I cambiamenti climatici sono dovuti alle emissioni di origine antropica.

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I cambiamenti climatici sono dovuti alle emissioni di origine antropica.
I cambiamenti climatici sono dovuti alle emissioni di origine antropica.
Massimo Zucchetti
Politecnico di Torino
La maggior parte delle considerazioni che seguiranno sono tratte dai rapporti e dalle conclusioni del
IPCC (Panel Intergovernativo sul Cambiamento del Clima), un gruppo dei maggiori esperti a livello
mondiale sui problemi climatici, costituito sin dal 1988 dall’UNEP (Agenzia per l’Ambiente delle
Nazioni Unite) e dal WMO (World Meteorological Organization). Il terzo Rapporto del IPCC
(Climate Change 2001) è stato emesso durante la Conferenza Internazionale sui Cambiamenti
Climatici tenutasi a Shanghai dal 17 al 20 gennaio 2001.
Il dibattito incentrato sul protocollo di Kyoto, sulla fondatezza dell’allarme lanciato sulla
evoluzione del clima terrestre, e sulla necessità o meno di procedere senza indugi nella direzione
che Kyoto ci indica, deve essere il più possibile corroborato da nozioni e dati tecnici che aiutino a
decidere chi è demandato a farlo, ed aiutino a capire chi può esserne coinvolto, ovvero – dato
l’argomento – semplicemente tutti. Questo lavoro tenterà di agire in questa direzione, perchè
crediamo che – data la situazione come essa verrà illustrata – non ci sia più spazio per soluzioni
compromissorie.
Nella sostanza, l’affinarsi dei modelli di previsione e la maggior e migliore quantità e qualità dei
dati a disposizione hanno nettamente portato la comunità scientifica internazionale ad identificare
nelle emissioni dovute ad attività antropiche (cioè dell’uomo civilizzato) i cambiamenti del clima
che si stanno verificando in questi decenni, rendendo più affidabili le previsioni sull’andamento del
clima nel 21° secolo.
Questa trattazione si incentrerà su tre punti di premessa, ed un punto finale principale:
1. Vi è una crescente quantità di dati ed osservazioni che indicano un aumento anormale della
temperatura della Terra ed altri mutamenti del clima.
2. Le emissioni di gas-serra dovuti ad attività antropiche alterano l’atmosfera in maniera tale da
influenzare il clima.
3. L’affidabilità dei modelli di evoluzione climatica futura è aumentata negli ultimi anni. Vi sono
recenti e più affidabili evidenze che l’aumento della temperatura della Terra riscontrato negli
scorsi 150 anni è dovuto ad emissioni di origine antropica.
4. Gli scenari futuri elaborati da questi modelli prevedono l’incremento della temperatura media
globale e l’innalzamento del livello medio dei mari nel 21° secolo, in stretta connessione con le
emissioni di origine antropica.
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1. Vi è una crescente quantità di dati ed osservazioni che indicano un aumento
anormale ed inequivocabile della temperatura della Terra ed altri mutamenti nel
clima.
La temperatura media della superficie terrestre è in crescita sin dalla seconda metà dell’Ottocento.
Nel 20° secolo, l’incremento è stato di 0.6
0.2 °C. Si veda la Figura 1, dove risulta evidente
l’incremento più sensibile avutosi nell’ultimo quarto di secolo (1976-2000). Gli anni 90 sono stati la
decade più calda del XX secolo, ed il 1998 l’anno più caldo.
Da quando i satelliti hanno iniziato a rilevarla (1979), la temperatura media nello strato più basso
(primi 8 km) dell’atmosfera è cresciuta di circa 0.1 °C ogni 10 anni.
I satelliti hanno anche rilevato, a partire dai tardi anni 60, una rilevante riduzione dell’estensione
delle zone innevate e dei ghiacciai nell’emisfero settentrionale, sia in termini di area ricoperta, che
di durata del periodo di innevamento, intorno al 10% circa. Nel frattempo, lo spessore dei ghiacci
dell’Antartide durante la fase estiva-autunnale si è ridotto di circa il 40% durante gli ultimi decenni.
Il livello del mare, secondo le più affidabili osservazioni sulle maree, è salito di 10-20 cm nel corso
del 20° secolo.
Altri cambiamenti importanti nel clima sono avvenuti nel 20° secolo: le precipitazioni medie sono
aumentate nelle zone continentali temperate dell’emisfero settentrionale, al ritmo di 0.5-1% l’anno;
incrementi si sono avuti anche nelle zone subtropicali e tropicali. Nella seconda metà del secolo, la
frequenza di eventi atmosferici catastrofici è cresciuta del 2-4%, con la comparsa di fenomeni quali
El Ni o ed altri, mentre la copertura media da parte di nubi dei cieli temperati è cresciuta di circa il
2%. Infine, dal 1950 si è ridotta la frequenza di comparsa di inverni particolarmente freddi.
2. Le emissioni di gas-serra dovuti ad attività antropiche alterano l’atmosfera in
maniera tale da influenzare il clima.
I cambiamenti del clima sono dovuti sia a variabilità intrinseche del sistema climatico, che a fattori
esterni, sia naturali che antropici. L’influenza dei fattori esterni sul clima si può quantificare
introducendo il concetto di “radiative forcing”1 (RF). Esempi di RF positivo , che porta ad un
incremento di temperatura, sono i gas-serra, mentre RF negativo hanno certi tipi di aerosol oppure,
fra i fattori naturali, le esplosioni vulcaniche.
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Radiative Forcing è una misura dell’influenza di un dato fattore nell’alterare il bilancio fra energia entrante ed uscente
dal sistema Terra-atmosfera. E’ perciò un indice di importanza di quel fattore nel meccanismo di cambiamento del
clima. Si esprime in unità di potenza (Watt) su unità di superficie (m2).
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I gas-serra sono quei componenti dell’atmosfera terrestre in grado di modificarne l’effetto serra.
L’effetto serra è un fenomeno “naturale”, che esiste sin da quando la Terra è provvista di atmosfera,
e grazie al quale la temperatura sul nostro pianeta si pone in una fascia che consente la vita; le
radiazioni solari che giungono sulla Terra vengono in parte riflesse dalla superficie terrestre: ma,
durante questo processo, cambia la loro lunghezza d’onda e l’atmosfera terrestre, che prima le
aveva lasciate arrivare fino al terreno, è ora in grado di trattenerle parzialmente, non lasciando che
esse “rimbalzino” totalmente verso lo spazio. In guisa appunto delle superfici vetrate di un serra, la
nostra atmosfera contribuisce così a trattenere parte del calore che giunge dal Sole sulla Terra. In
assenza di atmosfera, le temperature sulla Terra sarebbero incompatibili con la vita attuale: si pensi
ai micidiali estremi verso l’alto ed il basso che si hanno sulla Luna, che, pur a distanza dal Sole
simile a quella terrestre, non è provvista di atmosfera. Il benefico “effetto serra naturale” che
l’atmosfera terrestre esercita può però diventare più o meno grande a seconda dei gas dai quali essa
è composta: il delicato bilancio di potenze solari entranti ed uscenti può venire alterato dal suo
naturale valore di equilibrio se la composizione dell’atmosfera muta per qualche motivo.
La ricerca negli ultimi anni si è concentrata sulla caratterizzazione degli agenti di mutazione
climatica e sul loro andamento nel passato recente o remoto, in particolare con la datazione delle
bolle d’aria inglobate nei ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia. La figura 2 ci mostra ad
esempio l’andamento delle concentrazioni di alcuni dei principali gas-serra (CO2, CH4 e N2O)2, con
un incremento notevole nell’ultimo secolo in correlazione con lo svilupparsi dell’era industriale. Più
in basso troviamo l’andamento degli aerosoli solforici (particolato) depositati sul ghiaccio della
Groenlandia, in chiara correlazione con le emissioni mondiali di anidride solforosa (SO2) di
combustione e di origine antropica, riportati nella stessa figura.
Dettagliando i dati di figura 2, e concentrandoci inizialmente sull’anidride carbonica (CO2),
vediamo che la sua concentrazione è cresciuta del 31% dal 1750 ad oggi, raggiungendo un livello
mai toccato negli ultimi 20.000 anni. Più recentemente, la crescita di concentrazione di CO2 è stata
di 1.5 ppm (0.4%) l’anno durante gli anni 90, ma passando dagli 0.9 ppm (0.2%) di inizio decade, ai
2.8 ppm (0.8%) di fine decade. Si tratta cioè di uno scenario in veloce accelerazione, su livelli mai
toccati nella storia dell’uomo civilizzato, e che segue una legge di incremento esponenziale.
Circa il 75% dell’incremento di concentrazione della CO2 è attribuito alle emissioni antropiche
derivanti dall’utilizzo di combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale), i quali costituiscono –
sempre a livello mondiale - la fonte del 88% circa della produzione di energia primaria. Nessuna di
queste tre fonti energetiche, basandosi sulla combustione, può prescindere dall’emissione di CO2
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L’origine dei gas-serra si può così riassumere: la CO2 deriva dalla combustione dei combustibili fossili e dal fenomeno
della deforestazione; il metano (CH4) deriva da fenomeni di combustione incompleta, da attività agricole, da perdite nei
condotti di gas naturale; il N2O da attività agricole.
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(che è un prodotto di reazione), sebbene il metano abbia minori emissioni a parità di energia
prodotta. Il restante 25%, nell’aumento della CO2, è attribuito alla deforestazione, che fornisce
pertanto un contributo tutt’altro che trascurabile.
Dati simili si hanno per le concentrazioni ed i ratei di emissione di CH4 e N2O, anch’essi in crescita
e anch’essi con preponderante contributo di attività antropiche.
Anche i clorofluorocarburi (CFC), oltre ad avere una azione negativa verso la fascia d’ozono, sono
gas-serra. I loro sostituti innocui per l’ozono, in base ai dettami del protocollo di Montreal e
successivi, mantengono purtroppo le caratteristiche di gas-serra.
Un confronto fra gli RF dei vari gas serra ci porta ad attribuire alla CO2 il 60% dell’effetto-serra dal
1750 ad oggi, contro il 19% circa del CH4, il 13% circa dei CFC, il 6% circa del N2O.
Il controbilanciamento dell’effetto serra dovuto alle emissioni di aerosol di origine antropica è di
difficile valutazione ed è di breve durata nel tempo, contrariamente all’RF dei gas serra.
Esaminando i dati dell’ultimo secolo, si vede poi che ai fattori naturali (oscillazioni della potenza
solare, eruzioni vulcaniche) è attribuito un contributo assai piccolo ai mutamenti climatici, che sono
pertanto dovuti in maniera preponderante alle emissioni antropiche di gas-serra. Ciò può essere
facilmente riscontrato esaminando i dati riportati in figura 3, della quale si discuterà nel prossimo
paragrafo. Alcune eruzioni vulcaniche “storiche” hanno in passato alterato il clima per numerosi
anni consecutivi: a differenza dei mutamenti dovuti alle emissioni di gas-serra, tuttavia, si è poi
avuto un ritorno alla normalità nel giro di pochi anni.
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3. L’affidabilità dei modelli di evoluzione climatica futura è aumentata negli ultimi
anni. Vi sono recenti e più affidabili evidenze che l’aumento della temperatura della
Terra riscontrato negli scorsi 150 anni è dovuto ad emissioni di origine antropica.
I modelli per la predizione dei cambiamenti climatici a livello mondiale sono intrinsecamente
complicati, a causa della fisica che sta alla loro base e della moltitudine di elementi di cui tener
conto. Ancora oggi, nonostante i grandi progressi, è difficile quantificare perfettamente l’influenza,
direta ed indiretta, che ogni singolo fattore può avere sul clima. Eppure, recentemente, i modelli
climatici hanno fornito ottime prove nella simulazione di eventi passati – quali l’evoluzione del
clima in generale, la trasmissione di calore attraverso gli oceani, la dinamica dei sistemi acqueghiacci nelle zone polari. I modelli più recenti forniscono simulazioni soddisfacenti dell’evoluzione
del clima senza la necessità di aggiustamenti ad hoc, come era necessario in passato. Un esempio
dell’ottima rispondenza fra modello e reale andamento dell’evoluzione del clima nel 20° secolo si
può vedere nella figura 3: abbiamo perciò ora a disposizione strumenti adeguati per predire il clima
futuro, e capire quali siano le azioni più adeguate da intraprendere.
4. Gli scenari futuri elaborati da questi modelli prevedono l’incremento della
temperatura media globale e l’innalzamento del livello dei mari nel 21° secolo, in
stretta connessione con le emissioni di origine antropica.
Già la figura 3 prima citata ci mostra come, nell’ultimo scorcio del 20° secolo, le emissioni
antropiche siano la maggior causa dell’aumento di temperatura. L’impressione è tuttavia
corroborata dalle stime del RF dei vari gas-serra, e sull’origine di ognuno di essi. La pretesa di
spiegare con il mutamento di soli fattori naturali il cambiamento del clima cade di fronte
all’evidenza che questi ultimi, da soli, non possono riuscirvi neppure con le forzature più ampie.
Gli stessi modelli climatici prima citati sono stati utilizzati per predire l’andamento del clima nel
21° secolo, coadiuvati dagli scenari sull’andamento delle emissioni di gas ed aerosoli di origine
antropica.
Per quanto riguarda i gas-serra, ed in particolare la CO2 - sulla quale incentreremo la nostra
attenzione - l’andamento della sua concentrazione nel 21° secolo (come già nel secolo precedente)
sarà influenzato in maniera dominante dalle emissioni dovute all’uso di combustibili fossili.
Man mano che la concentrazione di CO2 cresce, decresce la capacità di oceani e terreno di
assorbirla, con un effetto di retroazione autoesaltante che si accompagna ad un ulteriore aumento di
concentrazione. Non è quindi lecito liquidare questi problemi pensando – o sperando - che “la
Natura” abbia in sé le capacità per ovviare a queste sollecitazioni. Il sistema terra-atmosfera è
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dotato sì di una grande inerzia nel rispondere alle sollecitazioni, ma non è provato che esso sia
dotato di meccanismi di retroazione negativa che lo rendano stabile – almeno negli intervalli di
temperatura così limitati entro i quali è possibile la vita sulla Terra. E’ ovvio infatti che fenomeni di
stabilizzazione della temperatura a livello e di tipo venusiano (il pianeta Venere con le sue
temperature infernali è un esempio delle potenzialità dell’effetto serra) non possono interessarci.
I modelli predittivi per il clima del pianeta Terra forniscono stime, per il secolo fino al 2100, muniti
di un’ovvia forbice dovuta alle incertezze, ma soprattutto agli scenari più o meno ottimistici sulle
emissioni. Per la CO2 viene prevista una concentrazione fra i 490 e i 1260 ppm, ovvero un
incremento rispetto al livello del 1750 compreso fra il 75 ed il 350%.
Pertanto, il RF (Radiative Forcing) dovuto alla CO2 e più in generale a tutti i gas-serra è destinato
ad aumentare durante tutto il 21° secolo, con - in particolare - la parte dovuta alla CO2 destinata ad
aumentare fino a raggiungere circa il 75% dell’effetto totale.
Secondo il principio di precauzione, la deduzione parziale a questo punto dovrebbe essere semplice:
per stabilizzare il RF – e quindi non vedere perlomeno peggiorare l’effetto serra - è necessario
ridurre pesantemente le emissioni di gas-serra. Ad esempio, per quanto riguarda la CO2, una
stabilizzazione della sua concentrazione necessiterebbe la riduzione delle emissioni antropiche a
livelli inferiori al 1990. Il livello a cui la CO2 si stabilizzerebbe nell’atmosfera (450, 650, 1000 ppm
a seconda degli scenari) dipende dalla velocità di raggiungimento della riduzione ai livelli del 1990
(poche decadi, circa un secolo, circa due secoli rispettivamente). Come si vede, la celerità nel
raggiungimento degli obiettivi di bassa emissione è anch’essa molto importante.
I risultati dei diversi modelli di evoluzione del clima per il 21° secolo forniscono una varietà di dati,
a seconda appunto di tutti i fattori prima accennati. Essi sono concordi nel predire un aumento della
temperatura media mondiale, con valori intorno ai 3-4 °C in più da qui alla fine secolo, passando
dagli scenari più ottimistici (+ 1.4°C) a quelli più pessimistici (+ 5.8°C). Questi risultati (si veda la
figura 4) sono meno ottimistici rispetto alle stime fatte nel corso dei primi anni 90. L’incremento di
temperatura previsto nel 21° è molto più ampio di quello riscontrato nel 20° secolo, ed è senza
precedenti nel corso - come minimo - degli ultimi 20000 anni.
I modelli ci dicono inoltre che non tutte le aree del pianeta subiranno questo effetto nella stessa
misura, ma saranno più colpite le zone settentrionali durante la stagione fredda. Un caso notevole
previsto dai modelli sarà il riscaldamento nelle regioni settentrionali del Nord America, che
potrebbe eccedere del 40% la media del riscaldamento mondiale.
Questo ultimo dato ci porta ad una proiezione interessante per la Groenlandia, dove il riscaldamento
locale è atteso essere da una a tre volte il valore medio mondiale: un aumento della temperatura di
3°C, se protratto per millenni, porterebe ad un completo scioglimento dei ghiacci, con un
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conseguente aumento del livello del mare di circa 7 metri. Se l’incremento locale di temperatura
fosse poi di 5.5°C, basterebbero 1000 anni per provocare un aumento di 3 metri del livello del mare.
Un simile concomitante effetto è atteso anche dai ghiacci antartici.
Per quanto riguarda altri effetti sul clima, i modelli ci indicano un aumento medio delle
precipitazioni nel 21° secolo, con però effetti localizzati anche inversi, ed un generale inasprirsi
delle variazioni fra le precipitazioni da un anno all’altro. Molti eventi climatici estremi potrebbero
aumentare in frequenza e gravità: ad esempio, aumento delle temperature massime, aumento delle
zone affette da siccità nelle zone continentali temperate, maggior frequenza di temporali violenti,
maggior frequenza ed intensità di cicloni nelle zone tropicali, aumento della variabilità dei
fenomeni monsonici in Asia.
Secondo le previsioni, l’innevamento nell’emisfero settentrionale, insieme all’estensione dei ghiacci
polari, sono destinati a decrescere ulteriormente nel 21° secolo, contemporaneamente al ritiro dei
ghiacciai.
L’aumento del livello del mare è il dato più variabile per i modelli climatici, i quali forniscono
valori che spaziano fra i 10 e i 90 centimetri a fine secolo. Questo dato rappresenta una
controtendenza nell’affinamento dei modelli, in quanto i modelli passati fornivano valori più
elevati. Ciò è essenzialmente dovuto al “tempo di ritardo” intrinseco a questo fenomeno: in
sostanza, il livello del mare è l’ultima variabile di una catena che, partendo dalle emissioni, passa
alle concentrazioni di gas-serra, per andare all’aumento di temperatura. Sarà un dato, pertanto, sul
quale gli effetti si vedranno più distintamente a lunghissimo termine, come illustrato con l’esempio
precedente sulla Groenlandia.
Venendo alle conclusioni, il ruolo preponderante delle emissioni antropiche di gas-serra
nell’evoluzione del clima è ampiamente documentato. Sebbene il lavoro di affinamento dei modelli
e di reperimento di dati più precisi sull’andamento del clima nel recente passato siano sempre in
corso, vi è motivo di ritenere che essi potranno portare a fornire risposte più precise solo su
parametri particolari – soprattutto a livello più locale. Il dato macroscopico principale che riguarda
il riscaldamento globale della Terra, quali ne sono le cause, e gli effetti che questo indurrà – non ha
bisogno di conferme, se non affinamenti quantitativi: questi sono senz’altro importanti, ma
l’incertezza dei dati attuali è ormai così bassa che la sostanza del problema non potrà più
modificarsi .
Da aggiungere vi è ancora una riflessione sulla persistenza di questi effetti: la maggior parte dei
gas-serra, ed in particolare la CO2, hanno un effetto persistente sulla composizione dell’atmosfera.
Una volta emessi, cioè, si stima che permangono in essa per circa un secolo. Inoltre, l’effetto di
riscaldamento permane, ovviamente, anche una volta che il loro livello si è stabilizzato. Non è
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quindi sufficiente ridurre le emissioni fino a stabilizzare le concentrazioni – anche se questo è il
primo essenziale passo - ma occorre altresì ridurle fino a provocare, a lungo termine, una ritorno
alle concentrazioni del passato. Solo così si può pensare, ripetiamo, a lungo termine, di fermare
l’incremento di temperatura.
Ciò di cui abbiamo parlato non è un problema nuovo: le valutazioni del Club di Roma degli anni
’70 sulla crisi energetica si stanno rivelando, a dispetto di chi le tacciava di catastrofismo, assai
azzeccate. Nel maggio 1992, i governi mondiali hanno adottato la Convenzione Quadro sui
Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCC); questo primo passo è stato seguito, nel
Dicembre 1997, dall’adozione del protocollo di Kyoto, prima implementazione pratica del UNFCC;
tuttavia, pur ratificato ad oggi da 186 paesi, il protocollo di Kyoto attende ancora la sua entrata in
vigore. Tempo prezioso viene perso a causa dei colpevoli tentennamenti di alcuni paesi ricchi.
In conclusione, gli effetti di cambiamento del clima indotti dall’uomo potrebbero persistere per
molti secoli. La grande inerzia del sistema terra-atmosfera è il fattore positivo che ci permette, oggi,
di rilevare in maniera relativamente ancora piccola gli effetti sul clima delle pesanti modificazioni
che stiamo inducendo sull’atmosfera. Questa inerzia del sistema, a lungo termine, potrebbe divenire
controproducente: il 21° secolo sarà il momento nel quale potremo riscontrare i cambiamenti del
clima dovuti alle emissioni dei decenni precedenti. Le auspicabili contromisure che verranno prese
– a livello di riduzione delle emissioni, prima, e di stabilizzazione dei livelli di inquinante, poi –
vedranno il loro effetto comparire soltanto più avanti.
Proprio per questo motivo è importante che i provvedimenti sulle riduzioni delle emissioni
antropiche siano presi ed ottemperati il più velocemente possibile: quando una nave assai pesante è
lanciata con discreta velocità verso una scogliera, occorre iniziare a fare “macchina indietro” prima
possibile, per poterla fermare in tempo. I modelli di previsione ci suggeriscono che potremmo farlo,
sebbene qualche danno potrebbe essere ormai inevitabile. Per ora, purtroppo, chi è al governo della
nave – cioè del mondo - sta ulteriormente forzando le macchine in avanti.
Riferimenti
Evitando una lunga lista, moltissima documentazione può essere reperita sui siti:
UNFCC: http://unfccc.int/
IPCC: http://www.ipcc.ch/
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Figura 1
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Figura 2
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Figura 3
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Figura 4
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