Istinto materno e capacità d`amare
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Istinto materno e capacità d`amare
Istinto materno e capacità d’amare Dott.ssa Alessandra Bortolotti Psicologa Perinatale www.psicologiaperinatale.it Voci di mamme Chiara “se avessi letto prima tante cose sarei stata più serena...sono certa che il prossimo bimbo che avremo non farò l'epidurale, appena nato resterà con me tutto il tempo che vorrò... perchè la gente non capisce...perchè tutti ci fanno credere durante la gravidanza che non saremo in grado con il nostro istinto di curare i nostri bimbi? Sono più importanti le misure del cranio, il peso quanto mangia quanta cacca fa, se apre gli occhi, di tutte le emozioni...tutti si dimenticano che quella creatura ha vissuto per nove mesi al buio con il calore del battito della sua mamma. Le persone pensano che quando un bimbo nasce la sua vita incominci da quel momento, grazie per tutte le informazioni che ci date...io nel mio piccolo cerco di coinvolgere amiche incinta...amiche con bimbi piccoli ma tutte sembrano più interessate ad ascoltare la pediatra e quello che la maggior parte delle persone dice e mi dispiace!!!” Eleonora Per me l'istinto materno è la capacita d'amare selvaggiamente e in modo animale ciò che hai sentito crescere nel tuo grembo per nove mesi... è quella forza vitale che ti dà la carica di stare vicino incondizionatamente a una creatura "sconosciuta" e urlante provando curiosità e AMORE... è tante cose! E' la ragione più grande d'esistere... Laura Nel bene e nel male, è qualcosa che è difficile da separare dalle premesse culturali e sociali, e naturalmente dalla nostra storia personale o del significato che diamo alla parola mamma. La società ci insegna su più fronti che l'istinto va corretto, diciamo così...questo è anche un po' la spiegazione che mi do quando le donne mi rispondono che partorire in casa è rischioso...perchè ci fanno credere che non siamo più capaci di...allattare...partorire...ecc? Laura Sapere dentro di sè che cosa si deve fare per proteggere i propri cuccioli 1 Rossella Io penso che non tutte le mamme abbiano l'istinto materno....e non tutte le mamme riescono ad amare il proprio pargoletto come ogni bambino ha il bisogno d'essere amato. E mi sto riferendo a tutte quelle mamme che trascurano i figli per una gloriosa carriera lavorativa (lasciando i propri bimbi soli ogni giorno e per tutto il giorno), quei genitori che buttano fuori di casa il proprio figlio perchè è omosessuale o semplicemente perchè quel figlio non risponde alle proprie aspettative, quelle mamme troppo severe, con il timore che un semplice sorriso o abbraccio, possa viziare il proprio bambino, e tutte le mamme che seguono Estivill1 o quasi. L'istinto materno ti porta ad amare tuo figlio sempre, comunque e nonostante tutto e tutti, passando anche per una madre che vizia, quando in realtà ama, e subendo una valanga di consigli e critiche Rosa Fare tutto ciò che posso per il mio cucciolo, dargli il meglio, sacrificarmi e non scegliere soluzioni di comodo a scapito del mio cucciolo. L'amore è anche sacrificio e questo molte mamme moderne se lo sono scordato o non l'hanno imparato affatto. Come si può scegliere di non seguire il proprio istinto quando il nostro cucciolo piange? Come si può credere a gente senza figli che scrive libri su come fare addormentare i bambini in maniera crudele e disumana? Come si può scegliere di non allattare affatto perché "fa senso"? E' assurdo. Eppure queste sono cose che fanno delle madri di oggi e che io non mi pento di dire che sono atroci e ingiustificate. Erika Ho l’impressione che molte mamme non dicano come stanno, che recitino un po’ la parte di quelle: “tutto bene, tutto meraviglioso” perché hanno paura di essere giudicate, di sembrare mamme senza istinto materno e che non amano i propri bambini 1 Si fa riferimento ad metodo per far dormire i bambini esposto nel libro di Estivill e De Bèjar (1999),“Fate la nanna”, Mandragora Edizioni. Questo metodo suggerisce di far piangere il bambino ad intervalli sempre crescenti per “disabituarlo al pianto notturno”. È un metodo potenzialmente pericoloso che è sconsigliato da numerose associazioni di pediatri e psicologi si vedano a tal proposito i seguenti link: http://db.acp.it/Quaderni.nsf/b5bdb283b7bfdc6bc12570d500606dc5/9af08d4ad404b472c125 722e0035d269/$FILE/LEGGEREFARE.pdf http://www.aaimhi.org/documents/position%20papers/controlled_crying.pdf http://www.pediatric.it/crudele_lasciar_piangere.htm 2 Barbara Il dopo parto è il periodo più difficile! Io in gravidanza non mi sono informata come fanno tante mamme perché mi sono lasciata trascinare dall’istinto e alla fine, gravidanza e parto sono stati proprio così.. ma appena nata la bimba andavo in crisi per i commenti degli altri e pensavo: “allora sbaglio tutto, non sono una brava mamma se agisco d’istinto”!!! Penso che ciò che manda in crisi le mamme e il loro istinto siano la società (per il fatto che non ci dà la possibilità di stare coi nostri bimbi nei primi anni come in altri paesi), i protocolli ospedalieri, e i pediatri che non aiutano l’istinto delle mamme perché non le ascoltano… Riet Non avrei mai pensato di avere dei figli, proprio non sentivo l’istinto materno.. poi è nata lei ed ho capito cosa è: prima che nascesse mi domandavo cos’era l’amore, ora lo so. Proprio per quello che lei è, non per quello che fa.. e amo di più tutti, suo padre e tutti… Maria Grazia La gioia di esistere PER qualcun altro! Questo è il pensiero che mi accompagna ogni mattina da quando sono mamma Delia Diventare madre mi ha dato l’occasione di sentire in profondità come mai nella vita. Perché o hai occasioni e incontri straordinari o non si sente così l’amore. Troppa informazione devìa dal sentire! Confrontarmi con altre mamme mi ha dato l’occasione di dire: “Allora è giusto quello che sento! Sentiamo tutti la stessa cosa! Piangiamo, amiamo, siamo insicure e allo stesso tempo forti, è tutto normale!!!” Ho pensato di iniziare questo mio contributo dando voce ad alcune mamme che hanno voluto comunicarmi cosa significa per loro l’istinto materno. Penso che sia di fondamentale importanza non dimenticare mai che il nostro intervento di operatori della nascita, parte ed è indirizzato a loro. Con le mamme bisogna starci, passarci del tempo, fornirgli spazio e ascoltarle, guardarle negli occhi, offrire la propria competenza anche soltanto come punto di riferimento, senza proporre soluzioni preconfezionate e uguali per tutti, non parlarne e basta o sottoporle a test che possono dare l’impressione di giudicarle, senza poi offrire sostegno con un approccio individualizzato e di promozione della salute. Le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità ci indicano come il tasso di depressione post-parto sia intorno al 10-15% annuo; ciò significa che su 100 donne ce ne sono sì circa 15 che rientrano in una classificazione patologica e 3 come tali devono necessariamente essere prese in carico con un approccio clinico, ma significa anche che ce ne sono 85 che stanno bene e vogliono continuare così. Allora come cercare di aumentare la percentuale nella direzione del versante fisiologico? Come potrebbero agire gli operatori della nascita per prevenire il disagio emotivo perinatale e promuovere effettivamente la salute affettiva e relazionale di mamme e bambini? L’approccio della psiconeuroendocrinologia della nascita ci permette di chiarire come conoscere profondamente la fisiologia del “periodo primale” (Odent, 2007) definito da Odent come quel periodo che va dal concepimento al primo anno di vita del bambino, possa aiutarci a costruire e comprendere il nostro benessere sia fisico che psichico nell’arco della vita intera. Questo approccio di ricerca ci illustra su base rigorosamente scientifica come le modalità dell’endo e dell’esogestazione (Braibanti, 1993) influenzano la salute dell’individuo a lungo termine, per tutto l’arco della vita. Quindi l’obiettivo primario di questo mio contributo è quello di esporre l’approccio della psiconeuroendocrinologia della nascita (PNE), per chiarire il ruolo ed il collegamento che c’è fra la fisiologia del periodo primale e il naturale instaurarsi di una relazione di attaccamento fra madre e bambino. L’istinto materno così inteso va ad inserirsi in un contesto molto ampio che lo inquadra come comportamento adattivo da sostenere e valorizzare, anche considerandone gli effetti a lungo termine sul bambino e sulla sua conseguente capacità di amare se stesso e gli altri. Sono stati utilizzati fiumi di inchiostro per definire adeguatamente cosa sia l’istinto materno e se sia o meno presente in ogni donna. Personalmente mi trovo perfettamente in linea con ciò che affermava Braibanti (Braibanti, 1993): “L’istinto materno, come del resto l’istinto paterno, sono iscritti nel codice genetico però non si sviluppano nell’adulto se non vengono attivati. L’attivazione dell’istinto materno può esserci solo nel momento altamente emotivo del parto, e alla donna, sia che viva un parto naturale, sia che lo viva in anestesia generale, se all’uscita dall’anestesia la prima cosa che sente è il bambino (e lo stesso vale se esce da un cesareo), è in quel momento altamente emotivo, che non è dato né da una filosofia né da una ragione psicologica, ma da una scarica di prolattina, che le si attiva il potenziale istinto materno iscritto nel codice genetico”. Aggiungerei anche che le modalità della propria nascita e delle prime ore di vita della madre condizioneranno l’attivazione dell’istinto materno quando lei stessa diventerà madre. Come afferma Maurer (Maurer, 2008): “quando l’imprinting al momento della nascita è reso impossibile *…+ il neonato prova un senso di mancanza e impotenza che sfocia in odio e rassegnazione. La scissione interiore che ne risulta è necessaria per sopravvivere a una condizione che, da un punto di vista biologico, è incompatibile con la vita dell’essere umano, l’apparente assenza della madre”. Ecco quindi che se si è vissuta una separazione alla nascita dalla propria madre, il momento del parto può rappresentare un’occasione straordinaria di recupero e di rinascita anche per quella figlia che sta 4 diventando madre a sua volta e per il successivo rapporto che lei instaurerà con suo figlio. Considerare come punto di partenza la PNE della nascita ci permette, quindi, di capire come l’istinto materno si possa attivare attraverso il rispetto della fisiologia e dei reali bisogni della madre in gravidanza e nel parto. La fisiologia è intesa qui come terreno comune per tutti i professionisti e per ogni essere umano ovunque sia, di qualunque nazione e ceto sociale. In questi anni invece siamo di fronte ad un insensato paradosso: dover dimostrare ciò che è normale! Ci ritroviamo a ri-scoprire la fisiologia e dover studiare scientificamente, con notevole dispendio di risorse fisiche ed economiche, ciò che è normale, invece di accettare le scelte della selezione naturale e dell’uguaglianza genetica di ogni appartenente alla specie umana! Questo approccio risulta essere multidisciplinare perché serve a vedere più aspetti nello stesso momento e a collaborare fra gli operatori a partire da conoscenze di base uguali per tutti per il semplice fatto che l’identità cellulare genetica di ognuno di noi è la stessa ed è da questa che dovremmo partire per comprendere la salute primale nel suo insieme, attraverso un approccio olistico che comprenda gli aspetti psicologici, ginecologici, ostetrici e pediatrici coinvolti negli eventi gravidanza e nascita. Le scienze che ci possono aiutare in questo tipo di lavoro sono ad esempio, l’etnologia che confronta le varie culture della Terra, l’etologia che studia il comportamento animale ed umano attraverso l’osservazione e l’antropologia che studia l’uomo in prospettiva transculturale. Penso che dovremmo smettere di considerare la cultura occidentale come la verità assoluta, ma che sarebbe più vantaggioso vedere cosa succede nel confronto fra le nostre certezze e le realtà di altre culture, per ritrovarsi tutti nel terreno comune della fisiologia che non conosce frontiere né barriere culturali. Odent (Maurer, 2008) afferma che: “Siamo in grado di affermare che oggi la stragrande maggioranza delle madri umane accoglie il neonato senza essere impregnata di un cocktail complesso di ormoni dell’amore. È una situazione senza precedenti. Le domande che si pongono sono in termini di civiltà. Quale è l’avvenire della nostra specie se le prossime generazioni non riusciranno ad indurre un cambio di rotta?” Ossitocina ed attaccamento Vediamo quindi, in cosa consiste questo cocktail di ormoni coinvolto nel parto. L’Ossitocina (OT) è un ormone ipotalamico che sovraintende alla conservazione della specie. I suoi effetti sono noti soprattutto a livello meccanico. È, per esempio, l’ormone che permette di contrarre l’utero, è responsabile anche dei riflessi di eiezione del feto, e del latte materno ed è implicato anche nel legame parentale e fra pari. Ai più sono meno noti i suoi effetti invece, sul comportamento e compreso il comportamento materno e sul suo ruolo nell’instaurarsi della relazione col bambino. 5 Il picco massimo di secrezione di questo ormone si ha nell’ora successiva al parto, la cosiddetta terza fase del parto, spesso ignorata come momento importantissimo per l’instaurarsi di un buon legame madre/bambino: fra loro, subito dopo la nascita, avviene cioè un vero e proprio imprinting emozionale grazie alle secrezioni ormonali di entrambi, a patto che siano rispettati i reali bisogni di base della donna. Questi bisogni sono: Sentirsi al sicuro e protetta Silenzio Luce soffusa Non sentirsi osservata Non avere freddo Gli stessi bisogni del concepimento… L’ossitocina è definita anche come: ormone dell’amore, in quanto coinvolta in ogni atto d’amore che riguarda l’uomo, ormone dell’altruismo o prosociale, poiché si attiva quando c’è una relazione con l’altro e a questo proposito esiste uno studio (Newton N., 1989) che dimostra come anche solo mangiare in compagnia determini rilascio di ossitocina, ormone timido, in quanto viene secreto in condizioni di intimità e di riservatezza. È presente solo nei mammiferi e questo ci fa pensare che le modalità di parto dei mammiferi siano le stesse per ogni essere vivente che appartenga a questa specie. È, inoltre, secreta in seguito a stimoli non dolorosi che si producono per contatto intimo con altri esseri viventi ed è un antagonista dell’adrenalina, un ormone che si attiva invece in situazioni di pericolo e di paura, se la donna ha freddo o fame, o se intorno a lei ci sono persone molto agitate e preoccupate. Odent (Odent, 2007) afferma spesso nelle sue opere, che l’adrenalina è “contagiosa” proprio nel senso che vicino ad una donna in travaglio ci dovrebbe essere un clima che riduca al minimo il rilascio di adrenalina e quindi faciliti la secrezione di ossitocina naturale. Spesso quando un parto è piuttosto lungo ci si potrebbe domandare quali di questi aspetti potremmo non aver considerato a sufficienza. Se consideriamo, ad esempio, le innumerevoli sollecitazioni verbali a cui una donna in travaglio è sottoposta, possiamo facilmente capire come per lei sia difficile mettere a riposo la parte razionale del cervello, la neocorteccia, che implica attenzione verso l’esterno e la fa letteralmente inibire nel progredire del travaglio stesso. Da un punto di vista pratico, se vediamo che la partoriente sembra “essere su un altro pianeta” e fa e dice cose che altrimenti non farebbe mai come urlare, o si mette in posizioni che sembrano disumane, ecco che siamo certi che non è inibita, ma è a contatto con le proprie sensazioni provenienti dalla parte più antica del suo cervello. Soltanto questa porzione cerebrale è utile per 6 partorire, la neocorteccia rappresenta di fatto un grosso ostacolo all’emergere delle capacità istintuali di ogni donna per far nascere una nuova vita nel rispetto della fisiologia. In un importante articolo (Moschetti, 2007 (6)) le autrici fanno notare come le cure prossimali, intese come tutte quelle modalità di accudimento che non separano madre e bambino e li fanno restare vicini anche dopo il parto quali: allattamento al seno, dormire insieme, prenderlo in braccio a richiesta e trasportarlo addosso con fasce e marsupi, tramite il rilascio e l’azione di Ossitocina, promuovono il legame madrebambino. Interventi invece, che ne riducono l’azione come epidurale, il ritardo nell’inizio dell’allattamento e la separazione madre-bambino forzata pregiudicano la formazione di un saldo legame di attaccamento. L’ossitocina non è l’unico, ma è uno degli ormoni del parto che rappresentano insieme un vero e proprio cocktail che aiuta la fisiologia della nascita, vediamoli insieme: Ossitocina: ormone dell’amore Prolattina: ormone delle cure materne Endorfine naturali sono oppiacei e provocano l’inizio della dipendenza e l’inizio dell’attaccamento, l’effetto è a LT. Gli ormoni sintetici NON hanno lo stesso effetto e interferiscono con la secrezione del cocktail ormonale naturale, perciò possono seriamente condizionare in maniera negativa l’instaurarsi del legame di attaccamento madre-bambino con conseguenze anche a lungo termine. Questi aspetti, non sono a mio avviso, sufficientemente trattati e tenuti in considerazione dalla maggior parte dei protocolli ospedalieri, perché si dà per scontato quando non lo è affatto, che le modalità di nascita siano fini a se stesse senza ripercussioni sulla sfera affettiva e relazionale di quella coppia madre-bambino o che tutt’al più, queste ripercussioni siano di modesta entità e a breve termine. Alterazioni della capacità d’amare E’ scientificamente provato con studi randomizzati e controllati consultabili sulla banca dati della Primal Health Research al link www.birthworks.org/primalhealth che esiste una correlazione tra la capacità d’amare se stessi e gli altri nella vita e le modalità in cui si è nati. Le modalità di nascita non fisiologiche rappresentano uno dei fattori di rischio per comportamenti auto ed eterodistruttivi come: 7 Suicidio Tossicodipendenza Anoressia Autismo Perciò si può affermare che: il modo in cui nasciamo ha conseguenze a lungo termine. Naturalmente, oltre alle modalità della nascita, anche la storia personale passata e futura della mamma e della sua famiglia di origine ha la sua importanza nella formazione del legame di attaccamento col bambino. Peter Fonagy (Fonagy, 2002), psichiatra inglese, ha costruito una scala che misura la Funzione Riflessiva: una funzione metacognitiva che riguarda la capacità di riconoscere e comprendere gli stati mentali propri e altrui. Donne che presentano punteggi medio alti in questa scala applicata alle interviste sulle rappresentazioni materne in gravidanza (IRMAG) e all’Adult Attachment Interview (AAI) in gravidanza possono rompere la trasmissione transgenerazionale di pattern di attaccamento insicuro e avere col proprio bambino uno stile di attaccamento sicuro. Questi ultimi aspetti connotano ancora di più la gravidanza e il parto come eventi pregni di un potenziale trasformativo e creativo immenso per le donne, occasioni di crescita interiore dal valore inestimabile che ogni operatore della nascita non dovrebbe mai dare per scontati e tutelati attraverso i protocolli ospedalieri, necessari da una parte, ma spesso non sufficienti per garantire il benessere a lungo termine della donna, del bambino e della relazione fra loro. Come favorire l’istinto materno e la capacità d’amare? Allora, cosa possiamo fare in pratica per cercare di aiutare le mamme in gravidanza e nel parto, ad attivare il proprio istinto materno e la capacità d’amare la loro creatura? Penso che la questione sia da intendersi soprattutto a livello culturale e formativo. Di fatto nel nostro paese non esiste formazione specifica in psicologia perinatale e anzi questa è dai più identificata con la patologia e la clinica, dando per scontati gli aspetti fisiologici senza conoscerli affatto. Per esempio: perché la maggior parte degli psicologi non è favorevole all’allattamento al seno oltre i primi mesi? Perché non conoscono la fisiologia dell’allattamento, il funzionamento della ghiandola mammaria ed il legame fra la sicurezza, l’autostima, e la durata dell’allattamento come, in maniera pionieristica aveva evidenziato già nel 1972 la Ainsworth (Ainsworth M., 1972) e nel 1988 Call (Call, 1988). Manca quindi una formazione multidisciplinare degli psicologi sulla prevenzione, sulla promozione della salute e sulla fisiologia di gravidanza, parto e allattamento. Come favorire, allora, l’istinto materno e la capacità d’amare nel parto? 8 Da quanto discusso finora appare fondamentale: Riscoprire i bisogni di base della partoriente con gli occhi del fisiologo. Proporre alle donne un approccio multidisciplinare su base etnoantropologica . Riscoprire l’azione sul comportamento del cocktail ormonale secreto nel parto. Fornire alle donne assistenza individualizzata non solo su base protocollare. Organizzare eventi di formazione affettiva dell’operatore della nascita che. sappia cogliere così gli aspetti non solo fisici della partoriente. Favorire nella donna la messa a riposo della neocorteccia nel parto. Rispettare l’importanza della prima ora dopo la nascita e la terza fase del parto, favorendo il contatto pelle a pelle e l’allattamento in sala parto. Inoltre, come nel parto è fondamentale la disattivazione della neocorteccia per la donna, anche chi la assiste dovrebbe lavorare dal basso, dal sentire, dalla pratica, con empatia. Chi lo ha fatto, dimostra dati alla mano che è realmente vantaggioso sia a breve che a lungo termine. Braibanti a Monticelli d’Ongina, Odent a Pithivers, Barbara Grandi a Poggibonsi e l’eclatante caso dell’Olanda2 dove il 30% dei parti avviene a domicilio con la sola assistenza dell’ostetrica in condizioni di massima sicurezza, dimostrano come l’attenzione ai bisogni psicologici della donna durante il parto ne condizionino in maniera positiva lo svolgimento, riducendo il rischio perinatale sia per la mamma che per il bambino. E allora perché in Italia tutto questo è ancora ai margini dell’informazione pubblica e della formazione degli psicologi? Potrebbe essere giunto il momento di riflettere su alcuni punti che vorrei riassumere nella seguente tabella: Spunti di riflessione assistenziali per il (dopo) parto: da cosa vogliamo partire e dove vogliamo arrivare? Testa Teoria Scienza Patologia Metodi uguali per tutti Delega all’ “esperto” Cuore Pratica Natura Fisiologia Ascolto e assistenza individualizzata Attivare le competenze materne 2 Un recentissimo studio pubblicato sul British Journal of Obstetrics and Gynaecology, afferma che per le donne incinte, a cui non è stato diagnosticato un parto a rischio, il parto in casa programmato è sicuro quanto il ricovero in ospedale. È la conclusione a cui è giunta una ricerca olandese che ha confrontato 530 mila nascite in casa e in ospedale in un lasso di tempo di 7 anni. Fonte: press text.austria 9 Penso che tutti questi aspetti si debbano considerare in maniera complementare fra loro e che le dimensioni presenti nella seconda colonna ci diano quella marcia in più per aiutare, dove possibile, le donne ad avere un’esperienza di parto positiva ed una buona relazione di attaccamento col bambino. In conclusione: cosa ci hanno voluto dire le “voci di mamme” all’inizio di questo contributo? Mi pare si possa affermare che ci volessero dire come alle donne non servano soltanto teorie e libri, ma sia utile credere in sé e sentirsi ascoltate, competenti e capaci. Parliamo di affettività, di codici affettivi e di emozioni ma spesso non puntiamo sulla formazione affettiva degli operatori e non sempre le mettiamo in pratica nei protocolli e nell’assistenza individualizzata: Manca una cultura degli affetti! Questa potrebbe aiutare, a mio parere, l’istinto materno e la capacità d’amare.. Bibliografia Ainsworth M., R. L. (1972). Infant feeding end attachment. Washington, DC: ERIC Education Resources Information Center. Braibanti, L. (1993). Parto e Nascita senza violenza. Novara: Red Edizioni. Call, J. P. (1988). I timori dello svezzamento tardivo. New Beginnings traduzione italiana su Da mamma a mamma n. 66 . Fonagy. (2002). Attaccamento e funzione riflessiva. Milano: Raffaello Cortina Editore. Maurer, W. (2008). La prima ferita. Firenze: Editrice Aam Terra Nuova. Moschetti, A. Tortorella ML. (2007 (6)). Ossitocina e attaccamento. Quaderni ACP , 254-260. Newton N., M. C. (1989). Oxytocin-psychoactive hormone of love and breastfeeding. The free woman , 343-50. Odent. (2007). Psiconeuroendocrinologia della nascita. Firenze: Scuola Elementale di Arte Ostetrica. 10