sistemi e materiali per la dolcevita in architettura

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sistemi e materiali per la dolcevita in architettura
SISTEMI E MATERIALI
PER LA DOLCEVITA IN ARCHITETTURA
Marco Pittaluga
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Cagliari
SOMMARIO
Da piccoli si era spesso costretti, d’inverno, a indossare la cosiddetta dolcevita, una sorta di maglia aderente a manica
lunga, in tessuto sintetico e con il collo alto. Era da poco passata la metà degli anni ’70, periodo di austerity, e queste maglie
erano diffusissime. Esse garantivano il riparo dai rigori invernali ma contemporaneamente provocavano un forte prurito ed
un fastidio al collo, paragonabile unicamente a quello di una cravatta troppo stretta.
Sia che si parli del corpo umano sia che si parli di un organismo architettonico, un aspetto importante nell’ambito della
politica energetica è quello relativo all’epidermide, all’involucro. Sono proprio l’epidermide, l’abbigliamento, l’involucro,
che creano un barriera al caldo ed al freddo.
Sarebbe facile proteggere gli edifici con grosse e pesanti cortine murarie, limitando al massimo le parti finestrate. Ma
sarebbe come imporre la dolcevita di cui sopra ad un adulto che l’ha indossata da bambino e non l’ha mai sopportata.
L’attenzione verso altri aspetti lontani da quella che può essere la politica di risparmio energetico – aspetti quali la
ricerca di trasparenza, il gusto estetico, il pregio architettonico – non pregiudica la possibilità di costruire edifici dalle alte
prestazioni di isolamento e di comfort.
In questo modo la “dolcevita” non sarà più uno scomodo mezzo, ma unicamente il fine della politica energetica e della
pratica architettonica.
1 - LA QUESTIONE ENERGETICA
A pochi giorni dall’entrata in vigore del protocollo di
Kyoto l’attuazione di un deciso risparmio energetico non è
più una pratica saggia ma è divenuta l’unica che si può e si
deve mettere in atto. Non vi sono alternative; occorre solo
capire quali siano le strade percorribili.
Il settore che si vuole brevemente analizzare in queste
pagine è quello dell’edilizia. Attualmente in Europa il
consumo di energia nel campo dell’edilizia è circa il 40% del
consumo totale; tale percentuale va divisa tra i settori
residenziale e terziario. In particolare quasi due terzi dei
consumi nel settore residenziale sono da attribuirsi al
riscaldamento invernale ed al raffrescamento estivo,
fabbisogno, quest’ultimo, in costante crescita.
Come si diceva in precedenza, sono varie le strade
percorribili. Una di queste consiste nel ritorno a edifici il cui
involucro sia costituito da possenti e spesse cortine murarie,
la suddetta “dolcevita”. I nostalgici sostengono che in
passato, grazie all’utilizzo di grosse murature realizzate in
materiali tradizionali, il consumo di energia per il
riscaldamento fosse nettamente inferiore rispetto ad oggi.
Ciò è verissimo, ma non si possono paragonare le condizioni
di comfort attuali con quelle di 50 o 60 anni fa. Oggi il
livello di benessere richiesto alle abitazioni e agli edifici in
cui si lavora, si studia, o si trascorre il tempo libero è
certamente superiore. E ne beneficiano le previsioni di vita
media della popolazione. Per cui non è auspicabile un ritorno
al passato, agli opprimenti paramenti murari, in cui le
finestre erano ridotte come dimensioni e come numero.
La richiesta di comfort termico degli edifici è dunque
ampliata, la popolazione è aumentata, il consumo di energia
è cresciuto di conseguenza. Come se non bastasse sono
aumentate e sono variate le esigenze e le richieste dei fruitori
degli edifici.
Le nuove esigenze sono di carattere estetico, di carattere
architettonico, dovute all’influenza della moda e della
pubblicità. Si tratta di esigenze e tendenze non nuove, che
nascono in tempi antichi, e che si sono evolute nel tempo. Le
più rilevanti e quelle che maggiormente interferiscono con
gli aspetti energetici sono la tendenza dell’involucro degli
edifici verso la leggerezza e quella verso la
trasparenza/traslucenza.
Queste esigenze presuppongono grandi superfici vetrate,
traslucide e/o trasparenti, e superfici opache leggere e poco
spesse. Per quanto si tratti di tendenze antiche – uno dei
periodi di massima intensità, nella ricerca di leggerezza e
trasparenza, si raggiunse durante l’ottocento con la
realizzazione dei grandi palazzi in ferro e vetro – risulta
arduo spiegare le cause che le hanno generate, dato anche il
limitato spazio a disposizione in questa sede.
Si tratta per lo più di cause tipiche della natura umana.
Istinti ancestrali indagabili con l’ausilio della psicologia e
della filosofia. Come quell’istinto, o forse sarebbe meglio
dire cattiva abitudine, di cui parlava spesso un esperto
docente. Perché continuiamo a persistere nell’insana pretesa
di lavorare in ufficio, in estate, in camicia e giacca, ed in
inverno in maglietta a maniche corte?
Una strada alternativa che tenga conto delle esigenze di
risparmio energetico e che al contempo tenti di soddisfare
quelle di carattere estetico, architettonico e, in generale, di
benessere fisico e psicologico, esiste.
Grazie all’utilizzo di sistemi e di tecnologie come la
facciata continua e la facciata ventilata oggi è possibile
soddisfare le esigenze che intercorrono nella progettazione e
nella pianificazione delle nuove costruzioni. Un apporto
fondamentale è dato dall’utilizzo di nuovi materiali dalle
prestazioni in via di continua evoluzione quali ad esempio i
Tim (materiali isolanti trasparenti), i materiali cromogenici,
in grado di variare le proprie caratteristiche fisiche e
chimiche, i materiali a transizione di fase, le pellicole
olografiche. Oppure semplicemente riutilizzando materiali
tradizionali, convertendoli e affidando loro un ruolo nuovo
rispetto a quello che avevano in passato; è il caso del cotto e
dei materiali ricomposti e rinforzati con leganti e fibre.
2 - LE CHIUSURE OPACHE
Le chiusure opache non consentono il passaggio della
luce e impediscono la visuale dall’interno verso l’esterno e
viceversa; per tali caratteristiche vengono impiegate
solitamente nell’ambito dell’edilizia residenziale.
Analizziamo da una parte il sistema della facciata
ventilata, noto da tempo, relativamente all’introduzione di
nuovi materiali utilizzabili per il rivestimento esterno, e di
seguito una categoria di materiali finora poco considerati in
edilizia e cioè i materiali a transizione di fase. Questi ultimi
possono essere utilizzati miscelati a calcestruzzo o a gesso.
2.1 - Le facciate ventilate
Le facciate ventilate consentono di soddisfare l’esigenza
di isolamento termico, di risparmio energetico, di leggerezza
e di pregio architettonico. Esternamente una facciata
ventilata viene percepita come una qualsiasi parete rivestita;
la differenza consiste nel fatto che le lastre di rivestimento
vengono montate a secco su una sottostruttura a sua volta
ancorata alla muratura perimetrale dell’edificio.
Tra la muratura e il rivestimento trovano posto uno
strato di isolamento termico ed un canale di ventilazione. La
posizione dello strato di isolamento “a cappotto”, cioè
esterno rispetto alla muratura, consente un notevole
risparmio di energia, limitando le perdite di calore nel
periodo invernale. Durante il periodo estivo, all’interno del
canale di ventilazione, si ingenera, per effetto camino, un
movimento ascendente di aria calda. Grazie alla presenza di
fori di ventilazione in corrispondenza dell’attacco a terra del
rivestimento ed in corrispondenza della chiusura di copertura
dell’edificio, l’aria calda fuoriuscirà dai fori superiori mentre
aria più fresca verrà aspirata all’interno del canale dai fori
inferiori. Il funzionamento nei due periodi può essere
riassunto nella figura 1.
Fig. 1 – Facciata ventilata. Variazione delle temperature tra esterno
ed interno nel periodo estivo ed in quello invernale.
Ovviamente il canale di ventilazione deve essere
dimensionato in maniera adeguata in quanto un canale
troppo largo può generare moti convettivi, uno troppo stretto
può impedire l’ingenerarsi dell’effetto camino.
Il sistema della parete ventilata, noto sin dall’epoca
romana, e utilizzato per tutto il ‘900 specie nei paesi
dell’Europa settentrionale, oggi si arricchisce di nuovi
materiali utili per il rivestimento e di originali tecniche di
posa delle lastre.
La sottostruttura, che ha il compito di reggere le lastre
del rivestimento, può essere puntuale oppure costituita da
un’orditura di montanti e traversi metallici o in legno. Il
fissaggio delle lastre può essere invece nascosto o a vista, a
seconda che gli elementi di ancoraggio siano visibili in
prospetto o meno.
Il rivestimento di una facciata ventilata protegge la
muratura e lo strato di isolamento dall’attacco degli agenti
atmosferici, preservando l’involucro dell’edificio da
interventi di manutenzione troppo frequenti. Occorre
aggiungere che una facciata ventilata può essere realizzata
anche su edifici preesistenti, dando luogo ad un intervento di
riqualificazione architettonica ed energetica allo stesso
tempo.
I materiali che possono essere utilizzati come
rivestimento sono di varia natura.
Si va da quelli tradizionali come la pietra e la ceramica a
materiali altrettanto tradizionali, come ad esempio il cotto,
che però solo da pochi anni viene utilizzato come elemento
di rivestimento in forma di lastra. Si va poi ai materiali
metallici, più o meno trattati, come ad esempio l’acciaio
porcellanato, l’acciaio verniciato o anodizzato, l’alluminio, il
rame.
Altra categoria è quella dei pannelli ottenuti dall’unione
di un legante e di una fibra di rinforzo; è il caso del
fibrocemento ecologico, oggi prodotto senza l’utilizzo di
amianto, e del Grc (cemento rinforzato con fibre di vetro).
I nuovi materiali per il rivestimento, che stanno
trovando sempre più seguito negli ultimi anni, apprezzati dai
committenti e sponsorizzati dai progettisti, e che soddisfano
sempre di più l’esigenza di trasparenza e di leggerezza, sono
il titanio e le sue leghe, l’acciaio inossidabile ed il vetro.
Doghe e lastre in Titanio. Isolato da Berzelius nel 1825,
ma producibile in laboratorio solo dal 1937 grazie all’opera
del chimico Kroll, il titanio viene utilizzato per la prima
volta in edilizia negli anni ’70, in Giappone.
Il titanio presenta buone proprietà meccaniche dovute
alla compatta struttura cristallina, ottima resistenza alla
corrosione, grazie alla capacità di creare strati superficiali di
ossido molto stabili con spessori ridotti (da 50 a 200
angstrom), buone capacità di isolamento acustico, ed un
basso coefficiente di dilatazione termica.
Uno degli edifici di maggior pregio che hanno utilizzato
le lastre di titanio per il rivestimento è sicuramente il
Guggenheim Museum di Bilbao, su progetto di Frank O.
Gehry (figura 2).
Lega Zrt, zinco-rame-titanio. Attualmente in commercio
esistono vari tipi di leghe metalliche per la realizzazione di
prodotti in forma di lastra per il rivestimento; tra queste sono
apprezzabili le leghe dello zinco, caratterizzate da una
discreta resistenza all’urto. In particolare è utilizzata la lega
zinco - rame - titanio; la presenza del rame e del titanio
migliora notevolmente le capacità di resistenza alla
corrosione, altrimenti scadenti nelle leghe dello zinco; in
particolare il rame aumenta la resistenza a trazione; la
resistenza agli agenti atmosferici è conferita dalla
formazione di una patina protettiva di carbonato di zinco.
L’impiego di questa lega ha una lunga tradizione specie nel
Nord Europa, non solo grazie alle proprietà citate, ma anche
grazie all’ottima duttilità.
Un esempio importante di utilizzo della lega Zrt è
rappresentato dal Museo Ebraico di Berlino progettato da
Daniel Libeskind (figura 3).
Doghe in acciaio inox. L’acciaio è una lega ferro carbonio che, al pari del titanio, ha una resistenza alla
corrosione molto maggiore e neanche paragonabile con
quella degli altri metalli o delle altre leghe.
Tale tendenza è dovuta alla presenza del cromo (in
percentuale superiore al 12%) che, in presenza dell’ossigeno
dell’atmosfera, crea una pellicola protettiva che permette di
resistere alla corrosione anche qualora il manufatto sia
soggetto a graffi o a tagli, in virtù della capacità di
rigenerarsi immediatamente.
L’acciaio utilizzato per il rivestimento di facciata può
essere sottoposto a vari processi di finitura; tra i principali si
ricordano la laminatura, la lucidatura, la spazzolatura, lo
stampaggio o laminazione, la elettrolucidatura.
Gli esempi più emblematici di edifici rivestiti con lastre
in acciaio inossidabile sono rappresentati dal Chrysler
Building di New York, dal Disney Concert Hall a Los
Angeles, e dalle Petronas Tower a Kuala Lumpur.
Rivestimento in vetro. La realizzazione del rivestimento
di facciata con lastre in vetro suscita normalmente un certo
stupore, specie quando si parla di una facciata opaca. Un
rivestimento trasparente consente infatti l’ingresso dei raggi
luminosi all’interno dell’intercapedine e il verificarsi del non
auspicabile, specie nei periodi estivi, effetto serra.
Oggi, grazie alle innovazioni introdotte nel campo delle
vetrazioni isolanti termicamente e soprattutto in grado di
filtrare la radiazione solare, ciò appare come un’operazione
del tutto ammissibile.
La trasparenza dell’ultimo strato della facciata ventilata
è richiesta in quei casi in cui il rivestimento in vetro non
ricopre solo parti di parete opache ma anche campi vetrati o
bucati.
Uno degli esempi più interessanti è il Kindergarten di
Carminweg (Vienna), su progetto dell’architetto Elsa
Prochazka del 1994 (figura 4).
Fig. 2 – Guggenheim Museum a Bilbao. Una delle facciate rivestite
con lastre in titanio.
Fig. 4 – Kindergarten a Carminweg. Facciata ventilata con
rivestimento in vetro.
2.2 - Materiali a transizione di fase (Mtf)
Fig. 3 – Museo Ebraico a Berlino. Facciata ventilata con
rivestimento in Zrt.
Tra i materiali utili per la realizzazione di chiusure
opache leggere vanno inseriti anche i materiali a transizione
di fase, capaci di immagazzinare calore e di rilasciarlo
durante un cambiamento di fase.
Uno degli esempi più interessanti è il sale di Gauber,
che alla temperatura di 32.4 °C passa dallo stato solido a
quello liquido accumulando una grande quantità di calore;
utilizzato all’interno del calcestruzzo per la realizzazione di
paramenti murari perimetrali, il sale accumula calore ed
impedisce che esso penetri all’interno dell’edificio. Al
diminuire della temperatura esterna avviene il passaggio
inverso, da liquido a solido, e il sale cede all’esterno una
notevole quantità di calore. Tali materiali sono tuttora in fase
di studio e di sperimentazione.
3 - LE CHIUSURE TRASPARENTI E/O TRASLUCIDE
Le chiusure trasparenti e/o traslucide si distinguono per
la capacità di consentire il passaggio della luce e per la
possibilità di regolare la visuale dall’interno verso l’esterno o
viceversa.
I sistemi che consentono di realizzare chiusure
trasparenti sono i curtain wall, letteralmente “muro tenda”,
in cui le parti vetrate sono rette da montanti e traversi
metallici, oppure da elementi puntuali come ad esempio le
cosiddette rotules, oppure le borchie.
Le facciate trasparenti possono essere a singolo o a
doppio involucro. Ciò su cui ci si vuole soffermare in questo
caso è però la possibilità, oggi, di utilizzare, e di applicare a
tali sistemi, materiali innovativi in grado di soddisfare le
esigenze energetiche e quelle di tipo architettonico
contemporaneamente.
Utilizzati fino a pochi anni fa per architetture povere,
come ad esempio magazzini o pensiline, oggi, grazie alla
migliorata resistenza all’azione del sole ed in particolare dei
raggi ultravioletti, all’azione degli agenti atmosferici e del
fuoco, possono essere impiegati anche in edifici di maggior
pregio.
Rilevante è poi la possibilità di avere a disposizione
sistemi di posa in opera efficienti, in grado di garantire la
tenuta agli agenti esterni e la resistenza agli urti (figura 5).
Sono doverosi alcuni cenni sulle proprietà dei principali
prodotti in commercio.
Un pannello alveolare di spessore 3 cm di
Polimetilmetacrilato (Pmma) presenta un fattore di
trasmissione luminosa Tl pari al 92%, mentre la trasmittanza
termica U si attesta intorno all’ottimo valore di circa 0.5
W/mq K.
Un pannello di policarbonato (Pc) dello stesso spessore
di 3 cm presenta un valore Tl = 88%; la trasmittanza è di
poco inferiore a quella del Pmma, circa 0.4 W/mq K, anche
se si tratta di valori variabili a seconda del numero di
intercapedini presenti. E’ inoltre degna di nota la resistenza
all’impatto del Pc: circa 30-40 volte superiore a quella del
Pmma e circa 250 volte maggiore di quella del vetro float,
chiaramente a parità di spessore dei pannelli.
3.1 - Tim (materiali isolanti trasparenti)
Si tratta di materiali isolanti sia dal punto di vista
termico che da quello acustico; sono dotati inoltre di una
buona trasparenza per la radiazione solare. Possono essere
suddivisi secondo diversi tipi di classificazioni, ma appare
doveroso fare una prima distinzione tra materiali isolanti
trasparenti producibili in forma di pannello autoportante e
materiali che invece possono essere utilizzati solo all’interno
di un pannello portante che nella maggior parte dei casi è
costituito da un vetrocamera.
I pannelli autoportanti possono essere di vario tipo
(pannelli compatti piani, pannelli alveolari, pannelli ondulati
o grecati) e di vario materiale; generalmente sono prodotti a
partire da materiali plastici (plastiche), quali il policarbonato,
il polimetilmetacrilato, il pvc, etc.
Fig. 6 – Laban Center a Londra; progetto di Herzog & De Meuron.
La facciata di questa scuola è interamente rivestita con pannelli in
policarbonato alveolare. Caratterizzati da una ampia gamma di
colorazioni, essi costituiscono l’ultimo strato di una facciata
ventilata. Al di sotto del rivestimento si trovano una tamponatura
opaca e gli infissi vetrati.
Fig. 5 – Dettaglio della giunzione tra due pannelli di policarbonato
alveolare. L’elemento verticale ad U, sempre in policarbonato,
consente la giunzione tra i pannelli e protegge dall’ingresso
dell’aria e dell’acqua; la piastra metallica, incastrata tra i due
pannelli e bloccata dall’elemento ad U, consente invece l’aggancio
alla orditura portante. Si può notare la possibilità di avere pannelli
più o meno trasparenti.
I materiali isolanti trasparenti non portanti si
distinguono tra materiali inorganici non geometrici e
materiali organici geometrici.
Il materiale più interessante tra quelli appartenenti alla
prima categoria è l’aerogel; costituito da silice esso è
caratterizzato da bassissima conduttività termica (0.01 – 0.02
W/m K), da un alto potere di isolamento acustico e da buona
trasparenza alla radiazione solare.
Gli aerogel sono materiali molto fragili e attaccabili
dagli agenti atmosferici e infatti, come detto, devono essere
contenuti all’interno di un pannello autoportante in vetro o in
materiale plastico; un vetrocamera contenente aerogel può
raggiungere un valore di trasmittanza termica pari a 0.857
W/mq K. Il loro peso specifico è particolarmente ridotto,
circa 0.003 gr/cmc. Un esempio di aerogel sotto forma di
granuli è riportato nella figura 7.
Fig. 7 – Aerogel granulare. A contatto con l’aria si deteriora molto
facilmente.
I materiali organici a struttura geometrica, anch’essi da
inserire all’interno di pannelli di vetrocamera o di materiale
plastico, possono essere di tre tipi: a strutture ondulate
incrociate e sovrapposte, a capillari, a nido d’ape (figura 8).
Mentre i Tim a struttura ondulata hanno lo scopo di
limitare la propagazione della radiazione solare e di impedire
del tutto la visuale, quelli a struttura capillare e a nido d’ape
vengono utilizzati laddove si voglia favorire la propagazione
della radiazione solare. L’inserimento di Tim organici in un
vetrocamera comune porta una notevole diminuzione del
coefficiente di trasmissione termica, da 3.4 a 0.9 W/mq K.
Anche il potere di isolamento acustico migliora
notevolmente.
Fig. 8 – A sinistra un esempio di Tim capillare; a destra invece un
dettaglio di Tim a nido d’ape.
I materiali fotocromici. Hanno la capacità di variare il
proprio colore e la loro trasparenza in seguito
all’assorbimento di radiazione elettromagnetica. La
variazione dura esclusivamente per il tempo in cui è attiva la
radiazione. Vengono utilizzati per lo più nel campo delle
lenti per occhiali.
I materiali termocromici. Variano le proprietà ottiche
quando sottoposti a variazioni di temperatura. Anche in
questo caso si tratta di variazioni temporanee e reversibili.
Utilizzati in edilizia a partire dal 1974, erano stati
temporaneamente messi da parte a causa dell’elevato costo;
negli ultimi anni, grazie all’opera di un gruppo di ricerca
dell’Università di Monaco di Baviera, la sperimentazione sta
ricevendo nuovo vigore.
Il difetto principale, che li accomuna ai fotocromici, è la
disomogeneità del processo cromogenico.
I cristalli liquidi. Sono attualmente i materiali
cromogenici più utilizzati grazie anche al costo relativamente
basso. La tecnologia dei cristalli liquidi, nata per essere
utilizzata all’interno di display, si basa sulla caratteristica dei
cristalli di passare da uno stato caotico a uno stato ordinato
nel momento in cui viene attivata una differenza di
potenziale elettrico.
La matrice polimerica che contiene i cristalli passerà
dunque da uno stato opaco ad uno stato trasparente nel
momento in cui i cristalli si dispongono secondo direzioni
parallele.
Importante limitazione è rappresentata dal fatto che non
si possono avere stati intermedi tra quello acceso e quello
spento, traslucido e caratterizzato da una colorazione bianco
latte. Il fattore di trasmissione luminosa varia tra 0.82, stato
On, e 0.74, stato Off (figura 9).
Fig. 9 – Casa d’abitazione dotata di vetrata a cristalli liquidi; a
sinistra lo stato inattivo in cui il vetro è traslucido e presenta una
colorazione bianco-latte. Nel momento in cui si attiva il campo
elettrico, tramite un semplice interruttore, il vetro diventa
trasparente, immagine a destra.
3.2 - Materiali cromogenici
Si tratta di materiali in grado di variare le proprie
caratteristiche ottiche in funzione della variazione delle
condizioni al contorno. Si distinguono in due grandi
categorie; da un lato i materiali a comportamento passivo (si
modificano da soli): fotocromici, termocromici; dall’altro
quelli a comportamento attivo (vengono regolati
dall’esterno): cristalli liquidi, Spd, elettrocromici,
gasocromici.
Vengono normalmente prodotti sotto forma di sottili
film da inserirsi all’interno di vetrocamera o di pannelli
stratificati in vetro o in materiale plastico; va sempre
impedito il deleterio contatto con gli agenti atmosferici o con
sostanze inquinanti.
Gli SPD (Suspended Particle Device). Tali particelle
sospese hanno un comportamento analogo a quello dei
cristalli liquidi; unica ma fondamentale differenza è che gli
Spd ammettono stati intermedi tra le due fasi on e off. Pur
essendo di recente introduzione sono già frequentemente
utilizzati in edilizia.
I materiali elettrocromici. Tra i materiali cromogenici
sono quelli dalle prestazioni più apprezzabili. Qualora
vengano sottoposti a una differenza di potenziale elettrico i
materiali elettrocromici modificano il fattore di trasmissione
luminosa Tl tra il 70% ed il 3%, mentre la trasmissione nel
campo dell’infrarosso Te (parte di radiazione solare
percepita sotto forma di calore) varia tra il 50% ed il 10%
circa (figura 10).
Tali proprietà rendono i film elettrocromici
particolarmente utili nei climi caldi.
Il processo elettrocromico può essere innescato e
regolato a piacere a seconda delle esigenze. Come aspetti
negativi occorre considerare il costo tuttora elevato e la
necessità di un’accurata posa in opera e di una costante
manutenzione.
Per questi motivi il loro utilizzo è ancora molto limitato.
Fig. 12 – Casa d’abitazione a Stoccarda. Dettaglio dei pannelli
ruotabili dotati di film olografico.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1.
Fig. 10 – Esempio di vetro con strato elettrocromico. A sinistra lo
stato inattivo. A destra lo stato attivo caratterizzato da un
cambiamento del colore e dalla variazione delle caratteristiche
ottiche.
I materiali gasocromici. Anch’essi sono in grado di
variare le loro caratteristiche di trasparenza qualora
reagiscano con opportune sostanze gassose; sono tuttora in
fase di studio e non ancora presenti sul mercato.
3.3 - Le pellicole olografiche
Anch’esse prodotte in forma di sottili film, vengono
inserite all’interno di vetrocamera, di vetri stratificati o
pannelli di materiale plastico. Tali pellicole hanno la capacità
di deviare la radiazione solare incidente e per questo motivo
vengono solitamente posizionate su louvres o su vetrate
ruotabili. Il loro utilizzo è tuttora limitato a progetti
sperimentali. Un esempio interessante è quello realizzato a
Stoccarda (figure 11 e 12) in occasione dell’esposizione di
edilizia sostenibile “Wohnen 2000”
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Fig. 11 – Casa d’abitazione a Stoccarda. Nella copertura inclinata
sono visibili i pannelli ruotabili contenenti film olografici. A
seconda della posizione del sole i pannelli possono ruotare e deviare
la radiazione solare impedendo che essa penetri all’interno
dell’abitazione. Il progetto porta la firma di HHS Planer +
Architekten BDA.
18.
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