricazione di materiali metallici massivi nanostrutturati,
cioè metalli o leghe la cui microstruttura presenta una dimensione media dei grani di alcune centinaia di nanometri, richiede
deformazioni plastiche molto intense da effettuarsi a temperature relativamente basse.
I metodi tradizionali, quali la laminazione, la forgiatura, lo stampaggio o l’estrusione non riescono a soddisfare questi requisiti
senza provocare il danneggiamento del campione dovuto alla
formazione di cricche.
Molti sono stati i tentativi di produrre materiali metallici massivi
nanostrutturati quali ad esempio la condensazione da gas inerte,
alligazione meccanica ad alta energia, deposizione galvanica, ecc.
Tuttavia, questi metodi, cosiddetti bottom-up, non possono produrre campioni di dimensioni superiori a qualche millimetro. Inoltre, un certo numero di difficoltà quali la porosità residua, la presenza di impurità, l’ esposizione a nanopolveri pericolose, e difficoltà di fabbricazione su scala industriale ha impedito a queste
tecniche di svilupparsi ulteriormente.
Negli ultimi anni, tuttavia, tecniche di tipo top-down denominate
“severe deformazioni plastiche” (Severe Plastic Deformation,SPD)
sono emerse prepotentemente all’attenzione del mondo scientifico a causa della loro capacità di trasformare direttamente metalli
o leghe metalliche convenzionali in materiali massivi nanostrutturati [1].
L’impartizione di altissime deformazioni plastiche effettuate a
temperature relativamente basse (le temperature dipendono dal
materiale e generalmente variano tra la temperatura ambiente fino a 500°C) comporta la formazione di una vasta rete di dislocazioni che danno origine dapprima ad una struttura con bordi grano a basso angolo, per poi, tramite l’attivazione di meccanismi
non convenzionali quali la ricristallizzazione continua e la ricristallizzazione geometrica, trasformarsi in una struttura omogenea
con bordi grano ad alto angolo.
Caratteristiche peculiari delle tecniche SPD sono:
a) la quantità di deformazione impartita durante ogni ciclo SPD è
costante ed è necessario ripetere la procedura fino al raggiun-
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gimento della deformazione voluta
b) durante il processo di trasformazione da materiale convenzionale a nanostrutturato la forma originale del campione viene
conservata.
Metodi spd per la produzione di materiali massivi
nanostrutturati
Negli ultimi anni molte di tecniche di severa deformazione plastica sono state proposte e sperimentate. Anche se tutte hanno permesso di produrre metalli, leghe, ed intermetallici nanostrutturati, alcune difficoltà tecnologiche finora hanno impedito il passaggio da strumentazioni di laboratorio ad impianti pilota.
La tecnica che in assoluto permette di imprimere maggiori deformazioni è l’High Pressure Torsion (HPT) mostrato in Fig. 1. L’HPT si
basa sulla ripetizione della deformazione in torsione di dischi di
diametro 10-20mm fino a 1 mm di spessore, su cui viene applicata una pressione esterna. Questa tecnica è molto efficace e viene
utilizzata principalmente per lo studio dei meccanismi di nanostrutturazione, in quanto la dimensione dei campioni è molto limitata.
I metodi più comunemente utilizzati e promettenti dal punto di
vista dell’applicazione industriale sono l’Equal Channel Angular
pressing (ECAP) e l’Accumulative Roll Bonding (ARB) che sono descritti in seguito:
Equal Channel Angular Pressing (ECAP)
Durante l’ECAP una billetta di almeno di 70 millimetri di lunghezza (attualmente sono stati eseguiti prove fino a 60 mm di diametro), viene ripetutamente costretta a passare attraverso due canali di uguale sezione che si intersecano (Fig. 2). In questo modo viene imposta al campione una intensa deformazione in breve tempo. Tale processo può essere ripetuto più volte anche ruotando la
billetta intorno al suo asse longitudinale di 90° o 180° per cambiare i sistemi di scorrimento attivati. La successione delle rotazioni insieme al numero di passaggi, determinano le caratteristiche
della microstruttura finale [1,2].
L’angolo di intersezione delle due scanalature è solitamente 90°
ma valori piu’ alti, come ad esempio 120°, possono essere scelti
per ridurre il carico o diminuire la temperatura di processo.
Tramite questa tecnica è stato possibile ottenere dimensioni dei
grani fino a circa 50-100 nm migliorando drasticamente la resistenza meccanica e la tenacità dei materiali.
Accumulative Roll Bonding
Un metodo per imporre intense deformazioni plastiche su prodotti piani è l’Accumulative Roll Bonding (ARB) (Fig. 3), dove due
fogli di materiale vengono sovrapposti e laminati al 50% di deformazione.
L’Accumulative Roll Bonding [3] consiste nella ripetizione di tali laminazioni al fine di ottenere un prodotto finale dello stesso spessore di partenza ma costituito da vari strati sovrapposti colaminati. I laminati costituenti il campione formano un blocco unico (single body) grazie alla interdiffusione metallica avvenuta durante la
deformazione.
La dimensione di questi fogli dipende soltanto dalla potenza e
dalle dimensioni del laminatoio.
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Tramite questa tecnica è stato possibile ottenere dimensioni dei
grani fino a circa 80 nm per una lega 5083 Al(Al-4.5Mg-0.5Mn)
[4] con 7 cicli di ARB a temperatura ambiente.
Altre tecniche di severa deformazione plastica di interesse industriale recentemente proposte sono il CEC (Cyclic Extrusion-Compression) [5] il TE (Twist Extrusion) per la fabbricazione di fili o billette ed il CCSS (Continuous Confined Strip Shearing) una versione dell’ ECAP per laminati piani [6].
Indubbiamente ancora molto lavoro deve essere fatto per mettere a punto questi metodi migliorandone l’efficienza e superando
alcuni svantaggi tecnici in modo da rendere la tecnologia SPD disponibile per l’industria.
Proprietà dei materiali metallici massivi nanostrutturati
I materiali metallici nanostrutturati presentano proprietà fisiche e
meccaniche superiori se confrontate con quelle dei materiali metallici convenzionali.
Ad esempio i materiali metallici nanostrutturati possono presentare proprietà fisiche di alto interesse scientifico quali variazioni
della temperatura di Debye e della temperatura di Curie, di proprietà ottiche e talvolta persino dei moduli elastici, anomalie nell’attrito interno, ecc.
Altre caratteristiche quali la magnetizzazione di saturazione e l’isteresi magnetica, l’aumento delle cinetiche di diffusione, il miglior comportamento a corrosione, il comportamento superplastico a bassa temperatura o ad alta velocità di deformazione, la
migliore risposta al ciclaggio a fatica, la possibilità di formazione
di una soluzione soprasatura e metastabile negli acciai ad alto tenore di carbonio e ultimo, ma probabilmente il più importante,
l’alta resistenza meccanica, fanno dei materiali metallici nanostrutturati un grande campo di interesse per applicazioni pratiche.
Generalmente l’aumento di resistenza meccanica dovuta alla diminuzione della dimensione dei grani del materiale (legge di Hall
Petch) è accompagnato da una perdita di duttilità.
E’ stato segnalato recentemente in letteratura che materiali nanostrutturati tramite SPD presentano invece anomali valori della
duttilità: ad esempio il Cu puro dopo 16 passaggi di ECAP rivela
un’altissima resistenza meccanica con duttilità molto più alta rispetto a quello del rame con dimensione di grani convenzionali
[7]. Oppure nel caso di Ti puro dopo 5 rotazioni di HPT è stato osservato un aumento molto forte della resistenza meccanica e soltanto una leggera diminuzione della duttilità. Questo comportamento meccanico particolare ora è denominato “paradosso” dei
materiali SPD e non è stato ancora spiegato.
Applicazioni di materiali metallici nanostrutturati prodotti
da severe deformazioni plastiche
Le particolari proprietà dei materiali metallici nanostrutturati tramite SPD suggeriscono il loro utilizzo nell’industria aerospaziale
ed automobilistica, oppure come utensili per lavorazioni meccaniche. Leghe a base ferro nanostrutturate possono essere utilizzate
come magneti per computer hardware, generatori, motori elettrici, trasformatori, sistemi meccatronici, MEMS ecc.
Leghe metalliche a base ferro, alluminio oppure magnesio utilizzati come materiali strutturali consentono la diminuzione del pe8
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so delle strutture e quindi minor consumo di combustibile per automobili e velivoli. L’industria aerospaziale inoltre potrebbe usufruire di materiali con più alta resistenza a fatica di quelli convenzionali.
L’alta formabilità dovuta al comportamento superplastico dei materiali SPD può accelerare i processi di produzione dei prodotti imbutiti (bottiglie, vasi) di leghe di Al e Mg di almeno un fattore 10
con relativo taglio dei costi di lavorazione.
Titanio puro così come le leghe di titanio ad alta resistenza avranno un grosso impatto sulle applicazioni bio-mediche. L’uso del titanio puro nanostrutturato è molto promettente per la sua grande biocompatibilità se confrontato a quella delle leghe mediche
tradizionalmente usate. L’applicazione di protesi, impianti e
stents (protesi endovascolari) fatti di materiale nanostrutturato
sarà di fondamentale importanza per ridurre l’esigenza di ulteriori interventi chirurgici[8].
Leghe di magnesio nanostrutturate possono essere di fondamentale importanza nello sviluppo dell’idrogeno come combustibile
automobilistico alternativo poiché possono contribuire alla risoluzione del problema dell’immagazzinamento dell’idrogeno stesso.
Le difficoltà principali che ostacolano la realizzazione di una tecnologia di immagazzinamento sicuro ed a basso costo dell’idrogeno sono legate a loro volta (i) alle sue basse cinetiche di assorbimento e desorbimento e (ii) all’alta temperatura di desorbimento. Il magnesio puro nanocristallino, con alta densità di bordo
grano, può determinare un aumento delle cinetiche di assorbimento e desorbimento. Primi esami sul magnesio nanostrutturato tramite ECAP hanno confermato questo comportamento [9].
Conclusioni
Le tecniche SPD sono capaci di produrre materiali metallici massivi nanostrutturati che presentino non solo un’alta resistenza meccanica ma anche:
• Elevata duttilità
• Proprietà superplastiche
• Elevata tenacità
• Elevata resistenza a fatica
• Diffusione di idrogeno migliorata
suggerendo interessanti applicazioni nell’industria aerospaziale,
nei trasporti, nella formatura, in campo medico e nella produzione di magneti.
Fig. 1 – High Pressure Torsion (HPT)
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Bibliografia
[1] R.Z.Valiev, I.V.Islamgaliev, I.V.Alexandrov, Progr. Mater. Sci. 45, 103-189,
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Deformation”,Proc.”NANOSPD2”, Dec. 9-13 (2002), Wien, Austria,
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p. 810-816, in [3].
[9] M.Skipnyuk, E.Rabkin, Y.Estrin, R.Lapovok, Acta Mater., 52, 405-414,
2004.
Contatti
Dr. Ilaria Salvatori
Centro Sviluppo Materiali S.p.A.
Via di Castel Romano 100, Roma
e-mail: [email protected]
Fig. 2 - Equal Channel Angular Pressing (ECAP)
Fig. 3 - Accumulative Roll Bonding (ARB)
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Sensoristica a base micro e nano
oscillatori meccanici (cantilever)
C. Ricciardi, S. Bianco, G. Canavese, E. Celasco, G. Cicero, M. Cocuzza,
E. Descrovi, S. Fiorilli, E. Giuri, S. Marasso, M. Quaglio, P. Rivolo, A.
Ricci, F. Pirri.
Laboratorio Materiali e Microsistemi (Chilab) - Unità LATEMAR Politecnico di
Torino
L. Napione, F. Bussolino
Dipartimento di Scienze Oncologiche e Istituto per la Cura e la Ricerca sul
Cancro. Università di Torino
D. Bich, A. Merialdo, P. Schina
Unità LATEMAR Olivetti I-JET, Arnad (AO)
R. Correale
Varian S.p.A, Leinì (TO)
Introduzione
I recenti progressi scientifici e tecnologici nel campo delle micro e
nano tecnologie hanno prodotto un crescente interesse verso
l’applicazione di strutture micromeccaniche (cantilever, bridge e
membrane) in quei numerosi settori applicativi in cui prestazioni
di eccellenza, sensibilità superiori e ridotto ingombro rappresentano le specifiche di riferimento: sensori termici, di pressione o di
accelerazione, sensori per il monitoraggio ambientale o l’ analisi
biochimica, sensori per la caratterizzazione superficiale (solo per
citarne alcuni). La struttura a cantilever (cioè una sottilissima trave
vincolata ad un’estremità con lunghezza circa pari ad alcuni multipli della larghezza), in modo particolare, si è dimostrata in assoluto la più studiata grazie alla sua versatilità, all’ampio ventaglio
di settori applicativi e di tecnologie realizzative.
I maggiori volani per queste tecnologie sono indubbiamente rappresentati dalle applicazioni nel campo della sensoristica industriale e nel campo delle biotecnologie (genomica, proteomica e
analisi cellulare).
In riferimento al primo settore, in questo contributo descriveremo
lo sviluppo di microcantilever risonanti in grado di effettuare misure di pressione assoluta da valori ambiente fino ad un vuoto di
circa 10-3 mbar. La soluzione, sviluppata insieme alle aziende Varian e Olivetti I-JET, risulta estremamente interessante sia per il
range di pressioni che copre, sia per la possibilità di effettuare misure minimamente invasive in siti non facilmente raggiungibili
con mezzi tradizionali, consolidando un notevole incremento di
valore aggiunto alla strumentazione che se ne doterà.
Il contributo di innovazione apportabile al settore della biologia e
della diagnostica genomica e proteomica è ancor più dirompente. Infatti, lo sviluppo di dispositivi avanzati basati su micro e nano
cantilever potrebbe aprire nuovi orizzonti in campi fondamentali
come la genomica, la proteomica, l’analisi molecolare finalizzata
alla diagnostica e all’industria agro-alimentare, consentendo di
introdurre un miglioramento significativo rispetto alle tecnologie
esistenti in termini di sensibilità, riduzioni dei costi, velocità, pre10
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disposizione all’automazione, affidabilità e ripetibilità. In questo
caso i cantilever fungono da sensibilissime micro/nano bilance in
grado, se opportunamente funzionalizzate, di rivelare e quantificare le biomolecole di interesse (DNA, PNA, proteine, ecc..).
Fabbricazione di micro/nano cantilever
Per ottenere strutture a cantilever, partiamo da wafer SOI (Silicon
On Insulator) come substrati e utilizziamo due diversi processi di
fabbricazione: bulk e surface micromachining.
Il primo (Fig. 1a) è composto essenzialmente da due parti: la prima in cui si realizza la membrana formata da uno strato di silicio
(device layer) ed uno sottostante (etch stop) di ossido di silicio
(Fig.1a step I, II, III) e la seconda in cui si definisce e realizza il cantilever sulla membrana (Fig.1a step IV, V, VI, VII). Caratteristica essenziale di questo approccio è la possibilità di ottenere dei cantilever a sbalzo su tutto lo spessore del wafer (Fig.1a step VII laterale).
Il processo inizia con la definizione della finestra sullo strato di ossido di silicio termico presente sul retro del substrato attraverso
una fotolitografia ottica (Fig.1a step I) e successivo attacco selettivo dell’ossido non coperto dal photoresist (Fig.1a step II) in soluzione BOE (Buffered Oxide Etch). Con questo passo si definisce la
maschera dura (in ossido di silicio termico) che permette di trasferire e mantenere le geometrie realizzate con la litografia durante
il successivo attacco in soluzione di KOH. L’attacco anisotropo in
soluzione KOH 20% in peso a 90°C permette, in poco più di due
ore, di asportare il silicio non protetto dall’ossido secondo dei piani inclinati rispetto alla superficie del wafer di 54.7°. Il suddetto
attacco è limitato dallo strato di ossido sepolto (etch stop), raggiunto il quale si esaurisce l’attacco e si ottiene una membrana bilayer (Fig.1a step III).
La seconda parte del processo comprende i passi necessari per la
definizione del cantilever sulla membrana, quindi i processi realizzati sul device layer del substrato SOI. Dopo aver opportunamente pulito e preparato la superficie della membrana si definisce la geometria del cantilever tramite litografia ottica(Fig.1a step
IV).. Lo step successivo consente attraverso un attacco in RIE
(Reactive Ion Etching), di scavare l’area di silicio lasciata scoperta
dal photoresist e di realizzare quindi le strutture opportunamente
definite dalle maschere litografiche(Fig.1a step V). Per liberare
completamente il cantilever dallo strato sacrificale di ossido sottostante (etch stop) si apporta un attacco in una soluzione BOE
(Fig.1a step VI). Infine si provvede a rimuovere dalla superficie il
photoresist residuo ed eventuali altri contaminanti attraverso un
bagno in acetone ed uno in piranha (Fig.1a step VII).
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zando la litografia a fascio elettronico, EBL. La tecnica EBL sfrutta
il fascio di elettroni generato da un SEM modificato per impressionare un resist polimerico (PMMA) precedentemente spinnato
sul wafer SOI. Dopo l’esposizione della geometria a nanocantilever su PMMA si effettua lo sviluppo in una soluzione di MIBK:IPA
(Fig.1b step I). Successivamente viene depositato per Electron
Beam Evaporation un sottile strato di Alluminio, con spessore variabile tra 30 e 100 nm, pur rispettando il rapporto 1:4 metalloresist (Fig.1b step II). Immergendo quindi il campione in acetone,
il polimero viene sciolto, causando il sollevamento (lift-off) del solo metallo sovrastante. Si ottiene così una superficie del silicio del
device layer libera di essere scavata dall’attacco RIE eccetto per
quelle zone in cui vi è la maschera di metallo residua, opportunamente definita dalla litografia EBL (Fig.1b step III). Con l’attacco
RIE (Fig.1b step IV) si asporta il silicio fino al raggiungimento dello
strato sepolto di ossido di silicio (che si comporta da etch stop per
la ricetta utilizzata). Successivamente si immerge la struttura in
soluzione BOE per un tempo necessario affinché l’attacco isotropo liberi il cantilever di silicio dal sottostante strato di ossido di silicio (Fig.1b step V). Infine con l’opportuna soluzione E6 (77vol
fosforico 85%, 1 vol nitrico 77%, 10vol acetico 30%, acqua) si
asporta la maschera metallica di alluminio dalla superficie del
cantilever (Fig.1b step VI). In questo caso, a differenza del bulk
micromachining, i cantilever non sono affacciatio su un buco passante, ma “sospesi” su un gap corrispondente allo spessore dell’ossido di silicio precedentemente asportato (Fig.1b step VI laterale). Grazie a questa tecnica è possibile diminuire drasticamente
le geometrie, ottenendo cantilever con dimensioni laterali di
qualche centinaio di nanometro (e altre dimensioni in proporzione).
Fig. 1a
Fig. 1b
Fig. 1 Flussi di processo per la fabbricazione di cantilever (dimensioni non in
scala). Vedere il testo per ulteriori informazioni.
Le geometrie ottenute con questo processo sono determinate dai
limiti fisici della litografia ottica e dalla difficoltà di allineare maschere sul front e sul back del wafer. Di conseguenza i microcantilever ottenuti hanno lunghezza variabile tra 100 e 800 µm e larghezza tra 20 e 100 µm (lo spessore è fissato a 2 µm, essendo
vincolato al tipo di wafer SOI acquistato).
Per ridurre ulteriormente le dimensioni dei cantilever (aumentando quindi la sensibilità del sensore finale), abbiamo sviluppato in
parallelo un processo di surface micromachining (Fig1b), utiliz-
Sensori di Pressione
I microcantilever trovano un’interessante applicazione nella misura della pressione, dalle condizioni di pressione ambiente fino al
regime di alto vuoto.
Come detto precedentemente, un cantilever è sostanzialmente
un trampolino sospeso, fissato ad una estremità, di dimensioni
micrometriche. Questa struttura, posta in vibrazione, si comporta
come un oscillatore armonico e presenta, in funzione della frequenza di sollecitazione, una curva caratteristica (tipicamente
una gaussiana) piccata intorno al valore della frequenza di risonanza. Ogni oscillatore ha una frequenza di risonanza propria,
che però dipende non solo dal materiale di cui è costituito e dalle
sue dimensioni geometriche (lunghezza, larghezza e spessore),
ma anche dalla pressione dell’ambiente in cui avviene la vibrazione. Monitorando la variazione della frequenza di risonanza è possibile ottenere una misura del valore della pressione, realizzando
così un sensore a basso costo e a bassissimo ingombro, in grado
di sostituire gli attuali strumenti di misura (rivelatori a ionizzazione o capacitivi), più complessi e costosi.
Lo studio sperimentale è stato svolto all’interno di una cella a
pressione controllata, collegata ad un sistema di pompaggio costituito da due pompe (una pompa a membrana ed una pompa
turbomolecolare) in cascata, in grado di portare il vuoto fino ad
un valore massimo di 10-6 mbar. La pressione all’interno della camera è stata regolata attraverso l’uso di una valvola a spillo caliN E W S L E T T E R
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brata ed è stata misurata attraverso due sensori capacitivi ad alta
precisione. Il microcantilever è stato posto in vibrazione utilizzando un attuatore meccanico, costituito da un cristallo piezoelettrico in grado di vibrare a frequenza variabile sotto l’azione di una
tensione alternata. Il sistema di rivelazione è basato invece sul
principio della leva ottica: un laser a bassa potenza viene focalizzato sulla superficie del cantilever, che riflette il fascio verso un
photodetector posizionale (PSD). Questo rivelatore di luce, analogo a quelli presenti nei microscopi AFM, è diviso in due quadranti
i quali, grazie ad una valutazione differenziale, sono in grado di
rilevare il movimento della luce incidente e di trasformarlo, attraverso un’opportuna elettronica di controllo, in un segnale elettrico.
E’ opportuno distinguere, a seconda della pressione, tre diversi
comportamenti. Per valori di vuoto non troppo elevati (dalla pressione ambiente fino a circa 1 mbar) l’aria può essere considerata
un fluido viscoso ed il moto di una microtrave all’interno di questo fluido può essere valutato attraverso le leggi della fluidodinamica; per questo motivo questo range di pressione viene definito
regime viscoso. Per pressioni al di sotto di 1 mbar, fino a circa 10-5
mbar l’aria è invece troppo rarefatta, le interazioni tra le molecole
sono molto rare e per trattare il problema si ricorre alla teoria cinetica dei gas; parliamo in questo caso di regime molecolare. Al
di sotto di 10-5 mbar si è in regime molecolare spinto, o regime intrinseco.
notare, però, come le curve continuino progressivamente a restringersi. Il parametro che possiamo introdurre per tenere conto
di questo fenomeno è il cosiddetto fattore di qualità Q, definito
come il rapporto energetico tra l’energia immagazzinata e l’energia dissipata durante un periodo di oscillazione. Il fattore di qualità può essere considerato un indicatore della bontà di un oscillatore (in analogia a quanto fatto per i circuiti elettronici risonanti).
Si può dimostrare come il fattore di qualità si possa calcolare sperimentalmente come il rapporto tra il valore della frequenza di risonanza e la larghezza a metà altezza della curva di risonanza.
Monitorando il Q dell’oscillatore, siamo in grado di ottenere,
sempre in funzione della pressione di lavoro, un andamento monotono fino all’incirca alla pressione di 10-3 mbar, come mostrato
in Fig.3. Per pressioni al di sotto di 10-3 mbar, il fattore di qualità
raggiunge una saturazione, in quanto la variazione legata alle
condizioni esterne trova un equilibrio con le dissipazioni interne
dell’oscillatore.
In conclusione, i microcantilever in vibrazione possono essere utilizzati come sensori di pressione operanti su sei decadi (dalla pressione atmosferica, cioè circa 103 mbar, al valore di 10-3 mbar); i
parametri che variano in funzione dello smorzamento dell’aria sono la frequenza di risonanza (solamente in regime viscoso) ed il
fattore di qualità (in tutto il range in analisi). La possibilità di monitorare questi parametri rende il cantilever un promettente strumento per la realizzazione di sensori di pressione operanti fino al
regime dell’alto vuoto, in grado di coniugare precisione, bassi costi di realizzazione e dimensioni ridotte.
Fig. 2 Spettri di risonanza a diverse pressioni.
Parallelamente all’analisi sperimentale, il problema dell’analisi vibrazionale è stato affrontato anche con l’utilizzo di software di simulazione che sfruttano il principio degli elementi finiti (FEM). La
simulazione ha permesso di ottimizzare sia il processo di fabbricazione che la scelta delle dimensioni più opportune per testare
sperimentalmente il funzionamento. I risultati di seguito riportati
si riferiscono a microcantilver di dimensioni 800x100x5 µm3.
Le curve sperimentali riportate in Fig.2 mostrano chiaramente lo
shift della frequenza di risonanza verso valori di frequenza crescente, per condizioni di vuoto in regime viscoso. In regime molecolare, invece, la frequenza di risonanza non aumenta più, assestandosi sul valore della frequenza propria: si può chiaramente
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Fig. 3 Confronto tra andamento sperimentale (rombi) e teorico (linea continua)
del fattore di qualità in funzione della pressione.
Biosensori
Lo sviluppo di dispositivi avanzati basati su micro e nano cantilever per applicazioni in ambito genomico, proteomico e di analisi
molecolare implica una previa modifica superficiale di tali sistemi
con opportune specie chimiche, che rappresentino siti reattivi in
grado di legare stabilmente e in modo specifico le biomolecole di
interesse. La scelta e la realizzazione dello strato funzionale sulla
superficie del cantilever è cruciale in quanto influenza diretta-
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mente la selettività, la riproducibilità e la sensibilità del sensore. Le
specie funzionali devono essere stabilmente ancorate alla superficie ma allo stesso tempo conservare un grado di libertà che permetta loro di interagire in modo specifico con i ligandi. Un metodo ampiamente diffuso per creare monostrati ordinati e compatti
è quello di sfruttare le proprietà auto-assemblanti di catene alchiliche con gruppi tioli (R-SH) su substrati d’oro o di molecole di alchilsilani (R-Si ∫OX) su substrati di silicio. Questi formano spontaneamente layer uniformi, densamente impacchettati e robusti
(ancorati in modo covalente). Presentano il vantaggio di essere
ampiamente versatili, potendo essere sintetizzati con catene a
lunghezza variabile e gruppi con specifiche proprietà chimiche,
rappresentando un mezzo ideale di ancoraggio di biomolecole ai
substrati.
In questo contributo, la superficie del cantilever è stata attivata
mediante un processo di silanizzazione utilizzando come precursore l’aminopropiltrietossilano (APTES), in grado di introdurre sulla superficie del silicio gruppi propilamminici. I substrati, accuratamente puliti mediante trattamento con soluzione piranha, sono
stati immersi in toluene anidro contenente 1% in volume di organosilano per un tempo di 10 minuti a 60°C. Un linker omobifunzionale, la gluteraldeide [HOC-(CH2)3-HOC], è stato quindi utilizzato per legare covalentemente i gruppi amminici superficiali,
mediante formazione di un gruppo imminico e allo stesso tempo
fornire le funzionalità aldeidiche in grado di legare i residui amminici primari della proteina. La reazione con gluteraldeide è stata
eseguita ponendo i cantilever ammino-modificati in contatto con
una soluzione acquosa all’ 1% di aldeide e lasciando in incubazione per 1 h a RT a pH = 8.
I cantilever così attivati sono stati utilizzati per l’immobilizzazione
della proteina A da Bacillus. Quest’ultima, al pari della proteina G,
rappresenta un substrato particolarmente adatto nelle reazioni di
riconoscimento antigene-anticorpo, in quanto è in grado di legare in modo specifico il frammento Fc dell’anticorpo, permettendo
una corretta orientazione del frammento Fab, responsabile dell’interazione con l’antigene. La procedura di ancoraggio della
proteina ai substrati funzionalizzati è stata eseguita incubando
quest’ultimi in PBS (phoshate buffer saline, 9.5 mM PO4-) contenente la proteina (0.05 mg/mL) a pH = 7 per un tempo di 2 h. I
campioni sono stati lavati ripetutamente con PBS e acqua, quindi
asciugati in flusso di azoto. Per sondare la morfologia della superficie ottenuta, utilizziamo la tecnica AFM in modalità non-contact, per limitare i possibili danni dovuti alla scansione della punta. In Fig.4a e Fig.4b sono riportate due immagini (rispettivamente in topografia e fase) che mostrano chiaramente come le proteine tendano a formare uno strato omogeneo e uniforme (massima altezza misurata circa 20 nm. Questa “saturazione” della superficie è una condizione essenziale per ottenere una misura
quantitativa ed è un indice dell’omogeneità della funzionalizzazione utilizzata
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Fig. 4a
Fig. 4b
Fig. 4 Analisi AFM (topografia Fig. 4a e fase Fig. 4b) della superficie dopo
l’immobilizzazione della proteina A.
Per la misura vera e propria di bio-rivelazione si utilizza il medesimo set-up sperimentale descritto nel paragrafo precedente. In
questo caso, uno shift in frequenza corrisponderà però ad una
variazione di massa, dovuta alla procedura di funzionalizzazione
o di immobilizzazione.
La frequenza di risonanza di un oscillatore armonico è infatti legata alla sua massa dalla semplice relazione:
Dove f0 rappresenta la frequenza di risonanza propria, k la costante di rigidità e m0 la massa iniziale del cantilever. Se le rigidità
non cambia durante i processi di funzionalizzazione e immobilizN E W S L E T T E R
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zazione della biomolecola e la variazione ∆f è piccola rispetto a
f0, allora l’aumento della massa dell’oscillatore è direttamente
proporzionale alla diminuzione di frequenza secondo la semplice
legge:
niaturizzate per l’Analisi e la Ricerca), centro di eccellenza finanziato dal MIUR nell’ambito dei progetti FIRB 2003-2004.
Contatti
Carlo Ricciardi
Politecnico di Torino - Dipartimento di Fisica
corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino
email: [email protected]
La Fig.5 riporta come varia la curva di risonanza di un cantilever
partendo dalla pulizia in soluzione piranha a fine fabbricazione
(curva più a destra) per arrivare fino al legame con la proteina A
(curva più a sinistra). Analizzando gli shift negativi dei singoli processi (ossidazione termica, funzionalizzazione con APTES, linking
con glutaraldeide, immobilizzazione della proteina A) è quindi
possibile quantificare in modo assoluto (senza cioè tarature) la
massa immobilizzata sulla superficie del cantilever nei singoli stadi. In questo caso, con un cantilever di dimensioni 400x40x5 µm3,
la massa di proteina A immobilizzata risulta essere circa 0.1 nanogrammi. Conoscendo poi il peso molecolare della biomolecola (in
questo caso circa 33000 Dalton) è possibile ricavare: la concentrazione in soluzione della proteina immobilizzata, circa 3 femtomoli, e la densità di proteine sulla superficie, circa 1013
molecole/cm2 (quest’ultimo valore è un indice dell’alto grado di ricoprimento della superficie funzionalizzata in accordo con l’analisi AFM).
Fig. 5 Spostamento della curva di risonanza per i diversi step di preparazione
In conclusione, l’utilizzo di micro/nano cantilever per la biologia
molecolare potrebbe rappresentare un’innovazione epocale, introducendo la possibilità di rivelare e quantificare quantità di molecole pressoché infinitesime. Nel futuro prossimo, diminuendo le
geometrie e migliorando l’apparato di misura, potrebbe essere
possibile spingersi fino alla rivelazione della singola biomolecola.
Ringraziamenti
Parte di questo lavoro è stato sviluppata nell’ambito del laboratorio LATEMAR (Laboratorio di Tecnologie Elettrobiochimiche Mi14
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Approcci innovativi alla
riqualificazione dei materiali
plastici attraverso la dispersione
di cariche nanostrutturate
e l’utilizzo della simulazione
molecolare
S. Sinesi*, L. Martinelli*, P. Posocco*, M. Fermeglia**, M. Ferrone**,
P. Cosoli**
*Centro Ricerche Plast-Optica, **Università degli Studi di Trieste
Introduzione
Nel contesto di uno sviluppo sostenibile, la riqualificazione dei
materiali plastici va oltre il semplice riutilizzo degli stessi e persegue l’obiettivo più generale di un eco-design dei materiali.
Gli scarti industriali non possono essere riutilizzati in modo vantaggioso, principalmente a causa della degradazione che subiscono durante il processo di lavorazione. Quando è possibile, vengono riutilizzati in basse concentrazioni, non superiori al 15%, insieme al materiale vergine oppure nella produzione di componenti a
basso costo; altrimenti possono essere avviati all’incenerimento o
smaltiti in discarica.
Essi pertanto, sono un duplice problema: per l’impresa, la necessità di affrontare una fonte di costo, per la tutela dell’ambiente il
bisogno di ridurre l’impatto delle materie pastiche. Inoltre, la normativa europea, e conseguentemente quella nazionale, impongono oggi la necessità di trovare soluzioni eco-efficienti al problema del riciclo delle materie plastiche a fine vita.
La produzione di materiali nanocompositi a partire da scarti polimerici rappresenta un’alternativa efficiente sia da un punto di vista ambientale che economico.
Tuttavia la ancora scarsa conoscenza di questi materiali richiede
strumenti innovativi per la comprensione dei fenomeni che ne regolano il comportamento e permettono di ottenere materiali
performanti dalla dispersione di nanoparticelle in matrici polimeriche di scarto.
Per tutte queste ragioni, la simulazione molecolare rappresenta
uno strumento prezioso di indagine per la progettazione di un
materiale a partire dal componente in cui deve essere utilizzato.
In particolare la simulazione multiscala permette di rappresentare
sistemi complessi da un punto di vista computazionale quali sono
i polimeri e le loro miscele e di analizzarne il comportamento di
fase, con riferimento anche alla capacità di disperdere nanoparticelle.
Il Centro Ricerche Plast-optica nell’ambito del progetto europeo
MOMO-VI PQ ha sviluppato in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste una metodologia per la riqualificazione dei materiali plastici di scarto che fornisce soluzioni sostenibili con risparmio di tempo e costi al problema dei materiali plastici di scarto.
Il presente lavoro fa riferimento in particolare all’upgrading di miscele poli(acrilonitrile-stirene-butadiene) (ABS)/ policarbonato
(PC) di comune utilizzo nel settore dell’Automotive Lighting.
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Risultati simulazione
Comportamenti fondamentali per un materiale quali la compatibilità e la morfologia nel caso di blends polimerici o la dispersione
di cariche in matrice per materiali compositi possono venire studiati mediante tecniche avanzate di simulazione molecolare, approccio che consente non solo di anticipare quali saranno le caratteristiche del prodotto finale, ma anche di ottimizzarne, attraverso un veloce screening iniziale, la formulazione in funzione
delle proprietà finali desiderate.
Con questi obiettivi primari è stata sviluppata una procedura di
modellazione molecolare per miscele polimeriche, la quale integra differenti livelli di descrizione a partire da quello atomico e di
mesoscala fino a quello macroscopico, legando intimamente
struttura e proprietà del materiale.
In particolare la simulazione di mesoscala permette di descrivere
tutti quei fenomeni caratterizzati da dimensioni e tempi caratteristici superiori rispetto a quelli atomici ma inferiori rispetto a quelli
macroscopici ed è pertanto adatta a prevedere miscibilità e
morfologie di una miscele polimeriche, processi di aggregazione
e diffusione. Le molecole sono descritte secondo un cosiddetto
“coarse-grained level” come una catena gaussiana di unità elementari (beads). Ogni bead è definito come un insieme ben preciso di atomi legati covalentemente tra loro, può comprendere o
meno uno o più monomeri della catena polimerica ed varia di volta in volta a seconda del sistema da rappresentare. La natura chimica del sistema trova espressione attraverso il parametro di interazione di Flory-Huggins, la dimensione dell’unità di riferimento e
l’architettura molecolare.
La miscela ABS/PC di interesse è stata analizzata in differenti percentuali di concentrazione dei due componenti al fine di valutarne l’influenza sulla morfologia e sulle proprietà meccaniche e termiche del composito finale ottenuto.
Dalle simulazioni condotte si è potuto constatare che in tutti i casi il sistema risulta smiscelato con la presenza di due fasi distinte e
che la variazione di concentrazione dei componenti comporta
una differenziazione della morfologia assunta dalla miscela stessa
(Figura 1 e 2).
Figura 1. Morfologia di mesoscala per la miscela ABS/PC 10-90 ottenuta dalla
simulazione. L’ABS costituisce la fase dispersa. Il nucleo dei domini sferici è
composto da SAN mentre l’esterno da ABS (matrice di PC in arancio, nucleo di
SAN in azzurro-verde).
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Figura 2. Morfologia di mesoscala per la miscela ABS/PC 50-50. Quando i due
componenti sono presenti nella stessa percentuale, la miscela mostra una
morfologia di natura co-continua a carattere lamellare. Le due fasi immiscibili
rimangono intimamente connesse all’interno del sistema (PC in arancio).
Figura 4. Confronto tra i valori di modulo di Young simulati e sperimentali.
Per tutti i gradi analizzati a partire dalle morfologie risultanti dalla
simulazione di mesoscala sono state ricavate mediante metodi
agli elementi finiti proprietà meccaniche e termiche di interesse,
quali modulo elastico, coefficiente di Poissson, modulo di compressione, modulo di taglio, i cui valori sono riportati nella tabella
sottostante (Tabella 1).
TABELLA 1. PROPRIETÀ MECCANICHE DELLE MISCELE ABS-PC
NELLE VARIE CONCENTRAZIONI OTTENUTE MEDIANTE SIMULAZIONE
AGLI ELEMENTI FINITI.
Grado
E [GPa]
G [GPa]
K [GPa]
10-90
1.79
0.487
6.01e-1
2.29e+1
30-70
1.82
0.495
6.08e-1
5.60e+1
50-50
1.84
0.499
6.15e-1
2.48e+2
70-30
1.87
0.499
6.22e-1
4.53e+2
90-10
1.89
0.499
6.29e-1
1.31e+3
I valori ottenuti dalla simulazione sono stati confrontati con i valori sperimentali disponibili per miscele ABS Magnum e PC Makrolon (Bayer) riciclati estruse presso il CRP (Figura 4). I risultati ottenuti mostrano un buon accordo con quelli sperimentali.
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Figura 5. Sistema a tre componenti per la simulazione dello spacing ottenuto.
Un’analoga procedura è stata sviluppata anche per materiali nanocompositi polimero-silicati, dove la carica minerale additivata è
costituita da cristallo lamellare di montmorillonite (MMT). Per realizzare una migliore interazione con i polimeri organici i cationi
presenti sulla superficie della montmorillonite sono scambiati con
molecole organiche aventi un gruppo cationico (dette quats o
compatibilizzanti). Il compatibilizzante separa quindi gli strati di
MMT e facilita la diffusione del polimero tra di essi. Pertanto il sistema composito risulta costituito da tre elementi differenti: matrice, filler e compatibilizzante. Una delle difficoltà principali nella
realizzazione di tali materiali e del successivo impiego riguarda la
coesione tra matrice e filler. La simulazione molecolare permette
di determinare preventivamente la distaza tra le gallerie di MMT
ottenuta con l’impiego di un dato quat (Figura 5) e le energie di
intercalazione (Figura 6) , consentendo così di trovare con un
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semplice screening il miglior compatibilizzante per una data matrice polimerica.
Figura 6. Sistema a tre componenti: montmorillonite (in basso),
compatibilizzantie (in mezzo), polimero (in alto).
Si sono valutati nel caso di una matrice di PMMA i seguenti surfatanti:
• Tween 20
• Tween 85
• Tween 65
• Coconut oil
• Trietanolammina oleato
Le energie di interazione del sistema calcolate sono riportate in Figura 8:
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In questo modo è stato possibile ricavare la seguente classifica dei
compatibilizzanti in termini di stabilità del nanocomposito:
1. Tween20
2. Tween65
3. Coconut oil
4. Tween85
5. Trietanolammina oleato
Conclusioni
1. La simulazione multiscala permette di investigare tutto il range
di composizione della miscela in termini di struttura e compatibilità.
2. I due componenti ABS e PC sono risultati immiscibili in tutte le
concentrazioni e la morfologia della miscela varia da una fase
dispersa di ABS quando questo è alle più basse concentrazioni
ad un sistema co-continuo anche a temperature di processo.
3. L’ABS si comporta come una sorta di compatibilizzanti tra SAN
e PC.
4. Sono state ricavate le proprietà meccaniche per tutti i gradi
della miscela consentendo di prevedere il comportamento macroscopico del materiale finale e ricavando il comportamento
della miscela.
5. E’ possibile selezionare il miglior compatibilizzante per una assegnata matrice polimerica nel caso di nanocompositi a base
di montmorillonite organicamente modificata.
6. La simulazione si configura come uno strumento strategico
nella previsione e nell’ottimizzazione di nuovi materiali polimerici multicomponenti a partire da componenti di riciclo.
Riferimenti
[1] J.P.F. Inberg, R.J. Gaymans, Polymer 43 (2002) 2425-2434.
[2] J.Mas et al., J. Appl. Pol. Sc. 83 (2002) 1507-1516.
[3] G.S. Wildes et al., Polymer 40 (1999) 3069-3082.
[4] A. A.Gusev, J. Mech. Phys. Solids Vol.45 (9) (1997)1449.
[5] J.G.E.M. Fraaije et al.,J. Chem. Phys. Vol. 106 (1997), p. 4260.
Contatti
Laura Martinelli
Centro Ricerche Plast-optica
Via Linussio 1
33020 Amaro (UD)
e-mail: [email protected]
Figura 7. Energie di binding per il sistema studiato.
mentre i valori di spacing in Tabella 2:
TABELLA 2. SPACING CALCOLATO PER I DIVERSI SISTEMI STUDIATI.
Compound
Spacing (Å)
Coconut oil
18.7
Trietanolammina oleato
19.8
Tween 20
20.9
Tween 65
32.8
Tween 85
35.5
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Nanomondo e Movimento.
L’esempio del pneumatico
Maurizio Galimberti,
Pirelli Pneumatici SpA - Milano
Il Nanomondo. Innovazione per il Movimento
“Il riconobbe / Ettore, e .... a fuggir diessi / atterrito. Spiccossi ad
inseguirlo / fidato Achille ne’ veloci piedi; / l’ardente Achille difilato vola / dietro il trepido Ettòr che in tutta fuga / mena il rapido
piè rasente il muro. / Da questa parte / volano i due campion, l’uno fuggendo, / l’altro inseguendo. Il fuggitivo è forte, / ma più
forte e più ratto è chi l’insegue”.1
Nel Libro XXII dell’Iliade, Omero racconta la sfida finale fra Achille
ed Ettore, sfida tragica, con in palio la vita, la vita di Ettore. Eppure, le emozioni più immediate che sentiamo, accanto al sollievo di
non essere inseguiti da Achille, sono quelle dovute alla competizione fra i due eroi, alla veloce corsa.
Il movimento è non solo caratteristica primaria ma soprattutto bisogno fondamentale del genere umano. L’esigenza di muovere
persone e cose accompagna la nostra vita, l’invenzione della ruota è uno dei primi passi più significativi nella storia dell’umanità,
le attività dedicate al movimento sono contrassegnate da continua innovazione.
Oggigiorno, è sentire comune che una via per fare innovazione
sia muoversi nel nanomondo ed obiettivo di questo articolo è
analizzare quale ruolo possano svolgere i materiali nanocompositi per promuovere innovazione in un settore che sia significativo
per il movimento di persone e cose.
Cosa è il nanomondo?
Come è noto, si usa suddividere il nanomondo in nanotecnologie
e nanomateriali, e probabilmente un buon approccio unificante è
pensare tutto il nanomondo proteso all’obiettivo di vedere, controllare e costruire oggetti engineered sulla scala dei nanometri.
Il molto citato discorso di R. Feynmann all’American Physical Society2 (nel 1959!) ci fornisce una chiave di lettura, a volte poco
utilizzata, di quanto stia avvenendo nel nanomondo. Dice Feynmann: “ basterebbe guardare! … L’analisi di ogni sostanza complessa diventerebbe molto semplice” Come sappiamo, il passaggio dalla microscopia ottica a quella elettronica è stata una vera
rivoluzione. Tecnologie quali Atomic Force Microscopy (AFM),
Scanning Probe Microscopy (SPM) Scanning Tunneling Microscopy (SPM) consentono non solo di vedere ma anche di posizionare gli atomi. Si chiede allora Feynmann “Qual è il limite in cui le
cose sono tanto piccole che non possono essere più modellate?”
E ancora: “Quali sarebbero le proprietà dei materiali se potessimo
posizionare gli atomi?” Interagire con la materia al livello delle
sue particelle elementari può davvero essere una rivoluzione nel
disegno di nuove proprietà. “Quando scendiamo nel piccolo per
armeggiare con gli atomi … leggi diverse …. cose diverse. … forze, possibilità ed effetti di nuovo tipo”. E perfino in una direzione
che come vedremo dopo è di grande interesse per i nanomateriali oggi più studiati possiamo trarre ispirazione dalle parole di
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Feynmann: “Che cosa potremmo fare con una struttura stratificata con strati disposti in modo opportuno?”.
Nanomateriali e Movimento. La ruota e il pneumatico
Volendo dunque discutere il significato dei nanomateriali per il
movimento di persone e cose, è facile ad esempio far riferimento
ad un manufatto che gioca a tal fine un ruolo irrinunciabile: la
ruota o, per dirla con il termine tecnologicamente oggi più corretto, il pneumatico.
Ciò vuol dire studiare, con l’approccio nano che è stato esposto, i
materiali che in maggiorparte compongono un pneumatico, le
mescole elastomeriche, e vuol dire studiare nanocompositi elastomerici.
Obiettivo di questo articolo è dunque approciare una razionalizzazione del ruolo dei nanomateriali nelle mescole per pneumatici,
accennando perlomeno agli aspetti più rilevanti e partendo dal
punto di vista fondamentale per un manufatto quale il pneumatico, ovverosia le sue prestazioni. Più in particolare, verranno soprattutto discusse le problematiche relative al meccanismo di interazione fra nanocariche ed elastomeri, poiché esse sono le vere
radici di ogni fenomeno, e verranno dati alcuni esempi significativi per mettere in luce l’impatto dei nanocompositi elastomerici
sulle proprietà delle mescole.3-7
Le prestazioni richieste a un pneumatico
Vengono richieste a un pneumatico prestazioni sempre più spinte, spesso in contraddizione fra di loro, ma non è solo la prestazione su strada tout court ad indicare la rotta del suo sviluppo
tecnologico. Vanno infatti tenuti in considerazione contemporaneamente i seguenti aspetti fondamentali:
F prestazione tecnica, sicurezza, sviluppo sostenibile.
In particolare, per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, il ruolo
chiave è giocato dal consumo di carburante di un autoveicolo,
che è chiaramente correlato con le forze che si oppongono al suo
movimento. Il contributo di un pneumatico a queste forze è stimato essere fra il 20 ed il 40%, in funzione del tipo di pneumatico8, mentre l’impatto di un pneumatico sull’ambiente è dovuto
per circa il 70% al consumo di carburante. E’ dunque necessario
ridurre la resistenza al rotolamento, nota come Rolling Resistance
(RR), proposta da un pneumatico.
Volendo riassumere le principali prestazioni tecniche che si richiedono ad un pneumatico, esse sono dunque:
• tenuta sulla neve e sul bagnato
• basso consumo di carburante
• reattività e tenuta di strada in condizioni di guida molto spinta, ad alta temperatura
• stabilità della prestazione nel tempo: assenza di decadimento
delle proprietà,
• usura molto bassa, mantenimento della pressione di gonfiaggio
Il pneumatico: prestazioni e materiali
I materiali che costituiscono le mescole per pneumatici hanno
un’importanza fondamentale per raggiungere gli obiettivi appena ricordati.9
Una mescola battistrada deve avere:
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• bassa rigidità a bassa temperatura
• modulo consistente ad alta temperatura.
Deve inoltre modulare la dissipazione dell’energia, cioè la cosidetta isteresi, in funzione della temperatura, in modo tale che sia:
• alta a bassa temperatura (0 – 10°C)
• contenuta a temperature di normale utilizzo dell’autoveicolo
(50 – 80°C)
• ancora alta a temperature tipiche della guida sportiva (~
100°C).
In particolare, l’isteresi nelle temperature di normale utilizzo è il
parametro che più influenza il consumo di carburante, quindi
l’impatto ambientale.
Si richiede inoltre ad altre mescole, note come mescole di liner, di
essere:
• impermeabili
per garantire il mantenimento della corretta pressione di gonfiaggio ed anche l’integrità del pneumatico, impedendo il contatto di
parti strutturali critiche (la cosiddetta carcassa) con umidità ed
agenti ossidanti.
Come si vede, le prestazioni richieste ad una mescola battistrada
sembrano andare contro le leggi che governano il comportamento di un materiale viscoelastico, quale in effetti è una mescola. In
ogni caso, è richiesto il raggiungimento di valori particolarmente
sfidanti per le proprietà sopra ricordate.
Le cariche rinforzanti hanno un’importanza fondamentale nella
definizione di tutte queste proprietà.
Quali cariche per il rinforzo? Cariche nanostrutturate e
mescole elastomeriche
Le cariche rinforzanti sono sempre state nanostrutturate, sia il nerofumo che la silice. Infatti, come si può vedere dalla Tabella 1, il
rinforzo di una mescola può attivarsi solo quando le dimensioni
della particella elementare di carica sono nell’ordine dei nanometri. A dimensioni maggiori le cariche vengono usate come diluenti (ad esempio per riduzione prezzo), e se sono ancora più grandi
possono addirittura provocare fenomeni di degradazione della
mescola elastomerica.
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Fig.1 a,b
Figura 1. Dimensione nanometrica di nerofumo CRX 2006 (a) e di silice zeosil
1165 (b) in una mescola elastomerica. Immagini ottenute con TEM, G. Costa,
ISMAC – CNR, Genova
Come si rinforza? Cariche nanostrutturate e meccanismo di
rinforzo
La Figura 2 aiuta invece a capire il meccanismo che porta al rinforzo di una gomma, che origina dunque da diversi contributi additivi.
TABELLA 1. DIMENSIONI DI UNA CARICA E SUO RUOLO IN UNA
MESCOLA ELASTOMERICA
RUOLO IN MESCOLA
DIMENSIONE (NM)
rinforzanti
10 – 100
Semi-rinforzanti
100 – 1000
diluenti
1000 – 10000
degradanti
> 10000
Non vi è ovviamente da stupirsi di ciò, se si tiene conto che ci vogliono 6 – 7 unità in una catena di gomma naturale per fare un
nanometro, se si considera cioè che gli ordini di grandezza di atomi e molecole sono Angstrom e nanometri. Si può dunque tranquillamente affermare che un pneumatico è un ottimo esempio,
da quasi un secolo, di materiale nanocomposito. Si potrebbe dire:
basterebbe guardare! Ed in Figura 1, viene mostrata, grazie alla
microscopia a trasmissione elettronica, la dispersione a livello nanometrico del nero (a) e della silice (b) in una matrice elastomerica.
Figura 2. Contributi additivi al rinforzo di una mescola elastomerica.
In ascissa è riportata l’ampiezza della deformazione, in ordinata il modulo di
taglio
Il primo contributo è dovuto al reticolo dell’elastomero, che deriva sia dagli entanglements che dalla reticolazione chimica, per
esempio a base zolfo. Il secondo contributo è invece dovuto alN E W S L E T T E R
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l’effetto idrodinamico della carica dispersa nella gomma. Gli ultimi due contributi sono invece strettamente correlati con la struttura della carica rinforzante. Vi è infatti anzitutto il rinforzo dovuto alla gomma occlusa nella carica, che dà vita alla cosiddetta inrubber structure: la gomma immobilizzata nei vuoti presenti nella
carica si trasforma, essa stessa, in carica, e quanti più vuoti sono
presenti ed accessibili, cioè tanto più la carica, come si usa dire, è
strutturata, tanto maggiore sarà il rinforzo. Come si vede, tutti
questi contributi al rinforzo sono indipendenti dall’ampiezza di
applicazione dello sforzo (strain), mentre l’ultimo contributo è assolutamente dipendente dallo strain ed è dovuto all’interazione
carica-carica. La dipendenza del modulo dallo strain ci parla della
dissipazione di energia e dunque dell’isteresi di una mescola.
Cariche nanostrutturate tradizionali ed interazione con gli
elastomeri
La gomma occlusa
Come è noto, la sintesi del nero e della silice che si usano come
cariche rinforzanti, che avviene rispettivamente per combustione
di olii minerali e per precipitazione con acido solforico di silice
(sabbia) disciolta in alcali (soda), consente ad entrambe le cariche
di avere una struttura sufficiente per accomodare le macromolecolare e quindi attivare il meccanismo di rinforzo della gomma occlusa.
L’interazione gomma-carica e carica-carica
Malgrado i gruppi polari, invero pochi, comunque presenti anche
sulla sua superficie, il nero non ha un’interazione carica-carica così alta da pregiudicare la sua dispersione e distribuzione nella matrice elastomerica. Non è questo il caso della silice, che presenta
un’attività superficiale particolarmente sviluppata a seguito della
presenza di gruppi silanolici. Per ottenere un’opportuna distribuzione della silice in una gomma e quindi rinforzo è dunque necessario utilizzare un agente di accoppiamento. La Figura 3 mostra la
struttura del composto chimico che svolge tale funzione, grazie
alla presenza di più gruppi funzionali.
affermarsi quale carica irrinunciabile per le cosiddette green tires,
cioè per i pneumatici a basso impatto ambientale. Infatti la silice è
in grado di modificare positivamente la curva dell’isteresi, raggiungendo in particolare valori più bassi nella regione di temperature tipica della rolling resistance. Ciò ha portato ad un grande interesse per le cosidette “cariche bianche”, proprio nella direzione
del basso impatto ambientale.
Cariche nanostrutturate stratificate
E’ dunque più corretto dire che l’esplosione del nanomondo ha
reso disponibile una nuova generazione di cariche nanostrutturate10-11, per i polimeri in genere e, più in particolare, per gli elastomeri e le mescole elastomeriche. Si tratta, così come indicato dal
presago Feynmann, delle cariche a strati, o lamellari.
Come si può vedere in Figura 4a, queste cariche lamellari sono
nano in una direzione. Infatti, le lamelle hanno lati che si estendono anche per centinaia di nanometri, mentre il loro spessore è tipicamente nell’ordine del nanometro.
In Figura 4b è riportata la struttura di una nanocarica a strati, una
montmorillonite. I seguenti connotati strutturali appaiono i più rilevanti per l’interazione con catene macromolecolari. In primo
luogo un eccesso di carica negativa sulla superficie della lamella,
a causa della sostituzione isomorfa di cationi trivalenti (es: Al3+)
con cationi bivalenti (es: Mg2+), che viene controbilanciata da cationi alcalino o alcalino-terrosi, che si situano nello spazio interlamellare. Quindi, l’esistenza di una struttura spaziale ordinata con
canali fra le opposte lamelle. Infine, l’interazione fra le lamelle dovuta a forze relativamente deboli, con la possibilità di avere sia intercalazione di molecole che allontanamento delle lamelle, a dare
origine ad un fenomeno che viene indicato come esfoliazione o
delaminazione.
Figura 3. Agente di accoppiamento silice – elastomero: bis-3(trietossisililpropil)tetrasulfano (TESPT)
I gruppi SiOR realizzano un legame covalente con la silice già durante la miscelazione, la parte lipofila è quindi responsabile della
buona dispersione della silice in gomma, grazie anche all’effetto
ricoprente della silice stessa, ed infine lo zolfo dà vita al legame
chimico con la gomma, durante la vulcanizzazione.
La struttura e lo sviluppo di agenti di accoppiamento quale quello
di Figura 2 hanno consentito alla silice, a partire dagli anni 80, di
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Figura 4. (a) nano-carica a strati (b) struttura di una montmorillonite
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Le nanocariche a strati presentano dunque diversi requisiti che lasciano immaginare prestazioni interessanti in mescola:
(i) la struttura, con la possibilità di accomodare le catene macromolecolari
(ii) una potenziale alta area superficiale, per un’estesa interazione
con le macromolecole
(iii) la natura di carica bianca, che lascia presagire un positivo effetto sull’isteresi di una mescola, quindi sulla Rolling Resistance
(iv) vi è infine la possibilità di ottenere le proprieà desiderate con
quantità di nanocarica a strati ridotte rispetto alle nanocariche
tradizionali.
Cariche nanostrutturate stratificate ed interazione
con gli elastomeri
Sviluppare nanocompositi elastomerici basati su cariche stratificate, o lamellari, vuol dire anzitutto studiare il meccanismo di interazione fra dette cariche ed un elastomero. Due gli aspetti fondamentali che devono essere considerati.
(1) i meccanismi che portano ad avere gomma occlusa e che presidiano l’interazione carica – carica,
(2) l’interazione chimica fra la carica lamellare e l’elastomero.
Meccanismo di formazione di nanocompositi elastomerici –
Intercalazione ed esfoliazione
Possiamo prendere dalla natura un esempio che ci illustra i benefici della gomma occlusa. E’ noto infatti l’abalone, ovverosia il
mollusco diffuso sulle coste americane del pacifico, costituito da
strati alternati di aragonite e di biopolimero elastomerico. La
struttura intercalata conferisce al mollusco un aumento di rigidità
di 2 volte e di tenacità addirittura di mille volte rispetto ai singoli
componenti.
In Figura 5 è riportato lo schema molto semplificato di catene polimeriche ntercalate fra le lamelle di una carica a strati.
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Figura 6. Immobilizzazione di catene fra “pacchetti” di cariche a strati
(iii) in definitiva, l’intercalazione di un elastomero in una carica lamellare aumenta il volume effettivo della carica.
E’ altresì noto come la cosiddetta esfoliazione della struttura a
strati, ovverosia il venir meno della struttura intercalata con la distribuzione delle lamelle nella matrice polimerica sia un ulteriore
passo positivo per l’efficienza della carica rinforzante.
L’interazione gomma-carica e carica-carica
Perchè intercalazione ed esfoliazione possano avvenire, è necessario promuovere una migliore interazione fra il silicato a strati ed
il polimero idrocarburico, quindi occorre aumentare il carattere
organofilo del silicato, analogamente a quanto discusso per la silice. La strategia seguita nell’arte nota è la sostituzione dei cationi
interstrato con tensioattivi cationici, quali ad esempio sali di ammonio con radicali alchilici. L’effetto positivo del sale di ammonio
è chiaramente visibile in Figura 7, nella quale viene mostrata la dispersione in gomma isoprene sia di una nanocarica non modificata (clay) che di una nanocarica modificata con il sale di ammonio
(organoclay)3.
Figura 5. catene polimeriche intercalate fra le lamelle di una carica a strati
(a)
Sembra dunque auspicabile avere gomma intercalata. e i seguenti motivi possono essere identificati per giustificare un positivo effetto sul rinforzo:
(i) l’intercalazione di macromolecole di elastomero fra le lamelle
del silicato aumenta l’area superficiale attiva del silicato stesso.
(ii) l’immobilizzazione delle catene riguarda non solo quelle intercalate ma anche quelle confinate fra “pacchetti” di lamelle, come
schematizzato in Figura 6.
(b)
Figura 7. Dispersione in gomma isoprene di (a) clay (b) clay modificato con
sale di ammonio
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Nel mondo degli elastomeri, è anche possibile seguire, come già
indicato per la silice, la strada della silanizzazione della nanocarica
con silani quali quello di Figura 2: la reazione interessa gli OH presenti sugli spigoli delle lamelle, così come mostrato in Figura 8.
Il rinforzo di una mescola.
In Figura 9 è riportato l’effetto di una nanocarica sui parametri
statici. E’ interessante notare come sia stato sviluppato un effetto
sinergico fra i compatibilizzanti: il sale di ammonio quaternario ed
il silano.
Figura 8. Gruppi OH presenti sugli spigoli delle lamelle dei silicati a strati
Un legame stabile fra nanocarica ed elastomero è fondamentale
in considerazione delle applicazioni dinamiche del composito.
Meccanismo di interazione nanocarica a strati - elastomero
Il meccanismo riportato nella letteratura scientifica e brevettuale,
e dunque non solo proposto ma anche perseguito, prevede l’utilizzo di polimeri contenenti almeno un piccola aliquota di gruppi
polari (anche 0.5 – 1%) per ottenere intercalazione nella struttura
resa organofila dal tensioattivo cationico ma pur sempre ionica, e
l’applicazione di quantità notevoli di energia per arrivare allo stadio finale, esfoliato. Questo approccio appare consolidato nel
mondo dei termoplastici, mentre appare problematico nel caso
delle gomme utilizzate nelle mescole per pneumatici, che hanno
non solo natura idrocarburica e dunque tipicamente apolare, ma
per le quali l’introduzione di un gruppo polare è oggetto di ambiziosi progetti di ricerca. Nel caso dei nanocompositi elastomerici,
in letteratura è disponibile un numero crescente di informazioni
sul meccanismo di formazione di materiali nanocompositi con silicati a strati, la cui razionalizzazione appare però ardua. Anche
con gli elastomeri è comunque in definitiva proposto un meccanismo a doppio stadio, che prevede prima intercalazione e quindi
esfoliazione.
E’ stato anche, alternativamente, proposto un nuovo meccanismo di formazione di un nanocomposito elastomerico, che prevede la delaminazione progressiva della nanocarica a strati, senza
passare attraverso lo stadio dell’intercalazione.12
Appare dunque già chiaro che è possibile formare materiali nanocompositi fra nanocariche a strati ed elastomeri, il meccanismo
della loro formazione e quindi anche la correlazione con le proprietà finali è un affascinante settore di indagine della scienza dei
materiali.
Le Proprietà delle mescole elastomeriche con materiali
nanocompositi
Sono state sviluppate in Pirelli mescole elastomeriche che contengono materiali nanocompositi, per applicazione nel mondo dei
pneumatici. Verranno ora brevemente esaminate le proprietà più
significative, discutendo se esse vadano nella direzione auspicabile per le prestazioni desiderate per un pneumatico, prima ricordate.
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Figura 9. Curva sforzo – allungamento per mescole elastomeriche contenenti
nanocariche. Ricetta mescola: IR 100, Carbon Black N326 50, Clay 10,
Stearic Acid 2, ZnO 4, TESPT 1, S 2.4, Sulphenamide 1.8
Il modulo elastico
In Figura 10 si vede come una nanocarica a strati sia in grado di
conferire un sensibile aumento del modulo elastico ad alta temperatura.
Figura 10. Modulo elastico E’ in funzione della temperatura per mescole
elastomeriche con e senza nanocarica. Ricetta della mescola: IR 100, Carbon
Black N326 60, Clay 3, Stearic Acid 2, ZnO 4, S 2, Sulphenamide 1.8, 6PPD 2
L’isteresi
In Tabella 2 si vede il confronto fra due mescole contenenti diversi tipi di carica bianca: solo silice o nanocarica a strati. La proprietà
della carica bianca di conferire alla mescola una bassa isteresi appare addirittura aumentare quando viene utilizzata la nanocarica
a strati.
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Tabella 2. Proprietà di una mescola con carica bianca, silice o nanocarica a
strati (Ca250 = sforzo al 250% di allungamento). Ricetta: SBR 100, silice 53 o
nanocarica 58, TEPT 3, ZnO 2.5, acido stearico 2, antiossidante 2, DPG 1, S 1.5,
sulfenammide 2.5
PROPRIETÀ
CARICA: SILICE
CARICA: NANOCARICA
Ca250 (Mpa)
24.8
22.5
Ca250 / Ca100
2.9
2.8
Isteresi max
0.287
0.230
8
9
10
11
Rapporto
L’impermeabilità
L’applicazione più perseguita delle nanocariche a strati è senz’altro per migliorare l’impermeabilità di un materiale polimerico. Nel
caso delle mescole elastomeriche, quando esse non sono caricate
si riduce la permeabilità di un fattore 4, mentre in mescole caricate la riduzione è di circa un fattore 2. Sono comunque riportati risultati in linea con quelli dei termoplastici, ovviamente migliori
considerando l’applicazione prevalentemente statica, con miglioramenti di anche 2 ordini di grandezza. Per ottenere tali risultati
vengono utilizzate nanocariche con rapporti di aspetto anche
molto alti (fino a 10000) e particolari tecnologie. Non va dimenticato che una delle prime applicazioni commerciali della nanocariche è stata proprio per migliorare l’impermeabilità delle palle da
tennis.
12
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salto competitivo nell’industria dei polimeri” Milano, FAST 18
novembre 2005
D. E. Hall, J. Cal Moreland, Rubber Chem. Technol., 74, 525 (2001)
Science and Technology of Rubber J. Mark, B. Erman, F.R. Eirich Eds.,
2nd Ed. 1999, Academic Press
M. Alexandre, P. Dubois, Materials Science and Engineering 28, 1
(2000)
E.P. Giannelis Applied Organometallic Chemistry 12 (10-11), 675
(1998)
M. Galimberti, G. Guerra, A. Lostritto, A. Spatola, manosctitto inviato a
Chemistry of Materials
Contatti
Maurizio Galimberti
Pirelli Pneumatici SpA
Viale Sarca 222, 20126 Milano
Conclusione
Le nanocariche a strati danno vita con gli elastomeri a una nuova
generazione di nanocompositi elastomerici, la cui applicazione
nelle mescole per pneumatici già mostra un ampio spettro di proprietà interessanti e potenzialmente migliorative rispetto all’arte
nota.
Riferimenti
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Tethis: nuove soluzioni
nel nano- e biotech
Massimo Gatelli, Emanuele Barborini, Roberta Carbone,
Simone Vinati, Isabella Colciago
Tethis S.r.l - Milano
La creazione di materiali, di sistemi e dispositivi attraverso il controllo della materia su scala nanometrica è ciò che correntemente
si intende con il termine di “nanotecnologie”.
Tethis è un’azienda che sviluppa nuove tecnologie ed è attiva nei
settori emergenti delle nanotecnologie e biotecnologie; punta a
sfruttare la riconosciuta esperienza in questo campo dei suoi fondatori per rendere i materiali nanostrutturati disponibili sul mercato ed economicamente competitivi per applicazioni industriali.
Nasce nel 2004 come spin-off dell’Università degli Studi di Milano
ed è il risultato dell’unione di competenze scientifiche, provenienti dall’ambiente della ricerca universitaria d’eccellenza, e di conoscenze economico-finanziarie, che si estendono dalla piccola impresa ai mercati internazionali.
Tethis è entrata a far parte del Gruppo Genextra nell’estate del
2005, aprendo la strada allo sviluppo di nuove applicazioni delle
nanotecnologie alle biotecnologie, core business di Genextra.
Durante questi primi anni di attività, caratterizzati da un incremento dei progetti in cui la società è coinvolta, Tethis ha ampliato
il suo organico dalle poche unità di personale iniziale, alle venti
operanti in questo momento.
L’attività di Tethis è focalizzata all’ulteriore sviluppo di tecnologie
legate alla produzione di materiali nanostrutturati, inoltre l’azienda sta procedendo allo sviluppo di dispositivi e prodotti che integrino tali materiali al fine di incrementarne le prestazioni.
In particolare, la tecnologia utilizzata da Tethis e brevettata negli
Usa e in Europa, per la produzione di materiali nanostrutturati, è
detta PMCS (Pulsed Microplasma Cluster Source- figura 1a) ed è
stata sviluppata da tre dei soci fondatori. Si tratta di una tecnica
innovativa per la produzione di film nanostrutturati attraverso la
deposizione di nanoparticelle trasportate in fascio supersonico
(Supersonic Cluster Beam Deposition, SCBD). Il metodo con cui
questi film sono realizzati può essere pensato come l’equivalente
nanotecnologico della verniciatura a spruzzo, in cui le goccioline
di vernice sono sostituite da particelle delle dimensioni di qualche
nanometro.
Le nanoparticelle sono prodotte tramite l’erosione di un elettrodo
del materiale di interesse (generalmente metalli) per mezzo di un
plasma inerte, innescato da una scarica elettrica. In seguito alla
scarica la miscela di gas e particelle si espande attraverso un ugello e viene focalizzato fino a formare un fascio estremamente intenso e collimato, come mostrato in figura 1b.
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Figura 1a. Particolare della sorgente PMCS
Figura 1b. Rappresentazione schematica dei principi di funzionamento della
PMCS.
Tale fascio di nanoparticelle, composte generalmente da qualche
centinaia di atomi, può essere direzionato su di un substrato,
consentendo la produzione di film con una struttura nanometrica. Utilizzando un particolare dispositivo, che sfrutta un sistema
di lenti aerodinamiche e controllando l’energia cinetica e la distribuzione della massa, è possibile ottenere dei film con un buon
controllo su densità, granulosità, ruvidità, adesione al substrato,
nano e mesostruttura.
I film nanostrutturati così ottenuti risultano avere una bassa densità e un’alta porosità. Essi incorporano le straordinarie proprietà
delle nanoparticelle in una struttura tridimensionale facile da realizzare.
Mediante la tecnologia PMCS è inoltre possibile depositare tali
materiali su qualsiasi tipo di substrato, dalla plastica al metallo,
poiché il processo di deposizione è effettuato a temperatura ambiente e l’energia cinetica delle particelle è abbastanza alta per
offrire una buona adesione. Inoltre è possibile produrre film nanostrutturati con una gran varietà di materiali: metalli, ossidi, carbonio e nanocompositi (Fig.2,3)).
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Figura 2. Rappresentazio al microscopio a trasmissione elettronica (TEM) di un
film di ossido di titanio nanostrutturato
Figura 5. Impianto installato presso il centro di ricerca del CRP (Amaro, UD)
Figura 3. Immagine al microscopio a trasmissione elettronica (TEM) di
nanoparticelle di platino disperse in una matrice di carbonio nanostrutturato
Lo schema fondamentale degli apparati per la deposizione da fascio supersonico (SCBD) utilizzati da Tethis si compone di due o
tre camere mantenute in vuoto differenziale: il numero delle camere dipende delle esigenze applicative.
Nella versione più estesa un tipico impianto è costituito da una
camera di espansione, dove il gas contenente le particelle formate nella sorgente PMCS origina il fascio supersonico, da una seconda camera di vuoto differenziale e da una camera di deposizione dove vengono posizionati i substrati per la crescita dei materiali, come mostrato in figura 6.
Tethis è in grado di progettare e realizzare sistemi di deposizione
custom con specifiche che si adattano il più possibile alle richieste
del cliente: dal centro di ricerca industriale al laboratorio di ricerca
universitario (Fig.4, 5)
Figura 6. Schema di un apparato costituito da: PMCS, camera di espansione
per la formazione del fascio di nanoparticelle e la camera di deposizione.
I film nanostrutturati prodotti da Tethis trovano possibilità di impiego in differenti campi di applicazione, tra cui per citarne alcuni: nella sensoristica (nasi elettronici, monitoraggio ambientale,
sensori multiparametrici), nell’elettrochimica (supercapacitori,
celle a combustibile), nella biotecnologia (materiali biocompatibili, lab-on- a-chip per applicazione di proteomica, genomica e postgenomica).
Figura 4. Impianto installato presso il centro di ricerca del CRP (Amaro, UD)
L’azienda si occupa inoltre di sviluppare, internamente o tramite
joint ventures, dispositivi basati su tali prodotti tramite questa tecnologia.
Due tra i progetti più rilevanti in corso di svolgimento sono legati,
rispettivamente, allo sviluppo di piattaforme per la post-genomiN E W S L E T T E R
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ca e la proteomica (progetto interno) e allo sviluppo di sensori
per il rilevamento di sostanze gassose in joint venture con Selex
Comms Spa (Gruppo Finmeccanica).
Piattaforme per la post-genomica
Il sequenziamento del genoma umano ha fornito una quantità di
informazioni senza precedenti sulla struttura dei geni e le loro variazioni e le nanotecnologie hanno aperto una nuova frontiera
per la creazione di nuova conoscenza nel campo delle scienze;
consentendo il raggiungimento di elevati livelli di miniaturizzazione, esse rappresentano un unico e imprescindibile strumento tecnologico per lo sviluppo di nuove metodologie di studio in ambito
bio-medico sia applicativo che di base.
Le cosiddette tecnologie ad high-troughput, inizialmente applicate per lo studio dei profili di espressione genica, si sono rivelate di
grande utilità anche per la comprensione di fenomeni biologici
diversi, in particolare nella genomica “funzionale”. La possibilità
di costruire arrays su chip di diverse entità quali DNA, proteine,
cellule e più recentemente virus, offre un panorama tecnologico
ampio e in continua evoluzione. Uno degli obbiettivi più complessi nella caratterizzazione del nostro genoma riguarda essenzialmente la comprensione della funzione delle proteine nel contesto
cellulare.
L’identificazione della funzione proteica è un requisito essenziale
per lo studio delle patologie umane dove la de-regolazione dell’attività proteica rappresenta un fattore eziologico essenziale nella patogenesi della malattia. A tale scopo sono state proposte
nuove metodologie basate su cell arrays on chip, inoltre recentemente è emersa l’importanza del substrato di coltura (dove le cellule crescono e proliferano) in questo tipo di tecnologie. I dati
sperimentali che analizzano il ruolo della chimica e topografia del
substrato sono ancora frammentari e incompleti, ma sottolineano il fatto che substrati artificiali in grado di “mimare” la matrice
extracellulare, che circonda le cellule “in vivo”, potrebbero costituire dei segnali più fisiologici per le cellule.
Recentemente Tethis ha caratterizzato una nuova superficie altamente biocompatibile costituita da titanio nanostrutturato depositato su vetrino mediante la propria tecnologia. La straordinaria
biocompatibiltà di queste superfici, verificata in esperimenti a
breve e lungo termine, insieme alla possibilità di essere efficientemente funzionalizzati con proteine, all’abbondanza di siti di adsorbimento sulle nanoparticelle e al vantaggio di essere trasparente alla luce visibile, rendono questo nuovo materiale un substrato ideale per lo sviluppo di nuove tecnologie basate sui cell arrays, per lo screening di fenotipi e l’identificazione di nuovi target
farmacologici.
Su queste superfici Tethis ha sviluppato una nuova piattaforma
tecnologica per l’analisi fenotipica di famiglie di geni su cellule
primarie e tumorali basata sulla creazione di due tecnologie innovative: la prima consiste nella produzione di un array retrovirale
su chip di titanio nanostrutturato altamente biocompatibile.
Grazie all’elevata superficie attiva delle nanoparticelle, che costituiscono il film e l’elevato potere “adsorbente” nei confronti delle macromolecole proteiche, si è ottenuto un’array stabile di virus
e cellule che, infettate ed eventualmente selezionate, overesprimono o downregolano ad alta efficienza centinaia di geni diversi
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per studi fenotipici a breve e a lungo termine. In particolare su
questa piattaforma è stata valutata la risposta in termini di crescita e ciclo cellulare di cellule umane primarie in assenza di p53,
uno dei geni più frequentemente mutati in patologie tumorali;
dopo 5 giorni dall’infezione con un vettore virale che down-regola p53 è stato verificato un progressivo incremento del numero di
cellule e una conseguente percentuale aumentata di cellule in fase S, indicativi di un vantaggio proliferativo nelle cellule primarie
indotto dall’assenza di p53. La nostra piattaforma pertanto consente di effettuare studi a lungo termine su fenotipi biologici
complessi.
Inoltre la metodologia d’infezione mediata dal titanio nanostrutturato ci consente di operare in completa assenza di policationi
tossici (come il polibrene), necessari per ottenere normalmente
un’alta efficienza di infezione.
La seconda tecnologia innovativa di analisi fenotipica (proprietaria), è l’immunocell-array; mediante tale metodologia centinaia di
marcatori proteici (proteine cellulari) possono essere studiate nel
loro contesto cellulare direttamente sul chip, grazie allo spotting
ad array degli anticorpi sulle cellule fissate, ed ad un semplice
saggio di immunofluorescenza. L’analisi al microscopio automatizzato consente di acquisire in poco tempo una grande quantità
di immagini ad alta risoluzione che successivamente vengono
analizzate con adeguati software.
La tecnologia d’immobilizzazione retrovirale su chip in titanio nanostrutturato prevede ulteriori applicazioni, ad esempio nel campo della gene therapy; in particolare nel caso di cellule primarie di
difficile trasduzione genica e sensibili agli effetti dei policationi
(come i melanociti primari, le cellule staminali e dendritiche), la
nostra tecnologia offre un’ alternativa unica ed efficiente, priva di
effetti tossici. (Figure 7, 8, 9,10)
L’immunocell-array puo’essere inoltre configurato come tecnologia “a se’” per lo studio simultaneo di pathway cellulari indotti da
farmaci, per l’identificazione di marcatori tumorali su cellule di
pazienti, per lo screening di farmaci che attivano specifici
pathway cellulari, per lo screening di anticorpi policlonali e/o monoclonali per l’utilizzo in immunofluorescenza; a questo proposito abbiamo effettuato uno screening di 81 anticorpi monoclonali
e policlonali su cellule primarie mediante la produzione di un array di 600 spots di anticorpi (a diversi diluizioni) su singolo vetrino e ottenuto uno staining specifico per 39 di essi.
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Figura 7. Modello cellulare utilizzato: melanociti
Figura 8a. Modello cellulare utilizzato: fibroblasti
Figura 8b. Cellule dendriche
Sviluppo sensori
Una delle applicazioni più interessanti dei film sottili porosi è il
sensore di gas. Gli ambiti nei quali questi dispositivi hanno ampie
possibilità di impiego sono innumerevoli: automotive (monitorag-
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gio dei prodotti di combustione, comfort dell’abitacolo), domotica (fughe di gas, salubrità degli ambienti), agroalimentare (monitoraggio delle atmosfere controllate nelle filiere di produzione alimentare e della qualità dello stoccaggio), siti sensibili (monitoraggio dell’atmosfera in siti del patrimonio artistico, ed in siti potenzialmente pericolosi quali raffinerie, impianti chimici, stoccaggio
di idrocarburi, ecc.). Tethis ha elaborato un articolato progetto di
ricerca applicata in collaborazione con Selex-Comms (Finmeccanica), nel quale intende utilizzare la tecnica di deposizione da fasci di nanoparticelle per la produzione di sensori di gas di nuova
concezione, da integrare in reti di telecomunicazioni.
Il principio di funzionamento di un sensore di gas a film sottile si
basa sulla fenomenologia, illustrata in figura 9. A temperature elevate la composizione chimica della superficie di ossidi metallici è in
equilibrio con la composizione chimica dell’atmosfera a cui è
esposta. Modificazioni nella composizione dell’atmosfera alterano
la composizione chimica della superficie, e di conseguenza la conducibilità elettrica dell’ossido. Questo fenomeno è stato sfruttato
per la realizzazione di sensori di gas fin dal 1962. I materiali più importanti per applicazioni sensoristiche di questo tipo sono ossidi di
metalli di transizione quali SnO2, TiO2, WO3, In2O3, ZnO.
Figura 9. Il principio di funzionamento di un sensore di gas a film sottile di
ossido è molto semplice: la resistenza elettrica del film varia in presenza di
specie gassose reattive. Molto più complessa è invece la spiegazione del perché
ciò avviene. Ad alta temperatura, la superficie del film di ossido reagisce con
l’ossigeno atmosferico, il quale sottrae parte degli elettroni disponibili alla
conduzione, formando uno “strato di svuotamento” (in grigio chiaro). Se
insieme all’ossigeno è presente un gas reattivo lo strato di svuotamento può
aumentare in dimensioni o diminuire. In altre parole, varia il numero di elettroni
disponibili alla conduzione elettrica, e, di conseguenza, la resistenza del film.
L’uso di film sottili nanostrutturati come strato sensibile ha il notevole vantaggio di offrire un’enorme superficie disponibile all’interazione con l’atmosfera. Fra le varie tecniche di produzione di film
nanostrutturati, quella basata sull’uso di fasci supersonici di nanoparticelle, (SCBD) si è rivelata particolarmente interessante per
la possibilità di depositare il materiale sensibile direttamente sulle
piattaforme microlavorate che ospitano le metallizzazioni per la
misura della resistenza, senza necessità di altri trattamenti o processi. Ulteriori vantaggi sono rappresentati dalla possibilità di ottenere film nanostrutturati su qualunque tipo di substrato, inclusi
i polimeri e addirittura le membrane sospese in silicio (l’ultima
frontiera per quanto concerne la miniaturizzazione della sensoristica), a temperatura ambiente, in condizioni ultra-pulite.
Inoltre, grazie all’elevata collimazione del fascio supersonico di
nanoparticelle è possibile ottenere deposizioni in pattern ordinati,
con risoluzione micrometrica, mediante l’uso di maschere rigide,
come mostrato in figura 10.
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menti sono inoltre necessari per “fissare” la nanostruttura dei
film ed evitarne modificazioni in sede di operatività del sensore,
che appunto avviene ad elevata temperatura. Per sfruttare la possibilità di deporre in pattern ordinati, ed integrare materiali sensibili differenti all’interno di un unico dispositivo, sono state sviluppate opportune piattaforme microlavorate con struttura ad array,
la cui versione più semplice è mostrata in figura 12.
Figura 10 a, b, c Sfruttando l’elevata collimazione del fascio supersonico di
nanoparticelle è possibile deporre pattern ordinati di materiale nanostrutturato
mediante l’uso di maschere rigide. Queste, mantenute davanti al substrato, e
non in contatto con esso, consentono di riprodurre il loro disegno con
risoluzione sub-micrometrica.
Tutto questo rende la tecnica SCBD particolarmente attraente per
lo sviluppo e la produzione a livello prototipale di dispositivi per la
sensoristica di gas aventi struttura complessa a multi-elementi
sensibili. Sistemi di questo tipo possono essere impiegati, in connessione con software intelligenti, per affrontare i problemi di selettività nel riconoscimento di atmosfere complesse, di cui soffrono in generale i sensori di gas a film di ossidi metallici.
I materiali per applicazioni sensoristiche prodotti e caratterizzati
da Tethis sono attualmente TiO2, WO3, e SnO2. Il fascio di nanoparticelle è generato mediante la sorgente a microplasma pulsato
PMCS. Il principio di funzionamento, già descritto in precedenza,
si basa, nel caso dell’applicazione sensoristica, sull’ablazione di
una barretta del metallo di cui si vuole ricavare l’ossido, mediante
un getto di plasma di argon. La sorgente, descritta in precedenza,
è equipaggiata con lenti aerodinamiche, costituite da un’opportuna sequenza di diaframmi, che effettuano una selezione in
massa delle particelle. Il fascio raggiunge infine la camera di deposizione che ospita le piattaforme microlavorate, sulle quali ha
luogo la crescita del film nanostrutturato. Un manipolatore portacampioni motorizzato su quattro assi permette la movimentazione in modalità rastering per la deposizione contemporanea di più
dispositivi. Lo schema dell’apparato di deposizione per la produzione di sensori è mostrato in figura 11.
Figura 11. Rappresentazione schematica dell’apparato di deposizione SCBD in
cui sono evidenziati la sorgente, le lenti aerodinamiche, il substrato, e il sistema
a maschere rigide per la deposizione in pattern.
L’ossidazione dei film alla corretta stechiometria si ottiene a seguito di trattamenti termici post-deposizione, in aria. Tali tratta28
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Figura 12 a, b. Layout delle piattaforme microlavorate con struttura ad array.
Sul lato fronte (sinistra), oltre alle quattro metallizzazioni interdigitate, è
integrato un termometro a filo di platino, mentre sul retro (destra) è presente
un riscaldatore, anch’esso in platino. Le dimensioni sono di 6x6.5 mm2, con 50
µm per la larghezza delle metallizzazioni.
La bassa energia cinetica d’impatto e la diffusione limitata sulla
superficie sono caratteristiche peculiari del processo di deposizione e determinano la crescita di film altamente porosi alle scale nanometriche. La struttura dei grani nanometrici, analizzata mediante microscopia elettronica a trasmissione (transmission electron microscopy, TEM), è di tipo amorfo nei film as-deposited. Diviene invece di tipo policristallino a seguito dei trattamenti termici. E’ importante osservare che la struttura porosa non subisce sostanziali modificazioni a seguito del trattamento termico, cosa essenziale per le applicazioni sensoristiche, nelle quali il dispositivo
opera costantemente ad elevata temperatura e, nel contempo
necessita di mantenere una superficie accessibile ai gas la più
estesa possibile. Queste osservazioni sono evidenziate nella figura
13, nel caso di WO3.
Figura 13 a, b. Immagini TEM di campioni di WO3 nanostrutturato.
L’immagine di sinistra mostra un campione as-deposited, costituito da grani di
dimensione attorno alla decina di nanometri, di struttura amorfa, come
evidenziato dall’assenza di piani cristallini. L’immagine di destra mostra il
medesimo campione dopo un trattamento termico a 200°C: la struttura dei
grani è divenuta policristallina, mentre la porosità si è preservata.
Le proprietà sensoristiche dei film sono caratterizzate rispetto alle
specie gassose rilevanti per le problematiche ambientali, quali
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NO, NO2, CO, e SO2, e rispetto a composti organici volatili quali,
ad esempio, etanolo. Per mezzo di un sistema automatico di miscelazione, questi composti sono iniettati, a livelli di concentrazione dell’ordine dei ppm, insieme con aria secca pura, all’interno di
un’opportuna camera di test, opportunamente sviluppata per lo
studio delle performances dei sensori.
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gura 15 mostra un dispositivo a livello prototipale, assemblato all’interno di un package standard di tipo TO a 12 pin.
Figura 15. Dispositivo assemblato in un package TO a 12 pin.
Bibliografia
a)
b)
Figura 14. Risposta del sensore nanostrutturato di SnO2 a SO2 (a) e di
TiO2+Pd a etanolo (b). Entrambe le misure sono state eseguite con sensori alla
temperatura di 300°C. La corrente elettrica nel sensore (asse di sinistra) è stata
misurata alimentando le metallizzazioni interdigitate alla tensione fissa di 5V.
Le curve a gradini rappresentano la concentrazione reale del gas in analisi (asse
di destra).
La caratterizzazione è eseguita attraverso la misura della conduzione elettrica attraverso i film durante le sequenze di test, consistenti nell’iniezione ciclica di concentrazioni via via crescenti del
composto gassoso in esame. La figura 14 mostra come esempio
la risposta di film di SnO2 a SO2, e di TiO2 a etanolo. In questo ultimo caso delle nanoparticelle di palladio sono state aggiunte al
film di TiO2 allo scopo di favorire cataliticamente l’azione di sensing.
La stabilità della linea di base, i tempi di risposta e di ripristino, la
sensibilità, il ruolo della temperatura di esercizio, l’effetto dell’umidità, sono le questioni generali in corso di approfondimento.
La potenzialità offerta dalla struttura ad array di un riconoscimento intelligente di atmosfere complesse, caratterizzate dalla presenza contemporanea di più specie gassose, è invece l’aspetto
peculiare di questi dispositivi, altrettanto oggetto di studio. La fi-
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Contatti
Isabella Colciago
Tethis srl , via Russoli, 3 - 20151 Milano
tel 02-36.56.83.49, fax 02-36.56.9.83
[email protected] , www.tethis-lab.com
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Notizie in breve
Nasce a Rovigo ECSIN (European Center for the
Sustainable Impact of Nanotechnology)
operativa da ottobre 2005 a Marghera.
(F. Lodato)
Per rispondere all’esigenza di rafforzare il quadro conoscitivo circa l’impatto su salute e ambiente delle nanotecnologie attraverso
la valutazione e la gestione (ad es. certificazione, standardizzazione) delle attività di ricerca e produzione basate sull’impiego delle
nanotecnologie, nasce ECSIN - European Center for the Sustainable Impact of Nanotechnology.
Il Centro, insediato a Rovigo presso CEN.SER S.p.A. con un investimento di 8Meuro, rappresenta una delle principali iniziative di
Veneto Nanotech a sostegno del suo impegno nel settore delle
nanotecnologie ed allargare la dimensione territoriale del Distretto. Il progetto, che gode, dell’appoggio delle Università Venete di
Padova, di Venezia Cà Foscari e di Verona ed ha suscitato l’interesse della comunità politica ed economica Polesana (Provincia,
Comune, CCIAA e Associazione Industriali di Rovigo) e della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, potrà avere un ritorno importante in termini di attrazione di conoscenze scientifiche e professionali di alto livello e potrà contribuire a stimolare la
nascita di iniziative imprenditoriali innovative.
Le attività svolte da ECSIN saranno coerenti con le indicazioni fornite dalla Commissione Europea sullo sviluppo di nanoscienze e
nanotecnologie, con una attenzione particolare alle seguenti problematiche:
• Interazione delle nanotecnologie con l’ambiente e la salute
umana.
• Percezione pubblica della disciplina e decisioni giuridico/sociali/etiche.
• Promozione per un utilizzo consapevole delle nanotecnologie.
Contatti
Veneto Nanotech S.C.p.A.
Via S. Crispino, 106 – 35129 Padova
Phone. +39 049 7705511 / 00, Fax. +39 049 7705555
e-mail: [email protected]
L’approccio seguito sarà fortemente multidisciplinare e l’obiettivo
è quello di favorire uno sviluppo responsabile delle nanotecnologie e di contribuire ad informare correttamente l’opinione pubblica sugli innumerevoli campi di applicazione di queste tecnologie
e sopratutto sull’impatto di prodotti e processi “nanotecnologici”
su ambiente e salute umana. Il Centro sarà un punto di riferimento a servizio di aziende, università, centri di ricerca che vogliano
avviare studi in tali settori.
Sono già stati stabiliti contatti per avviare delle collaborazioni virtuose con imprese e istituzioni anche internazionali ed attraverso
il monitoraggio delle attuali necessità di ricerca, verranno avviati i
primi progetti per fornire risposte concrete ai problemi di gestione che concernono l’applicazione e l’utilizzo delle nanotecnologie.
Attualmente il progetto è nella fase di avvio. Il dimensionamento
iniziale prevede di occupare un’area di circa 1000 mq, destinata
ad ospitare circa 30 persone tra ricercatori e personale di staff e
due laboratori attrezzati, focalizzati su: ecotossicologia e salute
umana. Vi è la possibilità di ampliamento per ulteriori 1.067 mq. I
locali della struttura dove sorgerà ECSIN sono stati consegnati alla fine di maggio e si sta procedendo alla fase di selezione delle
migliori risorse umane e di allestimento della strumentazione necessaria. ECSIN lavorerà a stretto contatto con gli altri attori del
Distretto Veneto tra cui Nanofab, la Nanofabrication Facility che è
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Attività normativa nazionale UNI e internazionale
ISO in materia di nanotecnologie
In seno all’UNI (Ente nazionale italiano di Unificazione) è stata recentemente costituita la Commissione Tecnica “Nanotecnologie”. Questa nuova Commissione ha lo scopo di sviluppare una
specifica attività di normazione nel campo delle nanotecnologie e
di interfacciarsi ai lavori normativi che stanno nascendo a livello
internazionale presso l’ISO (International Standards Organization)
e a livello CEN (European Committee for Standardization). Presso
queste due organizzazioni (a cui UNI aderisce come ente di normazione italiano) sono stati aperti i Comitati CEN TC 352 e ISO
TC 229, che si occuperanno di sviluppare norme tecniche nel
campo delle nanotecnologie. La Commissione UNI invece ha costituito quattro Gruppi di lavoro (vedere prospetto 1) che seguiranno lo sviluppo normativo ISO/CEN e prepareranno la posizione
italiana sui vari argomenti in discussione. Perché è necessario sviluppare una attività normativa nelle nanotecnologie? Per fornire
un adeguato supporto allo sviluppo industriale. Numerose sono
infatti le problematiche sul tappeto che potrebbero essere chiarite o risolte con l’ausilio della normativa.
Prospetto 1 - Struttura della Commissione UNI “Nanotecnologie”
GRUPPI DI LAVORO
TITOLO
GL1
Terminologia
GL 2
Misure, strumentazione e caratterizzazione
GL 3
Salute, sicurezza e aspetti ambientali
Prodotti e processi nanotecnologici
GL 4
Le nanotecnologie sono sempre più considerate come un futuro
punto di forza per uno sviluppo sostenibile e che permetterà
maggiori avanzamenti nel campo dei materiali, della produzione
energetica, della medicina (inclusi nuovi trattamenti per la lotta ai
tumori) e dei rimedi ambientali, dei sistemi tecnologici di informazione e comunicazione e di altre nuove tematiche.
Perché le nanotecnologie devono essere supportate da una adeguata normativa tecnica? Alcuni esempi:
• perché non esiste una terminologia internazionale concordata
in questo campo;
• perché non esiste alcun protocollo/normativa internazionale
che prova la tossicità delle nanoparticelle e gli eventuali metodi esistenti non sono adeguati a questo nuovo settore;
• perché devono essere sviluppate nuove tecniche di misurazione e specifici strumenti da standardizzare;
• perché sono necessarie nuove procedure di calibrazione e
nuovi materiali di riferimento.
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Il prossimo incontro della Commissione “Nanotecnologie” si
terrà presso la sede dell’UNI nel mese di settembre 2006. La
Commissione UNI invita esperti interessati e competenti a partecipare ai lavori normativi, in grado di collaborare alla definizione
delle future norme tecniche nazionali UNI e internazionali CEN e
ISO.
In occasione del Convegno “Governare le nanotecnologie in Italia” parteciperà alla tavola rotonda dal titolo “ Strategie e strumenti per lo sviluppo efficace e responsabile delle nanotecnologie in Italia: C’è bisogno di una Iniziativa Nazionale per le Nanotecnologie?” il Direttore Tecnico dell’UNI (Ente Nazionale Italiano
di Unificazione), ing. Ruggero Lensi che è anche segretario della
Commissione Centrale Tecnica UNI, responsabile della supervisione di tutta l’attività normativa dell’Ente.
Contatti
Gian Luca Salerio,
UNI – Funzionario della Commissione “Nanotecnologie”
Per maggiori informazioni sull’attività della Commissione UNI:
[email protected]
Dispositivo per la valutazione del potere
disinquinante dei materiali fotocatalitici
Nell’ambito dello studio dei materiali disinquinanti, è stato ideato
e sviluppato dalla società Tecnotessile un sistema per la simulazione dell’inquinamento urbano e la valutazione del suo abbattimento, denominato UAPS (Urban Air Pollution Simulator), che
sfrutta il principio della fotocatalisi. Il materiale che viene analizzato è un substrato (tessile, ceramico, composito, ecc.) la cui superficie viene modificata mediante deposizione di nanoparticelle.
Che cos’è la fotocatalisi?
La fotocatalisi è definita come l’accelerazione della velocità di una
fotoreazione per la presenza di un catalizzatore. Infatti, l’ossidazione della maggior parte degli idrocarburi procederebbe piuttosto lentamente in assenza di sostanze attive catalitiche.
Un fotocatalizzatore diminuisce l’energia di attivazione di una data reazione. Il biossido di titanio (TiO2), ad esempio, è un ossido
semiconduttore dotato di una elevata reattività per cui può essere
chimicamente attivato dalla luce solare. Esso, infatti, attraverso
l’assorbimento diretto di fotoni incidenti, può partecipare a processi fotochimici di superficie. Dall’esposizione del catalizzatore
alla luce, vengono generati degli stati eccitati capaci di iniziare
processi a catena come le reazioni redox e le trasformazioni molecolari.
Perché la fotocatalisi?
La chimica delle superfici prevede diversi tipi di reazione ma quelle di ossidazione sono senz’altro le più significative tanto da essere considerate un punto di partenza per l’evoluzione delle diverse
molecole inquinanti. Poiché l’ossidazione modifica in maniera decisiva le caratteristiche chimiche delle molecole, ne deriva che le
molecole ossidate mostrano componenti tossicologici molto diversi da quelle di partenza. Generalmente, una molecola ossidata
mostra caratteristiche tossicologiche trascurabili rispetto alla specie di partenza.
Gas inquinante
NOx (Ossido Biossido di
Azoto)
SOx (Biossido e Triossido di
Zolfo)
CO
(Monossido
di
Carbonio)
C6H6 (Benzene)
Materiale
fotocataliti
Trasformazione
NO3(Ioni nitrato)
SO43(Ioni solfato)
CO2
(Anidride carbonica)
Il materiale fotocatalitico, quando viene esposto al sole o ad una
lampada fluorescente, produce un’ossidazione sugli inquinanti a
stato gassoso cui viene in contatto, eliminando sostanze dannose, quali composti organici (o batteri a loro vicini) ed inquinanti in
forma gas tipo NOx, SOx, VOC principali responsabili dei problemi respiratori dovuti all’inquinamento atmosferico.
UAPS (Urban Air Pollution Simulator)
Il prototipo sperimentale di UAPS (Urban Air Pollution Simulator) realizzato è costitutito da una struttura formata da una camera a tenuta stagna (figura 1) dotata di:
• un condotto di alimentazione del gas inquinante dotato di
una serie di fori per diffondere in maniera uniforme lo stesso
all’interno della camera;
• un sistema di evacuazione della camera;
• una lampada UV con spettro di emissione tra i 290 e i 390 nm;
• un sistema per la simulazione del vento;
• un sensore per il rilevamento della radiazione nel campo UV;
• un sensore per il rilevamento della concentrazione del gas introdotto;
• un software di gestione e di interfaccia utente che permette di
gestire in remoto i parametri e di impostare differenti tipologie
di prove (simulazione esposizione giornalierta, mensile, annuale, ecc.)
Il sistema è già stato testato e ottimizzato su diverse tipologie di
materiali.
Contatti
TECNOTESSILE Soc. Nazionale di Ricerca Tecnologica r.l.
VIA DEL GELSO, 13 - 59100 PRATO (IT)
TEL. +39 0574634040 FAX: +39 0574634045
Email: [email protected]
http://www.tecnotex.it
Pubblicato inventario dei prodotti nanotecnologici
Il “Woodrow Wilson International Center”, direttamente collegata con il governo americano e fortemente impegnato sul tema
delle implicazioni sociali delle nanotecnologie, ha pubblicato online il primo inventario dei prodotti nanotecnologici disponibili sul
mercato da loro realizzato. Sono stati identificati circa 200 prodotti, di cui piu del 50% appartenenti alla categoria “Health and
Fitness” (abbigliamento, prodotti sportivi, cosmetici, personal care, creme solari, ecc..), seguiti da elettronica e computers, prodotti per la casa, settore alimentare, coatings e automotive. La maggior parte dei prodotti provengono dagli Stati Uniti, l’Europa è al
terzo posto, dopo i paesi dell’area Asia-Pacifico, con circa 35 prodotti nano.
Riferimenti
http://www.nanotechproject.org/index.php?id=44
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Nanochallenge: 300,000 euro per nuove iniziative
industriali nelle nanotecnologie
Veneto Nanotech ha annunciato la seconda edizione di Nanochallenge, concorso internazionale per idee di business basati sull’applicazione industriale delle nanotecnologie.
L’iniziativa è destinata a premiare progetti in ambito nanotech
che abbiano le caratteristiche e potenzialità per tradursi in nuove
aziende tecnologiche, e quindi in nuovi prodotti e servizi pronti
per la produzione e la commercializzazione.
Al vincitore di Nanochallenge verrà corrisposto un premio pari a
300.000 euro, di cui 200.000 a titolo di investimento di seed capital e 100.000 sottoforma di servizi ed accesso alle infrastrutture
del distretto Veneto delle nanotecnologie (es. laboratori della Nanofabrication Facility di Marghera). Un premio speciale del valore
di 20.000 euro, sponsorizzato dall’Iniziativa Centro Europea (InCE) sarà inoltre assegnato al miglior progetto presentato da un
team proveniente da uno dei paesi del centro-est Europa membri
dell’InCE.
Anche quest’anno Nanochallenge è sostenuta totalmente dalla
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ed ha già ottenuto il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca e del Ministero delle Attività Produttive.
Riferimenti
Veneto Nanotech S.C.p.A.
www.nanochallenge.com, [email protected]
Il budget federale USA 2007 per le nanotecnologie
È stato recentemente annunciato che il budget per la National
Nanotechnology Initiative (NNI) USA proposto per il 2007 dal Presidente Bush, ammonterà a 1277 milioni di $. Dal 2001 il finanziamento della NNI è cresciuto del 175% confermando l’importanza attribuita dagli Stati Uniti alle nanotecnologie. Salute ed
energia sono i settori che hanno visto gli incrementi piu’ consistenti.
Riferimenti
http://www.nano.gov/
Ora disponibili le roadmaps del progetto UE
Nanoroadmap
Nanoroadmap (NRM) è un progetto cofinanziato dalla UE nell’ambito del 6° Programma Quadro (PQ6) e coordinato da
AIRI/NanotecIT. Il suo obiettivo era quello di produrre roadmaps a
10 anni (2015) circa l’applicazione delle nanotecnologie in the
settori fondamentali: Materiali, Salute & Sistemi Medicali, Energia. Il progetto è iniziato a Gennaio 2004 e si è concluso alla fine
di Dicembre 2005. Il Consorzio Internazionale che ha realizzato il
progetto era formato da organizzazioni di 8 paesi Europei ed
Israele:
• AIRI/Nanotec IT (I)
• Institute of Nanotechnology (UK)
• MATIMOP (IL)
• Technology Centre (CZ)
• VDI/VDE-IT (DE)
• VTT(FL)
• Willems & van den Wildenberg (ES, NL)
• Yole Dèveloppement (FR)
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Le roadmaps mettono in evidenza i fattori e le esigenze che spingono l’evoluzione dei settori considerati ed il ruolo delle nanotecnologie, le direzioni di crescita e di sviluppo attese, gli ostacoli e le
barriere da superare per portare sul mercato le applicazioni previste. Ricercatori, dell’industria e del mondo della ricerca, pianificatori pubblici e privati, investitori, associazioni industriali, possono
tutti trarre dalle roadmaps utili indicazioni per i loro piani futuri.
Le roadmaps possono essere scaricate liberamente dal sito del
progetto http://www.nanoroadmap.it/reports.htm.
Contatti
Andrea Porcari
NanotecIT
Tel. 06 88 48 831 - [email protected]
http://www.nanoroadmap.it/reports.htm
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Seminari e convegni
NSTI Nanotech 2006 International Conference: uno
spazio per le nanotecnologie italiane
Boston (USA); 7/5/2006 - 11/5/2006
In occasione del Convegno Nanotech 2006, uno appuntamento
tra i piu’ importanti nel campo delle nanotecnologie, tenutosi dal
7all’11 maggio 2006 a Boston (v. nota Garibbo), AIRI/Nanotec IT
e l’Istituto Italiano per il Commercio con l’Estero (ICE) hanno collaborato per valorizzare la partecipazione Italiana al Convegno
stesso sfruttando la decisione di ICE di allestire una stand dedicato nel quale ospitare le organizzazioni Italiane presenti.
A tal fine, AIRI/Nanotec IT, in stretto contatto con la Centrale in
Italia e l’Ufficio a Los Angeles di ICE, che ha curato gli aspetti logistici ed organizzativi negli USA, si è impegnata per pubblicizzare e
promuovere, in primo luogo tra i propri iscritti ma non solo, l’iniziativa, coordinare i contatti tra quanti hanno deciso di aderire e
con ICE, fornire informazioni sulle nanotecnologie in Italia da utilizzare per il materiale informativo da distribuire al Convegno,
concordare aspetti operativi e contenuti degli eventi specifici che
hanno contraddistinto l’iniziativa stessa.
Il fulcro di tali eventi è stato lo stand allestito da ICE nel quale,
mediante poster e strumenti audiovisivi, erano fornite informazioni circa l’impegno e le attività nel campo delle nanotecnologie
delle varie organizzazioni Italiane presenti, distribuito materiale illustrativo, organizzati incontri. Nello stand erano presenti Finmeccanica (attraverso sue aziende Alcatel Alenia Space, Alenia
Aeronautica, Oto Melara, SELEX Sistemi Integrati, SELEX Communications), CSM, Centro Ricerche Fiat, STMicroelectronics,
Elettronica S.p.A., il Consorzio Interuniversitario INSTM, Veneto
Nanotech e ITP Invest in Turin and Piedmont, AIRI/Nanotec IT.
Di grande utilità per la diffusione delle informazioni è stata la brochure, Italy at Nanotech 2006, preparata da ICE sulla base delle
informazioni ricevute da quanti hanno partecipato, contenente
una panoramica della situazione generale italiana nell’area nanotecnologie (fornita da AIRI/Nanotec IT) ed una descrizione sintetica delle organizzazioni presente allo stand. La brochure, oltre che
essere distribuita allo stand, faceva parte del materiale dato ai
partecipanti al Convegno al momento della registrazione e quindi
è andata a circa 3000 persone. Il Program Guide generale di Nanotech 2006 conteneva, inoltre, due intere pagine di pubblicità
dello stand ICE e l’elenco delle aziende e organizzazioni presenti,
con relativi recapiti e campi di interesse/attività.
Lo stand dell’ICE, molto evidente e ben allestito (con spazio per
riunioni, maxi-schermo LCD e poster tematici delle varie organizzazioni) è stato visitato nella giornata di martedì 9 dalla Dott.ssa
Celia Merzbacher, Executive Director del President’s Council of
Advisors on Science and Technology (PCAST), dipendente direttamente dalla Casa Bianca. La Dottoressa Merzbacher si è intrattenuta con alcuni dei presenti, ponendo una serie di domande sullo
stato dell’arte delle nanotecnologie nel nostro Paese e dimostrando vivo interesse ed apprezzamento.
Gli altri due punti focali dell’iniziativa promossa da ICE e AIRI/Nanotec IT sono stati una serie di incontri con la comunità scientifica
dell’area di Boston.
Il primo di questi incontri, organizzato con il “Center for Nanoscience and Nanobiotechnology” della Boston University, si è
svolto la sera del 9 maggio presso il “Photonics Center” di questa
Università dove ha avuto luogo una cena – incontro tra i componenti della delegazione Italiana ed alcuni rappresentanti della
realtà americana nel campo della ricerca e dell’innovazione (università, aziende, venture capitalist, ecc.). Per la parte americana,
oltre che esponenti di Boston University, Harvard University,
Northeastern University, Rice University e MIT, erano presenti anche rappresentanti di imprese quali BASF Venture Capital, Agilent
Technologies, BAE Systems, Nantero, Fraunhofer, Saint Gobain,
Zyvex Corporation. Tra i presenti c’era anche il Prof. Francesco
Stellacci, titolare della “Finmeccanica Chair” presso l’MIT.
Una serie di brevi presentazioni, utili a fornire eventuali spunti di
discussione, hanno dato il la serata. Nell’ordine, hanno parlato:
Prof. Bennett Goldberg
Chair, Physics Department – BOSTON UNIVERSITY
Director, Center for Nanoscience and Nanobiotechnology –
BOSTON UNIVERSITY
Alessandra Ferri
Deputy Trade Commissioner, ICE (ITALIAN TRADE COMMISSION)Los Angeles
Elvio Mantovani
Managing Director, AIRI/NANOTEC IT
Alessandro Garibbo
Deputy mentor del Focus Group Nanomateriali e Nanotecnolgie,
FINMECCANICA
Gianfranco Innocenti
Director of Micro and Nanotechnologies Division, CENTRO RICERCHE FIAT
Gianfranco Cerofolini
Chief Scientist, ST MICROELECTRONICS
Federica Lodato
External relations, VENETO NANOTECH
Prof. Claudio Migliaresi
INSTM Research Unit of Trento University per CONSORZIO INSTM
Gianmarco Giorda
Marketing Manager, ITP – Invest in Turin and Piedmont
Il Dr. Goldberg ed Alessandra Ferri hanno aperto la serie delle presentazioni. Il primo ha fornito un quadro sintetico circa obiettivi
ed attività del Center for Nanoscience and Nanobiotechnology
mentre la seconda ha illustrato le finalità dell’iniziativa che rientra
nel quadro delle azioni intraprese da ICE per promuovere il sistema delle imprese e delle organizzazioni Italiane negli USA (dall’Ufficio di Los Angeles nel specifico dell’high tech) e favorire collaborazioni. Mantovani ha presentato una panoramica della situazione delle nanotecnologie in Italia basata sui dati raccolti con
il 2° Censimento Nanotec IT mentre gli altri oratori Italiani hanno
illustrato attività ed obiettivi nel campo delle nanotecnologie delle rispettive organizzazioni.
Una seconda serie di incontri è stata organizzata il 12 maggio,
dopo la conclusione del Convegno. Hanno impegnato l’intera
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giornata ed hanno avuto luogo presso quattro prestigiose Istituzioni di ricerca e precisamente, nell’ordine: MIT, Harvard University, Boston College e Northeastern University. Tutti gli incontri,
che hanno avuto un carattere estremamente informale, hanno
consentito uno scambio di informazioni sulle rispettive organizzazioni e sulle loro attività nel campo delle nanotecnologie ed hanno permesso di stabilire utili contatti per eventuali collaborazioni.
(E. Mantovani)
Contatti
Elvio Mantovani, Andrea Porcari
NanotecIT
Tel. 06 88 48 831 - [email protected]
NSTI Nanotech 2006 International Conference:
il convegno
Boston (USA); 7/5/2006 - 11/5/2006
Nanotech 2006, nona edizione del simposio annuale del NanoScience and Technology Institute (NSTI), si è svolta dal 7 all’11
Maggio 2006 a Boston (Massachusetts).
Rispetto allo scorso anno le tematiche affrontate nelle varie sessioni sono aumentate di numero in modo percepibile, creando
un’ampia rosa di opportunità, piuttosto complicata da seguire in
parallelo, ma ricca di spunti e di interesse.
Nanotech, l’articolatissima conferenza generale, da sola non basta più: nuovi eventi si svolgono in parallelo. Da citare, il NanotechIndustrial Impact Workshop, dedicato ad approfondimenti tecnologico-industriali e già presente nella scorsa edizione, a cui si
aggiungono, quest’anno, il Tech-Connect Summit ed il Clean and
Controlled Environments meeting.
Tech-Connect è interamente rivolto a temi di “venture capital”.
Rilevante e significativa l’entrata in campo della Russia attraverso
The International Science & Technology Center (ISTC), che si presenta addirittura come gold sponsor dell’evento. Rispetto alla
scorsa edizione di Nanotech i temi di “venture capital” escono
dal cartellone della conferenza generale e diventano oggetto di
un evento a sé stante. D’altro canto, le presentazioni e i key-note
speech di NSTI-Nanotech assumono un connotato più tecnologico rispetto allo scorso anno e contenuti tecnico-scientifici più
marcati.
Clean and Controlled Environments 2006 è una conferenza di
due giorni che copre diversi aspetti legati ad ambienti a contaminazione controllata e cleanrooms, a dimostrare quanto le tecnologie del silicio (MEMS e NEMS compresi) si stiano legando sempre più indissolubilmente alle nanotecnologie. Le due tecnologie
del momento per l’integrazione delle nanotecnologie e lo sviluppo di prodotti sono infatti il silicio e i polimeri. L’allumina viene
usata solo in speciali applicazioni, ma risulta numericamente marginale.
Questa edizione di Nanotech-NSTI ha mostrato una partecipazione ancora maggiore rispetto allo scorso anno: 3000 iscritti più i
soliti partecipanti “dell’ultimo minuto”.
Il Trade Show di quest’anno è stato caratterizzato dalla novità del
boom del distretto tecnologico, testimoniata da un vero e proprio
affollamento di rappresentanze di Contee, Regioni e di Stati federali. In particolare, erano presenti la Scozia, il Belgio Vallone, il
Quebec, il Massachusetts e altre realtà territoriali, anche USA,
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connotate da una forte integrazione di università e piccole e medie imprese, generalmente spin-off universitari, che lavorano su
tematiche omogenee legate al mondo “nano”.
La presenza di Taiwan, estremamente aggressiva lo scorso anno,
quest’anno non si notava; l’Australia c’era, ma si presentava con
un profilo decisamente più basso rispetto all’anno scorso. Compaiono invece gli indiani, presenti in grande numero, ed Israele.
A livello di gold sponsors, compare Advance Nanotech (venture
capital) mentre si defilano l’Australia (Invest Australia diventa
semplice sponsor), il Giappone (Nanotech Japan fa ora parte dei
Global Partners) e Motorola (che diventa silver sponsor). Sia ventures che media sponsors sono in numero decisamente ridotto rispetto allo scorso anno.
Crediamo che si possa interpretare questo dato con una maggiore vivacità del mercato della West Coast (ricordiamo che Nanotech 32005 si è tenuto in California), trainato dalle start-up della Silicon Valley - rispetto a quello, meno turbolento, della East Coast.
Rispetto alla scorsa edizione la partecipazione governativa USA è
risultata meno evidente o quanto meno, meno pubblicizzata. Tale
fatto porta a far pensare che il governo americano passi, come
previsto, da un ruolo di facilitatore ad uno di osservatore. D’altronde, la macchina industriale americana è ormai in moto e sarà
impossibile arrestarla. Lo spazio dedicato al governo (attraverso
vari forum di discussione) viene quindi dimezzato rispetto all’intera giornata che caratterizzava la scorsa edizione.
Circa 250 sono state le aziende espositrici (rispetto alle 170 dello
scorso anno). Si è notata l’assenza dell’Austrian Trade Commission, del Center for Nanoscale Materials Argonne National Laboratory, dell’Edmonton Economic Development Corporation e del
Taiwan Business Alliance Forum. Tra le nuove entrate di interesse
si segnalano Hitachi, NanoQuebec, e Scottish Development International.
Rispetto alla passata edizione si nota molta più strumentazione e
molte meno idee “ancora da sviluppare”, si avverte quindi una
forte tendenza a concretizzare. Le piccole aziende sono molto
presenti ed iniziano a comparire singoli elementi (tools e building
blocks) che potranno, in prospettiva a breve, essere integrati con
altri a formare sistemi più complessi in ottica multiscala. In questa
linea si muove la politica del DARPA (Defence Advanced Research
Projects Agency), che dice di applicare il multiscala come approccio di base alle nanotecnologie.
Oltre alle parole chiave che si riconfermano a pieno titolo dall’edizione precedente (nanotubi, sensori, quantum dots, MEMS, nanoelettronica, lab-on-a-chip, self-assembly, controllo delle dinamiche climatiche a livello planetario, fuel cells, nanotecnologie
per la diagnosi e la cura del cancro, drug-delivery, microfluidica,
biochips, future soldier, NBIC cioè integrazione tra Nano – Bio Info e Cognitive, IPR e brevetti), compaiono i temi legati a salute e
ambiente, che nelle edizioni precedenti occupavano meno spazio.
Riguardo ai temi di ambiente e sicurezza, è forte l’interesse delle
law firms americane, che stanno analizzando tutte le implicazioni
del caso per essere in grado di proteggere in un’ottica di lungo
termine gli interessi industriali dei propri clienti. Entrano in gioco
le best practices del risk management, la giurisprudenza relativa
al rischio industriale e una nuova consapevolezza, che sta venen-
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do fuori, ma che deve essere ancora sviluppata, riguardo agli effetti delle nanoparticelle e in particolare delle nanopolveri sugli
organismi viventi.
Il “grido di allarme” che si è percepito “forte e chiaro” è che il
mondo industrializzato si giocherà la partita nanotecnologie/ambiente nei prossimi cinque anni. Dato il trend tecnologico e industriale in corso, cinque anni soltanto ci separano dall’immissione
nell’ambiente di quantità gigantesche di nano-manufatti o di nano-sottoprodotti. Prepararsi oggi per quello che accadrà domani
pare essere l’unica scelta possibile.
Quest’anno la partecipazione italiana è stata notevole. Sicuramente maggiore rispetto allo scorso anno. Una decina, i lavori
presentati da italiani che lavorano in Italia presso università (Milano, L’Aquila), enti di ricerca (CNR, INFN, European Institute of Oncology) ed aziende di alta tecnologia (STMicroelectronics, Tethis,
Selex Communications). Da citare però la completa assenza degli
italiani dal comitato scientifico, monopolizzato dagli statunitensi.
Numerosi invece, i lavori degli Italiani all’estero.
Per valorizzare la partecipazione Italiana al Convegno, l’ICE (Istituto per il Commercio con l’Estero) ha allestito, attraverso il proprio Ufficio di Los Angeles, uno stand nel quale le organizzazioni
Italiane presenti a Boston potessero presentare le proprie attività
nel campo delle nanotecnologie e trovare occasioni di incontro.
All’iniziativa, per la cui organizzazione con ICE ha collaborato con
AIRI/Nanotec IT, hanno aderito Finmeccanica (nelle sue aziende
Alcatel Alenia Space, Alenia Aeronautica, Oto Melara, SELEX Sistemi Integrati, SELEX Communications), CSM, Centro Ricerche
Fiat, STMicroelectronics, Elettronica S.p.A., Consorzio Interuniversitario INSTM, Veneto Nanotech e ITP Invest in Turin and Piedmont. (vedi nota Mantovani)
Ulteriori informazioni su Nanotech 2006 si possono trovare sul sito NSTI nello spazio dedicato http://www.nsti.org/Nanotech2006/ .
In particolare, su
http://www.nsti.org/Nanotech2006/program.html, si trova il programma dell’evento, diviso in cinque sessioni: Electronics & Microsystems, Clean & Controlled Environments, Life Sciences &
Medicine, Materials & Technologies, Business & Ventures.
(A. Garibbo)
Contatti
Alessandro Garibbo, SELEX Communications - [email protected]
Lucia Seminara, SELEX Communications - [email protected]
http://www.nsti.org/Nanotech2006/
Il Progetto NAoMITEC aiuta le PMI a partecipare
ai programmi di ricerca supportati dalla
Commissione Europea
Besancon – Francia; 28/9/2006 - 29/9/2006
Varie attività vengono svolte nell’ambito del progetto NAoMITEC
per facilitare la partecipazione delle PMI ai programmi di ricerca
europei sulle nanotecnologie.
Tra queste, molto importanti sono i Brokerage Events. Per predisporsi alla partecipazione al VII Programma Quadro (VII PQ) un
Brokerage Event si è tenuto il 17 maggio 2006 a Helsinki durante
la Fiera NanoTechnology in Northern Europe (NTNE 2006).
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Un’altra occasione per poter creare contatti tra PMI, grandi aziende e centri di ricerca, sempre in vista del VII PQ, sarà la Fiera MICRONORA (Besancon – Francia) durante la quale, nei giorni 28 e
29 settembre prossimo, si terrà il prossimo Brokerage Event organizzato da NAoMITEC. MICRONORA, importante fiera europea
dedicata alle micro e nanotecnologie, è senz’altro un’occasione
di aggiornamento, incontri e scambi di esperienze per tutte le
aziende che sono interessate allo sviluppo delle nanotecnologie.
Per informazioni ed iscrizioni vedi il sito web:
Contatti
Piero Bufalini
AIRI / Nanotec IT
Tel. 06 88 48 831 - [email protected]
http://www.airi.it/NAOMITEC/ita/itaindex.html
Le nanotecnologie nel 7° Programma Quadro
dell’Unione Europea: innovazione per il mondo
di domani
Torino; 23/5/2006 - 24/5/2006
La CRUI organizza durante tutto il 2006 una serie di eventi dal titolo “Viaggio della Ricerca in Italia”. Il percorso, articolato in 8
tappe in altrettanti atenei italiani, prevede un ciclo di conferenze
sui temi chiave del 7PQ e della ricerca in generale, con contributi
degli europarlamentari membri della commissione ITRE- Industry,
Research, Trade, Energy del Parlamento europeo, in qualità di
“ambasciatori” in Italia delle opportunità che l’Unione europea
offre alla Ricerca.
Il Calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito:
http://www.crui.it/7pq/link/?ID=2342.
Riguardo alle nanotecnologie è stata organizzata a Torino il 23
maggio la giornata “Le nanotecnologie nel 7° Programma Quadro dell’Unione Europea: innovazione per il mondo di domani”,
seguita il 24 maggio dal workshop “Integrazione Scienza-Ingegneria per le Nanotecnologie: la collaborazione fra Finmeccanica
e il sistema universitario “ organizzato da CRUI in collaborazione
con Finmeccanica.
Più di cento i partecipanti a ciascuna giornata. Tra gli oratori rappresentanti della ricerca pubblica (Politecnico di Torino, Università
di Lecce, Padova, CIVEN, CNR-ITIA ), della ricerca privata italiana
(Bracco, STM, Finmeccanica) e delle istituzioni (Regione Piemonte, Commissione Europea).
La giornata ha fornito un quadro sia della importanza che le nanotecnologie rivestono per il nostro Paese e per l’Europa sia degli
strumenti necessari per promuoverne lo sviluppo, quali i distretti
tecnologici (con l’esempio di Veneto Nanotech), le piattaforme
tecnologiche (con l’esempio della piattaforma Manufuture per il
settore manufatturiero), le iniziative di finanziamento e supporto
a livello regionale e infine i programmi quadro europei.
L’intervento di Ezio Andreta, rappresentante della Commissione
Europea, ha ricordato che le nanotecnologie saranno una delle 9
aree tematiche della sezione “Cooperation-Collaborative research” del PF7 (2007-2013 - area tematica 4: “nanosciences, nanotechnologies, materials and new production technologies”). La
notevole spinta che l’FP7 vuole imprimere allo sviluppo delle nanotecnologie ha l’obbiettivo di superare alcune delle debolezze
europee nelle nuove tecnologie: difficolta di trasformazione della
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conoscenza in prodotti commercializzabili (nonostante un eccellente livello accademico), basso livello di investimenti privati in ricerca, mancanza di coordinamento, scarsità di poli di eccellenza
che agiscano da riferimento per il sistema ricerca.
Tra le tematiche prioritarie da affrontare per promuovere e sviluppare le nanotecnologie a livello europeo l’intervento di E. Andreta
ha indicato:
Più conoscenza di base: ricerca di base, educazione, infrastrutture
Più applicazioni: produzione industriale di materie di base (nanomateriali), nanometrologia, standards, valutazione dei rischi associati alle nanotecnologie (in particolare nanotossicologia) ed implicazioni sociali ad esse collegate.
E. Andreta ha poi sottolineato l’importanza che hanno avuto e
avranno le Piattaforme Tecnologiche per la definizione del FP7.
Confermato infine che le prime call per il FP7 sono previste per fine 2006.
La giornata del 24 maggio si è conclusa con una tavola rotonda
sulla ricerca in Italia.
Le presentazioni sono disponibili sul sito dell’evento
(http://www.crui.it//link/?ID=2827).
Il workshop del 24 maggio è stato incentrato sullo sviluppo di
collaborazioni tra Finmeccanica ed il sistema universitario. Il gruppo Finmeccanica, composto da una rete di numerose aziende, ha
creato al suo interno alcune comunità tematiche, trasversali alle
varie aziende, dedicate a sviluppi tecnologici considerati prioritari
per l’intero gruppo Finmeccanica.
Tra queste iniziative il “NMP - Nanotechnology Multiscale
Project”, espressamente dedicato alle nanotecnologie, di cui fanno parte: Selex Sistemi Integrati, Alenia Aeronautica, Selex Communications, Oto Melara, CSM ed alcune università di Roma, Genova e Milano.
Nell’ambito di queste comunità tematiche, ed in particolare di
NMP, è stato promosso l’avvio di progetti di ricerca congiunti con
le Università anche mediante l’attivazione da parte di Finmeccanica di fondi dedicati per il sostegno di questi progetti. Il workshop
ha costituito un momento di confronto tra Finmeccanica e le
realtà universitarie che si sono proposte per partecipare a tali progetti.
Nella prima parte del workshop sono state presentate le attività
Finmeccanica sulle nanotecnologie, con brevi presentazioni di
tutti i membri del progetto NMP, quindi è stato lasciato spazio alle presentazioni delle idee progettuali da parte del sistema universitario. Tutte le presentazioni sono disponibili sul sito:
http://www.crui.it//link/?ID=2824.
• Fibre sintetiche: non tessuto per uso igienico, ignifugo, indumenti professionali, arredamento e tappezzerie …….
• Packaging: plastiche bio degradabili, tracciabilita’ dei
prodotti …..
• Energie alternative: celle in materiale organico per la produzione di energia da fotovoltaico
• Aereospazio: materiali compositi ad uso aereospaziale
• Aereospazio: robot terrestre in grado di operare in condizioni
ambientali estreme sensoristica avanzata micro e nano basata
su circuiti mems
All’evento hanno partecipato più di cento delegati. I rappresentanti di circa 70 imprese ed Università si sono confrontati durante
i due giorni di lavoro per definire idee e proposte di collaborazione.
La prima giornata è stata dedicata alla presentazione della iniziativa, con interventi di Sviluppoumbria, della regione e delle Università umbre coinvolte (l’Università di Perugia nelle sue diverse
componenti: dipartimento Scienze e Tecnologie dei Materiali, laboratorio SERMS, dipartimento Energie Alternative) e alla organizzazione dei tavoli di lavoro relativi alle cinque aree tematiche
previste. La seconda giornata è stata più operativa, con la partecipazione ai tavoli di tutti i soggetti interessati, imprese ed università, che si sono confrontati per la definizione di idee progettuali
e consorzi per la partecipazione ai primi bandi del distretto (previsti per settembre) e ad altre eventuali occasioni di finanziamento.
Ulteriori informazioni sono disponibili nella pagina web di Sviluppo Umbria (http://www.sviluppumbria.it/) oppure contattando
AIRI/Nanotec IT.
Riferimenti
http://www.crui.it
Contatti
Maurizio Cipollone
Tel . 0744 58542
Sviluppoumbria Spa
Via Armellini 1 - Terni
Nanotech Umbria 2006: una opportunità
per il nuovo distretto tecnologico umbro
The risk governance of nanotechnology:
recommendations for managing a global issue
Terni; 5/6/2006 - 6/6/2006
Swiss Re Centre for Global Dialogue, Rüschlikon (Svizzera);
6/7/06 -8/7/06
Si è svolto a Terni, località Villalago, l’incontro Nanotech Umbria
2006, organizzato da Sviluppoumbria, con anche la collaborazione di AIRI/Nanotec IT. L’ evento, con tema le applicazione delle
nanotecnologie per la messa a punto di nuovi materiali e nuovi
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prodotti a base polimerica, è stato organizzato nell’ambito della
promozione del “distretto tecnologico umbro attualmente in fase
di definizione (Protocollo d’intesa tra MIUR e regione umbria per
la realizzazione di un distretto tecnologico umbro nei settori : Materiali speciali metallurgici, Micro e nano tecnologie, Meccanica
avanzata, Meccanotronica” - febbraio 2006).
Obbiettivo dell’evento quello di dare vita a partnership di diverso
tipo tra imprese e università locali ed organizzazioni esterne, portatrici di risorse e conoscenze strategiche, al fine di generare investimenti produttivi o di ricerca e sviluppo sul territorio umbro. A
supporto dell’iniziativa le risorse previste per il distretto tecnologico umbro (50Meuro in 3 anni) e dalla Legge 181/’89.
Le aree tematiche su cui è stato focalizzato l’incontro erano:
N E W S L E T T E R
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L’Agenzia Internazionale IRGC (International Risk Governance
Council) è una fondazione indipendente fondata nel 2003 con
sede in Svizzera, avente competenze multidisciplinari ed una
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proiezione internazionale delle proprie attività. Obbiettivo della
fondazione è la previsione e la “governance” dei rischi legati allo
sviluppo a livello globale della società umana.
IRGC è attualmente impegnata in un progetto sulla valutazione e
gestione dei rischi associati allo sviluppo delle nanotecnologie e di
prodotti che le utilizzino, con l’obbiettivo di definire un quadro
metodologico per l’approccio alle tematiche del rischio e della salute legate a questo settore.
Nel corso del 2005 IRGC ha condotto una analisi delle iniziative
nazionali intraprese nel mondo sulle nanotecnologie, interpellando rappresentanti di istituzioni e organizzazioni di tutti i paesi interessati, che ha portato alla stesura del rapporto “Survey on nanotechnology governance - Volume A. The Role of Government”. Il rapporto è frutto di un questionario inviato a 17 paesi
(Australia, Brazil, Canada, China, Egypt, EU, France, Germany, India, Ireland, Italy, Japan, Korea, South Africa, Taiwan, UK and
USA) tra i quali 11 hanno risposto (Canada, China, France, Germany, Ireland, Italy, Japan, South Korea, Taiwan, UK and USA). Il
contributo italiano è stato fornito da Nanotec IT, il rapporto è disponibile sul sito web dell’IRGC.
A seguito delle attività e analisi svolte, IRGC sta inoltre preparando un libro bianco sulla gestione dei rischi associati alle nanotecnologie (“Nanotechnology Risk Governance” white paper), che è
attualmente in fase di revisione.
In questo contesto si colloca il convegno “The risk governance of
nanotechnology: recommendations for managing a global issue”, nel quale verranno presentati e discussi i risultati fino ad
ora raggiunti dal progetto sulle nanotecnologie condotto dall’istituto.
Tra i partecipanti rappresentati delle più importanti istituzioni internazionali dedicate alle nanotecnologie, e di numerose ed importanti Università ed imprese attive nel settore.
NanotecIT parteciperà all’evento.
Riferimenti
http://www.irgc.org/irgc/projects/nanotechnology/
Aspetti di Base e Funzionali di ibridi inorganiciorganici nanostrutturati
Nel mese di Febbraio 2007 verrà organizzato una giornata di seminari dal Centro di Cultura per l’Ingegneria delle Materie Plastiche presso la sede di Alessandria del Politecnico di Torino. I 7 partner del progetto FIRB “Aspetti di Base e Funzionali di ibridi inorganici-organici nanostrutturati” presenteranno i risultati ottenuti
nel progetto.
Seguiranno maggiori dettagli nel prossimo numero della newsletter.
Contatti
Alberto Frache, PhD.
Centro di Cultura per l’ingegneria delle Materie Plastiche
website: www.cdcmp.it
E-mail: [email protected]
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N O T I Z I E
Eventi nanotech
• Jun 19 - Jun21, 2006 - San Francisco, USA
International Congress of Nanobiotechnology & Nanomedicine 2006
• Jun 20, Bologna, Italy
Il Consiglio Europeo delle Ricerche: la ricerca di frontiera
• Jun 22 - Jun 23, 2006 - Rome, Italy
Segredifesa: III Simposio sulle tecnologie avanzate
• Jun 27, 2006 - Rome, Italy
Convegno internazionale di studi sui profili scientifici, bioetici
e biopolitici delle nanoscienze e
delle nanotecnologie
• Jun 27 - Jun 28, 2006 - Newcastle, UK
NanoMed 2006
• Jun 27 - Jun 28, 2006 - Tokyo, JAPAN
International Dialogue on Responsible Research and Development of Nanotechnology
• Jun28 - Jun 29, 2006 - San Jose, USA
The Venture Forum 2006
• Jul 3 , 2006 - Rome, Italy
Governing nanotechnology in Italy
• Jul 16 - Jul 20, 2006 - Cincinnati-Ohio, USA
IEEE-Nano2006
• Jul 28 - Jul 31, 2006, Como, Italy
Corrosion Modeling
• Aug 27 - Sep 01, 2006 - Tolouse, France
CANEUS 2006: International Conference on Micro-Nano Technology Development for Aerospace Applications
• Aug 30 - Sep 01, 2006 - Korea
NANO KOREA 2006
• Sep 03 - Sep 08, 2006 - Grenoble, France
TNT 2006 - Trends in nanotechnology 2006
• Sep 03 - Sep 08, 2006 - Besancon, France
5th European Technology Brokerage Event on Micro & Nanotechnologies
• Sep 12 - Sep 14, 2006 - St.Gallen, Switzerland
NanoEurope 2006
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• Sep 20 - Sep 22, 2006 - Honolulu, Hawaii
Multifunctional Nanocomposites 2006 Conference
• Sep 27 - Sep 29, 2006 - Taiwan
Nano Tech Taiwan 2006
• Sep 27 - Sep 28, 2006 - Milano
Nanoforum
• Oct 10 - Oct 12, 2006 - Monaco
Materialica 2006
• Oct 30, Nov 11, 2006 - San Francisco, USA
The 3rd International Congress of Nanotechnology (ICNT
2006)
• Nov 16 - Nov 17, Boston - USA
NanoBiotech World Congress
• Nov 19 - Nov 23, 2006 - Bari
Materials Science and Materials Mechanics at the Nanoscale
conference
• Nov 28 - Nov 30, 2006 - Cologne - Germany
Nanosolutions 2006
C A M PA G N A A B B O N A M E N T I
L I S T I N O P R E Z Z I [ A L N E T T O D I I VA 2 0 % ]
1. NANOTEC IT NEWSLETTER
Sulla Newsletter sono riportate le notizie più importanti (disponibili anche su www.nanotec.it), quali risultati di ricerche ed applicazioni, eventi, corsi, iniziative di Nanotec IT e degli iscritti, articoli su tendenze
e su risultati di ricerche, su politiche della ricerca, su problematiche connesse alla diffusione delle nanotecnologie.
Tiratura: n. 1000 copie. Pubblicazione: giugno, dicembre.
Destinatari (attivi o interessati alle nanotecnologie): industrie, istituti universitari, enti pubblici di ricerca,
associazioni industriali e pubbliche amministrazioni.
Gli ordini devono pervenire a AIRI/Nanotec IT entro il 22 ottobre 2006 per il secondo numero.
II e III di copertina - per ogni numero
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2. SITO WEB (www.nanotec.it)
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Rivista Italiana di Compositi
e Nanotecnologie
(Materiali, Aerospazio,Tecnologie Speciali)
Rivista Italiana di Compositi e Nanotecnologie, (Materiali, Aerospazio, TecnoNasce la “R
logie Speciali)”.
L’obiettivo è quello di creare uno strumento di divulgazione a carattere nazionale nell’ambito dei due argomenti in oggetto. Sia i Compositi avanzati che le Nanotecnologie
costituiscono attualmente due tra le tematiche di maggiore interesse nell’ambito della
Ricerca e della Produzione Industriale italiana. Pertanto, con la pubblicazione di memorie
tecnico/scientifiche si cercherà di fornire un quadro dettagliato, e scientificamente avanzato, delle attività che vengono svolte dalle Università, dagli Enti di Ricerca e dalle Industrie nazionali e internazionali. Ovvero, si verrà creare un punto di riferimento e un link
tra tutti coloro che operano in tali settori.
La rivista è rivolta anche agli studenti di materie scientifiche, quale utile compendio alle
attività di studio svolte all’interno dei rispetti Corsi di Laurea.
La presenza della rivista nei Dipartimenti Universitari e nelle Aziende è uno degli obiettivi cardine della Rivista, inteso come lo sviluppo sia della Ricerca che delle collaborazioni
possibili tra due settori che operano su tematiche molto vicine fra loro, ma spesso con
obiettivi e metodologie differenti.
I Compositi che le Nanotecnologie possiedono un carattere fortemente interdisciplinare, quindi la Rivista al suo interno conterrà delle memorie che descriveranno le attività di
molti settori scientifici: ingegneria, fisica, chimica, biomedica, medicina, etc.
La nascita e la diffusione della Rivista rappresenta un ulteriore arricchimento nel quadro
della divulgazione scientifica nazionale. Ossia, un ponte ideale tra coloro che lavorano nei
settori di interesse e coloro i quali desiderano avere un’informazione dettagliata e scientificamente valida.
Le memorie pubblicate saranno di Autori nazionali e stranieri.
La Rivista si allaccia alle attività didattiche del Master di Primo Livello in “Compositi e Nanotecnolgie per l’Aerospazio” della Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” (Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Astronautica).
È possibile abbonarsi alla Rivista inviando un bonifico bancario intestato a:
ESAGRAFICA S.r.l.
Via della Polveriera 12/13
00184 Roma
Istituto: San Paolo IMI
CIN H
ABI 01025
CAB 03203
CC n° 100000003239
dandone cortesemente conferma tramite e-mail al Coordinamento Redazionale.
Nel sito www.saslab.it è possibile trovare le informazioni di tutte le iniziate associate alla
Rivista.
Direttore della Rivista
Prof. Mario Marchetti
Coordinamento Redazionale
Dott. Ing. Marco Regi, Ph. D.
e – mail: [email protected]
Dott. Ing. Luca Amantini
e – mail: [email protected]
Tel. 06/44585953
Fax. 06/44585670
Stampata da:
ESAGRAFICA s.r.l.
Nanotec IT - Centro Italiano per le Nanotecnologie
Nanotec IT è una struttura autonoma di AIRI creata nel 2003 con l’obiettivo primario di essere il punto di riferimento nazionale per le nanotecnologie e contribuire a rendere più efficace ed efficiente l’impegno del Paese nel settore.
Attività del Centro:
Raccolta di informazioni sulle nanotecnologie sia a livello nazionale che internazionale
Diffusione capillare delle informazioni raccolte
Censimento dell’attività in Italia nelle nanotecnologie
Elaborazione di documenti volti a far emergere le necessità del settore per rendere più efficace ed efficiente l’impegno Nazionale nel settore.
Promozione di contatti e collaborazioni per R&S tra imprese e tra imprese e istituzioni di ricerca.
Organizzazione/promozione di convegni, seminari, iniziative di formazione legati alle nanotecnologie.
Partecipazione a progetti della UE e nazionali sulle nanotecnologie.
Supporto alle PMI per la partecipazione a progetti di R&S nazionali e internazionali, in particolare europei.
Iscritti a Nanotec IT:
• A.P.E. Research
• BREMBO
• CNR - I.E.I.I.T. (Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni)
• CNR - IFN (Istituto di fotonica e nanotecnologie)
• CNR - ISMAC (Istituto per lo studio delle macromolecole)
• CNR - ISTM (Istituto di scienze e tecnologie molecolari)
• CNR - ISMN (Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati)
• CNR - ITIA (Istituto di Tecnologie Industriali e Automazione)
• CRF - Centro Ricerche FIAT
• CSM - Centro Sviluppo Materiali
• CRIM - Scuola Superiore Sant’Anna (Centro di Ricerche in Microingegneria)
• CTG - Centro Tecnico di Gruppo - Italcementi
• DE NORA Tecnologie Elettrochimiche
• GRINP
• INSTM (Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali)
• ENEA - Dipartimento Materiali e Nuove Tecnologie (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente)
• ENITECNOLOGIE
• INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare)
• ITC-IRST - Centro per la ricerca scientifica e tecnologica
• PIRELLI LABS
• SAES GETTER
• SELEX SISTEMI INTEGRATI
• SERVITEC
• STMICROELECTRONICS
• TEXCLUBTEC
• VENETO NANOTECH
L’iscrizione a Nanotec IT è aperta tutti coloro che sono impegnati nelle nanotecnologie, o contano di farlo, ma anche a coloro
che sono interessati a mantenersi aggiornati circa gli sviluppi di questo settore.
AIRI- Associazione Italiana per la Ricerca Industriale
Nata nel 1974 per promuovere lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione industriale e la collaborazione tra ricerca industriale e ricerca pubblica, AIRI (associazione senza scopo di lucro) rappresenta oggi non solo un essenziale punto di confluenza
per più di 110 soci (aziende pubbliche e private, enti pubblici di ricerca, associazioni industriali ed istituti finanziari che si occupano di ricerca applicata), ma è soprattutto espressione diretta di circa 22.000 addetti alla R&S nelle imprese e di circa
13.000 addetti degli enti pubblici di ricerca.
Molti eventi e pubblicazioni rappresentano il contributo che AIRI, dalla sua istituzione, ha fornito all’approfondimento di
problemi di politica e gestione della ricerca , così come molte sono le analisi e le proposte per lo sviluppo della ricerca e
dell’innovazione. Particolare attenzione è stata data da sempre alle problematiche delle PMI, anche per la introduzione
di innovazioni tecnologiche e organizzative, per attivare le collaborazioni fra imprese e ricerca pubblica, per la partecipazione a programmi di ricerca nazionali e comunitari.
Per maggiori informazioni:
NANOTEC IT - c/o Airi - Viale Gorizia 25/c - 00198 Roma - tel. 068848831 - 068546662 - fax 068552949
[email protected] – www.nanotec.it