eleonora lombardo eleonora lombardo
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SHORT APNEA L’ANIMALE UMANO [1/12] L’ANIMALE UMANO [1/12] EL EO NO R A EL EO NO R A LOMB A R D O LOMB A R D O L’ANIMALE UMANO CALENDARIO DELLE USCITE Trilogia dell’amore Trilogia del dolore NELLO ZOO Eleonora Lombardo LA PELLE DELLA LUCCIOLA Ettore del Capitano 05 • Ott • 2015 [download] 05 • Apr • 2016 ESTETICO ED EMOTIVO Dafne Munro PARTITA FINITA Giovanni Romano 05 • Nov • 2015 05 • Mag • 2016 [download] ETERNA LOTTA Carlo Loforti 05 • Dic • 2015 [download] [download] L’ESTATE DEL POLLO Marco Petrone [download] 05 • Giu • 2016 [download] Trilogia del distacco Trilogia della mutazione COME LANDO BUZZANCA Alessandro Locatelli ZAMPA DI LEGNO Marco Di Fiore 05 • Gen • 2016 05 • Lug • 2016 [download] LA REGOLA DELL’INFERMIERA Stefania Rega LA LUNA DEL LUPO Beatrice Gozzo 05 • Feb • 2016 05 • Ago • 2016 [download] IL MESSAGGIO DELL’ORSO Antonio Martone ODISSEO IN ANALISI Giuseppe Perez 05 • Mar • 2016 05 • Set • 2016 [download] [download] [download] [download] ELEONORA LOMBARDO NELLO ZOO SHORT APNEA L’ANIMALE UMANO [1/12] Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore. È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata. Editore Dario Emanuele Russo Redattrici Dafne Munro e Roberta Impallomeni Coordinatore Editoriale Attilio Albeggiani Direttore Social Media Antonio Martone Graphic Designer Angela Graci Urban Apnea S.A.S Via Libertà 129, 90143 Palermo P.IVA 06153260820 www.urbanapnea.it Foto di copertina di Peppino Romano Ottobre 2015 ISBN 9788894042030 PARTNER SHORT VIDEO L’Animale Umano Quella sporca dozzina di racconti (2015) da Youtube [3.41 min] realizzato da La Maladolescenza NELLO ZOO COLONNA SONORA artista Shigeru Umebayashi brano Yumeji's Theme [2.31 min] dal film YUMEJI di Seijun Suzuki Giappone, 1991 E ra un appuntamento che nessuno aveva fissato. Ricordo fosse sabato e avevo cambiato tre giacche prima di scegliere quella grigia, un fresco di lana che non avevo mai indossato. L’impermeabile lo tenevo appoggiato sul braccio. C’era il sole in quei giorni, ma più le giornate si facevano primaverili, più vivevo con la sensazione che il tempo potesse volgere al peggio da un momento all’altro. E comunque con l’impermeabile al braccio mi sento sempre più sicuro, più accompagnato. L’ho aspettata in piedi. Davanti al teatro. Era quasi ora di pranzo. E per aspettare in modo composto bisogna avere le mani mollemente impegnate. Per cui, sul braccio sinistro l’impermeabile, nella mano destra il libro che mi aveva regalato qualche giorno prima. Le avevo detto di possederne già una copia, ma desideravo che lei vedesse che non avrei mai rinunciato a quella regalatami da lei, perché era stato un bel pensiero. Sopra di me, in mezzo al cielo nitido, pendeva il carico di una gru, ferma, in riposo dal prendere e spostare pesi.” 7 L’ANIMALE UMANO “Lo scorsi mentre attraversavo il giardino, un labirinto di muschio e muretti bassi. Lo vidi da lontano con la postura ben distinta dall’andirivieni curvo, confuso e colorato dei ragazzi che entravano e uscivano dal teatro occupato. Sarà stata la quarta o la quinta volta che ci incontravamo, la prima all’aperto con il sole. Avevo posteggiato la Panda lontano, per rassicurarmi passo dopo passo, misurare il tempo e lo spazio per raggiungerlo, per colmare una distanza che mi sembrava separarmi da lui. Era di spalle, indossava una giacca grigia e sul braccio aveva l’impermeabile blu che avevo notato altre volte nei giorni di pioggia. Sapevo che se gli fossi giunta anche questa volta alle spalle e mi fossi fermata a guardarlo, prima o poi si sarebbe girato e mi avrebbe sorriso impacciato, guardandomi con occhi sbalorditi e parlandomi con quella voce che avrei ascoltato a ogni ora del giorno e della notte. Mi piaceva pensare di prenderlo alla sprovvista, ma ancora di più di essere sorpresa un attimo prima. E mi piaceva imbarazzarlo. Mi accomodai la sciarpa in modo da lasciare visibile quel tanto di scollatura 8 NELLO ZOO nella quale gli avevo visto precipitare di sfuggita gli occhi e rallentai il passo per dargli il tempo di voltarsi. Dopo qualche secondo si girò e sorrise. Aveva in mano il libro che pochi giorni prima gli avevo regalato. Era bello il suo modo di esibirlo. Di lasciarlo in cima ad appunti confusi, casuale e mirato!” “Ero sicuro che qualunque punto avessi scelto, in qualunque direzione avessi orientato lo sguardo, lei sarebbe comunque arrivata alle spalle. Non aveva fatto altro fin dal primo momento. E solo in quei giorni mi accorsi di avere spalle in grado di sentire e vedere, perché se dietro di me c’era lei, io lo sapevo. Lo seppi anche quella mattina. Il tempo di girarmi e lei sorrideva. I capelli appuntati con una matita, una canottiera bianca e una maglia verde di cotone grezzo buttata sopra. E poi la sciarpa di lana, viola. E i jeans. Eravamo emozionati. Il tempo di dirsi buongiorno e poi l’ansia di sviare lo sguardo. Le sue parole a raffica, per non sostenere il silenzio. Le chiesi una tregua, mi aveva già fatto sei o sette domande, le indicai il tavolino di un bar di 9 L’ANIMALE UMANO fronte all’ingresso del teatro in quella zona mezza morta e mezza resuscitata di Palermo. – Cosa desidera bere? – Del vino bianco, grazie. Mi fermai sulla soglia. – È sicura? Non è esattamente il posto in cui potere sperare in uno Chablis. – Sì, forse è meglio una birra. Una Heineken, ma con il bicchiere, per favore. Rimasi sorpreso dalla richiesta, dal desiderio di compostezza, di non fare gesti sconvenienti, non sapendo che era proprio di quelli che andavo in cerca. La desideravo scomposta e invece continuava ad aggiustarsi. Quando tornai al nostro tavolo tenevo in mano due calici ancora bagnati e una bottiglia di Corvo. Di meglio non era stato possibile, ma mi piaceva l’idea di accontentarla.” “Quando vidi la bottiglia che teneva in mano provai una stretta allo stomaco. Forse non aveva trovato di meglio, ma non poteva sapere che il Corvo bianco era per me una madeleine. Mia nonna ne 10 NELLO ZOO teneva un bottiglione da un litro e mezzo nel suo armadio, allora si chiamava “Duca di Salaparuta” e sull’etichetta c’era un disegno della cantina storica di Casteldaccia che non ho più dimenticato. Lo tirava fuori quando pranzava e cenava da sola nella sua camera, e lo poneva a fianco della bottiglia di vetro smerigliato dell’Idrolitina. Poi se ne versava un bicchiere, che beveva a piccoli sorsi lungo tutto il pasto. È stato il primo vino che ho assaggiato diluito con un po’ d’acqua, scoprendo a sei anni il sapore benefico dell’altrove. E quel gusto che aveva segnato la mia infanzia lo avrei ritrovato ad anni di distanza nel Corvo bianco. – Grazie, questo lo amo più di un Bougros. Sorrisi con gli occhi e tesi la mano verso i bicchieri. – Sono contento, ma mi lasci dire che non le credo – rispose con il tono di chi si sente preso in giro ed è un po’ felice di esserlo. – Guardi che non intendo compiacerla, né professionalmente, né personalmente: il Corvo bianco mi piace davvero – gli dissi con quel tono che uso di tanto in tanto per rimettere a posto le cose. 11 L’ANIMALE UMANO Poi bevvi il primo bicchiere di vino e mi venne naturale raccontargli di mia nonna, lui della sua. Dalle nonne, soavemente, vennero fuori tutte le bottiglie nascoste negli armadi che le nostre vite avevano scovato. Lui beveva le mie parole come io il vino. E presto la bottiglia fu vuota. Al fondo della bottiglia, lui e io. Bellissimo.” “I movimenti delle mani mentre raccontava erano disegni. Batteva a volte l’indice sul tavolo, sinistra e destra si univano e poi si allontanavano, c’erano momenti in cui con tutte le dita unite faceva della conversazione una partitura. Perfino silenzi c’erano fra le sue dita. Nei momenti di morbidezza, le usava per aggiustarsi i capelli e finalmente stava zitta, lasciando intendere di volere essere dove la conversazione la stava portando: distante da dove era partita. Poi si ravvedeva, come se si accorgesse all’improvviso di essersi allontanata troppo dalla riva e di avere superato la distanza di sicurezza, oltre la boa. Tornava a parlare di lavoro, con un lieve tono di rimprovero come a rimarcare 12 NELLO ZOO che era per questo che ci trovavamo lì. Nessuna altra intenzione. Era nervosa. Esattamente come me, che avevo le mani ghiacciate in una giornata calda. Bevevamo e parlavamo. All’inizio fu lei a parlare tanto e io ad ascoltare. Ci scioglievamo nel vino. Poi toccò a me, e mi sorpresi a dire cose che non mi ero detto neanche allo specchio. Parlando di lavoro, le confidai di tutte quelle volte che avevo vacillato, degli errori che mi sembrava di avere commesso perché guardavo nello specchietto retrovisore anziché guardare avanti. Robe che non si raccontano, cose che si tacciono, insicurezze che si mascherano venivano fuori fluide ed eleganti. All’ultimo bicchiere, prima di finirlo, lei si tolse gli occhiali da sole. Io rimasi incollato ai miei a causa delle lenti graduate, ma se li avessi tolti sarebbe stato evidente che i miei occhi erano diventati del suo colore. La Pantera a quel punto fece il suo giro di ronda, un poliziotto tirò la testa fuori dal finestrino e fece un gesto di sdegno contro un gruppetto di ragazzi che fumavano erba davanti all’ingresso del teatro” 13 L’ANIMALE UMANO “Aveva tagliato i capelli, me ne ero accorta subito, ma non avevo voluto dire nulla. Non volevo che fosse evidente il mio modo di guardarlo in ogni dettaglio da dietro gli occhiali da sole. Così li tolsi per controllare meglio dove posarli. Forse erano i capelli corti, ma tutto di lui mi sembrava rivitalizzato, e mi sorprendevo a sentirgli usare le parole con una precisione che mai gli avrei attribuito. La stessa precisione che usava nel vestire, la stessa capacità di prendere cose da lontano e farle diventare vicine, confinanti. Sapeva cucire la cura alla distrazione. Mi aveva accarezzato l’anima parlando di come non ci sia mai solitudine che possa lasciare scampo alla sciatteria. Lo disse così bene che mi venne voglia di infilare la mano dentro la borsa per pescare nel pacchetto una Camel da aspirare con soddisfazione. Per soffiare via dalla bocca un desiderio che non accennava a placarsi. Ma non dovevo cedere al vizio: non desideravo che mi associasse all’odore sgradevole del fumo. Sognavo che immaginasse nella mia bocca il sapore del vino bianco riscaldato dalla saliva. Quando fi- 14 NELLO ZOO nimmo la bottiglia erano trascorse due ore come fossero stati dieci minuti. Dissi che era tempo di andarmene quando lui, parlando, mi sfiorò distrattamente l’indice nel quale stava appoggiata la penna che da tempo non scriveva nulla.” “Piacere di conoscersi. Danza e caccia che si fondono. Sapere solo di buono, non accennare a quella parte sgradevole che in questi momenti non esiste, che non prende consistenza perché non sa attrarre materia, neanche a riconoscere una a una le particelle elementari che la compongono. – Bene, credo che per oggi possa bastare. Mi ha dato notizie a sufficienza su cui lavorare per giorni. Direi che possiamo sentirci la prossima settimana – concluse, senza lasciare spazio a un’alternativa. Ci alzammo insieme e mi strinse la destra in segno di saluto, e sorridendo per ringraziare. In mezzo a noi ancora un tavolino. Si allontanò. Feci ancora in tempo a vedere che tirava fuori dalla borsa il telefono, forse qualcuno da avvertire che aveva finito, che era pronta a cominciare il suo sabato. Con dispia- 15 L’ANIMALE UMANO cere la guardai andare via. Lasciai i soldi sul tavolo e mi avviai verso la Jaguar che avevo parcheggiato lontano. Sentivo che le nostre spalle avevano smesso di guardarsi.” Chiusa nell’abitacolo della sua macchina la femmina si sente al sicuro dagli sguardi altrui. Totalmente incapace di considerare come i vetri delle autovetture siano trasparenti per vedere i propri simili, lasciando nel contempo la possibilità di essere osservati, la femmina si abbandona ai più intimi rituali di pulizia. La prima cosa che fa quando siede al posto di guida è guardarsi nello specchietto per aggiustare eventuali sbavature di trucco. Durante questa operazione vengono sovente individuate delle impurità della pelle che vengono rimosse applicando una pressione degli indici fino alla fuoriuscita completa della suppurazione, che una volta tirata fuori viene guardata con interesse, 16 NELLO ZOO esaminata e soppesata, prima di essere espulsa con uno schiocco di dita e senza l’ausilio di alcuna salvietta, fazzoletto o trina. Nel caso specifico, la femmina, presa in esame la salute della pelle e dopo avere adempiuto al rito della pulizia, si accende una sigaretta. Quindi mette in moto la macchina e fuma mentre procede alle operazioni di marcia indietro. Per il resto della guida tiene la sigaretta sul volante, lasciando che la cenere cada nell’abitacolo, come a marcare il territorio. Il maschio è generalmente un tutt’uno con l’auto che guida. Finiscono per somigliarsi, per emettere gli stessi suoni e nutrirsi dello stesso carburante, bisognosi dei medesimi tagliandi. Il maschio preso in esame parla al telefono prima ancora di avere aperto lo sportello dell’autovettura. Una volta dentro, continua la sua conversazione mentre assolve alle operazioni di messa in moto. Suda. La conversazione lo innervosisce. Si ritrova in mezzo ai denti un residuo di cibo, abbassa il finestrino elettrico e lo sputa fuori. Il bolo finisce sull’asfalto. Segnale 17 L’ANIMALE UMANO che comunica un’importante informazione: il maschio è stato qui. Continua a parlare al telefono e, avendo ancora il finestrino abbassato, è possibile sentire distintamente il verso che emette. – Porca puttana, questa è una cazzata che pagheremo cara! È una testa di minchia, e con il suo modo di fare ci mette nella merda! La femmina costeggia la via del mare, procede lentamente con movimenti rettilinei. Il maschio si insinua fra i vicoli del centro, muovendosi a scatti, perché la dimensione della sua autovettura non è idonea al contesto. Passano pochi minuti e raggiungono lo stesso semaforo; li separa solo una macchina, ma entrambi individuano l’involucro che li nasconde. Il maschio è avanti. La femmina dietro. Il maschio sovente conosce scorciatoie che lo portano in vantaggio di alcuni metri, mentre la femmina è rallentata da se stessa, nonostante parta in anticipo. Il maschio è veloce in arrivo, la femmina in partenza. All’autovettura del maschio si avvicina un lavavetri che offre il suo servizio. Il maschio 18 NELLO ZOO reagisce bruscamente e aziona il tergicristallo. Il lavavetri sorride e insiste nel proporre il lavaggio del parabrezza. Il maschio abbassa il finestrino e, a voce alta, emette dei – No! – La femmina, da dietro, osserva dal suo abitacolo – Guarda che testa di cazzo! – Il semaforo diventa verde, la frenesia di ripartenza della femmina la porta a premere con insistenza sul clacson. – Cretina, che ci suoni? – urla lui – Coglione, stai bloccando il traffico! – Hanno il timbro della voce distorto dal volume delle loro emissioni vocali e disturbato dal traffico di simili che li circonda e li ignora e vorrebbe non vederli e non sentirli. – Con quella macchina di merda dove devi andare? Portala al lavaggio, ingrasciata! – Imbecille, chi cazzo credi di essere, solo perché hai quattro soldi rubati a chissà a chi? La macchina in mezzo, come diaframma delle loro esistenze, riparte e supera il maschio in questione. Il lavavetri si scansa per evitare la brusca ripartenza. La femmina è decisa a raggiungerlo, per 19 L’ANIMALE UMANO continuare gli improperi che l’hanno ferita ma, perdendo tempo a ingranare la prima, spegne il motore. Non potendolo raggiungere con le sue urla, tira fuori la mano sinistra e alza il dito medio. Il maschio che si sta allontanando risponde con il medesimo gesto. La femmina riparte sgommando sull’asfalto e, di prima, accelera per raggiungere il maschio. Lui la guarda dallo specchietto retrovisore. Ha un sospetto, si distrae e dopo la curva non si accorge del rosso al semaforo successivo. Inchioda ai freni all’improvviso lasciando una traccia per terra. La femmina non fa in tempo a difendersi e, ancora con la prima ingranata, lo tampona. È congestionata, l’adrenalina emette odori di ogni tipo. Appena si accerta di non essere ferita, apre lo sportello con difficoltà. Una volta fuori, la matita che la femmina usa per bloccare la criniera cade per terra. Non se ne cura e, a passi minacciosi, si avvicina all’abitacolo del maschio, che non accenna ad abbandonare la sua tana minacciata. – Testa di minchia, guarda che cazzo hai combinato! La femmina si blocca proprio davanti al finestri- 20 NELLO ZOO no del maschio, che è rimasto abbassato. Il maschio continua a guardare avanti. La femmina lo osserva muta. 21 TI È PIACIUTO QUESTO E-BOOK? NELLO ZOO [1/12] Diventa co-finanziatore Urban Apnea con una libera offerta! Accedi al form di finanziamento sicuro tramite conto Pay-Pal o Carta di Credito. Con un finanziamento pari o superiore a 5€: entro 24h il tuo nome verrà ascritto nell'elenco dei co-finanziatori e riceverai in omaggio 3 e-book, uno per ogni collana. Donazione 22 TEORIA OLOGRAFICA