Parti comuni - AppcOristano
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Parti comuni - AppcOristano
Le parti comuni dell'edificio Il condominio non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità, distinta da quella di coloro che ne fanno parte , ma è un ente di gestione che opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, limitatamente all’amministrazione e al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino. Giova evidenziare infatti, che la comproprietà delle parti comuni sorge nel momento in cui più soggetti diventano proprietari esclusivi delle singole unità immobiliari che costituiscono l’edificio. Tale presunzione di comproprietà ex art. 1117 c.c. tra tutti i condomini viene riferita a quelle parti che se non disciplinate diversamente nel regolamento di condominio o nel rogito rientrano tra le cose di uso comune. Di fatto il regolamento ( come vedremo in seguito) rappresenta la normativa interna del condominio, quale legge speciale rispetto alla disciplina del codice civile. Pertanto il condominio degli edifici, con la relativa proprietà comune su determinate parti dell’edificio, a meno che non risulti diversamente dal titolo, si verifica automaticamente e viene ad esistenza ex se. Tale presunzione di comproprietà dunque, si sostanzia fondamentalmente nella destinazione di un bene all’uso e al godimento comune, la quale destinazione può essere variata da un titolo contrario. Naturalmente elemento indispensabile per configurare l’esistenza di una situazione condominiale è rappresentato dalla contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dell’edificio, in rapporto alla loro specifica funzione di servire per l’utilizzazione e il godimento delle parti dell’edificio stesso. Pertanto anche in presenza di più edifici strutturalmente autonomi, ciascuno appartenente a un unico soggetto, è dato profilare una situazione condominiale, quando tali edifici fruiscano, per la loro utilizzazione e il loro godimento, di opere comuni anche se strutturalmente distaccate (portineria, garage, parco eventuali viali ecc…). La disciplina delle parti comuni di un edificio condominiale è dettata dall’articolo 1117 c.c. e si basa sui principi dell’indivisibilità e della loro inseparabilità, proprio in ragione della loro destinazione al relativo servizio, da quelle di pertinenza esclusiva dei singoli condomini. Di fatto non potendo il singolo condomino,senza il consenso degli altri condomini, disporre unilateralmente delle parti comuni in modo autonomo ed indipendente da quelle di sua proprietà esclusiva, il cedente di una porzione di piano di sua esclusiva proprietà non può riservarsi il diritto di comproprietà e quindi l’uso delle parti comuni destinate invece al complesso condominiale e quindi all’uso comune. L’articolo 1117 c.c. indica le cose che sono oggetto di proprietà comune. Tale elenco non ha carattere tassativo ( pone una presunzione di comproprietà, si riferisce cioè a beni presunti necessari per l’esistenza stessa del condominio): il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune; i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune; le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Le parti comuni L'art. 1117 del Codice civile indica tutta una serie di beni e cose che sono oggetto di proprieta comune. In particolare elenca: O il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune; O i locali per la portineria e per l'alloggio del portiere, pet la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune; O le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprieta esclusiva dei singoli condomini. L'elencazione fatta dal codice non implica che in ogni caso questi beni, pur presenti in un edificio, siano sempre di proprieta comune. Infatti, lo stesso articolo aggiunge che tali beni sono comuni se il contrario "non risulta dal titolo". Tale titolo puo essere, ad esempio, un atto di compravendita dal quale risulti in maniera chiara che un determinato bene, pur compreso nell'elencazione sopra riportata, e di proprieta esclusiva di uno dei condomini. Altro titolo idoneo a derogare all'elencazione e costituito dal regolamento di condominio quando, con approvazione dell'unanimita dei condomini, questo dispone che un bene compreso tra quelli comuni e in realta di proprieta esclusiva. In ogni caso, sentenze della Magistratura hanno stabilito piu volte che un bene, per essere comune, deve essere obiettivamente e concretamente destinato all'uso e al godimento comune. Ne consegue che quando il bene, per caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una sola parte, viene meno la presunzione legale di codice, giacche la sua destinazione particolare lo fa considerare bene di proprieta esclusiva. Suolo e sottosuolo Il suolo e quindi il sottosuolo di proprieta comune di un edificio e unicamente quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali esterni dell'edificio stesso. Muri maestri Si intendono tali, e quindi oggetto di proprieta comune, quei muri necessari all'esistenza e alla statica dell'immobile che hanno, cioe, la funzione di sorreggere l'edificio. Si parla di tetto quando la parte superiore di un edificio e costituita da piu piani inclinati. Questa parte dello edificio e di proprieta comune. Lastrico solare e terrazza a livello Quando l'edificio e coperto non da un tetto ma da una superficie piana si ha il lastrico solare o la terrazza a livello. La distinzione tra lastrico solare e terrazza a livello si fonda sul fatto che la seconda, "oltre ad assolvere ad una funzione di copertura rispetto alla sottostante porzione di fabbricato, costituisce strutturalmente e funzionalmente parte integrante dell'appartamento donde ad essa si accede" (Cassazione n. 863/1971). In sostanza, mentre il lastrico solare si presume di proprieta comune, la terrazza a livello e normalmente di proprieta esclusiva del proprietario dell'appartamento sottostante che sulle terrazza si apre. I diritti dei condomini sulle cose comuni Se la proprieta di tutta una serie di beni sopraelencati e comune ai condomini si pone il problema di quale sia la misura di tale diritto per ciascuno di essi. L'art. 1118 stabilisce che tale diritto e proporzionato al valore della proprieta esclusiva. E evidente che agli effetti pratici ciò non può significare che il proprietario di una porzione immobiliare maggiore possa concretamente utilizzare piu dell'altro il bene comune. Quanto stabilito dall'art. 1118 ha in realta due tangibili effetti pratici: in sede di assemblea, in determinate condizioni, il voto del condomino che vanta una maggiore proprieta pesera di piu"; il contributo dovuto dai vari condomini per la manutenzione ordinaria e straordinaria della cosa comune sara diversificato in rapporto alle quote di partecipazione sul condominio. A completamento di questi principi, l' art. 1118 nel 2° comma stabilisce che il condomino non puo, rinunziando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione. Tutto questo appare evidente se si considera la imprescindibile funzionalita delle cose comuni all'esistenza stessa dell'edificio, ed e pertanto naturale che il codice stabilisca comunque la partecipazione ed il concorso alle spese necessarie per la conservazione delle cose comuni. Nello stesso senso va l'art. 1119, allorche stabilisce che le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisioni, a meno che la divisione possa farsi senza rendere piu incomodo l'uso delle cose a ciascun condomino. In definitiva l'uso delle cose comuni e in funzione del godimento delle parti di proprieta esclusiva. Proprieta esclusiva e beni comuni 11 delicato problema dei limiti che il singolo condomino incontra nel godimento del suo bene esclusivo all'interno di un edificio in condominio, e regolato dall'art. 1122 del Codice civile che prevede che ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprieta, non puo eseguire lavori che rechino danni alle parti comuni dell'edificio. Ad esempio, non saranno consentite opere e lavori eseguiti nei singoli appartamenti che mettano in pericolo la sicurezza statica dell'edificio (aperture di varchi nel muro perimetrale, opere che comportino indebolimenti nel muro maestro, ecc.). Le innovazioni Il tema delle innovazioni che riguardano i beni comuni e trattato dagli artt. 1120 e 1121 del Codice civile. Nel primo sono distinte le innovazioni consentite, tutte quelle cioe dirette al miglioramento o all'uso piu comodo a maggior rendimento delle cose comuni, rispetto a quelle vietate che sono quelle che possono arrecare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il valore architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un sol condomino. Al di la delle vietate, per le consentite e obbligatorio che si determini in assemblea una maggioranza qualificata (i 2/3 del valore dell'edificio): cio in quanto il concetto stesso di innovazione comporta un notevole impegno per i condomini. Ad esempio, i semplici mutamenti del modo e del tipo di utilizzazione della cosa comune, cosi come le semFlici modificazioni o sostituzioni di materiale avariato e logoro, non rientrano nel concetto di innovazione. Ad esempio, costituira un'innovazione installare in un edificio in condominio un ascensore prima inesistente, ovvero l'integrale installazione di un impianto centralizzato di riscaldamento. Non costituira innovazione invece, la soppressione del servizio di portierato sostituito da un impianto citofonico o la sostituzione di una caldaia ad olio combustibile con una a gasolio. MAGGIORANZE PARTICOLARI Alcune leggi specifiche hanno modificato il codice civile in materia di maggioranze richieste per deliberare le innovazioni con l'obiettivo di rendere possibili in alcuni settori di rilievo ed interesse decisioni che in precedenza richiedevano maggioranze troppo ampie quasi mai raggiungibili dalle assemblee con la conseguenza di impedire lavori ed opere indispensabili per motivi di sicurezza e di tutele di particolari categorie di abitanti. A tale proposito va ricordata la legge 9/1/1989 n.13 che prevede che le deliberazioni che hanno oggetto innovazioni atte ad eliminare le barriere architettoniche abbisognano della maggioranza del 50% (1 convocazione ) e 1/3 dei condomini (2 convocazione) in deroga ai 2/3 previsti per le innovazioni dall'art.1136 CC . Analogamente la legge 24/3/1989 n.122 prevede in materia di parcheggi che le deliberazioni relative alle opere per la loro realizzazione siano assunte con la maggioranza del 50% (1 convocazione ) e 1/3 dei condomini (2 convocazione) in deroga ai 2/3 previsti per le innovazioni dall'art.1136 CC . La legge 9/1/1991 n.10 prevede ola maggioranza semplice per gli interventi volti al contenimento del consumo energetico ed alla utilizzazione delle fonti di energia. La legge 17/2/1992 n.179 prevede che per gli interventi di recupero degli edifici le deliberazioni richiedano la maggioranza del 50% in deroga ai 2/3 previsti dall'art.1136 CC. Innovazioni gravose o voluttuarie Rientrano tra questo tipo di innovazione, come previsto dall'art. 1121 del Codice civile, quelle innovazioni che comportano una spesa molto gravosa o che abbiano carattere voluttuario rispetto alle condizioni particolari e all'importanza dell'edificio. Per quanto riguarda queste innovazioni, se esse consistono in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, e possibile, per il condomino che non intenda trarre vantaggio dall'innovazione, essere esonerato dalla relativa spesa mentre, se l'utilizzazione separata non e possibile, I'innovazione e vietata a meno che la maggioranza dei condomini favorevole ad essa non si assuma la integrale spesa dell'innovazione stessa. Il diritto di sopraelevazione E una particolare facolta che l'art. 1127 del Codice civile riconosce al proprietario dell'ultimo piano, ovvero al proprietario esclusivo del lastrico solare. Questi possono di norma elevare nuovi piani a meno che: - cio non sia impedito dal titolo, cioe dall'atto di acquisto oppure da una norma del regolamento contrattuale approvato da tutti i condomini; - la sopraelevazione pregiudichi l'aspetto architettonico dell'edificio. E evidente che in tal caso occorrera un accertamento tecnico circa l'unita stilistica ed architettonica che la sopraelevazione altererebbe; - la sopraelevazione alteri le condizioni statiche dell'edificio diminuendone la sicurezza; - la sopraelevazione comporti la diminuzione notevole della luce e dell'aria dei piani sottostanti. E chiaro che in tutti questi casi ogni altro condomino che, dalla eventuale sopraelevazione possa subire danni o che comunque ravvisi nell'opera progettata una violazion~ di regolamenti edilizi o igienici comunali, puo agire nei confronti del condomino che vanta diritto di sopraelevazione. L'indennita per la sopraelevazione Al di la dei casi in cui la sopraelevazione e vietata o comunque oppugnabile da parte degli altri condomini, nel caso in cui la sopraelevazione puo essere utilmente effettuata dall'avente diritto, il codice pone a suo carico l'obbligo di corrispondere agli altri condomini una indennita. Perche tale obbligo? Va chiarito che la colonna d'aria sovrastante l'edificio condominiale appartiene a tuttti i condomini in quanto comproprietari del suolo su cui sorge l'edificio e pertanto, nel momento in cui essi ne vengono in parte privati, sorge in loro favore il diritto ad essere indenizzati della relativa perdita. La misura di tale indennita e indicata dallo stesso codice. Si parte dal valore attuale, cioe di mercato, dell'area su cui sorgera l'immobile rialzato; si divid~per il numero dei piani compreso quello nuovo da edificare; si detrae la quota spettante al condomino che effettua la sopraelevazione; quanto rimane spetta agli altri condomini. Un ultimo obbligo a carico di chi sopraeleva e quello di ricostruire il lastrico solare che tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare. I servizi del condominio I servizi comuni Nel precedente capitolo abbiamo visto il complesso dei beni su cui il condominio si esercita. Alcuni di questi beni assicurano materialmente l'unita strutturale dell'immobile (muri maestri, scale, pianerottoli, androni ecc.), altri rappresentano degli impianti la cui funzionalita fornisce dei veri e propri servizi ai condomini (si pensi all'impianto d'ascensore e di riscaldamento). In un condominio si presentano, inoltre, altri servizi comuni quali il portierato, le pulizie, I'utilizzo dell'energia elettrica per le parti comuni A norma dell'art. 1117 c.c. sono parti comuni dell'edificio: 1) il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari [1126], le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune; 2) i locali per la portineria e l'alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all'uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l'acqua, per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Questa elencazione non è tassativa. Il condomino che vanti la titolarità esclusiva di un bene compreso tra quelli definiti come "parti comuni" deve fornirne la relativa prova, producendo un titolo (ad es. contratto di compravendita) che giustifichi il diritto di proprietà esclusiva. A questo scopo non sono sufficienti i dati catastali, in quanto la richiesta di frazionamento\accatastamento eseguita dal venditore-costruttore costituisce una dichiarazione unilaterale. OPERE SU PARTI COMUNI Ogni condomino ha diritto di eseguire opere sulla cosa comune purchè non ne alteri la destinazione, non ne pregiudichi la comproprietà, e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. In particolare non deve risultare alterata la natura delle parti comuni, deve essere sempre consentito agli altri condomini di farne una analoga utilizzazione, non si deve stravolgere l'estetica dell'edificio, e le parti comuni dell'edifico non devono risultare asservite in favore di altri immobili estranei al condominio. Sono sempre salve comunque le norme più restrittive contenute nel regolamento di condominio. Ove siano fatti salvi tali requisiti (che si applicano anche alle opere eseguite dall'inquilino), l'opera non necessita di autorizzazione. Occorre però rilevare che ai sensi dell'art. 1134 c.c. le opere eseguite sulle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea dei condomini non danno diritto al rimborso delle spese (nemmeno pro-quota), a meno che le opere non fossero urgenti per evitare danno alle parti comuni, e non consentissero pertanto di avvisare tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini. Al di fuori di queste ultime ipotesi, è irrilevante che il condominio abbia comunque tratto un vantaggio da tali opere. OPERE SU PROPRIETA' ESCLUSIVE Ogni condominio può eseguire, nella porzione di sua proprietà esclusiva, tutte le opere che ritiene opportune purché non rechino danno alle parti comuni dell'edificio e non contrastino con i divieti eventualmente imposti dal regolamento condominiale. In particolare il regolamento può subordinare l'inizio dei lavori ad una preventiva comunicazione indirizzata all'amministratore (il mancato avviso non rende però di per sé illegittime le opere) oppure può vietare le opere che possano pregiudicare il decoro architettonico del fabbricato. Sarà compito dell'amministratore vigilare affinché le opere intraprese nella proprietà esclusiva non arrechino danni alle parti comuni o agli impianti (ad es. ai muri maestri, pilastri, alle tubazioni al tetto etc...): in caso di pericolo dovrà convocare l'assemblea ed eventuamente promuovere le azioni giudiziarie del caso. Giurisprudenza: Cass. civ., sez. II, 12-02-1998, n. 1498 Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune può aprire su esso abbaini e finestre - non incompatibili con la sua destinazione naturale - per dare aria e luce alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d'arte e non ne pregiudichino la funzione di copertura, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo. Cass. civ., sez. II, 20-02-1997, n. 1554 A differenza dalle innovazioni (configurate dalle nuove opere, le quali immutano la sostanza o alterano la destinazione delle parti comuni, in quanto rendono impossibile la utilizzazione secondo la funzione originaria, e che debbono essere deliberate dall'assemblea - art. 1120 comma primo cod. civ. - nell'interesse di tutti i partecipanti) le modifiche alle parti comuni dell'edificio, contemplate dall'art. 1102 cod. civ., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l'altrui pari uso. Pertanto, è legittima l'apertura di vetrine da esposizione nel muro perimetrale comune, che per sua ordinaria funzione è destinato anche all'apertura di porte e di finestre, realizzata dal singolo condomino mediante la demolizione della parte di muro corrispondente alla sua proprietà esclusiva. Alla eventuale autorizzazione ad apportare tale modifica concessa dall'assemblea può attribuirsi il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini a questo tipo di utilizzazione del muro comune. Cass. civ., sez. II, 17-04-2001, n. 5612 In mancanza di norme limitative della destinazione e dell'uso delle porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di un edificio condominiale, derivanti dal regolamento che sia stato approvato da tutti i condomini, la norma dell'art 1122 cod. civ. non vieta di mutare la semplice destinazione della proprietà esclusiva ad un uso piuttosto che ad un altro, purché non siano compiute opere che possano danneggiare le parti comuni dell'edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune. (In questo caso il giudice aveva vietato il mutamento di destinazione di porzione di proprietà esclusiva di un condomino da autorimessa ad abitazione, costituendo detta modifica un peggioramento dell'estetica della facciata risolventesi in un pregiudizio anche economico per il decoro generale dell'edificio, posto in zona residenziale). Cass. civ., sez. II, 06-08-1999, n. 8486 In caso di realizzazione di opere illegittime da parte del singolo condomino su cose di sua proprietà esclusiva, l'eventuale provvedimento di condono di cui all'art. 31 della legge n. 47 del 1985, essendo diretto alla sola regolamentazione dei rapporti tra l'autore dell'illecito e l'amministrazione pubblica, non può comprimere i diritti soggettivi dei privati, nella specie, i condomini, cui è, pertanto, consentito chiedere la riduzione in pristino. Cass. civ., sez. II, 12-02-1988, n. 1523 Nel caso di attraversamento da parte dei tubi dell'impianto termico condominiale di un vano di proprietà esclusiva non fruente di detto impianto si deve ravvisare l'esistenza di una servitù prediale di conduttura di liquidi a carico di tale vano ed a vantaggio delle altre parti dell'edificio e non la semplice configurazione di opere, installazioni e manufatti di uso e godimento comune ai sensi dell'art. 1117 n. 3 del codice civile, la quale presuppone gli estremi del reciproco vantaggio con la conseguenza che per la sua costituzione non è sufficiente il mero consenso verbale del proprietario del vano e la mancata opposizione alle relative delibere condominiali, essendo richiesto per detto consenso la prescritta forma scritta. Concetto di condominio ed uso delle parti comuni L’articolo 1117 del Codice Civile definisce il condominio come l’istituto in cui accanto ai beni di esclusiva proprietà di più persone, troviamo altri beni cioè le parti comuni in regime di comproprietà tra i condomini. Anche alle parti comuni non è però possibile applicare tutte le norme sulla comunione ordinaria dei beni; infatti il singolo condomino non potrà mai rinunciare alla sua quota, ne chiedere lo scioglimento della cosa comune, data l’indivisibilità necessaria e perpetua delle parti comuni all’edificio in un condominio. Per proprietà esclusiva s’intendono non solo gli appartamenti ma gli eventuali box, cantine, solai ed ogni altro bene risultante dal titolo d’acquisto (contratto). Tali proprietà presentano alcune caratteristiche: i loro confini non immaginando i vari piani di un edificio. In particolare l’articolo 1117 del Codice Civile recita: “sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio: il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli androni, i portici, i cortili ed in genere tutte le parti dell’edificio necessari all’uso comune. Le opere, le installazioni e tutto ciò che serve all’uso comune come ascensori, pozzi, cisterne, autoclavi, impianti di canali di scarico, elettrici, idrici, ecc.”. E’ importante sottolineare che le parti comuni di cui parlano gli articoli 1117 e 1119 del Codice Civile, sono anche quelle parti che possono risultare comuni sulla base dell’uso di cui ne fanno i condomini. In particolare il concetto di condominio è nettamente distinto dal concetto della comunione; infatti mentre nella comunione spetta a più persone congiuntamente pro- indiviso (per quote virtuali e non reali), il diritto di proprietà o altro diritto reale sul bene determinato, conservando ciascuna di esse il suo diritto; nel condominio di edifici, invece, esistono più proprietari esclusivi, di più parti distinte di un medesimo fabbricato, i quali, per necessità pratiche derivanti dall’uso e dall’utilità o dal godimento per tutti, restano in comune proprietari proindiviso di talune parti dell’edificio, a differenza di quanto avviene per la comunione. Ciascun condomino ha un diritto pienamente autonomo nei confronti della propria quota, che ha un carattere reale e non ideale e nei confronti della quale le cose comuni hanno carattere di accessorietà e complementarietà (Cassazione sentenza del 16/7/1992 N° 1887). In definitiva nel condominio accanto a beni immobili di esclusiva proprietà di più persone, troviamo altri beni, parti comuni, in regime di comproprietà tra i condomini. Allorché si debbano determinare le spese della gestione condominiale, si fa riferimento al valore dell’unità immobiliare e alla tabella millesimale. Il problema a questo punto è determinare il valore del piano o porzione di piano. I criteri possono essere più svariati in quanto la formazione della tabella millesimale è lasciata alla libera volontà delle parti. Normalmente si considera mille il valore globale dell’edificio e si suddividono i singoli appartamenti, box, cantine, in un numero di millesimi proporzionale alla loro superficie. Nulla esclude però che possano essere prese in considerazione la cubatura, il livello del piano, l’esposizione dell’appartamento, ecc. Poiché la misura di partecipazione a diritti reali immobiliari, la tabella millesimale in ogni condominio richiede la forma scritta e la sua modifica deve essere approvata e deliberata all’unanimità. La tabella millesimale può anche non coincidere con il criterio di ripartizione delle spese e anzi molto spesso sarebbe auspicabile che non coincidesse, onde evitare manifeste ingiustizie. Ricordiamo infine che l’articolo 1118 del Codice Civile, si riferisce solo alla determinazione della misura dei diritti di comproprietà del singolo sulle parti comuni lasciando del tutto impregiudicata la questione sulle modalità di uso di tali parti della quale si occupa l’articolo 1102 del Codice Civile Le parti comuni Quali sono? Le parti comuni dell’edificio vengono individuate tenendo in considerazione le norme di legge, gli atti di acquisto delle singole proprietà esclusive, il regolamento condominiale, il tipo di struttura e la destinazione delle varie parti e impianti dell’immobile. I beni e i servizi di proprietà comune possono sono suddivisi in tre categorie: • parti inerenti alla struttura dell’edificio (il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune); • locali destinati ai servizi (locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune); • impianti, pertinenze, installazioni e manufatti (opere, installazioni e manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, il gas, l’energia elettrica, il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini). Questo elenco varia in funzione delle caratteristiche dell’edificio. Uso delle parti comuni Ciascun condomino può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso in base al loro diritto. Il condomino può, comunque, apportare a proprie spese quelle modifiche necessarie per il migliore godimento della cosa. Limiti nell'uso delle parti comuni • rispetto della destinazione data alla parte comune (per esempio se una parte è destinata al passaggio di persone, non potrà essere usata come deposito di oggetti o parcheggio); • divieto di usare la cosa comune in modo da impedire lo stesso uso da parte di tutti gli altri condomini. Indivisibilità Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione.