C`è la mafia italiana nella City» La stampa inglese dà l

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C`è la mafia italiana nella City» La stampa inglese dà l
«C’è la mafia italiana nella City»
La stampa inglese dà l’allarme
VISTI DA FUORI. Le cosche aprono filiali a Londra. Chiusa una società di gioco d’azzardo legata
al clan Parisi. Negozi del centro in mano alla camorra di Secondigliano. E in Germania non va meglio.
DI
A LBERTO
B RAMBILLA
Le cosche hanno posato la lupara, adesso investono in borsa e comprano immobili. Le maggiori organizzazioni mafiose
italiane hanno allacciato i ponti con Londra e il fenomeno sta prendendo piede, tanto che ne parla anche il settimanale The
Observer. Ora la City è il porto dove si lava il denaro sporco, dove la droga trova facile approdo e i fuggitivi un nascondiglio.
La settimana scorsa la commissione inglese sul gioco d’azzardo ha fatto
chiudere la Paradise Bet Ltd, una società
con sede nella periferia ovest della capitale britannica, collegata all’omonimo
sito online. I beni sono stati congelati
dalla polizia italiana perché legati al clan
pugliese dei Parisi. Sulla famiglia pen-
dono accuse come tentato omicidio, traffico di droga e riciclaggio.
Francesco Forgione, presidente della commissione antimafia nella passata
legislatura, è autore del libro Mafia Export. Le sue rivelazioni hanno spinto la
stampa inglese a fare luce sulla British
Connection. Come fa notare Forgione,
nel Regno Unito operano membri del clan
di Secondigliano, affiliati alla camorra. Si
sospetta che siano proprietari di alcuni
negozi nel centro di Londra. Uffici con
una doppia faccia, sotto copertura. Sembrano normali rivenditori ma in realtà sono rifugio per latitanti e magazzini di stupefacenti. Alcuni membri della famiglia
napoletana dei Fazzari, con appendici anche in Liguria, operano nel settore finanziario. Mentre i calabresi degli Aracri, ra-
dicati anche nella zona di Reggio Emilia,
comprano immobili nell’elegante quartiere del West End.
«Le mafie hanno una capacità preoccupante di adeguarsi e di precorrere i tempi», afferma Laura Garavini, eletta in
Germania per il Pd e membro della commissione antimafia.«Le cosche si sono
globalizzate prima che il termine “globalizzazione” diventasse di uso comune,
hanno saputo internazionalizzarsi e sono
andate dove si poteva guadagnare di più,
investendo in immobili, attività economiche e finanza». In Europa questo è stato
possibile anche grazie al trattato di
Schengen, che consente la libera circolazione di uomini e capitali, e alle scarse difese dei paesi Ue nei confronti della criminalità organizzata. «Le mafie hanno
sviluppato capacità manageriale e hanno
acquisito un potere enorme - continua perché riescono a insinuarsi nell’economia legale». «Sono i grandi vincitori della crisi economica» e hanno vita facile
laddove c’è mancanza di liquidità, visto
che dispongono di capitali in abbondanza
da investire e riciclare. Nel primo periodo
di recessione addirittura hanno «approfittato della svendita degli immobili e altri
beni per fare cassa, e continuano a farlo
tuttora», sottolinea Garavini.
Tra le mafie, la calabrese ’ndrangheta è la più ricca e quella con il miglior fiuto per gli affari. Si trova a gestire un fatturato che tocca i 44 miliardi di euro l’anno,
quanto il prodotto interno lordo di Estonia
e Slovenia messe insieme. La ’ndrangheta è molto presente in Germania già dai primi anni Settanta, da quando coordina la
manodopera di migranti italiani in alcuni
lander tedeschi. A due anni dai fatti di Duisburg, in cui sono morte sei persone, l’ultimo atto della faida di San Luca, una lotta tra famiglie che si trascinava dal 1991, il
Parlamento di Berlino ha recepito un provvedimento europeo che consente il riconoscimento bilaterale delle azioni di confisca: se un bene viene acquistato a Berlino, le autorità italiane possono sequestrarlo immediatamente. «Un successo», secondo Garavini, che riempie un vuoto normativo. Anche se finora, a briglie sciolte,
gli affiliati hanno potuto sciacquare i panni sporchi e sistemare i conti con i rivali.