sistemi e materiali per la dolcevita in architettura
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SISTEMI E MATERIALI PER LA DOLCEVITA IN ARCHITETTURA Marco Pittaluga Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Cagliari SOMMARIO Da piccoli si era spesso costretti, d’inverno, a indossare la cosiddetta dolcevita, una sorta di maglia aderente a manica lunga, in tessuto sintetico e con il collo alto. Era da poco passata la metà degli anni ’70, periodo di austerity, e queste maglie erano diffusissime. Esse garantivano il riparo dai rigori invernali ma contemporaneamente provocavano un forte prurito ed un fastidio al collo, paragonabile unicamente a quello di una cravatta troppo stretta. Sia che si parli del corpo umano sia che si parli di un organismo architettonico, un aspetto importante nell’ambito della politica energetica è quello relativo all’epidermide, all’involucro. Sono proprio l’epidermide, l’abbigliamento, l’involucro, che creano un barriera al caldo ed al freddo. Sarebbe facile proteggere gli edifici con grosse e pesanti cortine murarie, limitando al massimo le parti finestrate. Ma sarebbe come imporre la dolcevita di cui sopra ad un adulto che l’ha indossata da bambino e non l’ha mai sopportata. L’attenzione verso altri aspetti lontani da quella che può essere la politica di risparmio energetico – aspetti quali la ricerca di trasparenza, il gusto estetico, il pregio architettonico – non pregiudica la possibilità di costruire edifici dalle alte prestazioni di isolamento e di comfort. In questo modo la “dolcevita” non sarà più uno scomodo mezzo, ma unicamente il fine della politica energetica e della pratica architettonica. 1 - LA QUESTIONE ENERGETICA A pochi giorni dall’entrata in vigore del protocollo di Kyoto l’attuazione di un deciso risparmio energetico non è più una pratica saggia ma è divenuta l’unica che si può e si deve mettere in atto. Non vi sono alternative; occorre solo capire quali siano le strade percorribili. Il settore che si vuole brevemente analizzare in queste pagine è quello dell’edilizia. Attualmente in Europa il consumo di energia nel campo dell’edilizia è circa il 40% del consumo totale; tale percentuale va divisa tra i settori residenziale e terziario. In particolare quasi due terzi dei consumi nel settore residenziale sono da attribuirsi al riscaldamento invernale ed al raffrescamento estivo, fabbisogno, quest’ultimo, in costante crescita. Come si diceva in precedenza, sono varie le strade percorribili. Una di queste consiste nel ritorno a edifici il cui involucro sia costituito da possenti e spesse cortine murarie, la suddetta “dolcevita”. I nostalgici sostengono che in passato, grazie all’utilizzo di grosse murature realizzate in materiali tradizionali, il consumo di energia per il riscaldamento fosse nettamente inferiore rispetto ad oggi. Ciò è verissimo, ma non si possono paragonare le condizioni di comfort attuali con quelle di 50 o 60 anni fa. Oggi il livello di benessere richiesto alle abitazioni e agli edifici in cui si lavora, si studia, o si trascorre il tempo libero è certamente superiore. E ne beneficiano le previsioni di vita media della popolazione. Per cui non è auspicabile un ritorno al passato, agli opprimenti paramenti murari, in cui le finestre erano ridotte come dimensioni e come numero. La richiesta di comfort termico degli edifici è dunque ampliata, la popolazione è aumentata, il consumo di energia è cresciuto di conseguenza. Come se non bastasse sono aumentate e sono variate le esigenze e le richieste dei fruitori degli edifici. Le nuove esigenze sono di carattere estetico, di carattere architettonico, dovute all’influenza della moda e della pubblicità. Si tratta di esigenze e tendenze non nuove, che nascono in tempi antichi, e che si sono evolute nel tempo. Le più rilevanti e quelle che maggiormente interferiscono con gli aspetti energetici sono la tendenza dell’involucro degli edifici verso la leggerezza e quella verso la trasparenza/traslucenza. Queste esigenze presuppongono grandi superfici vetrate, traslucide e/o trasparenti, e superfici opache leggere e poco spesse. Per quanto si tratti di tendenze antiche – uno dei periodi di massima intensità, nella ricerca di leggerezza e trasparenza, si raggiunse durante l’ottocento con la realizzazione dei grandi palazzi in ferro e vetro – risulta arduo spiegare le cause che le hanno generate, dato anche il limitato spazio a disposizione in questa sede. Si tratta per lo più di cause tipiche della natura umana. Istinti ancestrali indagabili con l’ausilio della psicologia e della filosofia. Come quell’istinto, o forse sarebbe meglio dire cattiva abitudine, di cui parlava spesso un esperto docente. Perché continuiamo a persistere nell’insana pretesa di lavorare in ufficio, in estate, in camicia e giacca, ed in inverno in maglietta a maniche corte? Una strada alternativa che tenga conto delle esigenze di risparmio energetico e che al contempo tenti di soddisfare quelle di carattere estetico, architettonico e, in generale, di benessere fisico e psicologico, esiste. Grazie all’utilizzo di sistemi e di tecnologie come la facciata continua e la facciata ventilata oggi è possibile soddisfare le esigenze che intercorrono nella progettazione e nella pianificazione delle nuove costruzioni. Un apporto fondamentale è dato dall’utilizzo di nuovi materiali dalle prestazioni in via di continua evoluzione quali ad esempio i Tim (materiali isolanti trasparenti), i materiali cromogenici, in grado di variare le proprie caratteristiche fisiche e chimiche, i materiali a transizione di fase, le pellicole olografiche. Oppure semplicemente riutilizzando materiali tradizionali, convertendoli e affidando loro un ruolo nuovo rispetto a quello che avevano in passato; è il caso del cotto e dei materiali ricomposti e rinforzati con leganti e fibre. 2 - LE CHIUSURE OPACHE Le chiusure opache non consentono il passaggio della luce e impediscono la visuale dall’interno verso l’esterno e viceversa; per tali caratteristiche vengono impiegate solitamente nell’ambito dell’edilizia residenziale. Analizziamo da una parte il sistema della facciata ventilata, noto da tempo, relativamente all’introduzione di nuovi materiali utilizzabili per il rivestimento esterno, e di seguito una categoria di materiali finora poco considerati in edilizia e cioè i materiali a transizione di fase. Questi ultimi possono essere utilizzati miscelati a calcestruzzo o a gesso. 2.1 - Le facciate ventilate Le facciate ventilate consentono di soddisfare l’esigenza di isolamento termico, di risparmio energetico, di leggerezza e di pregio architettonico. Esternamente una facciata ventilata viene percepita come una qualsiasi parete rivestita; la differenza consiste nel fatto che le lastre di rivestimento vengono montate a secco su una sottostruttura a sua volta ancorata alla muratura perimetrale dell’edificio. Tra la muratura e il rivestimento trovano posto uno strato di isolamento termico ed un canale di ventilazione. La posizione dello strato di isolamento “a cappotto”, cioè esterno rispetto alla muratura, consente un notevole risparmio di energia, limitando le perdite di calore nel periodo invernale. Durante il periodo estivo, all’interno del canale di ventilazione, si ingenera, per effetto camino, un movimento ascendente di aria calda. Grazie alla presenza di fori di ventilazione in corrispondenza dell’attacco a terra del rivestimento ed in corrispondenza della chiusura di copertura dell’edificio, l’aria calda fuoriuscirà dai fori superiori mentre aria più fresca verrà aspirata all’interno del canale dai fori inferiori. Il funzionamento nei due periodi può essere riassunto nella figura 1. Fig. 1 – Facciata ventilata. Variazione delle temperature tra esterno ed interno nel periodo estivo ed in quello invernale. Ovviamente il canale di ventilazione deve essere dimensionato in maniera adeguata in quanto un canale troppo largo può generare moti convettivi, uno troppo stretto può impedire l’ingenerarsi dell’effetto camino. Il sistema della parete ventilata, noto sin dall’epoca romana, e utilizzato per tutto il ‘900 specie nei paesi dell’Europa settentrionale, oggi si arricchisce di nuovi materiali utili per il rivestimento e di originali tecniche di posa delle lastre. La sottostruttura, che ha il compito di reggere le lastre del rivestimento, può essere puntuale oppure costituita da un’orditura di montanti e traversi metallici o in legno. Il fissaggio delle lastre può essere invece nascosto o a vista, a seconda che gli elementi di ancoraggio siano visibili in prospetto o meno. Il rivestimento di una facciata ventilata protegge la muratura e lo strato di isolamento dall’attacco degli agenti atmosferici, preservando l’involucro dell’edificio da interventi di manutenzione troppo frequenti. Occorre aggiungere che una facciata ventilata può essere realizzata anche su edifici preesistenti, dando luogo ad un intervento di riqualificazione architettonica ed energetica allo stesso tempo. I materiali che possono essere utilizzati come rivestimento sono di varia natura. Si va da quelli tradizionali come la pietra e la ceramica a materiali altrettanto tradizionali, come ad esempio il cotto, che però solo da pochi anni viene utilizzato come elemento di rivestimento in forma di lastra. Si va poi ai materiali metallici, più o meno trattati, come ad esempio l’acciaio porcellanato, l’acciaio verniciato o anodizzato, l’alluminio, il rame. Altra categoria è quella dei pannelli ottenuti dall’unione di un legante e di una fibra di rinforzo; è il caso del fibrocemento ecologico, oggi prodotto senza l’utilizzo di amianto, e del Grc (cemento rinforzato con fibre di vetro). I nuovi materiali per il rivestimento, che stanno trovando sempre più seguito negli ultimi anni, apprezzati dai committenti e sponsorizzati dai progettisti, e che soddisfano sempre di più l’esigenza di trasparenza e di leggerezza, sono il titanio e le sue leghe, l’acciaio inossidabile ed il vetro. Doghe e lastre in Titanio. Isolato da Berzelius nel 1825, ma producibile in laboratorio solo dal 1937 grazie all’opera del chimico Kroll, il titanio viene utilizzato per la prima volta in edilizia negli anni ’70, in Giappone. Il titanio presenta buone proprietà meccaniche dovute alla compatta struttura cristallina, ottima resistenza alla corrosione, grazie alla capacità di creare strati superficiali di ossido molto stabili con spessori ridotti (da 50 a 200 angstrom), buone capacità di isolamento acustico, ed un basso coefficiente di dilatazione termica. Uno degli edifici di maggior pregio che hanno utilizzato le lastre di titanio per il rivestimento è sicuramente il Guggenheim Museum di Bilbao, su progetto di Frank O. Gehry (figura 2). Lega Zrt, zinco-rame-titanio. Attualmente in commercio esistono vari tipi di leghe metalliche per la realizzazione di prodotti in forma di lastra per il rivestimento; tra queste sono apprezzabili le leghe dello zinco, caratterizzate da una discreta resistenza all’urto. In particolare è utilizzata la lega zinco - rame - titanio; la presenza del rame e del titanio migliora notevolmente le capacità di resistenza alla corrosione, altrimenti scadenti nelle leghe dello zinco; in particolare il rame aumenta la resistenza a trazione; la resistenza agli agenti atmosferici è conferita dalla formazione di una patina protettiva di carbonato di zinco. L’impiego di questa lega ha una lunga tradizione specie nel Nord Europa, non solo grazie alle proprietà citate, ma anche grazie all’ottima duttilità. Un esempio importante di utilizzo della lega Zrt è rappresentato dal Museo Ebraico di Berlino progettato da Daniel Libeskind (figura 3). Doghe in acciaio inox. L’acciaio è una lega ferro carbonio che, al pari del titanio, ha una resistenza alla corrosione molto maggiore e neanche paragonabile con quella degli altri metalli o delle altre leghe. Tale tendenza è dovuta alla presenza del cromo (in percentuale superiore al 12%) che, in presenza dell’ossigeno dell’atmosfera, crea una pellicola protettiva che permette di resistere alla corrosione anche qualora il manufatto sia soggetto a graffi o a tagli, in virtù della capacità di rigenerarsi immediatamente. L’acciaio utilizzato per il rivestimento di facciata può essere sottoposto a vari processi di finitura; tra i principali si ricordano la laminatura, la lucidatura, la spazzolatura, lo stampaggio o laminazione, la elettrolucidatura. Gli esempi più emblematici di edifici rivestiti con lastre in acciaio inossidabile sono rappresentati dal Chrysler Building di New York, dal Disney Concert Hall a Los Angeles, e dalle Petronas Tower a Kuala Lumpur. Rivestimento in vetro. La realizzazione del rivestimento di facciata con lastre in vetro suscita normalmente un certo stupore, specie quando si parla di una facciata opaca. Un rivestimento trasparente consente infatti l’ingresso dei raggi luminosi all’interno dell’intercapedine e il verificarsi del non auspicabile, specie nei periodi estivi, effetto serra. Oggi, grazie alle innovazioni introdotte nel campo delle vetrazioni isolanti termicamente e soprattutto in grado di filtrare la radiazione solare, ciò appare come un’operazione del tutto ammissibile. La trasparenza dell’ultimo strato della facciata ventilata è richiesta in quei casi in cui il rivestimento in vetro non ricopre solo parti di parete opache ma anche campi vetrati o bucati. Uno degli esempi più interessanti è il Kindergarten di Carminweg (Vienna), su progetto dell’architetto Elsa Prochazka del 1994 (figura 4). Fig. 2 – Guggenheim Museum a Bilbao. Una delle facciate rivestite con lastre in titanio. Fig. 4 – Kindergarten a Carminweg. Facciata ventilata con rivestimento in vetro. 2.2 - Materiali a transizione di fase (Mtf) Fig. 3 – Museo Ebraico a Berlino. Facciata ventilata con rivestimento in Zrt. Tra i materiali utili per la realizzazione di chiusure opache leggere vanno inseriti anche i materiali a transizione di fase, capaci di immagazzinare calore e di rilasciarlo durante un cambiamento di fase. Uno degli esempi più interessanti è il sale di Gauber, che alla temperatura di 32.4 °C passa dallo stato solido a quello liquido accumulando una grande quantità di calore; utilizzato all’interno del calcestruzzo per la realizzazione di paramenti murari perimetrali, il sale accumula calore ed impedisce che esso penetri all’interno dell’edificio. Al diminuire della temperatura esterna avviene il passaggio inverso, da liquido a solido, e il sale cede all’esterno una notevole quantità di calore. Tali materiali sono tuttora in fase di studio e di sperimentazione. 3 - LE CHIUSURE TRASPARENTI E/O TRASLUCIDE Le chiusure trasparenti e/o traslucide si distinguono per la capacità di consentire il passaggio della luce e per la possibilità di regolare la visuale dall’interno verso l’esterno o viceversa. I sistemi che consentono di realizzare chiusure trasparenti sono i curtain wall, letteralmente “muro tenda”, in cui le parti vetrate sono rette da montanti e traversi metallici, oppure da elementi puntuali come ad esempio le cosiddette rotules, oppure le borchie. Le facciate trasparenti possono essere a singolo o a doppio involucro. Ciò su cui ci si vuole soffermare in questo caso è però la possibilità, oggi, di utilizzare, e di applicare a tali sistemi, materiali innovativi in grado di soddisfare le esigenze energetiche e quelle di tipo architettonico contemporaneamente. Utilizzati fino a pochi anni fa per architetture povere, come ad esempio magazzini o pensiline, oggi, grazie alla migliorata resistenza all’azione del sole ed in particolare dei raggi ultravioletti, all’azione degli agenti atmosferici e del fuoco, possono essere impiegati anche in edifici di maggior pregio. Rilevante è poi la possibilità di avere a disposizione sistemi di posa in opera efficienti, in grado di garantire la tenuta agli agenti esterni e la resistenza agli urti (figura 5). Sono doverosi alcuni cenni sulle proprietà dei principali prodotti in commercio. Un pannello alveolare di spessore 3 cm di Polimetilmetacrilato (Pmma) presenta un fattore di trasmissione luminosa Tl pari al 92%, mentre la trasmittanza termica U si attesta intorno all’ottimo valore di circa 0.5 W/mq K. Un pannello di policarbonato (Pc) dello stesso spessore di 3 cm presenta un valore Tl = 88%; la trasmittanza è di poco inferiore a quella del Pmma, circa 0.4 W/mq K, anche se si tratta di valori variabili a seconda del numero di intercapedini presenti. E’ inoltre degna di nota la resistenza all’impatto del Pc: circa 30-40 volte superiore a quella del Pmma e circa 250 volte maggiore di quella del vetro float, chiaramente a parità di spessore dei pannelli. 3.1 - Tim (materiali isolanti trasparenti) Si tratta di materiali isolanti sia dal punto di vista termico che da quello acustico; sono dotati inoltre di una buona trasparenza per la radiazione solare. Possono essere suddivisi secondo diversi tipi di classificazioni, ma appare doveroso fare una prima distinzione tra materiali isolanti trasparenti producibili in forma di pannello autoportante e materiali che invece possono essere utilizzati solo all’interno di un pannello portante che nella maggior parte dei casi è costituito da un vetrocamera. I pannelli autoportanti possono essere di vario tipo (pannelli compatti piani, pannelli alveolari, pannelli ondulati o grecati) e di vario materiale; generalmente sono prodotti a partire da materiali plastici (plastiche), quali il policarbonato, il polimetilmetacrilato, il pvc, etc. Fig. 6 – Laban Center a Londra; progetto di Herzog & De Meuron. La facciata di questa scuola è interamente rivestita con pannelli in policarbonato alveolare. Caratterizzati da una ampia gamma di colorazioni, essi costituiscono l’ultimo strato di una facciata ventilata. Al di sotto del rivestimento si trovano una tamponatura opaca e gli infissi vetrati. Fig. 5 – Dettaglio della giunzione tra due pannelli di policarbonato alveolare. L’elemento verticale ad U, sempre in policarbonato, consente la giunzione tra i pannelli e protegge dall’ingresso dell’aria e dell’acqua; la piastra metallica, incastrata tra i due pannelli e bloccata dall’elemento ad U, consente invece l’aggancio alla orditura portante. Si può notare la possibilità di avere pannelli più o meno trasparenti. I materiali isolanti trasparenti non portanti si distinguono tra materiali inorganici non geometrici e materiali organici geometrici. Il materiale più interessante tra quelli appartenenti alla prima categoria è l’aerogel; costituito da silice esso è caratterizzato da bassissima conduttività termica (0.01 – 0.02 W/m K), da un alto potere di isolamento acustico e da buona trasparenza alla radiazione solare. Gli aerogel sono materiali molto fragili e attaccabili dagli agenti atmosferici e infatti, come detto, devono essere contenuti all’interno di un pannello autoportante in vetro o in materiale plastico; un vetrocamera contenente aerogel può raggiungere un valore di trasmittanza termica pari a 0.857 W/mq K. Il loro peso specifico è particolarmente ridotto, circa 0.003 gr/cmc. Un esempio di aerogel sotto forma di granuli è riportato nella figura 7. Fig. 7 – Aerogel granulare. A contatto con l’aria si deteriora molto facilmente. I materiali organici a struttura geometrica, anch’essi da inserire all’interno di pannelli di vetrocamera o di materiale plastico, possono essere di tre tipi: a strutture ondulate incrociate e sovrapposte, a capillari, a nido d’ape (figura 8). Mentre i Tim a struttura ondulata hanno lo scopo di limitare la propagazione della radiazione solare e di impedire del tutto la visuale, quelli a struttura capillare e a nido d’ape vengono utilizzati laddove si voglia favorire la propagazione della radiazione solare. L’inserimento di Tim organici in un vetrocamera comune porta una notevole diminuzione del coefficiente di trasmissione termica, da 3.4 a 0.9 W/mq K. Anche il potere di isolamento acustico migliora notevolmente. Fig. 8 – A sinistra un esempio di Tim capillare; a destra invece un dettaglio di Tim a nido d’ape. I materiali fotocromici. Hanno la capacità di variare il proprio colore e la loro trasparenza in seguito all’assorbimento di radiazione elettromagnetica. La variazione dura esclusivamente per il tempo in cui è attiva la radiazione. Vengono utilizzati per lo più nel campo delle lenti per occhiali. I materiali termocromici. Variano le proprietà ottiche quando sottoposti a variazioni di temperatura. Anche in questo caso si tratta di variazioni temporanee e reversibili. Utilizzati in edilizia a partire dal 1974, erano stati temporaneamente messi da parte a causa dell’elevato costo; negli ultimi anni, grazie all’opera di un gruppo di ricerca dell’Università di Monaco di Baviera, la sperimentazione sta ricevendo nuovo vigore. Il difetto principale, che li accomuna ai fotocromici, è la disomogeneità del processo cromogenico. I cristalli liquidi. Sono attualmente i materiali cromogenici più utilizzati grazie anche al costo relativamente basso. La tecnologia dei cristalli liquidi, nata per essere utilizzata all’interno di display, si basa sulla caratteristica dei cristalli di passare da uno stato caotico a uno stato ordinato nel momento in cui viene attivata una differenza di potenziale elettrico. La matrice polimerica che contiene i cristalli passerà dunque da uno stato opaco ad uno stato trasparente nel momento in cui i cristalli si dispongono secondo direzioni parallele. Importante limitazione è rappresentata dal fatto che non si possono avere stati intermedi tra quello acceso e quello spento, traslucido e caratterizzato da una colorazione bianco latte. Il fattore di trasmissione luminosa varia tra 0.82, stato On, e 0.74, stato Off (figura 9). Fig. 9 – Casa d’abitazione dotata di vetrata a cristalli liquidi; a sinistra lo stato inattivo in cui il vetro è traslucido e presenta una colorazione bianco-latte. Nel momento in cui si attiva il campo elettrico, tramite un semplice interruttore, il vetro diventa trasparente, immagine a destra. 3.2 - Materiali cromogenici Si tratta di materiali in grado di variare le proprie caratteristiche ottiche in funzione della variazione delle condizioni al contorno. Si distinguono in due grandi categorie; da un lato i materiali a comportamento passivo (si modificano da soli): fotocromici, termocromici; dall’altro quelli a comportamento attivo (vengono regolati dall’esterno): cristalli liquidi, Spd, elettrocromici, gasocromici. Vengono normalmente prodotti sotto forma di sottili film da inserirsi all’interno di vetrocamera o di pannelli stratificati in vetro o in materiale plastico; va sempre impedito il deleterio contatto con gli agenti atmosferici o con sostanze inquinanti. Gli SPD (Suspended Particle Device). Tali particelle sospese hanno un comportamento analogo a quello dei cristalli liquidi; unica ma fondamentale differenza è che gli Spd ammettono stati intermedi tra le due fasi on e off. Pur essendo di recente introduzione sono già frequentemente utilizzati in edilizia. I materiali elettrocromici. Tra i materiali cromogenici sono quelli dalle prestazioni più apprezzabili. Qualora vengano sottoposti a una differenza di potenziale elettrico i materiali elettrocromici modificano il fattore di trasmissione luminosa Tl tra il 70% ed il 3%, mentre la trasmissione nel campo dell’infrarosso Te (parte di radiazione solare percepita sotto forma di calore) varia tra il 50% ed il 10% circa (figura 10). Tali proprietà rendono i film elettrocromici particolarmente utili nei climi caldi. Il processo elettrocromico può essere innescato e regolato a piacere a seconda delle esigenze. Come aspetti negativi occorre considerare il costo tuttora elevato e la necessità di un’accurata posa in opera e di una costante manutenzione. Per questi motivi il loro utilizzo è ancora molto limitato. Fig. 12 – Casa d’abitazione a Stoccarda. Dettaglio dei pannelli ruotabili dotati di film olografico. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1. Fig. 10 – Esempio di vetro con strato elettrocromico. A sinistra lo stato inattivo. A destra lo stato attivo caratterizzato da un cambiamento del colore e dalla variazione delle caratteristiche ottiche. I materiali gasocromici. Anch’essi sono in grado di variare le loro caratteristiche di trasparenza qualora reagiscano con opportune sostanze gassose; sono tuttora in fase di studio e non ancora presenti sul mercato. 3.3 - Le pellicole olografiche Anch’esse prodotte in forma di sottili film, vengono inserite all’interno di vetrocamera, di vetri stratificati o pannelli di materiale plastico. Tali pellicole hanno la capacità di deviare la radiazione solare incidente e per questo motivo vengono solitamente posizionate su louvres o su vetrate ruotabili. Il loro utilizzo è tuttora limitato a progetti sperimentali. Un esempio interessante è quello realizzato a Stoccarda (figure 11 e 12) in occasione dell’esposizione di edilizia sostenibile “Wohnen 2000” 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. Fig. 11 – Casa d’abitazione a Stoccarda. Nella copertura inclinata sono visibili i pannelli ruotabili contenenti film olografici. A seconda della posizione del sole i pannelli possono ruotare e deviare la radiazione solare impedendo che essa penetri all’interno dell’abitazione. Il progetto porta la firma di HHS Planer + Architekten BDA. 18. 19. Acocella Alfonso, L’architettura del mattone faccia a vista, Roma, Laterconsult, 1989. Acocella Alfonso, L’architettura dei luoghi, Roma, Laterconsult, 1992. Altomonte S., Peguiron G., La pelle degli edifici come interfaccia dinamica, in atti del Convegno Involucri quali messaggi di architettura, Napoli, 9-11 ottobre 2003. Argiolas Carlo, Tecnologie dell’involucro, Cagliari, Cuec, 2001. Aymerich Carlo, Architettura e tecnologia, Cagliari, Cuec, 1992. Bazzocchi Frida, a cura di, Facciate ventilate – Architettura, prestazioni e tecnologia, Firenze, Alinea, 2002. Burgio Alina, Sistema di chiusura: parete ventilata, in atti del convegno Costruire l’Architettura, Napoli 1213 Ottobre 2001. 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