“teso” dalla visione di un film come “Cash”. Tes

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“teso” dalla visione di un film come “Cash”. Tes
Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Gianni
Barchiesi
24 giugno 2009
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Uno spettatore dotato di sana curiosità, e osservatore attivo,
uscirà “teso” dalla visione di un film come “Cash”. Teso
perché il suo senso d’orientamento nella diegesi sarà stato
messo a dura prova e avrà trovato pace soltanto a fine
proiezione, quando la narrazione si sarà schiusa per
eliminare ogni dubbio sulle vicende mostrate. Flashback e
flashforward vari, intuizioni, voltagabbana assortiti, omicidi,
tutto condito da uno spigliato e intrigante uso del montaggio alternato e di
alcuni effetti come lo split screen: “Cash” ha ogni caratteristica necessaria
per essere subito accostato, all’unisono da critica e pubblico, alla trilogia di
Ocean di Soderbergh. Ma, al contrario delle tre mega produzioni
americane, non lascia la pancia piena allo spettatore, piuttosto un senso
latente di sconfitta e d’insoddisfazione. Una tensione generica, che chiede
appagamento. Questo perché forse, “Cash”, nella smania cosciente e
vana, di non assomigliare a qualcosa di già visto, perde quei capisaldi,
quei punti fermi che ne farebbero un’opera d’intrattenimento, divenendo
più simile ad una “sfida”. Infatti, uno dei commenti più sentiti su questo
film risponde al comparare lo spettatore al “pollo” che ci deve essere
sempre in ogni truffa (tale è il “fil rouge” del film).
Pollo sta a truffa come spettatore sta a “Cash”.
Forse è vero, anzi, molto probabile che lo sia. Un presa in giro, dunque? Sì,
a meno che non si scopra che la “sfida” e lo sfottò sono molto più
intrattenenti dell’intrattenimento stesso.
Il regista francese Eric Besnard, consapevole del suo debito
stilistico con Soderbergh, per evitare di far gridare al plagio
conclamato, cerca di plasmare l’opera a propria immagine,
dotarla di un’inerzia tutta personale. La china lungo la quale
Besnard fa scivolare il film (o almeno ci prova) è quella, rischiosissima,
della complessità narrativa. Fino all’epilogo non si distingue mai
chiaramente chi stia tenendo le fila dell’azione, se sia un imbambolato
Dujardin o un Jean Reno abbastanza sulle sue oppure, ancora, la bella
Valeria Golino, ribelle poliziotta davvero poco conforme. La verità,
neanche tanto celata ad essere attenti, è che la storia è talmente
sviluppata, intrecciata e sfaccettata che non deve dotarsi di un
personaggio traghettante, che la tagli la districhi e vi si muova all’interno
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quale naturale protesi dello spettatore-osservatore attivo. La narrazione è,
praticamente, auto-referenziale, onnipresente: non passa secondo che non
si aggiunga un dettaglio al complesso di informazioni. Esemplare da
questo punto di vista è la micro-sequenza, all’interno della spiegazione in
flashforward di Maxìm del piano per rubare i diamanti, dove Cash corregge
due volte di fila nell’arco di 30 secondi i suoi compiti perché, attimo dopo
attimo, la realtà cambia, aumenta i suoi aspetti e lui deve cambiare con
lei, gettando altri particolari ancora nell’insieme generale.
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“Cash” procede per accumulo costante e non abbandona nessuno degli
spunti e delle informazioni portate. Ovviamente, arrivati sul finire
dell’opera, tale complessità, non di natura intellettuale (ossia ben
congegnata, come ad esempio, mutatis mutandis, il primo “Saw”) e quindi
“leggera”, ma “pesante” perché stracolma, mostra i suoi limiti: happy
ending sbrigativo su terrazza monegasca a sorrisi e bollicine, dove tutto si
risolve in brevi inquadrature e agnizioni.
Troppi nodi sciolti in troppo poco tempo, da qui nasce l’insoddisfazione.
“Cash” gode di sé stesso in maniera egoistica e non lascia entrare lo
spettatore nel piacere delle risoluzioni: non è intrattenimento perché non
trattiene-dentro, piuttosto tende ad isolare: eppure la forma
cinematografica è quella consolidata appunto dalla trilogia di Ocean e da
altri film (echi del primo Guy Ritchie) che sono classici del coinvolgimento
spettatoriale.
Quindi quasi un atto pionieristico, innovativo, quello di
Besnard, il quale confeziona un’opera chiusa scritta con un
linguaggio confidenziale e aperto: dico “quasi” perché la
complessità narrativa temo sia solo dovuta alla volontà di
differenziarsi dal “mare magnum” di simili produzioni, piuttosto che
rispondere ad una precisa idea artistica. Difatti la dissonanza fra le due
parti è fortissima, innaturale, testimone di un adattamento invece che di
un’armonica convivenza dei due aspetti. Bernard, si fosse preoccupato
meno di apparire originale (cosa peraltro molto difficile e non riuscita,
infatti) avrebbe potuto dar vita ad un prodotto più godibile e meno difficile
da consumare. Così, alla fine, “Cash” è una provocazione poco cercata e
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mezza riuscita; un film da vedere se si ha la pazienza di reggere i contrasti
d’incoerenza tra le parti e la volontà di sopportare la tensione data dal non
riuscire ad entrare nel gioco rappresentato: però queste sono cose che si
sanno col senno di poi, dopo la prima visione e utili per una seconda.
Una prima visione, con la mente vergine, serve solo a sentirsi un po’ i
“polli” di turno.
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Regia: Eric Besnard
Sceneggiatura: Eric Besnard
Attori: Jean Dujardin, Jean Reno, Valeria Golino, Alice Taglioni, François
Berléand, Caroline Proust, Mehdi Nebbou, Cyril Couton, Eriq Ebouaney,
Ciarán Hinds, Samir Guesmi, Jocelyn Quivrin, Hubert Saint Macary,
Christian Hecq, Joe Sheridan, Roger Dumas
Fotografia: Gilles Henry
Montaggio: Christophe Pinel
Musiche: Jean-Michel Bernard
Produzione: Pulsar Productions
Distribuzione: Moviemax
Paese: Francia 2008
Uscita Cinema: 05/06/2009
Genere: Azione, Commedia
Durata: 100 Min
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