MAGGIOR EFFICIENZA per il trattamento dei fanghi

Transcript

MAGGIOR EFFICIENZA per il trattamento dei fanghi
MAGGIO 2014
Anno 4 - Numero 14
In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roserio-Milano per la restituzione al mittente previo pagamento resi - ISSN 2039-9774
organo ufficiale
Associazione Ingegneri
ambiente e territorio
CARBON FOOTPRINT
FONTI RINNOVABILI
MAGGIOR EFFICIENZA
FOCUS
del settore Tra riduzione degli incentivi
per il trattamento Direttiva Quadro
agro-alimentare
e maturità del mercato dei fanghi di depurazione
sulle Acque
Motori, inverter, azionamenti, riduttori, motoridut-II a
tori, sistemi di trasmissione della potenza, sistemi e
dizion
di attuazione oleoidraulica e pneumatica, strumene
tazione di misura e controllo, sistemi di controllo e
supervisione, software di analisi e dimensionamento,
nto,
software per la gestione dei carichi, diagnostica, sistemi di alimentazione, sistemi per la generazione e distribuzione di aria compressa, trasmissioni meccaniche,
elementi di accoppiamento meccanici ecc.
INDUS TRIAL D
TECHNOLOGY A
EFFICIENCY Y
MARTEDÌ
24 GIUGNO 2014
IBM CLIENT CENTER
SEGRATE
Con il patrocinio di:
PRODOTTI E SOLUZIONI TECNOLOGICHE NELL’AUTOMAZIONE: EFFICIENZA A LIVELLO DI SISTEMA PRODUTTIVO
LA SESSIONE PLENARIA
A CHI SI RIVOLGE
Come concretizzare le potenzialità di risparmio energetico dei processi industriali: strategie, Audit, modalità gestionali, incentivi,
tecnologie e Case History. A cura di Business International
La giornata si rivolge ai protagonisti della filiera tecnologica che si occupano di progettare, realizzare, condurre, manutenere impianti
produttivi in ambito manifatturiero e di processo:
• Uffici tecnici
• Tecnici della manutenzione
• Direttori tecnici
• Buyer
• Progettisti
• Ricercatori, tecnici e responsabili R&S
• Tecnici e responsabili di produzione
• OEM
• Direttori di stabilimento
• System Integrator
• Manager aziendali
• Utilizzatori finali
• Energy Manager
• Public utilities
I SEMINARI
LE SOLUZIONI
L’agenda della giornata prevede una serie di seminari
tecnici della durata di 30 minuti tenuti dai tecnici delle
aziende partecipanti. Il programma degli incontri, i relatori
e i titoli saranno aggiornati man mano che verranno confermati sul sito dell’evento.
In uno spazio specifico sarà allestita un’esposizione a cura delle
aziende partecipanti, in cui sarà possibile per il visitatore confrontarsi e approfondire tutti gli aspetti tecnici relativi a prodotti,
tecnologie e sistemi attualmente disponibili.
Si rinnova l’appuntamento con ITE Day
delle aziende espositrici e i laboratori
2014 il 24 giugno, anche quest’anno
organizzati dalle Redazioni in collaborazione
a Milano. Dopo il riscontro positivo
con primarie aziende del settore durante i
registrato da parte delle aziende
quali i visitatori potranno imparare veramente
espositrici e dei partecipanti, Fiera
qualcosa sui prodotti, come utilizzarli, e come
Milano Media propone in linea con la
realizzare vere e proprie applicazioni sotto la
scorsa edizione una sessione plenaria
guida di esperti. L’idea che sta alla base
realizzata con l’autorevole contributo
è continuare a fare ‘cultura’, permettendo
di Business International, le sessioni
così ai partecipanti di ampliare know-how e
di presentazione dei prodotti ad opera
competenze. Ma questo non è tutto…
ORGANIZZATO DA:
PARTNER
The Executive Network
Per aderire
on line all’indirizzo ite.mostreconvegno.it
La partecipazione ai seminari e alla mostra è gratuita, così come la documentazione e il buffet
Per informazioni: Tel 02 49976533 – 335 276990 – Fax 02 49976572
[email protected] – ite.mostreconvegno.it
MEDIA PARTNER:
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24 GIUGNO 2014
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A CHI SI RIVOLGE
Come concretizzare le potenzialità di risparmio energetico dei processi industriali: strategie, Audit, modalità gestionali, incentivi,
tecnologie e Case History. A cura di Business International
La giornata si rivolge ai protagonisti della filiera tecnologica che si occupano di progettare, realizzare, condurre, manutenere impianti
produttivi in ambito manifatturiero e di processo:
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• Utilizzatori finali
• Energy Manager
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I SEMINARI
LE SOLUZIONI
L’agenda della giornata prevede una serie di seminari
tecnici della durata di 30 minuti tenuti dai tecnici delle
aziende partecipanti. Il programma degli incontri, i relatori
e i titoli saranno aggiornati man mano che verranno confermati sul sito dell’evento.
In uno spazio specifico sarà allestita un’esposizione a cura delle
aziende partecipanti, in cui sarà possibile per il visitatore confrontarsi e approfondire tutti gli aspetti tecnici relativi a prodotti,
tecnologie e sistemi attualmente disponibili.
Si rinnova l’appuntamento con ITE Day
delle aziende espositrici e i laboratori
2014 il 24 giugno, anche quest’anno
organizzati dalle Redazioni in collaborazione
a Milano. Dopo il riscontro positivo
con primarie aziende del settore durante i
registrato da parte delle aziende
quali i visitatori potranno imparare veramente
espositrici e dei partecipanti, Fiera
qualcosa sui prodotti, come utilizzarli, e come
Milano Media propone in linea con la
realizzare vere e proprie applicazioni sotto la
scorsa edizione una sessione plenaria
guida di esperti. L’idea che sta alla base
realizzata con l’autorevole contributo
è continuare a fare ‘cultura’, permettendo
di Business International, le sessioni
così ai partecipanti di ampliare know-how e
di presentazione dei prodotti ad opera
competenze. Ma questo non è tutto…
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La partecipazione ai seminari e alla mostra è gratuita, così come la documentazione e il buffet
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per il trattamento acque.
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Mitsubishi Electric Europe B.V. - Filiale per l’Italia - it3a.mitsubishielectric.com/fa/it
20
10
SOMMARIO
32
22
34
EDITORIALE
Al lavoro per dare continuità al fotovoltaico
9
Emilio Cremona
38
44
IN PRIMO PIANO
Da 70 anni all’avanguardia
10
ATTUALITÀ
14
a cura di Antonella Rampichini
EXPO MILANO 2015
Wame & Expo2015
Energie & Ambiente Oggi è stampato
su VERTAPURE 70g
della cartiera Vertaris
(Voreppe - Francia).
Prodotto 100% riciclato,
certi¿cato FSC e PEFC
Vertaris trasforma e valorizza
le carte da macero risultanti
dalla raccolta selettiva di uf¿ci
amministrativi ed imprese.
CERTIFICAZIONE AMBIENTALE
Il piano della pubblicazione della norma ISO 14001:2015
16
20
Stefano Schiavon, Roberta Gadia
RASSEGNA RINNOVABILI
Le fonti rinnovabili
Tra diminuzione degli incentivi e maturità del mercato
22
Franco Pecchio
La Legenda di Energie&Ambiente Oggi
SOLUZIONI SOLARI
Interventi di qualità nel fotovoltaico italiano
32
Silvio Della Casa
RICERCA
NORMATIVA
SOLARE
EVENTI
AZIENDA
ACQUA
MERCATO
EMISSIONI
EFFICIENZA UNIONE
ENERGETICA EUROPEA
RIFIUTI
EOLICO
Per facilitare
la lettura delle notizie
di attualità e di prodotto
abbiamo associato
una serie di icone
che identi¿cano
la tipologia o il settore
di provenienza
dell’informazione.
GEOTERM
GEOTERMICO
GESTIONE ENERGIA
Il ‘free-cooling’ per migliorare le tecniche
di condizionamento
Acquedotto pugliese ottimizza i consumi energetici
38
IMPRONTA ALIMENTARE
Impatto ambientale sull’atmosfera della produzione
e consumo alimentare
44
Giorgio Nebbia
6
n.14 maggio 2014
34
Dario Dilucia La Perna
52
57
MAGGIO 2014
Anno 4 - Numero 14
organo ufficiale
Associazione Ingegneri
ambiente e territorio
In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roserio-Milano per la restituzione al mittente previo pagamento resi - ISSN 2039-9774
48
CARBON FOOTPRINT
FONTI RINNOVABILI
MAGGIOR EFFICIENZA
FOCUS
del settore Tra riduzione degli incentivi
per il trattamento Direttiva Quadro
agro-alimentare
e maturità del mercato dei fanghi di depurazione
sulle Acque
62
IN COPERTINA
NEXT GENERATION
Qualità, af¿dabilità e innovazione
rivolte al futuro
Caprari Spa
Via Emilia Ovest 900
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68
Le emissioni in atmosfera della ¿liera agroalimentare
soluzioni e s¿de
48
Riccardo Guidetti, Davide Facchinetti
MONITORAGGIO EMISSIONI
La stima delle emissioni di CO2 delle Università
Il caso del Politecnico di Milano
52
Stefano Caserini, Sara Scolieri, Eleonora Perotto
FOCUS ACQUA
Direttiva Quadro sulle Acque
57
Stefania Erba, Andrea Buffagni, Romano Pagnotta
SOLUZIONI ACQUA
Resistere nel tempo anche in ambienti gravosi
72
72
76
62
Antonella Rampichini
Microinquinanti, un rischio sottovalutato
68
Marco Di Luca
END OF WASTE
Ri¿uti oppure prodotti
72
Paolo Pipere
GESTIONE RIFIUTI
Il contenuto di riciclato nei serramenti, nelle facciate
continue e negli accessori in alluminio
76
Maddalena Vitali
NEWS
80
AIAT
Il ruolo di Aiat nella Formazione
continua degli ingegneri
82
n.14 maggio 2014
7
Noi siamo l’impulso dell’automazione.
Noi siamo il vostro partner verso il successo.
Noi modelliamo il futuro con voi.
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Un’azienda, per avere successo, ha bisogno di consolidare costantemente la
competitività in ogni settore in cui opera. Lavoriamo insieme per raggiungere un
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competenza sono le qualità distintive dei nostri prodotti e servizi per l’automazione di
processo e di fabbrica: a vostra disposizione ogni giorno in qualsiasi parte del mondo.
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08/04/2014 14:02:05
EDITORIALE
Al lavoro per dare
continuità al fotovoltaico
I
l 2013 ha visto la fine dell’erogazione degli incentivi
per i nuovi impianti fotovoltaici. Senza incentivi il settore
deve essere in grado di dimostrare di poter raggiungere la
piena competitività con le altre fonti.
Gli incentivi erogati nel passato al fotovoltaico e alle altre
rinnovabili elettriche hanno il pregio di aver contribuito
in maniera determinante alla riduzione del costo della
tecnologia.
Ad esempio tra il 2008 e il 2013 il costo della tecnologia
fotovoltaica si è ridotto del 72%.
È evidente a tutti che ci sono stati errori nella gestione
degli incentivi e credo sia giusto evidenziarlo per
imparare, ma questo non deve in nessun modo permettere
ai detrattori di ‘giustiziare’ il settore. Conti alla mano,
grazie agli investimenti realizzati dalle aziende, nel settore
delle rinnovabili e nel suo indotto lavorano oggi oltre 150
mila addetti, ovvero 150 mila famiglie.
Gli incentivi per le rinnovabili, così come tante altre voci di
costo, gravano sulla bolletta elettrica dei cittadini e delle
imprese, seppur in maniera disomogenea, a discapito
della competitività delle PMI.
Non possiamo negare il fatto che l’importo annuo
prelevato dalle bollette per incentivare le rinnovabili
elettriche e termiche sia una voce importante: secondo le
stime dell’Aeeg il picco massimo sarà raggiunto nel 2015
con 12,5 miliardi di euro (6,7 dei quali per il fotovoltaico).
Non dimentichiamoci però che dal 2005 a oggi sono stati
installati oltre 550.000 impianti fotovoltaici.
Quasi il 90% di questi sono su tetti residenziali o di
piccole e medie imprese creando un effetto trainante
anche per il settore edilizio. Ciò significa che moltissime
famiglie e imprese hanno abbattuto il loro impatto
ambientale e i propri costi di energia grazie al fotovoltaico.
Inoltre, possiamo stimare in circa 45 miliardi di euro gli
investimenti realizzati in Italia dal 2010 ad oggi per il
fotovoltaico.
Tali investimenti hanno anche creato un gettito fiscale
stimabile in circa 12 miliardi di euro. Tutto questo per dire
che gli incentivi alle rinnovabili non rappresentano a mia
veduta e in nessuna maniera un costo per la comunità
ma sono un vero e proprio investimento per lo sviluppo
sostenibile e per l’indipendenza energetica del nostro
Sistema Paese.
Non dimentichiamoci infine che i vari Conto Energia che
hanno regolamentato gli incentivi negli anni passati non
garantiscono oggi ai lavoratori del fotovoltaico stipendi per
i mesi e gli anni a venire e nessuna rendita alle imprese
che producono, distribuiscono, progettano e installano
componenti e sistemi fotovoltaici, ovvero la filiera
industriale che tutti i Governi promettono di sostenere.
Il nostro impegno a supporto dell’industria fotovoltaica
italiana è quello di garantirne l’esistenza nonostante negli
ultimi due anni si sia perso il 50% della forza lavoro e gli
investimenti delle aziende siano dimezzati.
Dopo aver reso possibile la detrazione Irpef del 50% alle
persone private che si dotano di un impianto fotovoltaico,
il nostro obiettivo è estendere tale beneficio ai soggetti
giuridici in modo che anche le PMI possano godere dei
vantaggi fiscali legati all’autoconsumo anche abbinando i
sistemi di accumulo.
Parallelamente stiamo lavorando a stretto contatto con
l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e con il Gestore
dei Servizi Energetici affinché i Sistemi Efficienti di
Utenza siano presto una realtà. Infine, per tentare di
risolvere un grossissimo problema ambientale per il nostro
paese stiamo negoziando facilitazioni per tutti coloro
che decidono di sostituire i tetti in amianto con impianti
fotovoltaici.
La nostra attività a supporto delle aziende si muove in
una direzione ben definita: nei mesi ed anni a venire
il fotovoltaico sarà sempre più integrato nel sistema
elettrico e con le altre tecnologie che ivi partecipano. Il
ruolo della tecnologia solare è, e sarà, fondamentale per
lo sviluppo dei sistemi di accumulo, quello delle smart
grid e delle tecnologie elettriche (pompe di calore, piani
cottura a induzione, scaldabagni elettrici, sistemi di
condizionamento aria) che contribuiscono ad aumentare
la quota di autoconsumo dell’energia elettrica prodotta
dall’impianto fotovoltaico.
Emilio Cremona – Presidente Anie Gifi
n.14 maggio 2014
9
IN PRIMO
PIANO
7
DA 0 ANNI ALL’ A
D
al prelievo in pozzi profondi alla distribuzione nelle reti acquedottistiche,
dalla raccolta di acque reflue, civili o
industriali, depurazione e al riutilizzo,
Caprari si distingue per l’eccellenza nella qualità dei
prodotti, soluzioni e servizi disponibili in una gamma
ampia e completa.
Caprari mette a disposizione dei professionisti del
ciclo integrato dell’acqua competenze ed esperienze
specifiche sviluppate e consolidate nel settore in quasi
70 anni di storia.
Nel 1945 Amadio Caprari, ha dato vita alla Idromeccanica Caprari, con sede a Rolo di Reggio Emilia; già
nel 1950 produce la prima pompa ad asse verticale
per pozzi profondi; l’anno successivo l’attività viene
trasferita a Modena e sorge il nuovo stabilimento, in
cui è riservato particolare riguardo all’attività di ricerca
10
n.14 maggio 2014
Il gruppo Caprari è tra le
principali realtà internazionali
nella produzione di pompe ed
elettropompe centrifughe e nella
creazione di soluzioni avanzate
per la gestione del ciclo integrato
dell’acqua.
L’ AVANGUARDIA
e sviluppo. Negli anni successivi viene potenziata la
struttura organizzativa aziendale e iniziano le vendite all’estero. Nel 1965 viene inaugurata la nuova sede
operativa in via Emilia Ovest a Modena, l’attuale quartier generale del gruppo.
Nel 1968 viene prodotta la prima elettropompa sommersa per pozzi profondi; negli anni settanta vengono
create le prime filiali all’estero, nel 1988 inizia la produzione per pompe per acque reflue e depurazione.
All’inizio degli anni novanta la progettazione e la produzione avviene con sistemi CAD/CAM; negli stessi anni
viene ottenuta la certificazione di qualità ISO 9001.
L’azienda apre una nuova sede logistica e il Training
Center, dando ulteriore impulso all’attività di formazione specialistica svolta fin dagli anni ’70.
Caprari ha realizzato e mette a disposizione i più avanzati strumenti informatici e le tecnologie digitali per
supportare al meglio i propri partner; a tale scopo Caprari ha realizzato il portale iPump®, un ‘contenitore’
web user-friendly e completo.
Nel 2005 sono state prodotte le innovative pompe della
serie K-Kompact per il trattamento ed il trasporto dei
reflui. La nuova serie di pompe High Flow Line viene
n.14 maggio 2014
11
IN PRIMO
PIANO
NUOVE
POMPE SOMMERSE
Caprari propone la nuova gamma
che rappresenta un vero
e proprio “passo generazionale” in termini di progettazione per
le pompe sommerse. La gamma
è frutto della filosofia
aziendale orientata al risparmio energetico e al rispetto dell’ambiente;
la progettazione Caprari rispetta tutte le direttive, i regolamenti e le
normative relativi alla produzione di pompe da pozzo.
La ricerca Caprari si concretizza in soluzioni tecniche e tecnologiche
ad alto impatto, attraverso metodi all’avanguardia e nuovi processi
produttivi. I prodotti della serie
hanno dispositivi innovativi
proprietari.
E6P E E8P
ƕ Rendimenti e prestazioni al vertice del settore
ƕ Macchine conformi alla Direttiva 2009/125/CE (EcoDesign - ErP)
ed al Regolamento 547/2012
ƕ Alti spessori dei componenti massivi e assenza di discontinuità (tipici
della tecnologia di fusione): robustezza, durata e grande
affidabilità.
ƕ Torniture giranti specifiche:
che permettono di realizzare
curve di prestazioni centrate
sul punto
di lavoro
ƕ Applicazioni con contenuti
solidi fino a 100 g/m3
Ž cuscinetti protetti
dall’ingresso di sabbia con
labbro anti ricircolo
Ž zona di accoppiamento
giunto-motore protetta
dall’ingresso di
sostanze solide
ƕ Defender® (Caprari
International Patent).
Protegge i componenti in
ghisa dal fenomeno della
grafitizzazione e quelli in
acciaio inox che si passivano:
garanzia di durata e affidabilità
contro la corrosione
12
n.14 maggio 2014
lanciata nel 2012, si tratta di
pompe multistadio e singolo stadio
ad asse verticale e di superficie per
alte portate. L’anno successivo viene ampliato lo stabilimento di produzione.
Da impresa familiare a gruppo
internazionale
Caprari, nata come impresa familiare, oggi è un gruppo internazionale. Ha tre sedi produttive:
il quartier generale a Modena, lo
stabilimento per la produzione di
motori sommersi a Rubiera (RE)
e dal 2010 Caprari Pumps Shanghai,
azienda dedicata al mercato cinese. A questi si aggiunge
una quarta azienda, Fondmatic, fonderia di Crevalcore (Bo).
Nove sono le filiali estere, 80 i paesi in cui è presente (sparsi nei cinque continenti). Grazie a un’estesa rete distributiva
ha all’attivo oltre 600 distributori.
Da sempre Caprari ha saputo fare della sostenibilità ambientale e della sicurezza un caposaldo della sua politica
aziendale ottenendo l’acquisizione delle certificazione UNI
EN ISO14001:2004 e della certificazione sicurezza BS
OHSAS 18001.
Nuove elettropompe verticali multistadio in-line serie
CVX
Dal 1 gennaio 2013 è entrata ufficialmente in vigore la Direttiva 2009/125/CE, meglio conosciuta come Direttiva ErP
- EcoDesign. Questa Direttiva impone a tutti i costruttori di
pompe di immettere sul mercato prodotti sempre più performanti dal punto di vista dell’efficienza energetica.
Caprari ha lanciato la nuova gamma di elettropompe verticali multistadio in acciaio inox stampato con bocche di ingresso/uscita in-line. Questa nuova serie garantisce elevata efficienza dei gruppi elettropompa ai vertici del settore,
un prodotto qualitativamente al top e una gamma estesa
che soddisfa tutte le esigenze applicative.
I motori accoppiati alle nuove idrauliche sono in classe di
LINEA
Nel 2011 Caprari ha promosso per la prima volta sul mercato
le elettropompe sommerse da pozzo 4” Desert con l’obiettivo
di rispondere alle applicazioni con forte contenuto di sabbia e
sostanze solide.
I risultati riscontrati e la crescente richiesta di elettropompe Desert
hanno spinto Caprari ad ampliare la gamma con nuovi modelli 4” e
con l’estensione alla grandezza 6”.
Caprari offre così una linea completa per queste applicazioni
estreme: la linea Desert.
ƕ Sand-Out System (Caprari International Patent): sistema brevettato
che permette di veicolare significative quantità di sabbia e contenuti
solidi nelle 4”
ƕ Smart Fix-System (Caprari International Patent): sistema di
serraggio brevettato idoneo per alte pressioni
E4XPD E E6XPD
D
Alcuni modelli della linea Desert, grazie alla
struttura dei diffusori ancora più rinforzata e
ai condotti idraulici più ampi, sono in grado di
lavorare con contenuti di sostanze solide fino
ƕ Rendimenti e prestazioni al vertice del settore
a 450 g/m3.
ƕ Macchine conformi alla Direttiva 2009/125/CE (EcoDesign - ErP) ed Sono macchine eXtra Performace
al Regolamento 547/2012
appositamente studiate da Caprari per
ƕ Bussole in materiale antisabbia
applicazioni specifiche ad elevatissimo
ƕ Cuscinetti protetti dall’ingresso di sabbia
contenuto di sabbia.
ƕ Giranti in tecnopolimero resistente all’abrasione
ƕ Defender® (Caprari International Patent): soluzione per la
passivazione dell’acciaio inox che garantisce massima durata
e affidabilità contro la corrosione.
E4XED E E6XD
efficienza IE2, secondo la classificazione prevista per i motori di superficie normalizzati contenuta nel Regolamento
640/2009.
I rendimenti della serie CVX Energy sono in linea o migliori
di quelli della migliore concorrenza.
Costruttivamente le macchine si caratterizzano per robustezza, inossidabilità e protezione delle parti massive: tutte
le parti a contatto con il liquido sono in acciaio inox, le parti
massive in ghisa sono protette e verniciate per cataforesi.
Le macchine hanno tutte le certificazione per l’impiego in
acqua potabile secondo le diverse legislazioni nazionali.
È stato inoltre affinato il progetto delle flange che per facilitare il collegamento alle tubazioni sono di tipo flottante
offrendo così maggior facilità d’installazione.
Caprari ha introdotto la configurazione delle elettropompe
CVX Energy con CapDrive integrato: il variatore di frequenza evoluto ed intelligente direttamente montato sulla macchina.
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n.14 maggio 2014
13
ATTUALITÀ
Antonella Rampichini
INDUSTRIAL TECHNOLOGY EFFICIENCY DAY
A GIUGNO LA 2° EDIZIONE
Il prossimo 24 giugno all’IBM Center di Segrate (MI),
Fiera Milano Media realizzerà la seconda edizione del convegno-mostra sull’efficienza energetica.
L’obiettivo è quello di offrire al visitatore un quadro completo
dell’offerta attualmente disponibile per la realizzazione di soluzioni a elevata efficienza energetica in ambito di impiantistica e
automazione industriale.
L’uso dell’energia nell’industria è ancora lontano dal potersi
definire efficiente, non solo negli impianti ‘energivori’ per antonomasia (depurazione acque, siderurgia, cemento, chimica,
carta, alimentare ecc.), ma anche nelle più svariate realtà manifatturiere (packaging, tessile, legno, assemblaggio, meccanica
ecc.).Recenti studi hanno dimostrato che l’efficienza energetica è vista dalla dirigenza aziendale come fattore fondamentale (business critical) nonché stimolo per l’innovazione tecnologica. A questa interessante tematica è dedicata Industrial
Technology Efficiency Day 2014, il convegno-mostra che Fiera
Milano Media organizza per offrire un quadro quanto più completo possibile in relazione all’offerta attualmente disponibile
per la realizzazione di soluzioni a elevata efficienza in ambito di
impiantistica e automazione industriale.
La giornata si rivolge ai protagonisti della filiera tecnologica
che si occupano di progettare, realizzare, condurre, manutenere impianti produttivi in ambito manifatturiero e di processo:
top manager, direttori tecnici, progettisti, tecnici e responsabili
di produzione, direttori di stabilimento, energy manager, tecnici della manutenzione, buyer, ricercatori, tecnici e responsabili
R&D, OEM, system integrator, utilizzatori finali.
Particolare evidenza sarà data a prodotti e soluzioni dell’automazione, controllo e supervisione grazie ai quali sono possibili
vantaggi in termini di efficienza energetica a livello di sistema
produttivo: motori elettrici, inverter, azionamenti, avviatori, ri-
duttori, motoriduttori, sistemi di trasmissione della potenza, sistemi di controllo, sistemi di supervisione, software di analisi e
dimensionamento, software per la gestione dei carichi, diagnostica, sistemi di alimentazione, trasmissioni meccaniche, elementi di accoppiamento meccanici, sistemi di attuazione oleoidraulica e pneumatica, strumentazione di misura e controllo.
Considerata la grande attualità del dibattito sul tema oggetto
della manifestazione, grande risalto avrà la parte convegnistica
curata dalle riviste di Fiera Milano Media (Energie e Ambiente
Oggi, Automazione Oggi, Automazione e Strumentazione, Progettare, Rivista di Meccanica Oggi,) in collaborazione con le
più rilevanti associazioni del settore e Business International,
organizzatore di convegni e congressi del gruppo Fiera Milano
Media. In particolare la sessione plenaria del mattino, curata da
Business International con la collaborazione di alcuni tra i più
autorevoli esperti del settore, traccerà il quadro di riferimento
relativo all’efficienza energetica nel panorama dell’industria in
Italia, facendo riferimento a strategie operative, opportunità e
tecnologie disponibili anche con l’ausilio di testimonianze reali
e casi di successo. Nel corso della giornata visitatori potranno
partecipare a laboratori/corsi gratuiti sotto la guida di tecnici
esperti. Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione.
www.mostreconvegno.it
Ambarabà Ricicloclò: le filastrocche sul riciclo diventano litografie
Si ispirano alla prima edizione del Premio nazionale Ambarabà
Ricicloclò 2013, promosso da Ricrea (Consorzio Nazionale Riciclo
e Recupero Imballaggi Acciaio) e ideato e realizzato dalla rivista
Andersen, le dieci litografie realizzate dall’artista e illustratore Enrico Macchiavello
in mostra fino ai primi di giugno a Genova presso la Biblioteca Internazionale per
Ragazzi Edmondo De Amicis. L’Iniziativa, che sarà riproposta anche quest’anno,
invitava i bambini delle scuole primarie italiane a comporre filastrocche ispirate al
tema del riciclo di barattoli, scatolette, tappi, fusti e bombolette in acciaio, ovvero
oggetti d’uso quotidiano che, se opportunamente raccolti e riciclati, possono
trovare nuova vita come le parole in una filastrocca. Tra centinaia di lavori
pervenuti da scuole di tutta Italia (da Foggia a Torino, da Firenze fino a Barcellona
14
n.14 maggio 2014
Pozzo di Gotto), una giuria ha selezionato i dieci migliori componimenti che sono
stati illustrati da Enrico Macchiavello e da domani saranno esposti nella biblioteca
genovese. Tra le filastrocche premiate “Era quello ora è questo” della scuola
“Giacomo Matteotti” di Pomezia (Roma), illustrata da Macchiavello attraveso
un cittadino virtuoso capace di trasformare magicamente scatolette, barattoli e
bombolette usate in acciaio in nuovi ri-prodotti come automobili, biciclette o navi.
La mostra è realizzata grazie al contributo di Amiu, braccio operativo di Ricrea
per la raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio a Genova, della rivista
Andersen e di International Tin Plate, che ha fornito i fogli d’acciaio su cui sono
state realizzate le litografie.
www.consorzioricrea.org
WAME & EXPO2015
È stata recentemente presentata Wame &
Expo2015 - World Access to Modern Energy &
Expo 2015 - l’associazione frutto dell’alleanza
tra Expo 2015 e otto grandi società energetiche italiane ed europee: A2A, Edison, Enel,
Eni, E.ON Italia, Gas Natural Italia, GDF Suez
Energia Italia e Tenaris.
Da qui all’Esposizione universale di Milano,
Wame & Expo2015 vuole sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale riguardo alla
mancanza di accesso alle moderne forme di
energia: promuovendo iniziative di ricerca
scientifica, tecnologica, economica e sociale
per eliminare e superare le barriere che rendono l’energia moderna poco accessibile;
alimentando la conoscenza e la divulgazione
delle buone pratiche e dei casi e progetti virtuosi già in essere nei territori.
Ancora oggi un miliardo e trecento milioni di
persone non hanno accesso all’elettricità; e
più del 40% della popolazione mondiale non
ha accesso a infrastrutture energetiche con
sufficienti standard di qualità e di efficienza.
Questo stato di cose accentua le situazioni di povertà estrema e provoca forti impatti sui cambiamenti climatici. Inoltre, circa il 38 % della popolazione mondiale non ha accesso a una fonte
di energia pulita per la cottura del cibo e per il riscaldamento e continua a ricorrere alla tradizionale combustione di legna, altri materiali vegetali e anche materiali di origine animale, con
un conseguente inquinamento dell’aria entro le abitazioni che reca danno alla salute umana:
l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 1,45 milioni di persone muoiono prematuramente ogni anno per questa causa.
Incrementare le possibilità di accesso alle forme moderne di energia può contribuire a facilitare
la disponibilità di risorse alimentari e acqua potabile, e a ridurre in modo significativo i livelli di
povertà estrema nel mondo, rappresentando così un reale fattore di sviluppo per l’umanità.
Wame apre il dialogo e la partecipazione al progetto al mondo delle ONG, delle Agenzie governative e internazionali e a tutti gli attori coinvolti nello sviluppo di questa tematica. Ogni contributo sarà validato scientificamente e reso accessibile e consultabile sul sito www.wame2015.
org “Credo che sia un dovere e una responsabilità anche del settore industriale dell’energia a
livello mondiale - ha commentato Pippo Ranci, Presidente di Wame & Expo2015 e Presidente
del Consiglio di Sorveglianza di A2A - farsi forza trainante dell’ambizioso progetto avviato dalle
Nazioni Unite di rendere universale l’accesso all’energia entro il 2030. È per questo che Wame
& Expo2015 si propone come amplificatore divulgativo di questa emergenza e come fulcro
di analisi e di progetti concreti per abbattere le barriere che precludono l’accesso all’energia
moderna”.
INDICATORI DI LIVELLO PER MATERIALI SOLIDI
Applicazioni:
materie plastiche, fertilizzanti, cereali, mangimi, polveri, ecc.
MOD.
F FASEAL
MOD.
F FASEAL
CUCITRICE
PORTATILE
PERPER
SACCHI
MOD.
F F
CUCITRICE
PORTATILE
SACCHI
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Applicazioni:
Applicazioni:
sacchi
di plastica,
rafia,
juta,juta,
carta,
ecc.ecc.
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n.12 novembre 2013
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15-03-2006
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15-03-2006
efficienza energetica:Layout 1 09/04/14 15:17 Pagina 1
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Sfide, strategie, modalità operative e strumenti
finanziari per l’efficientamento energetico in
azienda alla luce del recepimento della Direttiva
UE e nel contesto economico attuale.
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CERTIFICAZIONE
AMBIENTALE
IL PIANO
DELLA
PUBBLICAZIONE
Stefano Schiavon*, Roberta Gadia**
DELLA NORMA ISO 14001:2015
La pubblicazione
della nuova
ISO 14001,
posticipata a
giugno del 2015,
richiederà alle
organizzazioni già
certificate ai sensi
della versione
vigente, una
ridefinizione e un
approfondimento
di numerosi
aspetti del
proprio Sistema
di Gestione
Ambientale.
*Aplus srl, Padova
**Aiat – Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio
20
n.14 maggio 2014
Era l’anno 1996 quando è stata
pubblicata, a livello internazionale, la
prima norma sui Sistemi di Gestione
Ambientale, la ISO 14001. Da allora,
alla fine del 2012 avevano raggiunto la
certificazione ambientale oltre 267.000
organizzazioni in 158 paesi. Al termine
dello stesso anno, le organizzazioni
italiane certificate erano più di 17.000
(6% del totale mondiale). L’ISO 14001
costituisce lo strumento più idoneo
per le organizzazioni impegnate a
raggiungere e a dimostrare un buon
livello di prestazione ambientale, tenendo
sotto controllo gli impatti ambientali
delle proprie attività, prodotti e servizi,
coerentemente con la propria politica e
con i propri obiettivi di miglioramento.
La revisione della versione
oggi in vigore
L’ISO 14001:96 ha già subito
un’importante revisione conclusasi 8
anni dopo con la pubblicazione della
versione 2004. A distanza di circa 10
anni, nel corso della riunione dello scorso
giugno dell’ISO/TC 207 “Environmental
management” (il comitato tecnico
internazionale incaricato della nuova
revisione della norma), è stato adottato
un nuovo piano di pubblicazione secondo
il quale questa dovrebbe avvenire non
più a gennaio 2015, termine inizialmente
fissato, bensì a giugno dello stesso
anno. Lo spostamento della data di
pubblicazione della nuova versione della
ISO 14001 è dovuto alla sua evoluzione.
Il primo progetto di documento (CD1)
creato dal comitato di esperti e pubblicato
nel marzo 2013 è stato oggetto di
numerose osservazioni da parte dei
comitati nazionali, sia di natura formale
sia di natura sostanziale, sulle quali
sta lavorando il sottocomitato tecnico
ISO/TC 207 SC1. Il nuovo calendario
adottato che definisce le fasi di
pubblicazione della nuova ISO 14001
è il seguente:
ƕ ottobre 2013 - esame dei commenti
sul documento CD1;
ƕ novembre 2013 - pubblicazione del
CD2;
ƕ marzo-maggio 2014 - esame dei
commenti sul documento CD2 e
passaggio allo stadio di progetto di
norma internazionale (DIS);
ƕ settembre-novembre 2014 - voto sul
progetto (DIS);
ƕ marzo-aprile 2015 - voto sul progetto
finale (Fdis);
ƕ giugno 2015 - pubblicazione della
norma ISO 14001:2015.
Ad oggi è quindi possibile analizzare
il solo progetto di documento CD2,
sul quale potevano essere presentati
commenti fino al 23 gennaio scorso.
ISO 14001:2015: cosa cambia
Confrontando il testo del documento
con la versione attualmente in vigore,
è possibile evidenziare alcune
differenze significative.
Struttura della norma
Il progetto di documento CD2 è
strutturato in 10 capitoli: 1) Scopo e
campo di applicazione; 2) Riferimenti
normativi; 3) Termini e definizioni;
4) Contesto dell’organizzazione; 5)
Leadership; 6) Pianificazione; 7)
Supporto; 8) Controllo operativo; 9)
Valutazione delle prestazioni; 10)
Miglioramento. La versione della
norma attualmente in vigore ha invece
una struttura sovrapponibile solo per
i primi 3 capitoli mentre tutti i requisiti
specifici sono contenuti nel capitolo 4,
a sua volta suddiviso in 6 sottocapitoli:
4.1) Requisiti generali; 4.2) Politica
ambientale; 4.3) Pianificazione; 4.4)
Attuazione e funzionamento; 4.5)
Verifica; 4.6) Riesame della direzione.
La nuova struttura in 10 capitoli
rispetta quanto stabilito da ISO nel
2012 al termine del lavoro volto ad
assicurare una maggiore coerenza
ed integrazione tra i futuri standard sui
Sistemi di Gestione (qualità, ambiente,
sicurezza, responsabilità sociale ecc.),
il cui risultato è denominato “HLS High Level Structure”.
alle risorse umane per contribuire
all’efficacia dello stesso;
ƕ l’eliminazione dell’obbligo
di nomina di “un apposito
rappresentante della direzione ...
il quale, indipendentemente da
altre responsabilità, deve avere
ruoli, responsabilità e autorità
definiti per: a) assicurare che il
sistema di gestione ambientale
sia stabilito, attuato e mantenuto
attivo in conformità ai requisiti della
presente norma internazionale;
b) riferire all’alta direzione sulle
prestazioni del sistema di gestione
ambientale al fine del riesame,
comprese le raccomandazioni per
il miglioramento”, funzioni che,
nella versione 2015, sono più
semplicemente ‘da assegnare’, pur
riconoscendo la prassi secondo cui
le stesse sono assunte da uno o più
rappresentanti (v. requisito 5.3);
Requisiti specifici
ƕ l’aggiunta, come input al processo
Nella nuova versione della ISO
di pianificazione, dei rischi e delle
14001 il numero di requisiti specifici
opportunità organizzative che devono
(32) è sensibilmente superiore a
essere affrontati per assicurare che
quello della versione 2004 (18).
il Sistema di Gestione Ambientale
Ciò deriva: da un lato, dalla
sia in grado di raggiungere i risultati
separazione in requisiti più dettagliati previsti, prevenire, o ridurre, gli
di requisiti che nell’attuale versione
effetti indesiderati, soddisfare gli
sono più estesi (ad es. il requisito
obblighi di conformità e conseguire
4.4.3 “Comunicazione” della ISO
il miglioramento continuo (v.
14001:04, nel progetto di documento requisito 6.1); questa aggiunta
della versione 2015 è separato in 3
rappresenta, senza dubbio, la
requisiti: 7.4.1 “Requisiti generali”,
novità più significativa della versione
7.4.2 “Comunicazione interna”,
2015 dell’ISO 14001 ed è volta ad
7.4.3 “Comunicazione esterna e
integrare, nelle norme sui Sistemi
reporting”); dall’altro, per l’introduzione di Gestione, i concetti di ‘risk
di nuovi requisiti non presenti
management’ già enunciati in una
nell’attuale versione. Fra questi, si
norma ISO dedicata (ISO 31000).
evidenzia in modo particolare:
Tale norma è, infatti, applicabile a
ƕ l’enfatizzazione data alla
tutte le organizzazioni che vogliono
comprensione dell’organizzazione
gestire ‘il rischio’ identificandolo,
e del suo contesto (v. requisito 4.1)
analizzandolo e valutando se
nonché delle esigenze ed aspettative esso debba essere modificato
delle parti interessate (v. requisito
dal trattamento (del rischio) per
4.2), attività riprese successivamente soddisfare i propri criteri di rischio;
come input per la pianificazione del
ƕ un maggiore vincolo, per
Sistema di Gestione Ambientale (v.
l’organizzazione, nel considerare
requisito 6.1.1);
l’opportunità di comunicare all’esterno
ƕ l’introduzione di un requisito
le informazioni rilevanti per il Sistema
specifico per l’alta direzione (v.
di Gestione Ambientale, comprese
requisito 5.1), la quale deve
le proprie performance ambientali,
dimostrare leadership ed impegno
come stabilito al momento della
per la tutela ambientale, l’avvenuta
pianificazione delle attività di
integrazione dei requisiti del Sistema comunicazione e come richiesto dagli
di Gestione Ambientale nei processi
obblighi di conformità legislativa (v.
di business dell’organizzazione,
requisito 7.4.3);
nonché la direzione e il sostegno
ƕ la riunione in un unico requisito,
Definizioni
All’interno del capitolo 3, dedicato ai
termini e alle definizioni, le principali
differenze tra il progetto di documento
CD2 e l’attuale versione della norma
riguardano: 1) un’estensione del
concetto di organizzazione, che potrà
ricomprendere anche una persona
o gruppo di persone con proprie
funzioni, responsabilità, poteri e
relazioni; 2) l’aggiunta di numerose
definizioni (requisito; obbligo di
conformità; condizione ambientale;
sistema di gestione; alta direzione;
efficacia; politica; obiettivo; rischio;
competenza; processo; performance;
indicatore; outsourcing; monitoraggio;
misurazione; conformità; correzione;
catena del valore; ciclo di vita); 3)
l’eliminazione di alcune definizioni
(auditor; traguardo ambientale;
azione preventiva).
denominato “controllo delle
informazioni documentate” (v.
requisito 7.5.3), di quanto attualmente
previsto per il ‘controllo dei documenti’
e per il ‘controllo delle registrazioni’ (v.
requisiti 4.4.5 e 4.5.4 della versione
2004 della norma);
ƕ l’aggiunta, come input al processo
di definizione delle attività di controllo
operativo, del concetto di ‘change
management’ al fine di assicurare
che, per tutte le modifiche progettate,
siano esaminate le conseguenze
anche non intenzionali e siano
intraprese azioni per mitigare gli effetti
negativi, se necessario (v. requisito
8.1);
ƕ l’enunciazione delle attività di
controllo da porre in essere verso
fornitori ed outsourcers (v. requisiti
8.1 e 8.2).
Certificazione secondo la versione
2015.
Per quanto riguarda la certificazione
secondo la versione 2015, al
momento non è stata proposta
alcuna modalità. L’ISO ha però già
indicato un periodo di transizione
della durata di 2 anni dalla
pubblicazione della norma.
Conclusioni
La pubblicazione della nuova
ISO 14001, attesa per il mese
di giugno 2015, richiederà alle
organizzazioni già certificate ai
sensi della versione vigente, una
ridefinizione e un approfondimento di
numerosi aspetti del proprio Sistema
di Gestione Ambientale. Le novità
più significative riguardano, infatti,
l’aggiunta come input al processo
di pianificazione dei rischi e delle
opportunità organizzative che devono
essere affrontati per assicurare che
il Sistema di Gestione Ambientale
sia in grado di raggiungere i risultati
previsti, con un approccio di ‘risk
management’ già enunciato nella
norma ISO 31000 dedicata, e
l’obbligo di comunicazione esterna
delle informazioni rilevanti per il
Sistema di Gestione Ambientale.
Questi nuovi requisiti comporteranno
sicuramente una migliore efficacia
del Sistema di Gestione Ambientale
implementato e un maggiore
riconoscimento da parte degli
stakeholders.
n.14 maggio 2014
21
RASSEGNA
RINNOVABILI
Tra diminuzione degli incentivi e maturità del mercato
Le tecnologie
che sfruttano
le fonti
rinnovabili
sono sempre
più parte
integrante
dello scenario
energetico
mondiale
e nazionale
ed è possibile
trovare ambiti
in cui tutte
vengono
utilizzate
con profitto
a favore
di un’utenza
finale.
Franco Pecchio*
*Energy & Environment - Independent Engineer - Energy Efficiency - Certified Expert ex UNI CEI 11339
22
n.14 maggio 2014
Ripercorrendo a ritroso il cammino delle
fonti rinnovabili elettriche in Italia, e non
solo, troviamo una miriade di interventi
di incentivazione che hanno permesso
un rapido sviluppo in termini numerici di
installazioni e MW.
L’effetto sul totale dell’energia prodotta
è stato modesto anche se percepibile
in particolari situazioni e configurazioni,
l’effetto sul sistema produttivo del Paese,
invece, è stato minimo.
Sulla stabilità della rete elettrica, invece,
l’impatto è stato elevato mettendo a
nudo la mancanza di programmazione e
ammodernamento della stessa alle nuove
funzioni richieste da una rapida diffusione
delle fonti rinnovabili.
A prescindere da ogni giudizio di merito
sulla modulazione degli incentivi, sulle
politiche industriali e la storia degli stessi
fino alla configurazione attuale si può
concordare sul fatto che il comparto delle
energie rinnovabili sia ormai un settore
industriale a tutti gli effetti, con una sua
maturità e una sua dignità.
Le tecnologie che sfruttano le fonti
rinnovabili sono sempre più parte
integrante delle opzioni tenologiche in
vari ambiti, dalla caldaia per acqua calda
che offre la possibilità di integrazione con
un pannello solare termico alla nuova
villetta a schiera che per arrivare ad una
certa classe energetica deve integrare
un pannello fotovoltaico nel tetto e avere
un riscaldamento efficiente a pompa
geotermica.
Certo, ciascuna tecnologia ha una forte
dipendenza dagli incentivi associati,
ma alcuni concetti sono assodati: la
compatibilità ambientale delle fonti
rinnovabili rispetto alle tradizionali e la
prospettiva di lungo termine che deve
essere associata quando si valuta un
investimento che le coinvolge.
Contemporaneamente gli scenari
economici stanno cambiando
velocemente o sono già cambiati.
La crisi economica ha intaccato da un
lato le tasche degli investitori, sia grandi
che piccoli, dall’altro ha ridotto i regimi di
incentivazione.
Il risultato è, a livello mondiale, di una
contrazione degli investimenti in fonti
rinnovabili, di una rimodulazione degli
investimenti che sono fluiti verso i
paesi dove l’incentivazione è maggiore
o più stabile, oppure le condizioni di
sfruttamento sono migliori. In Italia la
situazione è stata simile: se nel 2011 si
erano installati quasi 9,5 GW di potenza
fotovoltaica, l’anno seguente ne sono
stati messi in esercizio solo 3,5 GW e nel
2013 ancora un terzo rispetto all’anno
prima: 1,2GW.
L’Italia era stata un caso emblematico
di ‘bolla del fotovoltaico’ grazie alle
favorevoli condizioni di sole e di
incentivazione generosa dell’energia
prodotta.
Parallelamente i grandi investimenti
in fotovoltaico di carattere industriale
sono più che dimezzati, ora più del
50% delle installazioni è composto non
più da impianti da MW ma da piccole
(38% del totale sotto i 20 kW) e medie
potenze (22% del totale tra 20 e 200kW):
si tratta di impianti di dimensione
famigliare e condominiale o a livello di
piccola industria artigianale o impresa
commerciale. In pratica una serie di
concause hanno portato il settore ad una
nuova e diversa maturità industriale e di
mercato.
Fotovoltaico e solare termico
La tecnologia fotovoltaica è ora molto
più conveniente di qualche anno fa in
termini di prestazioni a parità di prezzo
(euro/kWp), i regolamenti edilizi e la
crisi del mattone tendono a premiare la
classe energetica e quindi l’installazione
di almeno una parte fotovoltaica di tetto,
i meccanismi di vendita si sono affinati
coinvolgendo il settore bancario su
prodotti specifici.
Queste ragioni insieme alla perdita
degli incentivi sull’energia prodotta
ma all’introduzione di nuove forme
per favorire l’adozione del fotovoltaico
(detrazione fiscale, titoli di efficienza
energetica, premi in concessione edilizia)
portano ad un incremento del mercato dei
piccoli impianti che sono, con condizioni
favorevoli di soleggiamento, vicini alla
grid parity.
Il medesimo ragionamento è stato fattibile
anche per molti impianti con rinnovabili
termiche, in primis il solare termico, il
quale per i piccoli impianti è associabile
alle tendenze del fotovoltaico mentre
per i grandi impianti è favorito dal conto
n.14 maggio 2014
23
co
(1
RASSEGNA
RINNOVABILI
termico studiato apposta per renderlo
tecnologicamente competitivo.
Eolico
Gli impianti eolici stanno subendo
medesima sorte, con un progressivo
spostamento verso quelli di piccola
taglia: si parla di installazioni di decine
di kW di potenza, non più di MW: il
meccanismo delle aste e dei registri ha
spostato l’attenzione sugli impianti più
piccoli. Senza passare in rassegna tutte
le singole tecnologie è un comparto intero
che sta andando verso impianti di taglia
più piccola con investimenti singolarmente
inferiori ma con una maggiore diffusione e
diversificazione territoriale.
L’integrazione dei sistemi con
quelli domestici o, in generale, con
l’autoconsumo fa si che anche il comparto
dell’elettronica e automazione si muova in
questa direzione adattandosi alle nuove
esigenze di mercato.
L’attuale frontiera tecnologica
I nuovi slogan nel mondo energetico
sono ‘efficienza energetica’ e ‘smart
grid’. Il primo è uno dei punti focali della
battaglia per il rispetto del protocollo 2020-20 su cui si è operato ma in misura
24
n.14 maggio 2014
minore rispetto alle emissioni ed alle
fonti rinnovabili; il secondo è il nuovo
mantra per la soluzione dei problemi
delle utilities che devono fare i conti
con un mercato depresso, consumi
in discesa e reti obsolete rispetto alle
esigenze sopraggiunte velocemente con la
diffusione di molti impianti di generazione
distribuita e intermittente con priorità di
dispacciamento.
Al centro dell’attenzione vi è l’utenza,
intesa in senso più ampio e generale del
termine, ovvero partendo dalla famiglia
intesa come consumatore energetico
passando al condominio o al quartiere,
all’immobile commerciale o a un gruppo
di immobili parte di un investimento real
estate, arrivando fino a comunità di utenti
energetici o, come definiti recentemente
dall’Autorità per l’Energia, Sistemi Efficienti
di Utenza (SEU).
Intorno a questa utenza ruotano gli
interessi di efficienza energetica, smart
grid ed energy management, generazione
distribuita e fonti rinnovabili cui si
aggiungono, ultime arrivate, le tecnologie
per l’accumulo di energia e la mobilità
elettrica. Sono tutti argomenti fortemente
interconnessi i cui campi di specifica
influenza sconfinano uno nell’altro.
Ad esempio, parlando di generazione
distribuita, ci si trova a dissertare
di tecnologie che sfruttano le fonti
rinnovabili, in diversa misura, per la
produzione di energia elettrica oppure
anche solo cogenerazione a gas
oppure da biomassa. Invece nell’ambito
dell’efficienza energetica si trovano sia le
tecniche costruttive o di ristrutturazione
che contribuiscono all’abbassamento dei
consumi energetici, come pure tecnologie
per il riscaldamento e il raffrescamento
degli ambienti che abbiano un miglior
rapporto tra energia consumata e
prestazioni fornite.
Una terza linea d’azione è rappresentata
da tutto quanto è, con abuso del termine,
definito ‘smart’: smart metering, smart grid,
smart energy management.
Si tratta di tecnologie che, in diversi
ambiti e con diversi scopi specifici,
servono a rendere più intelligente
una serie determinata di azioni. per la
‘smart home’ si tratta della domotica
che permette di utilizzare e configurare
più intelligentemente i consumi delle
apparecchiature elettriche in una casa
famigliare.
Nel caso delle smart grids si tratta, invece,
di tecnolgie sofisticate per il governo
Fonte Heitor Carvalho Jorge
Tab
S
T
Q
T
Fonte Cerp
Andy Beecroft
O
F
re
della rete elettrica di una utility nel caso
di immissione di energia da parte di un
autoproduttore.
Sotto il medesimo cappello si trovano
anche i sistemi di monitoraggio (smart
metering) e i software di gestione
dell’energia. Si tratta di un settore in
fortissima espansione sia dal punto
di vista di soluzioni tecniche, dove la
cosidetta ‘fuzzy logic’ e i meccanismi di
auto apprendimento sono in costante
evoluzione, sia dal punto di vista di prodotti
tecnici che svolgono le singole operazioni,
di sistemi da integrare con altri in modo da
poter agire con maggiore efficienza, non
solo energetica.
Se a questi tre maggiori ambiti accostiamo
i sistemi di accumulo e la mobilità elettrica,
che sull’efficienza delle batterie appunto si
basa, si chiude un cerchio che racchiude
la frontiera tecnologica di una parte del
mondo energetico attuale.
Interconnessione tra le tecnologie
In questi ambiti non ci sono compartimenti
stagni, ciascuno entra, almeno in parte, nel
campo altrui.
Ad esempio la gestione dell’energia è
basilare per l’efficienza energetica che
proprio sulla corretta impostazione delle
azioni di management basa una parte del
miglioramento di prestazioni energetiche
che è in grado di fornire. Allo stesso modo
sia le batterie stand-alone, siano esse
accoppiate a un sistema di generazione
o alla rete di trasmissione e distribuzione
dell’energia, sia quelle associate a un
veicolo elettrico possono essere parte
integrante di un sistema elettrico efficiente.
In pratica è possibile trovare ambiti in cui
tutte queste tecnologie vengono utilizzate
con profitto a favore di un’utenza finale
individuata tra quelle elencate.
Si può pensare a una singola casa e a una
singola famiglia che installa un impianto
fotovoltaico e uno solare per risparmiare
sulla bolletta elettrica e su quella del
gas, come ad una comunità di utenti, un
sistema efficiente d’utenza, che afferisce
a un medesimo impianto di generazione
con le dovute distinzioni operate dalla
normativa.
I modelli di business associati alle varie
configurazioni di questi ambiti non sono
ancora definiti e standardizzati.
Ciascuna azienda, a modo suo sta
cercando il modo di vendere i propri
prodotti in un mercato degli incentivi
contingentati in cui il fattore vincente non
è più, soltanto, la convenienza economica
a breve ma una visione di come saranno
le esigenze dei consumatori nel prossimo
futuro.
Il problema che sta emergendo
attualmente è che l’offerta commerciale
tende a proporre un frullato di tutte
le tecnologie e soluzioni in modo
da aumentarne l’appealing presso il
consumatore finale.
Logica vorrebbe che questi ambiti
rimanessero separati almeno
concettualmente, ovvero da un lato le
tecnologie efficienti, quelle identificate per
consumare meno energia mantenendo il
medesimo livello di comfort, dall’altro le
tecnologie per fornire questa energia ad
un certo costo.
La diminuzione degli incentivi sta portando
l’azione commerciale di alcune aziende
ad ‘aggredire’ il mercato con proposte
integrate per favorire l’appealing sui clienti
finali.
Ad esempio, offrire impianti fotovoltaici per
proporre efficienza energetica, è errato, al
massimo si compie un’azione di risparmio
energetico, se i conti economici sono
congruenti. La casa efficiente è quella che
consuma meno, non quella che produce
una parte dell’energia da sé, anche se
questo vuol dire pagare meno bolletta.
n.14 maggio 2014
25
RASSEGNA
RINNOVABILI
ABB
ABB presenta il nuovo relè di protezione d’in-
terfaccia CM-UFD.M22 (SPI) conforme alla
norma CEI 0-21, edizione giugno 2012 e successive varianti, che ha recepito l’allegato A70
Terna. Adatto a tutti gli impianti di produzione
di energia elettrica (Generazione Diffusa) connessi in bassa tensione di qualsiasi potenza e
media tensione con potenze fino a 30kW, è obbligatorio per impianti di produzione con potenze maggiori di 6kW o con più di tre generatori
(per esempio tre inverter).
Il relè CM-UFD.M22 presenta importanti vantaggi in un unico dispositivo, tra i principali: design compatto e modulare (installabile su guida
DIN), alimentazione ausiliaria continua con tecnologia switching (24-240 Vca/Vcc) per favorire
l’integrazione delle modalità di backup esterno
di 5s (Lvfrt) mediante buffer di carica a ultracondensatori o UPS, uscita aggiuntiva ritardabile
per comandare un secondo dispositivo d’interfaccia (DDI) o il motore di un interruttore con
DEHN
Dehncube YPV SCI, l’innovativo limitatore
realizzato da Dehn, specialista nel settore
dei sistemi di protezione da scariche
atmosferiche e sovratensioni, rappresenta
una valida e affidabile soluzione per la
protezione del lato DC dei sistemi fotovoltaici
contro picchi di sovratensione generati dalle
scariche atmosferiche. Questo innovativo
concetto combina per la prima volta molteplici
vantaggi per i sistemi fotovoltaici in un unico
dispositivo. Il limitatore di sovratensione di
tipo 2 è infatti racchiuso in una custodia con
grado di protezione IP65 e racchiude, in uno
spazio ridottissimo, un circuito a Y testato e
omologato con tecnologia brevettata SCI. È
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n.14 maggio 2014
bobina di minima. Inoltre, elevata precisione
di misura, derivata di frequenza selezionabile,
monitoraggio del conduttore di neutro, tensione
nominale selezionabile, impostazione delle soglie con valori assoluti e memorizzazione non
volatile degli ultimi 99 eventi (causa dell’errore
e cronologia).
Dispone inoltre di una nuova funzione di autotest con feedback attivo ed è predisposto per
la gestione dei segnali IEC/EN 61850 mediante
convertitore esterno, adatto per sviluppi futuri
come ad esempio le smart grid. Il dispositivo è
certificato da un laboratorio accreditato.
Il nuovo relè, utilizzabile per circuiti monofase
e trifase con e senza neutro, controlla i parametri critici (tensione, frequenza) ciascuno con
quattro soglie modificabili e tempi d’intervento
indipendenti e impostabili; i valori preimpostati
fanno riferimento alla tabella 8 della norma CEI
0-21. Il CM-UFD.M22 ha il compito di monitorare la tensione e la frequenza della rete del
distributore separando la rete dall’impianto di
produzione mediante il DDI ogni qual volta le
il primo dispositivo di protezione contro le
sovratensioni di tipo 2 per sistemi fotovoltaici
installabile all’esterno e pertanto ideale per la
protezione di inverter di stringa. Dehncube,
con grado di protezione IP65 rappresenta
la soluzione più geniale per la protezione di
nuovi impianti fotovoltaici o di revamping di
impianti precedentemente installati senza
alcuna protezione. Dehncube YPV SCI è un
limitatore di sovratensione compatto, con una
corrente nominale di scarica In di 12.5 kA (8/20
—s) per la protezione del lato dc degli impianti
fotovoltaici. La tecnologia SCI ne è il cuore,
grazie a diversi anni di utilizzo/installazione
da parte dei maggiori produttori di inverter a
livello mondiale, con un dispositivo combinato
di interruzione della corrente di corto circuito
a seguito del relativo intervento. In caso di
sovraccarico, la funzione di protezione e di
estinzione dell’arco è garantita grazie ad un
sistema di commutazione con fusibile integrato
sul ramo di cortocircuito, funzionamento
questo specificamente progettato per i sistemi
fotovoltaici. Dehncube è conforme ai requisiti
di cui alla specifica tecnica prTS 50539-12
ed è testato come prodotto sulla base della
normativa standardizzata EN 50539. Resiste ad
una corrente di cortocircuito Iscpv di 1000 A
misure effettuate siano oltre le soglie impostate. Le nuove funzionalità richieste agli SPI sono
volte a migliorare la stabilità della rete stessa
e al contempo assicurano la disconnessione
dell’impianto in caso di guasto o di apertura
della rete a monte, poiché la permanenza in
rete potrebbe aggravare le cause del guasto o
mettere in pericolo gli operatori del distributore.
www.abb.it/lowvoltage
dc, è preassemblato e quindi già pronto per la
rispettiva installazione e disponibile con relativi
cavi accessori di collegamento. Dehn propone
la versione per uno o due Mppt.
Grazie alle dimensioni ridotte e alla
compattezza della sua custodia Dehncube può
essere installato con la massima flessibilità nei
pressi dell’inverter, rappresentando in tal modo
una soluzione economicamente vantaggiosa
per garantire la protezione dell’inverter e dei
moduli fotovoltaici. Gli impianti fotovoltaici
nuovi oppure quelli esistenti ma non
precedentemente protetti, possono ora essere
efficacemente protetti da sovratensioni con
un minimo dispendio di risorse economiche
ed installative. I terminali a molla consentono
un facile e rapido collegamento anche senza
l’utilizzo di utensili. Un ulteriore elemento di
compensazione della pressione tramite una
membrana a tenuta stagna anti-infiltrazione
di aria e di acqua previene la formazione
di condensa. Il dispositivo è completo di
un indicatore di telesegnalamento, ovvero
di corretto funzionamento/avaria, per la
visualizzazione immediata dello stato operativo
del limitatore di sovratensione.
www.dehn.it
EFA AUTOMAZIONE
ENERGYKA
Ideale per applicazioni dove sono richieste affidabilità, prestazioni eccellenti ma anche un effettivo contenimento dei
costi, eWON Flexy è particolarmente indicato per l’impiego
nel settore delle energie rinnovabili, dove le sue potenzialità di calcolo e memorizzazione dei dati rappresentano
il cuore dell’architettura dell’intera struttura. Prodotto da
eWON, produttore e sviluppatore di soluzioni per la teleassistenza PLC e telecontrollo, e distribuito in esclusiva per
il territorio italiano dalla EFA Automazione di Cernusco S/N (MI), eWON Flexy è il primo router M2M modulare
componibile, completamente flessibile di nome e di fatto.
Flexy è costituito da moduli componibili: si scelgono le
funzioni e i protocolli più adatti alle proprie necessità, si
assemblano, e infine si personalizzano le applicazioni per
il controllo e la gestione del flusso di dati, acquistando
soltanto le funzionalità di cui si ha veramente bisogno e
ottimizzando così i costi.
L’integrazione e la messa in servizio sono semplici e immediate, l’aggiornamento dei componenti rapido; per effettuare l’upgrade (ad esempio da 2G a 3G), o modificare la
connettività WAN basta semplicemente cambiare la card
del modulo. Ai moduli di base 10x/20x è possibile affiancare fino a 4 extension card per la connettività del Flexy:
Porte seriali doppie, WAN Ethernet, 3G+ Hsupa, WiFi, Pstn
e Adsl. L’interfaccia Flexy Field supporta poi i principali
PLC presenti sul mercato, permettendo la connettività
immediata con i protocolli più diffusi: Modbus TCP/RTU,
Unitelway, DF1, PPI, MPI (S7), Profibus (S7), FINS Hostlink/
TCP, Ethernet IP, ISO TCP, Mitsubishi FX, Hitchi EH, Ascii.
Flexy offre inoltre una serie di servizi e applicazioni completamente scalabili (Accesso remoto a VPN sicure, Acquisizione dati, Gestione allarmi e notifiche, Data logging e
Registro Dati, Web server HMI) che rendono possibile una
produttività davvero efficiente e una personalizzazione
massima delle prestazioni del router.
Energyka si occupa
di tutti gli aspetti inerenti
alle energie rinnovabili è
certificata ISO (UNI EN
ISO 9001, UNI EN ISO
14001, Ohsas 18001) per la
progettazione, produzione
e installazione di pannelli
e impianti fotovoltaici
integrati architettonicamente
e di eccellente stabilità
ed elevata produzione di
energia solare. Opera nei settori di sviluppo di green economy (sostenibilità ambientale
e rinnovabilità delle risorse), blue economy (l’eliminazione del concetto rifiuto), biotech
(produzione biologica di idrogeno da parte di alcune alghe tramite dispositivi bioreattori)
e nanotech (sviluppo di materiali nanotecnologici per moduli fotovoltaici innovativi). La
società con sede principale a Montebelluna in provincia di Treviso e con sedi anche in
Francia, a Lione, in Brasile a Santa Caterina e in Marocco a Casablanca (in programma
per il nuovo anno l’apertura di un nuovo ufficio anche in Kenya) è un produttore di moduli
fotovoltaici flessibili in tecnologia Cigs privi di sostanze nocive quali cadmio e piombo,
materiali presenti nella maggior parte dei moduli fotovoltaici in commercio. Si tratta dei
prodotti ‘cadmium and lead free’, il cui processo produttivo innovativo utilizzato nella
fabbricazione sostituisce i materiali nocivi con altri materiali non nocivi. Tale processo
produttivo garantisce l’assenza di contaminazione con sostanze nocive dei residui di
fabbricazione. Energyka ha intrapreso la certificazione dei moduli Cigs flessibili secondo
la Direttiva 2011/65/CE sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle
apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Un altro vantaggio è dettato dal minor utilizzo di energia nel processo di produzione dei
moduli fotovoltaici flessibili in tecnologia Cigs Energyka. A confronto con le tecnologie
tradizionali, il cui processo di produzione prevede un numero di fasi produttive inferiori
a circa il 50% rispetto alle tecnologie tradizionali. L’Energy Payback Time EPT (il tempo
necessario per generare la quantità di energia spesa nella produzione di un modulo)
risulta più veloce rispetto alle tecnologie tradizionali e anche migliore di altri prodotti
in tecnologia Cigs. Inoltre, il processo di produzione dei moduli fotovoltaici flessibili in
tecnologia Cigs Energyka permette un consumo ridotto di materia prima fotovoltaica
(solo 60 kg per produrre 2,5 MW di potenza) rispetto alle tecnologie tradizionali (7,5
tonnellate di materie prime per produrre la stessa potenza con tecnologia policristallina),
con evidenti vantaggi ottenuti da una minore quantità di risorse impiegate sia per la
costruzione del modulo fotovoltaico che sul trasporto dei materiali stessi. Altro vantaggio
è dato dal peso ridotto del modulo fotovoltaico Cigs di Energyka rispetto alle tecnologie
tradizionali che implica l’ulteriore risparmio sulle risorse impiegate per il trasporto
del prodotto finito. Fondamentale caratteristica dei Cigs di Energyka è il sistema
impermeabile in manto continuo con carico statico ridotto (trascurabile, dell’ordine di
5 kg/m2), sistema di fissaggio al manto in TPO brevettato e senza foratura del manto
di copertura. L’installazione è possibile anche con inclinazioni di copertura minima,
soluzione ideale per i tetti che hanno problemi di impermeabilizzazione. Nel corso del
Workshop sui fotovoltaici integrati architettonicamente a Rabat in Marocco sono stati
presentati in anteprima i nuovi pannelli a Cigs flessibile che a breve saranno sul mercato,
e moderni pannelli organici flessibili trasparenti che lo staff di ingegneri dell’azienda sta
sviluppando e che saranno pronti a breve.
www.efa.it
www.energyka.com
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RASSEGNA
RINNOVABILI
FERRANIA SOLIS
IBC SOLAR
Ferrania Solis, situata vicino al porto di Genova a Cairo Mon-
IBC AeroFix è un sistema di montaggio sviluppato specificamente
tenotte (SV), produce e commercializza moduli fotovoltaici in silicio
mono e poli cristallino e progetta e realizza impianti FV, anche
chiavi in mano, per tutti gli usi in collaborazione con partner selezionati. I moduli Ferrania Solis sono ‘PID (Potential Induced Degradation) Free’ in accordo al draft std. IEC 62804 Ed 1.0 oltre che
resistenti agli agenti chimici (ammoniaca e nebbia salina) secondo
gli std. EN 61701 e IEC 62716 pertanto sono adatti anche agli usi
in aree critiche (ad esempio zone costiere, allevamenti). I moduli
Ferrania Solis sono stati provati nelle più critiche condizioni ambientali confermando la loro elevata stabilità e durata (simulazione
40 anni di vita ad alta temperatura/umidità) e le eccellenti proprietà
per tetti piani che possono supportare bassi carichi statici. Il sistema possiede delle caratteristiche specifiche per garantire l’aerodinamicità, permette un utilizzo ottimale della superficie ed è facile
da installare. IBC AeroFix è disponibile in tre diverse versioni ed è
adatto per una vasta gamma di impianti di diversa taglia e configurazione. La sua installazione non richiede alcun fissaggio a vite sulla
copertura del tetto, così la superficie rimane completamente intatta.
Pertanto, IBC AeroFix può essere utilizzato anche per gli impianti
fotovoltaici su tetti bituminosi e membrane plastiche. Il nuovo sistema di montaggio consente un elevato grado di prefabbricazione e
dispone di una membrana integrata antiscivolo protettiva. In questo
di reazione al fuoco (Classe I secondo la norma UNI 9177). Oltre
all’intera gamma di moduli con celle in silicio policristallino (60 e
72 celle) ora sono disponibili anche moduli 48 celle (190-205 Wp)
per piccole superfici, i nuovi moduli con celle in silicio monocristallino (60 celle 255-275Wp e 48 celle 200-215Wp) ed i nuovi moduli
trasparenti per serre e per integrazione architettonica (80-255Wp).
Tutti i moduli Ferrania Solis sono disponibili in configurazione
‘Silver’ (std.) o ‘Nera’ sia con e senza cornice e possono essere
personalizzati in termini di dimensione e numero di celle; inoltre
possiedono numerose certificazioni/attestazioni nazionali ed internazionali: Certificato di conformità (EN IEC 61215 - EN 617301&2) e Factory Inspection; “Made in EU Attestation” per Italia e
Francia; Certificazione MCS per UK (Kitemark Licence BSI Nr. KM
597721); Registrazione Inmetro per il Brasile (Nr. 005673/2013).
Il Sistema di Gestione Integrato di Ferrania Solis è certificato secondo i tre standard internazionali ISO 9001 (Qualità), ISO 14001
(Ambiente) e Ohsas 18001 (Salute e Sicurezza) per tutte le attività
aziendali (inclusa l’installazione di impianti). Ferrania Solis, infine,
possiede l’Attestazione SOA (Cat. OG9 – Class. IV) ed adotta un
Modello Organizzativo conforme ai requisiti del DLgs 213/01.
modo, i sistemi fotovoltaici possono essere installati facilmente e
rapidamente, con meno fasi di montaggio. Il sistema non richiede
pannelli esterni antivento, permettendo così una riduzione del peso
e del costo. IBC AeroFix permette agli installatori di sfruttare in
modo ottimale tutta la superficie disponibile sui tetti piani - dai tetti
veramente grandi ai più piccoli, come, per esempio, i tetti dei garage.
Ciò è reso possibile dai piccoli spazi tra le file dei moduli singoli e
le brevi distanze tra i pannelli e i cornicioni degli edifici. Il sistema
di montaggio versatile mostra la sua forza soprattutto negli impianti
orientati ad est ed ovest. Per l’installazione e la manutenzione, l’accesso ai cavi e ai connettori sul retro dei moduli è facilitato grazie
all’elevazione a forma di V. Gli installatori possono fare un uso ottimale della superficie esistente dal momento che lo schieramento
del modulo può essere completato sia con una parete posteriore,
sia con un’ulteriore fila di moduli. Il sistema ha vinto la sfida contro
il tempo, in un test svolto in Germania dalla rivista Photovoltaic e
dalla Società Tedesca dell’Energia Solare, risultando il più veloce tra
i sistemi della stessa topologia: 8 moduli installati con la strutture
IBC AeroFix in 8 minuti e 37 secondi.
www.ferraniasolis.com
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n.14 maggio 2014
www.ibc-solar.it
PANASONIC
Panasonic
conferma il suo eco-impegno che combina innovazione con
ecologia ampliando la sua gamma di
componenti per il mercato solare. Per
gli inverter il relè Alfg1 (22A 250VAC)
– Alfg2 (33A 250VAC), con contact gap
1,8 mm è l’evoluzione della già esistente
serie LF-G, senza dubbio tra i prodotti di
maggior successo. Aumentando le esigenze di portata l’HE-Y5 (60A 250VAC),
successore del modello tradizionale
HE che, nella sua struttura compatta
38x33x36.3 con terminali da PCB si pro-
pone come valida alternativa ai contattori. Sempre più richieste sono le soluzioni
per il controllo di carici in DC, Panasonic
consolida la sua presenza proponendo
una gamma completa di relè in grado di
commutare correnti dai 10A fino ai 300 A
e tensione max 1.000 VDC. La serie AEP
è stata recentemente ampliata con il modello AEP17 con portata in corrente 200
A. Questo relè si pone come scelta ideale
per applicazioni in ambito fotovoltaico,
per il controllo delle stringhe solari e lo
stoccaggio dell’energia, argomento questo sempre più ricorrente, con una previsione di forte crescita nei prossimi anni.
Restando sul fronte DC, il modello HEV,
nato da brevetto Panasonic ed in grado di
interrompere un carico di 20A 1.000 VDC
in un formato di soli 50x41x39,40mm.
Questo relè disponibile con 2 contatti NO
e magnete permanente, grazie alla sua
costruzione è in grado di gestire una tensione max 500 VDC attraverso due canali
distinti, mentre, tramite collegamento in
serie la tensione massima può raggiungere i 1.000 VDC.
Anche la gamma dei contatori di energia Serie KW si arricchisce di un nuovo
modello con l’introduzione del KW9M. Installabile a fronte quadro, presenta un involucro compatto da 96x96x70 mm e permette la misura dei consumi di energia
attiva di utenze monofase e trifase per
tensioni (collegamento diretto) e correnti
rispettivamente fino a 500V AC e 4.000 A.
È conforme alla norma IEC62053-21 classe 1 per l’energia attiva e IEC62053-23
classe 2 per l’energia reattiva.
Tra le molteplici caratteristiche spicca la
possibilità di conteggiare i valori bidirezionali per totalizzazione import/export
dell’energia (ad esempio impianti fotovoltaici/eolici) e la capacità di leggere
correnti fino ad 1 mA (0,1% del valore del
TA) che consente di rilevare il consumo
di energia elettrica di apparecchiature in
stand-by. Il periodo di refresh delle misure rilevate è di 0,1 s. Integra una porta
USB e una seriale RS485 (isolata) che
consente il collegamento ad un PLC e/o
altri dispositivi di automazione mediante i protocolli Modbus RTU e Mewtocol.
Il KW9 come tutti i contatori della Serie
KW può essere collegato ad una rete LAN
mediante modulo FPWeb Server e FPWeb
Expansion, in questo modo i consumi
energetici sono monitorabili da remoto
mediante pagine Html.
Inoltre, i dati rilevati anche da più unità
(fino a 99) possono essere salvati su SD
Card (in file csv) e resi accessibili da un
FTP Client. Sono inoltre disponibili una
serie di strumenti software gratuiti che
gestiscono la programmazione, visualizzazione e la registrazione dei dati di
misura.
www.panasonic-electric-works.it
KACO NEW ENERGY
Kaco new energy, azienda tedesca con
sede in Neckarsulm-Germania, è il terzo produttore mondiale di inverter per l’alimentazione
di rete a energia solare. La prima azienda, del
settore fotovoltaico, a produrre i propri inverter
Powador a zero emissioni di CO2. La vasta
gamma prodotti, che l’azienda offre, include
un vasto spettro di prestazioni per gli impianti
destinati ad abitazioni unifamiliari come anche
parchi ad energia solare che richiedono
l’erogazione di diversi megawatt. Le tipologie
di inverter disponibili vanno da quelli con
collegamento alla rete e a batteria a quelli
destinati alle centrali termoelettriche a blocco
e ai moduli di concentrazione, fino a giungere
a quelli integrabili nei sistemi di accumulo di
energia per gli impianti solari.
Kaco new energy presenta il nuovo Powador
60.0 TL3, con un rendimento del 98% e da
tre inseguitori MPP indipendenti è possibile
dimensionare il proprio impianto con il massimo della flessibilità, con una potenza CA di un
pieno 49,9 kVA. È in grado di sostenere sia
carichi simmetrici che asimmetrici. In questa
maniera vengono soddisfatti tutti i tipici requisiti imposti dal complesso dimensionamento
che la struttura disomogenea del generatore
FV comporta.
Ogni inseguitore MPP in grado di elaborare
l’output di un massimo di cinque stringhe in
una finestra di tensione di 200-850 V. Le unità
sono dotate di un data logger integrato tra web
server, un display grafico per la visualizzazione dei dati di esercizio e una porta USB per
l’installazione di aggiornamenti del firmware.
Il software di aggiornamento è disponibile per
il download, gratuitamente all’indirizzo www.
kaco-newenergy.com/it/download/fotovoltaici/
inverter-trifase-senza-trasformatore/powador6000-tl3/. I dati relativi alla produzione possono essere analizzati richiamandoli sia tramite
porta USB, sia tramite web-server.
Inoltre il data logger integrato può essere
collegato direttamente al portale internet
Powador-web per l’analisi e la visualizzazione
dei dati provenienti dall’inverter. ll modello
XL offre anche un collettore integrato stringa
con fusibili di stringa e protezione contro le
sovratensioni.
www.kaco-newenergy.it
n.14 maggio 2014
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RASSEGNA
RINNOVABILI
SCHNEIDER
ELECTRIC
La PV Box di Schneider Electric è una
soluzione per la conversione dell’energia plug
and play, integrato in fase produttiva, testato
e validato; è composto da due inverter Conext
Core XC680, un Combiner Box DC, un trasformatore MT/BT e di un sistema di monitoraggio
completo. Questo tipo di soluzione permette
di ridurre i tempi di costruzione dell’impianto,
grazie al suo design compatto e leggero, di
diminuire i costi di installazione e di commissioning riducendo al minimo le operazioni di
installazione on site e il tempo richiesto per
renderlo operativo e di garantire una migliore
continuità operativa, riducendo anche i costi di
trasporto e scarico con la massima affidabilità
e qualità. Negli impianti fotovoltaici, la PV Box
viene posizionata fra il campo DC e il punto di
connessione AC alla rete di media tensione,
gestisce la concentrazione dell’energia DC
proveniente dai moduli fotovoltaici, la conver-
sione DC/AC e l’elevazione del
voltaggio AC al livello di voltaggio della rete e
assicura la protezione da rischi elettrici, quali
cortocircuiti e fulmini, al personale che si occupa di manutenzione e installazione. La PV Box
si caratterizza oltre che per la sua versatilità e
facilità di installazione per garantire prestazioni migliori in quanto si gode di una soluzione
già validata, qualificata ed affidabile. Le PV
Box sono progettate e testate in accordo alla
norma internazionale IEC 62271-20. A seconda
del paese in cui la soluzione viene installata,
SOCOMEC
Il nuovo Sunsys HPS (Hybrid Power System)
è un sistema ibrido di alimentazione che
combina funzioni di generazione fotovoltaica e
di immagazzinamento dell’energia.
Grazie a Sunsys HPS, l’energia prodotta dal
pannello fotovoltaico viene sia trasformata in
corrente alternata, immediatamente utilizzabile,
sia immagazzinata in apposite batterie per
essere impiegata successivamente.
Diffusi soprattutto in aree con difficoltà di
approvvigionamento di energia come ad
esempio luoghi non serviti dalla rete elettrica
pubblica che si affidano a generatori diesel,
aree in cui la rete elettrica è poco affidabile o
regioni remote completamente non elettrificate,
gli impianti fotovoltaici off-grid sono dotati di un sistema di
accumulo di energia che consente di massimizzare l’indipendenza dai
gruppi elettrogeni e dalla rete elettrica pubblica (quando presente) e di
poter usufruire in maniera continuativa dell’energia autoprodotta.
Sunsys HPS garantisce un’alimentazione ininterrotta e sicura anche
in luoghi difficili da raggiungere e permette l’accesso a un’energia
economica e ‘green’, la riduzione al minimo di costi energetici e utilizzo
del generatore diesel.
Grazie all’ampia gamma di potenze, standard da 40 a 200 kVA, e
30
n.14 maggio 2014
sono già prese in considerazione e applicate nella
progettazione varie richieste degli standard locali.
Le PV Box sono disponibili in diverse versioni (da
540 kW fino a 1.360 kW)
e sono adatte a tutti i tipi
di condizioni climatiche
nella ‘sun belt’ mondiale; ad
esempio, l’elemento di condizionamento della PV Box
è fornito con inverter, filter box
o condizionamento ad aria in funzione delle caratteristiche di impurità dell’aria e temperature
del luogo in cui si trova l’installazione fotovoltaica. Un ulteriore elemento che consente un
risparmio e rapidità nella messa in opera della
soluzione è dato dalla disponibilità di Pv Box
in due tipologie pensate specificamente (per dimensioni, caratteristiche costruttive) per essere
trasportate via mare o via terra.
www.schneider-electric.com/
all’architettura modulare configurabile
in parallelo che consente la scalabilità
della potenza fino a 1,2 MVA, garantisce
massima flessibilità e personalizzazione.
Semplice da installare, Sunsys HPS è
una soluzione compatta e centralizzata,
con costi di implementazione ridotti
e facilmente integrabile in container.
A garanzia del funzionamento e delle
prestazioni globali, tutti gli elementi che
costituiscono il sistema Sunsys HPS
sono progettati e prodotti da Socomec:
sistema a doppia conversione AC/ DC e DC/
AC, convertitore DC/DC, unità di protezione
delle batterie e pannello di distribuzione
elettrica.
Oltre che sull’esperienza e competenza del
servizio pre-vendita, Socomec si prende cura
del sistema ibrido di alimentazione anche dopo
l’installazione e la messa in servizio.
Un team di esperti a disposizione 24 ore su 24, 7 giorni su 7, un
programma di manutenzione preventiva e il sistema di supervisione
da remoto sono quanto di meglio per garantire la massima produzione
energetica e affidabilità di Sunsys HPS.
www.socomec.it
TRINA SOLAR
Trinasmart è una soluzione integrata prodotta da
Trina Solar che ottimizza la potenza in uscita dei pannelli fotovoltaici, aumenta la sicurezza
degli impianti, offre una messa in opera particolarmente rapida e richiede una quantità minore
di componenti complementari. La tecnologia brevettata Trinasmart, conforme a tutte le norme di
sicurezza internazionali, è una soluzione completa integrata nella scatola di giunzione del modulo
che, oltre a offrire la tecnologia Smart Curve e una
maggiore sicurezza, ottimizza la potenza e ne
consente il controllo a distanza. Rispetto alle altre
soluzioni infatti, Trinasmart permette il controllo e
il monitoraggio dell’impianto fotovoltaico a livello
del modulo, funzionando con qualsiasi inverter
con singolo Mppt (non serve più il multi-MPPT).
Trinasmart dotato di Smart Curve è totalmente coperto dalla garanzia decennale di Trina Solar e da
una garanzia di prestazione di 25 anni.
La versione migliorata della tecnologia Trinasmart
è stata integrata nei nuovi moduli della gamma
DC05A Honey M ad alto rendimento, dotati di celle
monocristalline e di una cornice nera esteticamen-
te piacevole. Il DC05A.28, in grado di produrre 265
Wp, viene fornito con un fondo posteriore bianco.
La tecnologia Trinasmart è progettata anche per
i moduli policristallini Trina Solar TSM-PC14, con
una potenza fino a 300 W.
Trinasmart aumenta inoltre la sicurezza degli impianti fotovoltaici disattivando automaticamente i
moduli interessati da interruzioni di corrente (per
esempio arco elettrico). Inoltre, in caso d’incendio,
è possibile disattivare tutti i moduli in modo da
sopprimere tutte le sorgenti di alta tensione e migliorare la sicurezza in caso d’intervento da parte
dei vigili del fuoco.
Con Trinasmart, tutti i moduli funzionano al loro
punto di massima potenza (MPP); l’ottimizzatore regola automaticamente gli scompensi. Così
facendo, in tutte le stringhe, ciascun modulo
funziona ai massimi livelli e fornisce una produzione energetica ottimale e si ha conseguente
effetto che ritarda l’invecchiamento dei moduli in
una stringa, cosa ben utile se si tratta di impianti
in autoconsumo atti a durare più di 20 anni. Con
Trinasmart i progettisti possono utilizzare anche
le parti di tetto normalmente non usate per ombreggiamenti o inclinazioni non ottimali, senza
tuttavia perdere energia nell’intero sistema. Le
performance del sistema possono inoltre essere
monitorate e controllate in tempo reale mediante
uno smartphone o un computer connesso a internet, grazie alla piattaforma di Trinasmart:
www.trinasmart.com
Siamo leader negli impianti
di trattamento delle
acque primarie:
o s m o s i , p o t a l i z z a z i o n e,
nella depurazione
dei reflui civili e industriali.
Costruiamo macchine
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La garanzia:
oltre duemila
impianti installati,
funzionanti e cer tificati.
n.13 marzo 2014
31
SOLUZIONI
SOLARI
INTERVENTI DI QUALITÀ
NEL FOTOVOLTAICO ITALIANO
Silvio
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D el
ella
la Casa*
C as
asa*
a
Supporto per gli aspetti tecnici, logistici e di gestione, individuazione dei prodotti
appropriati e, dove necessario, realizzazione di soluzioni su misura: sono gli elementi
fondamentali della collaborazione tra ABB, Graziella Green Power e Solarys che hanno
portato alla realizzazione di alcuni dei più grandi impianti fotovoltaici italiani.
In moltissimi casi applicativi l’esperienza ha dimostrato come
un’efficace collaborazione tra aziende non solo conduce a eccellenti risultati, ma permette anche di adattare rapidamente
le attività sia a condizioni progettuali non standardizzate, sia
a eventuali possibili mutamenti di scenari in corso d’opera.
Seguendo questa filosofia operativa, due aziende partner di
Arezzo, Graziella Green Power e Solarys, hanno portato a
termine con la collaborazione di ABB alcuni dei più grandi
impianti fotovoltaici italiani, tra cui quelli di Ottana, in Sardegna, e di Malalbergo in Toscana. Graziella Green Power,
attiva dal 2010, affonda le proprie radici imprenditoriali in una
tradizione di oltre cinquant’anni, quando fu creata un’attività
nel campo dell’arte orafa, cresciuta nel corso dei decenni e
diversificatasi fino alla nascita di Graziella Holding che, attualmente, raggruppa più società attive in vari settori: gioielli
e profumi, beni immobiliari, hotel e ristorazione, produzione
d’energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso una trentina
di impianti di proprietà. Per quanto concerne la realizzazione
degli impianti fotovoltaici, l’ingegneria progettuale e la gestione dei cantieri viene effettuata in collaborazione con Solarys.
La collaborazione con ABB, che per queste realizzazioni fornisce i prodotti per l’impiantistica elettrica sia di bassa che di
media tensione, si è rafforzata nel tempo grazie a un rapporto
di cooperazione che ha garantito l’adeguato supporto per gli
aspetti tecnici, logistici e di gestione, oltre che per l’individuazione dei prodotti appropriati e, ove necessario, di soluzioni su misura che rispondessero alle esigenze del progetto,
con l’obiettivo di rispettare comunque gli impegni economici
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n.14 maggio 2014
preventivati. Infine, si è rivelata particolarmente preziosa
pre
pr
e ziosa la
tempestività degli interventi, volti a risolvere anche problemi
generati da componentistica prodotta da fornitori diversi da
ABB.
Integrazione tra prodotti standard e personalizzati
Per rispondere a quanto richiesto dagli impianti di Graziella
Green Power, lo stabilimento ABB di Marostica ha appositamente modificato la serie standard dei quadri di campo intervenendo su diverse caratteristiche tecniche.
Si è deciso, infatti, di ampliare la capacità dei quadri di gestire i moduli fotovoltaici portandola da 16 stringhe a 24 stringhe e aumentando la corrente nominale a 200A dai 128A originali; sono state quindi studiate le opportune soluzioni per
l’inserimento nei quadri della componentistica necessaria a
sopportare questa modifica e, in particolare, per assicurare la
corretta dispersione del maggior calore prodotto.
In dettaglio, i quadri di campo per queste applicazioni, cablati e certificati secondo la norma IEC 61439-2, sono stati equipaggiati con portafusibili e morsettiere adatti per una
tensione di 1.000V, scaricatori di sovratensione, interruttori di
manovra-sezionatori Tmax con tensione nominale massima
di 1.100V. Tutti dispositivi, questi, di fornitura ABB, come i
diversi componenti dal lato corrente alternata dove, per ogni
impianto, sono installate mediamente nove cabine elettriche.
In queste sono presenti trasformatori, quadri di media tensione, quadri generali e ausiliari di bassa tensione equipaggiati
con interruttori automatici aperti Emax da 2.500A o 3.200A
Foto in apertura. Impianto di Ottana,
comprendente oltre 100 pannelli
fotovoltaici con una potenza
installata di circa 25 MW.
Foto a Àanco.
Impianto di Malalbergo,
attualmente il più grande
della Toscana.
(secondo il tipo di inverter), interruttori scatolati Tmax XT, interruttori magnetotermici S200 e altri apparecchi modulari per
barra DIN, tra cui contattori e relé.
Un’altra caratteristica necessaria per questi impianti è la possibilità di dialogo tra il campo e il sistema di Graziella Green
Power per il monitoraggio da remoto dei pannelli fotovoltaici. A
questo scopo, i dati riguardanti le stringhe sono raccolti dalle
unità d’ingresso presenti nei quadri in campo e trasferite via
Modbus in modo tale da consentire la gestione degli allarmi
per i malfunzionamenti di ogni singola stringa, l’abilitazione
degli accessi agli impianti per le squadre di manutenzione e
il controllo delle telecamere di sicurezza. Inoltre, si possono
correlare le performance dei pannelli solari con le condizioni
d’irraggiamento rilevate dalle stazioni meteorologiche installate negli impianti. Tutti questi dati rendono disponibile un ricco
data base d’informazioni molto utili, oltre che per la gestione
corrente, per conoscere in dettaglio l’evoluzione degli impianti
durante la loro vita operativa, facilitando previsioni ed eventuali pianificazioni di interventi.
Due progetti d’eccellenza
I vantaggi della collaborazione tra le aziende aretine e ABB
sono apparsi ben evidenti nei due impianti realizzati in Sardegna e in Toscana.
L’impianto situato nella zona industriale di Ottana, in provincia di Nuoro, è uno dei più importanti in Italia, distribuito su
una superficie di 70 ettari con una potenza installata di circa
25 MW, suddiviso in 24 sotto sezioni secondo un’organizzazione modulare che semplifica l’esercizio e la manutenzione.
Nell’impianto sono stati installati più di 100.000 pannelli e impiegati 750 km di cavi elettrici.
Il progetto ha richiesto una dettagliata analisi relativa sia alle
necessità di risorse umane, reperite per scelta tra la manodopera locale, sia in particolare alle tempistiche, considerate
tutte le implicazioni logistiche legate all’ubicazione geografica dell’impianto sull’isola, quando le priorità estive del trasporto marittimo sono destinate ai flussi turistici piuttosto che
ai carichi commerciali. Per fare fronte a eventuali difficoltà
logistiche di fornitura, e valutata la reperibilità immediata o
meno del materiale in loco, è stato anche necessario acquistare prodotti di riserva, in eccesso rispetto a quanto strettamente richiesto.
Quadri di campo customizzati a 24 stringhe e 200
Con una potenza installata di 10,5 MW l’impianto di Malalbergo, situato su un’area di circa 26 ettari nel comune di Cortona,
è attualmente il più grande della Toscana. Anche in questo
caso un’attenta collaborazione tra le aziende coinvolte ha permesso di superare efficacemente alcune particolari difficoltà
sorte in corso d’opera a seguito dei provvedimenti legislativi
che avevano modificato, anticipandola, la data di allacciamento dei nuovi impianti da doversi rispettare per usufruire degli incentivi. Questo ha comportato la ridefinizione di tutta la
tempistica, imprimendo una considerevole accelerazione delle
attività che è risultata incompatibile con le modalità operative di alcuni fornitori. Altri, invece, hanno accettato la sfida;
tra questi ABB che, coinvolgendo le proprie fabbriche italiane competenti per la quadristica, gli interruttori automatici e
gli apparecchi modulari per barra DIN, ha contribuito al pieno raggiungimento degli obiettivi che si sono concretati con
l’allacciamento dell’impianto alla rete due giorni prima delle
scadenze di legge.
www.abb.it
www.graziellagreen.it
www.solarys-solutions.it
n.14 maggio 2014
33
GESTIONE
ENERGIA
IL ‘FREE-COOLING’
PER MIGLIORARE
LE TECNICHE
DI CONDIZIONAMENTO
Dario Dilucia La Perna*
Per evitare l’uso dei compressori per il condizionamento o raffreddamento
richiesto dai processi produttivi, in molti impianti industriali viene utilizzato il
principio del ‘free cooling’. Nelle condizioni più favorevoli, è possibile ottenere
interessanti risparmi energetici con tempi di ritorno inferiori ad un anno
L’elemento di un sistema di refrigerazione che consuma più energia
è il compressore del Àuido refrigerante; di conseguenza, limitare le
ore operative di funzionamento del compressore signi¿ca risparmiare
ingenti quantità di energia. Una soluzione già consolidata in numerosi impianti industriali del mondo consiste nell’applicazione del principio
del free-cooling, quando le condizioni esterne lo consentono. Il termine
letteralmente signi¿ca ‘raffreddamento gratuito’, in quanto sfrutta le condizioni termo-igrometriche esterne (quindi ‘gratuite’) per produrre acqua
alla temperatura idonea all’utilizzo per condizionamento di ambienti o
raffreddamento richiesto da processi produttivi, evitando il funzionamento dei compressori.
Il principio che sta alla
base del ‘free-cooling’
*Ingegnere ambientale,
MWH SpA
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n.14 maggio 2014
è la capacità dell’aria di ‘catturare’ l’umidità. Il contatto che si crea tra l’acqua di torre e l’aria ambiente ‘non satura’ all’interno della torre evaporativa porta, appunto, a evaporazione parte dell’acqua di torre che ‘carica’
l’aria d’umidità ¿no alla quasi-saturazione (95%). Muovendosi lungo la
retta iso-entalpica del diagramma psicrometrico, la temperatura ¿nale
dell’aria (temperatura di bulbo umido) risulta più bassa della temperatura
iniziale (temperatura di bulbo secco). Nella Figura 1 è riportato un esempio di trasformazione iso-entalpica sul diagramma psicrometrico. L’aria
ambiente con umidità relativa dell’84% e temperatura di bulbo secco di
5°C (condizioni medie nel mese di gennaio per la città di Milano) si porta
a saturazione e la temperatura di bulbo umido risultante è 3,8°C, suf¿ciente per ottenere acqua refrigerata a 6-7°C.
Tuttavia, nel periodo estivo il funzionamento dei chiller elettrici è inevitabile, in quanto i sistemi di refrigerazione e di condizionamento richiedono acqua refrigerata a temperature inferiori rispetto a quelle ottenibili
con le torri evaporative. In particolare, il condizionamento estivo richiede
temperature particolarmente basse (7°C), poiché è richiesta una deumidi¿cazione (umidità assoluta) molto spinta. Spesso è necessario
post-riscaldare l’aria per ottenere parametri termo-igrometrici accettabili
all’interno dell’ambiente.
Figura 1 - Esempio di trasformazione isoentalpica sul diagramma
psicrometrico (Fonte: Elaborazione MWH da software della Trane)
Nella pagina a Àanco. Torri evaporative adibite a free-cooling invernale
(Fonte riservata)
Nei periodi primaverili, autunnali e invernali subentrano due fattori importanti che rendono praticabile il ‘free-cooling’:
ƕ la necessità di deumidi¿care l’aria si riduce drasticamente, in quanto l’umidità assoluta diminuisce al calare della temperatura esterna. In questo
periodo dell’anno, la temperatura dell’acqua refrigerata richiesta, a parità di
condizioni termoigrometriche da garantire nell’ambiente, può essere settata a un valore più alto rispetto al periodo estivo.
ƕ le condizioni termoigrometriche esterne consentono di ottenere temperature dell’acqua di torre più basse rispetto al periodo estivo.
Durante questo periodo, i sistemi di refrigerazione e di condizionamento
potrebbero richiedere acqua refrigerata a temperature superiori rispetto a
quelle ottenibili con le torri evaporative (il fattore geogra¿co è decisivo).
Il parametro da analizzare nella valutazione di fattibilità di un siffatto sistema è la temperatura esterna di bulbo umido, in quanto determina la
temperatura di mandata alle utenze dell’acqua refrigerata.
Nella Figura 2 è riportato un esempio di rappresentazione gra¿ca dei
‘trend’ di valori di temperatura di bulbo umido nell’arco dell’anno presso
una località del Sud Italia. L’analisi permette di capire il numero di ore annue durante le quali è possibile applicare il free-cooling, imponendo come
temperatura di bulbo umido massima accettabile 8°C.
In termini d’ef¿cienza energetica, il sistema free-cooling permette una produzione d’acqua refrigerata con COP (coef¿cient of performance) complessivi elevati (20-30) se confrontati con i migliori ottenibili con chiller elettrici (COP massimo invernale pari a 12 con unità condensate ad acqua e a
capacità variabile). Il COP di un impianto per ‘free-cooling’ è de¿nito come
il rapporto tra la potenza frigorifera ottenibile e l’assorbimento elettrico dovuto ai ventilatori della torre di raffreddamento ed alle pompe in funzione.
Con¿gurazioni di un impianto per ‘free-cooling’
Le con¿gurazioni di un impianto per ‘free-cooling’ sono le seguenti.
In alto. Figura 2 - Rappresentazione graÀca dei trend di valori di temperature di bulbo
umido per una località del Sud Italia (Fonte riservata)
Figura 3 - Schema funzionale del ‘sistema indiretto’ (Fonte MWH)
Il ‘sistema indiretto’ - Prevede l’installazione di uno scambiatore di calore
acqua di torre/acqua refrigerata. Il ‘sistema indiretto’ non è particolarmente
ef¿ciente (la presenza dello scambiatore di calore impone, a parità di condizioni al contorno, temperature di bulbo umido dell’aria più basse). Tuttavia, è ritenuta la soluzione più ef¿cace e af¿dabile, in quanto consente di
isolare il circuito dell’acqua di torre dal circuito del chiller, preservando le
caratteristiche chimico-¿siche dell’acqua refrigerata (Figura 3).
Il ‘sistema con Àuido refrigerante’ - Prevede l’apertura della valvola, quan-
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GESTIONE
ENERGIA
Impianto di Malalbergo, attualmente il più grande della Toscana.
Figura 4 - Schema funzionale del ‘sistema con Áuido refrigerante’(Fonte MWH)
do il chiller è spento, consentendo la migrazione del refrigerante in stato di
vapore dall’evaporatore al condensatore e del refrigerante in stato liquido
dal condensatore all’evaporatore. Tuttavia, il trasferimento di calore è limitato al cambiamento di fase del Àuido refrigerante. Inoltre, la temperatura
massima di acqua di torre richiesta è pari a 7°C, limitando il funzionamento
in modalità free-cooling a pochi periodi dell’anno (Figura 4).
Il ‘sistema diretto’ - Prevede l’installazione di un sistema di by-pass del chiller elettrico che consente l’unione del circuito dell’acqua di torre e del circuito dell’acqua refrigerata. Nonostante questa soluzione sia più ef¿ciente
rispetto alle precedenti (non ci sono le perdite di ef¿cienza dello scambiatore), dovrebbe comunque essere evitata. L’acqua refrigerata richiede
tendenzialmente elevati gradi di purezza per evitare formazioni di depositi
nelle batterie di scambio termico all’interno delle unità di trattamento aria
(UTA). Il ‘sistema diretto’ causa la contaminazione dell’acqua refrigerata
che potrebbe causare seri problemi di manutenzione e di gestione degli
impianti (Figura 5).
Esempio applicativo
Nella Figura 6 è riportato un esempio di con¿gurazione di un impianto di
free-cooling in modalità indiretta. L’impianto frigorifero esistente è costituito da 8 unità frigorifere condensata ad aria. L’investimento è costituito
dall’acquisto della torre di raffreddamento, dello scambiatore di calore,
della pompa dell’acqua di torre, dalla costruzione delle connessioni idrauliche e dall’installazione di un sistema di gestione e controllo. In tutti i giorni
dell’anno in cui le condizioni termoigrometriche sono favorevoli, i chiller
condensati ad aria sono completamente spenti e l’acqua refrigerata è ‘gratuitamente’ raffreddata dall’acqua di torre tramite lo scambiatore di calore.
Nei giorni in cui le condizioni non si mostrano favorevoli, i chiller condensati ad aria entrano in funzione e la torre di raffreddamento è spenta. Un
sistema di gestione e controllo servirebbero, poi, ad estendere il periodo
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Figura 5 - Schema funzionale del ‘sistema diretto’ (Fonte MWH)
di sfruttamento del sistema, permettendo il passaggio dal regime ‘free cooling’ a quello convenzionale (soltanto chiller) e, viceversa, al mutare delle
condizioni termoigrometriche esterne.
Parametri ¿nanziari
I parametri ¿nanziari di un progetto simile a quello descritto dipendono essenzialmente dai seguenti fattori:
ƕ temperatura massima di bulbo umido accettabile (è strettamente correlata alla temperatura di mandata dell’acqua refrigerata);
ƕ numero di ore annue con temperatura di bulbo umido esterna inferiori
o uguali alla temperatura massima di bulbo umido accettabile (a elevate
latitudini, l’opportunità di effettuare il free-cooling può raggiungere anche il
75% delle ore operative totali dell’impianto di condizionamento; a latitudini
inferiori il contributo potrebbe essere inferiore al 20%);
ƕ fattore d’utilizzo dell’impianto di condizionamento nelle ore in cui è possibile applicare il principio del free-cooling (fattore di processo);
ƕ costo dell’elettricità;
ƕ investimento dei componenti dell’impianto.
Nelle condizioni più favorevoli, l’opportunità del free-cooling consente di
ottenere interessanti risparmi energetici con tempi di ritorno inferiori ad un
anno. A titolo esempli¿cativo, si riportano nella Tabella 1 i risultati preliminari tecnico-economici di un sistema a free-cooling proposto per il raffrescamento di aree adibite a laboratorio al posto di macchine frigorifere condensate ad aria nella zona del Fucino (centro Italia). L’utilizzo intensivo h24
del sistema di ‘free-cooling’ consente ottimi ritorni sull’investimento come si
evince dalla Tabella 1.
Conclusioni
In conclusione, la soluzione del free-cooling è particolarmente idonea per
impianti che richiedono temperature di acqua refrigerata alte, presentano
Tabella 1 - Risultati preliminari per uno studio
sull’applicazione di free-cooling (Fonte MWH)
in una località del centro Italia
Descrizione
Valore
Unità
Potenza
850
kWfr
COP
3,5
kWfr
COP del free-cooling
20
kWfr
Ore
2.500
ore
Risparmio
75,000
€
Investimento
150.000
€
Tasso di
50
%
Valore
530.000
€
Tempo di
2,0
anni
Figura 6 - ConÀgurazione di un impianto per free-cooling (Fonte MWH)
un elevato fattore di utilizzo nelle ore in cui è possibile passare a regime di
free-cooling e sono localizzati in aree geogra¿che favorevoli. In tutti gli altri
casi, è consigliabile valutare il potenziale offerto dal ‘free-cooling’ del proprio sistema di refrigerazione e condizionamento quanti¿cando il risparmio
energetico conseguibile per le diverse soluzioni progettuali individuate.
www.mwhglobal.com
GESTIONE
ENERGIA
ACQUEDOTTO PUGLIESE
OTTIMIZZA
I CONSUMI ENERGETICI
Rockwell Automation fornisce ad Acquedotto Pugliese la piattaforma
PlantPAx completa di soluzioni di controllo, visualizzazione,
connettività e analisi energetica per una supervisione che massimizza
l’Energy Saving. Significativo il contributo del System Integrator
Intesis nello sviluppo e nella personalizzazione della piattaforma
per l’impianto di potabilizzazione del Sinni.
Acquedotto Pugliese (AQP) gestisce una delle più grandi infrastrutture di approvvigionamento idrico-potabile d’Europa, che si estende
su una rete di 21mila km e serve 330 centri abitati, per un totale di
oltre 4 milioni di abitanti. L’acquedotto attinge ‘acqua grezza’ dalle sorgenti naturali (Sanità di Caposele e il gruppo sorgentizio di
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n.14 maggio 2014
Cassano Irpino), dagli invasi arti¿ciali presenti sul territorio pugliese,
lucano e campano e dalla falda idrica sotterranea pugliese. Dalla
sua sede principale nella città di Bari, la public utility gestisce una
rete idrica complessa e articolata, basata su un sistema di acquedotti interconnessi che permettono di convogliare l’acqua nei diver-
si ambiti territoriali, in base alle necessità. Complessivamente nella
rete sono presenti cinque grandi schemi idrici (Sele-Calore, Fortore,
Pertusillo, Sinni e Ofanto), cinque impianti industriali di potabilizzazione (Fortore, Sinni, Pertusillo, Locone e Conza) per la trasformazione
dell’acqua proveniente dai bacini arti¿ciali, 328 serbatoi con capacità
di stoccaggio di 3 milioni di m3 d’acqua e 184 impianti di depurazione.
Cuore pulsante di AQP, al quale conÀuiscono le acque potabilizzate
del Sinni e del Pertusillo, pari a più di un terzo della portata complessiva dell’acquedotto, è l’impianto di sollevamento di Parco del Marchese, il quale è in grado di sollevare ¿no a 7.000 L/s di acqua, grazie a
una stazione di pompaggio di 16 MW, e ospita anche il primo parco
fotovoltaico dell’acquedotto, con 5.000 pannelli distribuiti su una super¿cie di tre ettari.
L’impianto di potabilizzazione del Sinni, situato in Agro di Laterza
(TA), con una capacità di trattamento acqua di 4 m3/s e una portata
media di 4.000 L/s, riceve l’acqua grezza dall’invaso lucano di Monte
Cotugno, la convoglia in una vasca di accumulo, la potabilizza e successivamente ‘la solleva’ verso la stazione di pompaggio dell’impianto
di sollevamento di Parco del Marchese, af¿nché sia poi distribuita in
parte verso la zona del Salento e in parte verso la provincia di Bari,
rispondendo a gran parte del fabbisogno idrico della Puglia centromeridionale.
Il potabilizzatore del Sinni è dotato di sei pompe di sollevamento da
1 MW, di cui quattro sempre in funzione, ciascuna con portata media di 800 L/s. Quello del Sinni è un impianto altamente ‘energivoro’,
soprattutto a causa del funzionamento continuo delle pompe, necessario a garantire il sollevamento meccanico dell’acqua al nodo idrico
di distribuzione, anche per lunghe tratte di trasporto e in presenza
di accentuati dislivelli che raggiungono, come nel caso di Parco del
Marchese, gli 84 metri.
Dati il particolare approvvigionamento e le caratteristiche dell’infrastruttura, l’energia elettrica necessaria al convoglio dell’acqua nella
rete costituisce la maggiore voce di costo per AQP, basti pensare che
la utility pugliese rappresenta, da sola, lo 0,02% del consumo nazionale di energia elettrica e spende all’anno circa 80 milioni di euro di
elettricità. In particolare, solo per l’impianto di Parco del Marchese si
spendono 1,8 milioni di euro al mese, mentre per l’impianto del Sinni
la spesa mensile è di 900mila euro.
La s¿da
Obiettivo fondamentale per AQP è oggi più che mai quello di ottimizzare la spesa relativa all’energia elettrica, avviando iniziative per
il recupero dell’energia nelle operazioni di sollevamento, trasporto e
potabilizzazione, attraverso un ulteriore ef¿cientamento di macchine
(motori, pompe, compressori) e processi, a partire da quelle in funzione negli impianti più energivori come il potabilizzatore del Sinni. “La
s¿da cruciale per noi oggi è ottenere un ulteriore risparmio energetico
da macchine già altamente ef¿cienti dislocate su impianti già pesantemente automatizzati”, dice Gianluigi Fiori, Responsabile di Esercizio di AQP. “Possiamo perseguire questo obiettivo incrementando
l’ef¿cienza gestionale complessiva attraverso un puntuale monitoraggio di consumi e rendimenti: solo una misura corretta e precisa dei
processi può sostenere un bilancio idrico ef¿ciente!”.
Sin dall’inizio degli anni Ottanta AQP ha adottato soluzioni avanzate
di controllo logico, visualizzazione e supervisione di tutto il ciclo idrico
integrato (captazione dalle fonti di approvvigionamento, adduzione
mediante il sistema acquedottistico, potabilizzazione, distribuzione
nei centri abitati, oltre alla gestione e manutenzione dei sistemi fognari, la depurazione delle acque, lo smaltimento e il riutilizzo dei fanghi).
Oggi sono presenti 3.500 sensori su tutta la rete e 600 postazioni: il
telecontrollo consente la supervisione in remoto del Àusso degli schemi idrici e il monitoraggio dei principali indicatori di potabilità. In diversi punti dell’infrastruttura è anche possibile regolare i Àussi in rete, in
remoto e in automatico.
Fino al 2010, però, AQP non aveva fatto ricorso a soluzioni che abbinassero il telecontrollo al monitoraggio energetico. Agli Energy Mana-
n.14 maggio 2014
39
GESTIONE
ENERGIA
ger mancavano strumenti idonei a conoscere, macchina per macchina, i consumi energetici, anche in un arco temporale molto ristretto,
e a metterli contemporaneamente in relazione non solo con le fasce
di tariffazione del gestore elettrico, ma anche con le misure di portata
e livelli idrici, in modo da avere sempre sotto controllo i costi, il rendimento e il suo andamento nel tempo.
“In passato utilizzavamo dei datalogger ma nessun sistema dedicato
che si potesse interfacciare direttamente in rete con lo Scada per
un’analisi energetica integrata con quella dei pro¿li idraulici provenienti dalla strumentazione di processo in campo”, aggiunge Fiori. “È
proprio questa l’esigenza che abbiamo sin da subito illustrato a Intesis e a Rockwell Automation per il potabilizzatore del Sinni. Entrambi
hanno colto in pieno le nostre criticità e ci hanno af¿ancati, in un vero
e proprio lavoro di squadra, nello sviluppo di un progetto altamente
integrato basato sulla piattaforma PlantPAx, il cui successo è stato
determinato dall’ottima integrazione di automazione, monitoraggio
idrico e analisi energetica”.
La soluzione
La piattaforma PlantPAx proposta da Rockwell Automation, sviluppata con il supporto di Intesis, per l’impianto di potabilizzazione del
Sinni prevede una soluzione di automazione e controllo basata su
due controllori programmabili di automazione Allen-Bradley ControlLogix in con¿gurazione ridondata con hotbackup, che funzionano
come master controller, e 13 controllori programmabili di automazione Allen-Bradley CompactLogix L45 distribuiti sulle due linee Est e
Ovest dell’impianto. A ognuno dei 13 CompactLogix compete infatti
il controllo delle sequenze di ogni fase del processo: l’approvvigionamento iniziale dell’acqua grezza, la successiva fase di chiariÀocculazione (separazione del fango dall’acqua, per sedimentazione, in
8 vasche cilindriche semiconiche dotate di raschia, 4 sulla Linea Est
e 4 sulla Linea Ovest), la ¿ltrazione (mediante 40 ¿ltri in sabbia di
quarzo, regolati da oltre 280 valvole, 20 sulla Linea Est e 20 sulla
40
n.14 maggio 2014
Linea Ovest) e la clorazione ¿nale, l’accumulo dell’acqua potabilizzata prima del pompaggio verso l’impianto di Parco del Marchese. Ai
controllori CompactLogix spetta anche la complessa gestione di tutte
le sequenze di lavaggio dei 40 ¿ltri, che includono il drenaggio iniziale
e ¿nale, il barbataggio, il controlavaggio ad acqua e/o ad aria e il recupero dell’acqua di controlavaggio. In¿ne, a un ulteriore CompactLogix
è af¿data la gestione del post-ispessitore nel trattamento fanghi: al
Sinni è infatti presente una linea parallela per la puri¿cazione, la disidratazione e il successivo stoccaggio dei fanghi residui generati nella
fase di chiariÀocculazione.
A ogni CompactLogix è associato un pannello HMI Allen-Bradley PanelView Plus 6 da 10”, per la visualizzazione e la supervisione locali di
parametri, set-point e segnali acquisiti in campo, quali la regolazione
delle portate di ingresso e uscita, la pressione idrica, il funzionamento delle pompe (accensione/spegnimento) e delle valvole (apertura/
chiusura), il livello di vasche e serbatoi, il dosaggio in ppm (parti per
milione) degli additivi necessari al processo (ad esempio, biossido
di cloro per la preclorazione e per la clorazione ¿nale, policloruro di
alluminio e silice attiva per la chiariÀocculazione) e le caratteristiche
dell’acqua (ossigeno, redox, temperatura, conducibilità, torbidità, PH,
cloro).
La piattaforma PlantPAx per AQP ha previsto anche l’installazione, in
architettura client/server, di due Server con piattaforma FactoryTalk
View in con¿gurazione ridondata con hotbackup e di un Server con
FactoryTalk VantagePoint, dedicati alla supervisione centrale e al
controllo dei parametri di conduzione dell’impianto, oltre a un Server
con FactoryTalk Historian da 5mila tag, dedicato all’archiviazione dei
dati storici.
Per il monitoraggio dei consumi energetici del potabilizzatore del
Sinni sono stati distribuiti nelle varie sezioni dell’impianto anche 19
misuratori di potenza Allen-Bradley PowerMonitor 1000 per l’analisi
quantitativa dell’energia e un misuratore Allen-Bradley PowerMonitor
3000 per l’analisi qualitativa, comprensiva di analisi delle armoniche,
oscillogra¿a e rilevamento transitorio. I PowerMonitor 1000 rilevano
i dati elettrici di alcuni dei componenti più strategici dell’impianto: tre
motori del controlavaggio, tre del sof¿aggio, tre del recupero dell’acqua di controlavaggio, sei motori del sollevamento e tre del recupero
dell’acqua di canale. Le unità PowerMonitor sono direttamente connesse a ControlLogix, sono gestite e con¿gurate attraverso il software
di Energy Management FactoryTalk EnergyMetrix, al quale spettano
poi la raccolta e l’analisi di tutte le informazioni elettriche trasmesse
dai misuratori.
Le soluzioni hardware e software della piattaforma PlantPAx di
Rockwell Automation ‘parlano tra loro’ attraverso un’unica rete ad
anello Ethernet/IP in ¿bra ottica, comprensiva di 15 switch managed
Industrial Ethernet Allen-Bradley Stratix 8000. Per la programmazione di tutte le soluzioni di controllo logico, supervisione e monitoraggio
energetico sono stati utilizzati i due ambienti di sviluppo FactoryTalk
View Studio SE e RSLogix 5000.
Risultati
“Abbiamo collaborato con Rockwell Automation allo sviluppo e all’integrazione software, con l’elaborazione integrata e la personalizza-
zione dei parametri elettrici e idraulici per la piattaforma PlantPAx, in
modo da consegnare ad AQP per l’impianto del Sinni una soluzione di
automazione e supervisione direttamente connessa con il software di
Energy Management, comprensiva di interfacciamento diretto verso il
sistema informativo di telecontrollo aziendale Sismap”, dice Vincenzo
Lanave, General Manager di Intesis. “In particolare, ci siamo concentrati sulla personalizzazione di FactoryTalk EnergyMetrix, in base alle
esigenze di reportistica espresse da AQP, in modo che alla utility fosse possibile aggiungere all’elaborazione dei bilanci idrici e volumetrici
dello Scada un ulteriore livello avanzato di analisi energetica.
Questo ha permesso ad AQP non solo di avviare un vero e proprio
programma di manutenzione predittiva, ma anche e soprattutto di
regolare al meglio, nelle 24h, il funzionamento delle pompe e delle
altre macchine altamente energivore in base alle tariffe del gestore
elettrico”.
Insieme alle funzionalità tradizionali di uno Scada, come quelle di diagnostica, visualizzazione, analisi dei trend in tempo reale e dei dati
storici, la piattaforma PlantPAx propone l’integrazione completa del
monitoraggio energetico, partendo dalle misure acquisite in campo
dai PowerMonitor. “Lavorando su un software così aperto come FactoryTalk EnergyMetrix, abbiamo creato 100 pagine video sinottiche,
aggregate e in dettaglio, che mettono in evidenza il rendimento per
ogni singola macchina e ogni singola fase di processo, il suo trend
in uno speci¿co arco temporale - anche inferiore a un’ora - o in una
determinata fascia tariffaria, e permettono di tenere sotto controllo il
sistema di rifasamento, distinguendo sempre tra i due diversi centri
di costo del sollevamento o della potabilizzazione”, aggiunge Lanave.
“Ciò permette ad AQP di determinare i rendimenti e gli indici prestazionali strategici per il controllo di consumi e costi, con la possibilità
di supportare anche le simulazioni di funzionamento per la redazione
dei budget di spesa energetica e dei bilanci di previsione”.
La collaborazione con Rockwell Automation e Intesis ha consentito
ad AQP di massimizzare l’ef¿cienza – su un impianto già ad elevato
rendimento e tuttavia altamente energivoro come il Sinni – registrando una riduzione annua dei consumi energetici compresa tra l’1%
e il 2%. Questo traguardo è possibile grazie all’integrazione dello
Scada con il software FactoryTalk EnergyMetrix e all’ottimo grado di
approfondimento e dettaglio nell’analisi energetica consentito da FactoryTalk Energy Metrix.
“Per noi è più importante analizzare i trend che non i valori assoluti.
Ciò permette di fare previsioni più realistiche a supporto delle fasi
decisionali strategiche”, commenta Fiori. “Grazie alla personalizzazione di Intesis, i dati sono fruibili ai nostri interlocutori aziendali nel
formato più idoneo e sono facilmente visualizzabili grazie alle videate
estremamente user-friendly dei software FactoryTalk. Se non si misura correttamente, non si può perseguire un bilancio idrico ef¿ciente:
con PlantPAx di Rockwell Automation riusciamo ad acquisire i dati
energetici in tempo reale e usarli realmente per risparmiare!”.
www.rockwellautomation.it
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Intercettazione . Sicurezza . Regolazione . Scarico condensa per BIOENERGIA:
L‘energia del futuro ...
Centrale di Lienz, Austria
ZESA®
EURO-WEDI®
ASTRA®
FABA®
SAFE
STEVI®
... è rinnovabile, sostenibile e amica dell‘ambiente.
di condensa. La centrale di Lienz in Austria è solo uno
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VALVOLE TEDESCHE DI QUALITÀ
IMPRONTA
ALIMENTARE
IMPATTO AMBIENTALE
SULL’ATMOSFERA
DELLA PRODUZIONE E CONSUMO
ALIMENTARE
Giorgio Nebbia
Dal campo alla tavola, durante l’intero ciclo che va dalla produzione al consumo
e al metabolismo alimentare, vengono generati rifiuti gassosi che in parte vanno
a sommarsi alle altre emissioni di gas climalteranti. È possibile ridurne l’impatto
inquinante?
Nell’articolo precedente di
questa serie (E&Aoggi, 2014,
13, 32), dedicata agli effetti
della produzione alimentare
sull’ambiente circostante, si è
accennato al ciclo complesso
delle attività che cominciano dai
campi e finiscono nella nostra
cucina per darci il cibo quotidiano.
Le sostanze nutritive vegetali
prodotte nei ‘campi’ seguono
due diversi cammini: una parte è
destinata all’alimentazione animale
e l’altra alla trasformazione
in prodotti commerciali nel
complesso di attività dell’industria
agroalimentare; i prodotti
della zootecnica a loro volta
vengono assorbiti dall’industria
agroalimentare e trasformati nei
prodotti commerciali. Ma anche i
prodotti dell’agroindustria, prima
44
n.14 maggio 2014
di arrivare nelle nostre case e
alla ristorazione collettiva - nel
seguito chiameremo questi due
centri di ‘consumo’ col nome di
‘famiglie’ - passano attraverso
numerose operazioni di trasporto e
di distribuzione, fino al negozio da
cui acquistiamo i nostri cibi. Infine
gli alimenti comprati nei negozi
raramente vengono ‘mangiati’
come tali e sono sottoposti
quasi sempre a operazioni di
trasformazione e cottura.
In tutti questi passaggi gran
parte della materia entrata in
gioco genera dei rifiuti gassosi;
il protagonista di questi cicli
complessi è l’elemento carbonio;
anzi la produzione e l’uso degli
alimenti umani rappresentano, in
ciascun paese e nel mondo intero,
una parte del ciclo del carbonio
planetario, quella d’importanza
‘economica’ in quanto gli scambi
di materia al suo interno sono
gli unici accompagnati anche da
scambi di denaro.
Il ciclo del carbonio, com’è ben
noto, comincia con l’anidride
carbonica dell’atmosfera, fissata,
grazie all’energia solare, insieme
all’acqua, mediante la fotosintesi,
nei vegetali, nelle innumerevoli
molecole organiche presenti
nelle foglie, nei semi, nei tuberi
eccetera. La fotosintesi genera,
come rifiuto, l’ossigeno che viene
ceduto all’aria. Le molecole dei
vegetali vengono ‘acquistate’ dagli
animali - l’uomo è uno di questi che le trasformano nelle molecole
del proprio corpo e in energia
‘acquistando’ ossigeno dall’aria e
liberando, come rifiuto, anidride
carbonica e altri gas. Anche
le molecole delle scorie solide
vegetali e animali vengono in gran
parte trasformate, nel suolo e nelle
acque, in sostanze gassose che
finiscono nell’aria, il grande corpo
ricevente.
Le coltivazioni e l’atmosfera
Le coltivazioni agricole, la base del
ciclo alimentare, sono interessate
da altri scambi con l’atmosfera,
oltre a quelli dell’anidride carbonica
e dell’ossigeno che comunque
sono rilevanti, dell’ordine di
varie tonnellate di ciascuno dei
due gas, per ettaro all’anno.
La preparazione dei terreni
agricoli comporta l’immissione
nell’atmosfera di gas e polveri. Le
coltivazioni economiche richiedono
l’apporto al terreno di concimi;
quelli azotati hanno lo scopo di
fornire al terreno i nitrati necessari
alle piante per la formazione di
proteine; tali concimi per lo più
vengono utilizzati in una forma
chimica, come sali di ammoniaca e
come urea, che consente una lenta
trasformazione in nitrati nel suolo.
Una parte di questo azoto viene
perduto nell’atmosfera sotto forma
di ammoniaca o di ossidi di azoto.
Si stima che il sistema agricolo
italiano immetta nell’atmosfera
circa mezzo milione di tonnellate
all’anno di ammoniaca. Alcune
piante, le leguminose, sono capaci
di trarre l’azoto necessario per la
loro sintesi proteica direttamente
dall’azoto gassoso dell’atmosfera
grazie a batteri azoto-fissatori
presenti per lo più nelle radici.
Le coltivazioni di riso, d’altra
parte, immettono nell’atmosfera
metano, in una quantità in Italia
stimata di circa 20.000 tonnellate/
anno, equivalenti, come effetto
serra, a circa 1,5 milioni di
tonnellate di anidride carbonica.
Il metano, infatti ha un potere
di riscaldamento dell’atmosfera
per effetto serra circa 20 volte
superiore, a parità di peso, rispetto
al principale gas serra, l’anidride
carbonica. Anche la protezione
delle colture con pesticidi
comporta la distribuzione in forma
pulverulenta di questi agenti che
in parte finiscono nell’atmosfera e
possono essere nocivi agli stessi
lavoratori.
Zootecnia
Gli animali destinati
all’alimentazione umana si
nutrono sia di vegetali presenti
nei pascoli, ma soprattutto, nella
zootecnia intensiva, di mangimi
costituiti da prodotti e sottoprodotti
agricoli; anche sottoprodotti
contenenti cellulosa che può
essere utilizzata come nutrimento
da molti animali da allevamento.
La crescita degli animali ha
luogo con trasformazioni che
usano l’ossigeno tratto dall’aria
e liberano anidride carbonica.
Ma questi sono soltanto alcuni
dei gas coinvolti nella zootecnia.
Una parte del carbonio presente
negli alimenti viene trasformata in
metano e anzi la zootecnia è una
delle importanti fonti del metano
immesso nell’atmosfera. Come
ordine di grandezza si calcola
che una mucca da latte immetta
nell’atmosfera, sotto forma di
flatulenze, da 50 a 100 kg all’anno
di metano. In Italia nel complesso
le emissioni enteriche di metano
della zootecnia ammontano a
circa mezzo milione di tonnellate
all’anno, equivalenti, come effetto
serra, a 10 milioni di tonnellate
all’anno di anidride carbonica.
La stalla ‘puzza’ perché nel
metabolismo animale si formano
altre molecole gassose, di odore
sgradevole; inoltre, come nel caso
di qualsiasi animale, il metabolismo
produce rifiuti liquidi e solidi esposti
a decomposizione con liberazione
di composti gassosi, ancora
principalmente anidride carbonica,
ammoniaca e metano. Si stima
che gli escrementi della zootecnia
in Italia immettano nell’atmosfera
circa 150.000 tonnellate all’anno di
metano e circa 300.000 tonnellate
all’anno di ammoniaca.
Lo smaltimento degli escrementi
animali richiede processi di
trattamento e depurazione per
evitare l’inquinamento atmosferico;
in genere si tratta di processi di
sedimentazione della frazione
solida e di decomposizione
microbica delle varie frazioni, con
formazione di gas. Nei processi
più razionali addirittura una
parte del metano che si libera,
in quantità, come si è visto, non
trascurabile, viene recuperato
e utilizzato come combustibile.
Purtroppo una parte degli
escrementi, in Italia, in Europa
e nel mondo, viene immesso
senza trattamento nell’ambiente
e fornisce un contributo rilevante
all’inquinamento atmosferico, oltre
che a sgradevoli odori e al pericolo
di contaminazione delle acque
con cui può venire a contatto la
popolazione.
Agroindustria
Se s’intende come industria
agroalimentare l’insieme delle
operazioni di trasformazione
dei prodotti agricoli e degli
animali nelle forme che vengono
immesse al consumo finale, ci si
trova di fronte a numerosissime
attività, spesso intrecciate fra
loro, ciascuna delle quali tratta,
come materie prime, materiali
continuamente variabili a
seconda della provenienza e
delle stagioni, o sottoprodotti di
altre lavorazioni agroalimentari
(per esempio il siero residuo della
lavorazione del latte usato per
l’alimentazione dei suini) e anche
materiali agricoli e zootecnici
di importazione. Il processo,
per esempio, di macellazione,
immette gas nell’atmosfera nelle
fasi di separazione e smaltimento
delle varie parti dell’animale,
dal sangue, alle interiora, ai vari
‘quarti’ di carne che sarà distribuita
alle macellerie. In questo, come
in tutti gli altri casi dell’industria,
vanno aggiunte le emissioni di
gas associate all’uso delle fonti di
energia necessarie per i vari cicli
produttivi. Il latte, in parte prodotto
Fonte: Giovanni Dall’Orto
n.14 maggio 2014
45
IMPRONTA
ALIMENTARE
in Italia, in parte di importazione,
usato in Italia in ragione di circa
100 milioni di tonnellate all’anno,
in parte viene trasformato in
burro e formaggi e in parte viene
immesso al consumo direttamente
in confezioni di vetro o di materia
plastica o di tetrapak, a loro
volta fabbricate con processi
che producono inquinamento
atmosferico, una quantità di gas
che, a rigore, dovrebbe essere
aggiunto alle emissioni del
settore agroindustriale. Gli agrumi
vengono in parte trasformati in
succhi; il caffè viene tostato con
emissioni di fumi; inquinamento
atmosferico si ha nella produzione
del pane e dei dolciumi, nella
produzione di oli e grassi e delle
conserve di pomodoro, per citare
soltanto alcuni dei tanti settori
di preparazione degli alimenti. I
dati delle emissioni, stimati per il
settore dell’industria degli alimenti
e bevande, sono aggregati e
non consentono di riconoscere
il contributo all’inquinamento
atmosferico di ciascun settore
merceologico.
In vista dell’Expo 2015 si stanno
moltiplicando, anche a livello
parlamentare, le inchieste sul
settore agroindustriale ed è
46
n.14 maggio 2014
sperabile che, come sottoprodotto,
vengano migliorati i rilevamenti dei
dati statistici sull’intera ‘matrice’
dei complessi scambi del settore e
dei relativi inquinamenti, sia idrici,
sia atmosferici.
Distribuzione e consumo
Il ciclo degli alimenti continua nella
fase di distribuzione; i produttori
di alimenti raramente hanno
contatto diretto con le ‘famiglie’
che si approvvigionano attraverso
le numerosissime forme di
distribuzione, dal piccolo negozio
sotto casa, ormai sempre più
raro, alla grande distribuzione che
offre tutti insieme numerosissimi
prodotti. La movimentazione degli
alimenti e il relativo consumo
di combustibili fossili ha effetti
sull’aria tutt’altro che trascurabili,
anche se nelle statistiche
l’inquinamento dovuto a questa
fase della catena alimentare
sfugge, perché figura nei dati
relativi all’inquinamento dovuto al
settore dei trasporti. Eppure tale
movimentazione riguarda diecine
di milioni di tonnellate all’anno
di merci, di alimenti e delle loro
confezioni e imballaggi, talvolta
più pesanti dello stesso contenuto;
si pensi solo al trasporto
attraverso l’Italia degli oltre dieci
milioni di tonnellate all’anno di
acqua in bottiglia.
Dopo tanta strada, gli alimenti
arrivano finalmente alle famiglie in
cui gli alimenti vengono rielaborati
e trasformati, anche in questo
caso con immissione nell’aria,
in spazi ristretti questa volta, di
sostanze chimiche che si formano
durante la cottura e la frittura. Il
riscaldamento, infatti, provoca
trasformazioni della materia
organica con liberazione di gas
spesso sgradevoli, che vengono
poi dispersi nell’aria, costituiti da
composti organici volatili diversi
dal metano (COV come sono
genericamente indicati nelle
statistiche dell’inquinamento)
di variabilissima e spesso
sconosciuta o trascurata natura
chimica; un esempio è l’acroleina
che si forma nella frittura.
Gas del metabolismo
Anche nel caso degli esseri
umani, come in quello del
bestiame, come è ovvio, le
molecole degli alimenti non
scompaiono; in parte vengono
assorbite all’interno dell’organismo
contribuendo alla crescita del
corpo, ma la quasi totalità ritorna
nell’ambiente. Intanto come
gas di respirazione, anidride
carbonica e vapore acqueo: per
una persona media circa 10.000
metri cubi al giorno, contenenti,
in espirazione, da 0,5 a 1 kg
di anidride carbonica. Ritorna
così all’atmosfera in forma
gassosa parte di quella anidride
carbonica che era servita per
‘fabbricare’ i vegetali che sono
all’inizio di questo ciclo. Con
la differenza che, a differenza
del ciclo del carbonio in natura,
sostanzialmente chiuso, nel
caso degli esseri umani solo una
parte del carbonio contenuto
nel cibo torna nell’atmosfera
disponibile per altra fotosintesi,
per altri vegetali, per altro cibo;
una parte viene immobilizzata
negli escrementi e nei rifiuti solidi.
Ancora una volta, a differenza
di quanto avviene in natura,
gli escrementi non ritornano
direttamente nel terreno ma
sono (dovrebbero essere, per
motivi igienici) convogliati nelle
stesse reti di fognature e nei
depuratori nei quali sono miscelati
a molti altri rifiuti solidi e liquidi
della vita ‘familiare’. Si pensi ai
fastidiosi residui di olio di frittura,
ma anche al cibo sprecato
che in parte viene gettato nelle
fognature e in parte finisce nei
rifiuti solidi urbani. Tutta questa
ricchezza di molecole contenenti
carbonio e azoto genera ancora
in parte anidride carbonica
con processi microbiologici di
decomposizione, in parte produce
metano, composti organici volatili
e ammoniaca. Anche in questo
caso, come nelle discariche
di rifiuti animali, una parte del
metano può essere catturata e
usata come combustibile, col che
il carbonio potrebbe tornare come
anidride carbonica nell’atmosfera,
anche se una parte del carbonio
originale non torna nell’atmosfera
ed è ‘perduta’ come gas.
È questo il prezzo che si paga per
l’incapacità di operare, per motivi
economici o per pigrizia o per
ignoranza, imitando la natura che
ne sa sempre più di noi!
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IMPRONTA
ALIMENTARE
LE EMISSIONI
IN ATMOSFERA
DELLA FILIERA AGROALIMENTARE
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Riccardo Guidetti*, Davide Facchinetti*
A livello globale l’agricoltura è responsabile per circa il 25%
delle emissioni di gas serra mentre in Italia il contributo
varia dal 7 al 15%, ponendo comunque il settore agricolo
al secondo posto dopo quello energetico.
La filiera agroalimentare si
caratterizza per diverse fasi che,
per sua natura, integrano le
logiche del mondo agricolo con
quelle industriali. La produzione
di alimenti, d’altra parte, sta
diventando uno delle sfide
planetarie legate all’incremento
vertiginoso della popolazione.
Ovviamente gli impatti in termini
di atmosfera sono differenziati e
dovuti alle tipologie di operazioni e
trasformazioni eseguite. Se infatti
in ambito agricolo si effettuano
tutti i trattamenti per la lavorazione
del terreno, per la gestione
delle colture, delle piante e degli
allevamenti, per le operazioni di
raccolta, per ciò che riguarda le
trasformazioni, invece, le esigenze
diventano quelle di tipo industriale,
senza emettere in atmosfera
particolari sostanze, considerando
che l’industria agroalimentare
interviene sulla materia prima
essenzialmente con operazioni
48
n.14 maggio 2014
termiche e/o raffreddamenti oltre
che con fasi di packaging e di
trasporto.
Le fasi agricole
Nell’accezione popolare a volte si
pensa all’agricoltura come a quel
particolare settore che, dato il fatto
che produce derrate alimentari
basate essenzialmente sulla
coltivazione di specie vegetali,
contribuisce alla fissazione di CO2
atmosferica, e quindi diminuisce
l’impatto delle attività umane circa
l’emissione in atmosfera di gas
serra e di altre sostanze inquinanti.
A conti fatti però, se si considera
la Carbon Footprint (impronta del
carbonio) cioè l’indice usato per
esprimere la quantità di gas serra,
tale astrazione risulta totalmente
errata e, in realtà, una nutrita serie
di studi hanno dimostrato che
l’agricoltura è responsabile per
circa il 25% delle emissioni di gas
serra a livello globale, e questo sia
per una massiccia deforestazione
perpetrata nei Paesi in via di
sviluppo, sia per l’utilizzo dei
fertilizzanti e per la combustione di
derivati del petrolio.
Spostando l’indagine sull’Unione
Europea a 27 Paesi e basandosi
sui dati divulgati nel 2102
dall’Agenzia Europea per
l’Ambiente (EEA) il settore agricolo
contribuisce alle emissioni di gas
a effetto serra apportando circa il
10% dei 4.721 milioni di tonnellate
di CO2-equivalente.
Restringendo ulteriormente il
campo d’indagine e basandosi
sulle emissioni Italiane, diversi
studi attribuiscono al settore
agricolo dal 7 al 15% delle
emissioni di gas a effetto serra,
ponendo comunque il settore
al secondo posto dopo quello
energetico cui spetta un contributo
dell’80% circa.
I gas a effetto serra prodotti
dal settore agricolo sono
principalmente il metano e gli
ossidi di azoto, e seppur a chi
non è pratico del settore possa
sembrare quasi incredibile,
la maggior parte del metano
presente in atmosfera è emesso
dai ruminanti, e in minor parte
proviene anche da incendi delle
foreste e dalla coltivazione di riso
in condizione di sommersione.
Il settore zootecnico da solo,
per via delle cospicue emissioni
derivanti dai processi digestivi
(specie dei ruminanti) e dalla
*Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’università degli Studi di Milano
successiva gestione delle
deiezioni, contribuisce per circa
il 50% al totale delle emissioni
di gas serra dell’agricoltura, che
sono imputabili soprattutto al
metano. Il metano si produce
quando la sostanza organica
si decompone in un ambiente
povero di ossigeno, ossia nelle
fermentazioni ruminali e del grosso
intestino, ma anche nel successivo
stoccaggio degli effluenti di
allevamento. I vari ossidi di azoto
provengono invece sia dall’uso dei
fertilizzanti e dalla trasformazione
microbica dell’azoto che avviene
nei suoli e dalle deiezioni animali,
ma in secondo luogo anche dalle
emissioni prodotte dai motori dei
macchinari agricoli.
Ad ogni modo è veramente
difficile effettuare delle stime che
rispecchino perfettamente la realtà,
in quanto i fattori in gioco sono
veramente molti e la variabilità
degli stessi è davvero molto ampia.
L’entità della produzione di metano
da parte degli animali allevati
dipende ad esempio moltissimo
dal tipo di dieta utilizzata per
l’alimentazione degli stessi, e nello
specifico il metano è prodotto in
modo inversamente proporzionale
alla digeribilità della razione
alimentare.
Le emissioni di metano dalle
deiezioni zootecniche, è invece
proporzionale alla quantità di
sostanza organica contenuta
nelle deiezioni ed è fortemente
influenzata dalla temperatura; le
emissioni sono infatti pressoché
nulle al di sotto dei 10 °C, mentre
quando si supera questo valore
la produzione di metano cresce
in modo esponenziale. Anche la
tipologia del materiale stoccato
(miscela di deiezioni e materiale
di lettiera), influenza l’entità delle
emissioni, che si accrescono
proporzionalmente all’aumentare
della frazione liquida. È ovvio poi
che in presenza di deiezioni che
vengono inviate ad un digestore
anaerobico per la produzione di
biogas le emissioni di metano
vengano pressoché annullate,
ma è poi necessario andare a
considerare le emissioni di CO2
derivanti dalla combustione del
biogas.
Le emissioni di protossido di
Figura 1 - Spandimento letame e liquame: le fasi relative allo spandimento del letame e
soprattutto dei liquami di origine zootecnica risultano molto critiche per quanto riguarda le
emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra.
azoto (N2O) connesse alle attività
agricole che derivano dalla
gestione delle deiezioni e dei
suoli vengono convenzionalmente
distinte in emissioni dirette, che
derivano dagli apporti di azoto con
fertilizzanti, dalla decomposizione
dei residui colturali e dalla
mineralizzazione della sostanza
organica del suolo; ed emissioni
indirette, derivanti dalla
deposizione di ammoniaca (NH3)
e di ossidi di azoto (NOx) emessi
in atmosfera (Figura 1). In questo
caso solo le emissioni indirette
sono preventivabili con una
buona approssimazione mentre la
variabilità per le emissioni dirette è
molto ampia.
Le emissioni di N2O dalla gestione
delle deiezioni dipendono dal
contenuto di azoto e carbonio dei
prodotti stoccati, dalle modalità di
stoccaggio e dalla sua durata e dal
tipo di trattamento che precede lo
stoccaggio (es. separazione). Le
emissioni aumentano in ambiente
anaerobico ove sono presenti sia i
nitriti (NO2) sia i nitrati (NO3), che si
formano solo quando le deiezioni
sono esposte
all’ossigeno.
Per
Le emissioni di gas serra
Le emissioni di gas serra vengono
espresse utilizzando come unità
di misura l’unità equivalente di
anidride carbonica (CO2-eq), che
correla gli effetti dei diversi gas
nel generare l’effetto serra rispetto
a quelli che darebbe un analogo
apporto in termini di CO2. Per
effettuare questa conversione
si fa riferimento al potenziale di
riscaldamento globale denominati
GWP (acronimo anglofono di Global
Warming Potential). I GWP sono
calcolati dall’Ipcc (Intergovernmental
Panel on Climate Change) e
tengono conto sia della forza che
hanno i vari gas nel trattenere le
radiazioni, sia della vita degli stessi
in atmosfera. Secondo le più recenti
stime dell’Ipcc il protossido d’azoto
(N2O) è un gas serra 298 volte più
potente della CO2, mentre il metano
(CH4) 25 volte.
n.14 maggio 2014
49
IMPRONTA
ALIMENTARE
Figura 2 - Confronto delle emissioni in termini di particolato tra motori non emissionati
rispetto ai moderni Tier 4 Ànal.
Tabella 1 – Produzione di CO2 per alcune produzioni alimentari (R. Engström, 2004)
Alimento kg o L
gCO2 e
Alimento kg o L
gCO2 e
Patate
610
Olio
2.670
Ortaggi
840
Frutta secca
3.020
Frutta
875
Cereali colazione
3.050
Pane
980
Carne avicola
3.730
Latte
1.260
Riso
3.885
Margarina
1.360
Uova
4.090
Legumi
1.550
Carne suina
4.660
Yogurt
1.570
Pesce
4.755
Biscotti
1.840
Burro
8.605
Dolci
2.155
Formaggio
9.460
Pasta
2.390
Carne bovina
2.5670
questo le emissioni aumentano
nel caso di eluenti solidi rispetto a
quelli liquidi.
Le emissioni derivanti dall’utilizzo
di fonti fossili, almeno in Italia,
sono facilmente riconducibili ai
quantitativi di gasolio agricolo
utilizzato. Per esso è facile
ipotizzare circa 2,5 kg di CO2
emessa in atmosfera per ogni
kg di gasolio bruciato, ma risulta
arduo stimare con precisione
le emissioni in termini di NOx,
in quanto il medesimo gasolio
può emetterne in quantità
molto variabili in funzione della
tipologia di motore nel quale viene
utilizzato. Passando ad esempio
da un vecchio motore non
regolamentato secondo le attuali
50
n.14 maggio 2014
normative anti-inquinamento
a un recentissimo propulsore
rispondente ai dettami del Tier
4 interim, le emissioni in termini
di NOx passano ad esempio da
circa 10 g per ogni kW/h prodotto
a meno di 1 (Figura 2).
Le fasi di trasformazione
Il settore della trasformazione
implica operazioni di tipo
industriali che permettono alle
materie prime (ingredienti) di
diventare i prodotti alimentari
che troviamo in vendita nei
diversi canali distributivi. Si
tratta d’interventi atti a preparare
le produzioni agricole per
trasformarle o in semilavorati
che saranno ingredienti in altri
processi industriali o prodotti finiti.
I processi sono estremamente
variegati e le specificità sono
notevoli. Si tratta, in gran
parte, d’interventi atti a ridurre
fisicamente i prodotti agricoli e
a processarli tramite trattamenti
termici (pastorizzazione,
sterilizzazione ma anche
refrigerazione, congelamento)
dove l’impiego principale è legato
alle fonti energetiche previste
nel processo. In atmosfera,
pertanto, finiranno da una parte i
residui di combustione e il calore
inutilizzato dal processo, dall’altro,
indirettamente, quello legato alla
produzione di energia elettrica
utilizzata. Anche per l’aspetto
della trasformazione, comunque,
il principale indice che viene
assunto in termini di valutazioni
sull’atmosfera si riconducono a
bilanci di gas serra trasformati
in grammi equivalenti di CO2
(Tabella 1). Si tratta di valori più o
meno condivisi che ci permettono
di avere un’idea della ‘gerarchia’
ambientale degli alimenti: tali
discorsi, però, devono essere
confrontati sempre con aspetti
di tipo nutrizionale e sociale
in quanto alcune conclusioni
affrettate non portano a nessuna
soluzione reale e, anzi, ad alcune
aberrazioni.
L’analisi del processo
agroalimentare, porta spesso a
fare delle valutazioni grossolane
sul packaging e sul trasporto:
studi di Life Cycle Assessment,
comunque, evidenziano come
l’impatto, e quindi il peso, di
queste fasi sia diverso a seconda
della filiera valutata: due studi
condotti dal Dipartimento di
Scienze Agrarie e Ambientali
sulla filiera del vino e su quella
di produzione di prodotti di IV
gamma (la frutta, la verdura e,
in generale, gli ortaggi freschi,
a elevato contenuto di servizio,
confezionati e pronti per il
consumo), hanno evidenziato
come, per la prima, l’impatto della
fase di imbottigliamento (fase di
imbottigliamento in bottiglia di
vetro) possa arrivare fino al 55%
e del trasporto sia compresa tra
l’8 % (distribuzione nazionale) e il
15% (distribuzione internazionale);
per la seconda filiera, invece, i
dati confermano una percentuale
del 5% per il packaging e
minore del 3% per il trasporto
rispettivamente.
Conclusioni
Le produzioni alimentari
costituiscono una delle filiere
fondamentali per l’uomo. Il
soddisfacimento dei bisogni
primari rappresenta un dovere
per l’intero sistema produttivo:
lo sviluppo tecnologico e le
diverse soluzioni adottate per le
lavorazioni dei prodotti alimentari
stanno cercando di mettere a
punto soluzioni in grado di limitare
le emissioni in atmosfera e
contribuire significativamente alla
riduzione dell’impatto ambientale
complessivo della filiera.
La strada da percorrere è
ancora lunga in considerazione,
specialmente, dei grandi numeri
in gioco: ogni scelta deve sempre
essere mediata con la crescita
della popolazione e il diritto ad
una alimentazione sana e corretta
per tutti. Esempi di soluzioni
tecnologiche adottate, che hanno
portato a una riduzione delle
emissioni in atmosfera senza
limitare le prestazioni quantitative
della filiera sono presenti: si
pensi alle trasformazioni in atto in
agricoltura in termini di adozione
di pratiche di ‘lotta integrata’
entrata in vigore dal 1 gennaio
2014 o alla gestione dei fluidi
frigorigeni dove le scelte tecnico/
politiche sono state scadenziate
permettendo di ottenere risultati
certi, in tempi compatibili con
l’evoluzione tecnica.
L’atmosfera non è un serbatoio
infinito: dobbiamo cominciare a
svuotarlo da tutte le sostanze
che stanno manifestando un
effetto di accumulo preoccupante;
l’unica via possibile, per ciò che
riguarda il contributo della filiera
agroalimentare, è una gestione
ragionata e ragionevole di tutte le
singole fasi dei cicli produttivi.
Barattoli, scatolette, tappi, secchielli, fusti e bombolette....oltre a proteggere e
conservare in modo sicuro i prodotti, sono riciclabili al 100% e all’infinito!
Per questo ti chiediamo di separare gli imballaggi in acciaio dal resto dei rifiuti,
contribuendo al loro riciclo e ottenendo così nuova materia prima per la realizzazione
di binari ferroviari, lamiere per auto o navi, travi e tondino per cemento armato…
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acciaio oppure visita il sito www.consorzioricrea.org.
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24/07/13 11:42
MONITORAGGIO
EMISSIONI
LA STIMA DELLE
EMISSIONI DI CO2
DELLE UNIVERSITÀ
IL CASO DEL POLITECNICO DI MILANO
Stefano Caserini*, Sara Scolieri*, Eleonora Perotto**
Il presente articolo illustra la quantificazione delle emissioni di CO2 del
Politecnico di Milano (Campus Città Studi), effettuata nell’ambito del
progetto “Città Studi Campus Sostenibile”. I risultati ottenuti sono stati
confrontati con quanto ottenuto da altri Atenei (nazionali ed internazionali)
e sono stati utilizzati per proporre alcune strategie di riduzione.
*Politecnico di Milano, Dica Sez. Ambientale
**Politecnico di Milano, Servizio Sostenibilità di Ateneo
52
n.14 maggio 2014
Figura 1 - Ripartizione delle emissioni totali del Campus Città Studi nelle categorie analizzate.
Un numero sempre maggiore
di università europee ed
extra-europee ha iniziato a
monitorare i propri consumi
energetici, redigendo inventari
delle emissioni di gas serra al
fine di valutare come rendere
più sostenibili le attività.
In tale contesto, nel 2011
il Politecnico di Milano e
l’Università Statale di Milano
hanno avviato il progetto “Città
Studi Campus Sostenibile”
(Cscs) [1] ed aderito
all’International Sustainable
Campus Network [2] con lo
scopo di fare del quartiere
universitario di Città Studi un
esempio per qualità della vita
e sostenibilità ambientale.
In questo ambito, tra le
diverse iniziative avviate dal
Politecnico, si annoverano
quelle per ridurre i consumi
energetici e le correlate
emissioni in atmosfera,
in primis quelle di CO 2. In
particolare, parallelamente
alle attività di carattere
impiantistico e progettuale
da poco intraprese dalle
aree tecniche dell’Ateneo
per iniziare a monitorare e
gestire i consumi energetici,
sono state intraprese attività
di sensibilizzazione verso
studenti e personale (come la
pubblicazione di un “Codice
dei comportamenti di Ateneo”,
sul sito del progetto Cscs –
realizzato in modalità wiki) e
studi sull’Ateneo stesso. In
questo ultimo ambito ricade
il lavoro oggetto del presente
articolo, che origina da una
tesi di Laurea magistrale che
ha effettuato il primo inventario
delle emissioni di CO 2 del
Campus Città Studi, il campus
più grande dell’Ateneo, con
successiva proposta di azioni
strategiche finalizzate alla
riduzione delle emissioni [3].
Figura 2 - Emissioni di CO2 di accesso al Campus Città Studi suddivise per mezzo di trasporto.
smaltimento dei rifiuti e
delle acque reflue, dai gas
refrigeranti e dai laboratori, e
quelle derivanti dall’energia
incorporata nei beni e nei
servizi acquistati. La raccolta
dati in questi settori risulta,
infatti, difficoltosa ed imprecisa
e la metodologia di stima è
ancora in fase di sviluppo,
come emerge dal confronto
dei casi universitari analizzati,
presi a campione, nel corso del
Metodologia di stima e
lavoro di tesi, ove si evince che
raccolta dati
le incertezze maggiori sono
Oggetto dello studio è
attribuibili a questi settori; tali
il Campus di Città Studi
emissioni risultano comunque
del Politecnico di Milano,
poco significative nei contesti
che ricopre una superficie
calpestabile di 185.990 m 2
analizzati.
La CO2 è stato l’unico gas serra
ed è frequentato da circa
20.000 persone, di cui circa
considerato, in quanto in altri
17.000 studenti. I diversi
lavori simili essa costituisce
tipi di emissioni sono stati
circa il 98% dell’emissione
suddivisi secondo gli “Scopi”
totale di un’università, e
e le categorie definiti dal GHG
il suo valore incrementa
Protocol (WRI/Wbcsd) [4] e
maggiormente quando si
dalla serie ISO 14064 [5].
analizzano le emissioni
Le categorie analizzate
derivanti da combustibili
secondo la suddivisione del
fossili. La metodologia di stima
GHG protocol, sono:
delle emissioni si basa sulla
scopo 1 - emissioni derivanti da seguente formula generale:
fonti di proprietà o controllate
dall’Ateneo;
Etot = Yi (ADi ·EFi) (1)
scopo 2 - emissioni derivanti
da fonti energetiche acquistate dove:
dall’Ateneo;
Etot = emissione totale
scopo 3 - emissioni derivanti
ADi = dato di attività riferito alla
da fonti che non appartengono sorgente i
o non sono direttamente
EFi = fattore di emissione
controllate dall’Ateneo.
riferito alla sorgente i
Non sono state considerate
le emissioni derivanti dallo
Il fattore di emissione è definito
come l’emissione d’inquinante
di una data sorgente emissiva
per unità d’indicatore della
sorgente stessa. L’indicatore
(dato di attività) è una quantità
atta a descrivere nel modo
migliore un’attività emissiva (ad
es. consumo di combustibile
nel caso della combustione).
Questa formula è
opportunamente adattata alla
particolarità richiesta da ogni
categoria.
Pur se lo studio ha assunto
come anno di riferimento il
2011, i dati di attività, ove
possibile, sono stati raccolti
anche per gli anni precedenti al
fine di analizzarne la variabilità
e i fattori che la causano.
Per la redazione dell’inventario
è stato necessario reperire
una quantità notevole
d’informazioni e di dati, attività
molto laboriosa a causa della
mancanza di un monitoraggio
integrato dei consumi e
d’informazioni sull’effettiva
reperibilità degli stessi.
La stima delle emissioni si è
basata principalmente su dati
raccolti in modo dettagliato
presso molteplici strutture
dell’Università e presso
Società esterne che gestiscono
alcuni servizi, ad esempio le
centrali termiche di maggior
dimensioni; laddove questi
mancavano ci si è basati
su dati fortemente correlati
al dato di attività cercato
o su elaborazione dei dati
n.14 maggio 2014
53
MONITORAGGIO
EMISSIONI
dall’utilizzo del gasolio (74%)
e in minor parte da benzina
(19%), metano ( 5%) e GPL
(2%).
Infine, per gli spostamenti
motorizzati degli studenti
‘Erasmus’, le emissioni totali
di CO2 risultano essere pari a
0,34 ktCO2/anno e derivano
principalmente da voli ‘short
haul’, con tratte chilometriche
inferiori a 3.700 km.
Figura 3 - Emissioni di CO2 nel Campus Città Studi e intervallo di conÀdenza al 95%.
Figura 4 - Confronto emissioni per unità di superÀcie da consumo elettrico e
riscaldamento ediÀci (tCO2/m2).
derivanti dai sondaggi o dai
campionamenti.
Ad esempio, nel caso del
riscaldamento per alcune
caldaie di piccole dimensioni
è stato necessario ricavare i
consumi di combustibile dalla
potenza delle stesse e alle ore
equivalenti lavorative.
Nel caso dei trasporti sono
stati elaborati i dati di un
censimento effettuato nel
2010 dal Mobility Management
dell’Ateneo [6], che ha
permesso di quantificare
gli spostamenti annui del
personale docente, dei
ricercatori, del personale
amministrativo e degli studenti.
È stata altresì condotta
un’analisi campionaria presso
un dipartimento (Dica) per
stimare le emissioni derivanti
dalle missioni del personale
54
n.14 maggio 2014
docente e dei ricercatori, da
cui sono stati estrapolati i dati
complessivi basandosi sulla
dimensione del personale
strutturato (comprensivo di
docenti e ricercatori).
I fattori di emissione per ogni
tipo di combustibile e sorgente
emissiva (es. automobili, treni
aerei) sono stati reperiti in
letteratura.
Analisi dei risultati
Le emissioni totali di CO 2 del
Campus Città Studi risultano
pari a 21,5 ktCO2/anno per
l’anno 2011, con un valore
procapite di 1,08 tCO 2/persona.
Come mostrato in Figura 1,
le categorie con la maggiore
percentuale di emissione
sono quelle relative ai
consumi elettrici (47%), agli
spostamenti motorizzati di
Stima dell’incertezza delle
emissioni
La stima dell’incertezza
di un’emissione deriva
principalmente dalle incertezze
accesso al Campus (29%) e al associate ai dati di attività;
riscaldamento (15%).
più limitate sono le incertezze
Per quanto riguarda il
relative ai fattori di emissione o
riscaldamento, il 97%
a parametri di trasformazione
dell’emissione deriva
come poteri calorifici, densità
dall’utilizzo di gas naturale
e, per quanto riguarda il settore
dei trasporti, dei coefficienti di
nelle centrali termiche, mentre
occupazione dei veicoli. Per
il 3% deriva dall’uso del
gasolio, un dato costante negli stimare l’incertezza associata
alla stima delle emissioni di
ultimi 6 anni.
Le emissioni degli spostamenti CO2 del Campus Città Studi
si è fatto riferimento alla
motorizzati di accesso al
metodologia proposta dall’Ipcc
Campus (6,4 ktCO2/anno)
derivano per il 78% dal
e utilizzata per gli inventari di
contributo degli studenti
GHG, basata sulla teoria di
e per il 22% dai docenti,
propagazione dell’errore [7].
ricercatori e personale tecnico- L’incertezza dell’emissione
amministrativo.
di CO2 totale del Campus è
Il maggiore contributo
risultata pari al 4%, con un
alle emissioni da trasporti
intervallo di confidenza al 95%
(Figura 2) deriva dall’utilizzo
dell’emissione totale stimato
dell’automobile (55%) e del
in 20.632 - 22.456 tCO 2/anno
treno (36%); sebbene il treno
(Figura 3).
risulti essere il mezzo più
Il maggior contributo
utilizzato, le automobili, avendo all’incertezza deriva dal settore
fattori di emissione nettamente dei trasporti, in particolare
superiori e un coefficiente di
dagli spostamenti motorizzati
carico molto basso, hanno
per accesso al Campus. Nel
l’impatto ambientale più
complesso il basso valore
elevato.
dell’incertezza è dovuto al fatto
Le emissioni totali da missioni
che, nonostante siano presenti
universitarie, pari a 1,5 ktCO 2/
alcune categorie con elevata
anno, derivano per l’87%
incertezza, in due settori che
dall’utilizzo dell’aereo, per il 9% contribuiscono maggiormente
all’emissione totale (elettricità e
dall’auto e per il 4% dal treno.
Il consumo dei carburanti
riscaldamento) i dati di attività
sono quantificati con buona
utilizzati per i veicoli di
proprietà del Campus è molto
precisione.
limitato, seppur in crescita:
le emissioni totali di questa
Confronti con altre Università
Le emissioni pro-capite
categoria, pari a 41 tCO 2/
anno, derivano principalmente
e per unità di superficie
da consumi elettrici e da
riscaldamento degli edifici
stimate nel presente lavoro
sono state confrontate con
quelle di atenei stranieri e
italiani. I dati utilizzati per il
confronto sono stati raccolti
da fonti bibliografiche e da
informazioni inviate dagli
Energy Manager degli Atenei,
ottenendo un campione totale
di 46 università, che è stato
sottoposto ad analisi statistica
per studiarne l’andamento
e verificare la presenza
di eventuali outliers. Dal
confronto è emerso che le
emissioni del Politecnico di
Milano si posizionano su un
livello medio/alto nel panorama
italiano, ma risultano inferiori
a quelle europee e nettamente
inferiori a quelle extra-europee
(Figure 4 e 5).
Strategie di riduzione
In base ai risultati ottenuti
è stato possibile effettuare
una prima valutazione
delle possibili strategie per
la riduzione dei consumi
energetici e degli spostamenti
motorizzati, e delle relative
emissioni, attraverso interventi
di risparmio energetico, di
efficienza energetica e di
miglioramento gestionale,
nonché di minimizzazione degli
spostamenti motorizzati.
Le principali azioni previste
sono un’estesa riqualificazione
impiantistica finalizzata
alla riduzione degli sprechi
energetici (elettrici e termici),
e l’introduzione di una
centrale di trigenerazione,
destinata alla produzione
centralizzata di acqua
calda per il riscaldamento,
acqua refrigerata per il
condizionamento ed energia
elettrica. Sono state altresì
previste misure per ridurre
gli spostamenti aerei per le
missioni, tramite l’utilizzo di
videoconferenze e il maggior
uso del treno. Per quanto
riguarda gli spostamenti per
l’accesso al Campus si è
ipotizzato un’azione forte di
sensibilizzazione per influire
sui comportamenti di studenti
e personale al fine di diminuire
l’utilizzo dell’automobile.
Si è stimato che le misure
identificate siano in grado di
ridurre del 24% le emissioni
del Campus stimate per l’anno
2011. I soli interventi destinati
all’efficienza energetica e alle
fonti rinnovabili permettono
di diminuire del 13%
l’emissione stimata per l’anno
2011; i progetti di risparmio
dei consumi elettrici e da
riscaldamento negli edifici
permettono invece di ridurre
Figura 5 - Confronto emissioni pro capite da consumo elettrico e riscaldamento ediÀci
dell’8% le emissioni. Le misure (tCO2/persona).
individuate nel settore dei
trasporti portano una riduzione
limitata, pari al 3% delle
emissioni di questo settore
(Figura 6).
Dall’analisi svolta si ritiene che
queste riduzioni siano attuabili
entro il 2020, superando
quindi l’obiettivo di riduzione
delle emissioni del 20%
identificato da molte università
con riferimento all’anno 2020.
La possibilità di incrementare
le riduzione delle emissioni
del Campus potrebbe essere
ottenuta introducendo
nell’analisi nuove categorie
emissive, quali ad esempio
le emissioni comprese nello
Figura 6 - Strategie di riduzione dell’emissione totale.
Scopo 3, derivanti dal ciclo
di vita dei beni e servizi
emissivo e quindi individuando
BIBLIOGRAFIA
acquistati dall’università e dallo le possibili strategie per
[1] www.campus-sostenibile.polimi.it/
smaltimento dei rifiuti.
diminuirne l’impatto. Tuttavia,
web/guest.
Tuttavia, la possibilità di
ancora molti sono gli sforzi da
[2] www.international-sustainablemisurare con facilità i consumi effettuare in questo campo.
campus-network.org.
elettrici, che rappresentano
Si rende infatti necessario
[3] S. Scolieri, “Stima delle emissioni
la maggiore fonte (seppur
innanzitutto sistematizzare
di CO2 delle università: il caso del
indiretta) di emissioni di CO 2,
il monitoraggio dei consumi
Politecnico di Milano Campus Città Studi
permetterà di monitorare
energetici, estendendoli inoltre
- Politecnico di Milano, AA 2011/2012.
all’intera realtà universitaria,
con maggiore precisione il
Relatore: S. Caserini; Correlatori: E.
Perotto, M. Grecchi, 2012,.
creando un database integrato
raggiungimento di obiettivi
[4] WRI/Wbcsd GHG Protocol: www.
che fornisca in modo diretto ed
di riduzione posti a diversi
wbcsd.org.
immediato i dati.
orizzonti temporali.
[5] ISO 14064-1:2006, Greenhouse gases
Sarebbe inoltre auspicabile
- Part 1, Part 2, Part 3.
mantenere un accounting
Conclusioni
[6] www.mobility.polimi.it/index.htm.
aggiornato delle emissioni, che
Il lavoro svolto ha permesso
[7] Ipcc (2000), Good Practice Guidance
permetterebbe di monitorare
di effettuare la prima
and Uncertainty Management in
quantificazione dettagliata delle il miglioramento continuo
National Greenhouse Gas Inventories.
Intergovernmental Panel on Climate
emissioni di CO 2 del Politecnico delle prestazioni del Campus
Change, Task Force on National
e di raggiungere obiettivi di
di Milano riferite al Campus
Greenhouse Emission Inventories.
riduzione maggiori.
Città Studi, evidenziando
il settore maggiormente
n.14 maggio 2014
55
PROFICY DIVENTA MOBILE
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FOC U S
ACQUA
Sebbene per molti aspetti si sia arrivati
ad un esaustivo raggiungimento degli
obiettivi, lo stato di implementazione della
Direttiva 2000/60/EC in Italia, in particolare
in riferimento ai fiumi e alla componente
bentonica, richiede ulteriori affinamenti. Alcuni
spunti di approfondimento sono stati forniti dal
progetto Life+ Inhabit.
Stefania Erba*, Andrea Buffagni*, Romano Pagnotta*
Direttiva
Quadro sulle Acque
Il punto sulle procedure per la classi¿cazione
degli ambienti Àuviali
*CNR-Irsa, Istituto di Ricerca Sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche
n.14 maggio 2014
57
FOCUS
approccio pur risultando
molto innovativo porta a
dover affrontare problemi
addizionali, se si vogliono
portare a termine in
modo efficace le attività
di monitoraggio e la
formulazione dei giudizi
di qualità. Per esempio,
le comunità biologiche
mostrano una forte
variabilità intrinseca, che
può avere un’influenza
determinante nelle
valutazioni di qualità e dello
‘Stato Ecologico’. Questa
Figura 1 - Schermata di avvio del Software MacrOper.ICM. Il software può essere
variabilità, che può apparire
scaricato dal sito www.life-inhabit.it/cnr-irsa-activities/it/download/software/
casuale, è in realtà legata
macropericmsoft
- oltre che a eventuali
effetti delle attività umane
limitata variabilità chimica,
La Direttiva Quadro sulle
- a un numero elevato di
fisica e biologica. Sulla
Acque (WFD, Water
caratteristiche osservabili
base di questo principio la
Framework Directive negli ambienti naturali,
2000/60/EC) è una direttiva classificazione è effettuata
che determinano come gli
in termini di rapporto di
chiave della legislazione
organismi si distribuiscono
qualità ecologica (EQR),
europea che stabilisce
in un determinato
per esempio il rapporto tra
un piano per impedire
ambiente, in funzione degli
le condizioni osservate e
il deterioramento della
habitat effettivamente
quelle attese in condizioni
qualità delle acque e per
disponibili.
prossime alla naturalità
proteggere, o migliorare,
2) Se si escludono gli
per lo stesso tipo. Inoltre,
lo stato dei corpi idrici.
effetti, potenzialmente
al fine di giungere ad
La WFD si pone come
molto evidenti, di varie
un’effettiva applicazione
principale obiettivo il
forme d’inquinamento
dei principi enunciati in
raggiungimento dello stato
dell’acqua, per le quali
tale testo normativo è
di qualità almeno ‘buono’
le modalità di gestione
opportuno considerare
per tutti i corpi idrici entro
alcuni degli aspetti elencati sono relativamente
il 2015. Vi sono molteplici
ben conosciute e
aspetti innovativi contenuti nel seguito.
già implementate, le
1) La WFD pone al centro
nella Direttiva. Tra questi,
della valutazione dello stato condizioni dell’habitat
una delle novità più
fisico sono l’aspetto che
ecologico le componenti
rilevanti è costituita dalla
più influenza la presenza
biologiche, che vengono
modalità di classificazione
e la distribuzione degli
della qualità dei corpi idrici denominate ‘Elementi di
organismi acquatici.
Qualità Biologica’ (EQB)
attraverso il confronto con
La WFD considera tali
e sono costituite dalle
ambienti di riferimento,
condizioni di habitat
diverse comunità che
definiti all’interno dello
nella categoria generale
si rinvengono nel corpo
stesso tipo di corpo
chiamata ‘idromorfologia’.
idrico. Ad esempio, per
idrico. I ‘tipi’ costituiscono
Di fatto, le caratteristiche
i fiumi, la WFD prevede
gruppi omogenei
idromorfologiche alla
che vengano considerati
per caratteristiche
scala locale come la
la flora acquatica, i
orografiche, climatiche e
macroinvertebrati bentonici presenza, la distribuzione
geomorfologiche, nei quali
e i tipi di micro- e mesoe la fauna ittica. Questo
si può riscontrare una
58
n.14 maggio 2014
habitat, le condizioni di
flusso, le caratteristiche
del substrato, lo stato
dei sedimenti sono ciò
che definisce in modo
diretto o indiretto molte
delle condizioni di
quello che chiamiamo
comunemente ‘habitat’.
Le condizioni idrauliche
e morfologiche - ovvero
idromorfologiche - sono
cruciali nello strutturare
gli habitat dove vivono
gli organismi acquatici, in
fiumi e laghi. Informazioni
relative all’habitat
dovrebbero sempre
essere considerate nella
caratterizzazione del corpo
idrico, nell’interpretare
la classificazione di
qualità e nella definizione
delle misure, data la sua
indiscussa rilevanza per
le componenti biologiche.
Questo consentirà una
‘lettura’ comprensibile
della risposta biologica
alle pressioni (cioè ai
diversi fattori di disturbo
di origine antropica) e,
di conseguenza, della
classificazione dello stato
ecologico, fornendo al
tempo stesso indicazioni
sulle fonti dell’incertezza di
tale classificazione. Questa
incertezza può essere
dovuta, in misura notevole,
alle condizioni di habitat
e la sua quantificazione,
con eventuali correzioni o
integrazioni ai metodi in
uso, potrà supportare la
scelta di misure efficaci
per riportare/mantenere i
corpi idrici in buono stato
ecologico.
Il presente contributo
sintetizza lo stato di
implementazione della
ACQUA
WFD in Italia, con
particolare riferimento
alla componente
macrobentonica fluviale
e a alcuni aspetti chiave
estesamente affrontati
nel progetto Life+ Inhabit
(LIFE08 ENV/IT/000413,
www.life-inhabit.it).
Implementazione della WFD
in Italia
A livello nazionale, la
WFD è stata recepita,
per i principali aspetti
relativi al monitoraggio
delle acque correnti
superficiali, con il DLgs 152
del 1999 e con i decreti
attuativi DM 131/2008,
DM 56/2009 e DM
260/2010. In particolare,
quest’ultimo Decreto
Ministeriale rappresenta
senz’altro un punto di
arrivo ma non può essere
considerato la conclusione
del percorso iniziato.
Sono infatti in previsione
alcuni aggiornamenti a
tale decreto, anche alla
luce delle attività europee
di intercalibrazione e
in relazione al fatto
che Regioni e Agenzie
hanno implementato il
pool di dati raccolti in
conformità alle sopra
citate normative, rendendo
evidenti le necessità di un
aggiornamento.
Nello specifico, per i fiumi,
gli obiettivi principali
raggiunti includono:
- definizione dei criteri
per derivare i tipi fluviali
riportati in DM 131/2008 e
in [1];
- definizione dei criteri per
la selezione di siti fluviali di
riferimento [2] [3];
- definizione del metodo
per la raccolta
racc colta degli
deg
de
g li
invertebrati
inverteb
b rati fluviali
flu
u vii a lii [4]
[4
4] e
per i principali
p rincipa
a lii Elementi
Ele
lem
m en
nti
Biologici
Bioll o gici dii qualità
q ua
a lii tà [5];
[5];
- definizione
definizio
de
o n e dei
d e i metodi
me
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tod
di
per
p er la caratterizzazione
c a r att te
e r izzz az
azio
o ne
e
idromorfologica
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a dei
d e i fiumi
fii umi
um
[6] e per
p err la
a valutazione
va
a lu
u ta
a z io
o ne
degli
deg
g li habitat
ha
a bii tatt [7];
[7 ];
- definizione
deff inii z i o ne
de
e dei
d e i criteri
c r iterr i
per
pe la designazione
de
e sig
g n azz io
o n e dei
de
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corpi
c orr pi idrici
i drr ici fortemente
f o rte
e m e nte
te
e
modificati
m o difi
fica
a ti [8];
[8]
8;
- definizione
d efin
n izzione
z i e dei
d i metodi
de
m e to
tod
dii
da
a utilizzare
utill izzz are
e per
p e r la
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classificazione
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d e llll o
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stato
statt o ecologico
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invertebrati
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e b ra
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a l i [4]
[[4
4]
[2] e,
più
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i ù in
iù
i n generale,
g e ne
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n e ra
r a lle
rale
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pe
p
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pali
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qualità
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ità
it
à biologica;
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- stesura
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d e l decreto
de
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nii toragg
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( DM
D M 56/2009)
5
56/
6 / 20
6/2
6/
2 0 09
200
0 9)
9)
che sancisce i diversii
tipi di monitoraggio e le
frequenze;
- definizione dei valori di
riferimento per invertebrati
bentonici fluviali, diatomee
e macrofite, inclusi in DM
260/2010.
Nel contesto generale di
implementazione della
WFD, il progetto Life+
Inhabit ha senz’altro
fornito numerosi spunti
che potranno, per varie
tematiche, coadiuvare
tale processo di
implementazione sul
territorio Italiano ma
anche più in generale in
ambito sud-europeo. Con
riferimento al processo di
recepimento effettivo della
WFD, il progetto Inhabit
ha posto l’accento sugli
habitat come elemento
chiave per la comprensione
della funzionalità e
dello stato ecologico
dei sistemi acquatici.
Inoltre,
Inol
In
oltr
ol
t r e , attraverso
a tt
ttra
r ve
ra
vers
rso
rs
o
la quantificazione
q ua
u ntt ific
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icaz
azio
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ione
io
ne
dell’influenza
dell’influen
enza
za degli
d egli
eg
g li habitat
h ab
a it
itat
at
sulle comunità bio
biologiche,
o lo
logi
gich
che
e,
Inhabit ha proposto
elementi utili per valutare
l’efficacia delle misure di
riqualificazione poste in
essere.
In sintesi, Inhabit ha
fornito, per i fiumi, elementi
conclusivi in merito a
numerosi temi, alcuni dei
quali sono brevemente
elencati nel seguito.
ƕ Inhabit, in contesti
geografici molto diversi
tra loro, ha fornito esempi
concreti ed esaustivi
di come gli impatti
legati alle alterazioni di
habitat possano essere
quantificati. Gli elementi
acquisiti in Inhabit
potranno supportare
un’efficace valutazione
degli effetti delle misure di
riqualificazione.
ƕ Inhabit ha consentito di
verificare
veri
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significativamente
signif
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sia associata a fattori
fattt or
fa
orii di
d
habitat, che sono rilevabili
rileva
vabi
bilili
e quantificabili. Si è potuto
confermare che il carattere
lentico-lotico (LRD) riveste
un ruolo determinante nello
strutturare le comunità
degli invertebrati acquatici.
Inhabit ha quindi definito un
modello generale che mette
in relazione la variabilità
dello star_ICMi (e delle
sue metriche componenti)
con il carattere lenticolotico. Attraverso questo
modello Inhabit ha
quindi potuto definire
quando sono necessarie
correzioni nei valori di
riferimento attesi, così
contribuendo a migliorare
l’accuratezza dei sistemi
in uso per la componente
n.14 maggio 2014
59
FOCUS
2) limiti di classe definiti
all’interno del processo di
intercalibrazione europeo;
3) valori numerici
di riferimento tipo,
specifici per sei metriche
selezionate;
4) calcolo dell’indice Star_
ICMi.
Inoltre, la corretta
attribuzione ad una classe
di qualità richiede che:
5) il campionamento della
fauna macrobentonica sia
effettuato in accordo a
una tecnica multihabitat
proporzionale (o per i
grandi fiumi utilizzando i
Substrati Artificiali).
Lo Star_ICMi è stato
sviluppato in contesto
europeo e, oltre ad essere
l’indice formalmente
utilizzato dall’Italia
per classificare i fiumi
con la componente
macrobentonica, è anche
l’indice che in Europa
è stato maggiormente
utilizzato per confrontare i
limiti di classe dei diversi
stati membri. Lo Star_ICMi
Stato ecologico dei fiumi
è un indice multimetrico
(sensu WFD) e sistema di
composto da sei
classificazione MacrOper
In Italia, per il monitoraggio metriche opportunamente
normalizzate e ponderate,
della componente
macrobentonica fluviale è in che forniscono informazioni
in merito ai principali
uso, secondo le normative
vigenti di recepimento delle aspetti che la WFD chiede
di considerare. L’indice non
WFD, il sistema MacrOper.
intende essere stressor
Tale sistema consente
specifico, ma è stato al
di derivare una classe di
contrario costruito per
qualità per gli organismi
valutare la qualità generale
macrobentonici, utile per
dei tratti fluviali. Le sei
la definizione dello Stato
metriche componenti lo
Ecologico.
Star_ICMi sono: Aspt,
Tale sistema combina
Log10(sel_Eptd+1), 1-Gold,
le informazioni relative
Numero di Famiglie di EPT,
ai seguenti elementi
Numero totale di Famiglie
fondamentali:
e indice di diversità
1) sistema tipologico
di Shannon-Weiner.
nazionale;
macrobentonica.
ƕ Inhabit ha portato alla
selezione di metriche,
dedicate a evidenziare
specifici impatti o fattori
ambientali, mediante
le quali sarà possibile
valutare l’efficacia di
eventuali misure di
ripristino. Esse ben si
prestano al monitoraggio di
sorveglianza e d’indagine
e, comunque a una migliore
comprensione nel quadro
generale nel monitoraggio
operativo.
ƕ Inhabit infine ha fornito
elementi innovativi per
valutare gli effetti dei
prelievi idrici nei fiumi. le
relazioni definite da Inhabit
tra metriche biologiche
e carattere lentico-lotico
possono essere usate
in modo relativamente
semplice per definire
obiettivi di qualità legati ai
cosiddetti deflussi minimi,
in termini di raggiungimento
dello stato ecologico buono.
60
n.14 maggio 2014
L’indice non intende
essere stressor specifico,
ma è stato al contrario
costruito per valutare la
qualità generale dei corpi
idrici, viene direttamente
espresso in Rapporto di
Qualità Ecologica (RQE)
e assume valori tra 0 e
1+. Alcune delle metriche
componenti necessitano,
per poter essere calcolate
correttamente, di dati
relativi all’abbondanza
delle singole famiglie
di organismi bentonici.
L’indice Star_ICMi può
essere agevolmente
calcolato mediante il
software MacrOper.ICM
[9], sviluppato e distribuito
all’interno del progetto
Inhabit (Figura 1). I valori
numerici di riferimento
tipo-specifici per le sei
metriche e per lo stesso
Star_ICMi, sono riportati in
DM 260/2010.
Prospettive future
Rimangono da
approfondire, per
quanto riguarda i fiumi
e non solo, i seguenti
argomenti:
- classificazione dei corpi
idrici fortemente modificati
(Hmwb) in contesti diversi
da quelli planiziali;
- taratura delle condizioni di
riferimento in funzione delle
caratteristiche
lentico-lotiche dei corpi
idrici;
- sviluppo di moduli
specifici per l’individuazione
degli effetti di particolari
alterazioni antropiche
in specifici contesti
territoriali;
- affinamento dei criteri
per quantificare i flussi
ecologici (ecological e
environmental flows),
in tema, soprattutto, di
valutazione degli effetti
della riduzione di portata.
BIBLIOGRAFIA
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tipologia per i ¿umi italiani in applicazione della Direttiva 2000/60/EC”, Notiziario dei
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[2] CNR-Irsa, “Direttiva 2000/60/EC (WFD), condizioni di riferimento per ¿umi e
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dei metodi analitici, numero speciale 2008, 88 pagine.
[3] A. Buffagni, S. Erba, “Linee guida per la valutazione della componente
macrobentonica Àuviale ai sensi del DM 260/2010”, Ispra, Manuali e Linee Guida
107/2014, 99 pagine.
[4] CNR-Irsa, “Macroinvertebrati acquatici e Direttiva 2000/60/EC (WFD)”, Notiziario
dei metodi analitici n.1, marzo 2007, 118 pagine.
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pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/metodi-biologici-per-le-acque-parte-i
[6] Ispra, “Implementazione della Direttiva 2000/60/CE. Analisi e valutazione degli
aspetti idromorfologici. Versione 1.1”,. Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale, Roma, 2011.
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Caravaggio. Guida al rilevamento e alla descrizione degli habitat Àuviali”, 2013, 288
pagine.
[8] Ispra, “Procedura per la designazione dei corpi idrici fortemente modi¿cati”,
2013, 14 pagine.
[9] A. Buffagni, C. Bel¿ore, “MacrOper.ICM ver. 1.0.5 - Classi¿cazione dei ¿umi
italiani per la WFD sulla base dei macroinvertebrati bentonici”, CNR-Irsa e
UniTuscia-Decos, Roma, Italia, Giugno 2013.
SOLUZIONI
ACQUA
RESISTERE NEL TEMPO
ANCHE IN AMBIENTI
GRAVOSI
Antonella Rampichini
Maggior efficienza per l’impianto di
depurazione di Acque del Chiampo
grazie all’inverter FR-F700 di Mitsubishi
Electric: una soluzione affidabile e
duratura anche nell’ambiente gravoso
della linea dei fanghi provenienti dalla
depurazione dei reflui del distretto
conciario di Arzignano.
62
n.14 maggio 2014
Il distretto conciario di Arzignano, situato nella Valle del Chiampo in
provincia di Vicenza, rappresenta il più importante centro nazionale
ed uno dei principali poli europei nel settore della concia. Secondo
i dati dell’Unione Nazionale Industria Conciaria, nel 2013 il fatturato
del distretto veneto, che conta poco più di 8.000 addetti, è stato di
circa 2,7 Mld di euro (52% rispetto al dato nazionale).
Se da una parte l’attività conciaria è stata una vera e propria risorsa
economica e occupazionale per il territorio circostante, il notevole
impatto ambientale della produzione ha reso necessario la realizzazione di sistemi e impianti per prevenire e ridurre l’inquinamento
delle risorse idriche, del suolo e dell’aria. Nel 1974 è nato così il
Consorzio Fognatura Industriale con il compito di gestire lo smaltimento dei reÀui prodotti nell’ambito del comprensorio conciario e dei
7 comuni della Valle del Chiampo, attraverso un sistema centralizzato
di depurazione.
Nel 2000, in ottemperanza alla legge Galli (Legge n. 36 del 5 gennaio
1994), il Consorzio Fognatura Industriale è stato trasformato nella
società per azioni Acque del Chiampo ed è diventato un ente gestore del servizio idrico integrato dell’ATO Valle del Chiampo. Si tratta
dell’ATO più piccolo d’Italia come dimensioni ma molto impattante
per la concentrazione degli inquinanti presenti nei reÀui conciari, che
è circa 10-20 volte superiore rispetto a quella delle acque civili: se
dal punto di vista idraulico il volume di acqua trattato corrisponde a
150.000 abitanti, il carico inquinante è pari a 1.500.000 ab/eq.
Dal 1 gennaio 2009, Acque del Chiampo e Mbs, la società che gestiva i tre comuni di Montecchio Maggiore, Brendola e Lonigo hanno
costituto una realtà unica per la gestione del servizio idrico. Acque
del Chiampo ha un fatturato di oltre 40 mln di euro di cui quasi 30
derivano dalla depurazione industriale; ogni giorno l’impianto di depurazione di Arzignano tratta circa 30.000 m3 di reÀui provenienti dalle
concerie che scaricano le acque in un condotto fognario in polietilene
lungo 40 km, completamente dedicato all’industria della pelle. Le acque civili relative ai 40.000 abitanti del territorio e quelle di altre indu-
strie minori vengono raccolte e convogliate al depuratore da un’altra
fognatura.
La concia
I reÀui conciari sono caratterizzati da parametri particolari anche dal
punto di vista chimico, perché la pelle viene conciata attraverso un
certo numero di lavorazioni. Subito dopo l’abbattimento dell’animale,
per evitare che durante il trasporto inizino i processi di putrefazione,
le pelli vengono sottoposte a salatura con NaCl. Il sale, pure essendo
un reagente chimico abbastanza innocuo, rappresenta un serio problema per l’impianto di depurazione a valle della conceria in quanto
è molto solubile in acqua e, per separarlo, sono necessari processi
molto costosi. Il depuratore, attraverso il condotto fognario, è considerato il punto ¿nale della lavorazione industriale e l’ef¿cacia del processo di depurazione, dipende fortemente dalle caratteristiche dei reÀui che riceve . “Il gestore del servizio idrico integrato deve rispettare
i limiti allo scarico ¿nale previsti dalla legge - spiega Daniele Refosco,
Direttore Area Depurazione di Acque del Chiampo -, e per ridurre il
carico inquinante dei reÀui immessi nel depuratore, può inÀuire sulle lavorazioni della produzione industriale con delle prescrizioni: ad
esempio, nel caso del sale, abbiamo richiesto che prima di iniziare le
lavorazioni del ciclo della concia, venga effettuata la sbattitura delle
Nella pagina a Àanco: vista aerea dell’impianto di Arzignano. Sotto: Silos di stoccaggio fanghi
n.14 maggio 2014
63
SOLUZIONI
ACQUA
Inverter applicato alle coclee sotto ai silos
Essiccatore
pelli in modo da limitare notevolmente la concentrazione di sale nelle
acque da depurare”, il sale quindi, in parte intriso nella pelle, ma in
parte esterno, viene parzialmente eliminato attraverso l’operazione
meccanica della sbattitura all’interno di un reattore aperto. Compreso
negli oneri della depurazione che le concerie pagano, il sale recuperato viene ritirato da ditte specializzate che lo lavorano e lo disinfettano per altre applicazioni. Dove possibile, poi, viene chiesto di lavorare
le pelli fresche evitando la salatura.
“Le pelli devono essere quindi lavate e depilate con una sostanza che
contiene solfuri, - aggiunge Refosco - che è responsabile dell’odore
di uova marce che si sente nelle zone in cui ci sono le concerie. Poi
la pelle è trattata con sali di cromo per renderla non putrescibile e subisce una serie di trattamenti come la tintura per colorarla, l’ingrasso
per renderla morbida o dare caratteristiche di resistenza all’acqua e
così via.”
Il trattamento delle acque
Le sostanze che ¿niscono nei reÀui sono sia di tipo organico, ad
esempio grassi, proteine che derivano dalla pelle stessa, sia reagenti
chimici (solfuri, cromo, tensioattivi usati sia per sgrassare sia come
emulsionanti, anti muffa ecc.) che vengono aggiunti per la lavorazione e che sono sostanze che rendono poi ancor più complesso il
processo di depurazione biologico. L’acqua di conceria infatti ha una
Domanda Chimica di Ossigeno (COD) che varia da 5.000 a 6.000
mg/L, contro i 250-500 mg/L dell’acqua civile, e sono presenti, in concentrazioni elevate, sostanze come cromo, solfuri, che normalmente
non si trovano nei liquami civili. Ci sono, inoltre, i solidi sospesi: ogni
metro cubo di acqua che entra dalla linea industriale si porta dietro
da 2 a 2,5 kg di sostanza secca sotto forma di fango. “Questa è la ragione per cui gli impianti di depurazione che trattano reÀui di conceria
hanno una grossa produzione di fango - commenta Refosco - mentre
nei liquami civili i fanghi sono presenti in concentrazioni molto più
basse, dell’ordine di 1/10 rispetto a quelli di conceria”.
Nell’impianto di Arzignano ogni anno vengono trattati circa 8 milioni
di metri cubi di acqua di conceria e circa 4-5,5 milioni metri cubi di
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n.14 maggio 2014
acqua civile. L’impianto è diviso su tre linee di trattamento: una per i
liquami industriali, una per quelli civili, entrambe accumunate dal trattamento ¿nale di chiariÀocculazione, ed una per il trattamento dei fanghi che è importante ed è anche quella più problematica. Il personale
del laboratorio di Acque del Chiampo assicura un controllo continuo e
preciso della qualità e quantità degli efÀuenti (liquidi, solidi e gassosi)
in tutte le fasi del ciclo idrico e particolarmente della depurazione.
La linea acque
Il ciclo di depurazione prevede una grigliatura e una disabbiatura
iniziale. Segue l’omogeneizzazione che, oltre a rendere il reÀuo da
trattare più omogeneo, grazie a dei grandi bacini di raccolta dei liquami in ingresso svolge la funzione di polmone idraulico. “In questo
modo - spiega Refosco - il calo di afÀusso di liquame dovuto all’arresto dell’attività delle concerie, di notte e nel ¿ne settimana, viene
compensato e il Àusso di reÀui da trattare resta costante consentendo
all’impianto di lavorare 7 giorni su 7, presidiato da una cinquantina di
persone dedicate alla conduzione e alla manutenzione dell’impianto”.
Le vasche di omogeneizzazione sono coperte e aspirate per ridurre
le emissioni odorigene dovute all’acido sol¿drico che si sviluppa dai
solfuri presenti nei reÀui. “Grazie a un brevetto americano di abbattimento - spiega Refosco - trasformiamo l’acido sol¿drico in zolfo che
viene poi riciclato da aziende che lo usano per la produzione di H2SO4
o di prodotti per l’agricoltura. In questo modo un inquinante gassoso
viene trasformato in un prodotto industriale”.
I liquami vengono quindi pompati dalle vasche di omogeneizzazione
a quelle di sedimentazione e vengono addizionati di un Àocculante organico per facilitare la separazione della parte più pesante che si deposita sul fondo delle vasche. I fanghi così separati vengono pompati
all’ispessimento della linea di trattamento fanghi, mentre la frazione
chiari¿cata, viene avviata all’impianto di trattamento biologico dove
una serie di microrganismi metabolizzano e ossidano le sostanze chimiche contenute nel liquame, trasformandole in composti innocui per
l’ambiente e sempre biologicamente si riduce l’azoto nitrico formatosi
in azoto elementare nella denitri¿cazione.
Il fango biologico viene separato dall’acqua depurata nell’unità di
Àottazione composta da 4 vasche circolari in cui viene introdotto un
polielettrolita e, successivamente, viene addizionata di liquame chiari¿cato e pressurizzato con aria per facilitare la separazione del fango
biologico, che af¿ora in super¿cie, dall’acqua depurata. “Le bollicine
sprigionate dall’acqua sovrassatura di aria portano in super¿cie i fanghi con grande velocità e questo serve a evitare il problema della
sedimentazione degli impianti a fanghi attivi - spiega Refosco -. La
tecnologia qui utilizzata per separare i fanghi è poco in uso negli impianti civili ma è caratteristica degli impianti di depurazione industriali”
I Àottatori possiedono dei grandi ‘cucchiai’ che girano e traslano sulla
vasca, raccogliendo il fango biologico Àottato, ricco di microrganismi,
che viene ri-pompato nell’impianto mentre l’acqua depurata viene
avviata verso l’unità di chiariÀocculazione dove conÀuiscono le due
linee di trattamento, civile e industriale, e con l’aggiunta di prodotti
chimici avviene la chiari¿cazione. L’acqua depurata viene inviata al
collettore fognario che raccoglie anche i reÀui depurati dagli altri impianti del territorio, per convogliarli e scaricarli previa disinfezione a
raggi UV lontano dalle zone in cui avviene la ricarica delle falde.
La concia è una lavorazione molto inquinante e secondo la direttiva
Ippc dispone di un documento di riferimento per le BAT (Bref), che descrive sia le migliori tecniche disponibili per la lavorazione sia i risultati che debbono essere raggiunti con la depurazione. “Ad Acque del
Chiampo - rivela Refosco - abbiamo raggiunto degli ottimi rendimenti
di depurazione, superiori a quanto l’Europa impone. Ad esempio, il
cromo (III) che nelle acque in ingresso nell’impianto è pari a 80-100
mg/L viene scaricato a 0,3 mg/L, un valore decisamente inferiore al
valore di 1 mg/L indicato dal documento Bref europeo. Anche per
l’azoto e il COD il rendimento dell’impianto di depurazione rispetta e
supera i valori minimi richiesti.”
La linea fanghi
La depurazione delle acque comporta la trasformazione di sostanze
inquinanti in gas (CO2, N2 e vapore acqueo) che ¿niscono nell’atmosfera. C’è poi l’acqua che esce depurata secondo i limiti di legge e,
in¿ne, una parte dell’inquinamento viene concentrato nei fanghi che
devono essere ridotti attraverso disidratazione ed essicamento, prima di essere smaltiti.
Alla linea fanghi giunge una massa separata nella sedimentazione
primaria dei reÀui conciari e un’altra proveniente dall’impianto biologico, che contiene circa un 5% di sostanza secca e il 95% di acqua.
Questa miscela raccolta in due vasche coperte dette ispessitori, collegate al sistema di trattamento degli odori, va a un sistema di disidratazione con delle ¿ltropresse in cui il fango liquido viene pompato
in pressione all’interno di camere che hanno una serie di piastre. Il
pacco di piastre viene chiuso, l’acqua viene drenata attraverso delle
tele e, a ¿ne ciclo, si arresta la pompa che immette il fango liquido, si
aprono le piastre e cascano i pannelli di fango.
Per la disidratazione dei fanghi si impiegano anche delle centrifughe
ma si preferisce usare le ¿ltropresse perché consumano meno energia e reagenti chimici, cioè i Àocculanti necessari per condizionare il
fango. “Quando c’è molto lavoro o le ¿ltropresse sono in manutenzione vengono usate anche le centrifughe” rivela Refosco.
Inverter FR-F700
Mitsubishi Electric dedica particolare attenzione nel settore
del trattamento acque, proprio per questo sono stati studiati
prodotti con un’elevata aspettativa di vita (Long Life Time
superiore a 10 anni), protezione IP54 o tropicalizzati come
l’inverter FR-F700, garantendo caratteristiche di robustezza
e protezione contro agenti aggressivi o condizioni ambientali
gravose, come l’alta temperatura e l’umidità. Gli inverter FRF700 sono ideali per il controllo delle stazioni di pompaggio
allo scopo di ottimizzare l’ef¿cienza del sistema e ridurre
i consumi grazie alla particolare e speci¿ca funzione OEC
(Optimum Excitation Current). Ideale per l’installazione in
stazioni remote o non sorvegliate, la gamma dispone di
Inveter installato a muro nell’ambiente gravoso della linea di essiccamento
termico
funzioni ‘Water’ dedicate, quali il controllo multi-pompe,
l’eliminazione del ‘colpo d’ariete’, la ‘Sleep Function’ in grado
di interrompere il funzionamento dell’inverter una volta
raggiunta la stabilità del sistema, il settaggio PID con SetPoint diversi¿cati, il PLC integrato e la connessione in rete
BACnet ecc., che la rendono adatta al mercato del trattamento
acque e ad applicazioni di pompaggio in genere. Queste
innovazioni permettono di aumentare le potenzialità e la
Àessibilità dell’inverter, di migliorare il controllo del sistema,
di sempli¿care le opere di installazione e di ridurne i tempi ed
i costi.
www.mitsubishielectric.it
n.14 maggio 2014
65
SOLUZIONI
ACQUA
Stoccaggio del fango secco nei sacconi (big-bags)
Il fango, nella forma cosiddetta palabile, esce dal sistema di disidratazione e viene trasportato da una serie di coclee ¿no ai due trasportatori a palette, tipo redler, che sollevano il fango ¿no alla sommità
dei due serbatoi di stoccaggio da 100 m3, che servono da polmoni,
prima di passare al successivo impianto dove il fango viene asciugato
con aria calda per portarlo alla forma granulare e polverosa. I silos
vengono continuamente raschiati per favorire l’estrazione del fango
che avviene azionando una serie di coclee alla base dei serbatoi.
Queste devono avere una coppia di spunto suf¿ciente per vincere il
peso della colonna di fango sovrastante e la loro portata deve essere
regolata in modo da alimentare correttamente i nastri che trasportano
il fango verso l’impianto di essiccamento.
“Un tempo il sistema di regolazione della velocità, installato sulla coclea, era di tipo oleodinamico perché le emissioni provenienti dalle
vasche non permettevano l’installazione di inverter, essendo notoriamente quest’ultimi dispositivi con tanti componenti elettronici all’interno, che sono generalmente danneggiati da sostanze quali l’acido sol¿drico e l’ammoniaca. Anche il sistema oleodinamico però ogni tanto
dava dei problemi e, dopo aver risolto il problema delle emissioni con
la copertura delle vasche e aver installato dei sistemi di trattamento
dell’aria nelle sale quadri, abbiamo pensato di eseguire una sperimentazione per la sostituzione del sistema meccanico con un inverter
che prometteva diversi vantaggi” conclude Refosco.
Una soluzione su misura
“Per il sistema di estrazione e trasporto dei fanghi disidratati vengono
utilizzate delle coclee. Tali coclee - interviene Romeo Fattori dell’Ingegneria di Manutenzione Area Depurazione - devono avere determinate caratteristiche elettromeccaniche per quanto riguarda la loro
movimentazione, infatti poiché sopra di loro insiste una colonna di
fango disidratato di circa 13 metri, al loro avviamento, che può essere
a pieno carico, devono avere una coppia di spunto tale da permettere la messa in marcia senza problemi trasportando il fango verso i
nastri di caricamento della sezione di essiccamento. In origine il loro
comando, per ciascuna coclea, era costituito da un motore elettrico
accoppiato ad un variatore oleodinamico e successivo riduttore, tale
sistema risultava oneroso dal punto di vista di ef¿cienza energetica,
di dif¿cile regolazione e costoso in termini di riparazione e di ricambi.
66
n.14 maggio 2014
Sulla base di queste considerazioni, si è pensato di intraprendere
una sperimentazione utilizzando gli inverter, con grado di protezione IP54, della Mitsubishi Electric, puntando sulla loro af¿dabilità e
performance poiché già installati presso altri nostri impianti da più di
vent’anni, al posto dei variatori oleodinamici calettando direttamente
il motore elettrico al riduttore.
I risultati di questa sperimentazione sono stati molteplici: la realizzazione di un inverter ‘custom’ per le nostre esigenze, in quanto non
presente a catalogo Mitsubishi Electric; un aumento di ef¿cienza
energetica ed af¿dabilità del sistema, ottenuta eliminando il variatore
oleodinamico dalla catena di trasmissione; un aumento della possibilità di regolazione del sistema in modo continuo e preciso; una diminuzione del valore immobilizzato a magazzino ottenuto diminuendo
il costo dei ricambi ed ottimizzandone il numero; un aumento della
disponibilità operativa delle attrezzature ottenuta con la diminuzione delle fermate per guasti o regolazioni. Successivamente abbiamo
esteso tale applicazione alle coclee, presenti presso la linea fanghi
ed alla linea essiccamento, che in origine montavano un variatore
oleodinamico ottenendo gli stessi signi¿cativi risultati. È anche da
ricordare che presso la sezione Àottazione della linea acque, sulle
pompe monovite, avevamo già installato negli anni scorsi con successo degli inverter IP54 della Mitsubishi Electric, in questo caso
avevamo sfruttato l’installazione dell’inverter per eliminare i variatori
a cinghia presenti nelle catene di comando delle pompe stesse, ottenendo risultati positivi.
Per testare nella maniera migliore l’af¿dabilità degli inverter Mitsubishi Electric, essi vengono installati a ‘muro’, fuori dalle sale quadri,
direttamente nei reparti in prossimità della loro applicazione. Ad oggi,
con circa una trentina di installazioni nel corso di 4 anni, non abbiamo
ancora avuto guasti riconducibili agli inverter IP54 della Mitsubishi
Electric, questo grazie alla loro af¿dabilità dimostrata nel tempo a
fronte di un ambiente di lavoro che si avvicina in maniera signi¿cativa
al settore petrolchimico piuttosto che al semplice settore industriale
manifatturiero” conclude Fattori.
La linea essiccamento
Nella linea di essiccamento termico, i fanghi disidratati provenienti
dai due silos vengono miscelati con del fango essiccato in modo da
ottenere una miscela con una consistenza tale da essere veicolata
dall’aria di trasporto. Il fango umido è riscaldato e l’acqua evapora per
contatto con una corrente di aria calda ¿no a produrre un fango con
un contenuto di secco di circa il 90%.
L’aria umida viene quindi separata dalla frazione solida (polvere di
fango) e quindi dopo la condensazione dell’acqua evaporata, subisce
ulteriori trattamenti di deodorizzazione. Negli anni la riduzione in peso
dei fanghi è stata ottenuta riducendo sempre più il quantitativo di acqua presente negli stessi ed attualmente i fanghi prodotti sono circa
25.000 tonnellate annue.
Il trasporto del fango secco avviene mediante coclee ed elevatori a
tazze ¿no allo stoccaggio in sacconi (big-bags) che successivamente
vengono chiusi e caricati su container scarrabili, per il conferimento
in discarica.
La società sta studiando da anni un sistema per valorizzare i fanghi
da un punto di vista energetico con lo scopo ¿nale di raggiungere
l’obiettivo discarica zero.
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SOLUZIONI
ACQUA
MICROINQUINANTI,
UN RISCHIO
SOTTOVALUTATO
Marco Di Luca
L’ozono è la soluzione più efficace per
eliminare gli effetti devastanti di migliaia
di sostanze pericolose anche se presenti
in piccole quantità nelle acque reflue.
Il termine microinquinanti induce, erroneamente, a sottovalutare il rischio che alcune sostanze possono avere sulla salute
umana. Il prefisso micro-, infatti, appare quasi tranquillizzante, poiché piccole quantità, smaltite in grandi masse di acque
come quella di un fiume o di un mare, sembrano destinate a
‘scomparire’.
Una convinzione tutt’altro che corretta. Ad esempio l’istituto
Mario Negri e l’Università di Firenze, analizzando il depuratore di La Spezia, hanno riscontrato che ogni giorno le sue
acque reflue contengono circa 350 g di molecole di origine
medicinale.
Sostanze che, non intercettate dai comuni sistemi di depurazione, finiscono in mare, dove si accumulano ed entrano
nella catena alimentare.
A questi si aggiungono una serie di sostanze chimiche, come
le policlorodibenzodiossine (Pcdd), i policlorodibenzofurani
(Pcdf), i policlorobifenili (PCB), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e i polibromodifenileteri (Pbde), classificati con
il nome di microinquinanti organici a causa della loro elevata
tossicità potenziale anche a bassissime concentrazioni. In
particolare Pcdd, Pcdf e PCB fanno parte di quelle sostanze
definite come inquinanti organici persistenti (POPs Persistent
Organic Pollutants), banditi dalla Convenzione di Stoccolma
del maggio 2001.
I microinquinanti organici, in particolare, sono composti chimici con proprietà nocive per la salute umana e per l’ambiente. Si propagano nell’aria, nell’acqua o nel terreno e, a
causa della loro scarsa degradabilità, resistono nell’ambiente
per lungo tempo. Il tutto a fronte di un inquinamento che oltrepassa le frontiere nazionali, rendendo indispensabile un
intervento a livello internazionale.
Ben si comprende, quindi, come il problema sia tutt’altro che
trascurabile e richieda interventi in tempi rapidi.
Dalle norme agli interventi
La recente Direttiva 2013/39/UE ha identificato una serie di
sostanze, ritenute particolarmente pericolose, da tenere sotto controllo. Si tratta, però, di indicazioni tese ad innalzare la
soglia di attenzione, pur non prescrivendo specifici interventi
o limiti di emissione, come invece avviene per altre sostanze
che, essendo presenti in grandi quantità, vengono costantemente monitorate e limitate. In questo settore, la Svizzera vanta già una posizione d’avanguardia e ha varato alcuni
Il container con l’impianto Wedeco è completamente preallestito con il generatore di ozono ed il sistema di distribuzione del gas, soluzione che sempliÀca e
velocizza la realizzazione dell’impianto.
68
n.14 maggio 2014
interventi mirati a comprendere i dettagli del fenomeno. Per
questa ragione, lo scorso febbraio, il convegno “Microinquinanti emergenti (MIE) nelle acque di rifiuto urbane”, promosso
dal Politecnico di Milano, ha visto un interessante confronto
tra le esperienze italiane ed elvetiche. In particolare, come ha
sottolineato la professoressa dell’ateneo milanese Francesca
Malpei, proprio sulla scorta della Direttiva 2013/39/UE, la Svizzera ha concentrato l’attenzione su cinque famiglie di sostanze
principali.
Si tratta di un lavoro particolarmente meticoloso e delicato, in
considerazione del fatto che gli impianti di depurazione devono
essere sempre più compatibili con l’ambiente. Ma, al tempo
stesso, non devono immettere ulteriori sostanze nocive e, soprattutto, sono chiamati a contenere i costi d’esercizio.
Piccole quantità, grandi rischi
L’attività di ricerca è delicata, soprattutto in considerazione
del fatto che la nostra società necessita di migliaia di sostanze chimiche che, dopo l’utilizzo, finisco irrimediabilmente nei
condotti fognari. L’Ufficio Ambientale svizzero, ad esempio, ha
individuato circa 30mila diverse sostanze chimiche rilevanti nei
prodotti utilizzati quotidianamente.
In questo ambito è immediato pensare a erbicidi e insetticidi.
Ma, in realtà, dobbiamo considerare che sono frutto di complesse interazioni chimiche anche i detergenti, i profumi, i dolcificanti... A cui si aggiungono, ovviamente, i medicinali, così
come gli ormoni di origine naturale e artificiale escretati da
uomini e animali.
Si tratta di molecole che attraversano quasi integralmente i
depuratori, in quanto progettati per intercettare sostanze differenti, più facilmente degradabili o scarsamente idrosolubili. In
particolare le molecole idrofobiche, seppur presenti in quantità
nell’ordine dei nanogrammi per litro, non subiscono nessuna
riduzione durante il loro passaggio negli impianti di trattamento
delle acque reflue. Solo in alcuni casi, infatti, possono essere
adsorbite, ma questo non contribuisce a limitare la loro efficacia, che può protrarsi per decenni.
L’effetto di simili sostanze sulla catena alimentare, inoltre, è
elevato anche per molecole caratterizzate da una rapida degradazione.
Ad esempio una molecola che si degrada naturalmente in cinque giorni, ma che avanza a una velocità di 0,5 m/s nel recettore, sarà presente per 2 km a valle del depuratore.
A valle del depuratore
Uno dei principali esperti italiani in materia è Luigi Viganò,
ricercatore presso il Cnr, che da 15 anni studia l’effetto dei
microinquinanti sull’ecosistema acquatico. Recentemente, in
particolare, si è occupato di analizzare le molecole che interferiscono con il sistema endocrino di vertebrati. Il sistema endocrino, infatti, possiede tessuti molto specializzati e delicati,
che produco ormoni destinati a funzione specifiche e vitali per
l’organismo.
Un quadro di controllo permette di controllare tutto il processo e regolarne i parametri.
L’esperimento, condotto nel bacino idrografico del Po, ha preso in considerazione i sedimenti del fiume Lambro. Lo studio,
in particolare, ha analizzato le molecole accumulate, che diventano un serbatoio di inquinati per gli organismi vitali, con
sostanze caratterizzate da effetti demascolinizzanti, antitirodei, neurotossici e mutageni.
Emblematico, in questo ambito, il fatto che nel fegato dei barbo, un pesce presente nella maggior parte dei torrenti del nord
Italia, la concentrazione di CYP1A mRNA (colpevole di lesioni
premutagene) a valle di un depuratore sia ben sette volte maggiore rispetto a quanto riscontrato a monte.
Un’analisi che dimostra come i depuratori, in cui convergono
gli scarichi fognari provenienti dagli insediamenti umani, rappresentino una sorta di concentratore di simili microinquinanti.
Ancora più inquietante, in questo ambito, il fatto che nelle gonadi del 22% dei pesci maschi siano state individuate cellule
uovo che, in condizioni normali, dovrebbero essere presenti
solo negli animali di genere femminile.
Depuratori ‘inutili’
Questi esempi, che rappresentano solo alcuni dei risultati ottenuti dal team di Viganò, sono utili per comprendere il pericolo
indotto dai microinquinanti, ma non aiutano ad arginare concretamente il fenomeno. Anche perché, come spiega lo stesso
ricercatore, esistono oggi 800 differenti interferenti endocrini.
Un numero che, come intuibile, rende impossibile effettuare
interventi mirati.
Proprio sull’efficacia degli interventi hanno lavorato i ricercatori svizzeri, tra cui Christian Götz, del laboratorio specializzato
EnviLab. L’attività, basata sulla spettromeria di massa, ha analizzato in modo sistematico l’effetto delle soluzioni adottate dai
più importanti impianti svizzeri.
In particolare è emerso come, anche negli impianti più moder-
n.14 maggio 2014
69
SOLUZIONI
ACQUA
rimosse e smaltite con metodi più efficaci.
La nuova frontiera, sulla quale concordano gli esperti, è oggi
rappresentata dall’ozonolisi.
L’ozono, infatti, è formato da molecole triatomiche di ossigeno
(O 3) che, possedendo un elevato potere ossidante, hanno la
capacità di rompere la maggior parte dei legami chimici. In
questo modo gli inquinanti vengono trasformati in atomi elementari, che possono essere agevolmente trattati e smaltiti.
Si tratta di un processo che, però, deve essere realizzato attraverso impianti di produzione correttamente calibrati. Inoltre
sono necessarie soluzioni per recuperare e abbattere l’ozono
che, dopo aver attraversato i liquami, non sia tornato allo stato
di ossigeno biatomico.
L’impianto Wedeco di Bad Sassendorf per la rimozione dei microinquinanti.
ni, sostanze come i residui farmaceutici attraversino immutati
i depuratori.
Emblematico, in questo ambito, il caso del Diclofenac, un farmaco anti-infiammatorio non steroideo che registra, nella sola
Svizzera, vendite nell’ordine di 4mila kg all’anno. Considerando che solo il 16% viene metabolizzato dall’organismo, questo
significata che quasi 3.600 kg finiscono immutati nei fiumi e
nei laghi elvetici.
Tecnologie a confronto
Una situazione alla quale occorre porre rimedio partendo da
un’attenta analisi del rapporto costi/benefici delle singole tecnologie. Un problema sul quale sì è concentrato Paolo Foa,
della società di ingegneria svizzera TBF+Partner.
Dagli studi presentati emerge come l’adsorbimento (tipicamente basato su carbone attivo) permette di trattenere parte dei
microinquinanti, ma che devono poi essere trattati in impianti
specifici. Inoltre l’efficacia risulta decisamente bassa nel caso
delle sostanze di origine biologica.
Ben più efficace, soprattutto sulle molecole di origine biologica, l’effetto di un’irradiazione attraverso i raggi UV, capaci di distruggere le molecole organiche senza rilasciare altre
sostanze. Per l’efficacia dell’intervento su alcune sostanze è
però necessario un doppio passaggio, che porta a un sensibile
aumento dei costi.
Ottimi risultati sono stati ottenuti anche dalla nanofiltrazione a
osmosi inversa, capace di trattenere un’elevata percentuale di
molecole. Il suo effetto, però, è quello di creare una sorta di filtro e, quindi, le molecole inquinanti devono comunque essere
70
n.14 maggio 2014
La soluzione è l’ozono
Poche aziende al mondo possiedono le competenze per configurare correttamente simili impianti, ma i risultati, anche dal
punto di vista economico, sono particolarmente apprezzati. È il
caso del depuratore di Bad Sassendorf, nel Nord-Reno Westfalia. Dagli Anni ’90, infatti, in Germania sono state identificate
grandi quantità di estrogeni nei fiumi, nei laghi e nei mari. Una
situazione che induce la ‘femminilizzazione’ dei pesci maschi.
Da qui la scelta di individuare soluzioni in grado di distruggere
le molecole medicinali prima di reimmettere i reflui nel ciclo
delle acque. In particolare gli studi dei laboratori tedeschi hanno individuato nell’ozono la tecnologia ideale per ridimensionare sistematicamente il problema in modo efficace e a costi
concorrenziali.
Una soluzione che, però, richiede un’elevata competenza dei
tecnici coinvolti per ottimizzare tutti i parametri di funzionamento: dalla dimensione delle microbolle, immesse nei liquami, alla pressione d’esercizio, passando attraverso la gestione
dei consumi.
Per questa ragione i tecnici dell’impianto tedesco si sono rivolti a Wedeco, un’azienda parte del gruppo Xylem Water Solutions, che riveste un ruolo di primo piano nel settore e che ha
già realizzato diversi impianti ozono dedicati alla rimozione dei
microinquintanti in Svizzera e Germania. Inoltre, tra le proprie
offerte, vanta un modello di impianto di produzione dell’ozono
molto particolare.
Dopo aver studiato le specificità dell’impianto di depurazione,
infatti, l’intero sistema viene assemblato, in uno speciale container, all’interno dello stabilimento Wedeco. In questo modo
la centrale di produzione dell’ozono e il sistema di controllo
vengono consegnati al committente solo dopo aver superato
severi test e aver ottenuto le necessarie certificazioni, mentre
in loco sono realizzati solo gli intercollegamenti elettroidraulici.
Una modalità che consente di ottenere le migliori prestazioni,
in quanto l’intera attività è affidata a personale specializzato,
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END OF WASTE
RIFIUTI
OPPURE PRODOTTI
Solo ciò che oggettivamente è un prodotto non è più un rifiuto:
quanto stabilito dal regolamento End of Waste implica che solo ed
esclusivamente quando, al termine del trattamento di recupero, le
caratteristiche del prodotto generato sono tali da escludere, o da
rendere molto remota, la possibilità che tale materiale o oggetto sia
abbandonato, si può affermare che un rifiuto non è più tale.
Paolo Pipere*
La nozione di End of Waste
(cessazione della qualifica di
rifiuto) introduce un’importante
innovazione nel dibattito sulla
distinzione tra rifiuto e non-rifiuto.
Fonte: Consorzio Ric
rea
Comprendere l’estensione e i
confini dell’ambito di applicazione
della disciplina sui rifiuti è,
infatti, una questione di capitale
importanza per assicurare la
concreta efficacia degli strumenti
legislativi
necessari a conseguire gli
obiettivi delle politiche ambientali
comunitarie.
La disciplina comunitaria sui
rifiuti, volta a limitare i rischi per
l’ambiente e la salute derivanti
dall’abbandono o da una
gestione non autorizzata
*Responsabile del Servizio Ambiente ed Ecosostenibilità della Camera di Commercio di Milano
72
n.14 maggio 2014
degli scarti di produzione o
di consumo, assume che per
raggiungere tali finalità sia
necessario assoggettare questi
materiali, sostanze o oggetti a
un rigoroso regime di controllo
su tutte le fasi di gestione
successive alla produzione di tali
scarti. La registrazione dei rifiuti
prodotti, la tracciabilità in fase
di movimentazione, così come
le autorizzazioni necessarie per
svolgere le attività di trasporto,
commercio, trattamento di rifiuti
e intermediazione di servizi
di recupero o di trattamento
costituiscono un complesso
sistema di elementi di garanzia
per la collettività.
Il ‘non rifiuto’ deve essere
un prodotto
La necessità di tali elementi
di garanzia, però, viene meno
quando, come esito di un
processo di recupero di rifiuti
messo in atto con modalità
predefinite in un impianto
debitamente autorizzato, si
giunge a ottenere un materiale,
una sostanza o un oggetto in
tutto e per tutto conforme ai
requisiti minimi previsti da tutte
le norme cogenti applicabili ai
prodotti.
In altri termini, la cessazione
della qualifica di rifiuto si
deve poter avere solo ed
esclusivamente nel caso in
cui al termine del trattamento
di recupero
si generi un prodotto con
caratteristiche tali da escludere,
o da rendere molto remota, la
possibilità che tale materiale o
oggetto sia abbandonato.
Questa è la portata innovativa
della nozione di End of Waste,
così come di quella, per questo
aspetto assolutamente analoga,
di sottoprodotto: un materiale,
una sostanza o un oggetto non
sono rifiuti, e conseguentemente
non necessitano dell’insieme di
vincoli finalizzati a garantirne una
corretta gestione, soltanto se
possono essere ritenuti a tutti gli
effetti dei ‘prodotti’ domandati, qui
e ora, dal mercato.
Il processo di recupero
e i suoi risultati
A questo proposito è necessario
affermare che il termine ‘End
of Waste’ indica quegli specifici
processi di recupero che sono
in grado di trasformare rifiuti
in prodotti, e in nessun modo,
invece, i materiali, le sostanze o
gli oggetti ottenuti al termine del
trattamento. Quando si sostiene
che il gestore di un impianto di
recupero si
(1) Paola Ficco, Claudio Rispoli, Produttori, come gestire i rifiuti speciali, Milano, Edizioni
Ambiente, 2011, p. 16
configurerebbe come ‘produttore
di end of waste’ (1), oppure
che end of waste sarebbe il
“termine che ha sostituito,
nell’ordinamento italiano,
quello più noto di ‘MPS’ o
materie prime secondarie”(2),
evidentemente si utilizza in
modo improprio questa nozione,
scambiando il vocabolo che
indica il processo di cessazione
della qualifica di rifiuto con il
risultato del processo, che deve
necessariamente essere un
prodotto.
Le condizioni
per la cessazione
della qualifica di rifiuto
Le condizioni che devono essere
al contempo soddisfatte, ex art.
6 della Direttiva 2008/98/CE e
art. 184-ter del DLgs 152/2006,
per consentire il verificarsi della
cessazione della qualifica di
rifiuto al termine del trattamento
di recupero avvalorano l’ipotesi
interpretativa proposta.
La prima condizione, “a)
La sostanza o l’oggetto è
comunemente utilizzato per
scopi specifici”, sancisce
che la possibilità d’impiego
degli output dei processi
di recupero deve essere
attuale, non semplicemente
potenziale. Materiali, sostanze
e oggetti devono poter essere
‘comunemente’ - quindi
generalmente, di solito - utilizzati
per ‘scopi specifici’, pertanto
in ambiti applicativi noti e
preventivamente individuati.
Detto altrimenti: si deve trattare di
prodotti diffusi e atti ad assolvere
funzioni conosciute e definite.
Ragionando a contrario: la mera
delineazione di un ipotetico
reimpiego non dà garanzie
sufficienti a escludere alcunché
dall’ambito di applicazione della
normativa sui rifiuti.
La seconda condizione, “b) esiste
un mercato o una domanda per
tale sostanza od oggetto”, è auto
esplicativa.
L’esistenza di un mercato o di
una domanda dimostra che il
bene derivante dal processo
di recupero difficilmente
sarà abbandonato o smaltito
illegalmente perché è ritenuto
utile da una pluralità di soggetti
disposti ad acquistarlo.
Anche la terza condizione, “c)
la sostanza o l’oggetto soddisfa
i requisiti tecnici per gli scopi
specifici e rispetta la normativa e
gli standard esistenti applicabili
ai prodotti”, ribadisce sia la
necessità che gli output delle
operazioni di recupero abbiano
caratteristiche predeterminate
(rispettino requisiti tecnici) e
siano in grado di garantire le
prestazioni richieste in concrete
condizioni di utilizzo o di
consumo (scopi specifici) sia
che siano pienamente conformi
tanto alla legislazione cogente
applicabile (caratteristiche
minime irrinunciabili di qualità o
prestazione, tra le quali anche
quelle volte ad assicurare
la compatibilità ambientale,
la salubrità, la sicurezza, il
risparmio energetico) quanto
alle norme tecniche (standard)
(2) Fise Unire e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, L’Italia del riciclo 2013, parte 2 Regolamenti End Of Waste, p. 21
n.13 marzo 2014
73
END OF WASTE
Fonte: Consorzio Ricrea
relative a quel genere di beni
(e altrettanto finalizzate a
garantire la prestazione di un
prodotto in un determinato
contesto applicativo). L’ultima
condizione, “d) l’utilizzo della
sostanza o dell’oggetto non
porterà a impatti complessivi
negativi sull’ambiente o sulla
salute umana, da un lato in linea con quanto si è in
precedenza esposto - ripropone
la necessità che il risultato del
processo di recupero del rifiuto
offra in fase d’uso le garanzie
ritenute irrinunciabili per
assicurare la tutela della salute
e dell’ambiente, dall’altro con
la sua indeterminatezza (non
porterà a impatti complessivi
negativi sull’ambiente o
sulla salute umana) provoca
rilevanti problemi applicativi.
Quali impatti ambientali o
rischi per la salute sono
da ritenersi tollerabili? È
necessario escludere ex ante
che l’utilizzo porterà a impatti
negativi significativi oppure
ad un qualsivoglia tipo di
impatto negativo di qualunque
entità? Sotto questo profilo è
senz’altro da ritenersi preferibile
la precedente formulazione
della norma, sia pur riferita alle
condizioni necessarie per la
sussistenza dei sottoprodotti
(art. 183, comma 1, lettera p)
DLgs 152/2006). Prima delle
modifiche
introdotte dal DLgs 205/2010,
infatti, la condizione citata era
la seguente: [è necessario
che i sottoprodotti] “soddisfino
requisiti merceologici e di qualità
ambientale idonei a garantire
che il loro impiego non dia
luogo ad emissioni e ad impatti
ambientali qualitativamente e
quantitativamente diversi da
quelli autorizzati per l’impianto
dove sono destinati ad essere
utilizzati”. Questa formulazione,
a differenza dell’attuale, rendeva
oggettivamente determinabile se
gli impatti complessivi negativi
sull’ambiente o sulla salute
umana fossero da ritenersi
tollerati o meno.
Dalle materie secondarie
ai prodotti
Tertium non datur, per evitare
qualsiasi possibilità di elusione
della normativa sui rifiuti si deve
giungere quanto prima a bandire
dall’ordinamento giuridico
nozioni quali quelle di ‘materie
prime secondarie’, ‘materie
secondarie’, ‘materiali secondari’
situate in un’area grigia
collocata tra rifiuti e prodotti.
Le ‘materie secondarie’, infatti,
nell’ordinamento nazionale si
configuravano come prodotti
sub conditione: nel caso in cui
non venissero effettivamente
e oggettivamente impiegate
ritornavano a dover essere
qualificate come rifiuti.
Meglio, allora, optare con
decisione in favore del
nuovo criterio: non è
più rifiuto solo ciò che è
oggettivamente divenuto
un prodotto.
Fonte: Consorzio Ricrea
74
n.14 maggio 2014
I regolamenti comunitari
sull’EOW
Il Regolamento (UE) N.
333/2011 del 31 marzo 2011
ha introdotto il primo insieme
di criteri comunitari relativo alla
cessazione della qualifica di
rifiuto dei rottami di ferro, acciaio
e alluminio, inclusi i rottami di
leghe di alluminio. In seguito
sono stati definiti il Regolamento
(UE) N. 1179/2012 del 10
dicembre 2012 sui rottami di
vetro e il Regolamento (UE) N.
715/2013 del 25 luglio 2013 sui
rottami di rame.
Il rispetto dei criteri contenuti
nei regolamenti citati consente
di dimostrare la sussistenza
delle condizioni che consentono
a un processo di recupero di
rifiuti di giungere a trasformare
un rifiuto in un prodotto. I criteri
costituiscono quindi prescrizioni
dettagliate volte ad assicurare
che determinate operazioni
di recupero conducano
effettivamente alla generazione
di prodotti e non di altre tipologie
di rifiuti, sia pur più facilmente
trasformabili in prodotti mediante
successivi trattamenti.
I criteri in primo luogo
stabiliscono quali rifiuti
possono essere utilizzati come
materiale dell’operazione di
recupero e quali, invece, non
possono essere impiegati
perché comprometterebbero,
o rischierebbero di
compromettere, le
caratteristiche dei prodotti che
l’impianto intende generare.
In termini generali, i regolamenti:
- impediscono in via generale
l’utilizzo di rifiuti pericolosi
per alimentare il processo di
recupero, consentendolo solo
nel caso in cui si dimostri di aver
applicato metodi di trattamento
e tecniche (definiti nel
regolamento) atti ad eliminare
tutte le caratteristiche di pericolo
dei materiali in ingresso;
- impongono obblighi minimi
di monitoraggio, quali controlli
di accettazione di tutti i rifiuti
pervenuti e dei documenti che
li accompagnano effettuati
da personale qualificato,
classificazione delle partite di
materiali, analisi periodiche
per determinare la quantità
di materiali estranei presenti,
monitoraggio della radioattività
dei metalli;
- prescrivono l’impiego di
determinati processi e tecniche
di trattamento, per esempio
la separazione alla fonte dei
rifiuti, il trattamento preliminare
volto alla selezione delle
diverse tipologie, la rimozione
preliminare dei materiali
estranei, l’effettuazione
dei trattamenti meccanici
(quali taglio, cesoiatura,
frantumazione o granulazione;
selezione, separazione, pulizia,
disinquinamento, svuotamento)
necessari per preparare i rottami
al loro utilizzo finale direttamente
negli impianti che li utilizzeranno
in sostituzione delle materie
prime convenzionali;
- definiscono la qualità dei
materiali ottenuti dall’operazione
di recupero, che devono in ogni
caso poter essere utilizzati
direttamente nella produzione
di sostanze o oggetti metallici
nelle acciaierie e nelle fonderie
o di prodotti in vetro nelle
vetrerie;
- prescrivono il rilascio di una
dichiarazione di conformità;
- impongono l’applicazione di
un sistema di gestione della
qualità allo scopo di assicurare
la conformità alle prescrizioni
dei regolamenti. In particolare,
tale sistema deve prevedere
una serie di procedimenti
documentati riguardanti
ciascuno dei seguenti aspetti:
a) controllo di accettazione dei
rifiuti utilizzati come materiale
dell’operazione di recupero,
b) monitoraggio dei processi e
delle tecniche di trattamento,
c) monitoraggio della qualità
dei rottami metallici ottenuti
dall’operazione di recupero
(che comprenda anche
campionamento e analisi),
d) efficacia del monitoraggio
delle radiazioni (per i rottami
metallici), e) osservazioni dei
clienti sulla qualità dei materiali
ottenuti, f) registrazione dei
risultati dei controlli effettuati, g)
revisione e miglioramento
del sistema di gestione
della qualità, h) formazione
del personale;
impongono la verifica,
“effettuata [ogni tre anni] da
un organismo preposto alla
valutazione della conformità
di cui al regolamento (CE) n.
765/2008 […] che sia stato
riconosciuto a norma di detto
regolamento, o da qualsiasi
altro verificatore ambientale di
cui all’articolo 2, paragrafo 20,
lettera b), del regolamento (CE)
n. 1221/2009 (Emas)”, che il
sistema di gestione della qualità
soddisfi le disposizioni dello
specifico regolamento.
I criteri nazionali
Il decreto ministeriale 14
febbraio 2013, n. 22 costituisce
al momento l’unica disposizione
italiana sulla cessazione della
qualifica di rifiuto. La norma
è finalizzata a disciplinare la
cessazione della qualifica di
rifiuto di determinate tipologie
di combustibili solidi secondari
(CSS). Deve essere ricordato,
infatti, che il CSS, pur essendo
un combustibile derivato dai
rifiuti, è qualificato come rifiuto
e può essere utilizzato solo in
impianti di recupero autorizzati.
La particolarità di questa
disposizione è quindi data dal
fatto che l’input del processo di
recupero che darà luogo al ‘CSSCombustibile’, definito come “il
sottolotto di combustibile solido
secondario (CSS) per il quale
risulta emessa una dichiarazione
di conformità”, è a sua volta un
materiale ottenuto a seguito di un
trattamento di recupero che non
è stato in grado di trasformare
il rifiuto in prodotto, ma si è
limitato a creare le condizioni
necessarie affinché ciò potesse
eventualmente avvenire in un
secondo processo di trattamento
di rifiuti. Il decreto ministeriale
segue in linea di massima
l’impostazione dei regolamenti
comunitari, ma prevede specifici
obblighi di dichiarazione annuale
e prescrizioni aggiuntive molto
articolate in materia di deposito
e movimentazione presso
il produttore e l’utilizzatore,
di trasporto e di impiego del
CSS-Combustibile. Sembra,
dunque, che (analogamente a
quanto in passato avveniva per
le ‘materie prime secondarie’) il
raggiungimento degli standard
qualitativi prescritti per i prodotti
non sia sufficiente a liberare il
CSS-Combustibile da vincoli
simili a quelli previsti per la
gestione dei rifiuti. Che si
sia ritornati alla tradizionale
impostazione secondo la
quale ciò che dovrebbe essere
diventato un non-rifiuto sia
rimasto invece un non-prodotto?
n.14 maggio 2014
75
GESTIONE
RIFIUTI
IL CONTENUTO DI RICICLATO
NEI SERRAMENTI,
NELLE FACCIATE
CONTINUE E NEGLI ACCESSORI
IN ALLUMINIO
Maddalena Vitali*
Per l’utilizzo di materiali riciclati, i produttori di serramenti, accessori e facciate continue
hanno a disposizione numerosi strumenti legislativi per dimostrare il proprio impegno
nei confronti della sostenibilità ambientale.
L’utilizzo di materiali riciclati nel settore delle costruzioni presenta un duplice vantaggio dal punto di vista ambientale: prevenire lo sfruttamento di
risorse esauribili e ridurre il quantitativo di materiale smaltito in discarica.
Per questi motivi gli schemi di certi¿cazione per la sostenibilità degli edi¿ci (per esempio il sistema statunitense Leed o l’italiano Protocollo Itaca)
premiano l’utilizzo di materiale da costruzione contenente quantitativi signi¿cativi di materiale riciclato. In maniera analoga, la legislazione italiana,
attraverso il DM 25/07/11 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm), ha dato la possibilità alle Pubbliche Amministra-
*Aiat – Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio
76
n.14 maggio 2014
zioni virtuose di poter acquistare nell’ambito dei propri appalti, serramenti
sostenibili dal punto di vista ambientale. Infatti il Decreto contiene le modalità di utilizzo dello strumento volontario del Green Public Procurement
- GPP (Acquisti pubblici verdi), per rispettare i criteri minimi ambientali da
inserire nei bandi di gara. La norma tecnica internazionale UNI EN ISO
14021:2012 Etichette e dichiarazioni ambientali - Asserzioni ambientali
auto-dichiarate (etichettatura ambientale di Tipo II), di riferimento per le
asserzioni ambientali, fornisce indicazioni su come comunicare a tutte
le parti interessate il dato relativo alla percentuale di riciclato nei serra-
Figura 1 - Confronto tra contenuto di riciclato pre-consumo e post-consumo
[Manuale Leed 2009 Italia Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni]
menti, pro¿li e accessori. Sono quindi molteplici gli strumenti legislativi a
disposizione dei produttori di serramenti, accessori e facciate continue per
dimostrare il proprio impegno nei confronti della sostenibilità ambientale. Indubbiamente dimostrare una fattiva attenzione produttiva nei confronti della
sostenibilità ambientale rappresenta un’ottima opportunità per le aziende di
distinguersi dai concorrenti, di valorizzare così la propria immagine e di guadagnare in competitività. La convalida da parte di un ente terzo - riconosciuto, autorevole e indipendente - fornisce maggiore autorevolezza e credibilità
alle dichiarazioni in materia di sostenibilità ambientale approntate dai produttori. Considerato quanto sopra, Uncsaal ha stretto a luglio 2012 un rapporto
di collaborazione con l’Istituto di Certi¿cazione e Marchio Qualità per prodotti
e servizi per le costruzioni (Icmq) che ha portato alla pubblicazione del documento UX84 “Linee guida per la convalida del contenuto di riciclato nei
serramenti, nelle facciate continue e negli accessori”. Uncsaal è l’Unione
Nazionale Costruttori Serramenti Alluminio Acciaio e Leghe, unitasi il 1 gennaio scorso con Acai, Associazione fra i Costruttori in Acciaio Italiani. Dalla
fusione è nata Unicmi Unione Nazionale delle Industrie delle Costruzioni
Metalliche dell’Involucro e dei serramenti. Icmq è l’Istituto di certi¿cazione
e marchio qualità per prodotti e servizi per le costruzioni. Dal momento che
il documento rappresenta delle linee guida generali per la determinazione
della percentuale di materiale riciclato presente nei prodotti serramentistici
(serramenti, facciate continue, accessori), Uncsaal e Icmq hanno concordato di costituire un gruppo di lavoro con lo scopo di elaborare la procedura
operativa per la convalida del contenuto di riciclato nei prodotti da costruzione sopracitati secondo la norma UNI EN ISO 14021. Il gruppo è costituito
da soci Uncsaal quali produttori di sistemi, costruttori di serramenti e facciate
continue in alluminio e produttori d’isolanti e i lavori sono ancora in corso.
Termini e de¿nizioni
Sono di particolare importanza le de¿nizioni riportate di seguito (alcune provenienti dalla norma UNI EN ISO 14021:2012).
Asserzione ambientale - Dichiarazione che indica un aspetto ambientale di
un prodotto, di un componente o di un imballaggio.
Asserzione ambientale autodichiarata (in breve Asserzione) - Dichiarazione
ambientale effettuata da fabbricanti, importatori, rivenditori o chiunque altro
possa trarre bene¿cio da tale dichiarazione;
Contenuto di riciclato - Proporzione, in massa, di materiale riciclato in un prodotto o in un imballaggio. Solo materiali ‘pre-consumer’ e ‘post-consumer’
devono essere considerati come contenuto di riciclato, conforme con l’utilizzo dei seguenti termini.
Materiale ‘pre-consumer’ - Materiale sottratto dal Àusso dei ri¿uti durante un
processo di fabbricazione. È escluso il riutilizzo di materiali rilavorati, rimacinati o dei residui generati in un processo e in grado di essere recuperati nello
stesso processo che li ha generati.
Materiale ‘post-consumer’ - Materiale generato da insediamenti domestici o
da installazioni commerciali, industriali e istituzionali nel loro ruolo utilizzatori
¿nali del prodotto, che non può più essere utilizzato per lo scopo previsto.
Ciò include il ritorno di materiale dalla catena di distribuzione.
Materiale riciclato - Materiale che è stato processato da materiale recuperato
(risanato) per mezzo di un processo produttivo e trasformato in un prodotto
¿nale o in un componente al ¿ne di essere incorporato in un prodotto.
Materiale recuperato - Materiale che sarebbe stato altrimenti smaltito come
ri¿uto o usato per il recupero di energia, ma che è stato raccolto e recuperato
(risanato) come materiale in ingresso, al posto di nuova materia prima, per il
riciclaggio o per un processo di produzione.
Fabbricante - La persona ¿sica o giuridica responsabile della progettazione,
della produzione, dell’imballaggio (quando applicabile) di un prodotto da costruzione o sue componenti in vista dell’immissione in commercio a proprio
nome, indipendentemente dal fatto che queste operazioni siano eseguite da
questa stessa persona o da un terzo per suo conto.
Serramenti esterni - Finestre (apribili, ¿sse, verticali, orizzontali, inclinate,
manuali e motorizzate), porte¿nestre, porte esterne pedonali, che delimitano l’edi¿cio verso l’esterno, comprensivi di telai ¿ssi e mobili, tamponamenti
trasparenti o opachi.
Accessori per serramenti - Tavellini, accessori di manovra, cremonesi/chiusure laterali per scorrevoli, dispositivi limitanti l’apertura delle ¿nestre, bracci
a geometria variabile (con o senza sistema di frizionamento), cricchetti o nottolini, cerniere a frizione, bracci ad incernieramento per aperture autobilancianti, meccanismi per sporgere totalmente reversibili, meccanismi per ante
totalmente reversibili, dispositivi di bilanciamento per saliscendi, chiusure a
camma, carrelli e rulli per scorrevoli e aperture a libro o a ¿sarmonica, accessori per scorrevole alzante, accessori per vasistas scorrevole, dispositivi
per scorrevoli.
Facciate continue - Solitamente consiste in elementi strutturali verticali e
orizzontali, collegati insieme e ancorati alla struttura portante dell’edi¿cio e
tamponati, a formare un involucro leggero continuo che garantisce, di per
sé o congiuntamente all’opera edilizia, tutte le funzioni normali di una parete
esterna, ma che non assume alcuna delle caratteristiche portanti della struttura dell’edi¿cio.
Chiusure oscuranti, tende interne ed esterne - Prodotto installato internamente o esternamente per fornire copertura supplementare e/o protezione
di un’apertura (ad esempio ¿nestre, porte).
Asserzione Ambientale Autodichiarata
Il fabbricante deve predisporre un’Asserzione Ambientale Autodichiarata relativa al contenuto di materiale riciclato, secondo le indicazioni della norma
UNI EN ISO 14021.
L’Asserzione Ambientale Autodichiarata deve contenere almeno:
n.14 maggio 2014
77
GESTIONE
RIFIUTI
Tabella 1 - Materiali
Materiale
Alluminio e leghe (ad es. leghe di zinco)
a) Estrusi
b) Laminati (o lamiera d’alluminio)
Acciaio
Vetro
Materiali d’isolamento
Laterizio, cotto, ceramica (ad es. nei sistemi di rivestimento
per facciate ventilate)
Nylon (negli accessori)
Resine (negli accessori)
Tabella 2 - Prodotti
Prodotti da costruzione e componenti
Finestra
Facciata a cellule
Accessori
- il nome del fabbricante
- l’indirizzo dell’unità produttiva in cui viene fabbricato il prodotto oggetto
dell’Asserzione Ambientale Autodichiarata;
- identi¿cazione (eventualmente anche tramite il nome commerciale) del
prodotto oggetto dell’Asserzione Ambientale Autodichiarata;
- indicazione del contenuto di materiale pre-consumer;
- indicazione del contenuto di materiale post-consumer;
- data di emissione dell’Asserzione Ambientale Autodichiarata.
È pertanto opportuno per il produttore di serramenti, accessori e facciate
continue, distinguersi dai concorrenti e poter eventualmente avvalersi di una
terza parte indipendente al ¿ne di dimostrare il proprio impegno nei confronti della sostenibilità ambientale, valorizzando così la propria immagine e
guadagnando in competitività. Il produttore, mediante la convalida da parte
dell’Ente terzo (ad esempio Icmq), dimostra al committente che la propria
dichiarazione è eseguita in conformità alla UNI EN ISO 14021, norma di
riferimento per le asserzioni ambientali, ed è supportata da dati certi e da
procedure. La convalida è attuata dall’Ente terzo, con riferimento ai requisiti espressi nella UNI EN ISO 14021 mediante un esame documentale e
la veri¿ca sia degli impianti, delle apparecchiature di misurazione e prova,
del personale addetto alle lavorazioni, sia delle regole gestionali del sistema, effettuati durante l’attività lavorativa in modo da raccogliere le evidenze
dell’af¿dabilità dei dati oggetto della convalida.
Criteri per la classi¿cazione dei materiali riciclati
In relazione alle de¿nizioni fornite al paragrafo ‘Termini e de¿nizioni’, ai ¿ni
della classi¿cazione di un materiale come pre-consumer o post-consumer
occorre far riferimento all’ultimo processo (in ordine cronologico) che ha dato
origine al materiale. Nelle Tabella 1 sono riportati i materiali che possono
entrare nel processo produttivo dei prodotti serramentistici (Tabella 2). Al ¿ne
di poter correttamente classi¿care un materiale come pre-consumer o postconsumer bisogna analizzare i processi di produzione distinti per i materiali
presentati in Tabella 1. Deve poi seguire l’analisi relativa ai prodotti ¿niti.
78
n.14 maggio 2014
Contenuto di riciclato nei serramenti in alluminio
A titolo esplicativo lo schema di Figura 1 rappresenta le fasi di riciclaggio preconsumo e post-consumo di porte con pro¿li in alluminio.
Secondo la UNI EN ISO 14021, gli scarti rilavorati all’interno dello stesso stabilimento produttivo non devono essere conteggiati come contenuto di riciclo
mentre possono essere conteggiati gli sfridi provenienti da altre lavorazioni
effettuate in altri stabilimenti. La produzione di un kg di alluminio di riciclo
(alluminio secondario o di seconda fusione) ha un fabbisogno energetico
che equivale soltanto al 5% di quello di un equivalente kg di metallo prodotto
a partire dalla materia vergine (alluminio primario o di prima fusione). Per
questo motivo i rottami di alluminio hanno una valorizzazione economica
positiva ed è economicamente conveniente il loro recupero e riciclo.
Approfondimenti
Ulteriori strumenti Uncsaal di approfondimento sull’argomento sono i documenti tecnici UX82 “I serramenti negli acquisti pubblici verdi (Green Public
Procurement, GPP)”, UX74 “Il sistema Leed e i serramenti in alluminio – Sostenibilità delle costruzioni e protocolli certi¿cativi” e UX84 – “Linee guida per
la convalida del contenuto di riciclato nei serramenti, nelle facciate continue
e negli accessori in alluminio secondo Norma UNI EN ISO 14021”.
Riferimenti normativi
UNI EN ISO 14021 - Etichette e dichiarazioni ambientali - Asserzioni ambientali auto-dichiarate (etichettatura ambientale di Tipo II);
- Decreto Ministeriale 25/07/2011 - Adozione dei criteri minimi ambientali da
inserire nei bandi di gara della Pubblica Amministrazione per l’acquisto di
prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate
alimentari e serramenti esterni (11A12078) (GU n. 220 del 21/09/2011);
- Relazione di accompagnamento del Decreto Ministeriale 25/07/2011 - Documento di background sui criteri ambientali minimi per l’acquisto di serramenti esterni e assimilabili che delimitano l’edi¿cio verso l’esterno o verso
locali non riscaldati da parte della Pubblica Amministrazione
(http://www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/allegati/GPP/all.
to_43_relazione_serramenti_esterni.pdf).
BIBLIOGRAFIA
Manuale Leed 2009 Italia Nuove Costruzioni e Ristrutturazioni.
UX8 – Guida alla definizione prestazionale delle guarnizioni per serramenti e facciate continue.
UX72 - Guida alla definizione prestazionale, alla scelta e alla messa in
opera dei sigillanti per serramenti e facciate continue.
UX74 – Il sistema Leed e i serramenti in alluminio.
UX82 – I serramenti negli acquisti pubblici verdi Green Public Procurement – GPP.
UX84 - Linee guida per la convalida del contenuto di riciclato nei serramenti, nelle facciate continue e negli accessori in alluminio secondo
Norma UNI EN ISO 14021.
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NEWS
LENZE
Con i modelli c300 e
p300 Lenze lancia sul
mercato due nuovi
motion controller, integrando con
la fascia base la gamma di potenza
già disponibile. I nuovi controllori,
robusti e compatti, dispongono di
una connessione Ethernet e di una
porta USB di serie. Per il collegamento al bus di campo sono
state integrate un’interfaccia fieldbus CANopen e una EtherCAT. Tramite i moduli di espansione sarà possibile in futuro
ampliare la dotazione anche con interfacce Profibus e Profinet.
I dati e le applicazioni sono memorizzati su una scheda SD per
consentire una sostituzione dei dispositivi rapida e senza complicazioni. Per la protezione contro la perdita di dati in caso di
interruzioni impreviste dell’alimentazione, il controllore dispone di una batteria integrata (UPS) e di una memoria ritentiva da
128 KB. Non necessitando dell’usuale batteria tampone e del
ventilatore, questi controllori non richiedono manutenzione di
alcun tipo. Per fini diagnostici e per una facile messa in servizio, offrono poi l’accesso diretto tramite browser web a tutti i
parametri che vengono anche memorizzati in un file di log. Sul
controllore c300 è possibile installare direttamente i moduli I/O
del sistema I/O 1000, per consentire un adattamento ottimale
all’applicazione specifica. Il Panel Controller p300, sviluppato
specificatamente per l’utilizzo industriale, è dotato di un touch
screen resistivo e può essere ordinato con frontale personalizzato. Inizialmente saranno disponibili le varianti con schermo
da 4,3” (10,9 cm), 7” (17,8 cm) e 10,4” (17,8 cm). I nuovi con-
trollori si integrano perfettamente nelle soluzioni di controllo e
visualizzazione all’avanguardia di Lenze.
Grazie a un portafoglio prodotti di controllori e sistemi di automazione scalabili, con Lenze è possibile realizzare soluzioni su
misura per specifiche applicazioni. Specialista in Motion Centric Automation, Lenze offre dispositivi in ogni fascia di prestazioni, nelle versioni da quadro elettrico o da pannello, basati
su un’unica piattaforma. La messa in servizio dei controllori è
identica per l’intera gamma di prodotti. È possibile inoltre eseguire in pochi passi la portabilità dei dati di progetto, ad esempio da un controllore c300 o p300 ai controllori per applicazioni
di media complessità, quali il 3200 C o il p500 di Lenze. Infine,
per la programmazione sono a disposizione del costruttore di
macchine l’Application Template Lenze Fast e i tool di engineering facenti capo al software Easy Navigator. Grazie alla
loro versatilità e semplicità, i controller p300 e c300 di Lenze
possono essere agilmente utilizzati per la potabilizzazione o il
trattamento delle acque, per esempio per griglie di filtraggio,
stazioni di rilancio delle acque o per la desalinizzazione dell’acqua marina in acqua di uso comune (non potabile).
www.lenzeitalia.it
SCHNEIDER ELECTRIC
La nuova gamma di strumenti di
misura Power Logic - PM5500 di
Schneider Electric è altamente
performante e permette l’analisi avanzata dei
parametri elettrici in sistemi trifase con collegamento
diretto delle tensioni fino a 690V fase-fase per
installazioni conformi alla categoria III.
Oltre ai parametri base quali lettura delle correnti
e tensioni per fase, frequenza, fattore di potenza,
energie e potenze, il PM5500 offre misure più
avanzate quali la lettura della corrente di neutro,
l’analisi armonica ordine per ordine fino alla 63esima
e l’integrazione di altri vettori energetici (Wages)
grazie ai 4 ingressi impulsivi configurabili.
La consultazione di tutti parametri rilevati è possibile
sia in locale, grazie al luminoso display antiriflesso
che vanta caratteri di grande dimensione e una
80
n.14 maggio 2014
potente retroilluminazione, sia da remoto
attraverso le pagine web precaricate o tramite
il collegamento Modbus RS485 o le due porte
Ethernet per il collegamento in daisy chain.
Le misure, così come gli allarmi vengono
registrati nella memoria interna dello strumento:
fino a 14 parametri selezionabili con intervallo
e durata e fino a 52 allarmi di diverso tipo
(innescati da setpoint, digitali, booleani).
La grande precisione del PM5500 è certificata
dalla conformità alla norma IEC62053 classe
0,2S per l’energia attiva e classe 1 per l’energia
reattiva. In particolare il modello PM5561
della serie è certificato anche secondo la
direttiva MID (Allegato B + Allegato D).
www.schneider-electric.it
AUMA_ADV_AMBIENTE_01_210x297 02/05/11 10:37 Pagina 1
Auma, il valore dell’ambiente
Decine e decine di saracinesche, valvole a farfalla, serrande e paratoie sono
costantemente in funzione per valorizzare l’efficienza gestionale degli impianti di
adduzione, trattamento, trasporto, distribuzione delle acque e degli impianti di
depurazione aria e fumi.
Gli attuatori elettrici azionano ininterrottamente gli organi di intercettazione e di
regolazione tramite segnali che vanno dai sistemi di controllo elementare a quelli più
sofisticati a bus di campo.
Auma è la soluzione.
AUMA ITALIANA S.R.L.
Via delle Arnasche, 6 - 20023 Cerro Maggiore (MI) Tel: +39 0331 51351 Fax: +39 0331 517606
www.auma.it - [email protected]
AUMA, il partner affidabile nel rispetto dell’ambiente
Il ruolo di Aiat
nella Formazione continua
degli ingegneri
Il ruolo di Aiat nella
Formazione continua degli
ingegneri
La formazione continua per
gli ingegneri: obbligo, dovere
o piacere?
La categoria professionale
degli ingegneri si è adeguata
a numerose altre categorie
di professionisti prevedendo
un percorso di formazione
continua. Da gennaio 2014 gli
ingegneri che svolgono una
libera professione, devono
dimostrare di essersi formati
in modo da poter conseguire
30 crediti annui. Questo
percorso può essere visto da
molti come un obbligo, ma
ritengo che debba essere
visto anche come un dovere,
per la tutela delle persone
o enti a cui un ingegnere
fornisce le sue competenze.
Personalmente considero
la formazione continua
come un piacere, insito nel
mio essere ingegnere, che
mi spinge ad utilizzare il
mio ‘ingegno’ per cercare
la soluzione più giusta al
problema che mi pone il mio
committente. Il regolamento
sulla formazione continua,
elaborato dal CNI, prevede
3 tipologie di formazione:
quella formale (corsi
universitari, dottorati, master
universitari), quella non
formale (corsi accreditati dagli
Ordini territoriali) e quella
82
n.14 maggio 2014
informale (l’autoformazione).
Nell’ambito della formazione
non formale, Aiat può fornire
supporto agli Ordini e alle
aziende per organizzare corsi,
fornendo contenuti attuali e
docenti competenti.
L’esperienza di Aiat nella
formazione
Nella mission di Aiat, la
formazione è un punto
molto importante. Dalla sua
costituzione (1999), Aiat ha
organizzato numerosi corsi
rivolti ai soci e ad esterni,
spaziando dall’efficienza
energetica ai sistemi di
gestione ambientale, dalla
conformità legislativa in
ambito ambientale alla
gestione della sicurezza dei
lavoratori. La grande forza
di Aiat è quella di avere tanti
soci esperti di numerose
tematiche ambientali ed
energetiche e quindi di poter
essere il punto d’incontro
tra la domanda e l’offerta di
formazione.
L’accordo Aiat-CNI
Il 6 maggio 2013 Aiat e il
Consiglio Nazionale degli
Ingegneri hanno firmato
congiuntamente un Protocollo
d’intesa per sostenere una
pianificazione sostenibile
dell’ambiente e del territorio.
Il Protocollo d’intesa prevede
la promozione e la diffusione
della cultura del rispetto delle
componenti ambientali anche
attraverso l’organizzazione
di seminari, convegni e corsi
di formazione a vari livelli. Il
CNI e l’Aiat si sono impegnati
a promuovere la cultura della
responsabilità ambientale
tra i professionisti, al fine
di garantire un alto livello
di qualità della prestazione
nell’interesse degli utenti
dei servizi prestati e più in
generale della collettività.
In particolare sia il CNI che
l’Aiat sono impegnati per
organizzare e promuovere
iniziative di comune interesse
quali:
- l’organizzazione di
convegni, corsi di formazione
a vari livelli, campagne di
sensibilizzazione, riguardanti
le molteplici problematiche
ambientali;
- l’organizzazione di
corsi di formazione e di
aggiornamento, anche
con l’ausilio della Scuola
Superiore di Formazione del
CNI, su tematiche legate
all’Ambiente ed al Territorio,
specificamente rivolti al
personale della PA, Enti
Pubblici e Privati che operano
nell’omonimo settore o
equipollente e alla collettività;
- la promozione di
pubblicazioni, anche con
l’ausilio del Centro Studi del
CNI, linee guida, manuali
e simili da diffondere a
tutti gli Ordini Provinciali
degli Ingegneri, i quali
provvederanno, a loro volta,
a trasferirli ai propri inscritti;
- la promozione di progetti
speciali per la salvaguardia
e la valorizzazione
dell’ambiente e del territorio,
in particolar modo presso
le istituzioni scolastiche, gli
Enti pubblici e privati e le
Università;
- l’affermazione e
valorizzazione del ruolo
strategico dell’Ingegneria
per l’Ambiente e il Territorio
promuovendo incontri con
le Istituzioni regionali,
come ad esempio con gli
Assessorati regionali del
Territorio e dell’Ambiente, per
collaborare alla redazione
della normativa in materia
di tutela e salvaguardia del
territorio.
La formazione delle
Commissioni Ambiente
all’interno dei diversi Ordini
Provinciali e l’inserimento
all’interno di queste anche di
Ingegneri per l’Ambiente ed il
Territorio, per la promozione
delle iniziative a carattere
ambientale del singolo
Ordine.
Alessandro de Carli,
Vicepresidente Aiat
AZIENDE
ABB
www.abb.it
LENZE ITALIA
26, 32 www.lenzeitalia.it
80
AIAT
www.ingegneriambientali.it
MITSUBISHI ELECTRIC
82 it3a.mitsubishielectric.com/fa/it
62
CAPRARI
www.caprari.com
MWH
10 www.mwhglobal.com
34
DEHN ITALIA
www.dehn.it
PANASONIC ELECTRIC WORKS IT.
26 www.panasonic-electric-works.it
29
EFA AUTOMAZIONE
www.efa.it
RICREA
27 www.consorzioricrea.org
14
ENERGYKA ELECTROSYSTEM
www.energyka.com
ROCKWELL AUTOMATION
27 www.rockwellautomation.it
38
EXPO 2015
www.expo2015.org
SCHNEIDER ELECTRIC
16 www.schneider-electric.it
FERRANIA SOLIS
www.ferraniasolis.com
SOCOMEC ELETTROTECNICA
28 www.socomec.it
30
FIERA MILANO MEDIA
www.¿eramilanomedia.it
SOLARYS SOLUTIONS
14 www.solarys-solutions.it
32
GRAZIELLA GREEN POWER
www.graziellagreen.it
TRINA SOLAR ITALY
32 www.trinasolar.com
31
IBC SOLAR
www.ibc-solar.it
XYLEM WATER SOLUTIONS
28 www.xylemwatersolutions.com
68
KACO NEW ENERGY ITALIA
www.kaco-newenergy.it
29
30, 80
INSERZIONISTI
ABB POWER TECHNOLOGIES
41
43
ASEM
19
AUMA ITALIANA
81
75
CAPRARI
I COPERTINA/15/61
CLOMAR
37
CONSORZIO NAZIONALE ACCIAIO
51
CPS
16
FESTO
8
GRAMAGLIA
31
MESSE FRANKFURT - SPS ITALIA 2014
17
MININI IMBALLAGGI
47
MITSUBISHI ELECTRIC
5
SERVITECNO
56
SICK
67
TEKNOFANGHI
VENTILAZIONE INDUSTRIALE
XYLEM
II COPERTINA
79
IV COPERTINA
n.14 maggio 2014
Sede legale • Piazzale Carlo Magno, 1 - 20149 - Milano
Sede operativa ed amministrativa • SS. del Sempione, 28 - 20017 Rho (MI)
tel. +39 02 4997.1 fax +39 02 49976573 - www.tech-plus.it
Giampietro Omati • Presidente
Antonio Greco • Amministratore Delegato
Comitato
Ivo Allegrini • Esperto Ambientale
tecnico-scientifico Luigi Campanella • Università La Sapienza, Roma
Alessandro de Carli • Associazione Ingegneri Ambiente e Territorio
Marco Frey • Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
Pasquale Giampietro • Avvocato in Roma, già consigliere di Cassazione
Giorgio Nebbia • Emerito di Merceologia all’Università di Bari
Romano Pagnotta • Istituto di Ricerca sulle Acque, Cnr, Roma
Eleonora Perotto • Politecnico di Milano
Franco Pecchio • Consulente Energetico
Redazione
Antonio Greco • Direttore Responsabile
Antonella Cattaneo • Responsabile Area Automazione e Energia
Antonella Rampichini • Coordinamento Editoriale
tel. +390249976511
antonella.rampichini@fieramilanomedia.it
Alessandra Pelliconi • Segretaria
tel. +390249976509
alessandra.pelliconi@fieramilanomedia.it
Collaboratori • Andrea Buffagni, Stefano Caserini, Emilio Cremona,
Silvio Della Casa, Marco Di Luca, Stefania Erba, Davide Facchinetti, Roberta Gadia,
Riccardo Guidetti, Dario Dilucia La Perna, Paolo Pipere, Stefano Schiavon,
Sara Scolieri, Maddalena Vitali
Grafica
Franco Tedeschi • Coordinamento grafici
e produzione
tel. +39 02 49976569 • franco.tedeschi@fieramilanomedia.it
Paola Queirolo • Progetto grafico e impaginazione
tel. +390249976564 • paola.queirolo@fieramilanomedia.it
Alberto Decari • Coordinamento DTP
tel. +39 02 49976561 • alberto.decari@fieramilanomedia.it
Prontostampa Srl uninominale - Zingonia BG • Stampa
Nadia Zappa • Ufficio Traffico
tel. +39 02 49976534 • nadia.zappa@fieramilanomedia.it
III COPERTINA
ARI ARMATUREN ITALIA
84
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