scimmie

Transcript

scimmie
INCONTRO CON LO SCRITTORE ALESSANDRO GALLO
E PRESENTAZIONE DEL SUO ROMANZO “SCIMMIE”
Ottavio Navarra è un editore che probabilmente non si arricchisce con le sue pubblicazioni ma che sicuramente arricchisce tutti noi con le opere che lui pubblica . Testi che si distinguono per le tematiche di impegno civile e per quei valori ed ideali che noi insegnanti siamo chiamati quotidianamente a difendere e a trasmettere ai nostri alunni in quanto sale di democrazia e necessari pilastri per la costruzione di un mondo migliore. Molti dei libri pubblicati da Ottavio Navarra, sono importanti “fiori” di memoria, di storia, di impegno civile. Vorrei ricordare a tal proposito la collana “Fiori di campo” che contiene testi piccoli (per la dimensione), economici (costano solo 5 euro!!!) ma grandi per quanto riguarda il loro contenuto. Alcuni esempi : “Parole contro il potere: Vincenzo Consolo, ritratti e lezioni civili”, ”Passaggio di testimone : 11 giornalisti uccisi dalla mafia e dal terrorismo”, ”Amore non ne avremo” (raccolta di poesie di Peppino Impastato), “Tributo a Felicia” (dedicato a Felicia Bartolotta Impastato, madre di Peppino Impastato), “La radio dei poveri cristi”( su Danilo Dolci e la prima radio libera in Italia). Ottavio Navarra, da sempre impegnato nell’editoria “impegnata”, è un marsalese D.O.C. che si è trasferito da alcuni anni a Palermo dove la sua casa editrice si contraddistingue per l’attenzione agli autori emergenti e l’interesse per le tematiche di impegno civile ed è diventata un punto di riferimento per la città. Alessandro Gallo è un esempio lampante di giovane talento scoperto e valorizzato dalla Navarra Editore. Il suo romanzo “Scimmie” ha vinto il Concorso letterario “Giri di Parole” 2011 indetto dalla stessa casa editrice.
Alessandro Gallo , nato a Napoli nel 1986, è scrittore, attore e regista. Con lo spettacolo” Tufo “ ha vinto il Premio Miseno 2008. Con il riadattamento teatrale del suo romanzo” Agguantame “ (“Il Punto di Partenza”) si è aggiudicato il Premio Miseno 2010. Ha vinto il Premio Musae 2007 con il video “Pummarò” e il Premio Musae 2008 con il video “This is not a Play”. È ideatore e coordinatore del progetto di Teatro per la legalità dal titolo “Vi raccontiamo le mafie” per gli studenti delle scuole superiori di Bologna. . Il
suo romanzo “Scimmie” ha vinto il Concorso letterario “Giri di Parole” 2011 indetto dalla Navarra Editore. Il testo di “Scimmie” è in parte autobiografico perché Alessandro Gallo ha conosciuto la camorra molto bene e da vicino: suo padre è stato condannato per associazione mafiosa e una cugina “Nikita”. è una donna killer della camorra. Alessandro Gallo ha quindi trovato nella scrittura e nel teatro di impegno civile, la possibilità di un riscatto sociale, uno strumento per mettere la sua storia al servizio dei più giovani. Attualmente lavora a Bologna come formatore nei percorsi di educazione alla legalità nelle scuole. “Scimmie” è un romanzo di formazione che racconta la storia di Pummarò, Panzarotto e Bacchettone, tre adolescenti che nella Napoli degli anni 80 desiderano, a tutti i costi e con tutti i mezzi, entrare a far parte di un clan camorristico e baciare le mani al capo: Antonio Bardellino. Essi sono attratti e affascinati dai soldi , dal potere e dalla popolarità. Incapaci di vedere la vera realtà della camorra, sono capaci come scimmie di scimmiottare gesti e comportamenti dei camorristi ,di diventare le scimmie impazzite ed arrabbiate di inizio romanzo “ bastava che il ragazzo facesse vedere la sua paura che diventava un pupazzo nelle mani di una comitiva di scimmie arrabbiate.” (lettura n° 1)
Pummaro’ Bacchettone, e Panzarotto
“Noi partiamo svantaggiati, questo è il nostro problema.
Noi siamo figli di padri che pagano il pizzo e che abbassano sempre lo sguardo a
qualsiasi minaccia e di madri che si piangono la vetrina
sfondata del proprio negozio. Però a noi questa vita da poveri cristi non ci deve
appartenere. Noi dobbiamo fare una scelta, e in questa città di merda la scelta
migliore è stare con il più forte: ‘a camorra! Quella è gente che tiene padri
camorristi, fratelli camorristi, figli camorristi, per questo dobbiamo farci vedere
spesso, dobbiamo stargli dietro, far capire a tutti che possiamo buttare il sangue per
il clan.
Volevamo avvicinarci alla famiglia Perrella del clan Puccinelli, padroni di ogni
singola pietra, ogni angolo di marciapiede del nostro quartiere, e poterci divertire
anche noi con il guadagno del contrabbando, dello spaccio, ma soprattutto della
ricostruzione del dopoterremoto e dello smaltimento dei rifiuti che già in quegli anni
era il pallino fisso di Nunzio Perrella, uno degli esponenti del clan.
volevamo anche noi che la gente ci baciasse le mani, volevamo anche noi che i
bambini ci guardassero con ammirazione, la stessa che avevamo noi per loro.”
“In breve tempo diventammo soldati armati fino ai denti alla conquista della città.
Adolescenti cresciuti in trenta giorni. Adolescenti educati in settecentoventi ore.
Adolescenti pronti alla guerra!”...........................................................................
La loro vita cambierà grazie all'incontro con Giancarlo il giornalista la cui prima apparizione nel romanzo avviene nel bar dove, tenta di spiegare a Pummarò, Panzarotto e Bacchettone, in maniera semplice e sintetica, avvalendosi dell’efficace metafora della torta , cosa sia la Camorra. La figura del giornalista è liberamente ispirata a Giancarlo Siani, cronista de Il Mattino di Napoli, ucciso dalla camorra nell'85. (lettura n° 2)
Giancarlo
“Volete sapere cosa è la camorra?
Ci fu un attimo di pausa, un silenzio che era sinonimo d’incertezza. Accettare o non
accettare la sua proposta?
Però eravamo troppo curiosi di sapere, finalmente qualcuno ci spiegava cosa fosse
davvero la camorra. Mentre pensavamo il ragazzo ci prese Solo che negli ultimi
vent’anni questa torta ancora nessuno è riuscito a mangiarsela, però la cosa
certa è che gli invitati sono solo due. La Nuova Camorra Organizzata e la Nuova
Famiglia. Due clan, centinaia di militanti che si trivellano a colpi di Calibro 9 sul
petto. Giovani che vomitano sangue, donne che piangono i propri figli, figli che a
loro volta perdono i genitori senza poterli salutare per l’ultima volta, perché chissà
in quale terra o pilastro sono stati abbandonati.
– Tutto questo per una fetta di torta?
Sì, tutto questo per la fetta più grande! Una fetta che una volta che il festeggiato l’ha
ingerita è come se avesse ingerito l’intera città. I vicoli, i monumenti, le strade,
ma soprattutto l’intera popolazione.
– E che ci resta?
Solo la merda. Sì, solo la merda! Perché chi pensa che per vivere meglio bisogna
mangiarsi la città allora in testa ha solo merda.”
IL MOLO
“Incontriamoci al porto, questa sera. Alle dieci.
Mi dici perché mi hai fatto prendere appuntamento qui?
– Perché è da qui, da questa sera, che ti faccio girare– Perché è da qui, da questa
sera, che ti faccio girare la città per farti conoscere, dal vivo, cosa è e cosa fa la
camorra. Da qui parte la nostra avventura, Gennaro. Ed è da qui che parte tutto il
male che fanno.
– Scaricavano quintali di cassette di tonno. Un tizio si avvicinò a King Kong e lo
invitò a prendere un tonno. Così fece, ci ficcò la mano dentro e dalla bocca del tonno
tirò fuori un pacchetto. Era eroina, eroina pura, che facevano arrivare nascosta nelle
viscere dei tonni”……………………………………………………………………
Dopo le devastanti esperienze della morte di Panzarotto e della tossicodipendenza di Bacchettone, lo scrittore concentra il pathos narrativo nell’incontro tra il giornalista e il quindicenne Pummarò in una sera di fine estate. E’ la notte in cui a Pummarò verrà mostrata la cruda realtà dei traffici della Camorra , la notte che diventerà per lui una discesa agli Inferi , un’esperienza infernale ma salvifica al tempo stesso, che gli porterà via per sempre l’innocenza ed il candore, ma in cui vedrà anche dileguarsi l’ignoranza e la pericolosa fascinazione verso un mondo, quello della camorra, dal quale ha rischiato di venire risucchiato per sempre. A guidarlo nello squallore di quell’inferno che prende la forma di un molo del porto di Napoli con il traffico di eroina nascosta nei tonni, dello sfruttamento della manodopera a basso costo nei campi, dello sfruttamento della prostituzione nello squallido l’Hotel La Mela, è la mano amichevole e forte del giornalista Giancarlo (Virgilio dantesco) e poi la risata innocente di una ragazzina, Eva (novella Beatrice). (lettura n°3) Schiavi
“A un certo punto svoltò, tutto di un colpo in una stradina. Percorremmo pochi
metri, spense i fari, dopo spense anche l’auto, lasciandola scorrere lentamente, fino
alla più totale immobilità. Erano le cinque del mattino, e tutto ciò a me sembrava
strano e inquietante. Da lontano vedemmo arrivare una decina di furgoni.
Una fila indiana di Fiorini, tutti bianchi. Correvano come dei matti. Giancarlo mi
prese e mi portò dietro a un enorme cespuglio. Da quei Fiorini vidi scendere decine
e decine di ragazzi, italiani e stranieri, malmessi, con addosso vestiti che più che
altro erano pezze, sporchi, con sandali ai piedi e bandane sulla fronte”…………
“Questo che vedi è tra i primi business di Bardellino e del suo clan: usa mano
d’opera a basso costo e vende il raccolto a caro prezzo, a tutti i negozi della regione,
obbligando ogni negoziante a comprare la frutta e gli ortaggi solo da lui finiremo
per diventare schiavi. Tutto ciò a che prezzo? Al prezzo più caro. La morte, perché
una volta che questa terra non serve più la sventrano e la abboffano di monnezza per
poi richiuderla e costruirci sopra. Pensa tra dieci o venti anni: case e scuole
sorgeranno su queste bombe chimiche”…………………………………………..
Hotel La Mela
“Il tour fu davvero straziante. Partimmo dal primo piano, stanze piene zeppe
di ragazzine di soli dodici, tredici o quindici anni. Avevano la mia stessa età e
stavano ai porci giochi dei propri clienti. Vedemmo un branco di ragazzi, dietro una
tenda, infierire su di un corpicino. Erano cinque, coetanei, vestiti come me. Uno di
loro incitava quello che stava sulla ragazzina. Gli altri applaudivano, strillavano,
saltavano come dei pazzi. Sembrava stessero allo stadio. E pensare
che, mesi prima, speravamo di fare lo stesso anche noi. Io, Bacchettone, Panzarotto,
convinti che quella violenza ci avrebbe fatto entrare nel mondo dei grandi, ci
avrebbe fatto solcare le porte del paradiso della pubertà! A vedere quei ragazzini mi
veniva una voglia di spaccare tutto.
Correre e menare mazzate con tanta di quella rabbia da lasciarli a terra. La rabbia
era tanta. Mi veniva da piangere, in quell’albergo fetente, mi sembrava di vivere in
un mondo che non mi apparteneva”…………………………………………………..
EVA
“Parlammo, parlammo per ore. Parlammo della sua terra povera, della mia terra
distrutta.
Parlammo della violenza che aveva subito fin da bambina, nelle campagne di una
provincia abbandonata. Parlammo di suo padre, morto quando lei era piccola,
ucciso dal clan dei casalesi, dopo essere stato torturato per ore in un casolare
disperso nella pineta di Castel Volturno. A torturarlo e a freddarlo con un colpo in
testa era Per ben cinque volte fu era stato minacciato ma nessuno riusciva a
smuoverlo dalla sua idea perché per lui non era giusto che il sacrificio di un uomo e
di tanto lavoro dovesse finire nelle mani della camorra., il padre di Eva fu rapito e
torturato per giorni. Lo trovarono in quel casolare con cinque dita della mano in
meno. Cinque come il numero di rifiuti che oppose, mese per mese, al
clan”……………………………………………………………………………………
Pummarò prende così consapevolezza della vera realtà della Camorra, si ribella a quella vita che lo aveva attratto, riesce a ritrovare se stesso , a rimettere i piedi a terra . E’ capace di compiere una scelta, una giusta scelta. Pummarò smette di sentirsi scimmia nel momento in cui apre gli occhi, comprende la realtà della Camorra e sceglie di allontanarsene. Malgrado la morte di Giancarlo, ucciso dalla camorra la stessa notte della sua “rinascita”, la conclusione del romanzo con il ripetuto ” oggi … sorrido” , è un invito all’ottimismo, a lottare sempre, a non arrendersi mai. (lettura 4) “ Mi svegliai all’improvviso, fu un risveglio strano, non stavo facendo nessun
incubo, non faceva tanto caldo da dormire male. Non capivo, eppure avevo passato
una giornata fantastica, quel 23 settembre per me era un giorno da non dimenticare.
In poche ore avevo ritrovato tutto me stesso, a partire da quella notte avrei rimesso i
piedi per terra. Tutto grazie a lui, Giancarlo. Sì, Giancarlo.
Giancarlo, addò cazze sta Giancarlo? Volevo Giancarlo, sentivo il bisogno di
parlare con lui, di raccontargli tutto di me, di Eva, di quelle, fantastiche ventiquattro
ore. dirgli che non ne volevo sapere più niente. Volevo aiutarlo, seguirlo nella sua
lotta perché i ragazzi del mio rione avevano bisogno di me, perché l’Hotel La Mela
doveva essere chiuso, perché bisognava liberare quelle ragazzine, aiutare quelli
della mia età che si nascondevano tra quelle mura per provare lo sballo, e perché
dovevamo svelare quel che si faceva tra quei container del porto… ecco, volevo
dirgli tutto questo a Giancarlo., e che doveva conoscere i miei genitori, i miei amici,
il mio rione .Se ne sarebbe innamorato, come noi di lui.”
“Cazzo! Vidi tutto, la jeep ,i suoi occhiali, la sua borsa. Il suo corpo riverso con la
testa sul volante. Giancarlo, quel ragazzo era Giancarlo. Cadde una goccia, ne
cadde ancora un’altra. Dal cielo cominciò a cadere tanta, ma tanta acqua. Io ero lì,
fermo ,immobile, fissando la jeep. “perché, perché proprio lui”. Sembrava che tutti
conoscessero Giancarlo, sembrava che tutti amassero Giancarlo. Rimasi lì fino a
quando il corpo non fu caricato e portato via. Rimasi lì fino a che la jeep non fu
portata via. Rimasi lì fisso a guardare quel parcheggio, luogo di morte. Rimasi lì a
piangere. Quella sera di fine estate, il 23 settembre 1985.
Quella sera persi un amico. E capii che era arrivata l’ora di ritornare a fare il
ragazzino, di vivere le emozioni della mia adolescenza, di smettere di fingermi
grande, lasciare che il tempo facesse il suo percorso. Quella sera capii che
Giancarlo era stato ucciso dalla camorra, la stessa che io, Panzarotto, Bacchettone,
acclamavamo tanto. Piansi per giorni. Molti giorni. Poi dopo il pianto urlai. Urlai al
mio quartiere ,ai miei coetanei, alla mia gente. Urlai alla mia città, da sopra San
Martino. Urlai al funerale di Giancarlo dopo uno straziante applauso”.
“Oggi, dopo tanti anni trascorsi da quella sera sorrido. Sorrido ai miei clienti
quando gli vendo la frutta migliore, sorrido a tutti i ragazzini ai quali dedico il mio
tempo, sorrido ai nuovi proprietari dell’Hotel La Mela, finalmente ripulito. Sorrido a
mio padre, Sorrido a mia madre, sempre più bella, che mi coccola come fossi ancora
bambino………………………..Sorrido ogni qual volta mangio una fetta di torta
durante le feste per bambini nel giardino dello zoo, un sorriso al sapor di crema,
mentre osservo le mie scimmie preferite.”