studio - Camera di commercio di Bergamo

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studio - Camera di commercio di Bergamo
Con il contributo di
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE
E RESPONSABILE:
LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE
E LE BUONE PRATICHE
a cura di
Via Garibaldi, 3 - Bergamo
tel. 035.3594430, fax 035.3594439
[email protected]
[email protected]
Redazione
Antonio Bettoni, Claudio Piro
Questo lavoro è stato reso possibile grazie al contributo della
nell’ambito del progetto “Assistenza allo sportello - Informazione e formazione per la lotta allo spreco
alimentare”.
La parte relativa alle Buone Pratiche è stata elaborata grazie ai contributi raccolti attraverso contatti con i
soggetti sotto riportati che ringraziamo per la collaborazione
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
INDICE
Presentazione
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LO SPRECO ALIMENTARE
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Il Protocollo di Milano
Una nuova legge innovativa (legge 166/2016)
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UNA guida pratica:
impariamo a leggere le etichette degli alimenti
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Metodologia
Il consumatore Consapevole
Le scuole
Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Bergamo
Le Istituzioni: Il Comune di Bergamo
Le Associazioni del territorio
Solidarietà
CESVI
Caritas Diocesana Bergamasca
Sostenibilità
Slow Food
Responsabilità
Gruppi di Acquisto Solidale (GAS)
Aziende
Coop Lombardia
In Italia
A spasso per l’universo mondo
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Fonti per la documentazione
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Federconsumatori Bergamo
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I costi della produzione di cibo e degli sprechi
Perché è necessario ridurre lo spreco alimentare
Cosa fare
Ma quanto cibo sprechiamo realmente: ricerche a confronto
Cosa mangiare per una dieta equilibrata
Ridurre lo spreco alimentare: il quadro normativo
le buone pratiche
I servizi
Le sedi
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presentazione
Siamo ciò che mangiamo
“La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il
sangue in cuore e cervello; in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento
della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il
peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia”.
Ludwig Feuerbach
Noi siamo ciò che mangiamo, ma il cibo non è solo nutrimento, il cibo è vita, il cibo è:
Cultura: “Se un cibo è più della somma dei nutrienti che lo compongono e una dieta è
più della somma dei cibi che la compongono, allora una cultura culinaria è più della somma
dei menù ad essa riconducibili, ma abbraccia l’insieme delle abitudini alimentari e delle regole non scritte che – congiuntamente – governano la relazione di una persona con il cibo e
con l’atto di mangiare.” (Michael Pollan)
Tradizioni: il cibo, è anche un meccanismo rivelatore dell’identità etnica, culturale e sociale. Da qui l’unione tra cibo e identità di un luogo. Ogni luogo porta con sé una tradizione culinaria, fatta di ingredienti, ricette, modi di stare a tavola unici.
Scienza: i progressi della scienza hanno reso possibile una maggiore e migliore produzione di cibo.
Arte: Il tipo di cibo e la modalità di approccio al cibo ha rappresentato lo status sociale – a
tavola i poveri erano rappresentati nell’atto di mangiare pane e legumi, mentre i ricchi erano
rappresentati nell’atto di mangiare carne, selvaggina, frutta, dolci. Molti artisti hanno rappresentato il cibo o l’atto del mangiare, basti citare fra tanti la famosa “Ultima cena” di Leonardo da
Vinci, le nature morte di Evaristo Baschenis, i “mangiatori di patate” di Van Gogh.
Letteratura: la letteratura ha sempre riservato un ruolo di grande importanza al cibo e
ai diversi valori culturali, umani e sociali.
Religione: le religioni hanno regolato il rapporto dell’uomo con il cibo; per i Cristiani l’invito a limitare la carne i venerdì e in particolare quelli durante la Quaresima, per gli Ebrei il rito
della macellazione e il divieto a mangiare carne di maiale, divieto condiviso dai Musulmani che
non possono consumare neppure bevande alcoliche, per gli Induisti la mucca è considerata sacra, ma lo sono tutte le forme di vita animale, questo condiviso anche con i Buddisti.
Convivialità: Il cibo è invece da sempre veicolo di occasioni di incontro e relazione.
Ogni volta che ci sediamo a tavola a mangiare ci confrontiamo con tutte queste manifestazioni della natura umana. A volte ne siamo consapevoli, troppe volte no, forse avremmo
bisogno di recuperare questa dimensione e attenzione. In questo modo faremmo bene a
noi, agli altri e in generale al pianeta in cui viviamo. Cibarci in modo consapevole avendo
chiaro l’incidenza che il nostro modo di consumare ha un effetto diretto sul pianeta ci porterebbe a prestare maggiore attenzione al valore del cibo e a evitare di sprecarlo.
Il cibo è vita e la preparazione e conservazione del cibo è parte essenziale dell’esistenza. Lo
sapevano e lo sperimentavano quotidianamente i nostri antenati che dedicavano buona parte
della loro giornata a procurarsi il cibo; lo sanno tante popolazioni che ancora oggi passano le
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loro giornate alla ricerca del cibo. Noi abbiamo perso tutto questo perché il cibo lo procuriamo
facilmente. Forse è anche per questo che non sempre prestiamo attenzione a un consumo consapevole del cibo e troppo spesso lo sprechiamo.
Va annotato che l’attenzione al fenomeno dello spreco alimentare è abbastanza recente e si
è intensificata in questi ultimi anni anche a seguito dell’aggravarsi della crisi economica e del
permanere della congiuntura.
L’attenzione al fenomeno non è solo la conseguenza della crisi è anche il portato di una diversa sensibilità e di una maggiore consapevolezza dello stretto intreccio tra fenomeni apparentemente distanti. La riduzione dello spreco alimentare ha una diretta incidenza sulla produzione dei rifiuti che a sua volta incide sulla riduzione di inquinamento che a sua volta influisce sui
cambiamenti climatici.
A seguito di questa nuova sensibilità, nel 2014 è stata istituita la “Settimana nazionale contro
lo spreco alimentare” per mantenere viva l’attenzione sul problema e aumentare la consapevolezza dello stretto intreccio tra consumo improprio del cibo e l’incidenza sull’ambiente.
Expo 2015 che aveva come tema conduttore della manifestazione “Nutrire il Pianeta,
Energia per la Vita” ha ulteriormente contribuito ad accendere i riflettori sul problema. Nel
corso della manifestazione ci sono state iniziative volte a informare e sensibilizzare il consumatore perché, attraverso un uso consapevole del cibo, si faccia carico del problema dello spreco
alimentare. In occasione di Expo è stato sottoscritto il “Protocollo di Milano sull’alimentazione e la nutrizione”.
I costi dello spreco alimentare sono altissimi. L’indagine del 2011 di Andrea Segrè e Luca
Falasconi “Il libro nero dello spreco in Italia: il cibo”, infatti, è stata la prima a fornire una quantificazione dello spreco lungo tutta la filiera. Solo in Italia lo spreco si stima in 20 milioni di tonnellate dal campo al punto vendita, per un valore di circa 37 miliardi di euro. Un costo di 450
euro all’anno per famiglia. Cibo che basterebbe a sfamare, secondo la Coldiretti, circa 44 milioni di persone.
La stessa FAO l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura rileva che ogni anno il 30 per cento del cibo prodotto sulla terra per il consumo umano viene sprecato, e secondo i dati dell’Unep (United Nations Environment Programme), il Programma delle
Nazioni Unite per l’Ambiente, il cibo buttato o lasciato marcire equivale alla metà della produzione mondiale annuale di cereali.
Questi pochi dati evidenziano come sia sempre più necessario implementare iniziative ed
attività che riducano il fenomeno dello spreco alimentare. In questa ottica l’educazione alimentare riveste un ruolo fondamentale. Le scuole in questi anni con l’adozione di progetti mirati
hanno messo in atto molte iniziative dirette agli studenti allo scopo di creare nelle giovani generazioni una diversa cultura nei confronti del cibo tesa ad un’attenta e sana alimentazione e ad
evitare inutili sprechi.
Il Libretto informativo si inserisce in questo contesto, da un lato vuole essere un utile strumento di informazione teso a creare maggiore consapevolezza sul delicato tema dello spreco alimentare, dall’altro vuole allargare lo sguardo sulle buone pratiche in atto tese a ridurre lo spreco.
Per dare continuità al lavoro e approfondire ulteriormente il tema, l’anno prossimo
condurremo in collaborazione con l'Università di Bergamo, ed in particolare con
l'Osservatorio CORES del Centro sulla dinamiche economiche, sociali e della
cooperazione (CESC) un’attenta ricerca sullo spreco alimentare per meglio conoscere
e aggiornare i livelli di spreco alimentare nella nostra provincia, e per documentare
e verificare gli effetti delle buone pratiche avviate in questi anni.
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lo spreco alimentare
I COSTI DELLA PRODUZIONE DI CIBO E DEGLI SPRECHI
La FAO calcola che il cibo non consumato e sprecato nel mondo sia un miliardo e
trecento milioni di tonnellate all’anno, circa un terzo della produzione totale destinata
al consumo umano (la stima si riferisce al 2011).
Vanno distinte due tipologie di spreco alimentare:
Le perdite: ossia quello che si perde a monte della filiera agroalimentare, principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione e prima trasformazione agricola.
Lo spreco: ossia gli sprechi che avvengono durante la trasformazione industriale, la
distribuzione e il consumo finale.
Le perdite avvengono durante i
primi passi della catena produttiva e sono spesso dovute a una carenza di tecnologie necessarie alla
lavorazione e conservazione dei
cibi, questi problemi toccano in
particolare i paesi a bassa tecnologia, o ad esigenze di mercato.
Con il termine spreco ci riferiamo invece a quella parte di produzione alimentare commestibile che viene gettata via, di cui i
maggiori responsabili sono le catene di distribuzione e i consumatori finali.
Le proporzioni di perdite e sprechi variano con il livello di industrializzazione, con le
condizioni di vita e di benessere del Paese considerato. In Europa abbiamo il seguente
quadro (stime EUROSTAT, 2010):
• perdite alimentari = 179 kg pro capite all’anno (89 milioni tonnellate)
• 42% = dovuto al consumatore a livello domestico (più di 70 kg pro capite)
Gran parte di questa quantità potrebbe essere evitata, come mostra il grafico a fianco se solo risvegliassimo la nostra sensibilità per il problema e prendessimo coscienza dei nostri comportamenti.
(Fonte: WRAP, 2006)
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In Italia si stima si sprechino annualmente 149 kg di cibo a persona. È interessante
notare come la crisi economica abbia ridotto lo spreco di cibo del 57%. Per risparmiare,
gli italiani hanno iniziato a programmare meglio le proprie spese ed i propri consumi, riducendo le quantità acquistate, riutilizzando gli avanzi e prestando maggior attenzione
alle scadenze. Di questo parleremo in seguito.
Lo spreco alimentare è un fenomeno che pone interrogativi sugli squilibri di consumo
nel mondo e sulla disparità sociale tra chi spreca e chi non ha da mangiare.
Le perdite e gli sprechi di cibo avvengono a diversi livelli del percorso dalla
produzione al consumo finale.
Analizzando i dati forniti dal sito www.SlowFood.it emerge il seguente quadro
NEI CAMPI
Si inizia subito, appena il cibo è pronto nei campi. Che facciamo noi? Non lo raccogliamo, ovviamente. Perché? Per tante ragioni.
Perché non era stato seminato per essere raccolto, ma solo per ottenere contributi previsti dai governi nazionali o sovranazionali. E i contributi vengono erogati in base alla superfice utilizzata, non al raccolto, che non ha mercato. Perché crollano i prezzi sul mercato, per via di speculazioni della finanza, o perché è un’annata particolarmente generosa di
quel prodotto; in quel caso l’agricoltore, che aveva dedicato vaste superfici a un determinato prodotto, decide che non gli conviene pagare la manodopera per raccogliere.
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Perché ci sono problemi estetici, di forma e colore non sempre conformi agli standard del consumo di massa. Mele un po’ intaccate, pomodori deformi e altri aspetti determinano il destino di interi campi coltivati. Per via della concorrenza: quando prodotti
di bassa qualità invadono il mercato danneggiano gli altri che si devono adeguare a un
prezzo troppo basso, che non remunera delle spese, e si torna da capo: frutta e verdura
restano nei campi. Perché la raccolta automatizzata di alcune colture lascia una certa
percentuale di prodotto nei campi.
Solo in Italia, nel 2010 15 milioni di quintali di prodotti agricoli, pari al 3,2% della produzione, sono rimasti in campo.
Nell’industria alimentare
Sprecano le industrie di trasformazione e sprecano le industrie di confezionamento.
Sono circa 1,7 milioni di tonnellate, gli sprechi alimentari che, nella sola Italia, sono imputabili ai processi industriali, pari al 2,6 % della produzione totale finale.
Chi trasforma spreca
• Spesso la trasformazione, lontana dal luogo di produzione, avviene dopo un trasporto che pregiudica la qualità di parte del prodotto, che è quindi scartata prima di iniziare il processo.
• Parte del prodotto fresco spesso rimane in attesa di essere lavorata, deperendo,
quindi poi viene scartata.
• Quasi sempre serve solo una parte del prodotto target (solo i filetti di carne o di pesce, solo le cosce e il petto dei polli...) e il resto diventa immediatamente un rifiuto.
• Ci sono standard industriali per la selezione dei prodotti, in particolare per la frutta e la verdura, che riguardano prevalentemente l’aspetto del prodotto e non la sua qualità e ettiva.
• “A valle”, cioè a produzione ultimata, un’altra parte di produzione viene eliminata se
non supera i “controlli qualità”.
Chi confeziona spreca
• Se si confezionano prodotti freschi, durante il processo una percentuale si danneggia; piccoli difetti rendono “impresentabili” i prodotti, che quindi sono scartati.
• I prodotti (frutta e verdura) devono avere determinate dimensioni, forme e colori, e
tutto quello che risulta fuori standard (zucchine fuori misura, mele bitorzolute, prugne un po’ graffiate) viene scartato.
• Se si confezionano prodotti trasformati, il danneggiamento della confezione, per
qualunque motivo, spesso implica l’eliminazione di tutto l’insieme, in particolare
quando si tratta di succhi, marmellate, conserve varie.
NELLA DISTRIBUZIONE
Le operazioni di trasporto, stoccaggio e distribuzione creano altro spreco. Qualcosa
va perso per via di incidenti di percorso: un camion che resta al sole senza la refrigerazione necessaria, un blackout che impedisce il condizionamento di un magazzino. Il
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grosso dello spreco di questa “tappa” avviene però quando il cibo arriva a destinazione.
Nei centri di stoccaggio, ovvero nella fase della vendita “all’ingrosso”, per la piccola e
grande distribuzione si perde circa 1,2% della produzione ortofrutticola. 109.617 tonnellate, per la precisione, solo in Italia.
Sommando il 3,2% che è rimasto in campo, con il 2,6% che è finito tra i rifiuti
nella fase della trasformazione e il 1,2% che si perde nella distribuzione
otteniamo il 7% di perdite senza nemmeno essere arrivati nei negozi.
Nei Paesi in via di sviluppo si spreca molta parte dei prodotti freschi perché non sono facilmente disponibili le attrezzature per refrigerarli o conservarli; nei Paesi “sviluppati” si spreca perché il nostro sistema di acquisto è basato sulla quantità sconsiderata
di cibo che deve arrivare fino alla vendita al dettaglio.
Alla fine del percorso che abbiamo tracciato finora, il nostro cibo arriva infatti nei
negozi e nei supermercati. Ne arriva tantissimo, perché, come tutti gli esperti di marketing vi sapranno spiegare, l’occhio vuole la sua parte. Quindi gli sca ali devono essere
pieni, pienissimi e i negozi grandi, grandissimi.
E allora inizia la guerra delle date di scadenza, dell’appassimento di frutta e verdura, dei minimi difetti di prodotti e confezioni. Tutto quello che non è “perfetto” deve
essere tolto dagli sca ali, tutto quello che sta per scadere va considerato scaduto: una
lattina ammaccata finisce nei rifiuti, un pacco di biscotti un po’ strappato la segue, una
melanzana un po’ rovinata la precede.
Nei Paesi in via di sviluppo il 40% circa dello spreco avviene nella fase di post
raccolta e trasformazione, nei Paesi industrializzati la stessa percentuale di
spreco avviene nella tappa della distribuzione.
NELLA FASE DEL CONSUMO
Ed eccoci all’ultima fase, il consumo, non tutto quello che abbiamo comprato finirà
in tavola, nei nostri piatti. Così come la produzione produce troppo e poi spreca, la
trasformazione acquista troppo e poi spreca, la distribuzione o re troppo e poi spreca,
anche noi compriamo troppo e poi sprechiamo: frutta, verdura, latte, formaggi, uova,
carne.
In Italia lo spreco di cibo a livello domestico, secondo uno studio del 2011 della
Commissione Europea, riferito a dati del 2006, è costato a ogni famiglia poco meno di
1.600 euro all’anno, ovvero il 27% dei 5.724 euro in media spesi ogni anno per l’acquisto di beni alimentari.
Lo spreco alimentare è stato pari a quasi 40 miliardi di euro In Italia (Segrè 2011).
Tra lo spreco domestico va conteggiato lo spreco che avviene nelle mense e quello che si
verifica nei ristoranti: questi più sono grandi e più sprecano.
PERCHÉ È NECESSARIO RIDURRE LO SPRECO ALIMENTARE
Secondo Mathis Wackernagel ambientalista svizzero, fondatore e attuale presidente
del Global Footprint Network, nel 1961 l’umanità usava il 70% della capacità globale
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della biosfera, ma nel 1999 era già arrivata al 120%, mentre oggi è andata oltre anche a
seguito delle sviluppo economico di alcuni Stati quali Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica (i cosiddetti BRICS).
Se continuiamo di questo passo non basterà la terra che abbiamo a disposizione
per sfamare tutti. Ciò non perché le risorse siamo insufficienti, ma perché c’è chi
consuma troppo e soprattutto spreca troppo.
ATTENZIONE all’impronta
La nostra attenzione non deve essere rivolta solo allo spreco alimentare, cioè alla
quantità di cibo che direttamente o indirettamente buttiamo. Il problema o meglio i
problemi di cui dobbiamo farci carico sono anche quelli che hanno diretta attinenza
con la produzione, la commercializzazione e il consumo del cibo, oltre che con la raccolta e lo smaltimento di ciò che buttiamo.
“Così come ogni uomo camminando sulla sabbia lascia un’impronta, ugualmente ogni attività modifica l’ambiente lasciando su di esso una traccia, un’impronta”
(da Rete clima- no profit)
Ci sono degli indicatori che si utilizzano per calcolare l’impatto cioè l’impronta ambientale dell’alimentazione: l’Impronta Ecologica (Ecological footprint), l’Impronta
del Carbonio (Carbon footprint), l’Impronta Idrica (Water footprint).
L’impronta ecologica (Ecological footprint) è l’indicatore utilizzato per valutare il
consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle.
Nella figura sottostante (figura 1.) il colore più scuro corrisponde alla quota più
alta di consumo procapite.
Figura 1.
Fonte: Global Footprint Network
x = ecological footprint
(global hectares per capita)
10 ≤ x ≤ 11
9 ≤ x ≤ 10
8≤x≤9
7≤x≤8
6≤x≤7
5≤x≤6
4≤x≤5
3≤x≤4
2≤x≤3
1≤x≤2
0≤x≤1
No data
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La media pro capite mondiale è di 1,78 ettari.
Gli Stati Uniti hanno un’impronta ecologica di 9,6 cioè 7,82 in più della media
mondiale.
Il Canada ha un’impronta ecologica di 7,6 cioè 5,82 in più della media mondiale.
La Francia ha un’impronta ecologica di 5,6 cioè 3,82 in più della media mondiale.
L’Italia ha un’impronta ecologica di 4,2 cioè 2,42 in più della media mondiale.
L’Etiopia ha un’impronta ecologica di 0,8, al di sotto della media mondiale di 0,98,
lo stesso vale per l’India.
La metodologia di calcolo delle impronte in questi ultimi anni si è andata affinando
e sempre più dati sono utilizzati per calcolare l’impronta lasciata sull’ambiente.
Vediamo come incide la nostra alimentazione e la tipologia di cibo che consumiamo
sull’Impronta Ecologica (Grafico 1).
Il grafico sotto riportato quantifica i metri quadri globali necessari per chilogrammo
o litro di alimento prodotto. Il valore utilizzato è quello medio delle diverse fonti utilizzate, quando l’alimento è cucinato viene aggiunto anche l’impatto della cottura (in questo caso il colore verde scuro), la parte tratteggiate indica la distanza tra il valore minimo e il valore massimo. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto – maggiore
impronta ecologica - verso il basso – minore impronta ecologica.
Analizzando nel dettaglio osserviamo che l’incidenza della produzione di un kg di
carne bovina è di poco più di 90 metri quadri di territorio; l’incidenza per un Kg di legumi è 10 metri quadri di territorio; l’incidenza della produzione di 1 kg di ortaggi di
stagione è di 1,5 metri quadri.
Grafico 1.
Fonte: SCFN Foundation 2016
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L’Impronta del carbonio (Grafico 2) è l’indicatore usato per stimare le emissioni di
gas effetto serra generate dai processi dell’intero ciclo di produzione di un alimento
Il grafico sotto riportato quantifica i grammi di CO2 equivalente per chilogrammo o
litro di alimento. Il valore utilizzato è quello medio delle diverse fonti utilizzate, quando
l’alimento è cucinato viene aggiunto anche l’impatto della cottura (in questo caso il colore marrone), la parte tratteggiate indica la distanza tra il valore minimo e il valore
massimo. La media determina l’ordine degli alimenti dall’alto – maggiore impronta ecologica - verso il basso – minore impronta ecologica. La media determina l’ordine degli
alimenti dall’alto – maggiore impronta di carbonio - verso il basso – minore impronta.
Grafico 2.
Fonte: BCFN Foundation 2016
Anche in questo caso osserviamo che il maggior impatto è dato dalla produzione di
carne bovina, il minor impatto è dato dalla produzione di frutta e di ortaggi di stagione.
Quanti sanno che la seconda causa di cambiamento climatico al mondo è l’emissione di anidride carbonica (CO2) derivante dall’allevamento di animali, ovvero dalla
grande quantità di carne che consumiamo?
Per abbattere le emissioni bisogna quindi passare alla dieta mediterranea, mangiando soprattutto cereali, verdure e frutta, mantenendo comunque un regime alimentare
bilanciato che consiglia un consumo di carne (rossa e bianca) pari a tre/quattro volte la
settimana. Certamente qualsiasi alimento che consumiamo, comprese frutta e verdura,
implica dei costi ambientali, ma i costi per la produzione di vegetali sono molto inferiori
a quelli della produzione di carne e altri alimenti animali.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
A una bistecca di carne di bovino di 250 g è associata l’emissione di quasi 3,4 kg di
CO2, l’equivalente di un’automobile di cilindrata medio-grande che percorre 16 km. La
produzione dello stesso quantitativo di patate provoca l’emissione di circa 0,06 kg di
CO2, ben 57 volte inferiore a quella della bistecca.
Sostituire anche un solo pasto a settimana a base di carne con un piatto tipico della
dieta mediterranea fa risparmiare 180 kg di CO2 l’anno. Anche nello scegliere frutta e
verdura è importante sia la stagionalità sia la località. Infatti la produzione di 1 kg di
pomodori fuori stagione in serra rilascia 3,5 kg di CO2eq, rispetto a meno di 0,05 kg
della stessa quantità di pomodori prodotta in un campo, una differenza di ben 70 volte.
L’aumentata mobilità delle merci presenta un drastico incremento delle emissioni di
CO2, oltre che di altri inquinanti. Il trasporto aereo di prodotti alimentari (fragole, mele, pomodori, asparagi, zucchine eccetera) da un capo all’altro del pianeta può generare
circa 1.700 volte più emissioni di CO2 che un trasporto in camion per 50 km.
L’impronta idrica (Grafico 3) è la quantità di acqua che serve per produrre un determinato cibo sia nella fase di coltivazione che in quella della produzione industriale.
Il grafico sotto riportato quantifica i litri di acqua necessari per chilogrammo o litro
di alimento. Il valore utilizzato è quello medio delle diverse fonti utilizzate, la parte tratteggiata indica la distanza tra il valore minimo e il valore massimo. La media determina
l’ordine degli alimenti dall’alto – maggiore impronta ecologica - verso il basso – minore
impronta ecologica.
Grafico 3.
Fonte: BCFN Foundation 2016
È opportuno ricordare che per produrre un chilo di carne si consumano 5,8 metri cubi di acqua e vengono emessi circa 445 kg di anidride carbonica. (Barilla
CFN, 2012 – Il libro nero dello spreco).
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Nel consumo dell’acqua possiamo distinguere due componenti: l’impronta idrica
della produzione e quella del consumo.
Dal rapporto WWF “L’impronta idrica dell’Italia”,
curato da Marta Antonelli e Francesca Greco
L’acqua utilizzata nella produzione
L’impronta idrica della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di m3 di acqua l’anno. L’agricoltura è il settore economico più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). Il restante 15% dell’impronta idrica della produzione è suddiviso tra produzione industriale (8%) e uso domestico (7%).
Figura 2. Contenuto di acqua virtuale, cioè la quantità di acqua incorporata negli alimenti
o in altri prodotti necessari per la loro produzione.
Fonte: Autori (dati di Mekonnen e Hoekstra, 2010a, 2010b)
Elaborazione grafica: ufficio editoria WWF Immagini di Martina Albertazzi e WWF Canon
L’acqua che consumiamo
L’impronta idrica dei consumi in Italia è di circa 132 miliardi di m3 di acqua l’anno
(oltre 6mila litri pro capite al giorno) e comprende anche l’acqua nei beni importati. Da
solo, il consumo di cibo (che include sia prodotti agricoli sia di origine animale) contribuisce all’89% dell’impronta idrica totale giornaliera degli italiani. Il consumo di acqua
per usi domestici (per pulire, cucinare, bere, etc.) è solo il 4 % dell’acqua che consumia-
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
mo ogni giorno, mentre l’acqua “incorporata” nei prodotti industriali rappresenta il 7%.
I prodotti di origine animale (compresi latte, uova, carne e grassi animali) rappresentano quasi il 50% dell’impronta idrica totale dei consumi in Italia. Il consumo di carne, da
solo, contribuisce a un terzo dell’impronta idrica totale.
Ricordiamo che gettando un etto di pane buttiamo anche 160 litri di acqua
Box WWF
Nelle società pre-industriali il rapporto tra l’energia utilizzata
per la produzione di un alimento e il suo contenuto in calorie era
pari a 1 (ossia tanta energia era spesa per produrlo tanta l’alimento ne restituiva all’organismo), oggi è mediamente pari a 100, ossia è utilizzata 100 volte più energia per produrre un alimento di
quanta questo ne fornisca nel momento in cui viene consumato.
COSA FARE
Sfatiamo alcuni luoghi comuni
Affermazioni/Luoghi Comuni
Realtà
Gli affamati vivono in Africa
La maggior parte degli affamati vive in Asia.
(fonte: FAO SOFI 2013)
Siamo in troppi al mondo
La Terra ha risorse per garantire uno stile di vita dignitoso a tutti. Il problema è causato dallo stile di
vita occidentale, troppo oneroso per il pianeta. (per
verifica http://www.footprintnetwork.org)
Non c’è cibo per tutti
La FAO ha calcolato che il mondo è in grado di
produrre alimenti che forniscono 2.700 calorie per
ogni persona.
Io non ci posso fare nulla
Ognuno può fare delle scelte consapevoli.
Fonte: (www.foodrightnow.it) (www.treccani.it) (www.ideegreen.it)
Piccole scelte consapevoli con grandi risultati per ridurre lo spreco alimentare
Come abbiamo visto, mentre nei Paesi in via di sviluppo le perdite nella prima parte
della filiera alimentare, produzione e trasformazione, risultano essere ancora preponderanti, nei Paesi sviluppati i maggiori problemi sono nella fase di consumazione (ristorazione e consumo domestico).
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Ci sono però delle piccole azioni quotidiane che ognuno di noi più mettere in atto
per contribuire a ridurre lo spreco alimentare.
• Fare la lista della spesa e comprare solo quanto necessario.
• Comprare se possibile da produttori locali approfittando di mercati ortofrutticoli,
mercati del pesce e fiere locali. Informarsi sui piccoli allevatori e contadini del posto,
anche se non sono muniti di marchio bio, gli alimenti offerti dai piccoli produttori
sono sempre più salubri (e spesso anche più economici) di quelli proposti dalle grandi distribuzioni.
• Usare meno trasformati e più ingredienti.
• Imparare a cucinare con quello che c’è, usando avanzi e scarti.
• Non servire porzioni eccessive.
• Evitare le scorte di cibo. Spesso le strategie dei “tre per due” o degli acquisti all’ingrosso sembrano convenienti ma sono studiate per portarvi via più soldi, e il cibo
non viene comunque consumato.
• Per la spesa, usate le buste in stoffa, se possibile meglio evitare gli involucri “usa e
getta”.
• Preferire cibi con confezionamenti poco macchinosi, meglio evitare imballaggi eccessivi e preferire un packaging fatto con materiali biodegradabili o riciclabili per ridurre i rifiuti.
• Comprare verdura fresca e di stagione, non quella imbustata: costa di meno e se di
produzione locale aiutiamo anche l’economia della nostra città.
• Scegliere solo prodotti tracciabili. Prima di mettere qualcosa nel carrello, chiedetevi:
“da dove arriva questo prodotto?”, meglio prediligere i prodotti locali. I discount sono
spesso snobbati, ma alcune catene propongono prodotti per regione geografica di
appartenenza.
• Se al ristorante non riesci a finire la tua porzione chiedi una Family bag.
• Al supermercato preferire alimenti con un basso contenuto di additivi; fare la spesa
usando il cervello e non gli occhi: se il colore di un alimento è troppo appariscente,
confrontatelo con il prezzo. Se costa poco sicuramente sono stati impiegati coloranti
artificiali.
• Non facciamo la spesa quando abbiamo un po’ fame o i nostri occhi e la nostra pancia decideranno al posto della nostra testa. L’obiettivo è quello di entrare nel negozio
o nel supermercato con le idee chiare, per non lasciarsi condizionare dalle strategie
di marketing che determinano il posizionamento dei prodotti negli sca ali, le o erte
speciali e le promozioni.
• Poco ma spesso, abbasso le spesone! Andiamo un po’ più spesso a fare la spesa, e
compriamo meno. In questo modo i nostri programmi alimentari saranno più verosimili, il cibo più fresco, e potremo controllare meglio quello che sta finendo e quello
che invece è ancora in frigorifero ad attendere il suo turno.
MA QUANTO CIBO SPRECHIAMO REALMENTE: Ricerche a confronto
Ricerche approfondite e fondate sul rigore scientifico non sono tante. Buona parte
dei dati che abbiamo citato fanno riferimento fondamentalmente a stime anche se attendibili, altre volte a valutazioni di tipo soggettivo, ma è indubbio che lo spreco di cibo
c’è ed è un problema.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Il libro “Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità” di
Marco Melacini, Paola Garrone e Alessandro Perego ha presentato un’interessante ricerca
basata sulla somministrazione di questionari alle famiglie italiane, secondo cui ciascuno
di noi pare gettare via 43 kg di cibo commestibile all’anno (2,6 milioni di tonnellate
totali). Quantità ben lontana da altre stime come vedremo in seguito, ma anche in quest’ultimo caso si tratta di stime basate perlopiù sulla percezione degli intervistati, che
lasciano aperto più di un interrogativo.
Quant’è lo spreco reale di cibo
in Italia e in Europa?
Claudio Beretta, collaboratore
scientifico presso il Politecnico federale di Zurigo (ETH), che ha
esaminato nell’ambito di un progetto gli sprechi in 43 aziende dell’industria alimentare e ha analizzato il materiale statistico internazionale dice che gli Svizzeri buttano ciascuno circa 100 Kg di cibo
l’anno.
Beretta riferisce inoltre che più
del 20% degli sprechi sono da imputare all’agricoltura (perdita del
raccolto, merce lasciata nei campi
perché non rispetta le norme), circa il 40% al trasporto, commercio
e produzione e quasi il 40% al
consumatore.
Nel libro “Lo spreco alimentare:
cause, impatto, proposte” della Fondazione BarillaCFN viene rappresentato in modo efficace il dato
dello spreco alimentare.
Vedi figura a lato.
Figura 3. Lo spreco domestico pro capite:
confronto generale.
La Commissione Europea ha disegnato una mappa dello spreco in Europa che non
solo conferma i dati fin qui esposti ma li aggrava, basti citare l’Italia dove lo spreco per
persona è di 149 Kg l’anno.
Va fatto osservare che spesso i dati riportati non collimano perché spesso, come abbiamo detto prima, le indagini si basano su stime e usano spesso indicatori e parametri
non facilmente confrontabili. In ogni caso un fatto è certo: sprechiamo tanto cibo.
Risultati sorprendenti e in controtendenza rispetto a quanto visto sopra ci vengono
forniti da una ricerca condotta da Adiconsum, Cittadinanzattiva, Movimento Consumatori della Lombardia che hanno analizzato gli sprechi delle famiglie lombarde. La ricerca L’Expo del consumatore – Risparmiati lo spreco è stata condotta tra il 25 giugno ed il 15
luglio 2014 su un campione di 2.727 famiglie. I dati ci dicono che le famiglie lombarde
riducono al minimo lo spreco di cibo.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Figura 4. Lo spreco di cibo in Europa.
Fonte: Commissione Ue. Eurostat
Su una valutazione da 1 a 10, le famiglie intervistate si collocano in corrispondenza del valore 3,5, che significa un basso indice di spreco. Più spreconi si percepiscono i maschi under 30, i più attenti sono gli uomini over 65; chi dichiara di avere difficoltà economiche afferma di essere molto attento a non sprecare. Si considerano più spreconi coloro che non hanno mai fatto la lista della spesa.
Anche questa ricerca conferma che lo spreco alimentare avviene soprattutto a tavola.
Il 2% degli intervistati risponde che lo spreco è quotidiano, l’8% risponde spesso, il
39% risponde qualche volta, il 40% risponde raramente. L’11%, invece, afferma che a
tavola non si registrano mai forme di spreco.
Ancora maggiore attenzione dichiarano le famiglie lombarde in tema di gestione della dispensa e del frigorifero. Solo l’1% afferma di gettare via quotidianamente o spesso
prodotti acquistati e mai cucinati o consumati, il 13% qualche volta, il 57% raramente e
il 29% dice di non buttare mai ciò che è stato comprato. Perché si buttano? Certamente
perché hanno superato la data di scadenza, ma, soprattutto, perché aspetto, odore e sapore suggeriscono che l’alimento non è più “buono”.
Quali sono le principali cause di questo spreco?
“Aver cucinato porzioni superiori al bisogno e la presenza di ospiti. Ragioni diverse, ma
con la medesima matrice: si cucina più del necessario! Da non trascurare anche il secondo
gruppo di cause che sono state definite dell’incertezza: gli orari di ritorno a casa differenziati e
il numero variabile di coperti. Ma gli intervistati affermano che l’eccedenza non viene buttata. Prima viene riproposta nei pasti successivi poi, ma con valori decisamente inferiori, è riutilizzata per cucinare altri piatti, oppure congelata. Solo dopo aver provato queste soluzioni ed
in misura minima viene gettata.”
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
La ricerca mette l’accento anche sul modo di fare la spesa.
“Il 5% fa la lista della spesa e compra solo quanto indicato, il 61% fa la lista, ma non trascura offerte ed occasioni, il 15% compra pure altro, mentre il 19% non compila alcun promemoria prima di recarsi a fare acquisti. Si osserva una differenziazione dei canali di acquisto
non banale: se è vero che la grande distribuzione primeggia rispetto ai vari tipi di prodotto, è
anche vero che gli altri canali rivelano delle specificità forse prevedibili, ma non scontate (ad
esempio, pane e carne fresca al dettaglio, frutta e verdura al mercato o presso i GAS). La scadenza pare essere il criterio di scelta più importante nell’acquisto.”
Una recente ricerca del Censis ci presenta anche un’altra faccia del problema
relativo all’Alimentazione degli italiani.
Nella ricerca “GLI ITALIANI A TAVOLA: COSA STA CAMBIANDO - Il valore sociale dell’alimento carne e i rischi delle nuove disuguaglianze”, Censis, Ottobre 2016 vengono rappresentate le mutate abitudini degli italiani a tavola a seguito della crisi.
La ricerca evidenzia che il consumo di carne si è ridotto a 1 o 2 volte la settimana, ma
si è ridotto il consumo di alimentari più in generale in modo disomogeneo. Tale riduzione ha colpito maggiormente i disoccupati e gli operai e in misura minore gli imprenditori.
Questo a significare che la crisi ha avuto un ruolo importante nella riduzione del consumo. Vogliamo sperare che abbia contribuito alla riduzione del consumo di carne anche
una mutata sensibilità. Infatti la riduzione del consumo di carne è suggerita anche da
molti studi sulla dieta equilibrata, va notato comunque che la PIRAMIDE ALIMENTARE, di cui parleremo in seguito, consiglia 3 o 4 porzioni di carne la settimana.
Grafico 4. Riduzione di consumi alimentari nel periodo 2007 - 2015 (val. %).
Fonte: indagine Censis 2016
Imprenditori
Operai
Spesa per consumi
alimentari
Disoccupati
Spesa per
la carne
Consumo quantità
di carne
(kg pro-capite annui)
0
-5
-10
-7,8
-15
-20
-25
-30
-17,7
-13,0
-15,5
-19,4
-18,8
-20,0
-28,9
-26,7
-35
Il grafico 4 confronta la riduzione dei consumi alimentari delle famiglie nel periodo
di crisi di tre diverse categorie di persone la variazione espressa in % è riferita all’arco
temporale 2007-2015.
Nel rapporto Censis si legge che “Nell’ultimo anno (2016) 16,6 milioni di italiani hanno
ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 3,6 milioni la frutta, 3,5 milioni la
verdura. Il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti
con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto di nutrienti, genera una minaccia per
l’equilibrio nutrizionale delle diete quotidiane delle famiglie italiane e nuovi rischi per la salute.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Sono le famiglie meno abbienti a ridurre di più gli alimenti di base della buona dieta italiana. Nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso
reddito contro il 32% di quelle benestanti. Per il pesce, il 35,8% delle meno abbienti e il
12,6% delle più ricche. Per la verdura, riducono il consumo il 15,9% delle famiglie a basso
reddito e il 4,4% delle benestanti. Per la frutta, il 16,3% delle meno abbienti e solo il 2,6%
delle più ricche. Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista
nutrizionale disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo
chi può permetterselo.
È il Food social gap (Disuguaglianza sociale nell’alimentazione), la nuova disuguaglianza a tavola, che diversifica la possibilità di accedere ai prodotti buoni, genuini e salutari della
dieta italiana. Le quote di famiglie meno abbienti che hanno ridotto i consumi di carne, pesce, frutta e verdura sono sistematicamente superiori alle quote di famiglie benestanti che hanno ridotto il consumo di tali cibi.
La figura 5 rappresenta l’incidenza della condizione socio-economica sulla spesa degli italiani.
Figura 5. Incidenza della condizione socio-economica sulla spesa degli italiani.
Fonte: indagine Censis 2016
Il rapporto Censis prosegue evidenziando come “La dieta degli italiani è una chiave
molto efficace per raccontare come è cambiata la società italiana e come sta cambiando oggi:
• nell’onda lunga di conquista e qualificazione del benessere, che va dal miracolo economico degli anni ’60 fino agli anni ’90 compresi, vince la logica incrementale, che vede finalmente un graduale accesso alla sicurezza alimentare, nella doppia accezione della certezza
di accesso a quantità adeguate di cibo (food security) e dell’accesso a cibo sicuro dal punto
di vista igienico-sanitario (food safety). È il tempo della conquista di una dieta quotidiana
adeguata, salutare, con al centro pasta e carne;
• nel nuovo millennio rallenta la spinta di redditi e consumi, trovano consenso sociale nuovi
valori di sostenibilità e stili di vita improntati a un’attenta considerazione degli impatti sociali, culturali e ambientali dei consumi. La verifica di qualità, genuinità, salubrità e sicurezza degli alimenti diventa una esigenza diffusa e la produzione alimentare italiana garantisce risposte concrete e verificabili alla nuova domanda alimentare;
• la crisi cambia lo scenario e impone la sobrietà nei consumi, mentre entrano in gioco pesantemente le nuove disuguaglianze sociali che, oltre a generare un necessario taglio a ec-
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
cessi e sprechi, differenziano le diete degli italiani in relazione alla condizione socio-economica. Così le diete, prima ancora che da valori e stili di vita, tornano ad essere condizionate soprattutto dalle nuove reali e diversificate disponibilità di reddito e di spesa delle famiglie.
La figura 6 rappresenta un quadro del cambiamento dei consumi degli Italiani
negli anni rispetto ad alcuni beni di consumo e ai consumi alimentari.
Negli anni 1970-79 la spesa per cibi e bevande era aumentata del 16,7%, a partire da
quegli anni c’è un decremento della spesa anche se il dato è sempre positivo. Nel periodo 2007-2015 c’è un ulteriore decremento che trasforma il dato in negativo.
Figura 6. Cambiamento dei consumi degli italiani negli anni.
Fonte: indagine Censis 2016
COSA MANGIARE PER UNA DIETA EQUILIBRATA
I bambini sono continuamente esposti a innumerevoli strategie di marketing, più o
meno nascoste, che promuovono alimenti poco salutari: il cosiddetto junk food, il cibo
spazzatura. Il “Giornale Salute” sottolinea che a lanciare l’allarme è l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. È certamente molto difficile, per soggetti vulnerabili come i bambini, non restare impressionati ed essere condizionati da immagini sempre più
colorate, pulite, perfette che ritraggono snack, hamburger, patatine fritte, bibite gasate:
tutti alimenti il cui abuso può condurre verso malattie come l’obesità, il diabete, patologie cardiovascolari ecc.
L’OMS Europa punta il dito contro l’assenza di una regolamentazione efficace
dei media digitali in molti Paesi; chiedendo che le leggi a tutela dei minori, già in vigore per il marketing off-line, vengano estese anche a quello on-line. È inoltre necessario verificare che certi tipi di pubblicità non risultino ingannevoli o adescatrici per i
bambini e che tutti gli alimenti dannosi per la salute vengano sottoposti a sanzioni di carattere economico.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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C’è di più: secondo uno studio condotto da Paul Johnson e Paul Kenny, dello
Scripps Research Institute, il consumo di cibo spazzatura altererebbe l’attività cerebrale
in modo del tutto simile a quello provocato da stupefacenti come la cocaina e l’eroina;
Quanto influisce il marketing sulla dieta dei bambini? Secondo Zsuzsanna Jakab, direttrice dell’Ufficio Europeo dell’OMS, «siamo giunti a un punto in cui servono azioni urgenti per proteggere i bambini dal marketing digitale che promuove cibi ricchi di grassi, sale e
zucchero: un bombardamento che rischia di minacciare la salute dei più piccoli, spesso all’insaputa dei genitori».
Ormai i bambini obesi superano, a livello globale, in numero quelli denutriti:
155 milioni contro 148 milioni.
Obesità e malnutrizione: il paradosso alimentare per i nostri figli
Il fenomeno dell’obesità infantile cresce nei paesi industrializzati ed emergenti incidendo fortemente sull’insorgenza di patologie nell’adolescenza e in età adulta. Mentre
nei Paesi in via di sviluppo continuano a esistere denutrizione e malnutrizione infantile.
Denutrizione
Nutrizione insufficiente, protratta per lungo tempo, causata dalla mancanza del corretto apporto proteico ed energetico, o anche delle vitamine. Il termine si riferisce anche al deperimento che ne consegue.
Malnutrizione
Stato di squilibrio tra rifornimento di nutrienti ed energia, che può risultare troppo scarso, incongruente o eccessivo, e il fabbisogno del
corpo per assicurare il mantenimento, la funzione, la crescita e la riproduzione. Si comprendono quindi sotto questo termine sia i problemi di deficienza alimentare caratteristici dei paesi in via di sviluppo e
sia quelli di eccesso, più frequenti negli ambienti altamente urbanizzati e industrializzati.
Risulta, quindi, fondamentale porre l’attenzione – a partire dalla prima infanzia –
sull’adozione di comportamenti alimentari adeguati e di corretti stili di vita.
È urgente chiedersi cosa e quanto mangiare per rispettare una equilibrata dieta alimentare. Nel sito dell’ATS di Bergamo si trovano utili indicazioni per una dieta equilibrata.
Sotto riportiamo la piramide alimentare che rappresenta la scala dei valori dei cibi da
mangiare.
Come è evidente la piramide alimentare mette alla base oltre all’acqua molta frutta e
verdura e al vertice condimenti e dolci da consumare in quantità moderate.
La doppia piramide
Alla piramide alimentare dal 2010 il BCFN affianca la piramide ambientale dando
forma alla così detta doppia piramide. (Figura 8).
Questa ci ricorda che le nostre scelte alimentari hanno un’importanza fondamentale
per la nostra salute, e per quella dell’ambiente. Il modello dimostra infatti che gli alimenti a minore impatto ambientale sono gli stessi per i quali i dietisti e nutrizionisti
consigliano un consumo maggiore, mentre quelli con un’impronta ambientale più alta
sono quelli che andrebbero consumati con moderazione.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Figura 7. La piramide alimentare.
Fonte: http://www.ats-bg.it/servizi/gestionedocumentale/ricerca_fase03.aspx?ID=25212
CONDIMENTI
DOLCI
1/3 porzioni al giorno
privilegiando olio extra vergine d’oliva
in modica quantità
PESCE 3/4 porzioni la settimana
LEGUMI 2/3 porzioni la settimana
UOVA 2 porzioni la settimana
CARNE 3/4 porzioni la settimana
LATTE e YOGURT
2 porzioni al giorno
FORMAGGIO
2 porzioni la settimana
CARBOIDRATI
CEREALI
2/4 porzioni al giorno
frumento, orzo, farro,
riso, avena, miglio
VERDURA
FRUTTA
3 porzioni al giorno
2 porzioni al giorno
ACQUA
almeno 8 bicchieri al giorno
Figura 8. La doppia piramide.
Fonte: SCFN Foundation 2016
PIRAMIDE AMBIENTALE
BASSO
ALTO
Carne bovina
Dolci
Carne bovina
Pesce
Formaggio
Formaggio
Uova
Carne avicola
Pesce
Biscotti
Carne suina
Olio
Carne avicola
Frutta secca
Legumi
Uova
Latte
Yogurt
Dolci
Yogurt
Pasta
Biscotti
Riso
Latte
Pane
Olio
Frutta secca
Pane, Pasta,
Patate, Riso,
Legumi
Patate
Frutta
Ortaggi
Frutta
Ortaggi
ALTO
BASSO
PIRAMIDE ALIMENTARE
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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RIDURRE LO SPRECO ALIMENTARE:
IL QUADRO NORMATIVO
Il protocollo di Milano
Il Protocollo di Milano sull’alimentazione e la nutrizione è un accordo internazionale promosso dal Barilla Center for Food and Nutrition. Il protocollo che in Italia ha
tra i suoi firmatari Cesvi, UNAFPA, WWF e Legambiente si pone il problema della sostenibilità del sistema alimentare a livello mondiale ed ha tra i suoi obiettivi la riduzione
dello sprechi alimentari, promuovere stili di vita sani garantendo il diritto di ogni persona di essere libera dalla fame e di avere accesso a cibo sano, sicuro e sufficiente
e combattere l’obesità, incoraggiare l’agricoltura sostenibile.
Per saperne di più: http://www.protocollodimilano.it
Il Protocollo pone l’accento su tre paradossi alimentari che riportiamo
Primo Paradosso
La soluzione
proposta
Produciamo abbastanza cibo da sfamare l’umanità intera, ma ci
sono 795 milioni di persone che soffrono ogni giorno la fame,
mentre 2,1 miliardi sono obese o in sovrappeso. Questa contraddizione deriva da stili di vita disequilibrati e da una serie
profonda e complessa di fallimenti all’interno dei nostri sistemi
produttivi, commerciali, distribuivi ma anche educativi.
Per far fronte a questo incredibile paradosso e incidere sia sulle
cause strutturali che congiunturali è necessario:
• rafforzare la governance globale del sistema alimentare mondiale e assicurare un accesso al cibo attraverso politiche agricole, agroindustriali e commerciali;
• ripensare l’uso delle risorse naturali, soprattutto nella prima
fase della filiera agroalimentare (coltivazione);
• intervenire sulla filiera e la gestione della volatilità dei prezzi
per favorire l’affermarsi di condizioni di equità capaci di incentivare gli investimenti, remunerare i fattori della produzione e incrementare le opportunità di accesso al cibo;
• ridurre gli sprechi lungo l’intera filiera agroalimentare;
• promuovere stili alimentari più sostenibili, ed esigenze alimentari sane ed equilibrate dal punto di vista nutrizionale;
• investire sull’educazione per le popolazioni rurali nei paesi in
via di sviluppo. Un aumento dell’accesso all’educazione primaria del 100% può causare una riduzione del 20-24% dell’insicurezza alimentare.
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Secondo Paradosso
La soluzione
proposta
Terzo Paradosso
La soluzione
proposta
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
La sostenibilità è un concetto legato a un’idea molto antica: il
tempo. È la capacità di mantenere nel futuro i processi ecologici
che avvengono all’interno di un ecosistema. È l’idea di responsabilità verso le nuove generazioni. La sostenibilità deve essere il
principio guida di ogni attività umana; tale principio deve guidarci nella definizione delle priorità per l’uomo e per il Pianeta
al tempo stesso: è prioritario sfamare la popolazione mondiale o
usare il 40% delle risorse mondiali di cereali per sostenere allevamenti e carburanti? Questa una delle sfide a cui siamo chiamati a rispondere attraverso scelte responsabili.
• Migliorare l’efficienza dell’utilizzo delle risorse naturali.
• Conservare, proteggere e migliorare le risorse naturali.
• Proporre un tipo di agricoltura che protegga e migliori l’equità e la qualità del benessere sociale nelle zone rurali.
• Porre l’attenzione sulla resilienza, delle persone, delle comunità e degli ecosistemi.
• Implementare un’azione politica che sia responsabile ed efficiente ai fini della sostenibilità del sistema agro-alimentare.
Lo spreco alimentare è un problema economico, morale, ma anche una seria questione ambientale: decomponendosi in discarica rilascia gas metano, un gas serra 20 volte più potente dell’anidride carbonica. Ogni anno sprechiamo 1/3 della produzione
mondiale di cibo durante tutta la filiera: nei processi di conservazione, trasformazione, distribuzione, consumo; ciò equivale a
quattro volte la quantità necessaria a sfamare i milioni di persone denutrite nel mondo. Una contraddizione di cui dobbiamo
acquisire sempre più consapevolezza per adottare comportamenti più coerenti con l’esigenza di un’accessibilità al cibo per
ognuno.
• Concordare su una definizione condivisa di perdita e spreco
di cibo.
• Dare priorità a politiche volte a ridurre lo spreco di alimenti
che affrontino le cause del fenomeno e definiscano una gerarchia per l’uso degli alimenti, poiché individuare la natura
della perdita e dello spreco di cibo è essenziale per eradicare
la fame a livello globale.
• Riconoscere il contributo positivo della cooperazione e degli
accordi a lungo termine sulla filiera alimentare (tra agricoltori, produttori e distributori) per conseguire una migliore pianificazione e previsione della domanda dei consumatori.
• Fornire il supporto necessario ad avviare iniziative di sensibilizzazione, anche da parte dei professionisti del settore alimentare.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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UNA NUOVA LEGGE INNOVATIVA (Legge 166/2016)
Dalla Legge 155/2013 detta anche del “Buon Samaritano alla Legge 166/2016 detta
legge Gadda dal nome della prima firmataria
La legge da titolo “La donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici ai fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi” è innovativa
perché a differenza di un’analoga legge approvata in Francia agisce sulla promozione di
buone pratiche, sull’informazione e sull’educazione piuttosto che sulla sanzione.
La nuova legge contro lo spreco alimentare realizza uno degli impegni del Protocollo
di Milano “Ridurre lo spreco di cibo del 50% entro il 2020”.
I punti salienti della nuova Legge:
• favorire il recupero e la donazione delle eccedenze di alimenti e di farmaci;
• ridurre la produzione di rifiuti con evidenti effetti positivi sull’ambiente;
• informare e sensibilizzare i consumatori.
È una legge che pone attenzione a tutta la catena alimentare dalla produzione, alla
distribuzione e al consumo del cibo oltre che dei farmaci con attenzione alla dimensione etica oltre che economica. Un aspetto importante della Legge è lo snellimento delle
procedure per favorire la cessione di eccedenze alimentari a persone bisognose. (Recupero e donazione di prodotti alimentari e di farmaci).
Ci sono aspetti che riguardano in primo luogo i produttori, i commercianti e gli esercenti e aspetti che riguardano il consumatore, per questo ultimo il punto centrale è l’informazione e la sensibilizzazione, a partire dalla scuola.
Il 14 settembre è entrata in vigore la legge n.166/2016.
In una intervista apparsa sul giornale “SPI insieme” dello SPI CGIL di Bergamo
Merida Madeo – Segreteria Spi Lombardia ha posto alcune domande all’onorevole Maria
Chiara Gadda, deputata del PD e relatrice alla Camera del disegno di legge, che riportiamo.
On. Gadda, dall’approvazione il 19 Agosto alla Camera di questa legge alla sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale il 14 Settembre fortunatamente non è trascorso molto tempo, cosa abbastanza rara per gli iter legislativi. Cosa ha voluto dire e quali sono
le sue valutazioni anche per quanto riguarda la forte condivisione del Parlamento?
Siamo i primi in Europa ad esserci dotati di una legge organica sul recupero delle eccedenze e sulla loro donazione per solidarietà sociale. Lo spreco avviene purtroppo nelle nostre case, e lungo tutta la filiera agroalimentare, dall’agricoltura fino alla produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti. Si tratta di una legge votata a larghissima maggioranza alla Camera così come al Senato. È stato possibile
raggiungere questo risultato grazie alla collaborazione delle associazioni di volontariato,
e delle imprese che hanno messo a disposizione la loro esperienza maturata in tanti anni
di impegno. Non è una legge calata dall’alto, perché riconosce le numerose buone pratiche esemplari che da tempo si impegnano in modo silenzioso nel nostro Paese, e prova
a “cucirle insieme”, incentivandole e facendole diventare un modello per tutti. Il Parlamento ha dato voce e concretezza a questa esigenza.
Ora l’Italia ha la nuova legge, una buona legge. Cosa cambierà rispetto al passato?
La legge prova a risolvere i problemi che hanno di fatto limitato la donazione in questi
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
anni: burocrazia onerosa e ridondante, complessità normativa le legge incentiva anche fiscalmente la donazione e contiene vari strumenti positivi, come ad esempio la possibilità di donare i beni confiscati, l’opportunità per i volontari di raccogliere in campo prodotti agricoli
che per diverse ragioni rimangono a terra, abbiamo chiarito che il pane si può donare, e ribadito la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione da consumarsi preferibilmente entro. La data di scadenza, che caratterizza per esempio i prodotti freschi, è un termine tassativo ma tanti prodotti non hanno la data di scadenza, ma una indicazione entro la quale il produttore dice che quel prodotto conserva tutte le caratteristiche per
cui è stato venduto, ma possono essere consumati e quindi anche donati oltre quel termine.
L’eredità politica e culturale dell’Expo, con la Carta di Milano pone ai governi, alle
organizzazioni sociali, alla politica dei doveri e degli obiettivi precisi. Come questa
legge si inserisce in questo progetto per l’Italia?
Per anni il tema è rimasto ai margini del dibattito politico, sono contenta che tutti
abbiano compreso quanto sia strategico. Evitare che l’eccedenza venga buttata via, è un
bene per tutti, perché si limita la produzione di rifiuti, l’emissione di anidride carbonica, e l’impiego di risorse naturali. Ma l’aspetto più importante è che prodotti buoni, non
scarti ma perfettamente consumabili, possono essere destinati ai cittadini più poveri. Il
dono è un modo moderno di concepire il welfare, in cui volontariato e imprese si assumono una responsabilità sociale nei confronti della collettività, o lo fanno al meglio
quando lavorano in sinergia con gli enti pubblici, con le organizzazioni sociali, e con i
cittadini.
Quali potrebbero essere i passi successivi?
La legge da sola non basta, ci attende il lavoro più importante: farne conoscere la
potenzialità a tutti i soggetti coinvolti, perché per funzionare dovrà essere applicata nella maniera corretta. Dobbiamo fare un passo in avanti rispetto ai prodotti che in questi
anni è stato più complesso donare e gestire, come il pane, i prodotti freschissimi, il cibo
cotto. E poi tanta prevenzione ed educazione al consumo e all’acquisto consapevole, perché anche noi cittadini siamo responsabili di una buona fetta di spreco che
avviene proprio nelle nostre case.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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UNA GUIDA PRATICA
IMPARIAMO A LEGGERE LE ETICHETTE DEGLI ALIMENTI
Prima di passare in rassegna i modelli positivi presenti sul territorio che si occupano di consumo responsabile e lotta allo spreco alimentare proponiamo un piccola
guida che aiuti il consumatore nella lettura delle etichette. Infatti, un’attenta lettura
delle etichette non solo aiuta a ridurre lo spreco, ma influisce positivamente sugli stili
di vita.
Per legge, l’etichetta alimentare è definita come “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni e dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono
ad un prodotto alimentare e che figura direttamente sull’imballaggio o sulla confezione o su
una etichetta appostavi o sui documenti di trasporto“.
Il requisito principale dell’etichetta alimentare è quello di INFORMARE il consumatore sulle reali caratteristiche del prodotto, al fine di orientarne al meglio la scelta
commerciale. Ciò prevede, quantomeno, una totale chiarezza e il divieto verso qualunque tipo di illusione qualitativa e nutrizionale.
I requisiti da garantire tramite l’etichetta alimentare sono Chiarezza, Leggibilità (tipografia, grafica e dimensioni), Indelebilità.
Secondo questi criteri, il produttore è tenuto a citare con attenzione le seguenti specifiche: Marca, Denominazione, Peso sgocciolato (privo delle porzioni non eduli come, ad esempio, il liquido di governo), Quantità netta (priva di tara)
Il campo di applicazione delle etichette è rappresentato dai prodotti alimentari stessi, che possono essere venduti nelle seguenti forme:
• Sfusi: senza alcuna confezione (frutta, ortaggi, gastronomia ecc.); le indicazioni vanno affisse sul recipiente di vendita: denominazione, elenco ingredienti, eventuali allergeni e, se previste, data di scadenza e modalità di conservazione
• Preincartati: confezionati sul luogo di vendita al momento o poco prima dell’acquisto (pane, carne fresca, formaggi, salumi ecc.). Devono presentare obbligatoriamente
qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico che provochi allergie o intolleranze
ancora presente nel prodotto.
• Preconfezionati: venduti in confezioni già applicate dal produttore e in cui l’alimento rimane fino al momento del consumo senza subire alterazioni. Sono quelli più diffusi e anche i più soggetti a restrizioni normative.
STRUTTURA DELL’ETICHETTA ALIMENTARE DEI PRODOTTI PRECONFEZIONATI
Nel complesso, l’etichetta alimentare completa di un prodotto preconfezionato deve
citare obbligatoriamente (art. 3 D.lgs 109/92):
• Denominazione di vendita.
• Elenco degli ingredienti.
• Termine minimo di conservazione o data di scadenza.
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• Nome, ragione sociale o marchio depositato, e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore residente nella UE.
• Sede dello stabilimento.
• Quantità netta o quantità nominale di produzione o confezionamento.
• Titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande aventi un contenuto alcolico
maggiore di 1,2%.
• Lotto di appartenenza.
• Modalità di conservazione ed eventualmente utilizzo.
Il Regolamento (UE) n. 1169/2011, del Parlamento europeo e del Consiglio del 25
ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, pubblicato in data 22 novembre 2011 ed entrato in vigore il 13 dicembre 2011, ha trovato
applicazione a decorrere dal 13 dicembre 2014 per le disposizioni in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti mentre troverà applicazione dal 13 dicembre 2016, per quanto riguarda le disposizioni sull’etichettatura nutrizionale.
In breve alcune novità del regolamento:
• leggibilità delle informazioni obbligatorie: al fine di migliorare la leggibilità delle informazioni fornite nelle etichette, viene stabilita una dimensione minima dei caratteri per le informazioni obbligatorie, fissata in 1,2 mm (eccetto confezioni < 80 cm2 –
minimo 0,9 mm);
• soggetto responsabile: viene individuato l’operatore responsabile della presenza e
della correttezza delle informazioni sugli alimenti, cioè l’operatore con il cui nome o
ragione sociale il prodotto è commercializzato, o, se tale operatore non è stabilito
nell’Unione, l’importatore nel mercato dell’Unione;
• etichetta nutrizionale: sarà obbligatoria a partire dal 13 dicembre 2016, ma può essere anticipata volontariamente. La dichiarazione obbligatoria riguarda il contenuto calorico (energia), i grassi, i grassi saturi, i carboidrati con specifico riferimento agli
zuccheri e il sale, espressi come quantità per 100g o per 100 ml o per porzione mentre gli elementi nutritivi di un elenco determinato possono essere dichiarati volontariamente;
• modalità di indicazione degli allergeni: Qualsiasi ingrediente o coadiuvante che provochi allergie deve figurare nell’elenco degli ingredienti con un riferimento chiaro alla denominazione della sostanza definita come allergene. Inoltre l’allergene deve essere evidenziato attraverso un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri, per
dimensioni, stile o colore di sfondo;
• nanomateriali: la lista dei nanomateriali impiegati va inserita fra gli ingredienti;
• prodotti alimentari non preimballati: anche per i prodotti alimentari venduti nel
commercio al dettaglio e nei punti di ristoro collettivo occorre riportare le indicazioni sugli ingredienti allergenici;
• indicazione di origine: obbligatoria, a partire dal prossimo aprile 2015, per le carni
fresche suine, ovine, caprine e di volatili;
• acquisti online: qualora il prodotto alimentare sia venduto a distanza, la maggior parte
delle informazioni obbligatorie sull’etichetta deve essere fornita prima dell’acquisto;
• oli e grassi utilizzati: l’indicazione “oli vegetali” o “grassi vegetali” viene superata in
quanto tra gli ingredienti si dovrà specificare quale tipo di olio o di grasso è stato utilizzato;
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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• altre prescrizioni: per prodotti scongelati, tagli di carne o pesce combinati ed ingredienti sostitutivi.
ATTENZIONE: Il regolamento stabilisce anche che non è obbligatorio l’inserimento
dell’etichetta nutrizionale nei prodotti confezionati in maniera artigianale o forniti
dal fabbricante in piccole quantità, oppure preparati nei locali che forniscono
direttamente il prodotto al dettaglio.
Le Regole Fondamentali per Comprendere l’etichetta
dei prodotti preconfezionati
1) Etichette ricche di indicazioni alimentari sono sinonimo di qualità del prodotto
Tante più indicazioni sono presenti sull’etichetta e tanto migliore sarà il giudizio alimentare su quel determinato prodotto. Generalmente, un prodotto di qualità viene
valorizzato elencando le sue proprietà nutrizionali e pubblicizzando la natura e l’origine dei suoi ingredienti.
Per esempio la dicitura “olio extra vergine di oliva di prima spremitura” anziché “olio
di oliva” valorizza il prodotto, perché specifica una caratteristica ben precisa di un
suo ingrediente. Il produttore è obbligato, per legge, a rispettare la veridicità delle
informazioni riportate in etichetta, per cui il termine “extravergine di prima spremitura” dev’essere per forza di cose veritiero. La descrizione del metodo di produzione, certificazioni di qualità, ricette e numero verde di assistenza clienti contribuiscono ad elevare ulteriormente la qualità del prodotto.
2) Gli ingredienti sono indicati per ordine decrescente di quantità
L’ordine con cui gli ingredienti appaiono in etichetta non è casuale, ma è regolato
per legge. I vari componenti devono comparire in ordine decrescente di quantità. Significa che il primo ingrediente dell’elenco è più abbondante del secondo, che a sua
volta è più abbondante del terzo e così via.
Pertanto, controllando l’ordine degli ingredienti di due prodotti simili possiamo farci
un’idea su quale dei due sia qualitativamente migliore. Se per esempio nell’etichetta
alimentare di due biscotti l’ordine di olio extra vergine di oliva e margarina è invertito è
meglio scegliere quel prodotto in cui l’olio extra vergine di oliva compare per primo.
ATTENZIONE: Poiché gli ingredienti appaiono in ordine di quantità, alcune etichette
alimentari possono trarre in inganno il consumatore. Se per esempio vengono
utilizzati due tipi diversi di grassi (margarina e strutto), questi compaiono in etichetta
come due ingredienti distinti. In realtà appartengono entrambi alla categoria dei
grassi e nel loro insieme possono rappresentare un quantitativo superiore (ad es.
25 + 25 = 50%) a quello impiegato per la produzione di un secondo prodotto in cui
il termine strutto compare prima tra gli ingredienti (40%) ma che non viene associato
ad altri grassi. In questo caso il contenuto lipidico del secondo prodotto è inferiore.
3) Controllare il peso netto/sgocciolato dell’alimento
Accade spesso che il consumatore sia tratto in inganno dalle dimensioni delle confezioni. Prendiamo per esempio due tavolette di cioccolato delle stesse dimensioni. La
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prima costa 1 euro ed è spessa 1 cm (100 grammi), mentre la seconda costa 0,90 €
ed è spessa 0,6 cm (60 grammi). Se il consumatore sceglie il cioccolato in base alla
dimensione della confezione sarà portato ad acquistare il secondo prodotto, ignaro
della differenza di peso dei due alimenti.
4) Non fare troppo affidamento all’immagine riportata in confezione
Come riportato sull’etichetta alimentare, l’immagine illustrativa sulla confezione ha il
solo scopo di richiamare l’attenzione del consumatore e non è necessariamente legata all’aspetto reale del prodotto. Allo stesso tempo è bene verificare l’integrità della
confezione accertandosi che non presenti segni di danno o rigonfiamenti.
ATTENZIONE: non fidatevi della scritta promozionale “senza zucchero” ma
leggete attentamente le etichette. Se tra gli ingredienti compare una delle
seguenti diciture “sciroppo di glucosio” “sciroppo di fruttosio” “maltosio” “amido
di mais” “sciroppo di cereali” l’alimento contiene indirettamente dello zucchero.
Queste sostanze infatti hanno un alto indice glicemico che le rende del tutto simili
al saccarosio. “Senza grassi”, se nell’etichetta troviamo la dicitura “mono e
digliceridi degli acidi grassi” essi sono metabolizzati dall’organismo come grassi.
Preferire gli alimenti contenenti grassi mono-poli-insaturi.
“Grassi vegetali non idrogenati”, questa dicitura è troppo generica e spesso
maschera l’uso di oli di bassa qualità ad elevato impatto ambientale come
l’olio di palma. “Senza calorie” o “Dietetico”, molte volte in questi prodotti troviamo come dolcificante l’aspartame che è stato scientificamente provato essere un composto potenzialmente cancerogeno.
5) Perché non dare una mano all’ambiente?
Nella scelta del prodotto considerare il fatto che la qualità può comportare un lieve sovrapprezzo. Quindi preferire alimenti confezionati con materiale riciclato/riciclabile.
6) Codice a barre
Il codice a barre, composto da un insieme di barre e numeri, permette di risalire alla
provenienza nazionale. Ad esempio: 80 Italia, 30 Francia, 400 Germania, 57 Danimarca, 45/49 Giappone.
7) Azienda produttrice
Nel settore ortofrutticolo dal 15/02/2003 è entrato in vigore un decreto legislativo
(Dlgs 306/02) che dispone l’applicazione di una carta di identità da applicare alla
frutta e alla verdura, in cui sono indicati: natura del prodotto, sua origine, varietà,
categoria. Pretendete queste informazioni.
I TEMPI DI CONSERVAZIONE
Quando si legge l’etichetta di un alimento occorre avere un occhio di riguardo per i
tempi e per le modalità di conservazione. Gli alimenti mantengono intatte le loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali per un certo periodo di tempo, oltre al quale cominciano a modificare le proprie peculiarità, ma non per questo non sono più consumabili.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Il tipo di alimento, i suoi ingredienti e le modalità di lavorazione possono influenzare
la conservabilità dell’alimento.
Nell’etichetta alimentare:
La dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” indica il termine minimo di
conservazione, cioè la data entro la quale il prodotto conserva integre le sue qualità. Oltre tale data può essere liberamente consumato, ma il produttore non garantisce l’assenza di segni di degradazione più o meno evidenti.
La dicitura “Da consumarsi entro” indica la data entro la quale il prodotto dev’essere necessariamente consumato.
La data di scadenza posta sull’etichetta alimentare, a seconda del periodo di conservazione dell’alimento:
• per i prodotti conservabili meno di tre mesi deve precisare il giorno, il mese e l’anno;
• per prodotti conservabili più di tre mesi, ma meno di diciotto, deve precisare solamente il mese e l’anno;
• per i prodotti conservabili oltre i 18 mesi deve precisare solamente l’anno.
Tutti i prodotti che richiedono particolari condizioni di conservazione devono riportare tali caratteristiche sull’etichetta alimentare (es. “conservare in luogo fresco ed
asciutto al riparo dalla luce solare”).
ATTENZIONE: Molto spesso il consumatore è portato a scegliere un alimento
anziché un altro per il suo più lungo periodo di conservazione. In realtà in molti
casi (ma non sempre) un periodo di conservazione inferiore sottolinea la qualità
del prodotto, che probabilmente contiene un quantitativo inferiore di conservanti
o ingredienti più pregiati. Per esempio una pasta alle “uova fresche” avrà una
conservabilità inferiore rispetto ad una pasta realizzata con “uova in polvere e
addensanti”.
INFORMAZIONI FACOLTATIVE: I MARCHI DI QUALITÀ
Figura 9. I marchi di qualità.
Fonte: da “Il vivaldo e la spesa” (Adiconsum, Confconsumatori, Federconsumatori, e Camera di Commercio di Reggio Emilia)
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Gli additivi alimentari
L’European Food Information Council (EFIC) propone un vademecum che spiega
ed approfondisce la conoscenza degli additivi, che riportiamo.
Che cosa sono gli additivi alimentari e perché sono necessari?
Per additivo alimentare si intende “qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai
prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere che diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di
tali alimenti, direttamente o indirettamente” (Direttiva del Consiglio 89/107/CEE).
Gli additivi alimentari rivestono un ruolo importante nella complessa catena della
moderna produzione alimentare. La gamma e la scelta di alimenti non è mai stata così
ampia, in termini di disponibilità nei supermercati, nei negozi di alimentari specializzati
e nella ristorazione. Se, da una parte, una percentuale sempre minore della popolazione
è impegnata nel settore primario, dall’altra, i consumatori richiedono maggiore varietà e
scelta, maggior facilità e praticità di preparazione e standard di sicurezza e igiene più
elevati, il tutto a prezzi accessibili. Queste richieste dei consumatori possono essere
soddisfatte soltanto utilizzando moderne tecnologie di trasformazione alimentare, tra
cui l’uso di una serie di additivi che si sono dimostrati efficaci e sicuri anche dopo un
impiego prolungato e test rigorosi.
Gli additivi alimentari svolgono svariate funzioni che sono spesso date per scontate.
Gli alimenti sono soggetti a molte variabili ambientali, come le oscillazioni di temperatura, l’ossidazione e l’esposizione a microbi, che ne possono modificare la composizione
originaria. Gli additivi alimentari sono essenziali per conservare le qualità e le caratteristiche degli alimenti che i consumatori richiedono e mantenere il cibo sicuro, nutriente
e appetitoso dal campo alla tavola. Queste sostanze sono oggetto di una rigorosa regolamentazione e per poter essere impiegate devono avere una comprovata utilità, essere
sicure e non confondere il consumatore.
Come si valuta la sicurezza degli additivi alimentari in Europa?
Tutti gli additivi alimentari, oltre ad avere un’utilità dimostrata, devono essere sottoposti ad una valutazione di sicurezza completa e rigorosa prima di essere approvati per
l’uso. Il principale organismo europeo di valutazione della sicurezza è il Comitato
Scientifico dell’Alimentazione Umana della Commissione Europea (SCF - Scientific
Committee for Food). Sempre a livello internazionale, esiste il Comitato congiunto di
esperti sugli additivi alimentari (JECFA - Joint Expert Committee on Food Additives)
dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS).
Le valutazioni si basano sull’esame di tutti i dati tossicologici disponibili, comprese le
indagini sugli esseri umani e su modelli animali. Sulla base di tali dati, si stabilisce il livello massimo di additivi che non abbia effetti tossici dimostrabili. Viene definito “livello effetto zero” (in ingles NOAEL “no-observed-adverse-effect level”), che si utilizza per
stabilire il dato relativo alla “dose giornaliera ammissibile” DGA di ogni additivo alimentare. La DGA prevede un ampio margine di sicurezza e si riferisce alla quantità di
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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additivo alimentare che può essere assunta giornalmente nella dieta quotidiana, anche
per tutto l’arco della vita, senza rischi.
Il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana (SCF) incoraggia l’impiego di un livello minimo di additivi negli alimenti. Per assicurarsi che le persone non oltrepassino la
DGA consumando in misura eccessiva un prodotto o troppi prodotti contenenti un particolare additivo, la regolamentazione europea esige che vengano condotte ricerche per esaminare il livello di assunzione di tali additivi da parte della popolazione e che vengano corrette le eventuali alterazioni delle modalità di consumo. Se occasionalmente il consumo
giornaliero dovesse superare la DGA, è difficile che si verifichino effetti dannosi dato l’ampio margine di sicurezza che è stato fissato e che è basato su un fattore 100. Tuttavia, se la
valutazione di consumo indicasse che le “dosi giornaliere ammissibili” dovessero essere regolarmente superate da alcune particolari categorie di popolazione, il Comitato Scientifico
dell’Alimentazione Umana potrebbe ritenere necessario diminuire i livelli di additivi nei
prodotti alimentari o ridurre la gamma degli alimenti in cui tali additivi sono permessi.
La Commissione Codex Alimentarius, organo congiunto FAO/OMS, che sviluppa le
linee guida per la sicurezza alimentare a livello internazionale, sta anche redigendo una
nuova “Normativa Generale per gli Additivi Alimentari” (General Standards on Food
Additives - GSFA) con l’obiettivo di stabilire uno standard internazionale armonico,
pratico ed ineccepibile per il commercio mondiale. In questo documento sono compresi
soltanto gli additivi valutati dal JECFA, il Comitato Congiunto di esperti.
Grazie ad una severa regolamentazione e ad una valutazione di sicurezza rigorosa,
gli additivi alimentari sono ingredienti sicuri e stanno contribuendo alla rapida evoluzione della disponibilità delle derrate alimentari in Europa e nel mondo.
Che cosa prevede la regolamentazione europea in materia di additivi alimentari?
Non potrebbe esistere un vero mercato unico per i prodotti alimentari senza un’armonizzazione delle normative per l’autorizzazione e le condizioni di impiego degli additivi.
Nel 1989, la Comunità Europea ha adottato una Direttiva Quadro (89/107/CEE) che ha
stabilito i criteri di valutazione degli additivi e ha previsto l’adozione di tre direttive tecniche specifiche: la Direttiva 94/35/CE sui dolcificanti; la Direttiva 94/36/CE sui coloranti e
la Direttiva 95/2/CE sugli additivi di altro genere. Le tre norme stabiliscono: l’elenco degli
additivi che possono essere utilizzati (con esclusione di tutti gli altri), gli alimenti in cui
possono essere impiegati e gli eventuali livelli massimi consentiti. Queste Direttive sono
affiancate da norme che definiscono i criteri specifici di purezza previsti per tali additivi.
Il sistema di codificazione (la lettera E)
La lettera E seguita da un numero indica che l’additivo è stato approvato dall’Unione Europea. Per ottenere questa denominazione, occorre che la sicurezza dell’additivo
sia stata valutata sotto tutti gli aspetti dal SCF, il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana. Questo sistema costituisce anche un modo semplice e pratico per indicare
gli additivi autorizzati in tutte le lingue dell’Unione Europea. Per maggiori informazioni
consultare la Lista dei “codici E”.
Gli additivi alimentari possono provocare allergie o reazioni dovute ad intolleranze
alimentari?
Vi sono state molte preoccupazioni da parte del grande pubblico sul fatto che gli additivi potessero avere effetti nocivi anche se accurate indagini dimostrano che tali con-
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
vinzioni si basano più spesso su equivoci che su reazioni negative effettivamente identificabili. Soltanto in rari casi è stato dimostrato che tali sostanze provochino una vera risposta allergica (immunologica). Tra gli additivi alimentari per cui sono state riscontrate
reazioni vi sono:
I coloranti
In alcuni soggetti sensibili sono state osservate reazioni alla tartrazina (E102, un colorante alimentare giallo) e al carminio
(E120 o cocciniglia rossa). I sintomi includono eruzioni cutanee,
congestione nasale e orticaria, anche se l’incidenza è molto bassa (secondo le stime 1-2 persone su 10.000) e, raramente, reazioni allergiche IgE-mediate per il carminio. Sono stati riportati
anche casi di asma provocata dalla tartrazina in soggetti particolarmente sensibili, seppure con un’incidenza estremamente bassa. Per maggiori informazioni consultare la sezione coloranti.
I solfiti
Tra le sostanze che possono causare problemi in soggetti sensibili vi è il gruppo dei cosiddetti solfitanti, che comprende vari additivi a base di solfito inorganico (E220-228), tra cui il solfito di
sodio, il bisolfito di potassio e il metabisolfito, contenente biossido di zolfo (SO2). Questi conservanti vengono usati per controllare la crescita microbica nelle bevande fermentate e trovano
largo impiego da oltre 2000 anni nel vino, nella birra e nei prodotti a base di frutta. Nei soggetti sensibili (asmatici), i solfiti
possono scatenare asma, con difficoltà respiratorie, fiato corto,
respiro affannoso e tosse.
Il glutammato
Il glutammato monosodico, o MSG, è composto da sodio e acimonosodico (MSG) do glutammico. Quest’ultimo è un aminoacido che di trova in
e l’aspartame
natura negli alimenti ricchi di proteine, come le carni e i latticini, per esempio nel Camembert. L’MSG è anche un esaltatore
di sapidità impiegato nei piatti pronti, in alcune specialità cinesi,
nelle salse e nelle zuppe. L’MSG è stato “incriminato” di una serie di effetti collaterali tra cui mal di testa e formicolio, tuttavia
gli studi scientifici non dimostrano alcun legame tra l’MSG e
queste reazioni, suggerendo che i responsabili degli eventuali effetti negativi possano essere altri componenti del pasto o addirittura reazioni psicologiche.
Analogamente, l’aspartame, sostanza ad elevato potere dolcificante (ottenuta anch’essa da aminoacidi presenti in natura, ossia acido aspartico e fenilalanina) è stato accusato di molteplici
effetti negativi, nessuno dei quali confermato da studi scientifici.
Se, per la maggior parte della gente, gli additivi alimentari non costituiscono un problema, pochi soggetti che soffrono di allergie specifiche possono essere sensibili ad alcune di queste sostanze. Anche quando provocano effetti negativi, sembra comunque
che gli additivi alimentari accentuino una condizione preesistente piuttosto che scate-
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narla. Queste reazioni negative, che sono raramente di natura allergica, e la responsabilità degli alimenti o componenti alimentari, devono essere confermate da un professionista del settore sanitario o da un dietologo per evitare l’imposizione di inutili limitazioni dietetiche. Poiché tutti gli additivi alimentari sono chiaramente indicati sull’etichetta,
i soggetti con specifiche sensibilità e che ritengano di avere una particolare sensibilità
ad un additivo alimentare, facilmente sono in grado di evitare i prodotti che possono
costituire un problema. Per maggiori informazioni consultare la sezione sulle reazioni
negative al cibo.
Quali sono gli additivi alimentari utilizzati in Europa?
Ecco alcuni degli additivi alimentari normalmente aggiunti agli alimenti in Europa:
Additivi che mantengono la freschezza dei cibi e ne impediscono il deterioramento
Alcuni additivi alimentari contribuiscono a mantenere la freschezza e la sicurezza degli alimenti. Permettono di allungare la durata del prodotto proteggendo gli alimenti dal
deterioramento provocato dall’ossidazione e dai microrganismi. Possono essere suddivisi in due categorie in base alla loro funzione principale.
Antiossidanti
Impediscono l’ossidazione degli alimenti che provoca rancidità o perdita di colore.
Sono utilizzati nei prodotti da forno, nei cereali, nei grassi, negli olii e nei condimenti
per insalata. I principali antiossidanti liposolubili sono:
• Tocoferoli (E306-309), BHA (butil-idrossi-anisolo o E320) e BHT (butil-idrossitoluolo o E321) - impediscono ai grassi commestibili, agli olii vegetali e ai condimenti per insalate di irrancidire.
• Acido ascorbico (E300) e acido citrico (E330) - conservano il colore della frutta e
della verdura appena tagliata.
Conservanti
Limitano, ritardano o arrestano la crescita dei microrganismi (es. batteri, lieviti, muffe) che sono presenti o che si introducono nel cibo, prevenendone il deperimento o la
tossicità. Sono utilizzati, per esempio, nei prodotti da forno, nel vino, nel formaggio,
nelle carni salate, nei succhi di frutta e nella margarina.
Ecco alcuni esempi:
• Diossido di zolfo e solfiti (E220-228) - contribuiscono a prevenire l’alterazione del
colore della frutta secca e della verdura. I solfiti inibiscono anche la crescita di batteri nel vino e negli alimenti fermentati, in alcuni snack e nei prodotti da forno. I solfiti
hanno anche proprietà antiossidanti.
• Calcio propionato (E282) - impedisce al pane e ai prodotti da forno di ammuffire.
• Nitrati e nitriti (sali di sodio e di potassio) (E249-252) - sono utilizzati come conservanti nelle carni lavorate, per esempio nei wurstel, e per mantenere la sicurezza dei
prodotti impedendo la crescita dei batteri che producono il botulino.
Additivi che esaltano o accentuano le caratteristiche sensoriali
Gli additivi sono impiegati anche per conferire determinate caratteristiche agli alimenti, migliorandone la consistenza e contribuendo ai processi di produzione degli alimenti. Tra questi vi sono:
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Agenti che modificano il gusto e la consistenza
Rientrano in questa categoria:
• Emulsionanti e stabilizzanti - lo scopo di questi additivi alimentari è mantenere una
consistenza uniforme e impedire la separazione degli ingredienti in prodotti come
margarina, creme ipocaloriche da spalmare, gelato, condimenti per insalata e maionese. Molte versioni a basso contenuto di grassi dei comuni alimenti si basano su
questa tecnologia. Qualsiasi ricetta che richieda la miscelatura di ingredienti che normalmente non si amalgamano, come il grasso e l’acqua, necessita di emulsionanti e
stabilizzanti per ottenere e mantenere la consistenza desiderata. Ne sono esempi la
lecitina e i mono e di-gliceridi.
• Addensanti - queste sostanze contribuiscono ad aumentare la viscosità delle preparazioni alimentari. Vengono aggiunti ad alimenti quali i condimenti per insalate e il latte aromatizzato. Come addensanti si utilizzano spesso sostanze presenti in natura,
per esempio la gelatina o la pectina.
• Edulcoranti - sia i dolcificanti “di massa” (aggiunti in grande quantità perché ipocalorici) che quelli “intensivi” (aggiunti in piccolissime quantità) conferiscono un sapore dolce agli alimenti e sono molto utili nella preparazione di prodotti ipocalorici e
prodotti dietetici speciali, come quelli destinati ai diabetici. Gli edulcoranti intensivi,
come l’acesulfame K (E950), l’aspartame (E951) e la saccarina (E954) sono rispettivamente 130-200, 200 e 300-500 volte più dolci dello zucchero e sono privi di calorie. La taumatina (E957), una proteina naturalmente dolce estratta dal frutto della
pianta Thaumatococcus danielli, è 2.500 volte più dolce dello zucchero e viene utilizzata in dosi estremamente ridotte per le sue caratteristiche aromatiche. Tra gli edulcoranti di massa ci sono il sorbitolo (E420), l’isomalto (E953) e il maltitolo (E965)
che possono essere contenuti nei dolcificanti “da tavola” e negli alimenti a basso
contenuto energetico, di cui incrementano il volume e la gradevolezza al palato.
Queste sostanze hanno un valore calorico ridotto e forniscono 2,4 kcal/grammo rispetto alle 4 kcal/grammo degli altri carboidrati.
• Esaltatori di sapidità - il più noto è probabilmente il glutammato monosodico
(MSG; E621) che è utilizzato per isolare ed esaltare i sapori negli alimenti a cui viene aggiunto. Viene usato prevalentemente nei cibi molto saporiti e in vari piatti
orientali.
• Altri additivi - in aggiunta ai precedenti, questo gruppo comprende acidi, regolatori
di acidità (utilizzati per controllare l’acidità e l’alcalinità in vari tipi di prodotti alimentari), agenti antiagglomeranti (utilizzati per evitare la formazione di grumi negli
alimenti in polvere), agenti anti-schiuma (che riducono le schiume, es. nella cottura
dei prosciutti), gas di imballaggio (utilizzati per determinati tipi di confezioni sigillate, per esempio per la carne, il pesce, i frutti di mare, le verdure e le insalate pronte
che si trovano nel banco frigorifero), ecc.
Coloranti
Il colore è una delle principali caratteristiche sensoriali e contribuisce a far sì che
un alimento risulti ben accetto o sgradito. Se l’aggiunta del colore può apparire, agli
occhi di qualcuno, di natura puramente cosmetica, non vi sono dubbi sul fatto che il
colore sia un fattore importante nella percezione, da parte del consumatore, dell’alimento che spesso viene associato ad un determinato sapore o ad una specifica intensità di sapore. I coloranti sono utilizzati per aggiungere o ripristinare il colore in un
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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alimento, per migliorarne l’attrattiva visiva e soddisfare le aspettative del consumatore. La trasformazione industriale dei piselli e la preparazione delle marmellate, per
esempio, possono determinare una perdita di colore che i coloranti possono compensare. Alcuni coloranti vengono usati come semplice decorazione estetica su torte e
prodotti di pasticceria. Rimane tuttavia inaccettabile che queste sostanze siano utilizzate per mascherare o nascondere una scarsa qualità. Per maggiori informazioni consultare la sezione coloranti.
Gli imballaggi (Fonte: www.slowfood.it)
Per packaging si intende l’imballaggio con cui sono confezionati prodotti e cibi. Ne
esistono tipi diversi, ma tutti quanti hanno un forte impatto ambientale, essendo concepiti per essere buttati una volta aperti. Bisogna dunque riflettere sull’opportunità del loro utilizzo e sulla loro qualità, per evitare di produrre enormi quantità di rifiuti (attualmente gli imballaggi costituiscono dal 30 al 60% dei rifiuti totali).
• La prima considerazione da fare è che l’imballaggio non è inevitabile: i prodotti freschi non ne hanno bisogno. Comprare un cavolo sfuso al mercato ci fa risparmiare,
ma significa anche non sprecare il materiale che sarebbe necessario per confezionarlo.
• Se dobbiamo comprare per forza qualcosa di confezionato, impariamo a fare attenzione al materiale di cui è composto l’imballaggio. Cerchiamo in tutti i modi di evitare la plastica (prodotta da combustibili fossili, più difficile e costosa da riciclare, ed
enormemente inquinante), preferendo carta/cartone, vetro, alluminio e materiali in
fibre biologiche, ovvero materiali biodegradabili o riciclabili.
• Oltre alla plastica, cerchiamo di riconoscere i cosiddetti etero composti, cioè gli imballaggi fatti da più materiali assemblati insieme – come il tetrapak – il cui smaltimento è più complicato.
• Evitiamo i prodotti che hanno più strati di packaging: per esempio le scatole di merendine o di crackers.
Lo scopo principale di una confezione è preservare un prodotto per un tempo più
lungo, spesso necessario in caso di spostamenti dal luogo di produzione a quello di consumo. Per questo i prodotti locali possono farne a meno, dovendo percorrere distanze
inferiori, ed essendo consumati in genere poco dopo l’acquisto.
Il consumatore di solito sceglie il prodotto confezionato per pigrizia.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Figura 10. Gli imballaggi.
Fonte: da “Il vivaldo e la spesa” (Adiconsum, Confconsumatori, Federconsumatori, e Camera di Commercio di Reggio Emilia)
È il simbolo del polietilene. Appartiene alla tipologia della plastica. È molto utilizzato per la
produzione di contenitori e sacchetti. Lo si può trovare indicato con il numero 2 o 4. È facilmente riciclabile.
PE
È il simbolo del polietilentereftaPET
lato. Appartiene alla tipologia
della plastica. Solitamente viene
impiegato per la costruzione di
bottiglie dell’acqua o per la produzione di
flaconi e contenitori per prodotti di pulizia.
Lo si può trovare indicato con il numero 1.
È facilmente riciclabile.
È il simbolo del polipropilene.
Appartiene alla tipologia della
plastica. È utilizzato per la produzione di flaconi e contenitori
per prodotti di pulizia e anche di alcuni
piatti per alimenti. Lo si può trovare indicato con il numero 5. Non è facilmente riciclabile.
PP
È il simbolo del polistirolo. Appartiene alla tipologia della plastica. È impiegato soprattutto
per la produzione di contenitori
per alimenti nonché per la produzione del
classico polistirolo che conosciamo (ad
esempio per imballare gli elettrodomestici).
Lo si può trovare indicato con il numero 6.
Non è facilmente riciclabile.
PS
È il simbolo del polivinilcloruro.
Appartiene alla tipologia della
PVC
plastica. È impiegato per la produzione di alcuni contenitori e
flaconi per la pulizia e per il bagno. Lo si
può trovare indicato anche con il numero 3.
È facilmente riciclabile.
È il simbolo dell’alluminio. È il
AL
metallo utilizzato per la produzione di lattine, scatolette, contenitori per alimenti e non. È facilmente riciclabile.
È il simbolo dei materiali poliaccoppiati, cioè che vedono uniti
materiali di tipo diverso non separabili, ad esempio carta-plastica, plastica-alluminio. Ne sono tipici esempi
i cartoni del latte e dei succhi di frutta , ma
anche la carta dei salumi, alcune bustine di
medicinali, ecc...
PI
CA
È il simbolo di un poliaccoppiato: si tratta di cartone accoppiato ad altri materiali. È facilmente riciclabile.
È il simbolo della banda stagnata, cioè dell’acciaio. È il
metallo impiegato per la produzione di molti contenitori
e scatolette per alimenti e non, ad esempio
bombolette spray. È facilmente riciclabile.
Questo simbolo è impiegato
nelle etichette dei prodotti che
dopo il loro utilizzo non devono
essere dispersi nell’ambiente ma
gettati negli appositi contenitori in quanto
si tratta di materiali non facilmente riciclabili.
Questo simbolo indica che il
materiale impiegato è riciclabile
ma non necessariamente riciclato oppure che è riciclabile soltanto in parte. Quindi deve essere gettato
negli appositi contenitori o sacchetti dopo
l’utilizzo.
Questo simbolo indica che il
produttore aderisce ai consorzi,
previsti dalla legge, per organizzare il recupero ed il riciclaggio
degli imballaggi
È bene eliminare il volume degli
imballaggi, schiacciandoli e appiattendoli: ad esempio, questo
simbolo viene spesso apposto sui contenitori del latte o dei succhi di frutta..
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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lE BUONE PRATICHE
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.
(Il mondo come io lo vedo, 1931, ALBERT EINSTEIN)
Dopo aver analizzato le cause e gli effetti dello spreco alimentare a livello
generalizzato, approfondiamo alcune delle buone pratiche che a livello comunale
e provinciale vengono messe in atto da alcuni degli attori che da tempo si
occupano di lotta allo spreco alimentare in modo diretto e/o indiretto.
Per approfondire ulteriormente i modelli positivi proposti, oltre a quelli svolti a
livello territoriale, prenderemo in considerazione anche alcune delle buone
pratiche a livello nazionale, europeo e mondiale.
Nella ricerca delle buone pratiche a livello territoriale abbiamo proceduto seguendo
alcuni dei valori del consumo responsabile e sostenibile, intercettando appunto associazioni, organizzazioni non governative e aziende che fanno della solidarietà, della sostenibilità e della responsabilità la propria mission.
Attorno a questi tre valori, infatti, che non sono comunque assoluti ed esaustivi, si
determinano i criteri di valutazione per le scelte di acquisto dei consumatori.
Prendere in considerazione il valore della solidarietà significa sostenere, anche e soprattutto grazie agli atti di consumo, il senso di comunità della popolazione; in prima istanza, si
è portati a considerare la solidarietà in termini di attenzione verso gli ultimi, gli esclusi ed
emarginati dalla società, o le persone che si trovano in grossa difficoltà. E di questo si tratta, infatti, in quanto uno degli effetti di alcune scelte di consumo di ognuno di noi è una
delle cause della povertà di qualcun altro. In questo senso, poi, subentra la solidarietà nei
termini classici del senso comune, per il quale si cercano modi innovativi di recupero o donazione dei beni da destinare appunto a chi non ha più niente a disposizione.
Oltre a questo aspetto della solidarietà, viene enfatizzata la solidarietà territoriale ed
ambientale, verso quei piccoli produttori del territorio, diffusissimi in tutta la nazione, che
nel mondo della globalizzazione sfrenata, altrimenti non reggerebbero. Piccoli produttori
che adottano criteri che pongono particolare attenzione nei confronti dell’ambiente nella
loro produzione, introducendo più direttamente, quindi, il valore della sostenibilità.
Scegliere prodotti sostenibili a livello ambientale e sociale, significa prendere in considerazione la storia del prodotto, di come viene realizzato dall’inizio alla fine del suo
ciclo produttivo, tenendo presente le materie prime utilizzate e la loro provenienza, oltre che alle condizioni di lavoro utilizzate, e lo smaltimento degli scarti. Ridurre gli scarti e smaltirli nel modo più sostenibile possibile, infatti, produce degli effetti immediati e
a lungo termine sulla qualità della vita di ognuno di noi.
È per questo motivo che il valore della responsabilità diventa centrale nelle pratiche di
consumo. Effettuando scelte consapevoli e responsabili, infatti, è possibile provare a
prendere in considerazione il maggior numero di effetti che le scelte di consumo causano.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
In particolare abbiamo concentrato l’analisi della nostra ricerca sulle pratiche del
consumo consapevole e responsabile che affrontano il problema con progetti di lotta allo spreco alimentare.
Attraverso questi progetti specifici, infatti, è stato possibile rilevare come nella lotta
allo spreco alimentare si giochi una buona fetta della partita.
Evitare gli sprechi lungo tutta la filiera alimentare, nella distribuzione e soprattutto
nella casa di ognuno di noi, produce esternalità positive sia in termini di solidarietà (aumenta la possibilità di accesso al cibo per tutti e migliorano le condizioni di lavoro) sostenibilità (si tutela l’ambiente e i prodotti sono di maggiore qualità) e responsabilità
(ognuno di noi può compiere scelte più consapevoli e quindi responsabili)
Si badi bene che questa ricerca non vuole essere una presa di posizione integralista
sulle pratiche di consumo che indichi la via dell’isolamento, in quanto non si trovino soluzioni possibili agli effetti delle scelte di consumo, anzi.
Al contrario lo scopo di questa ricerca è stato proprio quello di segnare la strada, che
è già percorsa da tanti e tante realtà già da molti anni, con l’ambizione di stimolare l’effetto farfalla.
Raccogliendo, infatti, le buone pratiche del territorio locale, e prendendo spunto da
alcune di quelle messe in atto a livello nazionale e mondiale, proviamo a piantare un seme nel cuore e nella mente di ognuno di noi, con la speranza che possa germogliare in
un consumo responsabile e sostenibile.
“Ogni particella dell’universo [...] influisce su ogni altra particella, per quanto debolmente
o indirettamente. Ogni cosa è interconnessa con ogni altra cosa. Il battito delle ali di una farfalla in Cina può influire sul percorso di un uragano nell’Atlantico” - Douglas Adams.
Metodologia
La nostra ricerca è stata basata su una metodologia sia di tipo quantitativo, che di tipo qualitativo.
Per l’analisi delle buone pratiche prese in considerazione si è proceduto, quindi, mediante ricerca digitale attraverso i principali motori di ricerca, ed incontri-interviste con
i rappresentanti di alcune associazioni ed aziende del territorio bergamasco.
Navigando sui siti delle realtà che abbiamo incontrato e delle scuole superiori della
città, abbiamo potuto raccogliere e riportare alcune delle buone pratiche messe in atto
sul territorio.
L’approccio che abbiamo scelto di prendere è di tipo olistico, in modo tale da tener
conto del maggior numero di aspetti possibili, analizzando e contattando le realtà che,
nei diversi ambiti di intervento, si occupano direttamente o indirettamente di lotta allo
spreco alimentare e più in generale di un consumo responsabile e sostenibile.
IL CONSUMATORE CONSAPEVOLE
LE SCUOLE
Proprio per analizzare e comprendere il consumo responsabile e sostenibile siamo
partiti dall’intercettare i luoghi di maggiore potenzialità per la formazione dei cittadini
del futuro: le scuole.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Nelle scuole, per questo motivo, è di fondamentale importanza inserire nel piano
formativo attività, progetti, programmi che tengano in considerazione la lotta allo spreco alimentare e al consumo consapevole, responsabile e sostenibile.
Siamo partiti, quindi, prendendo in esame i piani dell’offerta formativa e i progetti
attivi di tutti gli istituti pubblici di formazione secondaria di secondo grado della città,
pubblicati sui rispettivi siti, per un totale di sedici istituti.
Dalla nostra analisi emerge come un istituto proponga un percorso di studi legato indirettamente al tema del consumo consapevole e responsabile, con particolare attenzione all’educazione alimentare.
Soltanto due istituti hanno proposto direttamente, anche se in passato, dei progetti
di lotta allo spreco alimentare con la raccolta di alimenti da donare.
Altri quattro di questi, invece, offrono dei progetti di sensibilizzazione al tema dell’educazione alimentare. Di queste una, in realtà, ha inserito il tema dell’educazione alimentare all’interno di un progetto proposto negli anni passati; non risulta che ci siano
progetti attivi ad oggi in questo istituto.
Mentre ben cinque istituti non presentano nemmeno un progetto né alcun riferimento all’educazione alimentare nel piano dell’offerta formativa annuale, né in quello
triennale.
Per i restanti istituti si evidenzia una particolarità, in quanto è si presente nei piani
dell’offerta formativa la generica citazione dell’educazione all’alimentazione, ma la troviamo all’interno dell’educazione alla salute, che a sua volta si trova all’interno dell’educazione alla cittadinanza attiva. Possiamo quindi immaginare quanto tempo possa essere dedicato al tema.
Proprio perché nostro obiettivo è quello di evidenziare alcune delle buone pratiche
presenti sul territorio riportiamo sinteticamente quelle dei tre istituti che hanno attivi
dei progetti sul tema dell’educazione alimentare.
Tra tutte le scuole prese in considerazione emerge l’Istituto Giulio Natta che prevede l’indirizzo “Articolazione Biotecnologie Sanitarie”, tramite il quale, si legge dal sito, è
possibile “acquisire ed approfondire le competenze relative alle metodiche per la caratterizzazione dei sistemi biochimici, biologici, microbiologici e anatomici e all’uso delle principali
tecnologie sanitarie nel campo biomedicale, farmaceutico ed alimentare, al fine di identificare i fattori di rischio e causali di patologie e applicare studi epidemiologici, contribuendo alla
promozione della salute personale e collettiva.”
Altro istituto attivo risulta essere il Liceo Filippo Lussana, che presenta in particolare
tre progetti: Progetto Martina per le classi terze, il progetto di prevenzione delle malattie cardiovascolari per le classi quarte e il progetto di educazione al gusto per le classi
quinte, che riprendiamo in sintesi.
Il progetto Martina: parliamo ai giovani dei tumori, si pone l’obiettivo di “informare i giovani sulle modalità di lotta ai tumori, sottolineando la necessità di una diagnosi tempestiva, di un’alimentazione equilibrata e di un corretto stile di vita.”
Il progetto Prevenzione delle malattie cardiovascolari “sviluppa tematiche relative
alle malattie cardiovascolari e ai principi di una sana alimentazione come misura di prevenzione.”
Il progetto Educazione al gusto è proposto dagli insegnanti di educazione fisica come approccio all’educazione alimentare, e prevede “l’introduzione alla conoscenza dei
processi di produzione di alcuni prodotti tipici del territorio della bergamasca e una loro degustazione strutturata.”
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Procedendo l’analisi degli istituti di formazione di secondo grado, risulta essere tra i
più attivi l’istituto Mario Rigoni Stern che propone, tra gli altri, i seguenti progetti: l’alimentazione nella storia, un altro mondo è possibile e Terra, cibo, sostenibilità.
Di seguito riportiamo la descrizione dei progetti presenti sul sito istituzionale.
Il progetto l’alimentazione nella storia costruito come un intervento a carattere interdisciplinare, completato dalla visita al monastero ed agli orti di Astino, si pone come
obiettivo – si legge dal sito – quello di implementare la:
• Conoscenza di documenti e testimonianze sull’evoluzione delle abitudini alimentari.
• Consapevolezza del rapporto tra alimentazione e contesto socio-economico.
• Capacità di stabilire confronti tra le diverse epoche.
• Capacità di rapportare i dati raccolti con uno sguardo alla realtà del proprio territorio.
Il progetto un altro mondo è possibile, inserito nel progetto Laboratorio delle Arti
Interpretative dal Vivo (LAIV), si rivolge agli alunni delle classi seconde, terze e quarte,
cercando di stimolare in loro il senso critico utile a renderli cittadini responsabili. Il progetto, infatti, si concentra sull’assoluta importanza di ognuno di noi, ponendo la domanda Cosa posso fare io? In quest’ottica vengono affrontati temi come: lo squilibrio
Nord-Sud; vantaggi e svantaggi della globalizzazione; il recupero delle coltivazioni naturali e delle produzioni artigianali; il commercio equo e solidale e la finanza etica.
Gli strumenti ed i programmi per attuare questo progetto sono molteplici e diversificati, ma legati da un unico filo conduttore: il consumo responsabile.
In particolare il progetto si struttura in questo modo:
• classi seconde: approfondimento sulle tematiche dei modelli di consumo e sulle responsabilità individuali nei meccanismi economici attuali che comportano sfruttamento egoistico delle risorse, ingiustizia o inquinamento;
• classi terze: la solidarietà ed il cambiamento degli attuali squilibri mondiali passano
anche e soprattutto attraverso i nostri consumi. Un commercio più giusto e solidale
fra Nord e Sud del mondo;
• classi quarte: il 20% dell’umanità gestisce l’85% delle risorse mondiali, con gravi
conseguenze sia sulla vita delle persone che su quella del pianeta. La terra non è vista come la Pacha mama, la Terra Madre, ma come una proprietà da sfruttare sino
all’esaurimento totale delle risorse. Dopo aver preso coscienza di questa realtà e dei
gravi rischi che comporta, occorre trovare e praticare delle alternative possibili.
Sempre l’Istituto Mario Rigoni Stern propone il progetto terra, cibo, sostenibilità
che si inserisce sempre all’interno del progetto LAIV, nato dall’invito della Compagnia
Teatrale Pandemonium a partecipare ad un bando della Fondazione Cariplo, si rivolge a
studenti volontari, proponendo loro un percorso che si snoda lungo tre anni con la seguente struttura:
• 1° anno, in coincidenza con Expo = Cibo: Il cibo, dal no food al Fast food. Durante
l’anno si rifletterà attorno al documentario “Super size me”, diretto ed interpretato da
Morgan Spurlock; a “L’ albero degli zoccoli” di E. Olmi; alla trasmissione televisiva
“Report”: Buon appetito in onda su RAI 3; e al programma televisivo “Il piatto è servito” in onda su Alice. Verranno inoltre analizzate anche interviste a Carlo Petrini, presidente di Slow Food;
• 2° anno = Terra: La Terra tra finito ed infinito: il paradosso della crescita illimitata.
Durante l’anno si rifletterà attorno al film “Terra Madre” di E. Olmi; al film “Una sco-
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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moda verità” di Davis Guggenheim; al monologo teatrale “Vajont 9 ottobre ’63 –
Orazione civile” di M. Paolini; alla trasmissione televisiva “Presa diretta: Acqua rubata” in onda su RAI 3;
• 3° anno = Sostenibilità: Dipende anche da me! La sostenibilità è possibile. Durante
l’anno si rifletterà attorno al documentario “L’ economia della felicità”, di Steven Gorelick – Helena Norberg_Hodge – John Page oltre che ad film/documentari su figure, aziende, stili di vita inerenti al tema della sostenibilità.
AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE (ATS) DI BERGAMO
Rimanendo sempre nell’ambito scolastico, sebbene la ricerca non consenta di prendere in considerazione tutti gli Istituti di Istruzione di ogni ordine e grado della provincia, abbiamo potuto analizzare i dati emersi dalla ricerca effettuata dall’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Bergamo sullo spreco alimentare nelle mense scolastiche delle
Scuole Primarie.
Questo progetto si inserisce all’interno di tutte le attività che l’ATS di Bergamo sta
portando avanti sul territorio in tema di promozione di corretti stili di vita.
In particolare nell’ambito della vigilanza nutrizionale svolta dall’ATS di Bergamo nelle refezioni scolastiche, da tempo si sta evidenziando che la quantità di cibo sprecata
(distribuita e non consumata) ha raggiunto dimensioni inaccettabili, specie nelle scuole
primarie. Da qui progetti sperimentali finalizzati a favorire un corretto consumo del pasto, la riduzione dello spreco alimentare e la distribuzione delle eccedenze a scopi sociali.
La ATS ha presentato nell’ambito del Convegno “Mensa scolastica: solo cibo?” tenutosi il 4 Novembre 2016 presso la Sala Mosaico del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni un progetto sperimentato a Calusco d’Adda nell’anno scolastico 2013/14.
Il Progetto era nato dalla collaborazione tra il Comune di Calusco d’Adda, la Scuola,
il Gestore del servizio di ristorazione, l’ASL, le Onlus del territorio, e le famiglie. Si è
così costituita una rete, che attraverso una serie di accordi formali si è messa in moto
per avviare il Progetto Pilota.
Il progetto aveva fissato i seguenti obiettivi:
• Far sì che il bambino mangi tutto ciò che ha nel piatto.
• Educare i ragazzi alla corretta alimentazione e responsabilizzarli alla riduzione delle
eccedenze e dello spreco.
• Ridurre lo spreco alimentare e recuperare l’eccedenza a scopo benefico.
Il progetto, scritto a più mani, ha visto le seguenti fasi:
• Valutazione dell’entità dello scarto attraverso il monitoraggio degli sprechi durato
due settimane;
• Valutazione della qualità nutrizionale delle merende di metà mattina grazie alla collaborazione delle insegnanti;
• Presentazione dei dati a tutti partner del progetto e ai genitori mediante il coinvolgimento commissione mensa;
• Con la collaborazione ditta che gestiva la mensa si è modificata la modalità di distribuzione del pasto differenziando le porzioni offerte (porzione intera o mezza);
• Organizzazione del ritiro delle eccedenze alimentari da parte delle ONLUS e distribuzione a persone bisognose individuate dal Comune.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Nel progetto sperimentale avviato a Calusco d’Adda 52 persone (18 famiglie), a settimane alterne hanno ricevuto un pasto completo per tutta la durata dell’anno scolastico.
Forte di questa esperienza, l’ATS ha voluto proporre un percorso analogo ai Comuni
della provincia di Bergamo partendo però con una rilevazione degli scarti nelle scuole
primarie statali. Va infatti considerato che in tutta la provincia non era mai stato quantificato lo scarto prodotto dalle mense scolastiche. ATS ha invitato a tutti i comuni una
richiesta di collaborazione per effettuare il monitoraggio del cibo servito e non consumato dagli alunni nella mensa scolastica.
•
•
•
•
La richiesta ha avuto il seguente riscontro:
111 Comuni hanno aderito all’iniziativa;
6 avevano già implementato i servizi rivolti alla riduzione degli scarti;
53 non hanno aderito;
72 non hanno la ristorazione scolastica nella scuola primaria.
È stato effettualo un monitoraggio su due settimane consecutive nel mese Maggio 2015 del cibo servito e non consumato. Dai dati risulta che lo scarto del cibo è a livelli allarmanti: in 10 giorni di monitoraggio su un numero totale di 119.921 pasti sono
state scartate 23.097 porzioni di primi piatti, 12.145 porzioni di carne, 19.179 porzioni
di verdura e 19.011 porzioni di pane.
Lo spreco ammonta a 11000 kg, per un totale di 73000 porzioni scartate, corrispondenti a 16533 pasti completi.
Se si calcola che un pasto ha un costo di 4,5 €, il valore economico scartato in soli 10
giorni nelle sole scuole monitorate corrisponde a 74.700 €, che in un anno si possono
stimare in 1.195.000.
Grafico 5. Scarti nella provincia in tutto il monitoraggio totale pasti 119921.
Fonte: ATS di Bergamo
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
A seguito della presentazione dei risultati, quattro Comuni (Brusaporto, Ranica, Curno e Trescore) hanno chiesto ad ATS la collaborazione per scrivere ed attuare un progetto per ridurre tale spreco e per recuperare le eccedenze a scopo benefico.
Per verificare l’efficacia del progetto a Marzo e Aprile 2016 è stato avviato in tre
Comuni (Brusaporto, Curno e Trescore) un secondo monitoraggio della durata di
10 giorni consecutivi.
Il grafico sottostante, che riporta i dati relativi alla modifica degli scarti di cibo prima
e dopo l’attuazione del progetto nei tre Comuni, dimostra che effettivamente il progetto è efficace per la riduzione della quantità di cibo buttata.
Grafico 6. Andamento percentuale dello scarto alimentare nei due anni di monitoraggio.
Fonte: ATS di Bergamo
Rapporto % 1° piatto
Rapporto % 2° piatto
Rapporto % contorno
60
50
40
30
20
10
0
Curno
2015
Curno
2016
Brusaporto Brusaporto
2015
2016
Trescore
2015
Trescore
2016
Questo risultato sembra però legato al fatto che durante la sperimentazione è stata
servita al bambino la mezza porzione, piuttosto che al consumo di tutto il cibo messo
sul piatto.
Di fatto sono aumentate le eccedenze ma i bambini continuano a “non mangiare”.
Nei tre Comuni che hanno sperimentato il protocollo le eccedenze sono state ridistribuite a famiglie bisognose individuate dai singoli Comuni. Nei mesi di durata del
progetto, 82 persone hanno potuto ricevere cibo proveniente dalla ristorazioni scolastiche nei giorni in cui era attiva la ristorazione.
Come anticipato precedentemente, questo progetto si inserisce in una serie di
proposte che l’ATS di Bergamo promuove sul tema dell’educazione alimentare nelle scuole.
Ne riportiamo brevemente alcuni pubblicati sul sito istituzionale di ATS:
• A tavola con Pippo: Si tratta di due manuali, uno per gli insegnanti ed uno per gli
alunni. Il manuale per gli alunni si propone di dare le opportune informazioni sulla
dieta e di far acquisire abitudini alimentari sane stimolando, nel contempo, l’abban-
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•
•
•
•
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
dono di eventuali comportamenti errati. Allo scopo di favorire l’acquisizione dei concetti, sono stati introdotti giochi ed attività pratiche che prevedono la partecipazione
attiva degli alunni. Il manuale per gli insegnanti si propone come una raccolta di indicazioni e consigli utili per accompagnare i bambini durante il percorso con una metodologia di comprovata efficacia nel campo dell’educazione sanitaria.
Colazione che passione: si tratta di un manuale guida rivolto agli insegnanti della
scuola materna che ha lo scopo di facilitare un percorso di educazione alimentare relativo ad uno specifico momento nutrizionale della giornata: la colazione. Il percorso
si pone i seguenti obiettivi specifici:
– far conoscere e far scegliere ai bambini i cibi indicati per una sana colazione e merenda;
– stimolare l’utilizzo della tazza per consumare la colazione;
– consumare la colazione insieme alla famiglia;
– fare colazione senza guardare la televisione.
Fata verdurina: Si tratta di un manuale per insegnanti di scuole dell’infanzia che ha
lo scopo di facilitare un percorso di educazione alimentare per favorire il consumo
delle verdure a scuola. Il manuale rappresenta il risultato finale del lavoro condotto
dalle scuole dell’infanzia che nel corso degli anni scolastici 2004-2005 e 2005-2006
hanno focalizzato energie didattiche e ludico esperienziali in un percorso volto a scoprire, sperimentare e consolidare l’assaggio ed il consumo delle verdure nell’ambito
della refezione scolastica. Il progetto si propone i seguenti obiettivi:
– aumentare il numero di bambini che consuma tutta la verdura servita nel piatto a
scuola;
– aumentare il numero delle verdure conosciute ed assaggiate dai bambini;
– diminuire il numero di bambini che rifiuta l’assaggio di verdura;
– coinvolgere le famiglie nella partecipazione al progetto.
Il club della frutta: rivolto ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo
grado, si pone l’obiettivo di incentivare il consumo di frutta all’intervallo e ridurre il
consumo di merendine confezionate mediante attività quali:
– affrontare con gli alunni nelle varie discipline l’argomento relativo al consumo di
frutta ed ai benefici conseguenti;
– predisporre una tesserina individuale con 15 spazi da timbrare ogni volta che
l’alunno consumerà la frutta all’intervallo. La tesserina sarà nominale, e una volta
completata, verrà imbucata in un’urna (costruita dai ragazzi) per la partecipazione
all’estrazione di premi;
– organizzare una giornata di “lancio” del progetto, con coinvolgimento delle famiglie e anche dei negozianti di frutta e verdura, affinché offrano gratuitamente per
quel giorno la frutta da consumare all’intervallo.
Il segreto delle piramidi: È un manuale nato dalla collaborazione tra insegnanti ed
ASL e che affronta il tema della corretta alimentazione prevedendone l’inserimento
nei curricula scolastici. Il Curriculum è articolato per ordini di scuola: dalla scuola
dell’infanzia alla scuola superiore. Nei diversi ordini di scuole si affrontano aspetti
dell’alimentazione ritenuti prioritari per le diverse età degli scolari/studenti. Nella
scuola dell’infanzia si privilegia l’incentivo del consumo di alimenti protettivi, ovvero frutta e verdura, nella scuola primaria il curricula è stato costruito attorno ad un
momento alimentare troppo spesso sottovalutato e dimenticato: la prima colazione,
mentre nella scuola secondaria di primo e secondo grado vengono indagati i com-
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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portamenti alimentari e l’influenza dei media nel determinarli. Per ogni ordine di
scuola sono descritte le attività con gli obiettivi generali e specifici, i tempi ed i materiali necessari per lo svolgimento e le schede di verifica del raggiungimento degli
obiettivi.
LE ISTITUZIONI: IL COMUNE DI BERGAMO
Essendo nostro interesse quello di indagare gli ambiti nei quali il cittadino si forma
verso un consumo consapevole e sostenibile, aumentando il proprio benessere psicofisico e migliorando l’ambiente che lo circonda, ci siamo concentrati su quelle che sono le
agenzie pubbliche di tutela dei cittadini complementari alle scuole: le istituzioni.
Si tratta, infatti, di organi non tanto formativi, anche se ricoprono un ruolo importante
anche da quel punto di vista, ma che soprattutto devono rappresentare gli interessi della
comunità, per farla crescere e migliorare continuamente, preservandone l’integrità.
In quest’ottica il Comune di Bergamo lancia il progetto “BeWell”, interessante modello e mezzo di promozione dell’attività sportiva, della corretta alimentazione e di prevenzione per la città.
Nasce così il nuovo portale www.bergamowellnesscity.it: un incubatore di attività legate al movimento, all’alimentazione e alla salute che hanno l’obiettivo di diffondere la
filosofia dello “star bene” a trecentosessanta gradi.
Dal sito si legge come per favorire il benessere e promuovere l’abitudine a una vita
sana e attiva, Bergamo Wellness City mette in campo una serie di attività a partire dall’educazione alimentare nelle scuole fino alla lotta allo spreco in collaborazione con
ATS ed enti pubblici e privati della città di Bergamo.
All’interno di questo settore, in particolare, il Comune di Bergamo si occupa di food
policy, in particolare sul versante antispreco, attraverso l’impegno convergente di tre assessorati: Ambiente, Coesione Sociale e Istruzione.
Riprendiamo dal portale alcuni dei progetti messi in campo dal Comune di Bergamo
sul tema.
Quest’ultimo ha avviato il progetto mangio senza avanzo, esito della collaborazione
tra l’Assessorato all’Istruzione del Comune, in dialogo con i Dirigenti Scolastici degli
Istituti Comprensivi della città, l’ATS e SerCar, nasce con lo scopo di promuovere abitudini alimentari salutari e comportamenti antispreco.
A partire da uno studio sulla quantità di cibo non consumato nelle mense scolastiche
e dall’analisi della correlazione tra spuntino di mezza mattina e cibo avanzato, si è definita una nuova modalità di somministrazione degli alimenti: distribuzione di frutta a
metà mattina, nuovi menù e diversa porzionatura dei pasti, e, nella scuola primaria,
frutta a merenda.
Per favorire la consapevolezza dei propri comportamenti alimentari è stato realizzato
anche il quaderno “L’appetito vien studiando”, distribuito a tutte le bambine e i bambini delle scuole statali della città.
Si tratta del progetto di un quaderno sulla refezione scolastica che nasce con l’obiettivo di contribuire ad educare le bambine e i bambini ad un’alimentazione sana, sostenibile, rispettosa, solidale e senza sprechi e di coinvolgere i genitori perché assumano
un ruolo consapevole e propositivo in relazione agli aspetti complessi dell’alimentazione
quotidiana a casa e fuori casa.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Realizzato con uno stile rigoroso e accattivante anche per i più piccoli, il quaderno –
esito del lavoro integrato tra scuola, amministrazione comunale, ATS e SerCar – è distribuito a tutti i bambini che frequentano le scuole primarie statali della città.
Il quaderno “L’appetito vien studiando” si inserisce nel progetto complessivo di educazione ad un’alimentazione consapevole e corretta – progetto Mangio locale e penso
universale – e a comportamenti antispreco – progetto mangio senza avanzo.
Il progetto mangio locale e penso universale è nato nel 2011 da un’idea del Comune di Bergamo in collaborazione con SerCar Spa, Bergamo Servizi Pubblici e Coldiretti
Bergamo per permettere agli alunni di conoscere l’agricoltura locale non solo sui banchi
di scuola ma direttamente “in campo”.
In questi anni lo scopo è stato quello di far acquisire ai ragazzi una maggior consapevolezza sull’alimentazione, l’agricoltura e il territorio, consci del fatto che i giovani consumatori delle città molto spesso perdono conoscenze preziose sui ritmi della natura,
sulle tradizioni e i paesaggi rurali e, non ultimo, sulla provenienza e l’origine dei cibi.
Con “Mangio locale e penso universale” l’agricoltura, i suoi prodotti e il territorio
bergamasco diventano protagonisti entrando nelle classi e nelle mense grazie a diverse
iniziative:
• I “MENÙ a Km Zero”: una volta al mese i bambini e i ragazzi che usufruiscono delle mense scolastiche cittadine (infanzia, primarie, e secondarie di primo grado) hanno la possibilità di consumare un pasto interamente a base di prodotti provenienti da
aziende agricole del territorio.
• Progetto educativo per le scuole primarie che affronta i temi di alimentazione, salute, origine del cibo e territorio, con materiale didattico gratuitamente fornito alle insegnanti, laboratori in classe tenuti da qualificati esperti del settore e possibilità di visitare gratuitamente fattorie didattiche della provincia.
• Il Progetto “un orto a scuola”: novità dell’anno scolastico 2013/14 e che proseguirà
anche per gli anni successivi, con creazione di orti didattici in alcune scuole cittadine
e possibilità di far vivere in prima persona la fase produttiva agricola e riscoprire i ritmi della natura.
Oltre alla serie di iniziative che il Comune di Bergamo rivolge in particolare alle
scuole e agli alunni, si occupa di dare strumenti, attraverso la promozione culturale, attraverso eventi internazionali sul tema. Infatti il Comune di Bergamo patrocina il Food
Film Fest, giunto alla Terza Edizione, promosso dall’Associazione Montagna Italia e
dalla Camera di Commercio di Bergamo, che è un festival internazionale di cinema e
cibo.
L’evento, si legge dal sito, vuole diffondere una cultura dell’alimentazione consapevole attraverso un concorso cinematografico internazionale che raccoglie film da tutto il
mondo (cortometraggi e lungometraggi, documentari e film d’animazione) legati al tema del gusto, dell’arte culinaria, della corretta nutrizione e della produzione di cibo,
della biodiversità e della memoria gastronomica come patrimonio collettivo da preservare.
Ad arricchire il festival una serie di appuntamenti, tra cui degustazioni, dibattiti ed
incontri con grandi personaggi del mondo del food.
Ovviamente l’attività del Comune non si limita ad essere un ente di promozione culturale ed educativa, ma consta anche di una funzione amministrativa e propositiva. Da
questo punto di vista, infatti, il Comune, dal mese di Maggio 2013, è firmatario della
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Carta per una rete di enti territoriali a spreco zero. L’impegno delle Regioni, delle
Province e dei Comuni per la riduzione degli sprechi e delle perdite alimentari.
Riportiamo alcune parti della carta che riteniamo significative ai nostri scopi:
Le amministrazioni, coerentemente con la Risoluzione europea, si impegnano a indirizzare nel territorio, nelle comunità economiche e civili di loro competenza le seguenti
azioni finalizzate alla riduzione e alla prevenzione dello spreco alimentare:
• condividere e promuovere con i propri mezzi di comunicazione la campagna “Un anno contro lo spreco” patrocinata dal Parlamento europeo-Commissione Agricoltura e
Sviluppo rurale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul valore positivo del cibo e
dell’alimentazione e sulle conseguenze dello spreco alimentare dal punto di vista
economico, ambientale e sociale al fine di favorire una cultura economica e civile improntata ai principi della sostenibilità e della solidarietà, dell’equità e della responsabilità;
• rendere operative da subito alcune delle indicazioni contenute nella Risoluzione europea contro lo spreco alimentare per contribuire concretamente all’obiettivo di dimezzare entro il 2025 gli sprechi alimentari.
In particolare:
• sostenere tutte le iniziative – organizzazioni pubbliche e private – che recuperano, a
livello locale, i prodotti rimasti invenduti e scartati lungo l’intera catena agroalimentare per ridistribuirli gratuitamente alle categorie di cittadini al di sotto del reddito
minimo. Fra gli altri esempi, Last Minute Market permette non solo di donare cibo
agli indigenti ma anche di ridurre a monte i rifiuti alimentari;
• modificare le regole che disciplinano gli appalti pubblici per i servizi di ristorazione e
di ospitalità alberghiera in modo da privilegiare in sede di aggiudicazione, a parità di
altre condizioni, le imprese che garantiscano la ridistribuzione gratuita a favore dei
cittadini meno abbienti e che promuovono azioni concrete per la riduzione a monte
degli sprechi accordando la preferenza ad alimenti prodotti il più vicino possibile al
luogo di consumo;
• istituire programmi e corsi di educazione alimentare, di economia ed ecologia domestica per rendere il consumatore consapevole degli sprechi di cibo, acqua ed energia
e dei loro impatti ambientali, economici, sociali e insegnare come rendere più sostenibile l’acquisto, la conservazione, la preparazione e lo smaltimento finale degli alimenti.
Inoltre le amministrazioni si impegnano a promuovere a livello normativo nazionale
e comunitario sensibilizzando le rappresentanze politiche del territorio:
• la regolamentazione delle vendite scontate: quando un prodotto è vicino alla scadenza oppure presenta un difetto, invece di gettarlo via o donarlo a chi ha bisogno va
venduto al 50% o meno ancora. La vendita scontata ha un doppio effetto: contro lo
spreco (meno rifiuti) ma anche contro la crisi, perché riduce il costo dell’alimentazione a parità di qualità degli alimenti;
• la semplificazione delle diciture nelle etichette degli alimenti per la scadenza: unica
ma con due date, una che si riferisce alla scadenza commerciale (si può vendere entro una certa data), l’altra che riguarda il consumo. In questo modo verrebbe garantita la sicurezza alimentare ma non lasceremmo sullo scaffale prodotti in via di scadenza.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
• l’istituzione di un osservatorio o agenzia nazionale per la riduzione degli sprechi con
l’obiettivo di minimizzare tutte le perdite e le inefficienze della filiera agroalimentare
favorendo la relazione diretta fra produttori e consumatori e coinvolgendo tutti i
soggetti interessati con l’obiettivo di rendere più eco-efficiente la logistica, il trasporto, la gestione delle scorte, gli imballaggi. Diversi Paesi europei si sono già dotati di
questo strumento, l’Italia non ancora.
Tra le iniziative che il Comune di Bergamo mette in campo a scopo informativo e di
sensibilizzazione si inserisce sicuramente anche l’adesione alla settimana della sostenibilità, che nel 2016 si è svolta dal 23 al 28 Maggio.
Durante questa settimana, in particolare, il Comune di Bergamo in collaborazione
con Aprica, Ascom, Confesercenti, ATB, Associazione Signum e il Festival dell’Ambiente propongono un’iniziativa per sensibilizzare i ristoratori al “mangiare sostenibile”.
Il Comune ha proposto ai ristoranti e ai loro clienti un vero decalogo a cui aderire.
Per divenire un “ristorante sostenibile” basterà praticare cinque buone pratiche che si
spera possano proseguire anche oltre la settimana che è stata individuata. Le proposte
sono state molto semplici e abbracciano la sostenibilità a 360 gradi: dal servire “l’acqua
del Sindaco” ai tavoli ad organizzare una serata a lume di candela con cucina a basso
impatto ambientale, da proporre menu biologici e a kilometro zero a prevedere omaggi
nei ristoranti di biglietti ATB, dall’utilizzo della doggy bag al proporre mezze porzioni o
porzioni ridotte, ecc.
In questa occasione ATB ha garantito alcuni biglietti a prezzi inferiori rispetto alle
normali tariffe ai ristoratori aderenti, in modo che questi ultimi hanno potuto offrirli ai
propri clienti in occasione della settimana. Il momento clou della settimana è stato Sabato 28 Maggio 2016, quando piazza Dante è stata priva di illuminazione pubblica per
una vera cena a lume di candela negli spazi verdi della piazza: una cena sostenibile, al
costo di 20 € tutto incluso per massimo 120 posti, all’insegna della inedita paella bergamasca e altri prodotti locali.
LE ASSOCIAZIONI DEL TERRITORIO
Per approfondire la nostra indagine abbiamo deciso di intercettare alcune delle principali realtà che operano anche a livello locale, oltre che regionale e nazionale, sul tema
del consumo responsabile e sostenibile. In particolare abbiamo chiesto loro di raccontarci quali attività mettono in campo per affrontare il tema dello spreco, nel ridurlo in
principio o nel rivalorizzarlo in sede di utilizzo finale.
Così, come anticipato nella presentazione delle buone pratiche, siamo partiti nell’analisi utilizzando tre valori di riferimento attorno ai quali si muovono le mission delle
associazioni: solidarietà, sostenibilità, responsabilità.
Solidarietà
CESVI
Come si legge dal sito istituzionale, Cesvi è un’organizzazione laica e indipendente
che opera per la solidarietà mondiale.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Nel sistema di valori che guidano il Cesvi, il precetto morale della solidarietà umana
e quello ideale della giustizia sociale si trasformano in opere di aiuto umanitario e per lo
sviluppo che vogliono contribuire all’affermazione dei diritti universali dell’uomo. Cesvi
opera con la convinzione che l’aiuto alle popolazioni diseredate a causa del sottosviluppo, o più sfortunate a causa di guerre, calamità naturali e disastri ambientali, non dia
sollievo solo a chi soffre, ma contribuisca anche al benessere di tutti noi sul pianeta,
“casa comune” da preservare per le future generazioni.
Nell’acronimo Cesvi, le parole cooperazione e sviluppo sottolineano che il Cesvi fonda la sua filosofia d’azione nella promozione del protagonismo e della mobilitazione
collettiva dei beneficiari per favorire il loro progresso. Per questa ragione il Cesvi è fortemente impegnato affinché gli aiuti internazionali non si riducano a mera beneficenza
e non siano influenzati dall’egoismo dei donatori.
Le attività di aiuto umanitario che Cesvi vuole mettere in atto in tutto il mondo a favore delle popolazioni bisognose si collocano lungo la filiera:
• del soccorso per assicurare la sopravvivenza e superare l’emergenza;
• della riabilitazione e ricostruzione di strutture distrutte da guerre o calamità;
• dei programmi e progetti di cooperazione per lo sviluppo di gruppi sociali e comunità povere.
In Italia e in Europa, Cesvi svolge attività di educazione per sviluppare la cultura
della solidarietà mondiale, per allargare la base dei donatori e dei volontari e per influenzare imprese private e istituzioni pubbliche nel sostegno ai progetti di cooperazione per lo sviluppo. In particolare sul tema dello spreco, in Italia, Cesvi si rivolge ai giovani e alle famiglie per promuovere un consumo più responsabile del cibo e garantire
uno sviluppo più sostenibile del pianeta.
In quest’ottica si colloca il progetto Food Right Now, una campagna europea di sensibilizzazione promossa da Cesvi e dai partner europei di Alliance2015 che ha l’obiettivo di
informare e stimolare la diretta partecipazione della società civile italiana ed europea – soprattutto dei giovani – affinché la riflessione e l’azione per debellare la fame includano
aziende, giornalisti, produttori, politici e decisori italiani e dell’Unione Europea. Dall’educazione e dalle scelte politiche di oggi viene plasmato il mondo di domani.
All’interno del materiale della campagna, mantenendo sempre un approccio olistico
al tema del diritto al cibo e della lotta contro la fame, vengono riportate informazioni
dirette ad essere tradotte in consapevolezza e comportamenti.
Per questo motivo sono state prodotte schede e materiali rivolti ad adulti e a ragazzi,
tra cui il kit didattico “A Lezione Contro la Fame”, pensato per le scuole secondarie e
disponibile sul sito della campagna www.foodrightnow.it.
In particolare sul territorio lombardo, Cesvi ha promosso l’utilizzo di tale kit in numerosi istituti di istruzione secondaria.
Il kit propone sei punti di vista sulla fame e la malnutrizione nel mondo. Ogni punto
di vista è composto da una scheda tematica (che può essere usata come traccia di contenuto per una o più lezioni introduttive) e alcune attività che possono essere realizzate
per sollecitare la riflessione, il coinvolgimento e l’attivazione degli studenti. Ogni scheda può diventare un’unità di apprendimento a se stante, così come tutte insieme possono costituire un percorso di lavoro più lungo. Il testo propone inoltre una serie di dati
ufficiali, indicazioni di approfondimento, suggerimenti di siti internet, libri e film, attraverso link ipertestuali riconoscibili nel testo.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Nella scheda sullo spreco di cibo, che rappresenta un tema importante della lotta alla fame, vengono riportate informazioni sullo spreco alimentare, lungo la filiera dalla
produzione all’utilizzatore finale (i consumatori). Al suo interno sono proposte due
schede di attività:
• La mensa che non spreca, il cui obiettivo è quello di riflettere sullo spreco alimentare e sulle sue possibili soluzioni. L’attività prevede la simulazione di una seduta del
consiglio comunale che affronti il tema dello spreco di cibo nelle mense scolastiche.
• La tavola imbandita, il cui obiettivo è quello di riflettere sulle differenze di spesa
alimentare di diverse famiglie del mondo. L’attività prevede la simulazione di una visita ad una mostra fotografica delle foto di P. Menzel e F. D’Aluisio: Hungry Planet.
“What the world eats”. Grazie alla visione della mostra l’insegnante accompagna gli
studenti in una riflessione sul tema.
CARITAS DIOCESANA BERGAMASCA
Sempre nel settore della solidarietà e della carità si inserisce la Caritas Diocesana
Bergamasca. Essa è l’Organismo Pastorale della Diocesi di Bergamo per la promozione
della carità. Ha lo scopo cioè di promuovere «la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto).
Come si legge dal sito istituzionale l’azione della Caritas Diocesana Bergamasca si
traduce nel:
• favorire l’attuazione del precetto evangelico della carità nella comunità diocesana e
nelle singole comunità minori, specie parrocchiali, con particolare attenzione alle
persone che si trovano in condizioni di bisogno;
• promuovere e coordinare le attività caritative e assistenziali della Chiesa locale, le
Parrocchie nelle loro espressioni e i singoli cristiani al senso della carità e al dovere di
promuovere attività caritative ed assistenziali;
• stimolare la Chiesa locale perché prenda posizione nei confronti dell’autorità in caso
di ingiustizie lesive della dignità umana;
• coordinare interventi di emergenza in caso di pubbliche calamità;
• favorire l’interessamento per lo sviluppo umano e sociale dei paesi del terzo mondo,
in collaborazione con il Centro missionario diocesano.
Attraverso i seguenti compiti:
• Rilevare le situazioni di povertà e di bisogno, cercando di promuoverne la soluzione.
• Sensibilizzazione per coinvolgere la comunità sia ecclesiale, sia civile nelle iniziative
per risolvere le situazioni di povertà e di bisogno; a questo fine promuovere cammini
e proposte di formazione, di ascolto e presa di consapevolezza comunitaria in ordine
ai problemi di povertà e di bisogno.
• Aprire, secondo una metodologia collaudata non soltanto assistenziale, “Servizi segno” per l’ascolto, l’accoglienza e la promozione dei poveri.
• Creare istituzioni, privilegiando le forme associative e cooperative, che rispondano ai
bisogni dei poveri e degli ultimi e per un più elastico rapporto con le Istituzioni Pubbliche o private del territorio.
• Collaborare alla programmazione pastorale a livello diocesano e parrocchiale sia per
l’annuncio della Parola sia per la celebrazione della Liturgia.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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• Provvedere alle esigenze ed avere attenzione a quelle situazioni di bisogno, alle quali
nessuno attende.
• Sensibilizzare all’accoglienza vitale della persona del povero.
In questa serie di intenti e proposte si inserisce il progetto del servizio mensa messo
a disposizione di quelle persone che sono considerate ultime nella nostra società e nella
nostra città. Questo servizio consente a chi non ha i mezzi per procurarsi un pasto caldo, di riceverlo presso la mensa della Caritas, situata in via del Conventino, 8.
L’accesso alla struttura, che garantisce almeno 60 pasti caldi al giorno, ed è aperta tutti
i giorni a pranzo dalle 11.30 alle 12.15 e dalle 18 alle 19.30, è consentito soltanto a chi si
rivolge a Caritas e pattuisce con essa un percorso personalizzato di recupero sociale.
La mensa accoglie sia uomini che donne, italiani e stranieri. In questo modo è possibile consumare un pasto caldo e ripararsi dal freddo, oltre che tessere relazioni positive
con nuove persone, sia utenti che volontari.
Questo servizio offerto da Caritas Diocesana Bergamasca non è direttamente volto
alla riduzione degli sprechi, ma si inserisce a pieno titolo nel processo di redistribuzione
della ricchezza e delle risorse al quale è possibile giungere attraverso un consumo solidale, sostenibile e responsabile. Per questo motivo abbiamo pensato di intercettare anche il lavoro di Caritas, in modo tale da poter evidenziare quanto l’efficientamento di
tutta la filiera alimentare possa garantire l’accessibilità al cibo per tutti.
Sempre nell’ambito delle attività promosse da Caritas, questa a livello regionale e
proposta anche a Bergamo, è partito il progetto della cena sospesa.
Come si legge dai giornali:
“Traendo ispirazione dalla tradizione napoletana del “caffè sospeso” e dall’esperienza di Caritas Ambrosiana del 2015, il Rotary Club Bergamo Città Alta ha deciso di ripetere sul nostro territorio l’iniziativa benefica: “Cena Sospesa”. In questo modo tutti possiamo dare un contributo
per un mondo più aperto e solidale, ricordandoci anche di chi non sta alla nostra tavola.”
Recandosi in uno dei ristoranti che ha aderito all’iniziativa, una rete di locali solidali in
collaborazione con Caritas Bergamasca, Comune di Bergamo e le associazioni di categoria,
è possibile così offrire un pasto a chi non può pagarselo. Con un semplice gesto, l’offerta, di
qualsiasi entità, contribuirà all’acquisto di ticket restaurant solidali “Cena Sospesa” spendibili presso numerosi esercizi convenzionati. I Centri di Ascolto di Caritas Bergamasca dislocati su tutto il territorio distribuiranno i buoni pasto alle persone che hanno bisogno di aiuto.
Sostenibilità
Essendo solidarietà, sostenibilità e responsabilità tre aspetti interconnessi, profondamente collegati l’uno con l’altro, abbiamo cercato di conoscere meglio realtà che tenessero conto di questi aspetti in maniera olistica. Abbiamo finora elencato le buone pratiche messe in campo nell’ambito della solidarietà.
Passiamo ora il livello dell’analisi sul tema della sostenibilità.
SLOW FOOD
È questo il caso di Slow Food. L’attività di Slow Food si inserisce in quel processo
culturale di riattribuzione di senso e di valore al cibo, non soltanto dal punto di vista
biologico e nutritivo, ma sociale, ambientale e, appunto, culturale.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Slow Food è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il
giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.
Slow Food lavora in tutto il mondo per tutelare la biodiversità, costruire relazioni tra
produttori e consumatori, migliorare la consapevolezza sul sistema che regola la produzione alimentare.
Come si legge dal sito, oggi Slow Food conta su una fitta rete di soci che si riuniscono in Condotte (Sedi Locali di Slow Food), amici e sostenitori in tutto il mondo grazie
e con i quali:
• Difende il cibo vero: un cibo che cessa di essere merce e fonte di profitto, per rispettare chi produce, l’ambiente e il palato!
• Promuove il diritto al piacere per tutti: con eventi che favoriscono l’incontro, il dialogo, la gioia di stare insieme. Perché dare il giusto valore al cibo, vuol dire anche dare
la giusta importanza al piacere, imparando a godere della diversità delle ricette e dei
sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i
ritmi delle stagioni e del convivio.
• Ci prepara al futuro: che ha bisogno di terreni fertili, specie vegetali e animali, meno
sprechi e più biodiversità, meno cemento e più bellezza. Conoscere il cibo che si porta in casa, può aiutare il pianeta. Ecco perché Slow Food coinvolge scuole e famiglie
in attività ludico didattiche, tra cui gli orti nelle scuole e i 10.000 orti in Africa.
• Valorizza la cultura gastronomica: per andare oltre la ricetta, perché mangiare è molto più che alimentarsi e dietro il cibo ci sono produttori, territori, emozioni e piacere.
• Favorisce la biodiversità e un’agricoltura equa e sostenibile: dando valore all’agricoltura di piccola scala e ai trasformatori artigiani attraverso il progetto dei Presìdi Slow
Food, e proteggendo i prodotti a rischio di estinzione con l’Arca del Gusto.
Essendo Slow Food una realtà che tratta tematiche locali a livello nazionale e globale
e viceversa, tutti progetti e le attività che propone a livello nazionale sono riprodotte localmente.
I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di
scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione,
salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. Oggi, oltre 500 Presìdi Slow Food coinvolgono più di 13.000 produttori nel mondo. In Lombardia ne sono
presenti 13, mentre nella provincia di Bergamo 2 più 2 extra-provinciali:
• Agrì di Valtorta
• Stracchino all’antica delle valli orobiche
• Sardina essiccata tradizionale del Lago d’Iseo
• Capra Orobica
Altra attività è quella de l’Arca del Gusto: un catalogo online che cresce giorno dopo giorno, raccogliendo la denuncia di chi vede i sapori della propria infanzia scomparire, portando via un pezzo della cultura e della storia di chi li ha condivisi.
L’Arca del Gusto viaggia per il mondo e raccoglie i prodotti che appartengono alla
cultura, alla storia e alle tradizioni di tutto il pianeta. Un patrimonio straordinario di
frutta, verdura, razze animali, formaggi, pani, dolci, salumi...
L’Arca del Gusto segnala l’esistenza di questi prodotti, denuncia il rischio che possano scomparire, invita tutti a fare qualcosa per salvaguardarli: a volte serve comprarli e
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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mangiarli, a volte serve raccontarli e sostenere i produttori; in alcuni casi – quando i
prodotti sono specie selvatiche a grave rischio di estinzione – è meglio mangiarne meno
o non mangiarli affatto, per tutelarli e favorirne la riproduzione.
Grazie al contributo di tantissime persone, sono arrivati a quasi 3.000 segnalazioni,
per un totale di 3.911 prodotti in tutto il mondo.
Chiunque può inviare la sua segnalazione, qualunque sia il suo mestiere, la sua età o
la sua provenienza.
In Lombardia sono presenti 24 prodotti dell’Arca del Gusto:
• Fiurì di Valtorta
• Mais di Gandino
• Melone di Calvenzano
• Scarola di Bergamo
• Salva
• Stracchino Valle dei Campelli
• Strachitunt
Altra attività è quella dell’Orto in
Condotta.
A metà degli anni Novanta nasce a
Berkeley (California) il primo School
Garden di Slow Food, pensato e “coltivato” da Alice Waters, vice-presidente Slow
Food Internazionale.
In Italia l’Orto in Condotta prende avvio nel 2004 divenendo lo strumento principale delle attività di educazione alimentare e ambientale nelle scuole.
Insieme agli studenti, gli insegnanti, i genitori, i nonni e i produttori locali sono gli attori del progetto, costituendo la comunità dell’apprendimento per la trasmissione alle giovani generazioni dei saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia dell’ambiente.
L’Orto in Condotta prevede percorsi formativi per gli insegnanti, attività di educazione alimentare e del gusto e di educazione ambientale per gli studenti e seminari per
genitori e nonni ortolani.
Slow Food festeggia gli Orti in Condotta a livello nazionale l’11 novembre, giorno della
festa di San Martino, data tradizionalmente dedicata alla messa a riposo dei campi.
Le scuole che partecipano al progetto Orto in Condotta sono parte di una grande rete: insieme contribuiscono ad affermare il diritto al piacere del cibo nelle scuole.
Più di 500 orti realizzati in tutta Italia dei quali 36 in Lombardia e 1 a Scanzorosciate costituito recentemente trasformando un orto didattico molto grande.
A Bergamo è presente un progetto di Orto Didattico presso la scuola primaria Diaz.
L’obiettivo del progetto è quello di fornire ai ragazzi un’educazione alla produzione degli ortaggi in modo tale da sensibilizzarli verso un consumo sostenibile e più sano.
I risultati ottenuti negli anni sono stati positivi, anche perché in molti casi i ragazzi riportano a casa l’esperienza svolta a scuola, influenzando in questo modo anche i genitori e parenti.
E ancora, Slow Food ha contribuito a costruire l’Alleanza Slow Food dei cuochi: si
tratta di una rete di cuochi difende la biodiversità alimentare in tutto il mondo.
Oltre 700 cuochi di osterie, ristoranti, bistrot, cucine di strada – in Albania, Italia,
Olanda, Marocco e Messico – sostengono i piccoli produttori custodi della biodiversità,
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
impiegando ogni giorno nelle loro cucine i prodotti dei Presìdi, dell’Arca del Gusto e gli
ortaggi, i frutti, i formaggi, prodotti localmente.
I cuochi si impegnano a indicare nei menù i nomi dei produttori dai quali si riforniscono, per dare rilievo e visibilità al loro lavoro. I cuochi dell’Alleanza viaggiano, si incontrano, partecipano a eventi, cucinano insieme.
In Italia sono 450 i Ristoranti che hanno aderito all’Alleanza, dei quali 51 in Lombardia e 10 a Bergamo che sono:
• Agriturismo Sassi della Luna (Cenate Sopra)
• Osteria al Vecchio Tagliere di Bergamo
• Osteria al Vecchio Tagliere di Zanica
• Pizzeria 7 Ponti (Cenate Sopra)
• Ristorante Babli (Vertova)
• Ristorante Da Mimmo (Bergamo)
• Ristorante Da Vittorio (Brusaporto)
• Ristorante Frosio (Almè)
• Osteria Al Gigianca (Bergamo)
• Trattoria Visconti (Ambivere)
Da ultimo, ma soltanto in termine cronologico, è l’avviamento del Mercato della
Terra anche a Bergamo il 9 Aprile 2016.
I Mercati della Terra sono mercati contadini creati secondo linee guida che seguono
la filosofia Slow Food. Si tratta di mercati gestiti collettivamente, che sono luoghi di incontro dove i produttori locali presentano prodotti di qualità direttamente ai consumatori, a prezzi giusti e garantendo metodi di produzione sostenibili per l’ambiente. Inoltre, preservano la cultura alimentare delle comunità locali e contribuiscono a difendere
la biodiversità.
Un Mercato della Terra nasce quando una comunità consapevole – produttori, enti
pubblici, cittadini, condotte Slow Food e altri soggetti interessati come i ristoratori – crea
un nuovo spazio di incontro fra consumatori e produttori alimentari. Un comitato di
gestione, nel quale tutti questi soggetti sono rappresentati, è responsabile della selezione
dei produttori, della promozione del mercato, del rispetto delle sue regole. Il comitato gestisce anche il funzionamento del mercato con un occhio di riguardo per l’ambiente: impegnandosi a produrre meno rifiuti possibili, a smaltirli in modo corretto, con attenzione
al risparmio energetico e utilizzo di materiali di consumo il più possibile biodegradabili.
I Mercati della Terra sono riservati solo a produttori selezionati. In particolare i piccoli agricoltori e i produttori artigianali, quelli che fanno più fatica a confrontarsi con
il circuito della grande distribuzione, ma la cui dimensione aziendale permette spesso di
presentare prodotti di qualità. Chi è ammesso nei Mercati della Terra vede riconosciuta la possibilità di una retribuzione corretta del proprio lavoro, e nel contempo si impegna a trattare correttamente i propri dipendenti. Il presupposto principale è che presentino solo i loro prodotti, frutto del loro impegno e della loro esperienza. Con la presenza diretta possono creare un legame con i consumatori, raccontando i prodotti dei quali
si assumono la responsabilità, il lavoro che ne è alla base, cosa definisce la loro qualità,
cosa giustifica il prezzo praticato. Sono ammessi solo produttori locali.
Per l’Italia, il territorio di riferimento è dato da una distanza massima di 40 km dal
comune sede del mercato; a livello internazionale, il territorio di riferimento è definito
in maniera specifica per ciascun mercato.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Nei Mercati della Terra trovate un’ampia varietà di frutta e verdura fresca, conserve,
carni, prodotti caseari, uova, miele, dolci, pane, olio, vino, ogni prodotto che appartiene
alla cultura alimentare locale. I prodotti venduti nei Mercati della Terra rispondono a
criteri qualitativi precisi, che riflettono i principi Slow Food del buono, del pulito e del
giusto.
• Buoni: freschi e di stagione, salutari, di un gusto che stimola e soddisfa i sensi.
• Puliti: prodotti localmente, con coltivazioni e processi di produzione sostenibili per
l’ambiente e rifiuto degli organismi transgenici (OGM).
• Giusti: prezzi accessibili per i consumatori e giusto compenso e condizioni di lavoro
per i produttori.
Contestualmente al mercato in sé vengono attivate esperienze collaterali di educazione alimentare come spazi per i più giovani, per l’educazione del gusto, per gli eventi.
Slow Food, inoltre, produce delle guide che elencano una serie di ristoranti, osterie,
o prodotti specifici in cui è possibile trovare la cucina di tradizione e il cibo buono, pulito e giusto, coprendo tutta l’Italia in modo capillare.
In particolare le guide sono:
• Guida delle Osterie d’Italia
• Slow Wine. Giuda dei Vini
• Guida degli Oli Extravergini
• Guida alle Birre d’Italia
• Guida ai Vitigni d’Italia
• Guida ai Vitigni del mondo
• Atlante dei Prodotti regionali italiani
• Guida ai Formaggi italiani
• Guida al Parmigiano Reggiano
RESPONSABILITÀ
GRUPPI DI ACQUISTO SOLIDALE (GAS)
Oltre a Slow Food, anche i Gruppi di Acquisto Solidale svolgono una funzione importante sul territorio.
I GAS sono gruppi informali di persone che si riuniscono e decidono di acquistare
beni alimentari, e non solo, in modo collettivo. Per raggiungere questo scopo si rivolgono direttamente ai produttori con i quali instaurano un rapporto di fiducia, saltando
quindi ogni canale intermediario.
I “gasisti” (le persone che partecipano ad un GAS) aderiscono a questa rete per diversi motivi, tutti riconducibili al consumo critico.
Obiettivo di questo tipo di consumatori è quello di ricercare un’alternativa valida,
sostenibile e praticabile, alla società dei consumi, ritenuta una società che si basa sullo
sfruttamento dell’uomo e delle risorse ambientali.
Come emerge dalla ricerca “I GAS nella provincia di Bergamo” realizzata dall’Osservatorio Cores dell’Università di Bergamo in collaborazione con il tavolo nazionale Res e
la rete di economia bergamasca “Cittadinanza Sostenibile”, le motivazioni principali per
le quali i gasisti nella bergamasca decidono di aderire al GAS sono “la preoccupazione rispetto alla qualità dei prodotti” (56,3%) e “il desiderio di sostenere i piccoli produttori”
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
(53,1%). Seguono “il sentire che dovevo fare qualcosa” (42%) e “l’opportunità di costruire
relazioni” (33,9%). Ottengono invece una minore preferenza “i grandi problemi come il
cambiamento climatico, la crisi ambientale ecc.” (31,9%), mentre la motivazione con meno consenso è “la possibilità di acquistare prodotti di qualità ad un prezzo più contenuto”
(12,4%).
Fare parte di un GAS, quindi non si riduce soltanto ad una questione di interesse individuale, anzi, è proprio a partire dalla consapevolezza individuale e dalla sua emancipazione dal consumo di massa che si perseguono obiettivi collettivi nell’interesse di tutti.
Alla luce di questi dati, proprio per la valenza sociale, culturale ed ambientale dei
GAS abbiamo ritenuto importante inserirli nella nostra ricerca, anche perché la rete
GAS a Bergamo è una delle più importanti a livello italiano.
Nella provincia di Bergamo, infatti, risultano attivi 70 GAS, sparsi in tutta la provincia.
Abbiamo avuto modo di contattarne due, in particolare che ci hanno presentato le
buone pratiche messe in atto: GAS di Albino e GAS di Torre Boldone.
Il GAS di Albino, tra i più numerosi dei GAS bergamaschi se non il più numeroso,
conta oltre 120 famiglie aderenti. Oltre alle attività tradizionali di un GAS (acquisto
collettivo di prodotti direttamente dai produttori che vengono attentamente selezionati,
partecipazione e creazione di eventi), quello di Albino si concentra su attività di tipo
formativo ed informativo, oltre che a carattere sociale.
Sono state fatte scelte in ottica di sostenibilità a quei produttori del territorio, ma non
solo, che rappresentano i valori dei GAS, ma che a causa della crisi economica faticavano
a mantenere attiva la loro produzione, con il rischio concreto della chiusura. In questo
modo produttori sull’orlo del fallimento sono riusciti a risollevarsi, a creare opportunità
di lavoro, fino a specializzarsi ed ottenere, in alcuni casi, la certificazione biologica.
Anche il GAS di Torre Boldone oltre alle normali attività svolte da un GAS ne svolge alcune di particolare interesse ed impatto ai fini della nostra ricerca.
Da qualche tempo hanno attivato, nella rete di contatti del GAS, una collaborazione
con la Cooperativa Sociale Aretè, una realtà del territorio che cerca di offrire opportunità di carattere lavorativo e di propedeutica al lavoro a favore di persone con disagio psichico o detenuti ammessi ai benefici di legge, realizzando progetti d’inserimento lavorativo. Questa cooperativa concentra parte delle sue attività, insieme alle altre, nel lavoro
agricolo, fatto con criteri biologici, che rivende poi in una bottega a Torre Boldone.
Proprio da questa bottega il GAS recupera, attraverso il lavoro di alcuni volontari, e
coinvolgendo recentemente anche alcuni richiedenti asilo residenti nel comune di Torre
Boldone, ogni Mercoledì le eccedenze della bottega prodotte da alimenti non più vendibili e le dona alle associazioni caritative e solidali del territorio.
In aggiunta a questo progetto, ogni Sabato sera il GAS svolge la stessa attività in alcuni bar, panifici, pasticcerie e rosticcerie del paese, oltre che alla Conad del paese, che
donano alimenti non più vendibili a fini caritativi.
Aziende
COOP LOMBARDIA
Oltre alle associazioni del territorio che abbiamo contattato, le cui buone pratiche
abbiamo brevemente riassunto, abbiamo provato a contattare i marchi della grande distribuzione presenti a Bergamo ed in provincia.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
61
La GDO, infatti, rappresenta una delle fasi della filiera del cibo durante la quale si
accumula una parte, seppur piccola in proporzione, dello spreco.
Alla luce le premesse che abbiamo effettuato, è dirimente capire come evitare alla
fonte alcuni sprechi e come gestire quei residui strutturali alla grande distribuzione organizzata.
Esistono in questo senso progetti messi in campo da alcuni marchi che vanno proprio nella direzione di rivalorizzazione del cibo che da possibile scarto torna ad avere un
valore, non soltanto perché torna ad essere alimento per chi ha difficoltà a procurarselo,
ma anche e soprattutto per l’impatto etico e sociale che fa di questa pratica un modello.
Delle aziende contattate siamo riusciti ad incontrare soltanto Coop Lombardia, la
realtà che in Italia attiva progetti di recupero delle eccedenze da oltre dieci anni. Purtroppo abbiamo provato a contattare anche altre aziende della grande distribuzione,
per rendere la nostra ricerca il più esaustiva possibile, ma senza aver ottenuto alcuna
risposta.
Coop Lombardia è una cooperativa di consumatori. Si tratta di una società fondata
sulle persone, costituita per soddisfare i bisogni comuni dei propri soci riguardanti innanzitutto l’acquisto di beni e servizi (ma anche più generalmente di tipo economico,
culturale, sociale) che si realizza innanzitutto tramite la gestione di una rete commerciale. La cooperativa è basata sui valori dell’uguaglianza dei diritti, della democrazia, della
solidarietà, della responsabilità individuale, dell’equità.
Secondo il dettato dei propri Padri fondatori, le Cooperative si ispirano all’etica del
lavoro, dell’onestà, del rispetto degli impegni, della responsabilità sociale.
Come si legge nella carta dei valori della cooperativa:
• Promuove una cultura del consumo in cui le scelte non corrispondano solo a un bisogno, ma che siano una affermazione di identità, una espressione di valori e convinzioni.
• Considera l’ambiente un bene di tutti, che va salvaguardato dalla speculazione, dal
malgoverno, dall’incuria e che può essere un prezioso elemento di sviluppo e competitività. L’ambiente deve essere preservato come principale bene comune e per senso
responsabilità verso le generazioni future.
• La cooperativa fa parte della comunità e dà il suo contributo per migliorarne le condizioni materiali, morali e culturali. Per questo collabora con la scuola, con istituzioni
culturali e scientifiche, con i mezzi di informazione. La cooperativa crede che la cultura sia uno degli elementi determinanti del benessere sociale e serva al consumo responsabile, al dialogo sociale, alla cittadinanza attiva.
• La cooperativa ritiene fondamentale per la nostra società lo sviluppo di un forte movimento cooperativo, unito ed efficiente, con chiari scopi di mutualità e di solidarietà
verso i più deboli e svantaggiati, di equità e di benessere.
In questo insieme di valori si inserisce il progetto “Buon Fine” che si prefigge il recupero dei residui dei magazzini dei punti vendita di tutta la Lombardia, da destinare
alle Onlus del territorio.
Il recupero delle eccedenze dei prodotti alimentari prima della scadenza avviene in
Coop Lombardia, applicando la “legge del Buon Samaritano”, attraverso un processo
virtuoso e senza intermediazione che prevede la donazione diretta, a “km zero”.
Il 70% dei prodotti alimentari recuperati sono freschi e freschissimi: frutta, verdura,
salumi, latticini.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Si tratta ad esempio di mele un po’ ammaccate, o frutta e verdura preconfezionata,
ma che presenta un elemento intaccato o ammaccato. In tutti questi casi non è possibile
aprire la confezione, altrimenti se ne perderebbe la tracciabilità, e non si può nemmeno
venderlo, quindi nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) viene tutto buttato.
Tuttavia esiste un’alternativa, che Coop mette in atto, ossia quella di recuperare la
parte buona di prodotto per la donazione.
Coop Lombardia esegue giornalmente una procedura standardizzata di controllo
della merce donata applicando dei codici specifici per ogni tipologia, in modo tale da
garantire comunque la qualità e sanità dei prodotti donati.
Ai prodotti freschissimi si aggiunge anche quel restante 30% di prodotti alimentari
confezionati che presentano le medesime caratteristiche di non vendibilità descritte sopra.
Le merci recuperate vengono poi donate direttamente alle Onlus precedentemente
individuate e che hanno sottoscritto un accordo bilaterale con Coop Lombardia.
La filiera corta, attraverso il rapporto diretto con le ONLUS e le organizzazioni caritative che operano sul territorio, crea un sistema solidale di comunità, una economia civile di straordinario valore sociale ancora non sufficientemente riconosciuto e valorizzato dalle istituzioni. Il modello Coop si distingue per la capacità di generare nel territorio
un valore aggiunto sociale e per l’efficace combinazione di organizzazione, logistica e
creatività imprenditoriale che si traducono: in una gestione più efficiente dei punti vendita e del trasporto delle merci, nell’abbattimento delle emissioni inquinanti, nel risparmio di energia e nella riduzione dei rifiuti.
Figura 11. Processo logistico nel punto vendita.
Figura 12. Processo logistico fuori dal punto vendita.
Fonte: Coop Lombardia Bilancio Sociale 2014
Fonte: Coop Lombardia Bilancio Sociale 2014
In particolare si possono evidenziare benefici:
• Ambientali: Riduce i rifiuti avviati a smaltimento, educa alla sobrietà e al rispetto
delle risorse, riduce i tempi del riutilizzo dei prodotti in una filiera a km 0 ed il rischio di generare nuovi sprechi nella catena distributiva.
• Sociali: Fornisce un concreto sostegno alla rete sociale e alle persone bisognose, coinvolge i dipendenti e i soci volontari che collaborano per individuare le ONLUS di
prossimità nel territorio e alimentano reti di solidarietà locale per ridurre la povertà.
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• Culturali: Promuove stili di vita sostenibili orientati alla riduzione degli sprechi, la
collaborazione con le ONLUS trasmette valori solidali e comunitari.
• Organizzativi: Migliora i processi interni di controllo e rende più efficiente la propria logistica, riduce lo spreco interno e le quantità di rifiuti da smaltire.
Per le ONLUS: Riducono i costi di acquisto dei generi alimentari, arricchiscono la
dieta degli assistiti, reinvestono quanto risparmiato in ulteriori servizi e assistiti e generano opportunità di nuova occupazione.
Nei 54 punti vendita di Coop Lombardia, per il 2015, si sono recuperate 809 tonnellate di alimenti a livello regionale (contro le 635 del 2014) per un valore di 3.886.939 €,
intercettando 79 Onlus. A livello nazionale, sempre per il 2015, il dato sale a 5000 tonnellate per oltre 950 Onlus intercettate.
In particolare riportiamo i valori relativi alle quantità recuperate negli anni 2015 e
2016 nei punti vendita di Bergamo e provincia, con il rispettivo valore in Euro, e la percentuale di recupero sul totale delle eccedenze prodotte. Per il 2015:
Punto Vendita
Qnt. Merce (kg)
% recupero sul totale
Valore (€)
Bergamo
32.480
59.8
143.379
Trescore
6.738
16.9
36.166
Treviglio
77.630
47.6
250.918
Mapello
64.985
61.0
288.237
Dati anno 2015 forniti da Coop Lombardia
Questo trend, seppur già ampiamente positivo, risulta essere ulteriormente in miglioramento, come emerge dalla tabella relativa all’anno 2016. I dati disponibili sono aggiornati al mese di Ottobre.
Punto Vendita
Qnt. Merce (kg)
% recupero sul totale
Valore (€)
Bergamo
23.245
55.0
102.072
Trescore
13.868
37.6
67.233
Treviglio
77.405
59.7
248.369
Mapello
53.646
59.7
272.356
Dati anno 2016 forniti da Coop Lombardia
Nelle colonne relative alle percentuali, queste si riferiscono al valore dei residui recuperati rispetto al totale delle merci scartate nell’anno in considerazione.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
L’attività di Coop Lombardia non si limita soltanto al recupero nella fase di vendita
delle merci, ma attraverso una serie di controlli nelle fasi di produzione, distribuzione, e
trasformazione della filiera alimentare, per quelli che sono i prodotti a marchio Coop,
promuove standard di socialità, sostenibilità e responsabilità elevati.
In quest’ottica Coop Lombardia sceglie solo fornitori che abbiano, o che si impegnano ad ottenere in tempi brevi, la certificazione SA (Social Acountability) 8000.
In particolare La norma SA (Social Accountability) 8000, standard internazionale
elaborato nel 1997 dall’ente americano SAI, contiene nove requisiti sociali orientati all’incremento della capacità competitiva di quelle organizzazioni che volontariamente forniscono garanzia di eticità della propria filiera produttiva e del proprio ciclo produttivo.
In Italia
Allargando brevemente lo sguardo dal locale abbiamo scelto di inserire alcune delle
più facilmente reperibili buone pratiche attivate a livello nazionale.
Per ragioni di sintesi, ed essendo questo un progetto volto a valorizzare le buone
pratiche del territorio, citeremo qui soltanto due progetti attivi sul territorio nazionale.
Questa scelta deriva dal fatto che in tutta Italia sono presenti progetti che mirano a
combattere gli sprechi, sia quando questi diventano effettivamente sprechi, ma anche e
soprattutto per ridurli in principio, attraverso educazione nelle scuole, recupero delle
eccedenze della grande distribuzione, efficientamento della filiera ecc.
Dobbiamo dire che dei progetti che siamo riusciti ad intercettare, in Italia sono davvero molto più numerosi quelli relativi al recupero delle eccedenze. Questi sono comunque progetti di valore e di senso in tema di lotta allo spreco alimentare, ma trattano
l’argomento soltanto alla fine del processo, o quasi. Minori in numero, ma comunque
presenti sul territorio nazionale quei progetti che cercano di intervenire in termini di
progettazione culturale del cibo, dando valore alla scelta che ogni consumatore effettua
e sulle conseguenze che questa comporta.
Accenniamo soltanto, quindi, ai progetti attivi sul territorio nazionale, con le premesse appena fatte, anche per valorizzare ancor di più quello che a livello locale si sta facendo e a quanto ancora si possa e si debba fare.
Riportiamo in sintesi il progetto del Comune di Parma, vincitore della 4a edizione del
premio “Vivere a Spreco Zero” 2016 nella categoria Enti Pubblici, promosso da Last
Minute Market e ministero dell’Ambiente, con il progetto “. “Salute e Cultura: il giro
del mondo seduti a tavola”.
Il progetto, che si rivolge alle classi delle scuole primarie e secondarie, vuole puntare l’attenzione sulla creatività e sullo sviluppo sostenibile nell’alimentazione, valorizzando il network delle “Città Creative per la Gastronomia” Unesco, di cui Parma è entrata a far parte.
Per fare questo, offre interventi di educazione alimentare per introdurre i menu ispirati ad alcune delle “Città Creative per la Gastronomia” del network Unesco, che saranno proposti nelle mense delle scuole cittadine in date specifiche.
L’obiettivo del progetto è fornire alle scuole strumenti e risorse che possano essere
utilizzati dagli insegnanti per presentare alle classi le caratteristiche culturali e gastronomiche di piatti che appartengono a Paesi e città diverse, che condividono la vocazione
per il buon cibo e che hanno fatto della creatività alimentare un elemento essenziale per
il proprio sviluppo culturale.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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Altro progetto molto interessante, attivato a livello locale Umbro, ma che in prospettiva potrebbe essere ragionato e proposto anche a livello nazionale è il progetto del marchio “IO NON SPRECO”.
Il marchio, promosso dal Centro Servizi per il Volontariato, intende valorizzare le
aziende che riducono i rifiuti organici e le emissioni di gas serra attuando azioni di solidarietà. L’obiettivo è rendere le aziende riconoscibili a partner e consumatori. Il marchio è stato pensato per premiare le aziende che invece di rifiutare le eccedenze alimentari, effettuano donazioni a fini sociali di prodotti scartati per ragioni economiche o perché difettosi nel packaging o perché in prossimità della scadenza di consumo.
Sempre a livello nazionale, segnaliamo la sigla di un protocollo di intesa tra Confesercenti, Federconsumatori e Last Minute Market martedì 15 Novembre 2016, che si
propone come un progetto innovativo su più fronti.
Si tratta di un patto di collaborazione per favorire la donazione di cibo, valorizzare le
eccedenze, il ruolo degli esercizi di vicinato e rafforzare la solidarietà. E recuperare dai
negozi tradizionali e pubblici esercizi oltre 1,2 miliardi di euro di prodotti alimentari invenduti, destinati a diventare spreco e che invece possono ancora avere uso.
Il progetto, che prenderà il via sperimentalmente il prossimo gennaio in Emilia Romagna, prevede un piano in tre fasi di recupero delle eccedenze: una piattaforma web (web
app) gratuita e aperta a tutti che permetta ai negozi, gratuitamente, in alcune giornate e in
determinate fasce orarie, di offrire con sconti i prodotti alimentari ai consumatori, che potranno approfittarne con facilità, diminuendo così la quota totale di invenduto; la redistribuzione delle eccedenze alimentari ricollocabili secondo i parametri di qualità elaborati da
Last Minute Market presso enti ed associazioni solidali accreditate del territorio.
Stime del possibile recupero per tipologia di esercizio commerciale di vicinato* e della ristorazione.
Fonte: elaborazione Ufficio Economico Confesercenti su dati Last Minute Market e Survey tra le imprese associate
Tipologia
di esercizio
Numero esercizi
del commercio
alimentare in Italia
Valore delle eccedenze
recuperabili
(milioni di euro)
Frutta e Verdura
18.764
74
Carni e prodotti
a base di carne
29359
151
Pesci, crostacei
e molluschi
7184
36
Pane, torte, dolciumi
e confetteria
8559
48
Altro commercio
dettaglio alimentare
31247
209
Ristorazione
201400
700
Totale
296513
1218
* esclusa Grande distribuzione organizzata.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Ed infine l’elaborazione di un doppio piano informativo: best practices per gli imprenditori e un decalogo per i consumatori per evitare lo spreco a casa e fuori.
Tramite questo protocollo si vuole proporre un’iniziativa che va a premiare gli esercizi commerciali di vicinato che danno un apporto dal punto di vista sociale che molto
spesso non viene valorizzato.
Si tratta quindi di un circuito che parte dal comparto alimentare, ma che si vorrebbe
non finisse con il comparto alimentare. Il progetto prevede, infatti, che si estenda a tutti
i settori del commercio, in modo tale da proporre un modo nuovo di fare la spesa.
Secondo lo studio di caso prodotto da Confesercenti viene stimato che, grazie alla
realizzazione del progetto, in totale, ci sarebbe 1 miliardo e 218 milioni di euro di eccedenze alimentari prodotte dalle PMI del commercio e della ristorazione che, con il progetto di ‘spreco zero’ messo in campo da Confesercenti, Last Minute Market e Federconsumatori potrebbe completamente essere recuperato.
A SPASSO PER L’UNIVERSO MONDO
Sono sempre più numerose le iniziative mirate che coinvolgono amministrazioni, associazioni ed esercizi commerciali, dalla grande distribuzione al singolo bar o ristorante
per evitare lo spreco di cibo: ecco in rassegna alcune idee già messe in atto nel mondo
per ispirarci, magiare meglio e non sprecare.
Riportiamo di un elenco di alcuni progetti attivi nel mondo sul tema, ricavati ed integrati dal sito http://www.unabuonaoccasione.it/it/da-non-perdere/best-practices
Al posto della spazzatura...
imparare a evitarla
Aprovechemos la comida!
Spagna
Guida realizzata dalla UAB e dalla
Fundación Alicia in collaborazione con
la Generalitat de Catalunya per la prevenzione degli sprechi alimentari nei
settori della ristorazione e dell’industria
alberghiera.
Courtland Commitment
Regno Unito
Accordo volontario, finanziato dai
governi di Inghilterra, Scozia, Galles
ed Irlanda del Nord, cui hanno aderito tutti i principali negozi di alimentari del Regno Unito. L’accordo è finalizzato a migliorare l’utilizzo delle risorse e ridurre gli sprechi nel settore
alimentare.
Ad esempio, la catena di supermercati Asda ha allungato la durata della vita
commerciale dei prodotti alimentari, ottimizzando le fasi del trasporto e del
magazzino.
Food is precious
Austria
Iniziativa del Ministero austriaco dell’agricoltura, delle foreste, dell’ambiente e
delle risorse idriche, volta a ridurre progressivamente l’ammontare di spreco alimentare, fino a raggiungere l’obiettivo del
20% in meno entro il 2016. A questo scopo sono in atto iniziative di sensibilizzazione rivolte alle scuole e progetti di cooperazione con partner istituzionali.
FoodLoop
Germania
Una App, sviluppata in Germania,
informa in tempo reale se il prezzo dei
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
prodotti acquistati più spesso, e prossimi alla scadenza, è stato ribassato nei
negozi alimentari della propria zona.
Food We Want
UE
Campagna di sensibilizzazione, finanziata dall’Unione Europea, che mira
a promuovere l’agricoltura familiare e
sistemi agro-alimentari sostenibili come
soluzione chiave per sconfiggere la fame, combattere la povertà e contrastare
i cambiamenti climatici.
Leftovers Cookbook
Danimarca
Si tratta di una serie di ricettari creati
con la collaborazione di noti chef danesi, che spiegano come riutilizzare gli
avanzi dei pasti per cucinare nuovi piatti. Questo progetto si inserisce nelle attività del movimento di consumatori
Stop Wasting Food che porta avanti la
lotta allo spreco alimentare con campagne di sensibilizzazione nelle scuole,
conferenze pubbliche e seminari.
Fruta Feia
Portogallo
A Lisbona, la cooperativa di consumo Fruta Feia compra i prodotti scartati
dal mercato perché imperfetti e non calibrati e li rivende ai suoi soci ad un
prezzo conveniente.
Gaspillage alimentaire:
prêt(e) à changer
vos habitudes?
Francia
Quattro video, prodotti da Région
Île-de-France, che vedono come protagonisti un gruppo di attori particolari
“Les poubelles boulimiques anonymes”.
I filmati, ambientati in una sala incontri
per la terapia di gruppo, raccontano le
difficoltà che i protagonisti incontrano
in quattro luoghi simbolo di sprechi ali-
67
mentari: abitazioni, mense scolastiche,
ristoranti, supermercati.
L’obiettivo è volto a stimolare un
cambiamento delle abitudini errate,
proponendo soluzioni quali: utilizzare
doggy bag, conoscere il significato dell’etichettatura, non eccedere nell’acquisto del cibo, congelare e riutilizzare gli
avanzi.
Guide ai diritti –
Sprechi alimentari
Italia
Guida realizzata dalla Camera di
Commercio di Torino che aiuta il consumatore ad effettuare scelte alimentari
consapevoli e a prevenire gli sprechi alimentari.
Il Ricettario degli Avanzi
Italia
Un opuscolo prodotto da Amiat e Città di Torino propone 28 ricette da cucinare con scarti di cibo e avanzi di cucina,
per sensibilizzare al contenimento della
produzione dei rifiuti prodotti a tavola.
Io mangio tutto.
No al cibo nella spazzatura!
Italia
Percorso di sensibilizzazione promosso da Action Aid, rivolto agli alunni delle scuole primarie. Attraverso il gioco, il
progetto affronta la tematica della fame
nel mondo collegandola al tema dello
spreco di cibo in Italia, al fine di promuovere fra i bambini buone pratiche
di cittadinanza consapevole.
Last Minute Sotto Casa
Italia
Piattaforma web che consente ai negozianti di non sprecare il cibo che a fine giornata resta invenduto e ai clienti
di risparmiare.
È sufficiente registrarsi sul sito dell’iniziativa per ricevere, direttamente sul
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
proprio smartphone, le offerte proposte
dai negozi di alimentari del proprio
quartiere.
servazione del cibo senza l’utilizzo delle
moderne tecnologie. Interessante il blog
dove si possono trovare utili consigli.
Manger c’est bien,
jeter ça craint!
Francia
Campagna di sensibilizzazione sul tema dello spreco alimentare realizzata
dal Ministero dell’agricoltura, del settore agroalimentare e delle foreste del governo francese.
Still Tasty
USA
Consigli, curiosità e informazioni sulla corretta conservazione degli alimenti.
È una guida particolarmente autorevole perché utilizza i dati forniti da
agenzie governative statunitensi e da organizzazioni non-profit che si occupano
della conservazione e della sicurezza degli alimenti.
Orange Fiber
Italia
Orange Fiber è una startup che sviluppa filati innovativi e vitaminici dagli
agrumi. L’obiettivo è di creare un tessuto sostenibile e cosmetico riutilizzando
gli scarti prodotti dall’industria di trasformazione agrumicola italiana.
Toast Ale
Regno Unito
Nata da un’idea di Tristam Stuart e
in collaborazione con Hakney Brewery,
Toast Ale è una birra prodotta utilizzando gli scarti del pane raccolti a fine giornata da panifici, ristorazione, supermercati. Tutti i profitti delle vendite sono
devoluti in beneficenza a Feedback, organizzazione impegnata nella lotta contro gli sprechi alimentari.
Save Food
Germania
Iniziativa promossa dal Messe Düsseldorf Group, in stretta collaborazione
con la FAO, volta a favorire il confronto
sul tema degli sprechi alimentari fra l’industria, la ricerca, la politica e la società
civile.
Save Food from the Fridge
Corea del Sud
Progetto, realizzato da una designer
coreana, incentrato sulla corretta con-
The Gleaning Network UK
Regno Unito
Una straordinaria iniziativa sociale di
“spigolatura (il raccolto dell’incolto)”
che salva dai campi migliaia di tonnellate di frutta e verdura fresca che altrimenti andrebbero sprecate.
Il cibo “spigolato” diventa poi il protagonista degli eventi di ‘Feeding the
5.000’ dove i pasti vengono distribuiti
gratuitamente.
Rethink Food Waste
through Economics
and Data REFED
USA
È una ricerca che ha individuato tre
aree nelle quali gli investimenti nella logistica e nelle infrastrutture potrebbero
dare un grosso aiuto nel tagliare gli
sprechi. “Gli obiettivi di REFED sono
di creare un percorso preciso per la lotta
allo spreco di cibo negli Stati Uniti attraverso la riduzione, il riciclo e il recupero del cibo che altrimenti andrebbe
sprecato
Cozinha Brasil –
Cucina Brasile
Brasile
Il progetto di cucina contro gli sprechi è attivo da diversi anni in Brasile,
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
con l’obiettivo di ridurre al massimo lo
spreco di alimenti, insegnando ad utilizzare gli alimenti in tutte le parti commestibili, anche quelle solitamente
considerate “di scarto”, ad esempio
bucce o baccelli, gambi o foglie di vegetali e frutta. Il programma, inoltre,
educa alla scelta di prodotti di stagione, alla composizione di una dieta sana
e bilanciata e alla corretta conservazione degli alimenti, in modo che non
vengano contaminati da batteri o degradati dalla temperatura
Il caso di Xihulou
Cina
Il ristorante Xihulou (letteralmente:
Palazzo del lago), alle porte di Changsha, capoluogo della provincia centrale
dello Hunan, è un vero gigante mondiale della ristorazione con il neo, però, di
contribuire all’enorme spreco di cibo in
Cina.
La decisione del governo di mettere
manifesti contro lo spreco del cibo all’ingresso dei ristoranti come quelli della
signora Qin, utilizzare piatti più piccoli
per le porzioni, e scrivere sul menù
quantità e peso degli ingredienti.
Al posto della spazzatura...
dar da mangiare ai poveri
Breading
Italia
Attraverso una piattaforma digitale
gratuita, le attività commerciali, a fine
giornata, possono donare agli enti caritatevoli, i generi alimentari che altrimenti andrebbero sprecati.
Comune di Herstal
Belgio
In Belgio, il Comune di Herstal ha
introdotto una nuova norma che impone ai 12 supermercati della città di do-
69
nare i prodotti invenduti ancora edibili
alle associazioni di volontariato che li
ridistribuiscono alle persone indigenti.
La norma vincola il rilascio o rinnovo
del permesso ambientale alla donazione degli invenduti. Altri comuni, come
Namur, hanno deciso di seguire
l’esempio.
Eqosphere
Francia
Piattaforma on-line volta ad ottimizzare e sviluppare le attività di recupero
delle eccedenze alimentari e non, favorendo il contatto fra supermercati, negozi al dettaglio, produttori e ristoratori
da un lato, e le organizzazioni caritative
e umanitarie dall’altro.
Equoevento onlus
Italia
“Equoevento” è una onlus che recupera le eccedenze alimentari degli eventi e le ridistribuisce a enti caritatevoli,
case famiglia e persone bisognose.
Fa bene
Italia
Un progetto dell’associazione Plug
che ridistribuisce il cibo fresco, donato
dagli acquirenti dei mercati (Corso
Chieti, Piazza Foroni, Corso Svizzera)
di Torino o recuperato dalle eccedenze
offerte dagli ambulanti, e lo fa arrivare
direttamente sulla tavola di chi ne ha bisogno.
Food Recovery Network
USA
Progetto di lotta agli sprechi alimentari diffuso in diverse scuole superiori
ed università americane, che consiste
nella raccolta, da parte di studenti volontari, del cibo non consumato nelle
mense scolastiche e nella sua redistribuzione a favore delle persone in difficoltà.
70
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Global FoodBanking Network
USA
Organizzazione no-profit che, al fine
di contribuire alla lotta contro la fame
nel mondo, crea e supporta la rete delle
food banks che in tutto il mondo operano a livello locale.
I Food Share
Italia
Piattaforma on-line di condivisione di
cibo che permette di coniugare la richiesta di prodotti agroalimentari per scopi
umanitari con il recupero e la messa a disposizione del cibo da parte di cittadini e
aziende agricole interessate ad offrire il
loro surplus a scopi solidali.
Pasto buono
Italia
Progetto solidale ideato da QUI
Group! sull’onda della “legge del buon
samaritano”. L’iniziativa, che coinvolge
importanti realtà non profit dell’area genovese (il Banco Alimentare Onlus Liguria, la Comunità di Sant’Egidio e la
Fondazione Auxilium), consiste nel recupero del cibo cucinato e rimasto invenduto nella ristorazione e nella sua ridistribuzione alle strutture di carità.
Refood
Portogallo
Progetto nato per sconfiggere gli sprechi alimentari, aiutare le persone indigenti
e trasformare Lisbona nella prima città europea a spreco zero. Centinaia di volontari
in bicicletta recuperano il cibo in eccesso
nei negozi di alimentari, nei supermercati e
nelle case di privati cittadini e lo distribuiscono alle associazioni che si occupano di
assistenza ai poveri sul territorio.
Social market
Italia
Iniziativa della Cooperativa sociale
Eumeo con il sostegno della Provincia
di Parma, della Fondazione Cariparma e
del Comune di Parma. Ogni giorno la
Cooperativa Eumeo raccoglie presso i
punti vendita che aderiscono al progetto
prodotti alimentari non più vendibili
(per difetti della confezione o perché
prossimi alla scadenza) e li ridistribuisce
immediatamente agli enti benefici attivi
nella città di Parma che si occupano delle persone in difficoltà.
Zero desperdício
Spagna
Il progetto consiste nel recuperare da
supermercati, ristoranti e mense i prodotti alimentari che, pur essendo ancora
perfettamente edibili, sono solitamente
destinati a finire nella spazzatura e
nell’organizzarne la distribuzione a favore di coloro che ne hanno bisogno.
Organica Favela
Brasile
Il progetto Organica Favela è un’iniziativa pionieristica originata dalla comunità di Babilonia-Chapeu Mangueira, a
Rio de Janeiro. È stato creato nel settembre 2011, con soli R$ 140,00 (pari a 40€
circa), è il risultato dello sguardo sensibile e della determinazione di Regina
Tchelly. Il progetto ha l’obiettivo di modificare il rapporto delle persone con il cibo, per evitare sprechi, di prendersi cura
dell’ambiente e di mostrare al mondo
che è possibile per combattere la fame.
Il progetto ha già viaggiato altri stati
del Brasile e anche in altri paesi, come
l’Italia, la Francia e Uruguay.
Al posto della spazzatura
condividere il cibo
Avanzi popolo
Italia
“Avanzi popolo” progetto per il recupero del cibo in eccedenza, è sia
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
una piattaforma virtuale in cui si può
segnalare la propria disponibilità di cibo in eccedenza, sia un foodstore itinerante che ridistribuisce alle persone
in difficoltà economica il cibo recuperato.
Best Before Project
Regno Unito
Progetto londinese per il recupero e
la ridistribuzione del cibo scaduto, con
packaging ammaccato o senza etichettatura, con una particolare attenzione alle
campagne e agli eventi di sensibilizzazione e informazione.
Cassarole Club
Regno Unito
Progetto pensato per promuovere la
condivisione dei cibi preparati in casa
con i propri vicini e con le persone che
non possono cucinare per se stesse.
Foodsharing.de
Germania
Piattaforma che fornisce a cittadini,
commercianti e produttori l’opportunità
di raccogliere, offrire ad altri o cucinare
il cibo in eccesso. E inoltre… frigoriferi
nei quartieri di Berlino dove il cibo ancora buono, anziché essere gettato nella
spazzatura, viene regalato a chi ne ha bisogno.
Food Swap Network
USA
Eventi attraverso i quali i membri di
una comunità condividono fra loro cibo
preparato in casa, favorendo così gli
scambi fra i partecipanti.
Rubies in the Rubble
Regno Unito
È un’esperienza inglese che dimostra
come è possibile evitare lo spreco di cibo e allo stesso tempo e affrontare i
problemi della disoccupazione e del-
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l’esclusione sociale. Il progetto vuole
realizzare un cambiamento nella comunità locale offrendo impiego a individui
meno fortunati e vuole andare contro la
cultura attuale dei rifiuti eccessivi, utilizzando frutta e verdura scartati per fare chutney e marmellate.
MyFoody
Italia
Piattaforma e-commerce antispreco
che mette in rete la grande e piccola distribuzione, i grossisti e la ristorazione,
per vendere a prezzi scontati prodotti
buoni e perfettamente commestibili, in
scadenza o con difetti estetici di confezionamento.
CropMobster™
USA
È una piattaforma di community online. Questo strumento consente agli
agricoltori, ai commercianti, ai ristoratori della San Francisco Bay Area di pubblicare avvisi in cui offrono eccedenze
alimentari per la vendita, donazione, o il
commercio. I messaggi vengono immediatamente trasmessi attraverso il sito ai
vari social media, tra cui Facebook e
Twitter. Dal suo lancio nel marzo 2013
CropMobster ha rimesso in circolo
500.000 £ di prodotti alimentari, circa
un milione di porzioni per persone, banchi alimentari, scuole e altri gruppi in
difficoltà.
Next Door Help
Italia
Progetto nato per contrastare gli
sprechi domestici e favorire il riutilizzo e la condivisione del cibo. Si tratta
di una piattaforma on line dove, una
volta registrati, grazie ad un geolocalizzatore, si entra in contatto con altri
utenti per poter scambiare cibo ed oggetti inutilizzati in maniera semplice e
veloce.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Olio
Regno Unito
OLIO è un applicazione londinese
gratuita che connette tra loro privati,
negozi locali e punti di ristoro e permette lo scambio di eccedenze alimentari
ancora commestibili.
Ratatouille – App
Italia
Frigorifero virtuale all’interno del
quale è possibile indicare i prodotti in
eccesso che si vogliono donare. L’obiettivo è quello di scambiare il cibo in eccesso con i propri vicini di casa, anche
grazie alla messaggistica istantanea.
Saa syödä!
Finlandia
“Saa syödä!”, letteralmente “licenza di
mangiare”, è un progetto patrocinato dal
Ministero finlandese dell’Ambiente e promosso da alcune società private. L’iniziativa consiste nella creazione, nel quartiere
Roihuvuori di Helsinki, di un punto di
raccolta comune dove ogni famiglia del
quartiere è invitata a depositare prodotti
alimentari ancora edibili, ma con data di
scadenza imminente, di modo che i vicini
possano servirsi di avanzi ancora integri
che altrimenti verrebbero gettati.
S-Cambia Cibo
Italia
Una dispensa collettiva virtuale dove
tutti (privati, aziende, associazioni) possono prendere o lasciare alimenti ARS
(ad alto rischio spreco) condivisi sulla
piattaforma.
Al posto della spazzatura
i supermarket virtuosi
Fruits et Légumes Moches
Francia
Campagna di sensibilizzazione con-
tro gli sprechi alimentari promossa dal
supermercato francese Monoprix.
Inglorious fruits
and vegetables
Francia
In Francia, la catena di supermercati Intermarché ha lanciato la campagna, che mira a vendere gli ortaggi
esteticamente brutti, ma buoni: prodotti che vengono buttati anche se
perfettamente commestibili. Grazie a
questa campagna frutta e verdura dalle
forme strane vengono riabilitate e avvicinate alla sensibilità delle persone.
Questi prodotti brutti ma simpatici si
trovano in un apposito banco nel reparto ortofrutta e hanno un packaging
dedicato che ne sottolinea la bontà: in
pochi mesi i negozi in cui la campagna
è stata messa in atto hanno registrato
un aumento delle vendite del 24 per
cento.
Ugly Fruits
Germania
Una campagna di riabilitazione della
frutta esteticamente brutta ma nutrizionalmente buona lanciata da tre studenti.
Grazie alla loro iniziativa ora limoni bitorzoluti, zucchine scolorite e carote deformi si trovano sugli scaffali dei supermercati e sulle tavole. Il sogno dei tre
studenti, secondo quanto riportato dal
settimanale Der Spiegel è quello di vedere la nascita di supermercati “Ugly
Fruits”, negozi che vendano esclusivamente i prodotti che vengono rifiutati
da altre catene.
No Name Naturally
Imperfect
Canada
La grande catena di supermercati
Loblaw ha lanciato la linea “No Name
Naturally Imperfect”, mele e patate imperfette in vendita a prezzi scontati.
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
The Daily Table
USA
A Dorchester, quartiere di Boston, è
nato The Daily Table, negozio no profit
che estende la vita dei prodotti in prossimità di scadenza recuperandoli da altri supermercati e rivendendoli a basso costo.
The People’s Supermarket
Regno Unito
Un supermercato londinese che nasce come impresa sociale e realizza, fra
le tante iniziative ispirate al commercio
sostenibile, People’s Kitchen il ristorante gratuito dove è possibile mangiare alimenti in scadenza non più vendibili, ma
ancora sicuri e commestibili.
Wefood
Danimarca
A Copenhagen, il primo supermercato contro lo spreco alimentare che vende prodotti alimentari che hanno superato la data di scadenza o con packaging
danneggiato. Creato dalla ONG danese
Folkekirkens Nødhjælp, sarà gestito da
volontari e il ricavato delle vendite sarà
interamente devoluto a DanChurchAid.
Naturgut Bio Helden
Germania
Con il programma “Bio Helden” il discount tedesco Penny è il primo supermercato in Germania ad acquistare frutta e verdura biologica, non esteticamente
perfetta. Questi prodotti non vengono
venduti separatamente a prezzi scontati
ma confezionati insieme agli altri.
Al posto della spazzatura...
i ristoranti virtuosi
Buta Stupa
Italia
“Buta stupa”, che in dialetto piemontese significa “bottiglia stappata”, è il
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nome di un progetto di marketing rivolto ai ristoratori il cui scopo è quello di
consegnare al cliente la bottiglia di vino
interamente pagata ma consumata solo
in parte.
Culinary Misfits
Germania
Questo il nome ironico ed evocativo
(misfit significa sia “scherzo di natura”
che “non adatto”) scelto per il primo
servizio di catering, con sede nel cuore
di Berlino, che utilizza solo ingredienti
scartati dai supermercati o dai ristoranti
a causa della loro forma o della loro dimensione non standardizzata.
Doggy Bag
Se avanzo mangiatemi
Italia
Il progetto, promosso da Comieco in
collaborazione con Slow Food Italia,
mette in campo la creatività italiana e
trasforma il kit “salva spreco” in doggy
bag d’autore, che i clienti dei ristoranti
possono utilizzare per portare a casa
quanto rimasto a fine pasto.
Eco-ristoranti
Italia
Iniziativa del Consorzio Co.Va.R.
14 che promuove un nuovo modo di fare ristorazione: ogni Eco-Ristorante viene sensibilizzato sui problemi dell’eccessiva produzione di rifiuti e degli
sprechi alimentari. Attraverso azioni indirizzate alla riduzione dei rifiuti, si viene a creare un circolo virtuoso di “buone pratiche” che coinvolgono anche la
clientela.
Eco–vaschetta
Italia
La Provincia di Rimini intende sperimentare la creazione di un circuito di
esercizi di ristorazione, in cui sia offerta
e promossa ai clienti la possibilità di
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
portare a casa, in modo sicuro e igienico, l’eventuale cibo avanzato dal pasto
consumato.
Il buono che avanza
Italia
Il progetto è promosso dall’associazione di volontariato milanese “Cena
dell’Amicizia Onlus”.
Si rivolge ai ristoratori, alle istituzioni
e ai cittadini milanesi, per contrastare il
quotidiano spreco di cibo attraverso i
comportamenti individuali, per promuovere uno stile di vita sostenibile, sensibilizzare sul problema delle persone senza
dimora
Ri-gustami a casa:
col tuo cibo riempi il frigo
non il cestino
Italia
I ristoranti che aderiscono a queste
iniziative, promosse rispettivamente dell’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Rimini (Eco-vaschetta), da Cena
dell’Amicizia Onlus (Il buono che avanza) e dalla Provincia autonoma di Trento (Rigustami a casa: col tuo cibo riempi
il frigo non il cestino), offrono ai loro
clienti la possibilità di portare a casa, in
modo sicuro e igienico, l’eventuale cibo
avanzato dal pasto consumato.
Food for good
Regno Unito
Servizio di catering “etico” che realizza piatti appetitosi utilizzando cibo
scartato nei mercati di Londra a causa
di piccole imperfezioni estetiche.
Geef! Cafè
Paesi Bassi
Un ristorante “pay as you can”, dove
chi consuma decide quanto pagare e
dove è possibile fare volontariato in
cambio di un pasto, garantendo in questo modo l’accessibilità a tutti.
InStock
Paesi Bassi
Un ristorante di Amsterdam crea il
proprio menù con prodotti che altrimenti andrebbero sprecati. Gli scarti sono raccolti dai fornitori locali che hanno
un surplus di cibo invenduto.
L’autostrada e la natura
Italia
Un hub di sperimentazione promosso da WWF Italia e Autogrill in alcune
aree di servizio autostradali alle porte
di Milano, prevede lo sviluppo di una
filiera integrata grazie alla quale i rifiuti
organici saranno trasformati in compost da utilizzare per “nutrire” un orto
all’interno dell’Oasi WWF Bosco di
Vanzago.
Pay As You Feel
Regno Unito
Un Cafè di Leeds dove ognuno paga
ciò che crede opportuno e dove gli ingredienti arrivano dagli scarti di vari stabilimenti alimentari della città, dai ristoranti o dai singoli cittadini. All’interno
del locale è attivo uno “swap-shop” per
permettere ai cittadini di scambiare cibo
non consumato.
Rub&Stub
Danimarca
Un ristorante di Copenhagen gestito
da volontari che prepara piatti utilizzando solo cibi prossimi alla scadenza con
un menù che varia a seconda degli alimenti a disposizione.
Tenga il Resto
Italia
Campagna promossa dal Comune di
Monza per il recupero dei pasti non
completamente consumati. Nei ristoranti della città che espongono la locandina è possibile richiedere che il pasto
non consumato venga confezionato in
PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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comode “doggy bag” da portare a casa
senza alcun costo aggiuntivo.
nianze ed approfondimenti sul tema
della lotta agli sprechi alimentari.
The Real Junk Food Project
Regno Unito
Un’associazione inglese recupera cibi
“di scarto” ancora buoni e commestibili
provenienti da ristoranti, mercati, imprese locali e supermercati e li trasforma in
pasti accessibili per chi ne ha bisogno.
Fanno parte del progetto i PAYF cafe
(Pays as you feel) che offrono la possibilità di pagare ciò che si ritiene opportuno
Feeding the 5000
Regno Unito
Campagna nata a Londra, già realizzata anche a Parigi, Amsterdam e Dublino, che ha come evento principale la distribuzione di migliaia di pasti gratuiti
preparati utilizzando ingredienti freschi
destinati ai rifiuti.
Albero del bene
India
Minu Pauline possiede un ristorante
Pappadavada a Kochi, nel sud dell’India.
Resasi conto della grande quantità di
cibo sprecato in India ed in particolar
nella sua attività ha deciso di mettere un
frigorifero di fronte al suo ristorante.
Una volta sistemato il frigo, ha incoraggiato i clienti a mettere tutto il cibo non
consumato all’interno. Il frigo è lasciato
aperto e senza sorveglianza 24 ore al
giorno, e il cibo è disponibile a chiunque gratuitamente. Ora Pauline sta invitando i residenti e proprietari di Hotel a
donare pacchetti di cibo perché a volte
per giorni non c’è cibo in eccesso da
mettere nel proprio frigo. Invita quindi
le persone a dare via il loro cibo in eccesso ai senzatetto.
Al posto della spazzatura...
happening!
Eating City La città che mangia
Italia
Oltre 3.000 pasti distribuiti e migliaia
di partecipanti per il grande pranzo collettivo gratuito realizzato a Torino con
gli scarti generati dalla distribuzione
commerciale, accompagnato da testimo-
Schnippeldisko
Germania
Evento nato a Berlino, su iniziativa
della rete giovani di Slow Food – Germania, che si sta diffondendo in tutto il
mondo: è già stato realizzato in più di
70 città, da San Paolo a New York City,
da Madrid a Namyangju in Corea del
Sud, da Rotterdam a Barcellona, da
Bruxelles a Marsiglia
Dopo aver raccolto grandissime
quantità di cibo scartate dai mercati locali, giovani, adulti e bambini si ritrovano per sbucciare verdura a suon di musica e trasformare così gli scarti in zuppe
e mega insalate che vengono distribuite
al pubblico.
United against food waste
UE
È il più grande evento danese contro
lo spreco alimentare, realizzato a Copenhagen e promosso da Fusions (la più
importante associazione nel mondo
contro lo spreco alimentare), consistente in una grande festa popolare che ha
avuto nell’ultima edizione più di 6000
partecipanti.
“Io non posso fare tutto, ma tutti
possono fare qualcosa”.
DAG HAMMARSKJÖLD,
Segretario Generale delle Nazioni Unite
dal 1953 al 1961
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
FONTI PER LA DOCUMENTAZIONE
Sitografia
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http://www.adiconsumlombardia.it/wp content/uploads/2015/07/Sintesi novembre 2014.pdf
http://www.ing.unitn.it/~ciolli/PagineMarco/Improntaecologica.pdf
http://www.lteconomy.it/it/articoli-it/articoli/focus-tutto-sull-impronta-ecologica
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
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h t t p : / / w w w. e - c o o p . i t / d o c u m e n t s / 1 1 8 2 8 / 4 0 8 2 8 6 6 7 / h p + c h i + s i a m o + +carta+dei+valori/ee20688a-6686-4553-8f7c-12cc67df7062
http://www.partecipacoop.org/news2016/wp-content/uploads/2014/11/buon-fine-novembre2014-corretta.pdf
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http://www.refed.com/?sort=economic-value-per-ton
http://www.favelaorganica.com/english/
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Bibliografia
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L’appetito vien studiando, Comune di Bergamo; ATS Bergamo, SER CAR.
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F. Forno, P.R. Graziano, 2016. “Il consumo critico. Una relazione solidale tra chi acquista e chi
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Bergamo.
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PER UN CONSUMO CONSAPEVOLE E RESPONSABILE: LA LOTTA ALLO SPRECO ALIMENTARE E LE BUONE PRATICHE
Federconsumatori Bergamo:
servizi e sedi
Federconsumatori è un’associazione libera e democratica nata per difendere i legittimi interessi dei consumatori e degli utenti nei confronti della Pubblica Amministrazione, degli Erogatori di pubblici servizi e dei Soggetti che offrono in vendita beni e servizi. È un’associazione riconosciuta ai sensi della L.281/98.
DI COSA SI OCCUPA?
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Informare i consumatori sui loro diritti;
promuovere l’educazione ai consumi;
intervenire sulla pubblicità ingannevole;
intervenire nelle scelte dei pubblici poteri che interessano l’utenza;
rivendicare servizi efficienti, gestiti con trasparenza e a costi contenuti;
combattere tutte le forme di illegalità, di truffa e di raggiro;
tutelare il risparmio.
Federconsumatori è in grado di dare un servizio di prima consulenza e di assistere il
consumatore nel contenzioso con: gestori telefonici, gestori servizi elettrici. aziende del
gas, dell’acqua e del trasporto pubblico; banche e assicurazioni; ditte che vendono fuori
dai locali commerciali; multiproprietà; artigiani e commercianti; altri settori.
Federconsumatori offre diversi tipi di assistenza:
• consigli in caso di semplici vertenze;
• assistenza nel contenzioso;
• consulenza specifica dei suoi esperti;
• consigli qualificati e assistenza legale.
Federconsumatori svolge anche una funzione informativa e propositiva. Attraverso
ricerche come questa, l’organizzazione di eventi, banchetti sul territorio offre ai consumatori gli strumenti per una cassetta degli attrezzi che li aiuti nell’effettuare scelte consapevoli nella società dei consumi.
COME SI FA AD ISCRIVERSI?
Iscriversi a Federconsumatori è molto semplice: basta recarsi in uno qualunque degli
sportelli e sottoscrivere la tessera. Oppure è possibile seguire la procedura indicata dal
sito www.federconsumatori.it. La tessera, convenzionalmente ridotta per gli iscritti alla
CGIL, da diritto alla consulenza e all’assistenza gratuita per un anno, alla consulenza
specializzata e, in caso di vertenza legale, ad un’assistenza a costi contenuti.
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Sedi di Bergamo e provincia
Comune
Indirizzo
Telefono
Orario
Bergamo
via Giuseppe
Garibaldi 3
035.3594430
da lunedì a venerdì
dalle 9 alle 12 e dalle 14.30 alle 18
Chiuso il mercoledì e il sabato
Albino
via Roma 42
035.774220
il 1° e 3° lunedì del mese
dalle 8.30 alle 11
Calusco
d’Adda
via Donizetti 139
035.790505
il lunedì
dalle 14.30 alle 17
Capriate
San Gervasio
via Bizzarri 25
02.90961316
il lunedì dalle 9.30 alle 12
e il venerdì dalle 15 alle 17.30
Clusone
via Vittorio
Veneto 3
0346.21016
il 1° e 3° giovedì del mese
dalle 14.30 alle 17
Grumello
del Monte
piazza Invalidi
del Lavoro 38
035.830662
il 1° e 3° lunedì del mese
dalle 14.30 alle 17.30
Nembro
via Garibaldi 8
035.470170
il 2° e 4° lunedì del mese
dalle 8.30 alle 11.30
Ponte
San Pietro
via dei Mille 6
035.617990
il lunedì
dalle 9 alle 12
Romano
di Lombardia
viale
dell’Armonia 186
035.910705
il venerdì
dalle 15 alle 17.30
Seriate
via Cerioli
Costanza 25
035.300849
il martedì dalle 14.30 alle 17.30
su appuntamento
Trescore
Balneario
via Lotto 6/f
035.3594430
recapito su appuntamento
Treviglio
via Cesare
battisti 43/b
0363.41662
il mercoledì dalle 15 alle 18
e il sabato dalle 9 alle 12
Zogno
via Mazzini 41
0345.92422
il martedì dalle 8.30 alle 12