Relæ Christian F. Puglisi Un libro di idee Relæ Christian F
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Relæ Christian F. Puglisi Un libro di idee Relæ Christian F
Relæ Christian F. Puglisi Un libro di idee Fotografie di Per-Anders Jorgensen Sommario Prefazione di Chad Robertson 10 Ringraziamenti 12 Introduzione 13 Capitolo 1: Le basi 14 L’idea iniziale 14 Jægersborggade 22 Lo staff 26 Km 0: quando ha senso, quando non lo ha 32 Biologico: una certificazione che vale? 36 Spezzare il pane: la base per un pranzo ideale 40 Capitolo 2: Idee sul piatto 49 ••Liquidi Acqua 52 Vino 54 Aceto di frutta 58 Olio extravergine d’oliva 59 ••Animali Agnello 64 Grasso 66 Pollo 68 Maiale di Hindsholm 70 Burro 74 Latticello 76 ••Terra Topinambur 80 Carote 81 Rafano 82 Sedano rapa 84 Erbe 86 Crescione 88 Agrumi 90 Fragole acerbe 92 Fiori di sambuco 93 Mela selvatica 94 Noci 96 Semi 97 Olive 98 ••Mare Cozze 102 Pesce delle zone costiere 104 Sgombro 106 Lattuga di mare 107 Acciughe 108 Söl 110 Laminaria 112 ••Lavorazioni Fermentazione 116 Marinare frutta e verdura 118 Marinare il pesce 119 Cucinare in un’emulsione di burro 120 Cucinare le insalate 122 Cottura di precisione 124 Scottare 126 Brodi 128 Latte di noci 130 Nascondere nel piatto 132 ••Consistenze Contrasti di temperature 138 Croccante! 139 Gommoso 140 Ruvido 142 Disidratare/Reidratare 144 Bucce di verdura 146 Salare e marinare le verdure 148 Salare e marinare carne e pesce 150 Succulenza, il condimento naturale 152 ••Sapore Burro e amaro 156 Abbrustolito e grigliato 158 Tostato e sapore di noci 159 Una sfumatura di umami 160 Carne con frutti di mare 164 Mineralità 166 ••Teoria Comporre il piatto 170 Sviluppare una tecnica 172 Snack 176 Sfidare gli ospiti 178 Vegetariano 180 Più verdure, meno carne 182 Combinare i sapori 184 Dessert salati 188 Dal naso alla coda 190 Dalle foglie al gambo 192 Acidità 194 La creatività è in ognuno di noi 196 Dov’è il carrello dei formaggi? 198 ••Fonti di ispirazione Italia 202 Danimarca 204 Francia 206 elBulli 208 Tailandia 210 Primavera 212 Estate 214 Autunno 216 Inverno 218 Capitolo 3: Piatti 225 ••Snack Bouquet di erbe 230 Taco di sedano rapa 232 Topinambur alla griglia 234 Mais grigliato 236 Scalogno e cumino nero 238 Cracker al formaggio Kornly 240 Radici di acetosella 242 ••Aperitivi per vegetariani Fragole acerbe, crescione e latticello 246 Yogurt di pecora, ravanelli e nasturzio 248 Cetriolo, cumino dei prati e melissa 250 “Pesce” di barbabietola affumicata e fiori di sambuco 252 Barbabietola, mela selvatica e söl 254 Cipolle stufate, latticello e nasturzio 256 ••Aperitivi per onnivori Uova di lompo, daikon e mandorle 260 Ostriche, cavolo e capperi 262 Cozze, alghe e allumette 264 Calamaro, cozze e alghe 266 Carpaccio di manzo, acciughe e aglio orsino 268 Agnello, gamberetti e aneto 270 Asparagi bianchi e acciughe 272 Razza marinata, cozze e sedano rapa 274 Sgombro marinato, cavolfiore e limone 276 Merluzzo, cavolo rapa e pelli 278 Cipolle bianche, astaco e finocchio 280 ••Secondi vegetariani Rape, cerfoglio e rafano 284 Patate novelle, fragole acerbe e rucola 286 Patate, alghe e pecorino 288 Lattuga, mandorle affumicate e olio d’oliva 290 Asparagi, semi di girasole e menta 292 Topinambur, quinoa e caffè 294 Semi di girasole, formaggio Kornly e germogli di pino 296 Purea di patate al forno in due versioni 298 Orzo, cavolfiore e trombetta dei morti 300 ••Portate principali per vegetariani Carota, fiori di sambuco e sesamo 304 Cetriolo abbrustolito e succo fermentato 306 Lattuga romana, tuorlo d’uovo e ortica 308 Funghi Enoki, laminaria e alghe 310 Finocchio, mandorle affumicate e prezzemolo 312 Zucchine essiccate e insalatina amara 314 Scorzonera fritta e bergamotto 316 Carota salata e “béarnaise” di acetosella 318 ••Portate principali per onnivori Maiale di Hindsholm e segale 322 Agnello, rape e asparago di mare 324 Cavolfiore, animelle di vitello e basilico 326 Ali di pollo, asparago bianco e acciughe 328 Anatra selvatica, bacche di sambuco e cipolle bianche 330 Insalata, manzo e pistacchi di Bronte 332 Vitello, salsa grigliata e acciughe 334 ••Formaggi e dessert Formaggio di capra sbattuto e prezzemolo 338 Formaggio Nordlys, carote e zeste d’arancia 340 Gallinacci, mela e granita 342 Mandarino, latticello e tuorlo d’uovo 344 Fiordilatte, laminaria e caramello 346 Composta di rabarbaro, mandorle e aceto 348 Topinambur, malto e pane 350 Yogurt di pecora, barbabietole e ribes nero 352 Zucca Hokkaido e mandarino 354 Mais, briciole di pane e maggiorana 356 Fiori di sambuco e rabarbaro 358 Topinambur, caffè e frutto della passione 360 Tavolino da caffè 362 Appendice: Ricette 369 Indice 441 Le basi Jægersborggade Il centro di Copenaghen è circondato da alcuni laghi artificiali originariamente costruiti per proteggere la città. Le aree intorno a questi laghi oggi rappresentano i quartieri più popolosi della città; di questi Vesterbro e Nørrebro sono i più giovani e dinamici. A Nord di Copenaghen, Nørrebro è il quartiere più multietnico e più densamente popolato, e la via chiamata Jægersborggade è situata proprio al centro. In passato il quartiere popolare e operaio in cui si trova il nostro ristorante è stato l’epicentro dello spaccio di hascisc al di fuori da Christiania. Christiania era una specie di “città libera” dove lo spaccio di hascisc veniva ufficiosamente tollerato, rendendola una meta turistica che dava l’impressione di essere stati catapultati in un coffee shop di Amsterdam. A Jægersborggade una banda di motociclisti aveva aperto un negozio, che era un mio punto di ritrovo ricorrente quando da ragazzo bazzicavo una compagnia non molto raccomandabile. Intorno al 2000, alcune iniziative di quartiere cominciarono a ripulire gli scantinati di Jægersborggade, che erano chiaramente in mano agli spacciatori che controllavano l’attività criminale di quella via. Gli scantinati furono ristrutturati e affittati a chiunque avesse bisogno di un locale a buon prezzo per la sua attività. L’atmosfera un po’ rude ma autentica della strada attirò imprenditori con una vena creativa, come i proprietari di quello che presto sarebbe diventato il famoso Coffee Collective e di Elsgaard, un produttore di calzature classiche realizzate a mano. Quando cominciammo a valutare la possibilità di aprire il ristorante su Jægersborggade, molti credevano in un futuro 22 migliore per quella via, ma il clima non era ancora febbrile. Molti ci consideravano completamente pazzi perché volevamo aprire un ristorante proprio in quella zona. In quel periodo non c’erano ancora i caffè o le altre attività e la via non era per nulla trafficata, quindi i dubbi non erano del tutto infondati. Eppure, mentre facevo conoscenza con gli imprenditori locali, la loro energia si dimostrò contagiosa e tutti erano davvero entusiasti all’idea dell’apertura di un nuovo ristorante nella loro via. Non avrei ricevuto la stessa accoglienza se avessi cercato di aprire il mio ristorante in una delle zone più rinomate della città. In centro sarei stato uno dei tanti, mentre qui in Jægersborggade avevo trovato una rete di supporto reale. Però rimaneva sempre il problema della criminalità, allora era in corso uno scontro tra bande rivali e l’atmosfera nel quartiere era particolarmente tesa. Poi, un mese prima dell’apertura, un famoso rapper danese, Niarn, e un poliziotto vennero feriti da colpi d’arma da fuoco proprio a pochi passi da quella che sarebbe stata l’entrata del Relæ. Fortunatamente nessuno rimase ucciso, ma non sarebbe stato l’ultimo conflitto a fuoco nella strada. È facile immaginare il circo mediatico creato dall’incidente sui giornali danesi, ai quali piaceva molto riportare notizie di questa strada criminosa di Copenaghen. Gli abitanti di Copenaghen sono abituati a una città tranquilla e pacifica, ma nel 2010 la guerra tra bande, le sparatorie e lo spaccio di droga continuavano a occupare le prime pagine dei giornali. La nostra location era situata proprio nel cuore di queste attività illegali: era un punto strategico per i componenti delle bande che Jægersborggade da lì potevano fare il “palo” per controllare che non arrivasse la polizia o qualche rivale. Speravo che, una volta aperto il ristorante, il traffico li avrebbe spinti ad andarsene. Mi ripetevo che era solo una questione di tempo. Ma quei tipi sembravano non far caso alla ristrutturazione frenetica che avevamo svolto nel locale per mesi e mesi, o ai camerieri che allestivano la sala, o agli chef che organizzavano la loro postazione, o, lo so che avete capito, agli ospiti che andavano e venivano dal locale finalmente aperto. Mi sa proprio che quei tipi non avevano letto sui giornali le recensioni del nostro ristorante. Un enorme divano di pelle squarciato, con l’imbottitura gialla che spuntava fuori, da mesi stava in strada a prendere la pioggia e a inzupparsi bloccando la finestra più grande del ristorante, quella vicino all’entrata. Trasformava l’ingresso al nostro locale in un salotto a cui mancavano solo un televisore e quattro mura. Quei tipi si ritrovavano sul divano dalle dieci del mattino fino a mezzanotte fumando hascisc. A volte erano solo ragazzini addormentati, a volte quattro uomini dai volti tatuati, altre volte bionde appariscenti e uno o due pitbull da combattimento. Queste persone erano le prime che vedevamo ogni mattina quando arrivavamo al lavoro e le ultime che “salutavamo” avviandoci verso casa per riposarci un po’. Era una situazione difficile da ignorare e la mia pazienza era messa quotidianamente a dura prova. Volevo solo che il mio ristorante avesse successo, come facevano a non capirlo? Da bambino il mio temperamento mi avrebbe fatto lanciare sedie per la classe o litigare con le maestre, ma sapevo che la violenza e l’aggressività erano le ultime armi con cui si sarebbe potuto risolvere il problema. Ero spaventato, ogni giorno ero costretto a ignorare questo pericolo. Nessuno si fece mai male, ma ricevevamo violente minacce per ogni cosa, come quella volta che una blogger scattò una foto a uno di loro e si vide immediatamente portare via la macchina fotografica. Era una situazione delicata, ma in qualche modo riuscii a non perdere la calma e le cose si misero per il verso giusto. Alla fine con tutta quell’attenzione mediatica i poliziotti si sentirono obbligati a portare via quel divano. Nel frattempo la via era sempre più vivace. Qualche tempo prima della nostra apertura del Relæ, Inge Vincents e Julie Bonde aprirono i loro negozi di ceramiche, Thinware e Uh La La, che ci avrebbero fornito le stoviglie per il ristorante. Caffetterie come il locale non profit Cafe Retro, e il ritrovo per hipster Lyst aprirono più o meno nel nostro stesso periodo, e ben presto arrivarono anche un bar, un ristorante che serviva solo porridge, il Grød, un parrucchiere rétro, un negozio di videogiochi, una cioccolateria, un macellaio, un venditore di formaggi e un fruttivendolo. La strada era ormai sotto i riflettori dei media e giovani studenti invasero gli appartamenti della zona. Gli affitti non erano saliti alle stelle, le normative locali dell’edilizia abitativa imponevano ai prezzi di rimanere piuttosto stabili, erano solamente aumentate le richieste di questa nuova tipologia di abitanti, cittadini con un basso reddito che venivano attratti da ciò che la strada aveva da offrire. Durante l’estate le strade erano invase da migliaia e migliaia di persone che accorrevano in questa zona della città per il mercatino delle pulci del sabato e altre feste di quartiere annuali, e i pochi teppistelli che ancora bazzicavano in diversi angoli della Jægersborggade non destavano più interesse. Al tempo stesso, però, sono sicuro che, con tutti i giovani hipster in circolazione, anche il loro giro di affari era in continua crescita. Ben presto, alcuni colleghi mi domandarono se sapevo di locali liberi su Jægersborggade, chiedendomi se potevo metterli in contatto con le persone giuste, per così dire. Mentre stavamo mettendo a punto le strategie della cucina sia del Relæ sia del Manfreds per preparare da mangiare per circa 250 persone nei giorni più affollati e assumendo circa 30 persone, vedemmo la strada cambiare proprio sotto i nostri occhi. Il giorno prima c’erano gli spacciatori che mi importunavano e il giorno dopo erano spariti, e il merito andava in gran parte all’attenzione mediatica che avevamo generato e che aveva provocato anche l’intervento della polizia. Imparammo che lo sviluppo economico può anche cominciare da una strada, ma viene orchestrato lontano dai suoi marciapiedi consumati: dalle penne dei giornalisti, dai blogger e, naturalmente, dagli hipster. 23 Le basi Lo staff Lo staff del Relæ e quello del Manfreds sono il cuore pulsante dei due ristoranti. Il nostro personale qualificato è composto da circa trenta persone, compresi i cuochi, i camerieri, i sommelier, il personale d’ufficio e i lavapiatti. Il nostro lavoro è fisicamente pesante e mentalmente stressante, e non sempre così ben retribuito. Eppure sono riuscito a raccogliere intorno a me un team cui sarò eternamente grato e di cui sono sempre fiero. Spesso gli chef elogiano prodotti e materie prime come se fossero la parte fondamentale dell’alta gastronomia, ma non lo sono; le persone, lo sono. Senza mani esperte che preparano le portate, spalle forti che portano fuori la spazzatura e menti pazienti che si danno da fare intorno alle mie idee e alle mie opinioni non saremmo certo qui oggi. Ho creato il Relæ a partire dall’idea che sarei riuscito a gestire tutto da solo. Avevo lasciato spazio per un eventuale ampliamento, qualche altro chef in cucina e qualcuno che si occupasse dei conti, ma all’inizio mi occupavo io di tutto: dal preparare i brodi ad aggiornare la nostra pagina web a tenere i contatti con i fornitori. Forse la curiosità o il desiderio di essere indipendente e decidere di ogni singolo aspetto relativo al ristorante mi hanno reso particolarmente dispotico. Realizzai presto che la vita da chef/ristoratore non era poi come me l’ero immaginata. Non ero più solo uno chef ma anche il proprietario, e il mio perfezionismo mi imponeva di scegliere il colore dell’insegna del ristorante così come di decidere quanto a lungo avremmo marinato 26 lo sgombro per la prima portata o se avremmo servito tre oppure quattro carote a persona per la seconda. Avevo pensato di essere molto impegnato quando ero sous-chef, nel prendermi cura dell’enorme brigata di cucina del Noma, ma quello non era niente in confronto alla mia nuova vita. Sono sempre stato particolarmente attento ai dettagli, e in quel momento sentivo che tutta la responsabilità ricadeva sulle mie spalle e che ogni cosa doveva essere perfetta. Per fortuna il mio staff era motivato fin dall’inizio. Li avevo istruiti bene, spiegando che questa era la nostra occasione di creare qualcosa di straordinario e che sarebbe stato necessario metterci tutto l’impegno fin dal primo giorno. Nessuno di loro mi ha mai deluso. Presto la mia fiducia nei confronti del mio staff e delle sue capacità aumentò. All’inizio non avevamo idee del tutto chiare su chi dovesse fare cosa, ma grazie alle loro personalità i due cuochi che avevo assunto, Kristian Baumann e Jonathan Tam, si presero in carico sempre più responsabilità. Kristian si occupava degli ordini, dell’organizzazione e dello staff, mentre Jonathan era più attento al lavoro creativo della cucina, all’elaborazione di nuovi piatti e alle nuove idee. Kim Rossen disponeva del totale controllo della sala, e i sommelier stavano svolgendo un ottimo lavoro nel trovare nuovi abbinamenti tra vino e portate. Quando le giornate si accorciarono diventando sempre più frenetiche, ci accorgemmo di far parte di un progetto che sembrava aver successo, e mentre Lo staff 27 Le basi lavoravamo fianco a fianco il legame tra di noi continuava a consolidarsi. Lavorare per così tante ore sotto pressione trasformava i pasti dello staff in quello che noi giustamente chiamiamo i “pranzi di famiglia”. I pasti dello staff rappresentano un punto cruciale per noi tanto adesso, che dobbiamo dare da mangiare a venti persone al giorno, quanto lo erano al momento dell’apertura del locale, con circa un terzo del personale attuale. Non appena aprimmo i battenti e cominciammo a lavorare in maniera frenetica, realizzai che i pranzi dello staff sarebbero stati gli unici piatti di cui mi sarei nutrito durante tutta la settimana. Volevo mangiare bene tutti i giorni, senza però dover ricorrere necessariamente a bistecche e tartufi. È fondamentale, per me. Dal momento in cui ricevemmo la nostra certificazione biologica, i nostri “pranzi di famiglia” erano composti al 100% da carne e verdure biologiche. Fedele al mio mantra di mangiare più verdure e meno carne, trasformammo il giovedì nel nostro giorno vegetariano, in modo da riuscire a mangiare un buon pollo arrosto di Sødamal sabato, giorno in cui indulgiamo anche in un dessert, un bicchiere di vino e qualche festeggiamento. Facciamo accomodare i primi ospiti intorno alle 5.30 del pomeriggio, quindi dobbiamo aver finito per le 5. Da quando sono diventato padre e la mia compagna ha iniziato a portare anche nostro figlio Louis a mangiare con noi il più spesso possibile, abbiamo allungato la nostra pausa da 30 a 40 minuti. Così abbiamo creato un magnifico momento ricreativo in cui ci riposiamo e ci rilassiamo. Anche altri membri che hanno famiglia e che abitano vicino portano spesso i loro Bimby, e l’atmosfera è incredibilmente familiare. Nessuno deve lavorare in quel momento, e la puntualità al tavolo del buffet è importante tanto 30 quanto presentarsi in orario al lavoro. Spesso mi viene chiesto com’è crescere un figlio e dover gestire i nostri turni di lavoro. Devo ammettere che non è sempre facile, ma vado anche fiero di poter offrire a Louis questa rara opportunità di pranzare a tavola con altre venti persone. Perché questa è davvero una famiglia. Potremmo non sederci allo stesso tavolo tra quindici o vent’anni, ma per tutto il tempo che riuscirò ad avere con me il mio staff sarò felice di sedermi accanto alle poche persone fidate con cui giornalmente condivido il lavoro, le mie idee e i miei pensieri. Mi piace anche sedermi accanto ai più giovani che iniziano il loro apprendistato, e ci danno la responsabilità di trasformarli in grandi lavoratori e cuochi precisi; sono orgoglioso di vederli crescere e maturare. Ho anche la possibilità di sedere accanto agli ospiti della nostra cucina, gli stagisti, che vengono a lavorare con noi per una settimana, un mese o un periodo più lungo. Queste persone viaggiano tra le cucine di tutto il mondo per imparare e per trovare un’ispirazione, proprio come ho fatto io. Mentre strofinano silenziosamente le carote in un angoletto della cucina, gli stagisti osservano tutto ciò che accade intorno a loro. Se volete veramente sapere che cosa sta succedendo dal punto di vista gastronomico in una piccola città come Copenaghen chiedete a loro, perché vi potranno raccontare tutti i dettagli, positivi e negativi, che hanno imparato frequentando le cucine della città. Gli stagisti servono anche a ricordarci quanto sia piccolo il mondo. C’è sempre qualcuno che ci manda i suoi saluti da In De Wulf, in Belgio, o dal Mugaritz, in Spagna, perché i nostri percorsi lavorativi continuano a incrociarsi. Sono loro la linfa grezza della nostra cucina, e i più brillanti ci portano sempre qualcosa di nuovo. Un ragazzo conosceva molto bene il processo di fermentazione dei porri e un altro sapeva preparare una conserva di susine acerbe, Lo staff una tecnica che avremmo potuto applicare alle fragole acerbe che volevamo conservare per l’inverno. A volte ci fanno conoscere una parte della loro cultura gastronomica, come quando Dennis ci preparò uno straordinario bulgogi, un piatto speziato coreano, o quando un sabato Andrew, un ragazzo originario del Texas, ci preparò le costolette “nello stile del Sud”. Non avrei mai pensato che le persone del mio staff sarebbero diventate così importanti per me. Ma lavorare con altre persone è la parte più appagante della mia vita. Cucinare secondo i valori insegnati a scuola o ispirati da un grande maestro fa sentire molto soddisfatti. Ma trovarmi nella situazione opposta, in cui sono io a dover dispensare consigli ed esperienze, è la responsabilità più grande e, per come la penso io, anche il massimo privilegio in assoluto. 31 Idee Terra Topinambur Carote Rafano Sedano rapa Erbe Crescione Agrumi Fragole acerbe Fiori di sambuco Mela selvatica Noci Semi Olive Idee sul piatto Topinambur Il topinambur è nostro compagno fisso durante i freddi mesi invernali. Non lo usiamo così spesso ad agosto e settembre, i mesi che segnano l’inizio della sua stagione, anche se le varietà appena raccolte sono molto più croccanti. Preferiamo risparmiarlo per i mesi più bui, visto che si mantiene straordinariamente bene. Mi piace usarlo crudo, specialmente tagliato a cubetti molto piccoli, perché mostra al meglio la sua texture croccante, da sgranocchiare, che ricorda una patata cruda ma senza essere troppo farinoso. Con la cottura invece la polpa diventa vellutata e cremosa, mentre se si cuoce e si mescola con le bucce, il sapore risulta notevolmente intensificato. Ma ciò che rende così facile lavorare con i topinambur è il loro sapore delicato, quasi neutro, che crea consistenza e allo stesso tempo valorizza gli altri ingredienti. Se si cerca un contrasto, vanno accompagnati a un elemento bruciato o abbrustolito; se si cerca un’esplosione di sapori devono essere accostati a note amare o acide, per esempio a bucce di limone o di un altro agrume, a un gusto mandorlato e amaro, alla senape, alle verdure amarognole e persino al caffè macinato, come nella ricetta Topinambur, quinoa e caffè (p. 294). Per me, il trio formato da topinambur, burro chiarificato e il tipico olivello spinoso danese, acido e speziato, crea una combinazione di sapori emblematica della cucina nordica, una combinazione che spesso ritroverete nei ristoranti danesi. Ci piace giocare su quel tema, sostituendo le note grasse del burro chiarificato, che accentuano il sapore tostato del tubero, con un altro tipo di grasso o persino con una salsa di noci, e l’olivello spinoso con un frutto dal sapore simile, il frutto della passione. La naturale dolcezza dei topinambur cotti li rende una delle nostre fonti di ispirazione preferite per creare nuovi dolci, come i Topinambur, malto e pane (p. 350), a base di gelato al topinambur guarnito con bucce caramellate e olio al malto, che aggiunge una piacevole nota amara. Le combinazioni di sapori appena elencate funzionano bene anche in versione dolce, sottolineando ancora una volta la versatilità dei topinambur in cucina. Topinambur alla griglia (p. 234) Topinambur, quinoa e caffè (p. 294) Topinambur, malto e pane (p. 350) Topinambur, caffè e frutto della passione (p. 360) 80 Terra Carote Secondo me le carote sono un’altra verdura simbolo della penisola scandinava, forse perché sono fondamentalmente tutto quello che abbiamo durante l’inverno. Esistono molti altri tipi di radici, e alcune potrebbero essere leggermente più esotiche o perlomeno sembrare più affascinanti, ma questa verdura arancione è sempre stata la base della nostra cucina orientata al vegetariano. Spesso costruiamo un intero piatto intorno a una singola carota. Uno dei primi piatti inserito nel menu nel 2010 era composto da una carota arrostita intera in padella, imburrata, bagnata con i liquidi di cottura e servita con l’alga islandese söl e una salsa di ribes nero. La dolcezza rotonda delle carote sarà anche la loro caratteristica principale, ma riuscire a controllare quella dolcezza rappresenta anche la sfida più difficile. Può diventare predominante e questo può rendere difficile abbinarla ad altri cibi in un contesto salato. Questo è il motivo per cui spesso cuociamo le carote in una maniera piuttosto brutale, o arrostendole molto a lungo o essiccandole, in modo da aggiungere, in contrasto, un gusto amaro che si abbina alla perfezione con la sua peculiare dolcezza. Alla ricerca di tutte le loro consistenze segrete, abbiamo tagliato le carote in ogni modo possibile. Le abbiamo addirittura usate ancora con la buccia: nella ricetta Formaggio Nordlys, carote e zeste d’arancia (p. 340) cuociamo le fettine di carota senza sbucciarle finché non diventano abbastanza croccanti da servire con un formaggio a pasta molle. Possiamo abbinare la dolcezza delle carote con un elemento fruttato, acidulo e con un tocco di amaro, per esempio il ribes nero e l’olivello spinoso, ma quest’ultimo, come i lamponi e le fragole, è privo di quel retrogusto amaro e non andrà altrettanto bene. Anche la consistenza è un altro elemento importante da considerare quando si lavora con un ingrediente così dolce. La salsa di carote secondo me è uno dei piatti più difficili da preparare; in qualunque maniera si cucini, l’aroma dolce delle carote cotte unito a una consistenza leggera e omogenea fa pensare alle pappe per bambini. L’unico modo per evitarlo è aggiungere una nota alcolica e amara, come abbiamo fatto nella ricetta Carota, fiori di sambuco e sesamo (p. 304), nella quale essicchiamo le carote per aggiungere un gusto amaro e prepariamo una salsa con uno Chenin blanc. L’alcol definisce i vari sapori e distrae il palato dalla sensazione di omogeneizzato – sempre che vostra madre non vi abbia svezzato con qualcosa di simile… Carota, fiori di sambuco e sesamo (p. 304) Carota salata e “béarnaise” di acetosella (p. 318) Formaggio Nordlys, carote e zeste d’arancia (p. 340) 81 Idee sul piatto Rafano Il gusto piccante e le spezie non hanno mai fatto parte della cucina tradizionale scandinava di tutti i giorni e neanche della nuova ondata di ristoranti nordici. Con un’eccezione: il rafano. Anche se viene spesso considerata una pallida, lontana parente dell’amato wasabi giapponese, questa radice bianca è notevolmente piccante e ha un grande valore culinario nella nostra cucina. Il rafano viene solitamente raschiato con un coltello, quasi come se si stesse intagliando un pezzo di legno per appuntirlo, e anche se si potrebbe usare una grattugia o persino una robusta centrifuga, il metodo classico rimane quello più valido. Il grado di piccantezza di questa radice varia molto. A volte la sua forza è evidente già quando si cucina, facendoci lacrimare gli occhi ancora prima di assaggiarlo per sentire quanto è piccante. Usato con cautela, il rafano può dare un’interessante sferzata di sapore a molti piatti ma soprattutto a quelli freddi. Non reagisce bene alle alte temperature: fragranza e aroma speziato sono completamente annullati dal gusto amaro che, quando è caldo, sovrasta tutti gli altri. Solitamente cospargiamo di rafano i piatti freddi per un tocco piccante, come nella ricetta Merluzzo, cavolo rapa e pelli (p. 278). Anche in una preparazione ghiacciata – una neve, una granita o persino un sorbetto – le note piccanti e amarognole emergono chiaramente, perfette per iniziare il pasto con freschezza e mineralità. Oltre a essere il tipico accompagnamento della carne bollita o degli affettati messi sul tradizionale “panino aperto” danese, lo smørrebrød, il rafano viene normalmente servito da solo o con cipolle e cetriolini a cubetti. Personalmente trovo che il suo sapore pepato si abbini molto bene a tutti i latticini, latticello, panna e yogurt inclusi. Nella ricetta Ostriche, cavolo e capperi (p. 262), lo yogurt insaporito con il rafano è la base su cui adagiare i bocconcini di ostrica crudi e il cavolo. Ostriche, cavolo e capperi (p. 262) Merluzzo, cavolo rapa e pelli (p. 278) Rape, cerfoglio e rafano (p. 284) Lattuga, mandorle affumicate e olio di oliva (p. 290) Cetriolo abbrustolito e succo fermentato (p. 306) Crema di rafano Raschiate qualche cucchiaiata di rafano e mettetela in mezzo litro circa di panna da montare e, a piacere, aggiungete il succo di limone. Lasciate inacidire e addensare 82 a temperatura ambiente per circa 30 minuti. Usate la crema da sola o in accompagnamento ai piatti che hanno bisogno di più gusto, per esempio le insalate, le carni cotte o gli affettati. Ideas, Land 83 Idee sul piatto Inverno Copenaghen in inverno non raggiunge temperature polari. I nostri vicini scandinavi hanno un clima molto più nordico del nostro, e a volte preferirei un inverno più rigido con bufere, neve fino alle ginocchia e temperature di molto sotto lo zero. Invece, siamo avvolti da una deprimente coltre di nuvole grigie, di pioggia e di vento per mesi e mesi. La neve sporadica normalmente dura solo per qualche giorno e le temperature fluttuanti la fanno sciogliere trasformando la città in un luogo invaso da un confuso e convulso traffico più che in un paesaggio idilliaco con le cime dei pini ricoperte di soffici batuffoli bianchi. In cucina però l’inverno è tempo di riflessione e di rallentamento dei ritmi normali, a volte troppo frenetici, e si ha modo di soffermarsi di più sui dettagli. Il tempo scorre più lentamente, sia in senso positivo sia in senso negativo: a volte si pensa che la primavera non arriverà mai, ma con il trascorrere degli anni ho iniziato ad apprezzare un passo più lento. In primavera quando gli asparagi cominciano a spuntare, non si fa quasi in tempo a gustare i loro gambi verdi e succosi che la stagione è già terminata. Primavera ed estate sono il tempo dell’azione, mentre in inverno le materie prime ci mettono alla prova in maniera diversa. Le radici ci fissano giorno dopo giorno, sfidandoci a guardarle sotto una nuova luce, a trovare un altro dei loro segreti nascosti. Ci vuole tempo, ed è l’unica cosa di cui si dispone in abbondanza, mesi e mesi con minime variazioni sul tema. Quando aprimmo il ristorante nelle ultime settimane di agosto del 2010, ci trovammo ben presto a fare i conti con l’inverno e le sue limitazioni, una situazione che crediamo ebbe una grande rilevanza nel definire il nostro modo di cucinare. Avevamo pianificato il nostro primo menu da tempo e i rocamboleschi inizi dell’attività non ci permisero di ideare altre ricette creative. Prima di rendercene conto fummo obbligati a utilizzare solo carote, topinambur e sedani rapa per un lungo periodo. Nel corso di quel primo inverno nacquero molti dei nostri piatti più interessanti, come quello a base di sedano rapa tagliato a fette sottili, avvolto intorno alla lattuga di mare e servito su una salsa di olive nere. Scoprimmo un nuovo modo per cuocere i topinambur, mettendoli direttamente sul ripiano del forno a conduzione ventilata a cuocere molto a lungo per preparare i nostri “topinambur gommosi” da servire con i cuori di vitello e una salsa al pepe nero. 218 Fonti di ispirazione Abbrustolimmo le carote con un metodo che non avevamo mai usato prima, cuocendo le rondelle di carote in padella finché non erano molto caramellate, quasi bruciate, e servendole con un brasato di manzo e una salsa di söl, l’alga islandese con un gusto simile a quello del tabacco. Se volete verificare l’inventiva di un ristorante, andateci d’inverno, quando lo chef ha poche materie prime con cui lavorare. Avendo deciso di utilizzare solo ingredienti biologici al 100%, le nostre scelte durante i mesi invernali erano ancora più limitate, inoltre, a partire da novembre, la nostra inclinazione vegetariana ci poneva di fronte a ostacoli che eravamo ben lieti di superare. Nel lungo termine, è superare questi ostacoli che ha fatto la differenza. Questa stagione stimola la nostra creatività, e questo aspetto ci offre conforto nel corso del lungo e desolato – benché relativamente mite – inverno danese. Taco di sedano rapa (p. 232) Topinambur alla griglia (p. 234) Scalogno e cumino nero (p. 238) Cracker di formaggio Kornly (p. 240) “Pesce” di barbabietola affumicata e fiori di sambuco (p. 252) Barbabietola, mela selvatica e söl (p. 254) Ostriche, cavolo e capperi (p. 262) Cozze, alghe e allumette (p. 264) Calamaro, cozze e alghe (p. 266) Razza marinata, cozze e sedano rapa (p. 274) Rape, cerfoglio e rafano (p. 284) Patate, alghe e pecorino (p. 288) Topinambur, quinoa e caffè (p. 294) Purea di patate al forno in due versioni (p. 298) Carota, fiori di sambuco e sesamo (p. 304) Scorzonera fritta e bergamotto (p. 316) Carota salata e “béarnaise” di acetosella (p. 318) Vitello, salsa grigliata e acciughe (p. 334) Formaggio Nordlys, carote e zeste d’arancia (p. 340) Mandarino, latticello e tuorlo d’uovo (p. 344) Fiordilatte, laminaria e caramello (p. 346) Topinambur, malto e pane (p. 350) Yogurt di pecora, barbabietole e ribes nero (p. 352) Topinambur, caffè e frutto della passione (p. 360) 219 208 Rape, cerfoglio e rafano Turnips, Chervil, and Horseradish novelle, fragole acerbe e rucola NewPatate Potatoes, Warm Berries, and Arugula alghe pecorino Potato, Patate, Seaweed, ande Pecorino Lattuga, mandorle e olio d’oliva Lettuce, Smokedaffumicate Almond, and Olive Oil Asparagi, semi di Seeds, girasoleand e menta Asparagus, Sunflower Mint Topinambur, quinoa e caffè Jerusalem Artichoke, Quinoa, and Coffee Semi di girasole, formaggio germogli di Pine pino SunflowerKornly Seeds,eKornly, and Purea di patate al Baked forno inPotato due versioni Puree Orzo, Cauliflower, cavolfiore e and trombetta morti Barley, Black dei Trumpet Uova diRoe, lompo, daikon e mandorle Lumpfish Daikon, and Almonds Ostriche, cavolo e Capers capperi Oysters, Cabbage, and Cozze, alghe allumette Mussels, Seaweed, and eAllumettes cozze e alghe Squid,Calamaro, Mussels, and Seaweed Carpaccio manzo, acciugheand e aglio orsino RawdiBeef, Anchovies, Ramsons Agnello, gamberetti e aneto Lamb, Shrimp, and Dill bianchi acciughe WhiteAsparagi Asparagus and eAnchovies Razza marinata, cozze e sedano rapa Pickled Skate, Mussels, and Celery Root Sgombro marinato, cavolfiore limone Pickled Mackerel, Cauliflower, andeLemon Merluzzo, cavolo rapa e pelli Cod, Kohlrabi, and Skins Cipolle bianche, astaco and e finocchio White Onions, Crayfish, Fennel UnripeFragole Strawberries, and Buttermilk acerbe,Cress, crescione e latticello Yogurt di pecora, ravanelli e nasturzio Sheep’s Milk Yogurt, Radishes, and Nasturtium Cetriolo,Caraway, cumino dei e melissa Cucumber, andprati Lemon Balm “Pesce” di barbabietola e fiori sambuco Smokedaffumicata Beet “Fish” and di Elderflower Barbabietola, melaApple, selvatica söl Beet, Crab andeSöl Cipolle stufate, latticello e nasturzio Cooked Onions, Buttermilk, and Nasturtium Bouquet di erbe Herb Bouquet Taco di sedano rapa Celery Root Taco Topinambur alla griglia Grilled Jerusalem Artichokes Mais grigliato Grilled Corn Scalogno e cumino nero Shallots and Nigella Cracker al formaggio Kornly Kornly Cracker Roots RadiciOxalis di acetosella Water • Acqua Wine • Vino di frutta Fruit Vinegars • Aceto Olio extravergine Oil • Extra-Virgin Olived’oliva Lamb • Agnello Fat • Grasso Chicken • Pollo di Hindsholm Hindsholm Pork • Maiale Burro Butter • Latticello • Buttermilk Jerusalem Artichokes • Topinambur Carrots • Carote Horseradish • Rafano rapa Celery Root • Sedano Erbe Herbs • Crescione Cresses • Agrumi Citrus • Fragole acerbe Unripe Strawberries • Fiori di sambuco Elderflower • Mela Crab selvatica Apple • Noci Nuts • Semi Seeds • Olive • Olives Mussels • Cozze Pesce Coastaldelle Fishzone costiere • Sgombro Mackerel • Lattuga di mare Sea Lettuce • Acciughe Anchovy • Söl • Laminaria • Kelp Fermentation • Fermentazione Marinare frutta and e verdura Pickling Fruits Vegetables • Marinare il pesce Pickling Fish • Cucinare un’emulsione di burro Cooking in Butter Emulsion • Cucinare le insalate Cooking Salads • Cottura di Cooking precisione Precision • Scottare Barely Cooking • Brodi Stocks • Latte di noci Nut Milks • Nascondere piatto Hiding on thenel Plate • Overview Formaggio di capra sbattuto prezzemolo Whipped Goat Cheesee and Parsley Formaggio Nordlys, carote e zeste d’arancia Nordlys, Carrots, and Orange Zest Gallinacci, mela granita Chanterelles, Apple, andeGranité Mandarino, latticello e and tuorlo d’uovo Mandarin, Buttermilk, Egg Yolk Fiordilatte, laminaria e caramello Milk, Kelp, and Caramel Composta di rabarbaro, mandorle e aceto Rhubarb Compote, Almond, and Vinegar Topinambur, malto pane Jerusalem Artichoke, Malt, andeBread Yogurt di pecora, barbabietole e ribes nero Sheep’s Milk Yogurt, Beets, and Black Currant Zucca Hokkaido e mandarino Hokkaido Pumpkin and Mandarin Mais,Bread briciole di paneand e maggiorana Corn, Crumbs, Marjoram FioriElderflower di sambuco e rabarbaro and Rhubarb Topinambur, caffè e Coffee, frutto della Jerusalem Artichokes, andpassione Passion Tavolino daTable caffè Coffee Maiale di Hindsholm Hindsholm and e segale Pork from Rye Agnello, rape e asparago di mare Lamb, Turnip, and Samphire Cavolfiore,Veal animelle di vitello and e basilico Cauliflower, Sweetbread, Basil Ali di pollo, asparago bianco e acciughe Chicken Wings, White Asparagus, and Anchovies Anatra selvatica, bacche di sambucoand e cipolle Wild Duck, Elderberries, Whitebianche Onions Insalata, manzo e pistacchi di Bronte Salad, Beef, and Bronte Pistachio Vitello, salsaSauce, grigliata e acciughe Veal, Grilled and Anchovy Carota, di sambuco sesamo Carrot,fiori Elderflower, andeSesame Cetriolo abbrustolito e succo fermentato Charred Cucumber and Fermented Juice Lattuga romana, Egg tuorlo d’uovo ortica Romaine, Yolk, and e Nettles Funghi Enoki, laminaria e alghe Enoki, Kelp, and Seaweed Finocchio, mandorle affumicate e prezzemolo Fennel, Smoked Almond, and Parsley Zucchine insalatina amara Driedessiccate Zucchini eand Bitter Leaves Scorzonera fritta e bergamotto Fried Salsify and Bergamot Carota salata e “béarnaise” acetosella Salted Carrot and Oxalis di “Béarnaise” di temperatura Contrasting Temperatures • Contrasti Croccante! Crunch! • Gommoso Chewy • Ruvido Leathery • Disidratare/Reidratare Dehydrating/Rehydrating • Bucce di verdura Vegetable Skins • Salare eand marinare le Vegetables verdure Salting Brining • Salare e marinare carne e pesce Salting and Brining Meats and Fish • Succulenza, il condimento naturale Juiciness, the Natural Sauce • amaro Buttereand Bitter • Burro Abbrustolito eGrilled grigliato Charred and • Tostato e sapore di noci Toasted and Nutty • Una sfumatura di umami A Touch of Umami • Carne con frutti di mare Meat with Seafood • Mineralità • Minerality il piatto Building onto a Dish • Comporre Sviluppare una tecnica Evolving a Technique • Snack Snacks • Sfidare gli ospiti Challenging the Guest • Vegetariano Vegetarian • Più verdure, over menoMeat carne Vegetables • Combinare i Flavors sapori Intertwining • Dessert salati Savory Desserts • Dal naso alla Cooking coda Nose-to-Tail • Dalle foglie al Leaf-to-Stemgambo Cooking • Acidità Acidity • La creatività è in ognuno di noi Creativity Is in All of Us • Dov’è dei formaggi? the Cheese Trolley? • WhereilIscarrello Italy • Italia Danimarca Denmark • Francia France • elBulli elBulli • Tailandia Thailand • Primavera Spring • Estate Summer • Autunno Fall • Inverno • Winter Overview 209 Capitolo 3 Piatti Per presentare i piatti a cui tengo maggiormente, quelli che rappresentano meglio le idee e le teorie di cui ho parlato finora, ho deciso di organizzarli nello stesso modo in cui li serviamo al ristorante. Al Relæ offriamo un menu di quattro portate per vegetariani e uno per onnivori. Quando gli ospiti arrivano, se vogliono possono ordinare subito uno snack (vedi pp. 176-177), che non fa parte del menu prestabilito. Poi viene servito l’antipasto, che può essere per vegetariani o per onnivori e nella maggior parte dei casi è leggero e rinfrescante. La seconda portata, condivisa da entrambi i menu, è vegetariana. In origine la mia idea era che questa dovesse essere la portata più sostanziosa e che, insieme al pane, avrebbe protetto gli affari e assicurato che entro la fine della serata le pance fossero piene. La maggior parte dei commensali, però, considera come portata principale l’ultimo piatto prima del dessert, e si aspetta dunque che anche questo sia piuttosto nutriente. In entrambi i menu risolviamo questo dilemma servendo una terza portata che possa sorprendere i nostri ospiti con la sua leggerezza, ma che al tempo stesso possa ancora soddisfarli con la sua complessità. Queste “portate principali” non sono ricche di proteine: infatti, le proteine presenti nella maggior parte dei piatti per onnivori sono completamente nascoste alla vista dalle verdure. Seguono i piatti di formaggi (vedi pp. 198-199), ma, come gli snack, sono facoltativi. Alla fine arriva il dessert, che probabilmente non sarà preparato con ingredienti tradizionali come la crema o il caramello, o non sarà altrettanto dolce quanto la maggior parte dei dessert. Ciò nonostante, gli ospiti dovrebbero percepirlo come la naturale conseguenza dei piatti che l’hanno preceduto. A questo punto possono terminare il pasto con un caffè e un bocconcino dolce che è altrettanto semplice e definito, ma, al tempo stesso, altrettanto pensato fin nei minimi particolari, come tutti i piatti che l’hanno preceduto. 225 Piatti Snack Bouquet di erbe Taco di sedano rapa Topinambur alla griglia Mais grigliato Scalogno e cumino nero Cracker al formaggio Kornly Radici di acetosella Piatti ••Acqua (p. 52) ••Aceto di frutta (p. 58) ••Erbe (p. 86) ••Crescione (p. 88) ••Agrumi (p. 90) ••Noci (p. 96) ••Salare le verdure (p. 148) ••Sviluppare una tecnica (p. 172) ••Snack (p. 176) ••Vegetariano (p. 180) ••Combinare i sapori (p. 184) ••Acidità (p. 194) ••Primavera (p. 212) ••Estate (p. 214) Bouquet di erbe Durante il primo MAD Symposium del 2011, René Redzepi presentò Michael Bras a un pubblico entusiasta: la standing ovation durò quasi cinque minuti. René incentrò la sua apertura sul più grande contributo di Bras alla cucina moderna, un piatto che forse è stato il più grande apporto mai fatto da una sola persona alla cucina di oggi: la sua insalata gargouillou. Composta da sessanta diversi tipi di erbe e verdure intrecciati in modo meraviglioso, questa perfetta espressione della sua cucina è stata copiata un’infinità di volte e ha ispirato gli chef di tutto il mondo. Quando il Relæ aprì a metà del 2010, il modo di creare piatti “selvaggi” ispirato da Bras era forse al culmine della popolarità e, proprio a causa della sua diffusione, nella nostra cucina era completamente fuori discussione persino pensare in quel modo. L’idea di Michael Bras, che ogni giorno visita il suo orto, sembrava molto diversa dalla nostra esperienza di tutti i giorni nel quartiere di Nørrebro. Temevo che se avessimo tentato di fare qualcosa di simile al Relæ avremmo finito per fare solo un’insalata di fantasia. Ma, con il passare degli anni, ci siamo ammorbiditi un po’ sui principi, e abbiamo cercato di tradurre in un piatto il suo approccio multifattoriale, sebbene senza successo. Abbiamo provato con diverse gelatine, creme, qualsiasi cosa, ma niente ci sembrava funzionare, visto che volevamo creare un piccolo omaggio a Bras e, al tempo stesso, rispecchiare la personalità del nostro ristorante. Finalmente, un giorno mi venne l’idea di servire una specie di bouquet garni. Tradizionalmente, questo mazzetto fatto con erbe, gambi e aromi viene messo in infusione 230 nel brodo bollente. L’idea di sostituire i gambi di prezzemolo, il rosmarino e le foglie di alloro con erbe e fiori commestibili, freschi e croccanti, ci sembrò geniale nel verdissimo giugno del 2012. Con il tempo, ha cominciato a trasformarsi lentamente in un succoso snack vegetariano. Volevamo che il nostro bouquet di erbe si potesse gustare con facilità ma che fosse comunque elaborato e abbondante; per questo, creare i vari strati di gusto richiedeva una buona dose di struttura e di logica. Partimmo da una foglia di lattuga ricca di succhi spalmata con una purea di pistacchio. La cremosità delle noci dà consistenza alle sensazioni del palato e un sapore deciso che compensa quello amaro e acidulo delle erbe. Sopra la lattuga mettemmo qualche bastoncino di sedano leggermente sbianchito per dare croccantezza e avere una base su cui comporre il piatto, quindi aggiungemmo tutte le erbe che riuscimmo a trovare. Usammo qualche sottile nastro di sedano ammorbidito in salamoia per legare il bouquet stretto quanto bastava per tenere uniti erbe e fiori e mostrare la loro diversità. Vari spruzzi del nostro aceto di pere e un pizzico di sale servirono a dare un sapore ancora più deciso e un aspetto fresco e lucido al bouquet, rendendolo uno degli snack più amati tra quelli serviti al ristorante. Valutando il risultato finale, devo ammettere che è molto distante dall’insalata gargouillou a cui ci eravamo ispirati. È lontano abbastanza da consentirmi di dire che abbiamo creato qualcosa di nostro e, così facendo, abbiamo reso davvero un piccolo omaggio, anche se umile, al grande Michael Bras. Piatti ••Acqua (p. 52) ••Latticello (p. 76) ••Sedano rapa (p. 84) ••Crescione (p. 88) ••Agrumi (p. 90) ••Gommoso (p. 140) ••Ruvido (p. 142) ••Una sfumatura di umami (p. 160) ••Comporre il piatto (p. 170) ••Sviluppare una tecnica (p. 172) ••Snack (p. 176) ••Vegetariano (p. 180) ••Utilizzare dalle foglie al gambo (p. 192) ••Acidità (p. 194) ••Autunno (p. 216) ••Inverno (p. 218) Taco di sedano rapa Questo snack è uno dei tanti piatti nati nel nostro periodo ispirato al fast food, durato per un bel po’. Per snack friggevamo anelli di cipolla, e per le nostre portate di formaggio cuocevamo la pizza al forno; infine ci azzardammo a fare anche i taco. Ero appena tornato da un viaggio in California in cui avevo scoperto per la prima volta la grandezza della cucina messicana. I morbidi taco che avevo gustato erano stati una rivelazione. L’idea stessa di mangiare con le mani (vedi pp. 176-177) è un tema ricorrente nelle nostre ricette, quindi trovare un nuovo “recipiente” o un modo diverso per portare il cibo alla bocca rappresenta sempre una sfida che siamo ben lieti di raccogliere. In questo caso, fu la funzione dei taco a ispirarmi, perché, in realtà, questo piatto non ha nulla a che vedere con i taco veri e propri. Come per tutte le cose semplici, alla base c’è la qualità, e un buon taco si giudica dalla sua masa [farina di mais nixtamalizzato, cioè trattato con sali o cenere, ndr] e dalla tortilla. La nostra tortilla è preparata con il sedano rapa, che dal punto di vista del gusto non può essere paragonato a un impasto a base di mais, ma che dal punto di vista della consistenza gli assomiglia per elasticità e flessibilità. Ci rendemmo conto che non era molto più complicato preparare una tortilla con il sedano rapa che nixtamalizzare il mais e lavorarlo a mano per ottenere un impasto di masa. Per ricreare la consistenza che mi avrebbe riportato con il pensiero in California, decidemmo in primo luogo di cuocere il sedano rapa avvolto in carta stagnola per circa un’ora, finché fosse cotto ma non troppo morbido. Dopo averlo lasciato raffreddare, lo tagliammo con un’affettatrice in 232 fettine di 1,5 mm di spessore, e le cuocemmo di nuovo su una padella di ghisa molto calda. Queste tortilla si bruciacchiavano in alcuni punti, ma rimanevano morbide, succulente ed elastiche. Era tutta una questione di equilibrio, perché una fetta troppo sottile si sarebbe bruciata, mentre una troppo spessa non sarebbe mai stata abbastanza elastica da ripiegarsi come doveva. Per il ripieno, preparato anche questo con sedano rapa, bisognava rendere il sedano ancora più morbido, così lo cucinammo per 30-45 minuti in più rispetto a quello usato per le tortilla. Dopo la cottura, lo lasciammo raffreddare, lo pelammo e lo tagliammo a julienne, poi mescolammo questo sedano, estremamente succoso, con il latticello, la panna acida, il sale e il succo di limone. Vagamente ispirato a una rémoulade francese a base di sedano rapa, questo ripieno aveva un sapore piacevole e simile all’umami, e la sua acidità aggiungeva la giusta dose di freschezza. Riempimmo la tortilla ancora calda con il ripieno e la cospargemmo con alcuni tipi di crescione per controbilanciare la naturale dolcezza del sedano rapa e aggiungere una variazione nel gioco delle consistenze. Infine spargemmo sulle erbe qualche goccia di succo di limone per aggiungere un tocco di acidità, e vi grattugiammo sopra un’abbondante quantità di tuorli sotto sale. I “fiocchi” d’uovo quasi dorati dovevano ricordare il formaggio grattugiato che, per tradizione, può essere sparso sui taco. Piegammo la tortilla come un taco, e le sue piccole dimensioni la resero perfetta per essere gustata in due o tre bocconcini: un momento di ispirazione messicana con un profilo gustativo estremamente locale. Piatti ••Acqua (p. 52) ••Burro (p. 74) ••Topinambur (p. 80) ••Agrumi (p. 90) ••Gommoso (p. 140) ••Burro e amaro (p. 156) ••Abbrustolito e grigliato (p. 158) ••Comporre il piatto (p. 170) ••Snack (p. 176) ••Vegetariano (p. 180) ••Utilizzare dalle foglie al gambo (p. 192) ••Acidità (p. 194) ••Autunno (p. 216) ••Inverno (p. 218) Topinambur alla griglia La prima volta che entrammo in possesso di una griglia simile a un kamado giapponese si scatenò un periodo in cui grigliavamo qualsiasi cosa. Per un attimo pensammo addirittura di installare una griglia nella nostra cucina, che è decisamente troppo piccola per permetterci di realizzare quel sogno impossibile. Abbrustolire e scottare erano senza alcun dubbio le parole chiave di quell’inverno, e le materie prime reperibili in quel particolare momento vi si adattavano bene. Le radici non più fresche, con un sapore maturo e una spiccata dolcezza naturale reagiscono bene al calore elevato e aggressivo prodotto dalla combustione del carbone. Rimanemmo sorpresi da quanto i topinambur si cuocessero bene sulla griglia; in effetti furono la verdura invernale che ci regalò i risultati più interessanti. Li grigliammo a temperature molto elevate per breve tempo, e l’esterno bruciato formò una crosta croccante che nascondeva un cuore morbido e cremoso. È sorprendente quanto sia discreto il gusto amaro di questa pianta, persino quando viene completamente bruciata. Volevamo amplificarne i sapori, così aggiungemmo una vellutata di bucce di limone aspra e pungente per valorizzare l’amaro della buccia abbrustolita, che faceva da contrasto alla polpa interna, delicata, grassa, dolce e piacevole. Il sapore del burro scuro si affiancava a quello della polpa bianca 234 aumentandone la cremosità e aggiungendo la sua particolare nota di amaro tostato. Prima di poter cuocere i topinambur per 15-20 minuti, girandoli di tanto in tanto, la griglia deve raggiungere una temperatura considerevolmente alta, sui 300 °C. Durante la cottura, i tuberi rilasciano una buona dose di vapore e la polpa interna comincia ad ammorbidirsi. Per facilitare questo processo, è una buona idea fare qualche buchetto nella buccia con uno spiedo o un ago quando, dopo una prima cottura, cominciano ad ammorbidirsi; così il vapore può uscire più facilmente. Prepariamo la vellutata di limoni facendo semplicemente cuocere le bucce di limone finché non sono morbide, e riducendole poi in purea, aggiungendo un po’ di succo di limone per dare freschezza. Una volta cotti, i topinambur vanno tagliati a metà e conditi con il sale. Aggiungiamo un bello schizzo di burro scuro fuso e quindi una buona dose di vellutata di limone, subito prima di servire il piatto ben caldo. Il gusto amaro di questo snack serve ad aprire il menu in maniera scoppiettante. Risveglia il palato e mostra il suo carattere deciso. Ed essendo il primo piatto servito al tavolo, suscita la curiosità degli ospiti. È proprio il modo in cui vogliamo che cominci ogni pasto al Relæ. Ricette Bouquet di erbe Dosi per 6 persone Bastoncini di sedano 1 gambo grande di sedano, tagliato a bastoncini larghi 5 mm e lunghi 10 cm Sbianchite i bastoncini di sedano in acqua bollente salata per 10 secondi, poi metteteli a raffreddare in acqua ghiacciata e scolateli. Purea di pistacchi 100 g di pistacchi crudi sgusciati 45 g di olio di semi 15 g di olio extravergine d’oliva 60 g d’acqua 30 g di succo di limone appena spremuto Sale fino Mettete i pistacchi e l’olio di semi nel Bimby, tritateli fino a creare una purea liscia e finché arriva a 90 °C, più o meno in 10 minuti. Lasciate raffreddare e travasate il composto in una ciotola grande. Aggiungete l’olio d’oliva, l’acqua, il succo di limone e sbattete finché non sarà emulsionato. Insaporite con il sale. Nastri di sedano 2 grandi gambi di sedano 200 g di salamoia al 3% di sale (p. 438) Prendete il gambo del sedano dalla sua parte più spessa e, partendo dall’estremità che state tenendo, usando il pelapatate ricavate delle strisce lunghe e sottili. Mettete il sedano nella salamoia in un unico strato in un sacchetto per sottovuoto, e lasciatelo sigillato sottovuoto per 10 minuti. Sgocciolate i nastri di sedano in un colino. Realizzazione del piatto 6 foglioline di lattuga iceberg o romana, lunghe circa 10-12 cm 15 g di pistacchi crudi e sgusciati, tritati grossolanamente 6 grandi foglie di spinaci verdi 6 grandi foglie di spinaci rossi 6 foglie grandi di acetosa 6 germogli di acetosella rossa con gambi, foglie e fiori 6 germogli di portulaca con gambi e piccoli bocci 6 nasturzi con i gambi 6 foglie di basilico rosso 6 foglie di basilico verde 6 foglie di basilico limone 6 foglie di basilico tailandese 6 foglie di levistico 6 foglie di calendula 6 punte di finocchio selvatico bronzeo 6 foglie di crescione d’acqua con i gambi 6 germogli o foglie di piselli 1 mazzetto di fiori di sambuco o alcuni petali p. 230 di calendula Sale marino Aceto di pere Nota bene: le foglie di lattuga costituiscono l’ossatura del bouquet, per questo è importante che siano della giusta forma e grandezza. La forma a goccia di cui abbiamo bisogno è tipica della lattuga iceberg e di quella romana. I tipi di erbe usati cambiano di giorno in giorno e dipendono dalla loro disponibilità al momento della preparazione del piatto; quindi potete usare le erbe che trovate più facilmente. Per comporre il piatto, spennellate abbondantemente l’interno di una foglia di lattuga con la purea di pistacchi, poi cospargete con i pistacchi tritati. Considerate che avrete più purea di pistacchi di quanta ve ne servirà per i 6 bouquet. Iniziate a comporre i bouquet disponendo prima le erbe con le foglie più larghe, come gli spinaci e l’acetosa. Aggiungete i bastoncini di sedano, poi le erbe grandi con i gambi, come l’acetosella, il nasturzio, la portulaca e i germogli di piselli e infine quelle più piccole, come il basilico, il levistico, la calendula, le punte di finocchio selvatico bronzeo e il crescione d’acqua. Usate un nastro di sedano per legare il bouquet a circa 1,5 cm dalla parte inferiore della foglia di lattuga. Disponete le erbe in modo che siano tutte ben visibili e che il bouquet appaia ben compatto ed equilibrato. Regolate la parte inferiore del bouquet con un paio di forbici e cospargete con fiori di sambuco. Terminate con un pizzico di sale e vaporizzate con l’aceto di pere. Disponete il bouquet su un piatto e servite. 371 Appendice Taco di sedano rapa Dosi per 6 persone Tuorli d’uovo sotto sale 1 kg di sale fino 6 tuorli d’uovo p. 232 Versate metà sale in un contenitore in uno strato uniforme. Depositate delicatamente i tuorli sul sale, lasciando spazio tra l’uno e l’altro. Ricopriteli completamente con il resto del sale e teneteli al freddo per 24 ore, finché non saranno rassodati. Con le mani levate i tuorli dal sale e sciacquateli in una ciotola con acqua fredda, raschiando via con un coltellino ogni residuo di sale. Disponeteli in un unico strato in un essiccatore e fateli asciugare a 55 °C finché non saranno secchi ma ancora pieghevoli, ci vorranno da 6 a 8 ore. I tuorli dovrebbero essere secchi al punto giusto quando, grattugiandoli con una grattugia Zester, si ottiene una sottile “neve” a fiocchi di rosso d’uovo. Se quando viene grattugiato il tuorlo si trasforma in un gel denso, allora non è abbastanza secco e va rimesso nell’essiccatore. “Tortilla” di sedano rapa 1 grande radice di sedano rapa (di 12-16 cm di diametro), spazzolato e scattivato 10 g di sale fino Preriscaldate il forno a 180 °C. Salate il sedano rapa e avvolgetelo bene con la carta stagnola. Cuocetelo al forno completamente, ma non troppo morbido, per 45-60 minuti. La temperatura al centro dovrebbe essere di 80 °C. Togliete la carta stagnola e lasciate raffreddare. Usando un’affettatrice, tagliatelo trasversalmente a fette di 1,5 mm, partendo dall’attaccatura delle foglie. Scegliete le 6 fette più grandi, ottenute dalla parte larga della radice. Preriscaldate a fuoco alto una padella di ghisa senza olio, poi cuocete le fette finché non saranno leggermente bruciate e asciugate: ci vorranno da 30 a 45 secondi per lato. Condimento di latticello e panna acida 100 g di panna acida 15 g di succo di limone appena spremuto 200 g di latticello Sale fino 372 Versate la panna acida e il succo di limone nella ciotola della planetaria e, con il gancio, mescolate e montate il composto. Versate il latticello a filo, continuando a mescolare finché l’impasto è leggermente più denso, in circa 5 minuti. Insaporite con il sale. Ripieno di sedano rapa 1 grande radice di sedano rapa Sale fino Condimento di latticello e panna acida Succo di limone appena spremuto Preriscaldate il forno a 180 °C. Cospargete il sedano rapa con il sale e avvolgetelo bene con carta stagnola. Cuocetelo completamente al forno finché sarà leggermente più morbido delle “tortilla” di sedano rapa, nel giro di 75-105 minuti. Togliete la stagnola e fate raffreddare. Con un coltello sbucciatelo e tagliatelo a julienne. Condite la julienne di sedano rapa con salsa di latticello e panna acida appena sufficiente a ricoprirla in modo uniforme (considerate che avrete più condimenti di quello che serve per i 6 taco), quindi salate e aggiungete il succo di limone. Realizzazione del piatto 1 mazzetto di foglie staccate di crescione d’acqua e di steli tagliati in pezzi di 1 cm di lunghezza 1 mazzetto di foglie staccate e spezzate a metà di nasturzi e steli tagliati in pezzi di 1 cm di lunghezza 1 mazzetto di crescione dei giardini, tagliato in pezzi di 1 cm di lunghezza Succo di limone appena spremuto Per ciascun piatto, mettete una cucchiaiata di ripieno di sedano rapa su ogni “tortilla” e coprite con 3 foglie di crescione d’acqua, 3 foglie spezzate di nasturzio e 4 pezzetti di gambi di nasturzio e di crescione d’acqua. Usando una Zester Microplane grattugiate finemente metà dei tuorli sotto sale sopra al ripieno e alle erbe, poi cospargete con i pezzetti di crescione dei giardini. Completate con 3 spruzzate di succo di limone e piegate il taco a metà. Ricette Topinambur alla griglia Dosi per 6 persone Purea di bucce di limone Topinambur alla griglia 10 limoni tagliati a metà 2050 g d’acqua 3 topinambur grandi, spazzolati Spremete i limoni e mettete le metà senza succo in una pentola a pressione con 1000 g d’acqua. Chiudete con il coperchio e cuocete a fuoco alto finché non comincerà a uscire vapore entro 10 minuti circa. Abbassate il fuoco e continuate la cottura per altri 10 minuti. Togliete la pentola dal fuoco e azzerate la pressione. Sgocciolate i limoni in un colino. Usando un cucchiaio, togliete la polpa e quanto più possibile della parte bianca del limone e gettateli via. Rimettete le bucce di limone nella pentola a pressione con 1000 g di acqua, chiudete il coperchio e cuocete a fuoco alto finché comincerà a uscire il vapore, entro circa 10 minuti. Portate a fuoco medio e fate cuocere altri 15 minuti. Togliete la pentola dal fuoco e fatela sfiatare del tutto. Sgocciolate i limoni in un colino e sciacquateli. Metteteli nel Bimby, aggiungete gli ultimi 50 g d’acqua e riduceteli a una purea liscia. Passate la purea in un setaccio a maglie strette e conditela con il succo di limone. Preriscaldate una griglia a carbone o a gas a 300 °C. Grigliate i topinambur finché non saranno abbrustoliti, per 15-20 minuti, girandoli ogni 5 minuti in modo che ogni lato sia bruciato in modo uniforme. Dopo 10 minuti, usate uno spiedo per bucherellare i topinambur e far uscire un po’ di vapore. Per controllare se i topinambur sono pronti, schiacciateli: ci dovrebbero essere alcune parti abbastanza dure e altre molto morbide. Togliete dalla griglia e tagliate a metà. p. 234 Realizzazione del piatto Sale marino Burro scuro, fuso (p. 438) Per ciascun piatto, incidete la polpa sul lato tagliato di metà topinambur. Cospargete con il sale, spennellate con il burro scuro fluido e spremete su tutta questa parte della polpa di topinambur la purea di bucce di limone. Impiattate e servite. Mais grigliato Dosi per 6 persone 6 pannocchiette di mais, con le foglie 1 piccolo mazzo di maggiorana, tritato grossolanamente 50 g di burro non salato, fuso Sale marino Preriscaldate a 300 °C una griglia a gas o a carbone. Con un coltello fate un’incisione delle foglie intorno alla base di ciascuna pannocchietta, appena sopra i primi chicchi di mais. Fate un’altra incisione a partire da questo punto fino alla cima della pannocchia. Scostate delicatamente le foglioline, facendo attenzione a non romperle, ed eliminate la seta. A 1 cm di distanza, fate un’altra incisione verticale in modo da ritagliate una sorta di “tasca aperta” per avvolgere la pannocchietta. Riempite la tasca di maggiorana e richiudeteci di nuovo la pannocchietta. Usate uno spago per legarla p. 236 lasciando esposta una striscia di chicchi là dove avete ritagliato 1 cm di foglie. Ripetete con le altre pannocchiette e la maggiorana. Grigliate il lato esposto delle pannocchiette finché sarà abbrustolito entro 1 o 2 minuti, poi giratele e grigliate finché, dopo circa 1 minuto, saranno cotte ma ancora croccanti. Togliete il mais dalla griglia e lo spago dal mais. Aprite leggermente le foglie, spennellate il mais con burro fuso, salate e riavvolgete il mais nelle foglie abbrustolite, lasciando che la parte cotta sia visibile nell’apertura. 373