Istinto materno e capacità d`amare

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Istinto materno e capacità d`amare
Istinto materno e capacità d’amare
Dott.ssa Alessandra Bortolotti
Psicologa Perinatale
www.psicologiaperinatale.it
Voci di mamme
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Chiara
“se avessi letto prima tante cose sarei stata più serena...sono certa che il
prossimo bimbo che avremo non farò l'epidurale, appena nato resterà con me
tutto il tempo che vorrò... perchè la gente non capisce...perchè tutti ci fanno
credere durante la gravidanza che non saremo in grado con il nostro istinto di
curare i nostri bimbi? Sono più importanti le misure del cranio, il peso quanto
mangia quanta cacca fa, se apre gli occhi, di tutte le emozioni...tutti si
dimenticano che quella creatura ha vissuto per nove mesi al buio con il calore
del battito della sua mamma. Le persone pensano che quando un bimbo nasce
la sua vita incominci da quel momento, grazie per tutte le informazioni che ci
date...io nel mio piccolo cerco di coinvolgere amiche incinta...amiche con bimbi
piccoli ma tutte sembrano più interessate ad ascoltare la pediatra e quello che
la maggior parte delle persone dice e mi dispiace!!!”
Eleonora
Per me l'istinto materno è la capacita d'amare selvaggiamente e in modo
animale ciò che hai sentito crescere nel tuo grembo per nove mesi... è quella
forza vitale che ti dà la carica di stare vicino incondizionatamente a una
creatura "sconosciuta" e urlante provando curiosità e AMORE... è tante cose!
E' la ragione più grande d'esistere...
Laura
Nel bene e nel male, è qualcosa che è difficile da separare dalle premesse
culturali e sociali, e naturalmente dalla nostra storia personale o del
significato che diamo alla parola mamma. La società ci insegna su più fronti
che l'istinto va corretto, diciamo così...questo è anche un po' la spiegazione
che mi do quando le donne mi rispondono che partorire in casa è
rischioso...perchè ci fanno credere che non siamo più capaci
di...allattare...partorire...ecc?
Laura
Sapere dentro di sè che cosa si deve fare per proteggere i propri cuccioli
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Rossella
Io penso che non tutte le mamme abbiano l'istinto materno....e non tutte le
mamme riescono ad amare il proprio pargoletto come ogni bambino ha il
bisogno d'essere amato. E mi sto riferendo a tutte quelle mamme che
trascurano i figli per una gloriosa carriera lavorativa (lasciando i propri bimbi
soli ogni giorno e per tutto il giorno), quei genitori che buttano fuori di casa il
proprio figlio perchè è omosessuale o semplicemente perchè quel figlio non
risponde alle proprie aspettative, quelle mamme troppo severe, con il timore
che un semplice sorriso o abbraccio, possa viziare il proprio bambino, e tutte le
mamme che seguono Estivill1 o quasi. L'istinto materno ti porta ad amare tuo
figlio sempre, comunque e nonostante tutto e tutti, passando anche per una
madre che vizia, quando in realtà ama, e subendo una valanga di consigli e
critiche
 Rosa
Fare tutto ciò che posso per il mio cucciolo, dargli il meglio, sacrificarmi e non
scegliere soluzioni di comodo a scapito del mio cucciolo.
L'amore è anche sacrificio e questo molte mamme moderne se lo sono
scordato o non l'hanno imparato affatto. Come si può scegliere di non seguire
il proprio istinto quando il nostro cucciolo piange? Come si può credere a
gente senza figli che scrive libri su come fare addormentare i bambini in
maniera
crudele
e
disumana?
Come si può scegliere di non allattare affatto perché "fa senso"? E' assurdo.
Eppure queste sono cose che fanno delle madri di oggi e che io non mi pento di
dire che sono atroci e ingiustificate.
 Erika
Ho l’impressione che molte mamme non dicano come stanno, che recitino un
po’ la parte di quelle: “tutto bene, tutto meraviglioso” perché hanno paura di
essere giudicate, di sembrare mamme senza istinto materno e che non amano
i propri bambini
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Si fa riferimento ad metodo per far dormire i bambini esposto nel libro di Estivill e De Bèjar
(1999),“Fate la nanna”, Mandragora Edizioni.
Questo metodo suggerisce di far piangere il bambino ad intervalli sempre crescenti per “disabituarlo al
pianto notturno”. È un metodo potenzialmente pericoloso che è sconsigliato da numerose associazioni
di pediatri e psicologi si vedano a tal proposito i seguenti link:
 http://db.acp.it/Quaderni.nsf/b5bdb283b7bfdc6bc12570d500606dc5/9af08d4ad404b472c125
722e0035d269/$FILE/LEGGEREFARE.pdf
 http://www.aaimhi.org/documents/position%20papers/controlled_crying.pdf
 http://www.pediatric.it/crudele_lasciar_piangere.htm
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Barbara
Il dopo parto è il periodo più difficile! Io in gravidanza non mi sono informata
come fanno tante mamme perché mi sono lasciata trascinare dall’istinto e alla
fine, gravidanza e parto sono stati proprio così.. ma appena nata la bimba
andavo in crisi per i commenti degli altri e pensavo: “allora sbaglio tutto, non
sono una brava mamma se agisco d’istinto”!!!
Penso che ciò che manda in crisi le mamme e il loro istinto siano la società
(per il fatto che non ci dà la possibilità di stare coi nostri bimbi nei primi anni
come in altri paesi), i protocolli ospedalieri, e i pediatri che non aiutano
l’istinto delle mamme perché non le ascoltano…
 Riet
Non avrei mai pensato di avere dei figli, proprio non sentivo l’istinto materno..
poi è nata lei ed ho capito cosa è: prima che nascesse mi domandavo cos’era
l’amore, ora lo so. Proprio per quello che lei è, non per quello che fa.. e amo di
più tutti, suo padre e tutti…
 Maria Grazia
La gioia di esistere PER qualcun altro!
Questo è il pensiero che mi accompagna ogni mattina da quando sono mamma
 Delia
Diventare madre mi ha dato l’occasione di sentire in profondità come mai nella
vita. Perché o hai occasioni e incontri straordinari o non si sente così l’amore.
Troppa informazione devìa dal sentire! Confrontarmi con altre mamme mi ha
dato l’occasione di dire: “Allora è giusto quello che sento! Sentiamo tutti la
stessa cosa! Piangiamo, amiamo, siamo insicure e allo stesso tempo forti, è
tutto normale!!!”
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Ho pensato di iniziare questo mio contributo dando voce ad alcune mamme che hanno
voluto comunicarmi cosa significa per loro l’istinto materno. Penso che sia di
fondamentale importanza non dimenticare mai che il nostro intervento di operatori
della nascita, parte ed è indirizzato a loro. Con le mamme bisogna starci, passarci del
tempo, fornirgli spazio e ascoltarle, guardarle negli occhi, offrire la propria competenza
anche soltanto come punto di riferimento, senza proporre soluzioni preconfezionate e
uguali per tutti, non parlarne e basta o sottoporle a test che possono dare
l’impressione di giudicarle, senza poi offrire sostegno con un approccio individualizzato
e di promozione della salute. Le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità ci indicano
come il tasso di depressione post-parto sia intorno al 10-15% annuo; ciò significa che
su 100 donne ce ne sono sì circa 15 che rientrano in una classificazione patologica e
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come tali devono necessariamente essere prese in carico con un approccio clinico, ma
significa anche che ce ne sono 85 che stanno bene e vogliono continuare così. Allora
come cercare di aumentare la percentuale nella direzione del versante fisiologico?
Come potrebbero agire gli operatori della nascita per prevenire il disagio emotivo
perinatale e promuovere effettivamente la salute affettiva e relazionale di mamme e
bambini?
L’approccio della psiconeuroendocrinologia della nascita ci permette di chiarire come
conoscere profondamente la fisiologia del “periodo primale” (Odent, 2007) definito da
Odent come quel periodo che va dal concepimento al primo anno di vita del bambino,
possa aiutarci a costruire e comprendere il nostro benessere sia fisico che psichico
nell’arco della vita intera. Questo approccio di ricerca ci illustra su base rigorosamente
scientifica come le modalità dell’endo e dell’esogestazione (Braibanti, 1993)
influenzano la salute dell’individuo a lungo termine, per tutto l’arco della vita.
Quindi l’obiettivo primario di questo mio contributo è quello di esporre l’approccio
della psiconeuroendocrinologia della nascita (PNE), per chiarire il ruolo ed il
collegamento che c’è fra la fisiologia del periodo primale e il naturale instaurarsi di una
relazione di attaccamento fra madre e bambino. L’istinto materno così inteso va ad
inserirsi in un contesto molto ampio che lo inquadra come comportamento adattivo
da sostenere e valorizzare, anche considerandone gli effetti a lungo termine sul
bambino e sulla sua conseguente capacità di amare se stesso e gli altri.
Sono stati utilizzati fiumi di inchiostro per definire adeguatamente cosa sia l’istinto
materno e se sia o meno presente in ogni donna. Personalmente mi trovo
perfettamente in linea con ciò che affermava Braibanti (Braibanti, 1993): “L’istinto
materno, come del resto l’istinto paterno, sono iscritti nel codice genetico però non si
sviluppano nell’adulto se non vengono attivati.
L’attivazione dell’istinto materno può esserci solo nel momento altamente emotivo del
parto, e alla donna, sia che viva un parto naturale, sia che lo viva in anestesia generale,
se all’uscita dall’anestesia la prima cosa che sente è il bambino (e lo stesso vale se esce
da un cesareo), è in quel momento altamente emotivo, che non è dato né da una
filosofia né da una ragione psicologica, ma da una scarica di prolattina, che le si attiva il
potenziale istinto materno iscritto nel codice genetico”. Aggiungerei anche che le
modalità della propria nascita e delle prime ore di vita della madre condizioneranno
l’attivazione dell’istinto materno quando lei stessa diventerà madre. Come afferma
Maurer (Maurer, 2008): “quando l’imprinting al momento della nascita è reso
impossibile *…+ il neonato prova un senso di mancanza e impotenza che sfocia in odio e
rassegnazione. La scissione interiore che ne risulta è necessaria per sopravvivere a una
condizione che, da un punto di vista biologico, è incompatibile con la vita dell’essere
umano, l’apparente assenza della madre”. Ecco quindi che se si è vissuta una
separazione alla nascita dalla propria madre, il momento del parto può rappresentare
un’occasione straordinaria di recupero e di rinascita anche per quella figlia che sta
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diventando madre a sua volta e per il successivo rapporto che lei instaurerà con suo
figlio.
Considerare come punto di partenza la PNE della nascita ci permette, quindi, di capire
come l’istinto materno si possa attivare attraverso il rispetto della fisiologia e dei reali
bisogni della madre in gravidanza e nel parto.
La fisiologia è intesa qui come terreno comune per tutti i professionisti e per ogni
essere umano ovunque sia, di qualunque nazione e ceto sociale. In questi anni invece
siamo di fronte ad un insensato paradosso: dover dimostrare ciò che è normale! Ci
ritroviamo a ri-scoprire la fisiologia e dover studiare scientificamente, con notevole
dispendio di risorse fisiche ed economiche, ciò che è normale, invece di accettare le
scelte della selezione naturale e dell’uguaglianza genetica di ogni appartenente alla
specie umana!
Questo approccio risulta essere multidisciplinare perché serve a vedere più aspetti
nello stesso momento e a collaborare fra gli operatori a partire da conoscenze di base
uguali per tutti per il semplice fatto che l’identità cellulare genetica di ognuno di noi è
la stessa ed è da questa che dovremmo partire per comprendere la salute primale nel
suo insieme, attraverso un approccio olistico che comprenda gli aspetti psicologici,
ginecologici, ostetrici e pediatrici coinvolti negli eventi gravidanza e nascita. Le scienze
che ci possono aiutare in questo tipo di lavoro sono ad esempio, l’etnologia che
confronta le varie culture della Terra, l’etologia che studia il comportamento animale
ed umano attraverso l’osservazione e l’antropologia che studia l’uomo in prospettiva
transculturale. Penso che dovremmo smettere di considerare la cultura occidentale
come la verità assoluta, ma che sarebbe più vantaggioso vedere cosa succede nel
confronto fra le nostre certezze e le realtà di altre culture, per ritrovarsi tutti nel
terreno comune della fisiologia che non conosce frontiere né barriere culturali. Odent
(Maurer, 2008) afferma che: “Siamo in grado di affermare che oggi la stragrande
maggioranza delle madri umane accoglie il neonato senza essere impregnata di un
cocktail complesso di ormoni dell’amore. È una situazione senza precedenti. Le
domande che si pongono sono in termini di civiltà. Quale è l’avvenire della nostra
specie se le prossime generazioni non riusciranno ad indurre un cambio di rotta?”
Ossitocina ed attaccamento
Vediamo quindi, in cosa consiste questo cocktail di ormoni coinvolto nel parto.
L’Ossitocina (OT) è un ormone ipotalamico che sovraintende alla conservazione della
specie. I suoi effetti sono noti soprattutto a livello meccanico. È, per esempio, l’ormone
che permette di contrarre l’utero, è responsabile anche dei riflessi di eiezione del feto,
e del latte materno ed è implicato anche nel legame parentale e fra pari. Ai più sono
meno noti i suoi effetti invece, sul comportamento e compreso il comportamento
materno e sul suo ruolo nell’instaurarsi della relazione col bambino.
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Il picco massimo di secrezione di questo ormone si ha nell’ora successiva al parto, la
cosiddetta terza fase del parto, spesso ignorata come momento importantissimo per
l’instaurarsi di un buon legame madre/bambino: fra loro, subito dopo la nascita,
avviene cioè un vero e proprio imprinting emozionale grazie alle secrezioni ormonali di
entrambi, a patto che siano rispettati i reali bisogni di base della donna. Questi bisogni
sono:
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Sentirsi al sicuro e protetta
Silenzio
Luce soffusa
Non sentirsi osservata
Non avere freddo
Gli stessi bisogni del concepimento…
L’ossitocina è definita anche come: ormone dell’amore, in quanto coinvolta in ogni
atto d’amore che riguarda l’uomo, ormone dell’altruismo o prosociale, poiché si attiva
quando c’è una relazione con l’altro e a questo proposito esiste uno studio (Newton
N., 1989) che dimostra come anche solo mangiare in compagnia determini rilascio di
ossitocina, ormone timido, in quanto viene secreto in condizioni di intimità e di
riservatezza. È presente solo nei mammiferi e questo ci fa pensare che le modalità di
parto dei mammiferi siano le stesse per ogni essere vivente che appartenga a questa
specie.
È, inoltre, secreta in seguito a stimoli non dolorosi che si producono per contatto
intimo con altri esseri viventi ed è un antagonista dell’adrenalina, un ormone che si
attiva invece in situazioni di pericolo e di paura, se la donna ha freddo o fame, o se
intorno a lei ci sono persone molto agitate e preoccupate. Odent (Odent, 2007)
afferma spesso nelle sue opere, che l’adrenalina è “contagiosa” proprio nel senso che
vicino ad una donna in travaglio ci dovrebbe essere un clima che riduca al minimo il
rilascio di adrenalina e quindi faciliti la secrezione di ossitocina naturale. Spesso
quando un parto è piuttosto lungo ci si potrebbe domandare quali di questi aspetti
potremmo non aver considerato a sufficienza. Se consideriamo, ad esempio, le
innumerevoli sollecitazioni verbali a cui una donna in travaglio è sottoposta, possiamo
facilmente capire come per lei sia difficile mettere a riposo la parte razionale del
cervello, la neocorteccia, che implica attenzione verso l’esterno e la fa letteralmente
inibire nel progredire del travaglio stesso. Da un punto di vista pratico, se vediamo che
la partoriente sembra “essere su un altro pianeta” e fa e dice cose che altrimenti non
farebbe mai come urlare, o si mette in posizioni che sembrano disumane, ecco che
siamo certi che non è inibita, ma è a contatto con le proprie sensazioni provenienti
dalla parte più antica del suo cervello. Soltanto questa porzione cerebrale è utile per
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partorire, la neocorteccia rappresenta di fatto un grosso ostacolo all’emergere delle
capacità istintuali di ogni donna per far nascere una nuova vita nel rispetto della
fisiologia.
In un importante articolo (Moschetti, 2007 (6)) le autrici fanno notare come le cure
prossimali, intese come tutte quelle modalità di accudimento che non separano madre
e bambino e li fanno restare vicini anche dopo il parto quali: allattamento al seno,
dormire insieme, prenderlo in braccio a richiesta e trasportarlo addosso con fasce e
marsupi, tramite il rilascio e l’azione di Ossitocina, promuovono il legame madrebambino.
Interventi invece, che ne riducono l’azione come epidurale, il ritardo nell’inizio
dell’allattamento e la separazione madre-bambino forzata pregiudicano la formazione
di un saldo legame di attaccamento.
L’ossitocina non è l’unico, ma è uno degli ormoni del parto che rappresentano insieme
un vero e proprio cocktail che aiuta la fisiologia della nascita, vediamoli insieme:
 Ossitocina: ormone dell’amore
 Prolattina: ormone delle cure materne
 Endorfine naturali
sono oppiacei e provocano l’inizio della dipendenza e l’inizio dell’attaccamento,
l’effetto è a LT.
Gli ormoni sintetici NON hanno lo stesso effetto e interferiscono con la secrezione del
cocktail ormonale naturale, perciò possono seriamente condizionare in maniera
negativa l’instaurarsi del legame di attaccamento madre-bambino con conseguenze
anche a lungo termine. Questi aspetti, non sono a mio avviso, sufficientemente trattati
e tenuti in considerazione dalla maggior parte dei protocolli ospedalieri, perché si dà
per scontato quando non lo è affatto, che le modalità di nascita siano fini a se stesse
senza ripercussioni sulla sfera affettiva e relazionale di quella coppia madre-bambino o
che tutt’al più, queste ripercussioni siano di modesta entità e a breve termine.
Alterazioni della capacità d’amare
E’ scientificamente provato con studi randomizzati e controllati consultabili sulla banca
dati della Primal Health Research al link www.birthworks.org/primalhealth che esiste
una correlazione tra la capacità d’amare se stessi e gli altri nella vita e le modalità in cui
si è nati.
Le modalità di nascita non fisiologiche rappresentano uno dei fattori di rischio per
comportamenti auto ed eterodistruttivi come:
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Suicidio
Tossicodipendenza
Anoressia
Autismo
Perciò si può affermare che: il modo in cui nasciamo ha conseguenze a lungo termine.
Naturalmente, oltre alle modalità della nascita, anche la storia personale passata e
futura della mamma e della sua famiglia di origine ha la sua importanza nella
formazione del legame di attaccamento col bambino.
Peter Fonagy (Fonagy, 2002), psichiatra inglese, ha costruito una scala che misura la
Funzione Riflessiva: una funzione metacognitiva che riguarda la capacità di
riconoscere e comprendere gli stati mentali propri e altrui.
Donne che presentano punteggi medio alti in questa scala applicata alle interviste sulle
rappresentazioni materne in gravidanza (IRMAG) e all’Adult Attachment Interview
(AAI) in gravidanza possono rompere la trasmissione transgenerazionale di pattern di
attaccamento insicuro e avere col proprio bambino uno stile di attaccamento sicuro.
Questi ultimi aspetti connotano ancora di più la gravidanza e il parto come eventi
pregni di un potenziale trasformativo e creativo immenso per le donne, occasioni di
crescita interiore dal valore inestimabile che ogni operatore della nascita non
dovrebbe mai dare per scontati e tutelati attraverso i protocolli ospedalieri, necessari
da una parte, ma spesso non sufficienti per garantire il benessere a lungo termine della
donna, del bambino e della relazione fra loro.
Come favorire l’istinto materno e la capacità d’amare?
Allora, cosa possiamo fare in pratica per cercare di aiutare le mamme in gravidanza e
nel parto, ad attivare il proprio istinto materno e la capacità d’amare la loro creatura?
Penso che la questione sia da intendersi soprattutto a livello culturale e formativo. Di
fatto nel nostro paese non esiste formazione specifica in psicologia perinatale e anzi
questa è dai più identificata con la patologia e la clinica, dando per scontati gli aspetti
fisiologici senza conoscerli affatto.
Per esempio: perché la maggior parte degli psicologi non è favorevole all’allattamento
al seno oltre i primi mesi? Perché non conoscono la fisiologia dell’allattamento, il
funzionamento della ghiandola mammaria ed il legame fra la sicurezza, l’autostima, e
la durata dell’allattamento come, in maniera pionieristica aveva evidenziato già nel
1972 la Ainsworth (Ainsworth M., 1972) e nel 1988 Call (Call, 1988). Manca quindi una
formazione multidisciplinare degli psicologi sulla prevenzione, sulla promozione della
salute e sulla fisiologia di gravidanza, parto e allattamento.
Come favorire, allora, l’istinto materno e la capacità d’amare nel parto?
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Da quanto discusso finora appare fondamentale:
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Riscoprire i bisogni di base della partoriente con gli occhi del fisiologo.
Proporre alle donne un approccio multidisciplinare su base etnoantropologica .
Riscoprire l’azione sul comportamento del cocktail ormonale secreto nel parto.
Fornire alle donne assistenza individualizzata non solo su base protocollare.
Organizzare eventi di formazione affettiva dell’operatore della nascita che.
sappia cogliere così gli aspetti non solo fisici della partoriente.
 Favorire nella donna la messa a riposo della neocorteccia nel parto.
 Rispettare l’importanza della prima ora dopo la nascita e la terza fase del parto,
favorendo il contatto pelle a pelle e l’allattamento in sala parto.
Inoltre, come nel parto è fondamentale la disattivazione della neocorteccia per la
donna, anche chi la assiste dovrebbe lavorare dal basso, dal sentire, dalla pratica, con
empatia. Chi lo ha fatto, dimostra dati alla mano che è realmente vantaggioso sia a
breve che a lungo termine. Braibanti a Monticelli d’Ongina, Odent a Pithivers, Barbara
Grandi a Poggibonsi e l’eclatante caso dell’Olanda2 dove il 30% dei parti avviene a
domicilio con la sola assistenza dell’ostetrica in condizioni di massima sicurezza,
dimostrano come l’attenzione ai bisogni psicologici della donna durante il parto ne
condizionino in maniera positiva lo svolgimento, riducendo il rischio perinatale sia per
la mamma che per il bambino. E allora perché in Italia tutto questo è ancora ai margini
dell’informazione pubblica e della formazione degli psicologi?
Potrebbe essere giunto il momento di riflettere su alcuni punti che vorrei riassumere
nella seguente tabella:
Spunti di riflessione assistenziali per il (dopo) parto:
da cosa vogliamo partire e dove vogliamo arrivare?
Testa
Teoria
Scienza
Patologia
Metodi uguali per tutti
Delega all’ “esperto”
Cuore
Pratica
Natura
Fisiologia
Ascolto e assistenza individualizzata
Attivare le competenze materne
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Un recentissimo studio pubblicato sul British Journal of Obstetrics and Gynaecology, afferma che per
le donne incinte, a cui non è stato diagnosticato un parto a rischio, il parto in casa programmato è sicuro
quanto il ricovero in ospedale. È la conclusione a cui è giunta una ricerca olandese che ha confrontato
530 mila nascite in casa e in ospedale in un lasso di tempo di 7 anni. Fonte: press text.austria
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Penso che tutti questi aspetti si debbano considerare in maniera complementare fra
loro e che le dimensioni presenti nella seconda colonna ci diano quella marcia in più
per aiutare, dove possibile, le donne ad avere un’esperienza di parto positiva ed una
buona relazione di attaccamento col bambino.
In conclusione: cosa ci hanno voluto dire le “voci di mamme” all’inizio di questo
contributo? Mi pare si possa affermare che ci volessero dire come alle donne non
servano soltanto teorie e libri, ma sia utile credere in sé e sentirsi ascoltate, competenti
e capaci.
Parliamo di affettività, di codici affettivi e di emozioni ma spesso non puntiamo sulla
formazione affettiva degli operatori e non sempre le mettiamo in pratica nei protocolli
e nell’assistenza individualizzata:
Manca una cultura degli affetti!
Questa potrebbe aiutare, a mio parere, l’istinto materno e la capacità d’amare..
Bibliografia
Ainsworth M., R. L. (1972). Infant feeding end attachment. Washington, DC: ERIC
Education Resources Information Center.
Braibanti, L. (1993). Parto e Nascita senza violenza. Novara: Red Edizioni.
Call, J. P. (1988). I timori dello svezzamento tardivo. New Beginnings traduzione
italiana su Da mamma a mamma n. 66 .
Fonagy. (2002). Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Maurer, W. (2008). La prima ferita. Firenze: Editrice Aam Terra Nuova.
Moschetti, A. Tortorella ML. (2007 (6)). Ossitocina e attaccamento. Quaderni ACP ,
254-260.
Newton N., M. C. (1989). Oxytocin-psychoactive hormone of love and breastfeeding.
The free woman , 343-50.
Odent. (2007). Psiconeuroendocrinologia della nascita. Firenze: Scuola Elementale di
Arte Ostetrica.
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