relazione 1: analisi dei contenuti disciplinari

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relazione 1: analisi dei contenuti disciplinari
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1. Analisi dei contenuti disciplinari in relazione agli Obiettivi Specifici di Apprendimento
(OSA)
a cura di Maria Grazia Sità
La pubblicazione gli Obiettivi Specifici di Apprendimento (OSA) di Teoria, Analisi e
Composizione (TAC) ha suscitato diverse preoccupazioni tra i docenti della disciplina: in generale
questi OSA sono sembrati di difficile raggiungimento e di ambizioni forse esagerate, tanto che – a
giudizio di qualcuno - neanche uno studente di conservatorio a livello di compimento medio del
corso di Composizione sarebbe in grado di corrispondervi. In realtà, la formulazione di questo
programma lascia ampi margini d’interpretazione. Dal mio punto di vista di commentatore esterno,
leggere negli OSA di TAC un "programma massimo" che comprende tutto lo scibile musicale
costituisce solo una delle interpretazioni possibili: questi OSA non impediscono di mirare a risultati
e a livelli di approfondimento molto alti (se è possibile farlo nei contesti e con gli studenti con cui il
docente si trova a lavorare), ma non li prescrivono obbligatoriamente.
La lettura degli OSA ha dato luogo anche ad altri fraintendimenti, tra cui quello che la materia
di TAC, vista la sua denominazione, dovesse riunire in cinque anni di corso del liceo tutti i
contenuti di tre diversi corsi del conservatorio, così come erano intesi nei vecchi ordinamenti:
Teoria e solfeggio, Cultura musicale generale (familiarmente chiamata Armonia complementare) e
anche il corso inferiore di Composizione principale. Sicuramente, visto in questo modo, il compito
appare una missione impossibile, ma non è questo ciò che viene richiesto: gli OSA non prescrivono
né di comprimere a forza tre corsi in uno, né di far riferimento a programmi e denominazioni che
non esistono più nemmeno nei conservatori, dopo la riforma.
Un altro fraintendimento ha riguardato l'idea che questo corso debba preparare gli studenti
eventualmente motivati verso la composizione all'accesso, dopo il liceo, al triennio di composizione
in conservatorio. È evidente che per questo obiettivo dovrebbe esistere un percorso specifico, inteso
come quinquennio, o come indirizzo che lo studente possa scegliere al terzo o quarto anno (vista la
rarità del caso che uno studente sia già a quattordici anni deciso a seguire un corso compositivo). Si
tratta di un corso che ancora non esiste e della cui istituzione si potrà eventualmente discutere in
futuro. Nel frattempo è opportuno chiarire che la composizione di cui si parla nella dicitura della
materia è una composizione "per tutti", non solo per chi vorrà dedicarsi alla composizione, allo
stesso modo in cui il canto che si pratica nella lettura cantata è un canto "per tutti", non del tipo che
prepara all'ammissione al triennio di canto del conservatorio.
La mia lettura degli OSA, in linea con questa premessa, prova a dare un’interpretazione diversa
da quel "programma massimo" che ha creato inquietudine fra i docenti (e gli studenti). Nella mia
interpretazione rischio evidentemente l'errore contrario, quello di delineare un "programma
minimo" che non soddisfa né i docenti né gli studenti. Intendo comunque correre questo rischio,
nella convinzione che l’idea di un livello minimo costituisca un’interpretazione indebita, tanto
quanto quella che mira al livello massimo.
Primo biennio.
[...] lo studente consolida le competenze relative allo sviluppo dell'orecchio, alla padronanza
dei codici di notazione, all'acquisizione dei principali concetti del linguaggio musicale, allo
sviluppo di capacità di comprensione analitica e di produzione di semplici brani attraverso
l'improvvisazione e la composizione. Evidentemente si sta parlando di imparare a intonare, a
riconoscere le note e le pause ecc., ma si accenna anche a qualcosa di più. Come realizzarla? La
frase successiva fornisce a mio avviso un chiaro suggerimento metodologico:
È opportuno che ciò avvenga in modo integrato attraverso percorsi organizzati attorno a temi
concettuali (scale, modi, metri, timbri, forme, ecc.) e a temi multidisciplinari (musica/parola,
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musica/immagini), che offriranno lo spunto per attività di lettura, ascolto, analisi, improvvisazione,
composizione.
Il suggerimento mi sembra volto a evitare la suddivisione concettuale e cronologica dei tre
piani: cioè si invita a non pensare a due anni di teoria, due anni di analisi e un anno di
composizione, ma a lavorare in modo integrato contemporaneamente su tutti questi aspetti. Come?
Lavorando attorno a temi concettuali e/o multidisciplinari nel modo indicato: lettura e ascolto (o
meglio, se posso permettermi: ascolto e poi lettura) riferiti a un certo tema, seguiti dall'analisi
(intesa come descrizione e appropriazione consapevole), seguita da ri-composizione nella forma
"orale" di improvvisazione o nella forma "scritta" di composizione. Per fare un esempio concreto,
se il tema è il modo, ascolto e lettura possono riguardare il riconoscimento (dal semplice maggioreminore, a modi diversi ma egualmente riconoscibili come frigio o lidio o modi pentatonici ecc....) e
la riproduzione con la voce o con lo strumento; l'analisi può riguardare la presa di coscienza delle
caratteristiche intervallari peculiari; l'improvvisazione (e composizione) può svolgersi come
creazione melodica che utilizza le altezze individuate o come libera sperimentazione di aggregati
armonici risultanti dall'utilizzo delle altezze scelte ecc.
Se l'obiettivo appare troppo semplice (se la mia interpretazione si sta spostando indebitamente
verso il limite minimo), o se gli studenti si dimostrano interessati a sviluppare ulteriormente
l'argomento, è ovvio che il tema può essere svolto a livelli superiori di complessità, anche in
momenti successivi del biennio. L'esempio offerto all'ascolto può non essere una pura melodia, ma
un brano vero e proprio tratto da vari repertori, colti ed extracolti: sul misolidio si basa Norwegian
Woods dei Beatles e sul lidio molta musica popolare slovacca (e il riferimento a repertori popolari o
extracolti non vuole essere una semplificazione, ma semplicemente un invito a utilizzare la massima
varietà di spunti stilistici). Oppure, per alzare il tiro, i modi scelti possono essere ad esempio quelli
formalizzati dalla teoria di Messiaen (modi a trasposizione limitata). Oppure la composizione può
non limitarsi al frammento esemplificativo, ma diventare un brano vero e proprio.
Il punto successivo degli OSA parla di condurre lo studente a leggere con la voce e con lo
strumento e a trascrivere brani monodici di media difficoltà rispettandone le indicazioni agogiche e
dinamiche. Sicuramente si sta parlando di qualcosa che sta vicino al solfeggio e al dettato
tradizionali, ma dato che la terminologia usata negli OSA evita accuratamente di usare queste
parole, forse l'idea è di raggiungere queste abilità in maniera diversa da quanto si faceva con le
pratiche tradizionali. Noto che in tutto il programma la parola solfeggio non appare mai: si parla
sempre di leggere con la voce e con lo strumento e questo a mio avviso è un chiaro invito a cercare
pratiche alternative al tradizionale solfeggio. Mi sembra inoltre che in questo programma non si
faccia mai riferimento al solfeggio parlato, ma eventualmente solo al solfeggio cantato (leggere con
la voce). E non si parla nemmeno di dettato, ma di trascrivere brani: brani con le loro
caratteristiche agogiche e dinamiche, quindi non limitandosi a riconoscere altezze e durate di
frammenti offerti come esercizio, ma trattando piccoli brani, nella loro completa sostanza musicale
(altezze, durate, agogica, dinamica).
L'indicazione seguente riguarda: trascrivere all'ascolto bicordi e triadi nonché semplici
frammenti polifonici a due parti. Si tratta di abilità che non erano richieste nei vecchi corsi
tradizionali del conservatorio, ma sulla cui utilità non possono esserci dubbi. Non si sta parlando di
effettuare il dettato armonico, ma di esercitare l'orecchio a riconoscere semplici combinazioni di
due o tre suoni sia come oggetto musicale in sé, isolato da un contesto (quindi come colore o
impressione complessiva), sia come risultanti di un movimento orizzontale. Evidentemente i primi
esempi potranno essere su accordi semplici (triade maggiore, triade minore...) e successioni
parallele (di terze, di seste e poi di quarte, di quinte...) che possono essere facilmente riconosciute
ed anche eventualmente eseguite estemporaneamente. Successivamente il riconoscimento potrà
riguardare la posizione dei suoni della triade (introducendo i rivolti), potrà essere giocato su timbri
omogenei o non omogenei ecc.
Il successivo punto (cogliere all'ascolto e in partitura gli elementi fondamentali e le principali
relazioni sintattico-formali presenti in un semplice brano) sembra indicare una pratica di analisi
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formale condotta all'ascolto prima che in partitura. Anche questo mi sembra un aspetto molto
interessante. Si tratta di cogliere procedimenti formali di ripetizione (aa, aba, aaba...) ma anche di
individuare le principali funzioni sintattiche delle sezioni di un brano - funzioni come introduzione,
preparazione, collegamento, coda... Dopo aver acquisito le procedure più semplici, è evidente che il
discorso può essere sviluppato a livelli di complessità maggiore: l'articolazione di una classica
forma-sonata può essere sicuramente colta all'ascolto anche prima di entrare nel dettaglio delle
relazioni armoniche e motiviche.
Lo studente viene poi condotto a padroneggiare i fondamenti dell'armonia funzionale
producendo semplici arrangiamenti e brani originali, a improvvisare e comporre individualmente,
o in piccolo gruppo, partendo da spunti musicali o extra-musicali anche sulla base di linguaggi
contemporanei. Anche in questo caso la parola armonia ha indotto molti lettori a pensare che qui
sia alluda semplicemente alla pratica del basso d'armonia. Come nel caso della parola solfeggio,
però, mi permetto di notare che nel programma è evitata accuratamente la locuzione basso
d'armonia. Ciò non impedisce, a mio avviso, al docente che lo ritenga necessario, di introdurre
l'esercizio del basso armonizzato. Il programma però invita a pensare soluzioni alternative per
raggiungere la conoscenza approfondita e consapevole delle funzioni armoniche: si parla di
padroneggiare i fondamenti dell'armonia funzionale che, a rigor di termini, può significare anche
solo saper riconoscere e collocare compositivamente nel luogo opportuno combinazioni accordali
che corrispondano alle funzioni di sottodominante, dominante e tonica. Se giocare solo con tre
accordi può sembrare un obiettivo limitato, è ovviamente noto a tutti i docenti che i fondamenti
dell'armonia funzionale sono anche da intendersi come aree di preparazione, tensione e riposo, che
possono essere articolate da tipi di accordi diversi (settime, dominanti secondarie, seste eccedenti,
ecc.) ed espanse a piacimento. Mi sembra interessante notare che, rispetto al basso d'armonia, un
esercizio di questo tipo invita a praticare consapevolmente la sintassi tonale, quindi abitua a
costruire un discorso: cosa che il basso non garantisce (dato che la sintassi è, grossomodo, già data e
l'esercizio riguarda la condotta delle parti). Le funzioni di IV, V e I grado naturalmente si prestano
anche ad altre combinazioni: come è noto, nel giro di blues, ad esempio, le troviamo collocate in
maniera diversa e mi sembra importante pensare anche all'esercizio di tale successione (o di altri
"giri"), basilare per molti generi musicali. Mi sembra opportuno ricordare che non tutti gli studenti
si specializzeranno nel settore "classico": forse si dedicheranno al jazz o alla popular music...
Anche l'accenno ai semplici arrangiamenti si può naturalmente intendere in molti modi: si va
dall'adattamento di un brano per uno strumento diverso da quello per cui è stato scritto (con la
conseguente tematizzazione degli strumenti musicali e dei tipi di figure più idiomatici), alla
riduzione da organici più grandi a organici più piccoli o al pianoforte ecc.
Il riferimento a linguaggi contemporanei inoltre, mi sembra un invito a non considerare gli stili
del XX e XXI secolo come un obiettivo da raggiungere solo dopo aver completamente
padroneggiato i linguaggi precedenti (cioè il linguaggio tonale): come è noto nella musica nel
Novecento e del Duemila convivono anche nel settore "classico" stili diversissimi. In molti casi si
possono trovare esempi di approcci poco formalizzati che possono fornire idee compositive gestibili
anche nei livelli iniziali della preparazione.
Gli OSA relativi al primo biennio si concludono con l'invito alla riproposizione e
improvvisazione di sequenze ritmiche e frasi musicali, nonché semplici poliritmi e canoni, con l'uso
della voce, del corpo e del movimento, curandone anche il fraseggio. Anche qui si tratta di abilità
non comprese nei vecchi corsi del conservatorio (se non nel corso di Didattica della musica) e il
docente che non abbia mai avuto a che fare con la metodologia Dalcroze o simili potrebbe trovarsi
del tutto spiazzato. A mio avviso in questo, come in altri casi, il suggerimento è rivolto a indicare
una pluralità di metodologie possibili per il raggiungimento dei medesimi OSA: ogni docente saprà
far raggiungere ai suoi studenti gli obiettivi indicati sulla base anche della propria preparazione e
delle proprie esperienze. Il programma ha molti aspetti di novità e può costituire un'occasione di
sperimentare anche la propria autonomia didattica.
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Secondo Biennio.
Gli OSA ribadiscono l'impostazione integrata proposta per il primo biennio, ma aggiungono la
necessità di assumere una prospettiva storico-culturale che evidenzi continuità e discontinuità
nell'evoluzione dei sistemi di regole e delle modalità di trasmissione della musica, sia sul piano
della notazione che su quello della composizione. Anche qui dopo la frase introduttiva, vi è
un'indicazione di metodo: si ribadisce l'utilità di affinare in modo integrato abilità di lettura,
trascrizione polifonica e armonica applicata a partiture di crescente complessità. Appare
interessante l'idea della teoria che continua: quindi lettura, trascrizione, riconoscimento armonico
non sono abilità relegate alla fase iniziale del percorso, ma continuano a essere esercitate e affinate.
I percorsi che nel primo biennio venivano collegati a temi concettuali ora vengono suggeriti intorno
a temi con implicazioni storiche (modalità, contrappunto, canone, evoluzione dell'armonia
funzionale, storia delle forme musicali ecc.). Vorrei qui osservare che quanto viene richiesto non è
necessariamente una storia di tutto lo scibile musicale: peraltro in molti aspetti la trattazione
potrebbe anche venire concordata e condivisa con la materia Storia della musica, dove si
tematizzano molti di questi aspetti propriamente nel loro contesto storico. Mi sembra che la
trattazione specifica di TAC in questo caso possa semplicemente tener conto della dimensione
storica di una tecnica o di una forma, evitando di affrontarle come strutture assolute e atemporali:
sarà opportuno quindi considerare che ci sono quindi tecniche e regole del contrappunto di Desprez,
che sono diverse dalle tecniche e regole del contrappunto di Bach; oppure che la forma sonata non è
una sola, ed esistono pure varianti collegate allo stile personale di un autore (la forma sonata di
Mozart è diversa da quella di Beethoven, che a sua volta ne dà interpretazioni diverse nel corso
della sua vita ecc.).
Gli OSA del secondo biennio citano anche abilità di improvvisazione e composizione che
impieghino tecniche contrappuntistiche e armoniche storicamente e stilisticamente caratterizzate.
Anche qui non vi è una prescrizione precisa che ingiunga di comporre una fuga in stile bachiano o
un mottetto in stile palestriniano: nel bacino della storia della musica è possibile pescare molti
esempi di differente complessità. Improvvisare o comporre un organum parallelo (che procede per
quinte e quarte parallele) è un obiettivo persino facile; una scrittura come quella della frottola –
dopo aver opportunamente individuato le abitudini di condotta delle parti – è facilmente imitabile.
Come anche la tecnica dei tintinnabuli di Arvo Pärt (basata sulla permutazione delle note
dell'accordo), in forma semplice, può essere certamente riprodotta. Se gli studenti sono in grado di
affrontare la ricostruzione di tecniche più complesse, ovviamente questo obiettivo non è proibito,
ma non è nemmeno prescritto obbligatoriamente. Aggiungo che anche nel repertorio delle tecniche
non eurocolte si rinvengono interessanti procedure, non formalizzate dalla tradizione accademica
che possono essere studiate e riprodotte: ostinati, stratificazioni poliritmiche dell'Africa subsahariana, polifonie orali europee o extraeuropee propongono molti modelli da elaborare e
sviluppare.
La successiva indicazione degli OSA riguarda la conoscenza delle tecniche informatiche da
usarsi in attività di composizione e arrangiamento [...] anche a supporto di altri linguaggi
espressivi. Anche in questo caso si può pensare ad attività in collaborazione con la disciplina di
Tecnologie Musicali, dove gli altri linguaggi espressivi possono essere intesi anche come utilizzo
di video per la creazione di piccole installazioni. Anche in questo biennio si parla di pertinente uso
del movimento, in continuità con le esperienze del primo biennio.
La frase finale parla di saper armonizzare e comporre melodie mediamente complesse e
articolate, con modulazioni a toni vicini e lontani, progressioni, appoggiature e ritardi, utilizzando
anche settime e none. Anche in questo caso si invita ad applicare conoscenze di natura armonica
non sul tradizionale basso, ma, rovesciando la prospettiva, a partire dalla melodia (se vogliamo: il
tradizionale canto dato) che deve essere armonizzata o composta. Anche in questo caso
l'armonizzazione della melodia aiuta a gestire la sintassi armonica e favorisce quindi anche l'abilità
di costruire poi autonomamente il discorso musicale.
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Quinto anno.
Continua l'invito a esercitare la teoria (lettura, trascrizione ecc.) e l'analisi applicata al
repertorio del XX secolo (e, aggiungo, XXI) e sulle tradizioni musicali extraeuropee. Come
suggerito sopra, in realtà sia il repertorio più recente che le musiche extraeuropee possono, a mio
avviso, essere coinvolte anche nella trattazione degli anni precedenti così da permettere l'approccio
a esempi sempre più complessi. Si approfondisce la conoscenza dell'armonia e si prosegue anche
nell'uso di mezzi multimediali, per la realizzazione di brani elettronici.
Ancora una volta il riferimento alle conoscenze armoniche si concentra su armonizzare e
comporre melodie mediamente complesse e articolate, con modulazioni ai toni vicini e lontani ecc.
secondo le modalità commentate sopra.
Come indicazione finale gli OSA parlano di elaborare e realizzare un progetto compositivo,
con una forte vocazione multidisciplinare, atto ad essere eseguito a guisa di prova finale,
presentando per iscritto le istanze di partenza e gli scopi perseguiti. L'obiettivo sembra coerente
con il percorso delineato negli anni precedenti, cui si aggiunge una più marcata intenzione
multidisciplinare. La discussione sulla prova finale, però, è ancora in atto.