band: faun fables
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::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 1 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 2 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 3 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 4 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 5 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: FRIDA HYVONEN TITLE: UNTIL DEATH COMES LABEL: SECRETLY CANADIAN PAG. 6 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: FRIDA HYVONEN TITLE: UNTIL DEATH COMES LABEL: SECRETLY CANADIAN PAG. 7 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: FRIDA HYVONEN TITLE: UNTIL DEATH COMES LABEL: SECRETLY CANADIAN PAG. 8 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: FRIDA HYVONEN TITLE: UNTIL DEATH COMES LABEL: SECRETLY CANADIAN PAG. 9 ROCKLINE http://www.rockline.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=1823 Grandissima uscita per la JagJaguwar è quella dei The Besnard Lakes, seconda per numero, ma certamente di una qualità estremamente superiore rispetto all’esordio. Ebbene il combo canadese, di Montreal per la precisione, non si ferma solo a sbancare tra i gruppi della sua etichetta, ma si propone come una delle uscite più importanti dell’indie a stelle e strisce. Oltretutto si tratta di un genere tutto loro, oscuro, metafisico, onirico e assolutamente affascinante. Realtà a loro affini si possono certamente trovare. Non per ultimi gli I Like Trains in Inghilterra hanno approfondito queste forme di dark-indie, o la fantastica My Brightest Diamond (Bring Me The Workhorse, 2006), ma nessuno con i colori e le tonalità morbide, oscure e scottanti, come quelle dei sei ragazzi di Montreal. L’apparato strumentale innanzitutto è imponente. Le linee di basso sono assolutamente primarie – come ci testimonia la romantica e pink-floydiana And You Lied To Me – ma non tolgono spazio a strutture ritmiche avvolgenti e dolcemente cadenzate, a flauti, violini, chitarre malinconiche e a cori che si perdono in lontananza, nelle tenebre. Un insieme poetico e commovente che ha il merito di trascinare mentalmente l’ascoltatore di brano in brano, attraverso romantici quadri di una raffinatezza surreale. La delicatezza ad esempio dell’introduttiva Disaster risulta per lo meno toccante, grazie ad arpeggi pizzicati di chitarra e distorsioni cristalline. La rilassatezza del disco assume toni da tramonto rosso fuoco, a degradare verso le tenebre – stilisticamente reso da un inacidimento prezioso delle distorsioni –. Queste dolci melodie trovano poi autonoma e una sempre più particolare espressione nelle singole tracce. Esempio assolutamente notevole è For Agent 13. Qui gli acuti e flebili cori maschili si appoggiano sul cantato femminile che potenzia il repertorio vocale, dotandolo di una maggiore sensibilità emotiva (voce molto simile a quella dolcissima di Amelie Festa in Planetary Confinement degli Antimatter – 2005). Altro bel capitolo è la colossale Rides The Rails, offuscata dall’utilizzo di saxofono, violini e corni francesi. Attraverso dunque delle ballate ancestrali, i Besnard Lakes ci regalano un’oscura cavalcata, densa di emozioni rarefatte e di una incomparabile eleganza. Are The Dark Horse è un disco dalle mille sfaccettature, da godersi tutto, dall’inizio all’epilogo. SENTIRESCOLTARE http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2007/recensioni/BesnardLakes.htm Per il secondo album in studio dei The Besnard Lakes si sono dati appuntamento alcuni dei nomi più importanti della scena musicale di Montreal, come George Donoso dei The Dears, Chris Seligman degli Stars, Sophie Trudeau dei Silver Mt. Zion e Jonathan Cummins dei Bionic, a testimonianza della vivacità e della complicità che anima i musicisti di questa meravigliosa città canadese. Visti i nomi coinvolti nell’operazione le aspettative su The Besnard Lakes Are The Dark Horse erano decisamente alte ed in parte sono state rispettate, anche se l’album non è certo quel masterpiece che in molti si attendevano, ad iniziare dai responsabili della Jagjaguwar che hanno messo sotto contratto la band sul finire dello scorso anno, all’indomani di una bella performance live al Pop Festival di Montreal. Disco svelto e conciliante (otto pezzi per quarantacinque minuti scarsi di musica), The Besnard Lakes Are The Dark Horse vive i suoi momenti migliori quando i toni si fanno più intimi e crepuscolari, quando archi e pianoforte prendono il sopravvento sulle chitarre disegnando traiettorie narco/pop di pregevole fattura (le bellissime Disaster, For Agent 13 e Ride The Rails) ipotizzando una sorta di collisione tra certi Pink Floyd ed i padroni di casa Arcade Fire. Meno eccitanti, anche se strutturalmente ed emozionalmente efficaci, episodi come Because Tonight e Devastation, lunghe suite di matrice psichedelica che strizzano l’occhio agli Spiritualized ed a certe formazione di area space rock/shoegaze ricalcandone le orme in maniera sin troppo calligrafica. Per il momento accontentiamoci, certi che l’evidente talento della band canadese potrebbe in un futuro prossimo rivelarsi in tutto il suo splendore. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 10 STORIA DELLA MUSICA http://www.storiadellamusica.it/The_Besnard_Lakes_-_The_Besnard_Lakes_Are_The_Dark_Horse_(Jagjaguwar,_2007).p0-r376 Dopo un primo disco passato sotto silenzio nel 2003, i Besnard Lakes, capitanati dal cantante e chitarrista Jace Lasek, fra i più importanti membri della scena indie di Montreal, ci riprovano con le 8 tracce di questo The Besnard Lakes Are The Dark Horse, un lavoro sicuramente più riuscito e più convinto del precedente. Già dall'incipit dilatato e straniante di Disaster risulta subito chiaro che ci troviamo in territori decisamente distanti dai ben più noti concittadini Arcade Fire; una voce che ricorda da vicino i Beach Boys si innesta su una base di archi e chitarre effettate, prima che l'ingresso della batteria riporti il tutto a un post rock più convenzionale. Nella seconda traccia, For Agent 13, l'incontro tra voce femminile e maschile riporta alla mente i Low più atmosferici, mentre stavolta è un pianoforte a guidare la melodia, in contrasto con le chitarre della successiva And You Lied To Me. Nonostante i numerosi rimandi ad altri artisti (impossibile non pensare ai Sunset Rubdown in Because Tonight), nella seconda parte il cd -dopo la confusa e ripetitiva Devastationtrova una proprio equilibrio tra shoegaze e psichedelia, che culmina con Rides The Rails, in perfetto equilibrio fra atmosfere sognanti e un ritornello in perfetto stile indie rock. Anche negli episodi più convenzionali (On Bedford Grand su tutte) è comunque ammirevole l'attenzione che il gruppo riserva agli arrangiamenti, mai banali, che evitano la trappola del già sentito e che mantengono viva l'attenzione per tutta la durata dei brani, peraltro in media abbastanza lunghi, così come il riff distorto, i cambi di ritmo e l'assolo inaspettato di And You Lied To Me li fanno distinguere dagli altri numerosi gruppi che si avventurano in queste sonorità.L'album termina con Cedric's War, che riprende le suggestioni sixties della prima traccia e le sviluppa ulteriormente, contaminandole con chitarre con abbondante delay e reverb che contribuiscono a creare un suono epico e piuttosto originale. In conclusione, sicuramente un buon disco, che forse non giustifica pienamente tutto l'interesse che bloggers e addetti ai lavori hanno riversato su di esso, ma che mostra un gruppo certamente da tenere d'occhio IL POPOLO DEL BLUES http://www.ilpopolodelblues.com/rev/marzo07/recensione/the-besnard-lakes.html Difficile dire dove i canadesi trovino tutta questa ispirazione,certo è che dai vicini americani non se le lasciano certo dire! Le nuove generazioni eccellono per spiritualità e originalità e gli artisti coalizzano fra di loro senza trabocchi di egomania; la distanza dei luoghi, il rispetto per la musica e la formazione che in essa si identifica, il numero esiguo di artisti fa il resto presso un pubblico intelligente, abituato a termini di paragone alti e non per forza mainstream. The Besnard Lakes sono cresciuti bene in questa situazione così ricca di input. In questo secondo album i corrieri cosmici canadesi mischiano infatti chitarroni reverberati, orchestrazioni sfarzose, e orizzonti sonori prog con armonie virginali alla Beach Boys che avrebbero fatto la gioia di artisti come Spiritualized o Galaxie 500. Non sempre il gruppo di Montreal ci riesce, ma quando centra la mira come in “For Agent 13“ un tono magico pervade l’ascoltatore se pur disattento. A momenti il gruppo tenta la strada di un suono oscuro e disturbante ma smpre il tocco è stiloso e di ottima levatura come in “You lied to me” alimentata da chitarre lancinanti che non vengono però mai in primo piano a prevaricare un senso di modernissimo wall of sound che intriga e fa girar la testa. Disco di nicchia per vecchi e nuovi seguaci di una psichedelia cosmica che non ne hanno ancora avuto abbastanza e che continuano a sentirsi incrollabili headbangers come in “Devastation”. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 111 DIRADIO http://www.diradio.it/files/index.cfm?id_rst=6&id_art=28&idr=33841 Fai partire il primo brano e ti sembra di essere tornato al sole "innocente" della California di 40/50 anni fa: i cori in falsetto non possono non essere che quelli dei fratelli Wilson e degli altri ragazzi da spiaggia. Poi rifletti che sono quasi tutti passati a miglior vita e ti accorgi anche che quelle voci difettano della magia di anni che invitavano a sentirsi onnipotenti e del prorompente ottimismo di chi era conscio di iniziare qualcosa di grandioso. Qui le voci e i suoni sono impastati da un retrogusto amaro ed oscuro; non potrebbe, gioco forza, essere diversamente. Canadesi, al secondo disco, coadiuvati da membri di bands un pò agli antipodi quali Dears e Godspeed you black Emperor/A Silver Mont Zion, hanno creato un poutpourri che è un gioiellino di incastri ben riusciti. Fondamentalmente un disco di pop "intelligente" condito da molte spezie, con gusto e ricercatezza, senza mai rinunciare ad atmosfere tenebrose e misteriche; tanto che viene effettivamente naturale il rimando alle inquietudini lynchiane di Badalamenti/Cruise. Uno di quei dischi che, per complessità e cura certosina, hanno sempre affascinato la critica più "sgamata". Nulla impedisce di credere che, in questo caso, dato l'impatto immediato e felice delle canzoni, possa piacere anche al pubblico. INDIEFORBUNNIES http://www.indieforbunnies.com/2007/05/03/the-besnard-lakes-the-besnard-lakes-are-the-dark-horse/ Siediti. Spegni il telefonino. Sfilati l’orologio dal polso. Allenta la cravatta e se non la porti tanto meglio. Arrotolati le maniche della camicia. Stenditi per terra con le sole cuffie in testa e chiudi gli occhi. Ed ora compi il gesto più eversivo che un uomo occidentale del 21° secolo possa fare: dimentica il tempo. Ecco ci sei, fai andare a tutto volume l’ultimo disco dei canadesi ‘The Besnard Lakes’. Musica epica, ancestrale, dilatata, rumorosa e melodica. Musica che richiede attenzione e pazienza, che non può essere liquidata in tre minuti, rifugge l’attimo di gloria, abbraccia il tempo disteso nella sua eternità. Si sprecano i riferimenti che fanno eco nelle otto canzoni del loro ultimo disco; ci sono gli ‘…And you will know us by the trail of dead’ per l’attitudine di trarre miracolose melodie da un muro stratificato di chitarre gocciolanti, i ‘Sigur ros’ nelle parti vocali androgine di alcuni pezzi e per la capacità di proiettare altrove i nostri io distesi, i ‘Pink Floyd’ perchè pare brutto dimenticarsi di loro, i ‘Beach Boys’ per la voglia non tanto nascosta di fare una sorta di pop psichedelico soprattutto quando iniziano ad intrecciarsi voci maschili e cristallini ululati femminili. Certo verrà il dubbio più che legittimo di una scarsa originalità, ma in un mondo dove tutto è interpretazione George Donoso e soci si fanno portatori di un’esplicazione ad alto livello di passaggi chitarristici e folgorazioni assorbiti nel corso degli anni. ‘For the agent 13′ sembra l’esplosione musicale di un quadro di Kandinskij, potente, colorato fino all’eccesso, apparentemente senza forma, un guazzabuglio che inonda lo spazio. Eppure lo si guarda affascinati, colpiti da una geometria di fondo che restituisce logica nella pazzia fino a immedesimarsi in quello schizzo blu ed a fluttuare in nuovi territori. Un canto sciamanico, l’antico richiamo da una montagna trasfuso nelle vibrazioni ultraelettriche delle chitarre di Cummins riverberano nell’aria stantia di un giorno qualunque e gli danno profondità e spessore. Per fare tutto ciò si sono dati appuntamenti sotto al monte alcuni tra i migliori artisti canadesi come appunto George Donoso dei Dears, Chris Seligman degli Stars, Sophieu Trudeau dei Siler Mt. Zion e Jonathan Cummins dei Bionic. Nel crepuscolo, mentre il sole orla con le sue ultime carezze le cime frastagliate e nerastre delle montagne intorno, schizzano visioni e ricordi anni Settanta, come in ‘And you lied to me’, dove tutto sembra essersi arrestato nello spazio psichedilico di quel decennio irripetibile. Devastante il lungo assolo finale di chitarre, una meraviglia sorprendente, un luccichio di space-rock stordente, un baccanale cui si associano tutti gli altri strumenti infuocando una canzone straripante. Tornare indietro nel tempo: ‘Ride the rails’ e Brian Wilson sarebbe contento. Arrangiamenti d’archi alla Arcade Fire e il dado è tratto. Delizie pop-caramellate in chiusura, perchè marcette e zucchero filato sono sempre i benvenuti se irrobustiti da quel sapore corposo che gli danno i Besnard Lakes. Il tempo passa, ormai ti sei addormenteto sognando campi verdi e primavere, il disco terminato attende muto nello stereo, non è un capolavoro ma ti ha fatto stare bene. Cosa vuoi di più dalla vita? Un lucano? Ma fammi il piacere… ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 12 ONDAROCK http://www.ondarock.it/recensioni/2007_besnardlakes.htm Secondo disco per i canadesi Besnard Lakes, che fa seguito al debutto “Volume 1” del 2003 e al sorprendente gioiello di sapore shoegaze, rappresentato dalle due lunghe tracce pubblicate lo scorso anno dalla Static Caravan sotto il titolo “Would Anybody Come To Visit Me”. La band capitanata dal chitarrista Jace Lasek si presenta a questa attesa prova affiancata da illustri collaboratori della sempre vivida scena indipendente di Montreal, tra i quali spiccano Sophie Trudeau dei Silver Mt. Zion e Chris Seligman degli Stars. Non si tratta però di un album in qualche modo accostabile alle esperienze post-rock, né a quelle altpop proprie del retroterra artistico dei musicisti che a quest’opera hanno partecipato. Gli otto brani compresi in “The Besnard Lakes Are The Dark Horse” spaziano, infatti, dalle tentazioni di poprock corale di “Disaster” alle derive psichedeliche, anche piuttosto intricate, di “Devastation”, che provano a compendiare reminiscenze della west-coast anni 70 e trame chitarrisitiche di più recente ispirazione britannica. Il tutto viene centrifugato con l’aggiunta di melodie ben congegnate e di pronto impatto, per quanto a volte un po’ prevedibili nei loro caratteri epici. L’impressione è che la tendenza a una certa magniloquenza espressiva disperda quanto di buono vi è nella scrittura della maggior parte dei brani; non a caso, i passaggi più convincenti risultano quelli più lenti e relativamente scarni, ove il rallentamento dei ritmi e il diradarsi delle citazioni dei Beach Boys lascia spazio agli accenni slow-core della prima parte di “And You Lied To Me” e alle eteree melodie dell’ottima “For Agent 13”. Nel suo complesso, “The Besnard Lakes Are The Dark Horse” è un album che potrà senza dubbio incontrare i favori di chi apprezza Arcade Fire e My Morning Jacket, ma che non risponde appieno alle aspettative suscitate dalla band di Jace Lasek e dal gran numero di musicisti qui impegnati. DEBASER http://www.debaser.it/recensionidb/ID_17421/The_Besnard_Lakes_The_Besnard_Lakes_Are_The_Dark_Hor se.htm Sicuramente devo essermi perso qualcosa per strada, ma un disco così non l'ascoltavo da tempo. Si può nel 2007 suonare come una band di fine '60 e mantenere comunque un piglio contemporaneo? A giudicare da ciò che sta passando in questo momento per le mie sinapsi si può, eccome! L'anima nera che danza in questo disco ha un suono che è figlio di tutti i suoni del rock "altro" di questi anni, miscelati in egual misura, tutti insieme contemporaneamente, che colano come magma per forgiare un monolite pronto per essere adorato. Analizziamo il suono: placido, scuro, psichedelico, lisergico, west coast, pop à la Beach Boys, progressivo, space-rock, post-rock; in una parola: elegante. E un po' come quando due persone guardano le nuvole, che per ogni sbuffo di vento ognuno ci vede cose diverse, ma si resta d'accordo che siano belle nuvole. Ogni brano è inteso come una piccola esperienza compiuta: tutti di lunga durata (niente sotto i 4 minuti), hanno il tempo di crescere ed avviluppare l'ascoltatore in un fumo oppiaceo nel quale quando meno te l'aspetti, ma con una naturalezza sinonimo di talento, parte un pezzo orchestrale o c'è un guizzo che gli permette di rifuggire dall'etichetta di genere che eri pronto ad appiccicargli. Difficile resistere al track by track (anche perché i brani sono 8), ma non posso non citare i "Beach Boys psichedelici e post-rock con orchestra" dell'apripista "Disaster". Un biglietto da visita che mette in chiaro fin da subito il piglio che prenderà il disco di lì a poco, con perle del calibro di "Devastation" o "Because Tonight" . Indubbiamente la palma per il brano migliore va alla ballata lisergica "And You Lied To Me", che non oso immaginare cosa sarebbe stata se cantata dal singer degli Interpol. Onestà intellettuale mi impone di dire che non è tutto oro colato: il peccato veniale è "On Bedford And Grand", decisamente prolissa e priva di spunti, mentre "For Agent 13" ha una musica stupenda, sporcata da liriche che non si impastano troppo bene (anche se c'è un'apertura verso metà brano che è stupenda, pare di sentire i migliori momenti dei Sigur Ros di Agaetis Byrjun). Altra annotazione va fatta al modo di costruire il testo dei brani: spesso viene espresso un concetto in apertura e poi reiterato per tutto il resto del brano a fare un po' di tappezzeria sul tappeto sonoro, ma ritengo che in questo disco le parole siano molto meno importanti della musica, che è dannatamente bella. Se ve lo state chiedendo, sì, avete ragione, la band è di Montreal, fa capo alla coppia (d'arte e di vita) Jace Lasek e Olga Goreas, e sul disco sono presenti i "soliti" ospiti dalle varie band quali Stars, Godspeed You! Black Emperor e The Dears. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 13 ARLEQUINS http://www.arlequins.it/pagine/articoli/alfa/corpo.asp?ch=3552 Come spesso capita, la musica che ci affascina di più è proprio quella che ad un primo ascolto può sembrarci un tantino stravagante ed insolita, in effetti queste sono caratteristiche che non mancano certo ai The Besnard Lakes Are The Dark Horse... Giunto alla seconda prova discografica a circa tre anni di distanza dall'esordio "Volume I", questo curioso gruppo guidato dai coniugi Olga Goreas e Jace Lasek sembra voler rielaborare il classico tema dell'eterna sofferenza umana, cercata disgraziatamente in un susseguirsi di guerre e violenze senza senso, attraverso la riscoperta dell'epica polverosa e romantica della vecchia frontiera americana, non senza allusioni più o meno velate di recente attualità. Detto questo, i primi minuti di questo disco mi hanno fatto venire qualche piccolo dubbio, tanto da farmi credere di aver inserito per sbaglio nel lettore cd un disco dei Beach Boys: una volta accertata le presenza dei Besnard Lakes nell'impianto stereo mi sono decisamente reso conto di quanto Brian Wilson sia un'influenza importante per la poetica musicale di questo gruppo canadese... Certi vocalizzi sembrano infatti pescati direttamente dalla discografia dei Beach Boys ed inseriti in un contesto musicale acido e decadente, guidato da un attitudine contemporanea "post" tipicamente sonnambula ma allo stesso tempo gustosamente retrò e psichedelica. Gli otto ambiziosi brani di "The Besnard Lakes" sembrano voler ricreare una bizzarra sintesi fra i Beach Boys più evoluti (a partire da "Pet Sounds"), immersioni acide alla Quicksilver Messenger (e più recentemente Spiritualized), esaltazioni mistiche di scuola Yes (nel crescendo vocale di "For Agent 13" alla Jon Anderson) e la sofisticata tristezza meditabonda contemporanea di gente come GYBE, The Black Heart Procession, Sigur Ros; il decadentismo crepuscolare si affianca così ad un romanticismo orchestrale fortemente melodico ed accattivante, impreziosito in particolare da una strumentazione musicale alquanto ricca, sezione d'archi compresa, ed un suggestivo utilizzo delle tastiere chiamate a ricoprire soprattutto un sottile ruolo di ricamo visionario e spaziale. Disco controverso, affascinante ed intenso, "The Besnard Lakes Are The Dark Horses" è un'opera che potrebbe far discutere a lungo... LOSING TODAY http://www.losingtoday.com/it/reviews.php?review_id=3784 Ancora Montreal. Questa volta per celebrare nel secondo album dei Besnard Lakes l'incontro tra indie-pop, shoegaze e psichedelia west-coast. Bastano otto canzoni a Jace Lasek e compagnia danzante per mettere in chiaro che gli Arcade Fire non sono soli sulla mappa della nuova musica indipendente canadese. “Disaster” in apertura di disco è una ballata pop tra Beach Boys e Low. Su “For Agent 13” basta a Lasek la sola Olga Goreas (voce e basso) per tessere cinque minuti di calda psichedelia tra Spiritualized e Mojave3 prima maniera. Un gruppo ben più ampio (Olga, Jace, il batterista Kevin Laing, la pianista Nicole Lizee, il chitarrista Steve Raegele e l'altro chitarrista Jonathan Cummings) mette in risalto la vena classic rock dei Besnard Lakes nel lungo delirio alla Neil Young di “And You Lied To Me”. Un'altra mezza dozzina di musicisti, tra i quali George Donoso III dei Dears, partecipa alla registrazione di “Devastation”, una carovana epica e corale che ben rappresenta la vivacità e la fratellanza della scena della città canadese. “Because Tonight” è una ballata soul che esplode in un magma postrock sotto il violino di Heather Schnarr, cui s'aggiunge nella sueguente “Rides The Rails” quello altrettanto visionario di Sophie Trudeau della famiglia Silver Mt. Zion. File under: classic indie rock. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: THE BESNARD LAKES TITLE: THE BESNARD LAKES ARE THE BLACK HORSE LABEL: JAGJAGUWAR PAG. 14 MESCALINA http://www.mescalina.it/musica/recensioni/recensioni-musica.php?id=1927 In un panorama così sconfinato come si presenta la scena musicale internazionale, è un fatto normalissimo che alcuni gruppi impieghino un pò prima che il loro nome incomincia a girare con interesse tra gli addetti al settore. Un destino che accomuna moltissime band e da cui anche i canadesi The Besnard Lake sembrano non essere immuni. D’altronde, già altri gruppi provenienti dalla stessa area geografica come i Broken Social Scene o le The Organ hanno dovuto faticare prima di riuscire a farsi conoscere da quest’altra parte dell’oceano. Infatti, dopo un primo album (“Volume 1” del 2003) passato quasi completamente inosservato, i The Besnard Lakes tentano di farsi conoscere al resto del mondo con una nuova produzione, “The Besnard Lakes are the dark horse”, pubblicato dall’etichetta americana Jagjaguwar. Capitanati dal cantante e chitarrista Jace Lasek, il sestetto di Montreal propone nell’arco di 45 minuti otto “perle emozionali” di sano pop orchestrale velato nei contorni da forti tratti di psichedelia. Una miscela melodica con richiami sonori memori di band come Mercury Rev, Low e Beach Boys, rimandi che il gruppo canadese dosa con diletto e naturalezza. Ottimamente arrangiate, le singole tracce cullano l’ascoltatore in modo elegante attraverso arpeggi di chitarra, pennellate di piano o lievi tocchi di archi e fiati (violini, horns, French horn, flauti, sax e sax soprano per citarne alcuni). Le magie delle note inseguono ritmiche ipnotiche, tormentate e mosse da sonorità insolite ricreando le atmosfere alienanti e velate di malinconia di brani come l’iniziale “Disaster”. L’intenso intreccio vocale tra Lasek e la Goreas rappresenta il punto di forza di alcuni brani come “For agent 13”, “Cedric’s war” e “Because tonight”, in quest’ultima il cantato rasenta molto il lo-fi con una Goreas quasi elfica nel modo di cantare. In “Devastation” è la voce della Goreas a tenere la scena supportata da un sublime quintetto vocale a farle da coretto di cui la stessa cantante fa parte. Tra le pieghe dei brani c’è un modo molto insolito d’intendere la forma canzone, mettendoci di fronte ad un songwriting maturo senza che il termine indichi un limite al genere che non si possa prevaricare. Nonostante mostri eccellenti qualità nella forma e nei contenuti, l’album rischia di essere sottovalutato posticipando ancora a molti l’esistenza della piccola orchestra canadese.