La leggenda sulle origini del gioco degli Scacchi

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La leggenda sulle origini del gioco degli Scacchi
Quando sono nati gli scacchi?
Probabilmente nel 600 dopo Cristo, in India. Il primo accenno a questo gioco risale a quel periodo e si trova in un
romanzo in sanscrito, il Vasavadatta. Poi il gioco passò in Persia e, verso il Mille, in Europa. Il termine scacco matto deriva
dalla voce arabo-persiana sha mat, che vuol dire “il re è morto”. Nulla si sa del suo inventore, ma giochi da tavolo con
l’uso di pedine, dei quali però si sono perse le regole, erano già noti in Asia nel 5000 avanti Cristo e in Mesopotamia nel
3000 avanti Cristo.
Una leggenda sulle origini del gioco degli Scacchi
Una leggenda racconta che un re indù, di nome Iadava, vinse una
grande battaglia per difendere il suo regno, ma per vincere dovette
compiere un'azione strategica in cui suo figlio perse la vita. Da quel giorno
il re non si era più dato pace, perché si sentiva colpevole per la morte del
figlio, e ragionava continuamente sul modo in cui avrebbe potuto vincere
senza sacrificare la vita del figlio: tutti i giorni rivedeva lo schema della
battaglia, ma senza trovare una soluzione. Tutti cercavano di rallegrare il
re, ma nessuno vi riusciva. Un giorno si presentò al palazzo un brahmano,
Lahur Sessa, che, per rallegrare il re, gli propose un gioco che aveva
inventato: il gioco degli scacchi. Il re si appassionò a questo gioco e, a
forza di giocare, capì che non esisteva un modo di vincere quella battaglia
senza sacrificare un pezzo, ovverosia suo figlio.
Il re fu finalmente felice, e chiese a Lahur Sessa quale ricompensa egli
volesse: ricchezze, un palazzo, una provincia o qualunque altra cosa. Il
monaco rifiutò, ma il re insistette per giorni, finché alla fine Lahur Sessa,
guardando la scacchiera, gli disse: «Tu mi darai un chicco di grano per la
prima casa, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e
così via». Il re rise di questa richiesta, meravigliato del fatto che il
brahmano potesse chiedere qualunque cosa e invece si accontentasse di
pochi chicchi di grano. Il giorno dopo i matematici di corte andarono dal re
e lo informarono che per adempiere alla richiesta del monaco non
sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni. In questo
modo, Lahur Sessa insegnò al re che una richiesta apparentemente
modesta può nascondere un costo enorme.
In effetti, facendo i calcoli, il brahmano chiese 18.446.744.073.709.551.615
(18 trilioni 446 biliardi 744 bilioni 73miliardi 709 milioni 551mila 615) chicchi di grano
(
).
In ogni caso, il re capì, il brahmano ritirò la richiesta e divenne il
governatore di una delle province del regno.
L'incendio suo seguiva ogne scintilla
ed eran tante, che 'l numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
Paradiso, XXVIII, 91-93